Language of document : ECLI:EU:T:2018:280

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

17 maggio 2018 (*)

«Prodotti fitosanitari – Sostanze attive clothianidin, tiametoxam e imidacloprid – Riesame dell’approvazione – Articolo 21 del regolamento (CE) n. 1107/2009 – Divieto di uso e di vendita di sementi conciate con prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive in questione – Articolo 49, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009 – Principio di precauzione – Proporzionalità – Diritto di essere ascoltato – Responsabilità extracontrattuale»

Nelle cause T‑429/13 e T‑451/13,

Bayer CropScience AG, con sede in Monheim sul Reno (Germania) rappresentata da K. Nordlander, avvocato, e P. Harrison, solicitor,

ricorrente nella causa T‑429/13,

Syngenta Crop Protection AG, con sede in Basilea (Svizzera), e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato (1), rappresentati inizialmente da D. Waelbroek, I. Antypas, avvocati, e D. Slater, solicitor, successivamente da D. Waelbroek e I. Antypas,

ricorrenti nella causa T‑451/13,

sostenute da

Association générale des producteurs de maïs et autres céréales cultivées de la sous-famille des panicoïdées (AGPM), con sede in Montardon (Francia), rappresentata da L. Verdier e B. Trouvé, avvocati,

da

The National Farmers’ Union (NFU), con sede in Stoneleigh (Regno Unito), rappresentata da H. Mercer, QC, e N. Winter, solicitor,

da

Association européenne pour la protection des cultures (ECPA), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata da D. Abrahams, barrister, I. de Seze ed É. Mullier, avvocati,

da

Rapool-Ring GmbH Qualitätsraps deutscher Züchter, con sede in Isernhagen (Germania), rappresentata inizialmente da C. Stallberg e U. Reese, successivamente da U. Reese e J. Szemjonneck, avvocati,

da

European Seed Association (ESA), con sede in Bruxelles, rappresentata inizialmente da P. de Jong, P. Vlaemminck e B. Van Vooren, successivamente da P. de Jong, K. Claeyé e E. Bertolotto, avvocati,

e da

Agricultural Industries Confederation Ltd, con sede a Peterborough (Regno Unito), rappresentata inizialmente da P. de Jong, P. Vlaemminck e B. Van Vooren, successivamente da P. de Jong, K. Claeyé e E. Bertolotto, avvocati,

intervenienti nelle cause T‑429/13 e T‑451/13,

contro

Commissione europea, rappresentata da P. Ondrůšek e G. von Rintelen, in qualità di agenti,

convenuta nelle cause T‑429/13 e T‑451/13,

sostenuta da

Regno di Svezia, rappresentato da A. Falk, C. Meyer-Seitz, U. Persson, E. Karlsson, L. Swedenborg e C. Hagerman, in qualità di agenti,

da

Union Nationale de l’apiculture française (UNAF), con sede in Parigi (Francia), rappresentata, nella causa T‑429/13, da B. Fau e J.-F. Funke, avvocati, e, nella causa T‑451/13, da B. Fau,

da

Deutscher Berufs- und Erwerbsimkerbund eV, con sede in Soltau (Germania),

e

Österreichischer Erwerbsimkerbund, con sede in Großebersdorf (Austria),

rappresentati da A. Willand e B. Tschida, avvocati,

da

Pesticide Action Network Europe (PAN Europe), con sede in Bruxelles,

Bee Life European Beekeeping Coordination (Bee Life), con sede a Louvain‑la‑Neuve (Belgio),

e

Buglife – The Invertebrate Conservation Trust, con sede in Peterborough,

rappresentati da B. Kloostra, avvocato,

e da

Stichting Greenpeace Council, con sede in Amsterdam (Paesi Bassi), rappresentata da B. Kloostra,

intervenienti nelle cause T‑429/13 e T‑451/13,

avente ad oggetto da un lato, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) n. 485/2013 della Commissione, del 24 maggio 2013, che modifica il regolamento di esecuzione (UE) n. 540/2011 per quanto riguarda le condizioni di approvazione delle sostanze attive clothianidin, tiametoxam e imidacloprid, e che vieta l’uso e la vendita di sementi conciate con prodotti fitosanitari contenenti tali sostanze attive (GU 2013, L 139, pag. 12), e, dall’altro, nella causa T‑451/13, una domanda fondata sull’articolo 268 TFUE e diretta ad ottenere il risarcimento del danno che le ricorrenti asseriscono di aver subito,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

composto da H. Kanninen, presidente, I. Pelikánová (relatore), E. Buttigieg, S. Gervasoni e L. Calvo-Sotelo Ibáñez-Martín, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e a seguito delle udienze del 15 e 16 febbraio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Contesto giuridico

A.      Direttiva 91/414/CEE

1        Prima del 14 giugno 2011 l’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari era disciplinata dalla direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (GU 1991, L 230, pag. 1).

2        L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 91/414 disponeva che un prodotto fitosanitario poteva essere autorizzato da uno Stato membro soltanto se le sue sostanze attive erano elencate nell’allegato I di detta direttiva.

3        L’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 91/414 stabiliva in particolare quanto segue:

«1.      In base alle attuali conoscenze scientifiche e tecniche una sostanza attiva viene iscritta nell’allegato I per un periodo iniziale non superiore a dieci anni se si può supporre che prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva soddisfino alle seguenti condizioni:

a)      che i loro residui derivanti da un’applicazione conforme alla buona pratica fitosanitaria non abbiano effetti nocivi sulla salute dell’uomo o degli animali o sulle acque sotterranee né un influsso inaccettabile sull’ambiente e che detti residui, se significativi dal punto di vista tossicologico o ambientale, possano essere misurati con metodi di applicazione corrente,

b)      che il loro impiego derivante da un’applicazione conforme alla buona pratica fitosanitaria non abbia effetti nocivi sulla salute dell’uomo o degli animali né un influsso inaccettabile sull’ambiente, come stabilito dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punti iv) e v).

2.      Per iscrivere una sostanza attiva nell’allegato I si deve tenere conto in particolare degli elementi seguenti:

a)      se del caso, di una dose giornaliera accettabile (ADI) per l’uomo;

b)      se necessario, di un livello ammissibile di esposizione dell’operatore;

c)      se del caso, di una stima del destino e della distribuzione nell’ambiente, nonché dell’impatto sulle specie non bersaglio.

(…)».

B.      Regolamento (CE) n. 1107/2009

4        Il regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU 2009, L 309, pag. 1) è entrato in vigore il 14 giugno 2011. Esso è stato adottato sulla base dell’articolo 37, paragrafo 2, CE (divenuto, con modifiche, articolo 43, paragrafo 1, TFUE), relativo alla politica agricola comune, dell’articolo 95 CE (divenuto articolo 114 TFUE), riguardante il ravvicinamento delle legislazioni che hanno per oggetto il mercato interno, in particolare in materia di ambiente, e dell’articolo 152, paragrafo 4, lettera b), CE [divenuto, in seguito a modifica, articolo 168, paragrafo 4, lettera b), TFUE], riguardante la sanità pubblica.

5        Ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009, un prodotto fitosanitario non è immesso sul mercato o impiegato a meno che sia stato autorizzato nello Stato membro interessato conformemente a tale regolamento.

6        Ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1107/2009, l’autorizzazione di un prodotto fitosanitario da parte di uno Stato membro presuppone, in particolare, che le sue sostanze attive siano state approvate a livello dell’Unione europea.

7        L’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009, intitolato «Criteri di approvazione delle sostanze attive», stabilisce, in particolare, i criteri seguenti:

«1.      Una sostanza attiva è approvata conformemente all’allegato II se, alla luce delle conoscenze scientifiche e tecniche attuali, si può prevedere che, tenuto conto dei criteri di approvazione indicati nei punti 2 e 3 del suddetto allegato, i prodotti fitosanitari contenenti tale sostanza attiva soddisfano i requisiti di cui ai paragrafi 2 e 3.

La valutazione della sostanza attiva accerta, in primo luogo, se siano soddisfatti i criteri di approvazione di cui ai punti da 3.6.2 a 3.6.4 e al punto 3.7 dell’allegato II. In caso affermativo, la valutazione prosegue per verificare se siano soddisfatti gli altri criteri di approvazione di cui ai punti 2 e 3 dell’allegato II.

2.      I residui dei prodotti fitosanitari, in condizioni d’uso conformi alle buone pratiche fitosanitarie e tenuto conto di realistiche condizioni d’impiego, soddisfano i seguenti requisiti:

a)      non hanno alcun effetto nocivo né sulla salute umana, compresa quella dei gruppi vulnerabili, o sulla salute animale, prendendo in considerazione gli effetti cumulativi e sinergici noti, quando siano disponibili i metodi scientifici accettati dall’[Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA)] per valutarli, né sulle acque sotterranee;

b)      non hanno alcun effetto inaccettabile sull’ambiente.

Per i residui rilevanti dal punto di vista tossicologico, ecotossicologico, ambientale o della loro presenza nell’acqua potabile, occorrono metodi analitici d’uso corrente per determinarli. Devono essere comunemente disponibili standard analitici.

3.      Un prodotto fitosanitario, in condizioni d’uso conformi alle buone pratiche fitosanitarie e tenuto conto di condizioni realistiche d’impiego, soddisfa i requisiti seguenti:

a)      è sufficientemente efficace,

b)      non ha alcun effetto nocivo, immediato o ritardato, sulla salute umana, compresa quella dei gruppi vulnerabili, o animale, direttamente o attraverso: l’acqua potabile (tenuto conto delle sostanze derivanti dal trattamento dell’acqua potabile), gli alimenti, i mangimi o l’aria; né ha conseguenze sul luogo di lavoro o attraverso altri effetti indiretti, prendendo in considerazione gli effetti cumulativi e sinergici noti, quando siano disponibili i metodi scientifici accettati dall’[EFSA] per valutarli, né sulle acque sotterranee;

c)      non ha alcun effetto inaccettabile sui vegetali o sui prodotti vegetali;

d)      non provoca ai vertebrati da combattere sofferenze e dolore non necessari;

e)      non ha alcun effetto inaccettabile sull’ambiente, tenendo conto in particolare, quando siano disponibili i metodi scientifici accettati dall’[EFSA] per valutare detti effetti:

i)      del suo destino e della sua distribuzione nell’ambiente, in particolare per quanto riguarda la contaminazione delle acque di superficie, ivi comprese le acque degli estuari e costiere, le acque sotterranee, l’aria e il suolo, tenendo conto di luoghi distanti dal luogo di utilizzo a seguito della propagazione ambientale a lunga distanza;

ii)      del suo impatto sulle specie non bersaglio, anche sul loro comportamento corrente;

iii)      del suo impatto sulla biodiversità e sull’ecosistema.

4.      I requisiti di cui ai paragrafi 2 e 3 sono valutati alla luce dei principi uniformi di cui all’articolo 29, paragrafo 6.

5.      Ai fini dell’approvazione di una sostanza attiva, i paragrafi 1, 2 e 3 si considerano rispettati qualora si sia accertato che le condizioni da essi previste sono soddisfatte riguardo ad uno o più impieghi rappresentativi di almeno un prodotto fitosanitario contenente tale sostanza attiva.

(…)».

8        I principi uniformi per la valutazione di cui all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1107/2009 sono stati definiti nel regolamento (UE) n. 546/2011 della Commissione, del 10 giugno 2011, recante disposizioni di attuazione del regolamento n. 1107/2009 per quanto riguarda i principi uniformi per la valutazione e l’autorizzazione dei prodotti fitosanitari (GU 2011, L 155, pag. 127), a norma dell’articolo 29, paragrafo 6, del regolamento n. 1107/2009, senza modifiche sostanziali rispetto alla versione di tali principi di cui all’allegato VI della direttiva 91/414.

9        L’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009, intitolato «Riesame dell’approvazione», ha il seguente tenore:

«1.      La Commissione può riesaminare l’approvazione di una sostanza attiva in qualunque momento. Essa tiene conto della richiesta di uno Stato membro di riesaminare, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche e tecniche e dei dati di monitoraggio, l’approvazione di una sostanza attiva, anche nel caso in cui, dopo il riesame delle autorizzazioni a norma dell’articolo 44, paragrafo 1, vi siano indicazioni del fatto che la realizzazione degli obiettivi stabiliti a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), punto iv), dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punto i), e dell’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2000/60/CE è compromessa.

