Language of document : ECLI:EU:T:1999:99

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

19 maggio 1999 (1)

«Concorrenza — Art. 81, n. 1, CE (ex art. 85, n. 1) —

Accordo di distribuzione esclusiva — Importazioni parallele»

Nella causa T-175/95,

BASF Coatings AG, già BASF Lacke und Farbe AG, società di diritto tedesco, con sede in Münster-Hilstrup (Germania), rappresentata dall'avv. Ferdinand Hermanns, del foro di Düsseldorf, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Loesch e Wolter, 11, rue Goethe,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dal signor Bernd Langeheine, successivamente dal signor Wouter Wils, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, assistiti dall'avv. Heinz-Joachim Freund, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 12 luglio 1995, 95/477/CE, relativa a un procedimento a norma dell'art. 85 del Trattato (IV/33.802 BASF Lacke + Farben AG e SA Accinauto) ( GU L 272, pag. 16),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),

composto dai signori B. Vesterdorf, presidente, R.M. Moura Ramos e P. Mengozzi, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 13 gennaio 1998 e 2 aprile 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all'origine della lite

Parti e prodotti considerati

1.
    La BASF Coating AG (in prosieguo: la «BASF» o la «ricorrente»), già BASF Lacke und Farben AG, società di diritto tedesco, con sede in Münster-Hiltrup (Germania), fabbrica in particolare vernici per autoritocco vendute con il marchio Glasurit. Nel 1991 il suo fatturato è stato di 1 668 000 000 DM, di cui 314 000 000 per le vernici per autoritocco a livello mondiale e 243 000 000 per gli stessi prodotti all'interno della Comunità.

2.
    I prodotti Glasurit sono distribuiti da:

—    società controllate dal gruppo BASF nei Paesi Bassi, in Italia, in Francia, in Spagna, nel Regno Unito, in Irlanda, in Austria, in Svezia e in Finlandia;

—    distributori esclusivi indipendenti in Belgio, in Lussemburgo, in Danimarca e in Portogallo;

—    cinque distributori esclusivi regionali in Germania;

—    un distributore indipendente senza diritti di esclusiva in Grecia.

3.
    L'Accinauto SA (in prosieguo: l'«Accinauto») è una società di diritto belga, con sede a Bruxelles. Dal 1937 distribuisce vernici per autoritocco del gruppo BASF in Belgio e in Lussemburgo. Dal 1974 è distributore esclusivo dei prodotti Glasurit per la stessa zona contrattuale. Nell'esercizio fiscale del 1991 il suo fatturato è stato di 738 000 000 BFR, di cui circa l'85% è stato ottenuto mediante la vendita di prodotti BASF.

4.
    Nel Regno Unito e in Irlanda le vernici per autoritocco del gruppo BASF sono distribuite dalla BASF Coating and Inks Ltd (in prosieguo: la «BASF C & I»), società controllata al 100% dal gruppo BASF.

5.
    Le vernici per autoritocco devono essere distinte dalle vernici di primo impianto per automobili nuove, benché abbiano la stessa composizione e siano prodotte sulle stesse linee produttive. Le vernici di primo impianto per automobili nuove sono destinate ai costruttori di automobili, mentre le vernici per autoritocco sono destinate alle officine di carrozzieri. Per tale motivo le vernici per autoritocco sono distribuite in contenitori e in quantità differenti da quelli dei prodotti applicati sulle automobili nuove.

6.
    Durante il periodo 1985-1992 i prezzi netti al consumatore finale delle vernici per autoritocco, compresi quelli dei prodotti Glasurit, sono stati, in media, più elevati nel Regno Unito che in Belgio.

Svolgimento del procedimento amministrativo

7.
    Il 28 gennaio 1991 l'Ilkeston Motor Factories Ltd (in prosieguo: l'«IMF») e la Calbrook Cars Ltd, due società stabilite nel Regno Unito e distributrici di vernici per autoritocco, presentavano alla Commissione una denuncia lamentando una violazione da parte della BASF e dell'Accinauto delle regole di concorrenza comunitarie.

8.
    Secondo le imprese denuncianti esse si erano approvvigionate di prodotti Glasurit — l'IMF direttamente, la Calbrook Cars Ltd tramite l'IMF — presso l'Accinauto dal 1986. Durante l'estate 1990 l'Accinauto avrebbe cessato le sue forniture su istigazione della BASF. Quest'ultima e l'Accinauto si sarebbero così accordate per impedire importazioni parallele nel Regno Unito di prodotti Grasurit.

9.
    La Commissione procedeva il 26 giugno 1991 ad ispezioni nei locali dalla BASF, della BASF C & I, dell'Accinauto e della Technipaint, una ditta creata nel 1982 dagli amministratori dell'Accinauto e avente la medesima sede di quest'ultima.

10.
    Essa otteneva quindi dalle varie parti chiarimenti scritti in base all'art. 11 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di attuazione degli artt. 85 e 86 del Trattato CEE (GU 1962, n. 13, pag. 204; in prosieguo: il «regolamento n. 17»).

11.
    Il 12 maggio 1993 la Commissione inviava una comunicazione degli addebiti alla BASF e all'Accinauto.

12.
    Il 23 settembre 1993 aveva luogo un'audizione in relazione al caso in esame.

13.
    Previa consultazione del Comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti, la Commissione adottava la decisione 12 luglio 1995, 95/477/CE, relativa a un procedimento a norma dell'art. 85 del Trattato (BASF Lacke + Farben AF e SA Accinauto - caso IV/33.802) (GU L 272, pag. 16; in prosieguo: la «decisione impugnata»). Tale decisione veniva notificata alla ricorrente il 21 luglio 1995.

Contenuto della decisione impugnata

14.
    Nel dispositivo della decisione impugnata la Commissione constata che l'accordo stipulato fra la BASF e l'Accinauto, in base al quale l'Accinauto era tenuta dall'8 ottobre 1982 al 31 dicembre 1991 a trasmettere alla BASF gli ordinativi di clienti («Kundenanfragen weiterzuleiten») provenienti dall'esterno della zona contrattuale, era in contrasto con l'art. 81, n. 1, CE (ex art. 85, n. 1). Per la loro partecipazione alla violazione così accertata, la Commissione infligge alla BASF un'ammenda di 2 700 000 ECU e, all'Accinauto, un'ammenda di 10 000 ECU.

15.
    Nei 'considerando‘ di detta decisione l'istituzione rileva che, ai sensi dell'art. 2, n. 2, primo comma, dell'accordo di distribuzione esclusiva stipulato tra la BASF e l'Accinauto nel giugno/ottobre 1982 (in prosieguo: l'«accordo del 1982»), con effetto retroattivo al 1° gennaio 1981, l'Accinauto s'impegna a «trasmettere le domande dei clienti» provenienti dall'esterno della zona contrattuale alla BASF. Essa osserva che tale espressione dev'essere intesa nel senso che colui al quale gli ordinativi dei clienti vengono «trasmessi» subentra a colui che li ha «trasmessi». Di conseguenza, l'Accinauto non ha il diritto di decidere autonomamente in merito all'approvvigionamento dei clienti stabiliti al di fuori del Belgio o del Lussemburgo. E' la BASF che decide se e a quali condizioni l'Accinauto, la BASF o un terzo possano rispondere a dette ordinazioni.

16.
    La Commissione sottolinea che la sua interpretazione dell'art. 2 dell'accordo è confermata dall'applicazione costante fattane dalle parti.

17.
    Quando nel marzo 1986 l'IMF ha preso contatto per la prima volta con l'Accinauto, questa avrebbe ottenuto un'«autorizzazione eccezionale» per iniziare le forniture. La BASF avrebbe accordato tale autorizzazione all'Accinauto perché essa intendeva «canalizzare e normalizzare» le esportazioni parallele di prodotti Glasurit destinate al Regno Unito. Questo fatto sarebbe da collegare all'attività svolta dalla BASF dagli anni 1985-1986 contro le esportazioni parallele. Durante nove mesi essa aveva proceduto ad apporre contrassegni sui prodotti venduti da distributori in Belgio, nei Paesi Bassi e in Germania, al fine di localizzare i canali attraverso i quali i prodotti Glasurit arrivavano sul mercato britannico.

18.
    Secondo la Commissione, la BASF ha chiesto all'Accinauto di cessare le forniture all'IMF e agli altri clienti britannici nel giugno 1989. La decisione di porre fine alle esportazioni parallele nel Regno Unito, inizialmente autorizzate, sarebbe stata quindi presa dalla BASF.

19.
    Tuttavia, l'istituzione constata che l'Accinauto non ha rispettato il divieto impostole dalla BASF. Dal luglio 1989 l'Accinauto avrebbe fatturato le vendite all'IMF tramite la Technipaint e avrebbe così proseguito le sue forniture nel Regno Unito, all'insaputa della BASF.

20.
    A fine maggio 1990 l'Accinauto avrebbe cessato le forniture all'IMF, a seguito di maggiori controlli della BASF. Secondo le informazioni fornite dalla BASF C & I, il problema delle importazioni parallele si era aggravato e questa aveva prova dell'esistenza di una fonte belga.

21.
    Dopo detta data l'Accinauto avrebbe rispettato senza limiti l'accordo del 1982. Secondo la Commissione la violazione delle regole di concorrenza è terminata soltanto il 1° gennaio 1992, data in cui è entrato retroattivamente in vigore un nuovo accordo di distribuzione, firmato dalle parti il 14 dicembre 1992 e il 22 gennaio 1993. Tale accordo non contiene più la clausola contestata secondo cui l'Accinauto è tenuta a trasmettere alla BASF gli ordinativi di clienti non provenienti dalla sua zona contrattuale.

22.
    L'istituzione considera che l'art. 2, n. 2, dell'accordo del 1982 aveva per oggetto e per effetto di restringere la concorrenza tra l'Accinauto e altri fornitori di vernici per autoritocco della marca Glasurit e, in particolare, fra l'Accinauto e la BASF C & I. Tale accordo sarebbe atto a pregiudicare gli scambi tra gli Stati membri limitando le esportazioni parallele dei prodotti Glasurit dal Belgio verso il Regno Unito.

23.
    La Commissione decide di infliggere ammende alla BASF e all'Accinauto, rilevando che il divieto delle vendite passive è in contrasto con l'obiettivo della creazione di un mercato comune e costituisce una violazione particolarmente grave del diritto comunitario, assai univoco in materia, ivi compreso per quanto riguarda i prodotti e il mercato interessati. Inoltre, essa osserva che la BASF e l'Accinauto hanno commesso tale infrazione intenzionalmente.