Se ha motivo di ritenere, alla luce di nuove conoscenze scientifiche e tecniche, che la sostanza non soddisfi più i criteri di approvazione previsti all’articolo 4 o che non siano state fornite le informazioni ulteriori di cui all’articolo 6, lettera f), la Commissione ne informa gli Stati membri, l’[EFSA] e il fabbricante della sostanza attiva e fissa a quest’ultimo un termine per la presentazione di osservazioni.

2.      La Commissione può chiedere agli Stati membri e all’[EFSA] di emettere un parere o di fornire assistenza scientifica o tecnica. Gli Stati membri possono fornire le loro osservazioni alla Commissione entro tre mesi dalla data della richiesta. L’[EFSA] fornisce alla Commissione il suo parere o i risultati del suo lavoro entro tre mesi dalla data della richiesta.

3.      Se la Commissione conclude che la sostanza non soddisfa più i criteri di approvazione previsti all’articolo 4 o che non sono state fornite le informazioni ulteriori di cui all’articolo 6, lettera f), è adottato un regolamento per revocare o modificare l’approvazione, secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 79, paragrafo 3.

Si applicano l’articolo 13, paragrafo 4, e l’articolo 20, paragrafo 2».

10      L’allegato II del regolamento n. 1107/2009, intitolato «Procedura e criteri per l’approvazione delle sostanze attive, degli antidoti agronomici e dei sinergizzanti a norma del capo II» contiene, al punto 3, «Criteri per l’approvazione di una sostanza attiva», punto 3.8 «Ecotossicologia», il punto 3.8.3, formulato come segue:

«Una sostanza attiva, un antidoto agronomico o un sinergizzante sono approvati soltanto se, alla luce di un’adeguata valutazione del rischio fondata su orientamenti per l’esecuzione di test riconosciuti a livello comunitario o internazionale, è stabilito che, nelle condizioni d’utilizzo proposte, l’impiego dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva, l’antidoto agronomico o il sinergizzante in questione:

–        comporta un’esposizione trascurabile per le api, o

–        non ha alcun effetto inaccettabile acuto o cronico per la sopravvivenza e lo sviluppo della colonia, tenendo conto degli effetti sulle larve di api e sul comportamento delle api».

11      L’articolo 49 della direttiva 1107/2009, intitolato «Immissione sul mercato di sementi conciate», prevede in particolare:

«1.      Gli Stati membri non vietano l’immissione sul mercato e l’impiego di sementi conciate con prodotti fitosanitari autorizzati per tale uso in almeno uno Stato membro.

2.      Qualora sussistano fondati motivi per temere che le sementi di cui al paragrafo 1 comportino verosimilmente un rischio grave per la salute umana o degli animali o per l’ambiente e che tale rischio non possa essere contenuto in modo soddisfacente mediante provvedimenti presi dallo o dagli Stati membri interessati, sono immediatamente adottate misure per limitare o vietare l’uso e/o la vendita di tali sementi conciate, secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 79, paragrafo 3. Prima di adottare tali misure, la Commissione esamina le prove addotte e può chiedere il parere dell’[EFSA]. La Commissione può fissare un termine entro il quale deve essere reso il parere.

(…)».

12      Ai sensi dell’articolo 78, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009, dopo l’abrogazione della direttiva 91/414 e della sua sostituzione con il regolamento n. 1107/2009, le sostanze attive figuranti nell’allegato I della direttiva 91/414 sono considerate approvate a norma del regolamento n. 1107/2009 e sono adesso elencate nella parte A dell’allegato del regolamento di esecuzione (UE) n. 540/2011 della Commissione, del 25 maggio 2011, recante disposizioni di attuazione del regolamento n. 1107/2009 per quanto riguarda l’elenco delle sostanze attive approvate (GU 2011, L 153, pag. 1).

II.    Fatti

13      Le sostanze attive clothianidin, tiametoxam e imidacloprid (in prosieguo: le «sostanze in questione»), appartenenti alla famiglia dei neonicotinoidi, sono state incluse nell’allegato I della direttiva 91/414, rispettivamente dalla direttiva 2006/41/CE della Commissione, del 7 luglio 2006, che modifica la direttiva 91/414 con l’iscrizione delle sostanze attive clothianidin e petoxamide (GU 2006, L 187, pag. 24), dalla direttiva 2007/6/CE della Commissione, del 14 febbraio 2007, che modifica la direttiva 91/414 per l’iscrizione delle sostanze attive metrafenone, Bacillus subtilis, spinosad e tiametoxam (GU 2007, L 43, pag. 13), e dalla direttiva 2008/116/CE della Commissione, del 15 dicembre 2008, che modifica la direttiva 91/414 con l’iscrizione delle sostanze attive aclonifen, imidacloprid e metazachlor (GU 2008, L 337, pag. 86).

14      Nell’Unione, l’imidacloprid e il clothianidin sono prodotti e commercializzati dal gruppo Bayer e il tiametoxam è prodotto e commercializzato dal gruppo Syngenta.

15      Nel 2008 e nel 2009 diversi incidenti che comportavano un impiego inopportuno di prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive in questione hanno causato la perdita di colonie di api da miele. Gli Stati membri interessati hanno reagito adottando varie misure restrittive.

16      Nel 2010, in risposta a tali incidenti, la Commissione europea ha adottato la direttiva 2010/21/UE, del 12 marzo 2010, che modifica l’allegato I della direttiva 91/414 per quanto riguarda le disposizioni specifiche relative a clothianidin, tiametoxam, fipronil e imidacloprid (GU 2010, L 65, pag. 27). Questa misura ha migliorato le condizioni di approvazione di tali sostanze per quanto riguarda la protezione di organismi non bersaglio, in particolare le api da miele.

17      Il 18 marzo 2011 la Commissione ha chiesto all’EFSA di riesaminare il sistema esistente per la valutazione del rischio dei prodotti fitosanitari per le api, istituito dall’Organizzazione europea e mediterranea per la protezione delle piante (OEPP) alla luce della valutazione dei rischi cronici per le api, dell’esposizione a basse dosi, dell’esposizione al liquido di guttazione e della valutazione del rischio cumulativo. Tale sistema era presentato in un documento intitolato «Diagramma di valutazione del rischio dei prodotti fitosanitari per l’ambiente» e recante il riferimento PP 3/10 (in prosieguo: gli «orientamenti dell’OEPP»).

18      Misure restrittive in materia di uso dei prodotti interessati hanno continuato ad essere applicate in vari Stati membri a livello nazionale. Sulla base del rapporto finale, dell’ottobre 2011, del programma di sorveglianza e di ricerca Apenet in Italia, che sollevava preoccupazioni riguardo all’uso di sementi trattate con prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione, e in seguito a discussioni con esperti degli Stati membri nell’ambito del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali (in prosieguo: il «Copcasa»), la Commissione ha deciso, il 22 marzo 2012, conformemente all’articolo 49, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009, di chiedere il parere dell’EFSA al riguardo.

19      Il 30 marzo 2012, sono state pubblicati sulla rivista Science due studi relativi agli effetti subletali per le api di sostanze appartenenti alla famiglia dei neonicotinoidi. Il primo di questi studi riguardava prodotti contenenti la sostanza attiva tiametoxam (in prosieguo: lo «studio Henry»), il secondo prodotti contenenti la sostanza attiva imidacloprid (in prosieguo: lo «studio Whitehorn»). Gli autori di questi studi hanno concluso che livelli normali di tali due sostanze attive possono avere effetti significativi sulla stabilità e la sopravvivenza delle colonie di api da miele e di bombi.

20      Il 3 aprile 2012 la Commissione ha chiesto all’EFSA, a norma dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009, di valutare i nuovi studi e di verificare, entro il 30 aprile 2012 (e, dopo una proroga, al più tardi entro il 31 maggio 2012), se le dosi utilizzate per gli esperimenti citati nello studio Henry e nello studio Whitehorn (in prosieguo, congiuntamente: gli «studi del marzo 2012») fossero paragonabili alle dosi cui le api erano effettivamente esposte all’interno dell’Unione, tenendo conto degli usi autorizzati a livello dell’Unione e delle autorizzazioni rilasciate dagli Stati membri (in prosieguo: il «primo mandato»). La Commissione ha inoltre chiesto se i risultati degli studi si potessero applicare ad altri neonicotinoidi utilizzati per la concia delle sementi, in particolare il clothianidin.

21      Il 25 aprile 2012 la Commissione ha chiesto all’EFSA di aggiornare, per il 31 dicembre 2012, le valutazioni dei rischi correlati, tra l’altro, alle sostanze in questione, in particolare per quanto riguarda, da un lato, gli effetti acuti e cronici per la sopravvivenza e lo sviluppo della colonia, tenendo conto degli effetti sulle larve di api e sul comportamento delle api e, dall’altro, degli effetti di dosi subletali sulla sopravvivenza e sul comportamento delle api (in prosieguo: il «secondo mandato»).

22      Il 23 maggio 2012, in risposta alla richiesta della Commissione del 18 marzo 2011 (v. punto 17 supra), l’EFSA ha pubblicato un parere scientifico relativo all’approccio scientifico alla base della realizzazione di una valutazione dei rischi dei prodotti fitosanitari per le api (in prosieguo: il «parere dell’EFSA»). Tale documento individuava diversi settori nei quali le future valutazioni dei rischi per le api dovevano essere migliorate. Sottolineava, in particolare, diversi punti deboli degli orientamenti dell’OEPP che avrebbero provocato incertezze sul livello effettivo di esposizione delle api da miele e sollevava questioni di rilievo per la salute delle api che non erano state trattate in precedenza negli orientamenti dell’OEPP.

23      Il 1o giugno 2012, in risposta al primo mandato, l’EFSA ha presentato la dichiarazione relativa alle conclusioni di recenti studi riguardanti gli effetti subletali sulle api di alcuni neonicotinoidi alla luce degli usi attualmente autorizzati in Europa (in prosieguo: la «dichiarazione dell’EFSA»). In tale dichiarazione l’EFSA valutava gli studi del marzo 2012 e un terzo studio, riguardante il clothianidin, pubblicato nel gennaio 2012 (in prosieguo: lo «studio Schneider»).

24      Essa constatava in tale sede, in particolare, che le concentrazioni delle sostanze somministrate in tali studi erano superiori a quelle normalmente presenti nel nettare delle colture per le quali vi erano dati disponibili. L’EFSA ne deduceva che, nell’arco di un’ora, le dosi somministrate erano probabilmente superiori a quelle ingerite dalle api da miele sul campo (ad eccezione di alcuni scenari per il clothianidin), ma che, per le sostanze clothianidin e tiametoxam, potevano essere inferiori alle dosi ingerite nell’arco di una giornata. Allo stesso tempo, l’EFSA rilevava che, in mancanza di determinati dati supplementari, le stime sull’ingestione dovevano essere considerate con cautela. Nel complesso, l’EFSA concludeva per la necessità di intraprendere ulteriori ricerche con livelli di esposizione diversi o in altre situazioni.

25      Il 25 luglio 2012, a seguito dei timori espressi dall’EFSA di non essere in grado di adempiere al secondo mandato entro il termine stabilito, la Commissione, tenendo conto della dichiarazione dell’EFSA, pur mantenendo la data limite del 31 dicembre 2012, ha limitato il predetto secondo mandato, in modo da dare la priorità al riesame delle sole sostanze in questione, escludendo altri due neonicotinoidi, e concentrarsi sulla loro utilizzazione per la concia delle sementi e sotto forma di granuli.

26      Il 16 gennaio 2013, l’EFSA ha pubblicato le sue conclusioni relative alla valutazione dei rischi per le api derivanti dalle sostanze in questione (in prosieguo: le «conclusioni dell’EFSA»), individuando:

–        un rischio acuto elevato per le api da miele in caso di esposizione alla dispersione di polveri durante la semina di mais e di cereali (clothianidin, imidaclopride, tiametoxam), di colza (clothianidin, imidacloprid e, salvo per gli usi al minor tasso autorizzato nell’Unione, tiametoxam) nonché di cotone (imidacloprid, tiametoxam),

–        un rischio acuto elevato per le api in caso di esposizione ai residui presenti nel nettare e nel polline al momento degli utilizzi sulla colza (clothianidin, imidacloprid) nonché sul cotone e il girasole (imidacloprid), e

–        un rischio acuto elevato in caso di esposizione al liquido di guttazione al momento di utilizzi sul mais (tiametoxam).