Procedimento

24.
    Il ricorso in esame è stato proposto con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 25 settembre 1995.

25.
    Nel suo atto introduttivo la ricorrente ha chiesto al Tribunale di adottare le seguenti misure di organizzazione del procedimento:

—    disporre che l'avvocato della ricorrente possa avere accesso agli atti originali della convenuta concernenti il procedimento amministrativo;

—    in subordine, disporre che gli atti riguardanti il procedimento amministrativo siano trasmessi integralmente al Tribunale da parte della convenuta, al fine di consentire l'esame degli elementi a discarico;

—    disporre la comunicazione alla ricorrente di un verbale completo dell'audizione 23 settembre 1993 in lingua tedesca.

26.
    La causa, inizialmente attribuita alla Prima Sezione ampliata, è stata rinviata alla Prima Sezione, con decisione del Tribunale 4 dicembre 1997, adottata conformemente agli artt. 14 e 51 del regolamento di procedura.

27.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso che non si dovevano disporre le misure di organizzazione del procedimento proposte dalla ricorrente. Il Tribunale ha del pari deciso di passare alla fase orale senza procedere ad altre misure di organizzazione o di istruttoria.

28.
    Le parti hanno svolto le loro osservazioni orali e hanno risposto ai quesiti orali del Tribunale all'udienza svoltasi il 13 gennaio 1998.

29.
    A seguito dell'entrata in funzione di un nuovo membro del Tribunale, la composizione della Prima Sezione è stata modificata con decisione del Tribunale 10 marzo 1998.

30.
    Tenuto conto dell'art. 33, n. 2, del regolamento di procedura, il Tribunale (Prima Sezione), nella sua nuova composizione, ha disposto la riapertura della fase orale con ordinanza 13 marzo 1998, conformemente all'art. 62 dello stesso regolamento.

31.
    Le parti non si sono presentate all'udienza del 2 aprile 1998. Su proposta della ricorrente, sentita la convenuta, il Tribunale ha autorizzato le parti a farriferimento alle loro osservazioni orali del 13 gennaio 1998, senza nuova audizione, e a depositare riproduzioni scritte di dette osservazioni, le quali sono state registrate nella cancelleria il 14 aprile 1998.

Conclusioni delle parti

32.
    La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

—    annullare la decisione impugnata, nella parte in cui essa concerne la ricorrente;

—    in subordine, sopprimere o ridurre l'ammenda imposta alla ricorrente dall'art. 2 di detta decisione;

—    condannare la convenuta alle spese;

—    ingiungere alla convenuta di rimborsare alla ricorrente le spese della cauzione bancaria che essa ha dovuto costituire come garanzia del pagamento dell'ammenda.

33.
    La convenuta conclude che il Tribunale voglia:

—    respingere il ricorso;

—    condannare la ricorrente alle spese.

Sulla domanda di annullamento della decisione impugnata

34.
    A sostegno del suo ricorso la ricorrente adduce tre motivi di annullamento. Il primo attiene ad un'inosservanza delle forme sostanziali, in quanto i diritti della difesa sarebbero stati violati. Esso si articola in due parti relative, rispettivamente, a un diniego di accesso al fascicolo della Commissione e alla mancanza di traduzione in lingua tedesca di tutto il verbale dell'audizione. Il secondo motivo concerne una violazione dell'art. 81, n. 1, CE, in quanto la Commissione a torto avrebbe constatato che l'accordo del 1982 era in contrasto con detta disposizione. Il terzo motivo, infine, riguarda un abuso di potere, in quanto la Commissione avrebbe esercitato erratamente il suo potere discrezionale quanto alla fissazione dell'ammenda.

Sul motivo relativo a un'inosservanza delle forme sostanziali

Prima parte del motivo: diniego di accesso al fascicolo

—    Argomenti delle parti

35.
    La ricorrente sostiene che i suoi diritti di difesa nel procedimento amministrativo sono stati violati, in quanto la Commissione le ha negato l'accesso al fascicolo integrale formato in occasione di detto procedimento. Essa rileva che, al fine di rispettare il carattere contraddittorio del procedimento previsto dal regolamento n. 17, la Commissione deve dare agli avvocati delle imprese interessate la possibilità di esaminare il fascicolo originale e di decidere quali documenti intendano utilizzare a sostegno dei loro argomenti. l'istituzione non può decidere da sola quali documenti siano utili per la difesa.

36.
    La ricorrente rileva che la Commissione ha allegato alla comunicazione degli addebiti soltanto copie di una parte dei documenti di cui disponeva, vale a dire un elenco dei documenti che compongono il fascicolo, nonché diciannove appendici e tre classificatori separati con allegati. Orbene, l'elenco ricapitolativo non indicava sufficientemente la natura degli atti che, in base alla mera valutazione della

Commissione, contenevano segreti aziendali dei denunzianti o costituivano documenti interni della convenuta. Inoltre, la numerazione delle copie comunicate era inesistente, ovvero illeggibile, il che ha impedito alla ricorrente di verificare la loro completezza e la loro conformità ai documenti originali.

37.
    L'inserimento nel mandato dell'avvocato partecipante alle audizioni di una nuova disposizione, che consente alle imprese di assicurarsi, tramite quest'ultimo, della conformità delle copie messe a loro disposizione rispetto ai documenti originali, proverebbe che la convenuta ha ammesso l'incertezza giuridica che risulta dalla sua prassi in materia di accesso al fascicolo. Il documento della camera di commercio internazionale di Parigi, allegato ala controreplica, dimostrerebbe che tale punto di vista è condiviso dagli ambienti economici europei.

38.
    Respingendo la domanda della ricorrente diretta a consentire al suo avvocato di consultare il fascicolo originale e di fare copie degli elementi che non le erano stati trasmessi, la Commissione non avrebbe rispettato nella specie gli obblighi impostile dalla giurisprudenza del Tribunale (sentenze del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II-1711, punto 54, 18 dicembre 1992, cause riunite T-10/92, T-11/92, T-12/92 e T-15/92, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II-2667, punto 38, 1° aprile 1993, causa T-65/95, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, Racc. pag. II-389, punto 30, e 29 giugno 1995, causa T-30/91, Solvay/Commissione, Racc. pag. II-1775, punti 59 e 81).

39.
    Secondo la ricorrente, nessuno dei documenti inviatile poteva essere considerato a suo discarico. Sarebbe quindi probabile che la Commissione abbia coscientemente omesso di portare a sua conoscenza parti essenziali del fascicolo che presentano importanza per la sua difesa. In tale contesto essa formula l'ipotesi secondo cui alcuni dei documenti non comunicati potrebbero dimostrare che le importazioni parallele di prodotti Glasurit non sono state affatto ostacolate negli anni 1986-1991.

40.
    La Commissione controdeduce di aver perfettamente applicato nella specie le norme in materia di accesso al fascicolo che discendono dalla giurisprudenza della Corte e del Tribunale (sentenze Hercules Chemicals/Commissione, citata, punto 54, Cimenteries CBR e a./Commissione, citata, punto 41, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, citata, punto 31, e, in seguito a impugnazione, sentenza della Corte 6 aprile 1995, causa C-310/93 P, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, Racc. pag. I-865). A suo avviso, da tale giurisprudenza la ricorrente non può dedurre che ha il diritto di consultare il fascicolo originale onde verificare la completezza e la conformità delle copie ed assicurarsi che le siano stati inviati tutti gli atti a carico e a discarico.

41.
    La trasmissione dei documenti non sarebbe stata subordinata alla questione se essi fossero a carico o a discarico. La Commissione afferma di aver comunicato alla ricorrente un sommario completo di tutti gli atti del fascicolo, nonché copie di tutti i documenti, eccetto soltanto quelli che presentavano natura riservata. Poiché tale sommario menzionava in modo sufficientemente chiaro e preciso tutti i documenti

che non erano accessibili alla ricorrente, o che lo erano unicamente in parte, non ci si troverebbe in presenza di un divieto totale di divulgazione come quello addebitato alla Commissione nelle sentenze del Tribunale Solvay/Commissione, citata (punti 94 e 95), e 29 giugno 1995, causa T-36/91, ICI/Commissione (Racc. pag. II-1847, punti 100 e 104).

42.
    L'istituzione sottolinea che la ricorrente ha omesso di chiedere accesso a documenti specifici, menzionati nel sommario, che non le erano stati comunicati in quanto contenevano segreti aziendali dell'Accinauto e di talune imprese terze. Se la ricorrente avesse formulato siffatta domanda, la Commissione avrebbe potuto consultare le imprese interessate e decidere in quale misura avrebbe potuto rendere accessibili i documenti di cui trattasi senza violare il diritto di dette imprese alla tutela dei loro segreti aziendali.

43.
    Inoltre, essa ricorda che la ricorrente non si è avvalsa della possibilità, che era stata proposta con lettera 15 settembre 1993, di rivolgersi all'avvocato partecipante alle audizioni per far confermare la completezza di detto sommario.

44.
    La Commissione considera, di conseguenza, che l'ipotesi della ricorrente, secondo cui le erano stati nascosti documenti rilevanti per la sua difesa, non si basa che su speculazioni e congetture. La ricorrente non addurrebbe alcun indizio che consenta di provare l'effettiva esistenza di tali documenti.

—    Giudizio del Tribunale

45.
    Secondo la giurisprudenza, il procedimento di consultazione dei fascicoli nelle cause di concorrenza ha lo scopo di consentire ai destinatari di una CA di prendere conoscenza degli elementi di prova contenuti nel fascicolo della Commissione, onde possano pronunciarsi utilmente sulle conclusioni alle quali è giunta la Commissione, nella sua CA, in base a detti elementi. La consultazione del fascicolo rientra dunque tra le garanzie procedurali miranti a tutelare i diritti della difesa e a garantire, in particolare, l'esercizio effettivo del diritto di contraddittorio, contemplato dagli artt. 19, nn. 1 e 2, del regolamento n. 17. La Commissione ha l'obbligo di rendere accessibile alle imprese implicate in un procedimento ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE tutta la documentazione a carico e a favore da essa raccolta nel corso dell'indagine, fatti salvi i segreti aziendali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e altre informazioni riservate (sentenze Hercules Chemicals/Commissione, citata, punto 54, Cimenteries CBR e a./Commissione, citata, punti 38 e 41, 1° aprile 1993, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, citata, punti 29 e 30, e Solvay/Commissione, citata, punto 59).

46.
    Tenuto conto del principio generale della «parità delle armi», il quale presuppone che in una causa di concorrenza l'impresa interessata abbia una conoscenza del fascicolo relativo al procedimento pari a quella di cui dispone la Commissione, non spetta a questa decidere da sola se i documenti raccolti nell'ambito dell'istruttoria

della causa siano idonei a discolpare l'impresa interessata. Di conseguenza, la Commissione deve almeno compilare un elenco sufficientemente dettagliato dei documenti non allegati alla comunicazione degli addebiti che consenta all'impresa che ne è destinataria di chiedere di aver accesso a specifici documenti che possono essere utili a sua difesa (sentenza Solvay/Commissione, citata, punti 83 e 101).

47.
    Nella specie, la Commissione ha trasmesso alla ricorrente un elenco dei documenti che compongono il fascicolo, nonché diciannove appendici e tre classificatori con allegati contenenti copie dei documenti accessibili a quest'ultima.

48.
    Dall'esame dell'elenco ricapitolativo delle 1336 pagine del fascicolo della Commissione emerge che i documenti o gruppi di documenti erano stati classificati in dodici categorie stabilite in funzione della natura del loro contenuto e in sei categorie determinate secondo il loro grado di riservatezza. I documenti classificati nella categoria F erano interamente inaccessibili alla ricorrente. Un solo documento, classificato nella categoria D, le era parzialmente accessibile. L'elenco indicava il numero di pagine di ciascun documento e la loro data di compilazione rispettiva, eccetto, per quanto concerne i documenti non comunicati, quelli che costituivano le pagine 97, 103-105, 108-110, 167, 171, 622-626, 690 e 897-899 del fascicolo.

49.
    Dopo aver ricevuto detto elenco, che le è stato inviato con la comunicazione degli addebiti, la ricorrente non ha rivolto alla Commissione alcuna specifica domanda diretta ad aver accesso a uno o più documenti che non erano stati messi a sua disposizione. Infatti, nella sua lettera 16 giugno 1993, essa si è limitata a chiedere l'accesso al fascicolo originale e completo costituito dall'istituzione, facendo valere che aveva ricevuto copia solo di una parte dei documenti raccolti nel corso dell'istruttoria e che, tenuto conto della illeggibilità della paginatura, le era difficile verificare la completezza e la conformità delle copie rispetto ai documenti originali.

50.
    In tali circostanze occorre osservare che il diniego della Commissione di autorizzare l'avvocato della ricorrente a consultare il fascicolo originale si è verificato in un contesto diverso da quello delle cause che sono sfociate nelle citate sentenze Solvay/Commissione e ICI/Commissione. Contrariamente alle ricorrenti in queste cause, la BASF ha disposto di un elenco preparato dagli uffici della Commissione che repertoriava tutti gli atti del fascicolo, compresi quelli che non le erano stati comunicati. Tale elenco costituiva una base sufficiente perché la ricorrente avesse conoscenza dell'esistenza dei documenti di cui trattasi e, se del caso, perché contestasse il fatto che la Commissione non le aveva comunicato documenti di una certa natura, in particolare allegati della denuncia o documenti rinvenuti presso l'Accinauto, i quali avrebbero eventualmente potuto essere utilizzati a sua difesa.

51.
    La ricorrente, siccome non ha formulato alcuna domanda che precisasse l'origine o le categorie di documenti non trasmessi ai quali essa intendeva aver accesso, non ha posto la Commissione in grado di apportarle una risposta che fosse conforme ai metodi in base ai quali l'istituzione è tenuta a dare all'impresa interessata

accesso ai documenti contenenti segreti aziendali di imprese terze o di altre imprese implicate nel procedimento. Nelle circostanze della fattispecie il Tribunale non può rimproverare la Commissione di non aver utilizzato uno dei sistemi precisati ai punti 92 e 93 della citata sentenza Solvay/Commissione, vale a dire la preparazione di versioni non riservate di tutti i documenti contenenti segreti commerciali delle denuncianti e dell'Accinauto o, in caso di difficoltà, la consultazione di dette imprese per ottenere documenti espunti da dati sensibili.

52.
    Ne consegue che la Commissione ha potuto legittimamente basarsi sull'obbligo di riservatezza cui era tenuta quanto a taluni documenti per respingere la domanda della ricorrente diretta ad avere un accesso integrale al fascicolo.

53.
    La BASF, non avendo neanche precisato dinanzi al Tribunale quali documenti sarebbero stato considerati a torto come riservati, né gli atti di cui essa avrebbe voluto ottenere una versione non riservata, non ha dimostrato l'utilità delle misure di organizzazione del procedimento da essa richieste.

54.
    Infatti, la mera asserzione da parte della ricorrente della mancanza, fra gli atti comunicati, di un pur minimo atto a discarico non può provare l'effettiva esistenza di atti di tale natura fra i documenti che la Commissione ha potuto a buon diritto non inviarle, basandosi sulla loro natura riservata (sentenze 1° aprile 1993, BPBIndustries e British Gypsum/Commissione, citata, punto 33, e 6 aprile 1995, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, citata, punto 27).

55.
    In tali circostanze non si deve accogliere la domanda di misura di organizzazione del procedimento diretta a che sia ingiunto alla convenuta di comunicare alla ricorrente tutto il fascicolo.

56.
    Del pari, quando un'impresa non presenta alcuno specifico elemento che consenta di porre in dubbio la riservatezza di taluni documenti contenuti nel fascicolo, non tocca al giudice comunitario consultare ciascun documento non divulgato al fine di verificare gli argomenti addotti dalla Commissione per non comunicarli (sentenza 6 aprile 1995, BPB Industries e British Gypsum/Commissione, citata, punto 30).

57.
    Di conseguenza, non va accolta neanche la domanda presentata in subordine di misura di organizzazione del procedimento diretta a che sia ingiunto alla Commissione di trasmettere al Tribunale tutto il fascicolo.

58.
    Quanto all'argomento della ricorrente relativo all'inesistenza o all'illeggibilità della numerazione delle copie che le sono state inviate, il che le avrebbe impedito di verificare la completezza e la conformità di tali copie ai documenti originali, occorre ammettere che una mancanza di cura nella riproduzione dei documenti e nella numerazione delle pagine può nuocere alla loro comprensione. Tuttavia, gli addotti difetti d'impaginatura non possono nella specie essere considerati come una violazione dei diritti della difesa. Infatti, la ricorrente non afferma che la

Commissione abbia negato di fornirle copie leggibili e correttamente numerate e, diversamente da quanto le era stato proposto, ha scelto di non rivolgersi al consigliere-auditore per fare accertare la completezza delle copie rispetto al fascicolo originale.

59.
    Devono essere disattesi anche gli argomenti relativi alle critiche di cui costituirebbero oggetto le procedure di accesso al fascicolo costituito dalla Commissione, in particolare da parte della camera di commercio di Parigi, e relativi al fatto che tali critiche sarebbero state riconosciute fondate all'atto dell'adozione della decisione della Commissione 12 dicembre 1994, 94/810/CECA/CE, relativa al mandato dei consiglieri-auditori per le procedure in materia di concorrenza dinanzi alla Commissione (GU L 330, pag. 67). Tali argomenti di carattere generale non possono provare la violazione effettiva dei diritti della difesa, che dev'essere esaminata    in relazione alle circostanze specifiche di ciascun caso di specie (sentenza Solvay/Commissione, punto 60).

60.
    Ne consegue che la prima parte del motivo dev'essere respinta.

Seconda parte: mancanza di traduzione in lingua tedesca di tutto il verbale dell'audizione

—    Argomenti delle parti

61.
    La ricorrente fa valere che, omettendo di porre a sua disposizione una versione del verbale dell'audizione 23 settembre 1993 integralmente redatto in lingua tedesca, la Commissione ha violato l'art. 3 del regolamento del Consiglio 15 aprile 1958, n. 1, recante fissazione del regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, n. 17, pag. 385). Questo articolo dispone che «i testi, diretti dalle istituzioni ad uno Stato membro o ad una persona appartenente alla giurisdizione di uno Stato membro, sono redatti nella lingua di tale Stato».

62.
    Secondo la ricorrente, il verbale di audizione costituisce un documento di procedura di cui all'art. 19, n. 1, del regolamento n. 17 e all'art. 2, n. 1, del regolamento della Commissione 25 luglio 1963, 99/63/CEE, relativo alle audizioni previste dall'art. 19, nn. 1 e 2, del regolamento del Consiglio n. 17 (GU 1963, n. 127, pag. 2268). In quanto impresa interessata, essa avrebbe diritto a che il verbale le sia comunicato nella lingua dello Stato a cui appartiene (sentenza della Corte 15 luglio 1970, causa 41/69, Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punti 48 e 49).

63.
    Il fatto che non abbia disposto di un supporto scritto contenente la traduzione delle dichiarazioni degli altri partecipanti all'audizione che si sono espressi in lingua francese o in lingua inglese, in particolare quelle dei rappresentanti dell'Accinauto, delle imprese denuncianti e degli Stati membri, non le avrebbe consentito di preparare adeguatamente la sua difesa nel procedimento amministrativo. Infatti, anche se la Commissione ha garantito l'interpretazione simultanea di dette

dichiarazioni nel corso dell'audizione, la traduzione in lingua tedesca di tutto il verbale sarebbe fondamentale per la comprensione delle censure mosse contro la ricorrente, in particolare per consentirle di chiarire i fatti menzionati in tale occasione con i suoi dipendenti che non sono stati presenti all'audizione stessa. I suoi diritti di difesa sarebbero stati quindi violati.

64.
    La Commissione considera invece che il verbale di audizione non costituisce un «testo» ai sensi del citato art. 3 del regolamento 15 aprile 1958, n. 1. Nelle cause concernenti l'applicazione delle regole di concorrenza la giurisprudenza avrebbe applicato tale disposizione unicamente alle comunicazioni degli addebiti e alle decisioni che si adottano nel procedimento amministrativo. Essa rileva che il verbale serve a prendere nota delle osservazioni dei rappresentanti delle varie parti e viene inviato loro esclusivamente perché possano verificare se le proprie dichiarazioni siano state correttamente registrate (sentenza del Tribunale 14 luglio 1994, causa T-77/92, Parker Pen/Commissione, Racc. pag. II-549, punti 72-75). Non si tratterebbe di un documento redatto per le imprese partecipanti al procedimento.

65.
    In ogni caso, un vizio di procedura non potrebbe essere preso in considerazione, in quanto le dichiarazioni della ricorrente all'audizione erano riprodotte in lingua tedesca ed essa non ha affermato che il verbale contenesse inesattezze od omissioni fondamentali nei suoi confronti.

—    Giudizio del Tribunale

66.
    Occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 9, n. 4, del citato regolamento 25 luglio 1963, n. 99, «le principali dichiarazioni rilasciate di ciascuna delle persone sentite sono messe a verbale. Il processo verbale viene letto e approvato dalle persone sentite».

67.
    Nella specie, è assodato che la ricorrente è stata in grado di prendere utilmente conoscenza dell'essenziale delle proprie dichiarazioni all'audizione del 23 settembre 1993, registrate in lingua tedesca nel verbale, e che essa non afferma che questo contenga nei suoi confronti inesattezze od omissioni fondamentali.

68.
    Inoltre, la ricorrente non nega di aver avuto la possibilità di seguire le dichiarazioni delle altre persone sentite grazie all'interpretazione simultanea.