27      Inoltre, le conclusioni dell’EFSA mettevano in luce molte zone di incertezza, dovute alla mancanza di dati scientifici. Ciò riguardava, in particolare, l’esposizione delle api da miele tramite la polvere, tramite ingestione di nettare e polline contaminati e tramite il liquido di guttazione, il rischio acuto e il rischio nel lungo termine per la sopravvivenza e lo sviluppo delle colonie di api da miele, il rischio per altri insetti impollinatori, il rischio correlato ai residui nella melata e ai residui nelle colture successive.

28      In considerazione dei rischi individuati dall’EFSA, la Commissione ha presentato un progetto di regolamento di esecuzione e un parere al Copcasa, nella sua riunione del 14 e 15 marzo 2013. Non avendo né quest’ultimo né il comitato di appello, in mancanza di maggioranza qualificata, formulato un parere, la Commissione ha adottato, il 24 maggio 2013, il regolamento di esecuzione (UE) n. 485/2013, che modifica il regolamento di esecuzione n. 540/2011 per quanto riguarda le condizioni di approvazione delle sostanze attive clothianidin, tiametoxam e imidacloprid, e che vieta l’uso e la vendita di sementi conciate con prodotti fitosanitari contenenti tali sostanze attive (GU 2013, L 139, pag. 12, in prosieguo: l’ «atto impugnato»).

29      L’articolo 1 dell’atto impugnato ha introdotto in particolare, per le tre sostanze in questione, le seguenti restrizioni:

–        divieto di qualsiasi uso non professionale, all’interno e all’esterno;

–        divieto degli usi per la concia delle sementi e l’applicazione al suolo sui seguenti cereali, se seminati da gennaio a giugno: orzo, miglio, avena, riso, segale, sorgo, triticale, frumento;

–        divieto dei trattamenti fogliari per i seguenti cereali: orzo, miglio, avena, riso, segale, sorgo, triticale, frumento;

–        divieto degli utilizzi per la concia delle sementi, il trattamento del terreno e/o trattamenti fogliari per un centinaio di colture, fra cui colza, soia, girasole e mais, ad eccezione degli utilizzi in serra e del trattamento fogliare dopo la fioritura.

30      Inoltre, con il suo articolo 2, l’atto impugnato ha vietato l’uso e l’immissione sul mercato di sementi delle colture elencate all’allegato II che sono state conciate con prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione, fatta eccezione per le sementi utilizzate in serra. Ciò riguardava, in particolare, le sementi di cereali estivi, la colza, la soia, il girasole e il mais.

31      A norma dell’articolo 3 dell’atto impugnato, gli Stati membri erano tenuti a modificare o revocare, conformemente al regolamento n. 1107/2009, le autorizzazioni esistenti per i prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione, entro il 30 settembre 2013. L’articolo 4 dell’atto impugnato prevedeva che il periodo di tolleranza eventualmente concesso da uno Stato membro doveva essere il più breve possibile e avere termine al più tardi il 30 novembre 2013.

32      L’atto impugnato è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 25 maggio 2013 ed è entrato in vigore il giorno successivo, ai sensi del suo articolo 5, ad eccezione dell’articolo 2, che era applicabile a decorrere dal 1o dicembre 2013.

III. Procedimento e conclusioni delle parti

A.      Procedimento

33      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 agosto 2013, la Syngenta Crop Protection AG e le altre ricorrenti nella causa T‑451/13, i cui nomi figurano in allegato (in prosieguo, congiuntamente: la «Syngenta»), hanno proposto ricorso nella causa T‑451/13.

34      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 agosto 2013, la Bayer CropScience AG (in prosieguo: la «Bayer»), ha proposto il ricorso nella causa T‑429/13.

35      Con ordinanze del presidente della Prima Sezione del Tribunale del 21 ottobre 2014, Bayer CropScience/Commissione (T‑429/13, non pubblicate), e con ordinanza del 21 ottobre 2014, Bayer CropScience/Commissione (T‑429/13, EU:T:2014:920), l’Association générale des producteurs de maïs et autres céréales cultivées de la sous-famille des panicoïdées (AGPM), the National Farmers’ Union (NFU), l’Association européenne pour la protection des cultures (ECPA), Rapool-Ring GmbH Qualitätsraps deutscher Züchter (in prosieguo: la «Rapool‑Ring»), l’European Seed Association (ESA) e l’Agricultural Industries Confederation Ltd (in prosieguo: l’ «AIC») sono state ammesse ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Syngenta, e il Regno di Svezia, l’Union Nationale de l’Apiculture Française (UNAF), la Deutscher Berufs- und Erwerbsimkerbund eV (in prosieguo: la «DBEB»), l’Österreichischer Erwerbsimkerbund (in prosieguo: l’«ÖEB»), la Stichting Greenpeace Council (in prosieguo: «Greenpeace»), la Pesticide Action Network Europe (PAN Europe), Bee Life – European Beekeeping Coordination (BeeLife) e Buglife – The Invertebrate Conservation Trust (in prosieguo: la «Buglife»), sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione nella causa T‑451/13.

36      Con ordinanze del presidente della Prima Sezione del Tribunale del 20 ottobre 2014, Syngenta Crop Protection e a./Commissione (T‑451/13, non pubblicate), e con ordinanza 20 ottobre 2014, Syngenta Crop Protection e a./Commissione (T‑451/13, non pubblicata, EU:T:2014:951), l’AGPM, la NFU, l’ECPA, Rapool‑Ring, l’ESA e l’AIC sono state ammesse ad intervenire a sostegno delle conclusioni di Bayer, e il Regno di Svezia, l’UNAF, la DBEB, l’ÖEB, PAN Europe, Bee Life, Buglife e Greenpeace, sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione nella causa T‑429/13.

37      Con ordinanze del 27 marzo 2015, Bayer CropScience/Commissione (T‑429/13, non pubblicata, EU:T:2015:199), del 1o aprile 2015, Syngenta Crop Protection e a./Commissione (T‑451/13, non pubblicata, EU:T:2015:204), e del 27 luglio 2015, Bayer CropScience/Commissione (T‑429/13, EU:T:2015:578), il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha statuito sulle contestazioni sollevate da taluni intervenienti nei confronti delle richieste di riservatezza presentate dalle ricorrenti.

38      Su proposta della Prima Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del suo regolamento di procedura, di rinviare le cause alla Prima Sezione ampliata.

39      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto alcuni quesiti scritti alle parti, cui queste ultime hanno risposto nel termine impartito.

40      Le parti sono state sentite nelle loro difese orali e nelle loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 15 febbraio 2017 nella causa T‑429/13 e del 16 febbraio 2017 nella causa T‑451/13.

B.      Conclusioni

1.      Causa T429/13

41      La Bayer, sostenuta dall’AGPM, dalla NFU, dall’ECPA, da Rapool-Ring, dall’ESA e dall’AIC, chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’atto impugnato integralmente o, in subordine, nella parte in cui riguarda le sostanze attive imidacloprid e clothianidin

–        condannare la Commissione alle spese.

42      La Commissione, sostenuta dall’UNAF, dalla DBEB e dall’ÖEB, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

43      Il Regno di Svezia, PAN Europe, Bee Life, Buglife e Greenpeace chiedono che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

2.      Causa T451/13

44      Syngenta, sostenuta da ECPA e Rapool-Ring, conclude, a seguito di correzione in sede di replica, che il Tribunale voglia:

–        annullare l’atto impugnato integralmente o, in subordine, nella parte in cui impone restrizioni al tiametoxam, alle sementi conciate con il tiametoxam e ai prodotti contenenti tiametoxam;

–        condannare l’Unione, rappresentata dalla Commissione, a risarcire il danno da essa subito a causa della violazione da parte della Commissione dei suoi obblighi giuridici e stabilire provvisoriamente l’importo di tale risarcimento in misura pari ad un importo di 367,9 milioni di euro, maggiorato delle perdite subite dal luglio 2013, o a un importo stabilito dal Tribunale, maggiorando i suddetti importi degli interessi a decorrere dalla data della pronuncia della sentenza sino a quella del pagamento effettivo;

–        ordinare il pagamento degli interessi sulla somma dovuta dalla data della pronuncia della sentenza fino al pagamento effettivo del capitale dovuto, al tasso fissato dalla Banca centrale europea (BCE) per le operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti percentuali, o a qualsiasi altro tasso adeguato che spetta al Tribunale fissare;

–        condannare la Commissione al pagamento delle spese.

45      La NFU, l’ESA e l’AIC concludono che il Tribunale voglia:

–        annullare l’atto impugnato integralmente o, in subordine, nella parte in cui impone restrizioni al tiametoxam, alle sementi conciate con tiametoxam e ai prodotti contenenti tiametoxam;

–        condannare la Commissione alle spese.

46      L’AGPM chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’atto impugnato;

–        condannare la Commissione alle spese.

47      La Commissione, sostenuta dall’UNAF, dalla DBEB e dall’ÖEB, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi;

–        condannare le ricorrenti alle spese;

48      Il Regno di Svezia, PAN Europe, Bee Life, Buglife e Greenpeace chiedono che il Tribunale voglia respingere i ricorsi.

IV.    In diritto

49      Dopo aver sentito le parti su questo punto, è opportuno riunire le presenti cause ai fini della sentenza, in applicazione dell’articolo 68, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

A.      Sulla ricevibilità delle domande di annullamento

50      Nelle due cause, la Commissione contesta la legittimazione ad agire delle ricorrenti riguardo alle sostanze attive di cui non sono le notificanti. Inoltre, la Commissione osserva che le restrizioni d’uso stabilite nell’articolo 1 dell’atto impugnato comportano misure di esecuzione e che le ricorrenti non possono quindi invocare l’ultima parte dell’articolo 263, quarto comma, TFUE a questo riguardo.

51      La Bayer sostiene che l’atto impugnato è un atto regolamentare che non comporta alcuna misura di esecuzione, per cui essa è legittimata a impugnarlo indipendentemente dall’incidenza individuale. Essa fa inoltre valere che, in quanto autore della domanda di approvazione dell’imidacloprid e in quanto titolare di diritti esclusivi sul clothianidin, essa è individualmente interessata dall’atto impugnato.

52      Syngenta sostiene di aver sollevato argomenti che contestano la legittimità dell’atto impugnato nella sua interezza e che non risulta che le parti dell’atto impugnato relative al tiametoxam (di cui è la notificante) possano essere separate dalle altre, in modo da poter essere oggetto di un annullamento separato.

53      Ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle condizioni previste al primo e secondo comma di tale articolo, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione.

54      Si deve constatare, in primo luogo, che l’atto impugnato è un atto di portata generale in quanto si applica a situazioni determinate obiettivamente e comporta effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in modo generale e astratto. Infatti, gli articoli da 1 a 4 dell’atto impugnato riguardano tre sostanze attive e, in modo astratto e generale, chiunque intenda produrre, commercializzare o di utilizzare tali sostanze o sementi, elencate all’allegato II dell’atto impugnato, conciate con prodotti fitosanitari contenenti dette sostanze, nonché qualsiasi persona in possesso delle autorizzazioni per tali prodotti fitosanitari. Pertanto, in considerazione di tali disposizioni e fatta salva l’esistenza di ulteriori caratteristiche loro specifiche, tali persone sono tutte interessate dall’atto impugnato nello stesso modo e si trovano in una situazione identica.

55      Poiché le ricorrenti non sono destinatarie dell’atto impugnato, occorre quindi esaminare se, come sostengono, esso li riguarda direttamente e individualmente o se si tratta di un atto regolamentare che le riguarda direttamente e non comporta misure di esecuzione.

56      Poiché queste due alternative presuppongono una incidenza diretta nei confronti delle ricorrenti, occorre esaminare anzitutto tale condizione.

1.      Sull’incidenza diretta nei confronti delle ricorrenti

57      Per quanto riguarda la condizione dell’incidenza diretta nei confronti delle ricorrenti, occorre ricordare che tale condizione esige che il provvedimento contestato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari di tale misura incaricati della sua applicazione, avente carattere meramente automatico e derivante dalla sola normativa incriminata senza intervento di altre norme intermedie (sentenze del 5 maggio 1998, Dreyfus/Commissione, C‑386/96 P, EU:C:1998:193, punto 43; del 10 settembre 2009, Commissione/Ente per le Ville Vesuviane e Ente per le Ville Vesuviane/Commissione, C‑445/07 P e C‑455/07 P, EU:C:2009:529, punto 45, e ordinanza del 9 luglio 2013, Regione Puglia/Commissione, C‑586/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:459, punto 31).