69.
    La ricorrente non può far valere la mancanza di traduzione delle parti del verbale redatte in una lingua diversa da quella dello Stato membro a cui appartiene per provare una violazione dei suoi diritti di difesa. Infatti, la mancanza di traduzione non può, nella fattispecie, produrre conseguenze pregiudizievoli che possano viziare il procedimento amministrativo (sentenze ACF Chemiefarma/Commissione, citata, punto 52, e Parker Pen/Commissione, citata, punto 74).

70.
    Le difficoltà che la ricorrente avrebbe avvertito nella preparazione della sua difesa non possono modificare tale giudizio, poiché essa è stata rappresentata all'audizione e la Commissione ha posto a sua disposizione un supporto scritto contenente le dichiarazioni emesse dagli altri partecipanti nella loro lingua originale.

71.
    Si deve quindi respingere la seconda parte del motivo. Ne consegue che il motivo relativo ad un'inosservanza delle forme sostanziali dev'essere interamente respinto.

Sul motivo relativo ad una violazione dell'art. 81, n. 1, CE, in quanto la Commissione avrebbe constatato a torto che l'accordo del 1982 era in contrasto con detta disposizione

72.
    In sostanza, la ricorrente nega che l'accordo del 1982 abbia costituito un'intesa in contrasto con l'art. 81, n. 1, CE, destinata ad impedire importazioni parallele nel Regno Unito di prodotti Glasurit. La Commissione avrebbe commesso errori di valutazione, in primo luogo, nella sua interpretazione dell'art. 2, n. 2, di detto accordo, in secondo luogo, quanto ha concluso che l'applicazione dell'accordo ad opera delle parti confermerebbe la sua interpretazione di quest'ultimo, in terzo luogo, nella sua analisi degli effetti del detto accordo sulla concorrenza e sul commercio tra Stati membri e, in quarto luogo, per quanto attiene alla data di cessazione dell'asserita violazione delle regole di concorrenza.

Prima parte: interpretazione dell'art. 2, n. 2, dell'accordo del 1982

—    Argomenti delle parti

73.
    La ricorrente sostiene che l'espressione «trasmettere le domande di clienti» contenuta all'art. 2, n. 2, dell'accordo del 1982 riguarda esclusivamente l'invio di informazioni per consentirle di meglio pianificare la sua organizzazione di distribuzione e la sua strategia commerciale, nonché di adempiere il suo obbligo di equo approvvigionamento del mercato, in caso di difficoltà di forniture.

74.
    Essa afferma che il termine «trasmettere» significa «informare», tanto nel n. 1 quanto nel n. 2 dell'art. 2. Infatti, nessun obbligo di trasmettere ordinazioni sarebbe previsto dal detto articolo, poiché esso discende implicitamente dal diritto di distribuzione esclusiva nella zona contrattuale assegnata all'Accinauto in forza dell'art. 1. Inoltre, l'art. 2 riguarderebbe solo le «domande» dei clienti, i quali mirerebbero unicamente ad ottenere informazioni sulle possibilità e sulle condizioni di fornitura. Esso non si applicherebbe quindi alle ordinazioni dei clienti.

75.
    Secondo la ricorrente, nessun termine dell'art. 2, n. 2, dell'accordo esige il suo consenso per le vendite al di fuori della zona contrattuale dell'Accinauto. A questo riguardo sarebbe sufficiente confrontare il testo della clausola censurata con il testo della riserva di approvazione da parte del produttore contenuta in un accordo di distribuzione per la zona della Nigeria, del pari stipulato dalla ricorrente nel 1982.

76.
    Essa adduce che, in forza dell'art. 4, nn. 1 e 2, dell'accordo del 1982, l'Accinauto si impegnava a informarla regolarmente sulla situazione generale del mercato e a redigere una relazione annuale sulle vendite. Tuttavia, poiché l'art. 4 si applicava soltanto alle informazioni relative all'attività nella zona contrattuale, le informazioni sulle domande indirizzate all'Accinauto provenienti dall'esterno di tale zona sarebbero coperte unicamente dall'art. 2, n. 2, dell'accordo. La ricorrente rileva che le informazioni concernenti le vendite al di fuori della zona concessa presentavano del pari un grande interesse per essa, in particolare per evitare che tali vendite non fossero prese in considerazione nel fatturato realizzato da ciascun distributore nella sua zona esclusiva. Infatti, l'importo di alcuni aiuti accordati dalla BASF ai suoi distributori, ad esempio l'importo dei contributi per le spese pubblicitarie, sarebbe determinato in base al fatturato che essi avevano realizzato nelle loro zone rispettive.

77.
    La ricorrente fa valere, inoltre, che la cronistoria dell'accordo è pertinente per comprendere l'attenzione prestata dalle parti alla questione della compatibilità di quest'ultimo con le regole di concorrenza comunitarie. L'ex contratto di vendita esclusiva stipulato tra l'Accinauto e l'avente causa della BASF sarebbe stato notificato alla Commissione nel 1969. A seguito di obiezioni formulate da quest'ultima, le parti avrebbero rinunciato nel 1970 a una clausola in cui si stabilisce che l'Accinauto non era autorizzata ad esportare le merci che costituivano oggetto del contratto al di fuori del territorio concesso.

78.
    Tenuto conto di tale precedente, all'epoca dei negoziati che sono sfociati nell'accordo del 1982, alla ricorrente sarebbe stata garantita dal direttore del suo servizio giuridico la conformità al diritto comunitario del nuovo art. 2, n. 2. Le parti, poiché non avevano alcun dubbio sulla legittimità di tale clausola, non hanno ritenuto necessario notificare alla Commissione l'accordo del 1982.

79.
    L'istituzione convenuta considera che non sono convincenti le ragioni formulate dalla ricorrente per giustificare la sua interpretazione dell'obbligo di trasmissione previsto dall'art. 2,n. 2, dell'accordo. La Commissione ribadisce che tale clausola contiene un divieto dissimulato delle vendite passive all'esportazione senza previa autorizzazione, e non un mero obbligo di trasmissione di informazioni.

—    Giudizio del Tribunale

80.
    Va ricordato che l'art. 2 dell'accordo del 1982 è redatto sotto il titolo «Diritto di distribuzione esclusiva e divieto di concorrenza». Il suo n. 2, primo comma, dispone: «Il distributore autorizzato si impegna a trasmettere alla [BASF] le domande dei clienti (...) provenienti dall'esterno della zona contrattuale e a non fare pubblicità al di fuori della sua zona contrattuale né a stabilirvi sedi o depositi di prodotti ai fini della vendita dei prodotti contrattuali».

81.
    E' pacifico fra le parti del procedimento in esame che l'ultima parte della clausola contrattuale di cui trattasi contiene un divieto delle misure attive di vendita da parte del concessionario al di fuori del territorio concesso, il quale è conforme al diritto comunitario della concorrenza. La lite quanto all'interpretazione da dare a detta clausola verte quindi unicamente sulla parte che concerne le vendite passive a clienti stabiliti al di fuori della stessa zona.

82.
    Al fine di accertare se le parti dell'accordo del 1982 abbiano stipulato una limitazione della libertà del concessionario di effettuare vendite passive dei prodotti che costituiscono oggetto del contratto di distribuzione esclusiva a clienti stabiliti in altri Stati membri e se, di conseguenza, le stesse abbiano stipulato un accordo vietato dall'art. 81, n. 1, CE, il Tribunale deve prendere in considerazione vari elementi d'interpretazione. Tali elementi comprendono, a parte l'esame del testo dell'art. 2, n. 2, e dell'ambito di applicazione delle altre clausole del contratto che presentano un collegamento con l'obbligo del concessionario previsto da detta clausola, le circostanze di fatto e di diritto che hanno accompagnato la stipula e l'applicazione di detto accordo, le quali consentono di chiarirne gli scopi.

83.
    Il testo dell'art. 2, n. 2, indica chiaramente che le parti hanno stipulato un regime particolare per il trattamento delle domande provenienti da clienti stabiliti all'esterno della zona contrattuale. Tuttavia, esso non precisa per quale scopo tali domande debbano essere trasmesse al fabbricante, né le conseguenze che ne discendono per la libertà del concessionario di effettuare le vendite passive richieste, in particolare quando esse provengono da clienti stabiliti in altri Stati membri.

84.
    Il Tribunale osserva che, in base a un'interpretazione letterale di detta clausola, è privo d'importanza il fatto che l'obbligo di trasmissione sia applicabile alle domande, le quali mirerebbero unicamente a determinare le possibilità e le condizioni di approvvigionamento da parte dell'Accinauto, e non agli ordinativi effettuati da clienti che si trovano all'esterno della zona contrattuale. Come la Commissione ha sottolineato, se una risposta negativa fosse data a una domanda trasmessa in base a detta clausola, sarebbe inutile per il cliente effettuare un ordinativo presso l'Accinauto. Il fatto che il concessionario sia tenuto a trasmettere le domande che precedono le ordinazioni non consente di concludere che egli mantiene intatta la sua libertà decisionale e che non è soggetto ad alcuna restrizione per quanto concerne la soddisfazione di detti ordinativi.

85.
    Per quanto attiene all'inserimento dell'art. 2, n. 2, nell'accordo e alla determinazione del suo scopo rispetto a quello di altre clausole che prevedono scambi d'informazione tra le parti, occorre, in primo luogo, respingere la tesi della ricorrente secondo la quale gli obblighi di trasferimento dei nn. 1 e 2 dell'art. 2 hanno la stesa natura degli obblighi d'informazione previsti dall'art. 4 dello stesso accordo. Infatti, se a tenore dell'art. 4, nn. 1 e 2, l'Accinauto si impegna ad informare regolarmente la BASF sulle vendite e sulla situazione del mercato nella zona contrattuale, tali informazioni hanno carattere generale e devono essere

dettagliate solo mediante rapporti ricapitolativi, emessi al termine di ciascun anno civile. I nn. 1 e 2 dell'art. 2 prevedono, invece, che il concessionario o il fabbricante saranno immediatamente informati del ricevimento delle domande a seconda che esse provengano, rispettivamente, da clienti stabiliti sul territorio concesso o da clienti stabiliti all'esterno di tale territorio. Si deve quindi constatare che gli obblighi di trasmissione di cui all'art. 2, in quanto prevedono la reciproca notifica di specifiche domande di approvvigionamento, hanno una natura diversa da quella degli obblighi d'informazione di cui all'art. 4.

86.
    Va rilevato, in secondo luogo, che, ai sensi dell'art. 2, n. 1, l'obbligo per la BASF di trasmettere al concessionario tutte le domande e tutte le informazioni che possono consentire la vendita dei prodotti considerati nella zona contrattuale fa seguito a un divieto per essa di avvalersi di altri circuiti di distribuzione in detta zona. L'obbligo di trasmissione previsto da detta clausola, al pari del divieto di avvalersi di altri circuiti di distribuzione, costituisce così la sostanza stessa del diritto esclusivo concesso all'Accinauto, in quanto esso è necessario per l'esercizio effettivo di tale diritto. Ne consegue che non può essere accolta l'interpretazione sostenuta dalla ricorrente, secondo la quale il termine «trasmettere» significa semplicemente «informare» l'altra parte dell'esistenza di domande di approvvigionamento, tanto nel n. 1 quanto nel n. 2 dell'art. 2.