58      Nel caso di specie, occorre distinguere gli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato, da un lato, dall’articolo 2 del medesimo atto, dall’altro.

a)      Gli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato

59      L’articolo 1 dell’atto impugnato modifica l’elenco delle sostanze attive approvate per l’utilizzo nei prodotti fitosanitari, di cui all’allegato del regolamento di esecuzione n. 540/2011. Tale modifica obbliga gli Stati membri che hanno concesso autorizzazioni per prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione, senza alcun margine di discrezionalità, a modificarle o revocarle entro il 30 novembre 2013, a norma dell’articolo 4 dell’atto impugnato.

60      Pertanto, l’articolo 1 dell’atto impugnato produce direttamente effetti sulla situazione giuridica della Bayer e della Syngenta, nella misura in cui esse producono e commercializzano le sostanze in questione e i prodotti fitosanitari che le contengono. Lo stesso vale per gli articoli 3 e 4 dell’atto impugnato, che sono meramente accessori all’articolo 1, in quanto essi forniscono specifiche riguardo alle modalità della sua esecuzione da parte degli Stati membri.

b)      Sull’articolo 2 dell’atto impugnato

61      L’articolo 2 dell’atto impugnato vieta, a sua volta, l’uso e la vendita di sementi di colture di cui all’allegato II che sono state conciate con prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione (ad eccezione delle sementi utilizzate in serra). Tale divieto si applica a decorrere dal 1o dicembre 2013, come indicato all’articolo 5 dell’atto impugnato. L’articolo 2 dell’atto impugnato è direttamente applicabile.

62      È opportuno tuttavia rilevare, a questo proposito, che i soggetti interessati dal divieto sancito dall’articolo 2 dell’atto impugnato sono i produttori e i commercianti di sementi conciate con le sostanze in questione e gli agricoltori che desiderano utilizzare tali sementi.

63      All’udienza del 16 febbraio 2017, in risposta ad un quesito posto dal Tribunale, la Syngenta ha affermato, senza essere contraddetta dalla Commissione, che il commercio di sementi conciate con prodotti fitosanitari contenenti tiametoxam rappresentava una parte importante delle attività del gruppo Syngenta. Pertanto, l’articolo 2 dell’atto impugnato, nella parte in cui riguarda il tiametoxam, produce direttamente effetti sulla situazione giuridica della Syngenta.

64      Viceversa, la Bayer ha indicato, all’udienza del 15 febbraio 2017, che essa non commercializzava direttamente sementi conciate con prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive imidacloprid e clothianidin, da essa commercializzate. Vero è che il divieto di utilizzare e immettere sul mercato le sementi conciate ha rilevanti ripercussioni sulla situazione economica della Bayer, in quanto non sarà per essa più possibile, di fatto, vendere prodotti la cui applicazione alle sementi comporterà il divieto di commercializzare e utilizzare queste ultime. Tuttavia, tali effetti non sono altro che la conseguenza economica di un divieto che colpisce, giuridicamente, solo i sementieri e gli agricoltori e non la Bayer stessa. Pertanto, tali effetti devono essere qualificati come indiretti – in quanto trasmessi da decisioni autonome dei clienti della Bayer – ed economici, piuttosto che diretti e giuridici. Infatti, tale divieto, preso isolatamente, non pregiudica il diritto della Bayer di commercializzare i prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive imidacloprid e clothianidin.

65      Occorre ricordare, al riguardo, che il semplice fatto che un atto possa avere effetti economici sull’attività della ricorrente non è sufficiente affinché possa essere considerato come atto che la riguarda direttamente (ordinanze del 18 febbraio 1998, Comité d’entreprise de la Société française de production e a./Commissione, T‑189/97, EU:T:1998:38, punto 48, e del 1o giugno 2015, Polyelectrolyte Producers Group e SNF/Commissione, T‑573/14, non pubblicata, EU:T:2015:365, punto 32; v. anche, in tal senso, sentenza del 27 giugno 2000, Salamander e a./Parlamento e Consiglio, T‑172/98 e da T‑175/98 a T‑177/98, EU:T:2000:168, punto 62).

66      Pertanto, l’articolo 2 dell’atto impugnato non produce effetti diretti sulla situazione giuridica della Bayer.

67      In conclusione, gli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato riguardano direttamente la Bayer, nella misura in cui riguardano le sostanze attive imidacloprid e clothianidin, e Syngenta, nella parte in cui riguardano la sostanza attiva tiametoxam, mentre l’articolo 2 riguarda direttamente soltanto Syngenta, nella parte riguardante la sostanza attiva tiametoxam. La Bayer non è quindi legittimata a chiedere l’annullamento dell’articolo 2 della decisione impugnata.

2.      Sull’incidenza individuale sulle ricorrenti

68      Nella misura in cui la Bayer e la Syngenta sono, in parte, direttamente interessate dall’atto impugnato, occorre poi esaminare se esse siano individualmente interessate.

69      A questo proposito, occorre ricordare che chi non sia destinatario di una decisione può sostenere che questa lo riguarda individualmente, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, soltanto qualora il provvedimento lo tocchi a causa di determinate qualità personali, ovvero di particolari circostanze atte a distinguerlo dalla generalità, e quindi lo identifichi alla stessa stregua dei destinatari (sentenza del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, 25/62, EU:C:1963:17, pag. 220, e ordinanza del 26 novembre 2009, Região autónoma dos Açores/Consiglio, C‑444/08 P, non pubblicata, EU:C:2009:733, punto 36).

a)      Sulle sostanze per le quali le ricorrenti sono gli autori della domanda di approvazione

70      I giudici dell’Unione hanno constatato in diverse occasioni che l’autore della domanda di approvazione di una sostanza attiva, avendo presentato la pratica e avendo partecipato al procedimento di valutazione, è individualmente interessato tanto dall’atto che autorizza la sostanza attiva a determinate condizioni quanto da una decisione che nega l’autorizzazione (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2009, Cheminova e a./Commissione, T‑326/07, EU:T:2009:299, punto 66; del 7 ottobre 2009, Vischim/Commissione, T‑420/05, EU:T:2009:391, punto 72, e del 6 settembre 2013, Sepro Europe/Commissione, T‑483/11, non pubblicata, EU:T:2013:407, punto 30). Si deve ritenere che la medesima analisi s’imponga, in linea di principio, quando l’atto in questione limita o revoca l’approvazione della sostanza attiva interessata.

71      Nel caso di specie, è pacifico che la Bayer e la Syngenta Crop Protection AG sono gli autori, rispettivamente, delle notifiche dell’imidacloprid e del tiametoxam, che hanno presentato le pratiche e che hanno partecipato alla valutazione di tali due sostanze e che dispongono tuttora di diritti esclusivi su tali sostanze. Pertanto, esse sono individualmente interessate dall’atto impugnato per quanto riguarda, rispettivamente, l’imidacloprid e il tiametoxam, ciò che la Commissione ha del resto ammesso espressamente.

72      La Bayer è quindi legittimata a contestare gli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato, nella parte in cui riguardano l’imidacloprid, e la Syngenta Crop Protection AG è legittimata ad impugnare gli articoli 1,2, 3 e 4 dell’atto impugnato, nella parte in cui riguardano il tiametoxam.

b)      Sulle sostanze per le quali le ricorrenti non sono gli autori della domanda di approvazione

73      La Commissione nega che le ricorrenti siano individualmente interessate dall’atto impugnato per quanto riguarda le sostanze attive per le quali non sono gli autori delle domande di approvazione. Ciò riguarda, da un lato, la legittimazione ad agire della Bayer, per quanto riguarda la sostanza attiva clothianidin, e, dall’altro, la Bayer e la Syngenta Crop Protection AG, per le sostanze per le quali l’altra ricorrente è l’autore della domanda di approvazione.

1)      Sull’incidenza individuale nei confronti della Bayer, per quanto riguarda il clothianidin

74      La Commissione sostiene che è la Sumitomo Chemicals SA e non la Bayer l’autore della domanda di approvazione del clothianidin e che la Bayer non è quindi individualmente interessata dall’atto impugnato, per quanto riguarda tale sostanza.

75      Alla luce di un certo numero di circostanze peculiari di Bayer, non contestate dalla Commissione, e che riguardano il ruolo svolto da Bayer nell’ambito dello sviluppo del clothianidin e nella preparazione della pratica regolamentare di approvazione di tale sostanza, alcuni diritti di proprietà intellettuale relativi al clothianidin in suo possesso e la sua partecipazione al procedimento di riesame dinanzi all’EFSA in condizioni pari a quelle dell’autore della domanda di approvazione, occorre ritenere che la Bayer si trova in una situazione di fatto analoga a quella dell’autore della domanda di approvazione. Pertanto, per gli stessi motivi esposti supra al punto 70, la Bayer deve essere considerata individualmente interessata dall’atto impugnato per quanto riguarda il clothianidin.

76      Di conseguenza, la Bayer ha la legittimazione ad agire, nell’ambito del presente ricorso, anche in quanto contesta gli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato, nella parte in cui riguardano il clothianidin.

2)      Sull’incidenza individuale nei confronti delle ricorrenti in relazione alle sostanze per le quali l’altra ricorrente è l’autore della domanda di approvazione

77      Le ricorrenti sostengono che i loro argomenti sono in gran parte di ordine procedurale e applicabili nello stesso modo alle tre sostanze in questione e che non risulta che l’atto impugnato possa essere suddiviso in diverse parti applicabili a una delle sostanze e non alle altre.

78      È sufficiente osservare, al riguardo, che la legittimazione ad agire delle ricorrenti si limita alle parti dell’atto impugnato che le riguardano direttamente e individualmente. Come esposto sopra, le ricorrenti sono individualmente interessate dall’atto impugnato solo a condizione che esse siano le autrici delle domande di approvazione delle sostanze in questione o in quanto possano provare l’esistenza di circostanze particolari, come quelle rilevate per quanto riguarda la Bayer in relazione al clothianidin. Viceversa, la Bayer non è individualmente interessata dall’atto impugnato nella parte in cui riguarda il tiametoxam, e la Syngenta non è individualmente interessata da tale atto nella parte in cui riguarda l’imidacloprid e il clothianidin.

79      Occorre aggiungere, a tal riguardo, che, contrariamente al parere delle ricorrenti, è possibile scindere l’atto impugnato in diverse parti riguardanti le singole sostanze attive e, se del caso, annullarlo nella parte che riguarda una delle sostanze e non le altre, nell’ipotesi in cui o venisse impugnato da una parte non legittimata ad agire per quanto riguarda tutte le sostanze, o il motivo di annullamento riguardi soltanto una delle sostanze.

3.      Sulla qualificazione dell’atto impugnato come atto regolamentare che non comporta misure di esecuzione

80      Bayer afferma che l’atto impugnato costituisce un atto regolamentare che non comporta misure di esecuzione, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, cosicché essa sarebbe legittimata a impugnarlo, anche relativamente alle sostanze di cui essa non è l’autore della richiesta di approvazione, senza necessità di dimostrare l’incidenza individuale.

81      La Commissione, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, sostiene che l’articolo 1 dell’atto impugnato, letto da solo o in combinato disposto con gli articoli 3 e 4 dello stesso atto, comporti misure di esecuzione, mentre l’articolo 2 non ne prevede alcuna.

a)      Sulla qualificazione come atto regolamentare

82      Secondo la giurisprudenza, la nozione di «atto regolamentare» deve essere intesa nel senso che include qualsiasi atto di portata generale ad esclusione degli atti legislativi (sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 60).

83      Da un lato, come è stato esposto al punto 54 supra, l’atto impugnato è un atto di portata generale.

84      Dall’altro, l’articolo 1 dell’atto impugnato ha come base giuridica l’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009, che conferisce alla Commissione il mandato ad adottare, conformemente alla procedura di cui all’articolo 79, paragrafo 3, del medesimo regolamento, un regolamento che revochi o modifichi l’approvazione delle sostanze in questione. L’articolo 79, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009, opera a sua volta un rinvio, in particolare, all’articolo 5 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU 1999, L 184, pag. 23).