87.
    Siccome l'obbligo di trasmissione posto a carico del concessionario dall'art. 2, n. 2, dell'accordo riguarda unicamente le domande provenienti dall'esterno della zona contrattuale, non si può considerare che l'unica finalità di detta clausola sia quella di consentire alla ricorrente di meglio pianificare la sua organizzazione di distribuzione e la sua strategia commerciale. La Commissione giustamente ha rilevato che, se la ricorrente voleva essere informata sulla quantità e sulla qualità dei prodotti oggetto delle domande indirizzate all'Accinauto, l'obbligo di trasmissione avrebbe dovuto applicarsi anche alle domande di clienti stabiliti nella zona contrattuale. Tali informazioni avrebbero potuto, peraltro, essere fornite regolarmente alla ricorrente globalmente o nell'ambito di rapporti ricapitolativi, come previsto dall'art. 4 dell'accordo, e non prima di ciascuna fornitura. La BASF non può neanche sostenere che aveva bisogno di conoscere in anticipo la destinazione delle merci ordinate all'Accinauto al fine di essere in grado di ripartire uniformemente tra i suoi concessionari quantitativi di fornitura limitati. Il suo interesse ad ottenere informazioni sulle vendite all'esportazione, in particolare ai fini del calcolo delle sovvenzioni per la pubblicità che accordava a ciascun concessionario, avrebbe potuto essere soddisfatto anche mediante un obbligo di redigere rapporti ricapitolativi concernenti tali vendite.

88.
    Il Tribunale considera, di conseguenza, che le spiegazioni fornite dalla ricorrente quanto all'obiettivo dell'obbligo di trasmissione di cui all'art. 2,n. 2, dell'accordo del 1982 non sono atte a inficiare la tesi della Commissione, secondo la quale tale clausola contiene un divieto dissimulato delle vendite passive all'esportazione senza previa autorizzazione.

89.
    Inoltre, la cronistoria dell'accordo consente di spiegare la redazione ambigua che le parti dell'accordo del 1982 hanno dato alla clausola censurata e il carattere dissimulato del divieto all'esportazione che essa contiene. La ricorrente non può disconoscere il contenuto implicito di tale clausola facendo riferimento al fatto che, nell'accordo di distribuzione esclusiva per la Nigeria da essa del pari stipulato nel 1982, è stato stabilito un espresso divieto delle esportazioni. Infatti, nella misura in cui questo accordo non è soggetto agli obblighi stabiliti dalle regole comunitarie di concorrenza, le parti potevano esprimere in modo più chiaro le loro intenzioni.

90.
    Ciò posto, occorre esaminare se, come sostiene la Commissione, la sua interpretazione dell'art. 2, n. 2, dell'accordo del 1982 sia confermata anche dal fatto che le parti hanno applicato un accordo diretto ad impedire importazioni parallele nel Regno Unito di prodotti Glasurit.

Seconda parte: applicazione dell'accordo

—    Argomenti delle parti

91.
    La ricorrente sostiene che l'applicazione dell'accordo controverso dimostra che la Commissione ha interpretato erratamente il termine «trasmettere». A suo avviso, i fatti corroborano la sua interpretazione di detto accordo.

92.
    Quando, nel marzo 1986, l'IMF ha inviato per la prima volta una domanda all'Accinauto, l'amministratore di quest'ultima, il signor Dudouet, avrebbe contattato la ricorrente solo per informarsi sulla situazione del mercato e sulla disponibilità dei prodotti richiesti. Il signor Dudouet effettuava raramente esportazioni e era giunto alla conclusione che gli ordinativi per il mercato britannico avrebbero potuto riguardare grandi quantitativi. Siccome i prodotti richiesti dall'IMF erano prodotti facilmente smerciabili e, secondo gli usi vigenti nel mercato di riparazione di automobili, i quantitativi dovevano essere forniti rapidamente, eventuali ritardi di fornitura avrebbero potuto creare gravi problemi ai clienti. Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, l'Accinauto non avrebbe quindi chiesto l'autorizzazione della ricorrente, né per effettuare le forniture all'IMF, né per fissare le condizioni applicabili a tali vendite.

93.
    L'Accinauto avrebbe fornito all'IMF i quantitativi richiesti, e i rapporti di affari fra le due società si sarebbero sviluppati fruttuosamente in seguito. Fino al 1990 le ordinazioni dell'IMF sarebbero aumentate costantemente, al pari degli sconti accordatile dall'Accinauto.

94.
    Alla fine di detto periodo la debolezza della sterlina nonché i rialzi di prezzo in Belgio e nei Paesi Bassi avrebbero contribuito a una diminuzione delle importazioni parallele di prodotti Glasurit nel Regno Unito. Per tale motivo la ricorrente non avrebbe condiviso le preoccupazioni in merito alle importazioni parallele formulate dalla BASF C & I nella telecopia 28 marzo 1990.

95.
    Tuttavia, poiché vi era una situazione di penuria per taluni prodotti Glasurit, il signor Dudouet sarebbe stato pregato di utilizzare i prodotti disponibili per rifornire con precedenza i clienti nella sua zona di distribuzione esclusiva.

96.
    A partire dal giugno 1989 le vendite effettuate dall'Accinauto all'IMF sarebbero state fatturate a nome della ditta Technipaint unicamente al fine di distinguere le esportazioni dalle operazioni belghe. Tale separazione sarebbe divenuta possibile nel 1989, dopo la creazione di un nuovo sistema informatico. Essa consentiva all'Accinauto di aumentare la trasparenza delle sue operazioni e di limitare il pagamento dei premi dovuti ai suoi collaboratori. La BASF avrebbe del pari provveduto alla registrazione separata delle operazioni, poiché essa contribuiva alle spese pubblicitarie relative alle vendite nella zona contrattuale.

97.
    Contrariamente a quanto affermato ai punti 75 e 76 dei 'considerando‘ della decisione impugnata, l'Accinauto non avrebbe cessato di rifornire l'IMF alla fine del maggio del 1990, ma solamente nel dicembre del 1990. Il primo ordinativo pervenuto all'Accinauto dopo la fornitura di fine maggio 1990 recherebbe la data del 4 dicembre 1990. L'IMF non avrebbe effettuato nuovi ordinativi fra queste due date, malgrado il riferimento a un ordinativo futuro che si trova nella lettera inviata dagli avvocati dell'IMF all'Accinauto il 3 luglio 1990.

98.
    L'Accinauto avrebbe deciso di non effettuare più forniture all'IMF autonomamente, a causa della mancanza di affidabilità di quest'ultima e dell'atteggiamento minaccioso che aveva adottato. Dall'agosto 1989 l'IMF non avrebbe più pagato le fatture entro i termini. In occasione di un colloquio con l'Accinauto avvenuto il 5 giugno 1990, l'IMF avrebbe insistito per ottenere forniture supplementari, mentre alcune strozzature incidevano sulla disponibilità di un gran numero di prodotti Glasurit. Essa avrebbe minacciato l'Accinauto di denunciare la violazione delle regole di concorrenza e di stabilire una sede in Belgio allo scopo di realizzare esportazioni dirette nel Regno Unito.

99.
    Con lettera 7 febbraio 1991, trasmettendole copia della lettera che aveva inviato all'IMF il 19 dicembre 1990, l'Accinauto avrebbe informato per la prima volta la ricorrente della definitiva rottura dei suoi rapporti commerciali con l'IMF.

100.
    La ricorrente rimprovera ala Commissione di non aver tenuto conto delle difficoltà di fornitura, per cui essa avrebbe apportato convincenti argomenti di prova durante il procedimento amministrativo. Le sue capacità di fornitura avrebbero subito notevoli strozzature durante il periodo considerato, per vari motivi, che avrebbero colpito le principali gamme di prodotti, in particolare i colori di base più utilizzati.

101.
    La ricorrente avrebbe stabilito una rete d'informazione fra essa e i suoi distributori, fra i quali l'Accinauto, al fine di garantire un regolare approvvigionamento del mercato europeo in una situazione di penuria. Infatti, per adempiere i suoi obblighi di fornitura di prodotti Glasurit nei confronti dei clienti essa avrebbe voluto

conoscere i flussi commerciali e la situazione delle vendite nei vari mercati nazionali.

102.
    Inoltre, essa ritiene di aver potuto legittimamente attendersi che i suoi distributori esclusivi provvedessero a rifornire nel modo migliore possibile gli ex clienti nelle loro zone rispettive e che essi non si avvalessero delle magre risorse per accettare nuove ordinazioni o effettuare forniture al di fuori di dette zone.

103.
    La liceità del suo comportamento sarebbe riconosciuta dai 'considerando‘ del regolamento (CEE) della Commissione 22 giugno 1983, n. 1983, relativo all'applicazione dell'art. 85, n. 3, del Trattato a categorie di accordi di distribuzione esclusiva (GU L 173, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 1983/83»), come già era stato dai 'considerando‘ del regolamento della Commissione 22 marzo 1967, 67/67/CEE, concernente l'applicazione dell'art. 85, n. 3, del Trattato a categorie di accordi di esclusiva (GU 1967, n. 57, pag. 849). Le parti di un accordo di distribuzione esclusiva potrebbero quindi includervi alcune clausole che consentano al fabbricante di accertare se sia stato rispettato dal distributore lo scopo principale di tale accordo, vale a dire quello di operare intensamente nella zona contrattuale.

104.
    La ricorrente sostiene che la situazione di penuria cui ha fatto riferimento fornisce una spiegazione diversa ai fatti accertati dalla Commissione e consente quindi di sostituire un'altra spiegazione dei fatti a quella accolta nella decisione impugnata (sentenze della Corte 29 giugno 1978, causa 77/77, BP/Commissione, Racc. pag. 1513, punti 32 e 33, e 28 marzo 1984, cause riunite 29/83 e 30/83, CRAM e Rheinzink/Commissione, Racc. pag. 1679, punto 16).

105.
    La Commissione ribadisce la sua conclusione secondo cui l'applicazionedell'accordo da parte delle parti, in particolare a partire dal marzo 1986, conferma che il suo art. 2, n. 2, conteneva effettivamente un diritto di approvazione delle vendite passive riservato al produttore. Le spiegazioni fornite dalla ricorrente non sarebbero convincenti, né possono invalidare la valutazione giuridica dei comportamenti accertati nella decisione impugnata. Inoltre, essa sottolinea che la ricorrente già aveva fatto riferimento durante il procedimento amministrativo ai suoi problemi di fornitura, i quali avrebbero costituito oggetto di una approfondita analisi nell'ambito di tale procedimento.

106.
    La convenuta sostiene che gli atti processuali contraddicono la versione dei fatti presentata dalla ricorrente. La nota interna 5 giugno 1990, menzionata ai punti 43 e 52 dei 'considerando‘ della decisione impugnata, dimostrerebbe che la BASF aveva accordato un'«autorizzazione eccezionale» al signor Dudouet per effettuare forniture all'IMF, dopo il primo ordinativo che questa aveva effettuato presso l'Accinauto nel marzo 1986. Da altri documenti emergerebbe che la cessazione delle forniture all'IMF è sicuramente avvenuta su istigazione della BASF e che, a partire dal giugno 1989, l'Accinauto ha fatturato tali vendite tramite la Technipaint allo scopo di dissimularle. Infine, a seguito di un controllo rafforzato effettuato dalla ricorrente, l'Accinauto avrebbe posto fine alle esportazioni nel maggio 1990.

107.
    Secondo la Commissione, i problemi di fornitura menzionati dalla ricorrente non possono spiegare il comportamento delle parti dell'accordo, poiché il periodo di penuria si situa unicamente fra il 1988 e la fine del 1990. Peraltro, essa rileva che lo scambio di corrispondenza tra la ricorrente e i suoi concessionari in merito alle importazioni parallele nel Regno Unito non reca alcuna traccia di un timore di un approvvigionamento eventualmente insufficiente degli altri mercati nazionali. La revoca dell'autorizzazione eccezionale concessa all'Accinauto sarebbe dovuta non ai problemi di fornitura avvertiti dalla ricorrente, ma al fatto che le importazioni parallele erano pregiudizievoli per la BASF C & I e comportavano una riduzione dei prezzi nel Regno Unito.

108.
    In ogni caso, sarebbero errate le conclusioni che la ricorrente ritiene di trarre dalla citata sentenza BP/Commissione, e dai 'considerando‘ del regolamento n. 1983/83. Il produttore non potrebbe imporre al distributore esclusivo di non più rivendere che a clienti stabiliti nella zona contrattuale, riservandosi il corrispondente diritto di rifiutare di rifornirlo in una «situazione di penuria». Una clausola del genere sarebbe incompatibile con l'applicazione del regolamento n. 1983/83. La Commissione osserva che la ricorrente, per fruire dei vantaggi conferiti da tale regolamento, deve anche sopportarne gli svantaggi.

—    Giudizio del Tribunale

109.
    Occorre ricordare, in limine, che la violazione delle regole di concorrenza accertata nella decisione impugnata riguarda la conclusione ad opera delle parti di un accordo mirante ad impedire le importazioni parallele nel Regno Unito di prodotti Glasurit. L'esame dell'applicazione dell'accordo del 1982 mira quindi unicamente a confermare la fondatezza dell'interpretazione data dalla Commissione all'art. 2, n. 2, di tale accordo.

110.
    A questo proposito, la ricorrente nega l'esistenza di un nesso di causalità tra i fatti rilevati nella decisione impugnata e l'applicazione di un asserito accordo incompatibile con l'art. 81, n. 1, CE. Il comportamento delle parti dell'accordo del 1982 sarebbe dovuto ai problemi di fornitura che la BASF aveva incontrato nel periodo cui fa riferimento, nonché a decisioni commerciali adottate autonomamente dall'Accinauto.

111.
    Tuttavia, la Commissione ha giustamente rilevato che le strozzature hanno inciso sulle forniture della BASF solo dal 1988 al 1990, mentre l'accordo censurato è stato in vigore dal 1982 al 1991.

112.
    I menzionati problemi di approvvigionamento non possono quindi spiegare l'attività volta a contrassegnare i prodotti venduti dai distributori in Belgio, nei Paesi Bassi e in Germania, effettuata dalla BASF negli anni 1985-1986 al fine di individuare i canali attraverso i quali i prodotti Glasurit arrivavano nel mercato del Regno Unito.

113.
    Siffatti problemi non possono convalidare neanche la spiegazione fornita dalla ricorrente quanto al suo contatto con l'Accinauto nel marzo 1986, anteriormente alla prima fornitura all'IMF. Infatti, nessuna ragione obiettiva richiedeva che il signor Dudouet si informasse previamente della disponibilità dei prodotti ordinati.

114.
    Inoltre, i rapporti commerciali tra l'Accinauto e l'IMF si sono intensificati nel 1989, nonostante le gravi difficoltà provate dalla BASF durante tutto questo anno. All'epoca della rottura di detti rapporti, nel mese di giugno 1990, la situazione di penuria menzionata dalla ricorrente si trovava già attenuata in gran parte.

115.
    Per di più, dalle note interne della BASF, nonché dalla corrispondenza inviatale dalla BASF C & I e dall'Accinauto, emerge che il problema delle importazioni parallele si poneva sotto il profilo dei suoi effetti sulle attività della sede britannica, e non nell'ambito delle difficoltà di forniture che potevano compromettere l'approvvigionamento dei clienti belgi e lussemburghesi.

116.
    Ne consegue che le difficoltà per le forniture della ricorrente non hanno avuto nella specie una notevole incidenza sull'applicazione dell'accordo del 1982. Di conseguenza, gli argomenti da essa addotti sulla liceità del suo comportamento in situazione di penuria, in particolare alla luce della citata sentenza BP/Commissione, e dei 'considerando‘ del regolamento n. 1983/83, non sono pertinenti per l'esame della causa in esame.

117.
    Il Tribunale constata che, secondo una nota interna della BASF 5 giugno 1990, l'Accinauto aveva ottenuto un'«autorizzazione eccezionale» per rifornire l'IMF:

«Il proprietario della ditta [IMF] a Derby insiste perché altre forniture di vernici per autoritocco siano effettuate dall'Accinauto (nel 1989, circa 10 tonnellate). Per questo cliente il signor Dudouet aveva ottenuto all'epoca un'autorizzazione eccezionale per le forniture dal signor Kunath. In quel momento tale autorizzazione è stata data per un limitato quantitativo di forniture con partenza da Bruxelles. Motivo: non aumento di volume da parte di altri distributori belgi. Se l'accordo non viene dato per una nuova fornitura siamo minacciati di essere denunciati dinanzi all'autorità giudiziaria (...). Il signor Dudouet attende informazioni sul modo di proseguire l'azione!»

118.
    Con lettera 7 giugno 1989, indirizzata alla BASF, il signor Dudouet fa riferimento al contesto nel quale tale autorizzazione era stata accordata e mantenuta in vigore fino a detta data:

«Tre o quattro anni fa la Glasurit ha deciso, a seguito del grande volume di importazioni parallele in Inghilterra, di apporre con il nostro aiuto, su tutti i prodotti venduti in provenienza dalle nostre scorte, un contrassegno per ciascun cliente, al fine di consentire la facile prova dell'origine della fornitura (...). Tenuto conto di tale commercio, abbiamo convenuto con la Glasurit di cercare di canalizzare e di normalizzare tali acquisti, per seguire i quantitativi acquistati dai

nostri clienti, indipendentemente dalla vendita al di fuori del territorio concesso (...). Richiamiamo la Vostra attenzione sul fatto che, se mettiamo fine a tale rete, non possiamo più garantirVi che i nostri settanta concessionari o grandi officine di carrozzeria non saranno tentate o indotte a concludere affari con la Gran Bretagna, il che perturberebbe notevolmente il nostro mercato interno».

119.
    Da tali documenti particolarmente chiari risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, l'Accinauto non ha agito in modo autonomo nell'ambito dei suoi rapporti commerciali con l'IMF.

L'intensità del controllo che era esercitato dalla BASF sulle esportazioni dell'Accinauto è confermata da un'altra nota interna, datata giugno 1990:

«Alleghiamo la risposta dell'Accinauto alla nostra domanda su quanto materiale [Glasurit] vada dal Belgio in Gran Bretagna. Dobbiamo supporre che Dudouet dica la verità. Sa molto bene che egli dipende da noi e non vorrà correre alcun rischio».

120.
    Di conseguenza, dev'essere disattesa la seconda parte del motivo, relativa ad un errore che la Commissione avrebbe commesso nella valutazione dell'applicazione dell'accordo del 1982.

Terza parte: effetti dell'accordo sulla concorrenza e sul commercio fra Stati membri

—    Argomenti delle parti

121.
    La ricorrente addebita alla Commissione di non aver sufficientemente preso in considerazione le peculiarità del mercato britannico di vernici per autoritocco.

122.
    Essa sostiene che i costi di commercializzazione dei suoi prodotti erano e sono più elevati nel Regno Unito che negli altri mercati europei. L'introduzione relativamente tardiva sul mercato britannico dei prodotti di cosiddetta «nuova tecnologia» comporterebbe che la BASF C & I deve sopportare costi eccezionali per far conoscere tale tecnologia e garantire il servizio post-vendita presso le officine. I commercianti di più marche e gli importatori paralleli, che non offrono sostegno tecnico, né una gamma completa di prodotti, si avvantaggerebbero, senza che ciò costi niente per loro, delle prestazioni fornite dal fabbricante e dal suo distributore esclusivo.

123.
    La ricorrente osserva che le importazioni parallele di prodotti Glasurit si sono sviluppate a causa della differenza di prezzi sul mercato di vernici per autoritocco esistenti tra il Regno Unito e gli altri paesi della Comunità. Tale differenza sarebbe dovuta soprattutto ai maggiori costi di commercializzazione nel Regno Unito, ma anche al sistema di controllo dei prezzi vigente in Belgio dall'inizio degli anni 80, deciso dallo Stato belga per impedire un aumento dei prezzi al consumatore finale.

124.
    Tuttavia, la Commissione a torto avrebbe ritenuto che la posizione dei prodotti Glasurit sul mercato britannico e le differenze di prezzo tra il Belgio e il Regno Unito fossero atte a favorire una notevole attività di importazioni parallele, la quale sarebbe stata impedita dall'accordo del 1982.

125.
    La ricorrente contesta l'esattezza delle quote di mercato indicate al punto 16 dei 'considerando‘ della decisione impugnata, nel senso che si possa ritenere che esse rappresentino le importazioni parallele di prodotti Glasurit nel complesso delle vendite di tali prodotti sul mercato britannico del Regno Unito per gli anni 1986-1990. In realtà, il valore complessivo delle importazioni parallele per ciascun anno sarebbe restato nettamente inferiore a 2 000 000 DM all'anno, in quanto le vendite totali dell'Accinauto all'IMF erano nettamente inferiori a 500 000 DM all'anno, anche negli anni migliori.

126.
    La BASF rileva che i prezzi da considerare in materia di concorrenza sono i prezzi netti di vendita disposti dal distributore, che corrispondono ai «prezzi catalogo», previa detrazione dello sconto concesso all'acquirente. Orbene, a suo avviso, le differenze tra i prezzi praticati in Belgio e quelli praticati nel Regno Unito diminuirebbero notevolmente se si prendessero in considerazione i prezzi di vendita netti e non i «prezzi catalogo». La ricorrente fa riferimento, a titolo esemplificativo, alle differenze tra i «prezzi catalogo» e i prezzi netti praticati nel 1988 dall'Accinauto e dalla BASF C & I per i prodotti delle linee 21 e 54. Ne conseguirebbe che l'attività di importazioni parallele sarebbe vantaggiosa solo qualora venissero accordati agli importatori sconti sufficienti.