85      Poiché la decisione 1999/468 è stata abrogata e sostituita, con decorrenza dal 1o marzo 2011, dal regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU 2011, L 55, pag. 13), il rinvio operato all’articolo 79, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009 deve essere adesso inteso, a norma dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 182/2011, come diretto all’articolo 5 di quest’ultimo che, a norma dell’articolo 2, paragrafo 2, del suddetto regolamento, si applica, in particolare, agli atti di esecuzione di portata generale e agli altri atti di esecuzione riguardanti l’ambiente, la sicurezza o la protezione della salute o la sicurezza delle persone, degli animali o delle piante.

86      Ne consegue che l’articolo 1 dell’atto impugnato è stato adottato dalla Commissione nell’esercizio di competenze d’esecuzione, nell’ambito della procedura di esame e che, conseguentemente, non costituisce un atto legislativo ai sensi della giurisprudenza derivante dalla sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625). Occorre peraltro notare che la Bayer non deduce vizi della procedura a tal proposito.

87      Di conseguenza, l’articolo 1 dell’atto impugnato, che ha portata generale e non ha natura legislativa, si configura come atto regolamentare, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

b)      Sulla mancanza di misure di esecuzione

88      Come già statuito dalla Corte, per valutare se un atto regolamentare comporti misure di esecuzione, occorre fare riferimento alla posizione della persona che invoca il diritto di ricorso a norma dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE. Risulta quindi irrilevante la circostanza che l’atto di cui trattasi comporti o meno misure di esecuzione nei confronti di altri singoli (sentenza del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione, C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 30).

89      Orbene, nella fattispecie, come è stato esposto al punto 59 supra, la modifica dell’allegato del regolamento di esecuzione n. 540/2011, prevista dall’articolo 1 dell’atto impugnato, impone agli Stati membri che hanno concesso autorizzazioni per prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione, di modificarle o revocarle al più tardi il 30 novembre 2013, a norma dell’articolo 4 dell’atto impugnato. L’articolo 1 dell’atto impugnato comporta quindi misure di esecuzione.

90      Tale conclusione non è rimessa in discussione dalla meccanicità delle misure adottate a livello nazionale. Infatti, la questione è priva di rilievo al fine di determinare se un atto regolamentare comporti misure di esecuzione ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione, C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punti 41 e 42).

91      Ne consegue che l’articolo 1 dell’atto impugnato, letto da solo o in combinato disposto con gli articoli 3 e 4 (v. punto 60 supra), non costituisce un atto di portata generale che non comporta alcuna misura di esecuzione, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE.

92      La ricevibilità dei presenti ricorsi, nella parte in cui riguardano gli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato, per quanto riguarda le sostanze di cui la Bayer e la Syngenta Crop Protection AG non sono gli autori della domanda di approvazione, non può quindi essere fondata su tale disposizione.

4.      Ricevibilità del ricorso nella causa T451/13, nei limiti in cui esso è proposto dalle ricorrenti diverse dalla Syngenta Crop Protection AG

93      Nella causa T‑451/13, la Commissione solleva dubbi circa l’incidenza individuale sulle ricorrenti diverse dalla Syngenta Crop Protection AG, che non sono i notificanti della sostanza attiva tiametoxam e che, tutt’al più, sono titolari di autorizzazioni nazionali all’immissione in commercio di prodotti fitosanitari. Poiché le restrizioni d’uso stabilite nell’articolo 1 dell’atto impugnato comportano misure di esecuzione, esse non possono in ogni caso far valere l’ultima parte dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

94      Syngenta non ha preso posizione su tali argomenti.

95      A tale proposito, occorre osservare, come è stato rilevato al punto 72 supra, che la Syngenta Crop Protection AG è legittimata ad agire, per quanto riguarda la domanda di annullamento degli articoli da 1 a 4 dell’atto impugnato, nella parte in cui riguardano la sostanza attiva tiametoxam.

96      In tali circostanze, poiché si tratta di un solo e unico ricorso, non occorre esaminare la legittimazione ad agire delle altre ricorrenti (v., in tal senso, sentenze del 24 marzo 1993, CIRFS e a./Commissione, C‑313/90, EU:C:1993:111, punto 31; del 6 luglio 1995, AITEC e a./Commissione, da T‑447/93 a T‑449/93, EU:T:1995:130, punto 82, e dell’8 luglio 2003, Verband der freien Rohrwerke e a./Commissione, T‑374/00, EU:T:2003:188, punto 57).

97      Inoltre, non risulta dal fascicolo che, dal punto di vista delle ricorrenti diverse dalla Syngenta Crop Protection AG, la ricevibilità del loro ricorso sarebbe più ampia rispetto a quella del ricorso di quest’ultima.

98      Pertanto, nella causa T‑451/13, non occorre esaminare la legittimazione ad agire delle ricorrenti diverse dalla Syngenta Crop Protection AG.

5.      Sintesi sulla ricevibilità

99      In conclusione, il ricorso nella causa T‑429/13 è ricevibile, nella parte in cui la Bayer chiede l’annullamento degli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato, per quanto riguarda le sostanze attive imidacloprid e clothianidin. Per il resto, il ricorso è irricevibile.

100    Il ricorso nella causa T‑451/13 è ricevibile, nella parte in cui la Syngenta chiede l’annullamento degli articoli da 1 a 4 dell’atto impugnato, per quanto riguarda la sostanza attiva tiametoxam. Per il resto, il ricorso è irricevibile.

B.      Sulle domande di annullamento degli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato

1.      Osservazioni preliminari

101    Nelle due cause, le ricorrenti deducono motivi vertenti sulla violazione dell’articolo 4, dell’articolo 12, paragrafo 2, degli articoli 21 e 49 e dell’allegato II, punto 3.8.3, del regolamento n. 1107/2009, nonché sulla violazione dei principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento, del rispetto dei diritti della difesa, del principio di precauzione, di proporzionalità e di buona amministrazione, nonché sulla violazione del diritto di proprietà e della libertà d’impresa.

102    Inoltre, nella causa T‑451/13, la Syngenta deduce, in via preliminare, la «mancanza di base scientifica dell’atto impugnato». Con tale censura, essa deduce che la base scientifica dell’atto impugnato pone vari problemi fondamentali. A suo avviso, tali carenze costituiscono errori manifesti e comportano la violazione di numerose disposizioni del diritto dell’Unione, esposte analiticamente nell’ambito degli altri motivi da essa dedotti.

103    Occorre rilevare, a tal riguardo, che tale censura dedotta dalla Syngenta ha carattere trasversale, in quanto può essere pertinente nell’ambito di alcuni degli altri motivi da essa invocati e, in particolare, di quelli vertenti sulla violazione delle disposizioni del regolamento n. 1107/2009 e di quelli vertenti sulla violazione dei principi di precauzione e di proporzionalità. Tale censura si limita pertanto a esporre separatamente e in via preliminare alcuni argomenti che la Syngenta sviluppa nei confronti delle basi scientifiche dell’atto impugnato e che sono rilevanti per più di uno dei motivi dedotti nel ricorso.

104    Di conseguenza, tale censura non sarà trattata in prosieguo in modo separato e preliminare, ma se ne terrà conto nell’ambito degli altri motivi dedotti dalla Syngenta ai quali essa si riferisce.

2.      Considerazioni generali

105    Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 3, il regolamento n. 1107/2009 intende assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e animale e dell’ambiente e migliorare il funzionamento del mercato interno attraverso l’armonizzazione delle norme relative all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, stimolando nel contempo la produzione agricola.

106    Imponendo il mantenimento di un livello elevato di protezione dell’ambiente, il regolamento n. 1107/2009 applica l’articolo 11 TFUE e l’articolo 114, paragrafo 3, TFUE. L’articolo 11 TFUE prevede che le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile. Concretizzando tale obbligo, l’articolo 114, paragrafo 3, TFUE dispone che la Commissione, nelle sue proposte in materia, in particolare, di protezione dell’ambiente, effettuate nel quadro del ravvicinamento delle legislazioni che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno, si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici, e che, nell’ambito delle rispettive competenze, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea cercheranno anch’essi di conseguire tale obiettivo. Tale protezione dell’ambiente ha un’importanza preponderante rispetto alle considerazioni di ordine economico, di modo che essa è tale da giustificare conseguenze economiche negative, anche considerevoli, per taluni operatori (v., in tal senso, sentenze del 9 settembre 2011, Dow AgroSciences e a./Commissione, T‑475/07, EU:T:2011:445, punto 143; del 6 settembre 2013, Sepro Europe/Commissione, T‑483/11, non pubblicata, EU:T:2013:407, punto 85, e del 12 dicembre 2014, Xeda International/Commissione, T‑269/11, non pubblicata, EU:T:2014:1069, punto 138).

107    Inoltre, il considerando 8 del regolamento n. 1107/2009 precisa che il principio di precauzione dovrebbe essere applicato e che detto regolamento mira ad assicurare che l’industria dimostri che le sostanze o i prodotti fabbricati o immessi sul mercato non hanno alcun effetto nocivo sulla salute umana o degli animali o alcun impatto inaccettabile sull’ambiente.

108    A tale proposito, occorre rilevare che le procedure di autorizzazione e di approvazione preventiva istituite dal regolamento n. 1107/2009 (e anteriormente dalla direttiva 91/414) per i prodotti fitosanitari e le loro sostanze attive costituiscono una delle espressioni del principio generale di diritto dell’Unione costituito dal principio di precauzione [v., in tal senso, sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione T‑31/07, non pubblicata EU:T:2013:167, punto 133].

a)      Sul principio di precauzione

1)      Definizione

109    Il principio di precauzione costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che impone alle autorità interessate di adottare, nell’ambito preciso dell’esercizio delle competenze che sono loro attribuite dalla regolamentazione pertinente, provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la salute pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici [v. sentenze del 21 ottobre 2003, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, T‑392/02, EU:T:2003:277, punto 121 e giurisprudenza ivi citata, e del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 134 e giurisprudenza ivi citata; v., altresì in tal senso, sentenza del 26 novembre 2002, Artegodan e a./Commissione, T‑74/00, T‑76/00, da T‑83/00 a T‑85/00, T‑132/00, T‑137/00 e T‑141/00, EU:T:2002:283, punti 183 e 184].

110    Il principio di precauzione consente alle istituzioni, quando sussistono incertezze scientifiche riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute umana o per l’ambiente, di adottare misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate l’effettività e la gravità di tali rischi o che gli effetti nocivi per la salute si concretizzino [v. sentenze del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 135 e giurisprudenza ivi citata, e del 6 settembre 2013, Sepro Europe/Commissione, T‑483/11, non pubblicata, EU:T:2013:407, punto 44 e giurisprudenza ivi citata].

111    Nell’ambito del procedimento che porta all’adozione da parte di un’istituzione di misure appropriate al fine di prevenire determinati potenziali rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente in forza del principio di precauzione, si possono distinguere tre fasi successive: innanzitutto, l’identificazione degli effetti potenzialmente negativi che derivano da un dato fenomeno; in secondo luogo, la valutazione dei rischi correlati a tale fenomeno per la sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente; in terzo luogo, qualora i potenziali rischi identificati oltrepassino il limite accettabile per la società, la gestione del rischio per mezzo dell’adozione di adeguate misure di protezione. Se la prima di tali fasi non necessita di ulteriori spiegazioni, le due fasi successive meritano di essere chiarite.

2)      Valutazione dei rischi

112    La valutazione dei rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente consiste, per l’istituzione che deve affrontare effetti potenzialmente negativi derivanti da un dato fenomeno, nel valutare in modo scientifico tali rischi e nel determinare se essi oltrepassino il livello di rischio giudicato accettabile per la società. Quindi, affinché le istituzioni possano procedere ad una valutazione dei rischi, occorre, da un lato, che dispongano di una valutazione scientifica dei rischi e, dall’altro lato, che determinino il livello di rischio giudicato inaccettabile per la società [v. sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 137 e giurisprudenza ivi citata].

i)      Sulla valutazione scientifica

113    La valutazione scientifica dei rischi è un procedimento scientifico che consiste, per quanto possibile, nell’identificare e nel caratterizzare un pericolo, nel valutare l’esposizione e nel connotare il rischio [v. sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 138 e giurisprudenza ivi citata].