127.
    Per quanto concerne i divari di prezzi, la ricorrente presenta nuove cifre. Essa sostiene che gli allegati 55 e 56 che ha versato agli atti dimostrano che gli sconti accordati dalla BASF C & I potevano effettivamente raggiungere il 52%, il che porterebbe i prezzi netti di vendita nel Regno Unito ad un livello assai vicino a quello dei prezzi netti praticati dall'Accinauto in Belgio, nonostante le differenze esistenti a livello dei «prezzi catalogo». La ricorrente ricorda che, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, ha consegnato alla Commissione una tabella comparativa dei prezzi per il periodo 1988-1991. Questa tabella mostrerebbe che una parte della merce era consegnata dalla BASF a prezzi più bassi nel Regno Unito che in Belgio e spiegherebbe perché l'IMF chiedeva in continuazione all'Accinauto sconti maggiori.

128.
    Per di più, la Commissione avrebbe omesso di tener conto del fatto che, oltre all'Accinauto, alcuni distributori in altri Stati membri potevano servire da fonte di approvvigionamento per le importazioni parallele nel Regno Unito. Secondo le attuali conoscenze della ricorrente, un gran numero di imprese avrebbe venduto, a fianco dell'Accinauto, prodotti Glasurit per l'importazione nel Regno Unito durante il periodo di riferimento. Gli importatori paralleli sarebbero perfettamente informati delle rispettive fonti di approvvigionamento nei vari paesi della Comunità e effettuerebbero acquisti comuni presso distributori che praticavano i prezzi più vantaggiosi per ciascuna categoria di prodotti. Ciò sarebbe confermato dal fatto che

l'IMF si procurava presso l'Accinauto di taluni prodotti per conto della Clabrook Cars Ltd, mentre quest'ultima otteneva altri prodotti a migliori condizioni nei Paesi Bassi e in Germania.

129.
    Secondo la ricorrente, i quantitativi esportati dall'Accinauto costituivano solo una parte del volume complessivo delle importazioni parallele di prodotti Glasurit a doppia componente nel Regno Unito, il quale rappresentava al massimo l'1% dellevendite di tali prodotti sul mercato britannico. Essa contesta quindi la conclusione della Commissione secondo la quale l'accordo censurato ha prodotto notevoli effetti sul commercio fra Stati membri.

130.
    La convenuta replica che i documenti scoperti presso la BASF evidenziano le differenze di prezzi accertate nella decisione impugnata e che tali divari potevano incentivare le esportazioni parallele dal Belgio nel Regno Unito. Non sarebbe provato che la BASF C & I accordasse i notevoli sconti asseriti dalla ricorrente, che avrebbero ridotto le differenze effettive fra i prezzi netti di vendita dei prodotti Glasurit delle linee 21 e 54. Tali sconti, se fossero stati effettivamente del 50% in media, sarebbero stati nettamente superiori agli sconti accordati nelle altre zone contrattuali. In ogni caso, la stessa ricorrente ammetterebbe nel suo ricorso che i divari fra i prezzi praticati nel Regno Unito e negli altri Stati membri costituivano una delle cause delle importazioni parallele.

131.
    La Commissione sostiene di aver dimostrato che l'accordo di cui trattasi era atto a produrre un notevole effetto sul commercio intracomunitario e ricorda che essa non è tenuta a fornire la prova del fatto che vi sia stata effettivamente un'incidenza sensibile sugli scambi fra gli Stati membri (sentenza della Corte 1° febbraio 1978, causa 19/77, Miller/Commissione, Racc. pag. 131, punto 15). Sottolinea di aver effettuato le indagini necessarie e di aver presentato nella decisione impugnata i suoi accertamenti relativi alla posizione delle imprese interessate sul mercato, all'ampiezza della loro produzione e delle esportazioni, nonché alla loro politica dei prezzi.

132.
    Le nuove tabelle prodotte dalla ricorrente, concernenti gli sconti accordati dalla BASF C & I a quattro dei suoi principali clienti nel 1988 e nel 1989, non sarebbero decisive. L'allegato 54 non consentirebbe neanche di dimostrare che le differenze di prezzi fra il Belgio e il Regno Unito fossero irrisorie. La Commissione rileva di aver ammesso che i divari dei prezzi relativi ai prodotti delle linee 21 e 54, assai pronunciati nel 1985-1986, sono nettamente diminuiti nel 1989-1990. Tuttavia, sarebbe appunto in seguito alla pressione delle importazioni parallele che la ricorrente si è sforzata di adeguare i prezzi praticati nei due paesi, il che dimostrerebbe quanto sia fondamentale che le importazioni parallele possano svolgersi liberamente.

—    Giudizio del Tribunale

133.
    L'art. 81, n. 1, CE vieta tutti gli accordi tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di restringere il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune, purché essi possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri. Da una giurisprudenza costante emerge che, per sua natura, una clausola intesa a vietare all'acquirente di rivendere o di esportare la merce acquistata è atta a produrre una ripartizione dei mercati e, quindi, a pregiudicare il commercio tra Stati membri (sentenze della Corte Miller/Commissione, citata, punto 7, e 31 marzo 1993, cause riunite C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85, nonché da C-125/85 a C-129/85, Ahlström Osakeythiö e a./Commissione, cosiddetta sentenza «Pâtes de bois», Racc. pag. I-1307, punto 176). Quando risulti che le vendite di almeno una delle parti dell'accordo anticoncorrenziale costituiscono una quota non trascurabile del mercato di cui trattasi, si deve applicare l'art. 81, n. 1, CE (sentenza Miller/Commissione, citata, punto 10, e Parker Pen/Commissione, citata, punto 44).

134.
    Nella specie, la ricorrente non nega la definizione del mercato dei prodotti di cui trattasi adottata dalla Commissione, vale a dire il mercato britannico delle vernici per autoritocco, né il fatto che la sua quota di mercato era nel 1991 del 16%, di cui il 12% per i prodotti Glasurit. Le sue critiche si limitano ai quantitativi delle importazioni parallele che la convenuta ha indicato al punto 16 dei 'considerando‘ della decisione impugnata. Tenuto conto della posizione della BASF nel mercato di cui trattasi, nonché del fatto, confermato dalla stessa ricorrente, che i prezzi dei prodotti Glasurit praticati fra il 1986 e il 1991 su tale mercato erano, in media, superiori ai prezzi praticati sui mercati di altri Stati membri, in particolare in Belgio, la Commissione giustamente ha concluso che l'accordo censurato era atto a pregiudicare il commercio intracomunitario.

135.
    Alla luce di quanto sopra, si deve rilevare che tale accordo costituisce, per il suo scopo, una restrizione della concorrenza vietata dall'art. 81, n. 1, CE, senza che occorra accertare se, come sostiene la ricorrente, esso non abbia prodotto notevoli effetti sul mercato considerato (sentenza della Corte 13 luglio 1966, cause riunite 56/64 e 58/64, Consten et Grundig/Commissione, Racc. pag. 429, e sentenza del Tribunale 7 luglio 1994, causa T-43/92, Dunlop Slazenger/Commissione, Racc. pag. II-441, punto 127).

136.
    Ne consegue l'irrilevanza delle altre censure che la ricorrente ha formulato contro l'accertamento da parte della Commissione di una violazione della suddetta disposizione del Trattato, in quanto la fondatezza di tali censure non può, in ogni caso, portare alla conclusione che un accordo avente lo scopo e la portata di quello del caso di specie non violi le regole comunitarie di concorrenza.

Quarta parte: data di cessazione della violazione

—    Argomenti delle parti

137.
    La ricorrente sostiene che, ammesso che vi stata una violazione delle regole di concorrenza, tale violazione è terminata al più tardi alla fine del giugno 1990. La

Commissione avrebbe dovuto constatare che la lettera indirizzata dalla ricorrente all'Accinauto il 21 giugno 1990 indicava chiaramente a quest'ultima che essa era libera di adottare le proprie decisioni di vendita. In ogni caso, la stessa Commissione avrebbe ammesso che la lettera 22 giugno 1990, inviata dalla BASF agli avvocati dell'IMF e di cui una copia era stata trasmessa all'Accinauto, era sufficientemente comprensibile e chiara in proposito.

138.
    La convenuta ribadisce la sua conclusione secondo cui l'accordo restrittivo della concorrenza è terminato solo quando le parti hanno abolito la clausola censurata. Essa sostiene che l'Accinauto, tenuto conto delle circostanze, non poteva interpretare la copia della lettera inviata agli avvocati della denunciante nel 1990 nel senso che la ricorrente rinunciava al diritto di approvazione delle esportazioni che si era riservata nell'art. 2, n. 2, dell'accordo del 1982. Lo scopo di tale lettera sarebbe stato unicamente quello di prevenire eventuali rivendicazioni da parte dell'IMF.

—    Giudizio del Tribunale

139.
    Costituendo l'infrazione accertata nella decisione impugnata la conclusione e la partecipazione delle parti a un accordo di distribuzione esclusiva di cui una delle clausole aveva un oggetto incompatibile con l'art. 81, n. 1, CE, la Commissione ha giustamente considerato che la detta infrazione è terminata solo quando le due parti hanno abolito la clausola di cui trattasi. Secondo la giurisprudenza, il fatto che una clausola che miri a restringere la concorrenza non sia stata applicata dai contraenti non è sufficiente a sottrarla all'ambito di applicazione del divieto ex art. 81, n. 1, CE (sentenze Miller/Commissione, citata, punto 7, e Pâtes de bois, punto 175). Nella specie, le lettere menzionate dalla ricorrente non provano che le parti avessero effettivamente l'intenzione di rinunciare alla clausola censurata. Infatti, come ha osservato la Commissione, i termini più espliciti impiegati nella lettera 22 giugno 1990 miravano in realtà ad indebolire gli addebiti di comportamento anticoncorrenziale che erano stati formulati alle parti dalla denunciante IMF.

140.
    Da tutto quanto precede emerge che il motivo relativo alla violazione dell'art. 81, n. 1, CE dev'essere disatteso.

Sul motivo relativo a un abuso di potere nella fissazione dell'importo dell'ammenda

Argomenti delle parti

141.
    La ricorrente rimprovera alla Commissione di aver abusato del suo potere discrezionale, in quanto essa avrebbe omesso di tener conto, nella fissazione dell'importo dell'ammenda, della debole gravità e della breve durata dell'asserita infrazione, della difficile situazione economica della ricorrente e della mancanza di dolo.