114    Nella sua comunicazione COM(2000) 1 def. sul principio di precauzione, del 2 febbraio 2000 (in prosieguo: la «comunicazione sul principio di precauzione»), la Commissione ha definito tali quattro elementi costitutivi di una valutazione scientifica dei rischi nel seguente modo (v. allegato III della citata comunicazione):

«Con identificazione del pericolo s’intende l’identificazione degli agenti biologici, chimici o fisici che possono avere effetti negativi (…)

La caratterizzazione del pericolo consiste nella determinazione, in termini quantitativi e/o qualitativi, della natura e della gravità degli effetti nocivi collegati con gli agenti o le attività causali (…)

La valutazione dell’esposizione consiste nella valutazione quantitativa o qualitativa della probabilità di esposizione all’agente in questione (…)

La caratterizzazione del rischio corrisponde alla stima qualitativa e/o quantitativa, tenendo conto delle inerenti incertezze, della probabilità, della frequenza e della gravità degli effetti negativi sull’ambiente o sulla salute, conosciuti o potenziali, che possono verificarsi. Tale caratterizzazione viene stabilita sulla base dei tre componenti precedenti ed è strettamente collegata alle incertezze, variazioni, ipotesi di lavoro e congetture effettuate in ciascuna fase del procedimento. Quando i dati disponibili sono inadeguati o non conclusivi, una strategia prudente e di precauzione per la protezione dell’ambiente, della salute o della sicurezza potrebbe essere quella di optare per l’ipotesi più pessimista. Quando tali ipotesi si accumulano, vi è indubbiamente un’esagerazione del rischio reale ma, correlativamente, una certa garanzia che il rischio non venga sottovalutato».

115    In quanto procedimento scientifico, la valutazione scientifica dei rischi deve essere delegata dall’istituzione ad esperti scientifici (sentenze dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punto 157; dell’11 settembre 2002, Alpharma/Consiglio, T‑70/99, EU:T:2002:210, punto 170, e del 9 settembre 2011, Francia/Commissione, T‑257/07, EU:T:2011:444, punto 73).

116    La valutazione scientifica dei rischi non deve obbligatoriamente fornire alle istituzioni prove scientifiche decisive sull’effettività del rischio e sulla gravità dei potenziali effetti nocivi in caso di avveramento di tale rischio. L’ambito di applicazione del principio di precauzione corrisponde infatti per ipotesi ad un ambito di incertezza scientifica. Inoltre, l’adozione di una misura preventiva o, al contrario, la sua revoca o riduzione non può essere subordinata alla prova dell’assenza di qualsiasi rischio in quanto una siffatta prova è di regola impossibile da fornire dal punto di vista scientifico, giacché un livello di rischio zero in pratica non esiste [v. sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata EU:T:2013:167, punto 140; v., altresì, in tal senso, sentenza del 21 ottobre 2003, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, T‑392/02, EU:T:2003:277, punto 130]. Tuttavia una misura preventiva non può essere validamente motivata con un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente [sentenze dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punti 142 e 143, e del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 140; v. anche, in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2007, Svezia/Commissione, T‑229/04, EU:T:2007:217, punto 161].

117    Infatti, la valutazione scientifica dei rischi deve fondarsi sui migliori dati scientifici disponibili e deve essere effettuata in modo indipendente, oggettivo e trasparente [v. sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 141 e giurisprudenza ivi citata].

118    Inoltre, si deve osservare che una valutazione scientifica completa dei rischi può rivelarsi impossibile a causa dell’insufficienza dei dati scientifici disponibili. Ciò non può, tuttavia, impedire all’autorità pubblica competente di adottare misure preventive in applicazione del principio di precauzione. In tale ipotesi occorre che esperti scientifici effettuino una valutazione scientifica dei rischi, nonostante l’incertezza scientifica sussistente, di modo che l’autorità pubblica competente disponga di un’informazione sufficientemente affidabile e solida che le permetta di cogliere l’intera portata della questione scientifica posta e di determinare la propria politica con cognizione di causa (sentenza del 9 settembre 2011, Francia/Commissione, T‑257/07, EU:T:2011:444, punto 77; v., altresì, in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punti da 160 a 163, e dell’11 settembre 2002, Alpharma/Consiglio, T‑70/99, EU:T:2002:210, punti da 173 a 176).

119    Qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale nell’ipotesi in cui il rischio si avverasse, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive, purché esse siano non discriminatorie e oggettive [sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 142 e giurisprudenza ivi citata, e sentenza della Corte EFTA del 5 aprile 2001, EFTA Surveillance Authority/Norvegia, E‑3/00, EFTA Court Report 2000-2001, pag. 73, punto 31].

120    Ne deriva che una misura preventiva può essere adottata solo qualora il rischio, anche se che la sua esistenza e la sua portata non siano state dimostrate «completamente» da dati scientifici concludenti, appaia nondimeno sufficientemente documentato sulla base dei dati scientifici disponibili al momento dell’adozione di tale misura [v. sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 143 e giurisprudenza ivi citata].

121    In un contesto del genere, la nozione di «rischio» corrisponde pertanto al grado di probabilità di effetti nocivi per il bene protetto dall’ordinamento giuridico cagionati dall’accettazione di talune misure o di talune pratiche. La nozione di «pericolo», dal canto suo, è utilizzata comunemente in un’accezione più ampia e definisce ogni prodotto o processo che possa avere un effetto negativo per la salute umana o qualsiasi altro bene protetto dall’ordinamento giuridico [sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 144; v. anche, in tal senso, sentenze dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punto 147, e del 9 settembre 2011, Dow AgroSciences e a./Commissione, T‑475/07, EU:T:2011:445, punto 147].

ii)    Sulla determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile

122    La determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società spetta, nel rispetto delle norme applicabili, alle istituzioni incaricate della scelta politica costituita dalla fissazione di un livello di protezione appropriato per tale società. Spetta a tali istituzioni determinare la soglia critica di probabilità di effetti nocivi per la sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente e la gravità di tali potenziali effetti che reputano non essere più accettabile per tale società e che, una volta superata, rende necessario, nell’interesse della tutela della sanità pubblica, della sicurezza e dell’ambiente, il ricorso a misure preventive nonostante l’assenza di certezza scientifica [sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 145; v. anche, in tal senso, sentenze dell’11 settembre 2000, Toolex, C‑473/98, EU:C:2000:379, punto 45, e dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punti 150 e 151].

123    Al momento della determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società, le istituzioni hanno l’obbligo di garantire un livello di tutela elevato della sanità pubblica, della sicurezza e dell’ambiente. Tale livello elevato di protezione non deve necessariamente, per essere compatibile con l’articolo 114, paragrafo 3, TFUE, essere il più elevato possibile sotto il profilo tecnico [sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 146; v. anche, in tal senso, sentenza del 14 luglio 1998, Safety Hi-Tech, C‑284/95, EU:C:1998:352, punto 49]. Peraltro, tali istituzioni non possono adottare un approccio puramente ipotetico del rischio e orientare le proprie decisioni ad un livello di «rischio zero» [sentenze dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punto 152, e del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 146].

124    La determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società dipende dal giudizio espresso dall’autorità pubblica competente sulle particolari circostanze di ciascuna fattispecie. A tale proposito, detta autorità può considerare, in particolare, la gravità dell’impatto della sopravvenienza di tale rischio sulla sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente, ivi compresa la portata dei possibili effetti nocivi, la persistenza, la reversibilità o gli effetti tardivi eventuali di tali danni nonché la percezione più o meno concreta del rischio sulla base dello stato delle conoscenze scientifiche disponibili [sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 147; v., altresì, in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punto 153].

3)      Gestione del rischio

125    La gestione del rischio corrisponde all’insieme della azioni, messe in atto da un’istituzione che debba affrontare un rischio, finalizzate a portarlo ad un livello giudicato accettabile per la società, tenuto conto dell’obbligo dell’istituzione, ai sensi del principio di precauzione, di garantire un livello di tutela elevato della sanità pubblica, della sicurezza e dell’ambiente [sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 148].

126    Tali azioni comprendono l’adozione di provvedimenti provvisori che devono essere proporzionati, non discriminatori, trasparenti e coerenti rispetto a misure simili già adottate [sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 149; v. anche, in tal senso, sentenza del 1o aprile 2004, Bellio F.lli, C‑286/02, EU:C:2004:212, punto 59].

b)      Sul riesame di una sostanza attiva iscritta nella parte A dell’allegato al regolamento di esecuzione n. 540/2011

127    Come esposto ai punti 12 e 13 supra, le sostanze oggetto dell’atto impugnato sono state approvate ai sensi del regime previsto dalla direttiva 91/414, conformemente alle condizioni applicabili all’epoca, e sono adesso elencate nella parte A dell’allegato del regolamento di esecuzione n. 540/2011.

128    Poiché il riesame della loro approvazione da parte della Commissione è stato effettuato ai sensi del regolamento n. 1107/2009, occorre osservare, a tal riguardo, che con l’adozione di detto regolamento i requisiti particolari per l’approvazione delle sostanze attive si sono evoluti.

1)      Sui requisiti di iscrizione iniziali ai sensi della direttiva 91/414

129    Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 91/414, affinché una sostanza potesse essere iscritta nell’allegato I della direttiva stessa, doveva potersi supporre, in base allo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche, che l’impiego e i residui dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva di cui trattasi, derivante da un’applicazione conforme alla buona pratica fitosanitaria, non avesse effetti nocivi sulla salute dell’uomo o degli animali né un impatto inaccettabile sull’ambiente.

130    È stato dichiarato che l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 91/414, interpretato alla luce del principio di precauzione, implicava che, trattandosi della salute umana, l’esistenza di indizi seri i quali, senza eliminare l’incertezza scientifica, consentissero ragionevolmente di dubitare dell’innocuità di una sostanza, ostava, in linea di principio, all’iscrizione di tale sostanza nell’allegato I della suddetta direttiva (sentenza dell’11 luglio 2007, Svezia/Commissione, T‑229/04, EU:T:2007:217, punto 161). Tali considerazioni sono applicabili, per analogia, per quanto riguarda gli altri interessi tutelati dall’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009 (identici a quelli tutelati dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 91/414), ovvero, in particolare, la salute degli animali e l’ambiente.

131    Tuttavia, emerge altresì dalla giurisprudenza che l’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 91/414, secondo il quale l’iscrizione di una sostanza attiva nell’allegato I della stessa può essere subordinata a talune restrizioni d’impiego, fa sì che sia consentita l’iscrizione di sostanze che non rispondono ai requisiti di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della medesima direttiva, purché siano imposte talune restrizioni atte ad escludere gli impieghi problematici della sostanza di cui trattasi. Poiché l’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 91/414 risulta essere un temperamento dell’articolo 5, paragrafo 1, della medesima direttiva, occorre interpretarlo alla luce del principio di precauzione. Di conseguenza, prima dell’iscrizione di una sostanza nell’allegato suddetto, dev’essere dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che le restrizioni all’impiego della sostanza di cui trattasi consentono di garantire un impiego della stessa che sia conforme ai requisiti stabiliti dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva in questione (sentenza dell’11 luglio 2007, Svezia/Commissione, T‑229/04, EU:T:2007:217, punti 169 e 170).

132    Infine, è stato dichiarato che, nel sistema instaurato dalla direttiva 91/414, spetta all’autore della notifica fornire la prova che, in base alle informazioni presentate per uno o più preparati corrispondenti ad una serie limitata di usi rappresentativi, le condizioni di approvazione sono soddisfatte [sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 154].

2)      Sulla modifica dei criteri di approvazione da parte del regolamento n. 1107/2009

133    Da un confronto tra l’articolo 5 della direttiva 91/414 (v. punto 3 supra) e l’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009 (v. punto 7 supra) risulta che, nell’ambito della sostituzione della direttiva 91/414 con il regolamento n. 1107/2009, i criteri e le condizioni generali di approvazione sono stati riformulati in modo più dettagliato, senza che ciò abbia tuttavia necessariamente comportato un rafforzamento sostanziale di tali criteri e condizioni.

134    Inoltre, i principi uniformi per la valutazione e l’autorizzazione dei prodotti fitosanitari, che definiscono, in particolare, i livelli di soglia dei quozienti di rischio per l’esposizione orale e per contatto, non sono sostanzialmente cambiati con l’entrata in vigore del regolamento n. 1107/2009 (v. punto 8 supra).

135    Per contro, il regolamento n. 1107/2009 ha introdotto nuovi requisiti specifici per l’approvazione delle sostanze attive, tra i quali, in particolare, il punto 3.8.3 dell’allegato II di detto regolamento (v. punto 10 supra), il quale contiene requisiti specifici relativi all’esposizione delle api e agli effetti acuti o cronici per la sopravvivenza e lo sviluppo della colonia. Da un confronto di tale criterio con la normativa precedente e, in particolare, l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 91/414, deriva che gli obblighi relativi all’assenza di effetti inaccettabili sulle api sono stati notevolmente rafforzati con l’entrata in vigore del regolamento n. 1107/2009, in quanto è ora esplicitamente richiesto che l’esposizione delle api alla sostanza attiva in questione sia solo «trascurabile» o che il suo uso non abbia «alcun effetto inaccettabile acuto o cronico per la sopravvivenza e lo sviluppo della colonia, tenendo conto degli effetti sulle larve di api e sul comportamento delle api».

136    Il considerando 10 del regolamento n. 1107/2009 prevede che, per le sostanze attive già approvate prima della sua entrata in vigore, i criteri armonizzati dal regolamento n. 1107/2009 siano applicati all’atto del rinnovo o del riesame dell’approvazione. Ne consegue che, nel caso di specie, il riesame dell’approvazione delle sostanze in questione, approvate in conformità della direttiva 91/414, va effettuato secondo i criteri e le condizioni stabiliti dal regolamento n. 1107/2009.

3)      Sull’onere della prova

137    In ultimo, dalla formulazione e dall’economia delle disposizioni rilevanti del regolamento n. 1107/2009 risulta che, in linea di principio, spetta all’autore della domanda di approvazione l’onere di provare che sono soddisfatte le condizioni di approvazione di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009, come era espressamente previsto dalla direttiva 91/414 (v. punto 132 supra).

138    In particolare, il considerando 8 del regolamento n. 1107/2009 dispone che quest’ultimo «dovrebbe assicurare che l’industria dimostri che le sostanze o i prodotti fabbricati o immessi sul mercato non hanno (…) alcun effetto inaccettabile sull’ambiente». Parimenti, il considerando 10 prevede che le sostanze dovrebbero essere incluse nei prodotti fitosanitari soltanto «ove sia stato dimostrato», in particolare, che esse non dovrebbero avere un impatto inaccettabile sull’ambiente.

139    Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009, che fissa le condizioni di approvazione delle sostanze attive (v. punto 7 supra), dispone che sia «prevedibile» che i prodotti fitosanitari contenenti una sostanza attiva soddisfino i requisiti previsti ai paragrafi 2 e 3 del medesimo articolo, i quali, a loro volta, richiedono che tali prodotti e i loro residui soddisfino le condizioni elencate di seguito. Conformemente al principio secondo il quale è la parte che si avvale di una disposizione di legge che deve provare che le condizioni di applicazione della stessa sono soddisfatte, discende da tali formulazioni che è il richiedente a dover dimostrare che le condizioni per l’approvazione siano rispettate, al fine di ottenere l’approvazione, e non la Commissione a dover dimostrare che esse non sono soddisfatte per poter rifiutare l’approvazione.

140    Tuttavia, come le ricorrenti hanno sostenuto in occasione delle udienze, nell’ambito di un riesame intervenuto prima della fine del periodo di approvazione, spetta alla Commissione dimostrare che le condizioni per l’approvazione non sono più soddisfatte. Infatti, è la parte che si avvale di una disposizione di legge – nel caso di specie, l’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009 – che deve provare che le condizioni di applicazione di quest’ultima sono soddisfatte. Occorre sottolineare, al riguardo, che il fatto di riconoscere che, in caso di incertezza scientifica, ragionevoli dubbi concernenti l’innocuità di una sostanza attiva approvata a livello dell’Unione possono giustificare una misura preventiva, non può essere assimilato ad un’inversione dell’onere della prova (v., per analogia, sentenza del 26 novembre 2002, Artegodan e a./Commissione, T‑74/00, T‑76/00, da T‑83/00 a T‑85/00, T‑132/00, T‑137/00 e T‑141/00, EU:T:2002:283, punto 191).

141    Tuttavia, la Commissione assolve l’onere della prova se accerta che la conclusione, al momento dell’approvazione iniziale, secondo cui erano soddisfatti i criteri di approvazione di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009, è invalidata da sviluppi successivi, in materia di regolamentazione o tecnica.

142    Pertanto, la Commissione assolve adeguatamente l’onere della prova ad essa incombente, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009, ove riesca a dimostrare che, alla luce di un mutamento del contesto normativo, che ha portato a un rafforzamento delle condizioni di approvazione, i dati derivanti dagli studi effettuati ai fini dell’approvazione iniziale erano insufficienti a rendere conto della totalità dei rischi per le api connessi con la sostanza attiva in causa, per quanto riguarda, ad esempio, determinate vie di esposizione. Il principio di precauzione impone infatti di revocare o di modificare l’approvazione di una sostanza attiva in presenza di nuovi dati che invalidano la conclusione precedente secondo la quale tale sostanza soddisfaceva i criteri di approvazione di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009. In tale contesto, la Commissione può limitarsi a fornire, conformemente al regime comune di prova, indizi seri e concludenti i quali, senza eliminare l’incertezza scientifica, consentano ragionevolmente di dubitare del fatto che la sostanza attiva soddisfa i predetti criteri di approvazione (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 26 novembre 2002, Artegodan e a./Commissione, T‑74/00, T‑76/00, da T‑83/00 a T‑85/00, T‑132/00, T‑137/00 e T‑141/00, EU:T:2002:283, punto 192).

c)      Sulla portata del controllo giurisdizionale

143    Al fine di perseguire efficacemente gli obiettivi ad essa assegnati dal regolamento n. 1107/2009 (v. punti da 105 a 107 supra), e alla luce delle valutazioni tecniche complesse che deve effettuare, deve essere riconosciuto alla Commissione un ampio potere discrezionale (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2007, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, C‑326/05 P, EU:C:2007:443, punti 74 e 75, e del 6 settembre 2013, Sepro Europe/Commissione, T‑483/11, non pubblicata, EU:T:2013:407, punto 38). Ciò vale, in particolare, per le decisioni in materia di gestione del rischio che essa deve adottare in applicazione di detto regolamento.

144    L’esercizio di tale potere non è tuttavia sottratto al sindacato giurisdizionale. A tale proposito, risulta da una costante giurisprudenza che, nell’ambito di tale sindacato, il giudice dell’Unione deve verificare l’osservanza delle norme di procedura, l’esattezza materiale dei fatti considerati dalla Commissione, l’insussistenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o l’insussistenza di sviamento di potere (sentenze del 25 gennaio 1979, Racke, 98/78, EU:C:1979:14, punto 5; del 22 ottobre 1991, Nölle, C‑16/90, EU:C:1991:402, punto 12, e del 9 settembre 2008, Bayer CropScience e a./Commissione, T‑75/06, EU:T:2008:317, punto 83).

145    Per quanto riguarda la valutazione da parte del giudice dell’Unione dell’esistenza di un errore manifesto di valutazione, occorre precisare che, al fine di stabilire che la Commissione ha commesso un manifesto errore nella valutazione di fatti complessi tale da giustificare l’annullamento della decisione impugnata, gli elementi di prova addotti dal ricorrente devono essere sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati nella decisione di cui si tratta (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 1996, AIUFFASS e AKT/Commissione, T‑380/94, EU:T:1996:195, punto 59, e del 1o luglio 2004, Salzgitter/Commissione, T‑308/00, EU:T:2004:199, punto 138, non annullata su tale punto dalla sentenza del 22 aprile 2008, Commissione/Salzgitter, C‑408/04 P, EU:C:2008:236). Fatto salvo tale esame di plausibilità, non spetta al Tribunale sostituire la sua valutazione di fatti complessi a quella dell’autore dell’atto [sentenza del 9 settembre 2011, Dow AgroSciences e a./Commissione, T‑475/07, EU:T:2011:445, punto 152; v. anche, in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2009, Enviro Tech (Europe), C‑425/08, EU:C:2009:635, punto 47].

146    Inoltre, si deve ricordare che, quando un’istituzione dispone di un ampio potere discrezionale, è di fondamentale importanza la verifica del rispetto delle garanzie conferite dall’ordinamento giuridico dell’Unione nelle procedure amministrative. La Corte ha avuto modo di precisare che, tra tali garanzie, rientrano in particolare l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e quello di motivare la sua decisione in modo sufficiente (sentenze del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, EU:C:1991:438, punto 14; del 7 maggio 1992, Pesquerias De Bermeo e Naviera Laida/Commissione, C‑258/90 e C‑259/90, EU:C:1992:199, punto 26; e del 6 novembre 2008, Paesi Bassi/Commissione, C‑405/07 P, EU:C:2008:613, punto 56).

147    Così, è già stato statuito che lo svolgimento di una valutazione scientifica dei rischi il più esaustiva possibile, sulla base di pareri scientifici fondati sui principi dell’eccellenza, della trasparenza e dell’indipendenza, costituisce una garanzia procedurale rilevante al fine di assicurare l’oggettività scientifica delle misure e di evitare l’adozione di misure arbitrarie (sentenza dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punto 172).

3.      Sulle censure relative all’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009

148    Le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che la Commissione non aveva il diritto di procedere ad un riesame dell’approvazione delle sostanze in questione, dato che le condizioni previste a tal riguardo dall’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009 non erano soddisfatte.

149    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

150    L’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009 (citato supra al punto 9) presenta le seguente struttura.

151    Il paragrafo 1 dispone che, in qualunque momento, la Commissione può riesaminare l’approvazione di una sostanza attiva, di propria iniziativa o su richiesta di uno Stato membro. A norma del secondo comma di tale paragrafo, se decide di procedere a un riesame, la Commissione ne informa gli Stati membri, l’EFSA e il fabbricante della sostanza di cui trattasi e fissa a quest’ultimo un termine per la presentazione di osservazioni.

152    Il paragrafo 2 dispone che, nell’ambito del riesame, la Commissione può richiedere il parere o l’assistenza scientifica o tecnica degli Stati membri e dell’EFSA e stabilisce il termine da rispettare da parte di questi ultimi.

153    Infine, il paragrafo 3 prevede che, se la Commissione conclude che la sostanza non soddisfa più i criteri di approvazione, essa propone l’adozione di un regolamento per revocare o modificare l’approvazione, in applicazione della procedura di comitato, a norma dell’articolo 79, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009.

a)      Sulla soglia di applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009

154    Le ricorrenti non hanno specificamente preso posizione sulla soglia di applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009, in quanto, nei loro argomenti, esse non operano alcuna distinzione tra le rispettive condizioni di esecuzione del paragrafo 1 e del paragrafo 3 di tale articolo. La Syngenta ammette tuttavia che l’articolo 21, paragrafo 1, consente alla Commissione di indagare su nuove informazioni che potrebbero suscitare preoccupazioni. Per contro, la Bayer e la Syngenta contestano che gli studi del marzo 2012 costituiscano informazioni di tal genere. Esse sostengono, in particolare, che non esistevano nuove conoscenze scientifiche e tecniche, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009, che indicassero che le sostanze in questione non soddisfacevano più i criteri di approvazione.

155    L’ECPA, intervenendo a sostegno delle ricorrenti, sostiene in particolare che il requisito del carattere «nuovo» delle conoscenze scientifiche e tecniche di cui trattasi non deve in primo luogo essere inteso come temporale, ma piuttosto come un requisito qualitativo.

156    La Commissione contesta tali argomenti.

157    In primo luogo, occorre constatare, a tale proposito, che dal testo stesso dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009 deriva che la soglia d’applicazione del paragrafo 1 è inferiore a quella del suo paragrafo 3.

158    Innanzitutto, l’articolo 21, paragrafo 1, prima frase, stabilisce che la Commissione può riesaminare l’approvazione di una sostanza attiva «in qualsiasi momento». Anche se l’attuazione di tale facoltà molto generica è in seguito subordinata a determinate condizioni, la formulazione scelta dal legislatore indica che esso non riteneva che l’approvazione di una sostanza attiva avrebbe dovuto conferire all’autore della domanda di approvazione una protezione particolare contro l’avvio di una procedura di riesame.