142.
    La BASF adduce che la gravità dell'infrazione dev'essere commisurata agli effetti che l'accordo assertivamente restrittivo della concorrenza ha prodotto sul commercio. Orbene, l'accordo censurato non avrebbe prodotto alcun effetto, non essendo stato applicato dalle parti. Ammesso pure che sia stato applicato, esso non avrebbe compromesso le correnti di importazioni parallele nel Regno Unito provenienti dal Belgio. Vi sarebbe stato un unico diniego di forniture, nel dicembre 1990, che non sarebbe stato dovuto all'accordo, ma a un'autonoma decisione dell'Accinauto. Inoltre, il volume delle importazioni parallele oggetto dell'accordo del 1982 sarebbe insignificante rispetto a tutte le vendite di prodotti Glasurit nel Regno Unito.

143.
    La Commissione si sarebbe sbagliata nel prendere come base per la durata dell'infrazione tutto il periodo della validità dell'accordo, fra la sua conclusione avvenuta l'8 ottobre 1982 e l'entrata in vigore del nuovo accordo in data 1° gennaio 1992. Da un lato, la stessa Commissione avrebbe ammesso che gli effetti dell'accordo si sono avvertiti soltanto a partire dal 1986. D'altro lato, l'Accinauto avrebbe rifiutato solo un'unica fornitura e la ricorrente le avrebbe comunicato chiaramente, al più tardi nel giugno 1990, che essa era libera di effettuare vendite passive negli Stati membri della Comunità. La ricorrente considera pertanto che la presa in considerazione di tutto il periodo di validità dell'accordo è ingiusta e viola gravemente il principio di proporzionalità.

144.
    La ricorrente fa valere del pari che la funzione di un'ammenda non può essere quella di aggravare durevolmente le difficoltà economiche di un'impresa, anche se essa deve punire una violazione del diritto ed essere dissuasiva. Per determinare l'importo dell'ammenda la Commissione non avrebbe potuto trascurare del tutto il fatto che la BASF C & I aveva subito notevoli perdite dal 1985 al 1995 e che la stessa ricorrente prevedeva alcune perdite nel 1995. In tali circostanze, sarebbe stata adeguata l'imposizione di un'ammenda simbolica.

145.
    La ricorrente sottolinea inoltre che i giuristi consultati all'epoca della stipula dell'accordo avevano ritenuto la clausola di cui trattasi conforme al diritto comunitario. Le parti e i loro collaboratori non sarebbero stati quindi consapevoli, durante il periodo di validità dell'accordo, di commettere una violazione delle regole sulla concorrenza del Trattato.

146.
    La Commissione ricorda che i divieti di esportazione costituiscono per loro stessa natura gravi violazioni della concorrenza, poiché mirano a mantenere in vigore artificialmente le differenze di prezzo fra i mercati degli Stati membri e pongono in pericolo la libertà degli scambi intracomunitari (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80, 101/80, 102/80 e 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 107). La quota di mercato delle importazioni parallele oggetto dell'infrazione sarebbe irrilevante per la determinazione della sua gravità. Peraltro, essa avrebbe già confutato gli argomenti della ricorrente concernenti la mancanza di effetti economici dell'accordo del 1982, in particolare sulle importazioni parallele dal Belgio nel Regno Unito, nonché

quelli relativi alla mancanza di influenza dell'accordo sulle decisioni adottate dall'Accinauto.

147.
    La convenuta considera che l'infrazione è iniziata sin dalla data della conclusione dell'accordo di distribuzione esclusiva che stabiliva un diritto di approvazione del fabbricante ed è continuata durante tutto il periodo di validità di tale accordo (sentenza della Corte 8 novembre 1983, cause riunite da 96/82 a 102/82, 104/82, 105/82 e 110/82, IAZ/Commissione, Racc. pag. 3369, punto 59). Il mero silenzio dell'Accinauto successivo alle lettere della ricorrente 21 e 22 giugno 1990 non avrebbe potuto modificare validamente l'accordo del 1982. Ai sensi dell'art. 12, n. 2, di questo, le modifiche del detto contratto sarebbero state valide soltanto se stabilite per iscritto.

148.
    L'importo dell'ammenda non dovrebbe essere ridotto in funzione delle perdite subite dalla ricorrente e dalla sua filiale BASF C & I, poiché la Commissione non è tenuta a considerare la situazione finanziaria di disavanzo del destinatario della decisione. In ogni caso, le perdite subite dalla sede britannica fra il 1985 e il 1989 sarebbero state compensate dai profitti realizzati dalla BASF dalla vendita di vernici per autoritocco nel Regno Unito durante lo stesso periodo.

149.
    La Commissione contesta l'argomento della ricorrente secondo il quale non vi sarebbe stata una deliberata intenzione di restringere la concorrenza, poiché le parti non sarebbero state consapevoli di violare il diritto comunitario. L'errore di diritto eventualmente commesso dai giuristi della ricorrente non avrebbe affatto inciso sull'intenzione di quest'ultima di imporre all'Accinauto un obbligo di trasmissione e di controllare così le esportazioni parallele nel Regno Unito.

150.
    Peraltro, la convenuta osserva che, fissando l'importo dell'ammenda a 2 700 000 ECU, essa è rimasta ben al di sotto dell'importo del 10% del fatturato complessivo realizzato dalla ricorrente durante l'esercizio sociale precedente, il quale costituisce il massimale previsto dall'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

Giudizio del Tribunale

151.
    A norma dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, la Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese che hanno commesso, con dolo o per negligenza, una violazione delle disposizioni dell'art. 81, n. 1, CE ammende di almeno 1 000 ECU e di 1 000 000 ECU al massimo; quest'ultimo importo può essere portato al10% della cifra d'affari realizzata durante l'esercizio precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all'infrazione. Entro detti limiti, l'importo dell'ammenda è determinato tenendo conto tanto della gravità dell'infrazione quanto della sua durata (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, citata, punto 118, e sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-327/94, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. II-1373, punto 175).

152.
    Occorre ricordare che, perché una violazione delle regole di concorrenza del Trattato possa essere considerata commessa con dolo, non è necessario che l'impresa sia stata cosciente di violare un divieto dettato da dette regole, ma è sufficiente che essa sia stata consapevole del fatto che il comportamento censurato mirava a restringere la concorrenza (sentenza IAZ e a./Commissione, citata, punto 45, e sentenza del Tribunale 14 luglio 1994, causa T-66/92, Herlitz/Commissione, Racc. pag. II-531, punto 45). Come emerge dai precedenti accertamenti del Tribunale, la ricorrente non ha potuto ignorare che la clausola censurata dell'accordo del 1982 mirasse a restringere le importazioni parallele e, per questo motivo, a contrastare l'obiettivo stesso della realizzazione del mercato unico voluta dal Trattato, ripartendo i vari mercati nazionali. Il parere di un consigliere giuridico, cui essa fa riferimento, non può discolparla al riguardo (sentenza Miller/Commissione, citata, punto 18).

153.
    Nella specie, il Tribunale constata che la Commissione ha rispettato il massimale previsto dal regolamento n. 17, il quale si riferisce alla cifra d'affari complessiva dell'impresa considerata (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, citata, punto 119, e sentenza del Tribunale 6 ottobre 1994, causa T-83/91, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. II-755, punto 247). La convenuta ha precisato all'udienza che l'importo di 2 700 000 ECU è stato calcolato applicando il coefficiente del 7,5% alla cifra d'affari di 36 600 000 ECU, la quale, secondo le informazioni fornite dalla BASF, è stata realizzata nel 1991 mediante le vendite di prodotti Glasurit nel Regno Unito, in Belgio e nel Lussemburgo. L'importo dell'ammenda rappresenta quindi soltanto lo 0,3% della cifra d'affari complessiva della BASF realizzata nel 1991, la quale ha raggiunto circa 834 000 000 ECU (1 668 000 000 DM; v. supra punto 1).

154.
    Secondo una giurisprudenza costante, l'importo dell'ammenda dev'essere commisurato alle circostanze della violazione ed alla gravità dell'infrazione, e la valutazione della gravità dell'infrazione dev'essere effettuata tenendo conto della natura delle restrizioni provocate alla concorrenza (sentenze del Tribunale Parker Pen/Commissione, punto 92, e 22 ottobre 1997, cause riunite T-213/95 e T-18/96, SCK et FNK/Commissione, Racc. pag. II-1739, punto 246).

155.
    Nella decisione impugnata la Commissione ha giustamente considerato che l'infrazione accertata era particolarmente grave, tenuto conto, in particolare, della natura della restrizione della concorrenza di cui trattasi e dell'importante posizione occupata dalla BASF sul mercato delle vernici per autoritocco in Europa.

156.
    La valutazione della Commissione sulla durata dell'infrazione non è inoltre viziata da alcun errore, in quanto tale infrazione è stata caratterizzata dal fatto che costituiva la conclusione ad opera delle parti di un accordo di cui una delle clausole perseguiva uno scopo incompatibile con l'art. 81, n. 1, CE. Anche ammesso che il Tribunale non abbia potuto accertare l'applicazione di siffatta clausola, è pur vero che la sua semplice esistenza poteva creare un effetto «ottico e psicologico» che contribuisce ad una ripartizione del mercato (sentenze Miller/Commissione, citata,

punto 7, e Herlitz/Commissione, citata, punto 40). L'infrazione iniziata all'atto della conclusione dell'accordo del 1982 è quindi cessata soltanto quando la clausola censurata è stata effettivamente abolita.

157.
    Occorre altresì rilevare che la Commissione ha considerato come circostanza attenuante il fatto che le parti abbiano posto fine all'infrazione il 1° gennaio 1992, vale a dire prima che la comunicazione degli addebiti venisse loro inviata il 12 maggio 1993.

158.
    Infine, non si può rimproverare alla convenuta di non aver considerato come circostanza attenuante la situazione finanziaria eventualmente difficile della ricorrente. Infatti, ciò equivarrebbe a procurarle un vantaggio concorrenziale ingiustificato rispetto alle imprese meglio adattate alle condizioni del mercato (sentenza IAZ e a./Commissione, citata, punto 55).

159.
    Si deve pertanto concludere che la Commissione, fissando a 2 700 000 ECU l'importo dell'ammenda inflitta alla ricorrente, non ha ecceduto il potere discrezionale di cui dispone all'atto della determinazione dell'importo delle ammende.

160.
    Da tutto quanto precede emerge che le domande della ricorrente devono essere interamente respinte, senza che occorra esaminare quelle dirette al rimborso delle spese collegate alla cauzione bancaria a garanzia del pagamento dell'ammenda.

Sulle spese

161.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. La ricorrente è rimasta soccombente e va quindi condannata alle spese, conformemente alla domanda in tal senso della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente è condannata alle spese.

Vesterdorf
Moura Ramos
Mengozzi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 maggio 1999.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

B. Vesterdorf


1: Lingua processuale: il tedesco.

Racc.