159    Inoltre, mentre l’articolo 21, paragrafo 1, secondo comma, prevede un riesame, in particolare, se la Commissione «ha motivo di ritenere (…) che la sostanza non soddisfi più i criteri di approvazione previsti all’articolo 4», il paragrafo 3 di tale articolo stabilisce che la Commissione deve «conclude[re] che la sostanza non soddisfa più i criteri di approvazione previsti all’articolo 4» affinché possa essere adottato un regolamento per modificare o revocare l’approvazione. È quindi già la formulazione dell’articolo 21 a indicare che la soglia d’applicazione del paragrafo 1 è inferiore a quella del paragrafo 3.

160    Ciò è conforme all’economia dell’articolo 21, rilevata ai punti da 150 a 153 supra. Infatti, la procedura di riesame deve precisamente consentire alla Commissione, nell’ipotesi dell’insorgenza di nuove conoscenze scientifiche che inducono a ritenere che la sostanza in questione potrebbe non soddisfare i criteri di approvazione, di accertare se ciò si verifichi effettivamente. Sarebbe quindi contrario a qualsiasi logica esigere lo stesso grado di certezza per l’apertura della procedura di riesame e per la revoca o la modifica dell’approvazione.

161    In secondo luogo, quanto alla definizione concreta della soglia per l’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009, da un lato, occorre rilevare che gli interessi degli autori delle domande di approvazione delle sostanze in questione sono tutelati dal fatto che si può effettivamente procedere alla modifica o alla revoca dell’approvazione solo se, all’esito della procedura di riesame, si accerta che le condizioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009 non sono più soddisfatte. Dall’altro lato, per poter accertare se ciò è il caso, alla luce, in particolare, dell’obiettivo di protezione perseguito dal regolamento n. 1107/2009 (v. punti da 105 a 107 supra), la Commissione deve poter avviare un esame anche se il grado di dubbio suscitato dalle nuove conoscenze scientifiche e tecniche è solo relativamente modesto.

162    Tuttavia, ciò non può comportare che la Commissione sia del tutto libera nella sua valutazione. Infatti, come l’ECPA ha giustamente sottolineato, la nozione di «nuove conoscenze scientifiche e tecniche» non può essere intesa solo in senso temporale, ma comprende anche una componente qualitativa, che si ricollega, del resto, tanto all’aggettivo «nuovo» quanto all’aggettivo «scientifico». Ne deriva che la soglia di applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009 non è raggiunta se le «nuove conoscenze» riguardano solo semplici ripetizioni di conoscenze precedenti, nuove ipotesi senza solide basi nonché considerazioni politiche non legate alla scienza. In definitiva, le «nuove conoscenze scientifiche e tecniche» devono pertanto rivestire una reale pertinenza ai fini della valutazione del mantenimento delle condizioni di approvazione di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009.

163    Infine, in terzo luogo, è altresì opportuno chiarire la definizione del livello delle conoscenze scientifiche e tecniche precedenti, poiché il carattere di novità delle nuove conoscenze può essere valutato solo in relazione a un livello precedente. A tale proposito, occorre considerare che il livello precedente delle conoscenze non può essere quello immediatamente precedente la pubblicazione delle nuove conoscenze, bensì quello della data della precedente valutazione dei rischi della sostanza interessata. Infatti, da un lato, tale precedente valutazione costituisce una soglia di riferimento stabile in quanto contiene una sintesi delle conoscenze disponibili all’epoca. Dall’altro, se la novità delle conoscenze si riferisse al livello delle conoscenze che precede direttamente la loro pubblicazione, non sarebbe possibile tenere conto di una graduale evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche, ciascuna fase della quale non crea necessariamente preoccupazioni di per sé, ma può dare luogo a preoccupazioni nel complesso.

164    In conclusione, è pertanto sufficiente, affinché la Commissione possa procedere a un riesame dell’approvazione di una sostanza attiva, a norma dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009, che sussistano nuovi studi (vale a dire studi che non sono ancora stati presi in considerazione dall’EFSA o dalla Commissione nell’ambito di una precedente valutazione della sostanza in questione) i cui risultati sollevano, rispetto alle conoscenze disponibili al momento della valutazione anteriore, preoccupazioni circa la questione se siano sempre soddisfatte le condizioni di approvazione di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009, senza che sia necessario verificare, in tale fase, se tali preoccupazioni siano effettivamente fondate, essendo tale verifica riservata al riesame stesso.

b)      Sulle informazioni invocate dalla Commissione per giustificare l’apertura della procedura di riesame

165    Al fine di identificare quali informazioni la Commissione poteva o, se del caso, doveva prendere in considerazione nella sua decisione di procedere al riesame dell’approvazione delle sostanze in questione, in primo luogo, è necessario stabilire il momento in cui essa è stata adottata.

166    A tale proposito, si deve rilevare che, nel secondo mandato (v. punto 21 supra), la Commissione ha incaricato l’EFSA, il 25 aprile 2012, di effettuare un aggiornamento della valutazione dei rischi per le api dei neonicotinoidi, in particolare per quanto riguardava, da un lato, gli effetti acuti e cronici sullo sviluppo e la sopravvivenza della colonia e, dall’altro lato, gli effetti di dosi subletali sulla sopravvivenza e sul comportamento delle api. Orbene, un tale «aggiornamento» può essere interpretato solo come la prima fase del riesame dell’approvazione delle sostanze in questione, ai sensi dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009, vale a dire quella che consiste nell’individuare e valutare (o valutare nuovamente) i rischi posti da queste sostanze, compito che il regolamento n. 1107/2009 attribuisce all’EFSA (laddove la seconda fase, consistente nella gestione del rischio, spetta alla Commissione). Occorre pertanto considerare la data del 25 aprile 2012 come data in cui la Commissione, al più tardi, ha deciso di procedere al riesame.

167    In risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha, in sostanza, confermato tale data, sottolineando al contempo che, poiché l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009 non prevede l’adozione di una decisione formale per l’avvio di un riesame, la data del 25 aprile 2012 costituiva solo il limite temporale di un processo decisionale esteso nel corso di un determinato periodo.

168    Pertanto, le «nuove conoscenze scientifiche e tecniche», ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009, dovevano essere anteriori alla data del 25 aprile 2012 per poter essere idonee a giustificare l’apertura della procedura di riesame.

169    In secondo luogo, occorre rilevare che l’atto impugnato non individua con precisione le nuove conoscenze scientifiche e tecniche che hanno indotto la Commissione a procedere a un riesame dell’approvazione delle sostanze in questione. Infatti, il considerando 4 di tale atto fa riferimento, in modo generale, al fatto che «[n]ella primavera del 2012 sono state pubblicate nuove informazioni scientifiche sugli effetti subletali dei neonicotinoidi per le api». Tale definizione generale può comprendere, oltre agli studi del marzo 2012 (v. punto 19 supra), lo studio Schneider, pubblicato l’11 gennaio 2012 (v. punto 23 supra) nonché il parere dell’EFSA (v. punto 22 supra). Infatti, benché la versione definitiva di tale parere, di cui la Commissione si avvale anche nelle sue memorie difensive, come nuove informazioni scientifiche, sia stata pubblicata solo il 23 maggio 2012, una prima versione era stata comunicata alla Commissione il 29 febbraio 2012, come emerge da un messaggio di posta elettronica inviato dall’EFSA alla Commissione.

170    Tuttavia, sembra che le nuove informazioni che la Commissione ha potuto acquisire dalla lettura del parere dell’EFSA (o, più precisamente, della sua versione preliminare, v. punto 169 supra) abbiano in realtà rivestito un ruolo tutt’al più minore nella sua decisione di procedere a un riesame dell’approvazione delle sostanze in questione. Così, ad esempio, il documento di lavoro del 28 gennaio 2013 per la sessione del Copcasa del 31 gennaio e del 1o febbraio 2013, nel quale la Commissione aveva esposto le conseguenze che occorreva, a suo avviso, trarre dalle conclusioni dell’EFSA pubblicate il 16 gennaio 2013, indicava solo gli studi Henry, Whitehorn e Schneider come «nuove prove scientifiche» che avevano indotto la Commissione a procedere al riesame, e non il parere dell’EFSA.

171    Pertanto, il Tribunale ritiene opportuno limitarsi agli studi del marzo 2012 nonché allo studio Schneider, al fine di determinare se le nuove conoscenze scientifiche e tecniche disponibili al 25 aprile 2012 giustificassero l’apertura del riesame.

c)      Sulla questione se la Commissione disponesse, al momento dell’apertura della procedura di riesame, di nuove conoscenze scientifiche e tecniche, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009

172    Gli studi del marzo 2012 sono stati pubblicati il 30 marzo 2012 sulla rivista scientifica Science. Lo studio Schneider, dal canto suo, è stato pubblicato nel gennaio 2012 sulla rivista scientifica online PLoS ONE. Conformemente all’approccio esposto al punto 164 supra, occorre quindi in primo luogo rilevare che tali tre studi erano nuovi, nel senso che in precedenza non erano stati presi in considerazione dall’EFSA o dalla Commissione ai fini della valutazione dei rischi presentati dalle sostanze in questione.

173    Secondo la sintesi che ne è riportata nella dichiarazione dell’EFSA (v. punto 23 supra), lo studio Henry riguardava le ricerche condotte in Francia sul prodotto fitosanitario Cruiser, commercializzato dalla Syngenta, che contiene la sostanza attiva tiametoxam. Più precisamente, tale studio metteva in luce delle ricerche che indicano che l’esposizione a dosi di tiametoxam non letali ma normalmente presenti in campo avrebbe comportato un aumento della mortalità delle api da miele a causa di una menomazione del senso dell’orientamento, al punto tale da aumentare il rischio di scomparsa della colonia. Nel contesto dello studio Henry è stata utilizzata una nuova tecnologia, l’identificazione a radiofrequenza (RFID) per controllare i singoli ingressi e uscite dall’alveare.

174    Lo studio Whitehorn riguardava le ricerche condotte nel Regno Unito sui bombi e il prodotto fitosanitario Gaucho, commercializzato dalla Bayer, contenente la sostanza attiva imidacloprid. Tale studio concludeva che il tasso di crescita e la produzione di nuove api regine erano significativamente ridotti nelle colonie di bombi esposte a varie dosi subletali di imidacloprid.

175    Lo studio Schneider, dal canto suo, ha rilevato effetti sul comportamento delle api esposte a dosi subletali di imidacloprid e clothianidin. È stata in particolare osservata una riduzione dell’attività di bottinaggio e della durata dei voli di bottinaggio. Tale studio ha utilizzato, come lo studio Henry, la tecnologia RFID per monitorare i movimenti delle api.

176    Le ricorrenti formulano una serie di critiche nei confronti degli studi Henry, Whitehorn e Schneider, che potrebbero, a loro avviso, rimettere in discussione le nuove conoscenze scientifiche e tecniche che la Commissione pretende di trarne.

1)      Sul carattere di novità dei risultati degli studi del marzo 2012

177    In primo luogo, la Bayer fa valere che né lo studio Henry, né lo studio Whitehorn, né lo studio Schneider contenevano nuove informazioni scientifiche pertinenti per la gestione del rischio cui sono esposte le api da miele. La novità dello studio Henry consisterebbe soprattutto nell’utilizzo della tecnologia RFID per monitorare i movimenti delle singole api.

178    A tale riguardo, la Commissione sostiene che, anche ammesso che gli studi del marzo 2012 non facciano che confermare, ad esempio con il ricorso a nuove metodologie, i risultati di studi precedenti, si tratterebbe di un nuovo stato delle conoscenze.

179    Tuttavia, la qualificazione di tali risultati confermativi di nuove conoscenze scientifiche presuppone quanto meno che le nuove metodologie siano più attendibili rispetto a quelle utilizzate in precedenza. Infatti, in tale fattispecie, sarebbe allora l’aumento del grado di certezza delle conoscenze preesistenti che dovrebbe essere qualificato come conoscenza scientifica nuova. Nell’ambito di una decisione sulla gestione del rischio in applicazione del principio di precauzione, tale informazione deve essere considerata rilevante, contrariamente alle affermazioni della Bayer.

180    È questo il caso della fattispecie. Infatti, la stessa Bayer si avvale di uno studio da essa commissionato e completato il 24 maggio 2013 (in prosieguo: lo «studio tier3») sulla questione se i risultati dello studio Henry e dello studio Schneider si discostassero dalle precedenti conoscenze in materia. Secondo Bayer, lo studio tier3 ha concluso che «[i]l ricorso alla tecnica della RFID per misurare l’attività delle api da miele in campo costitui[va] una nuova tecnica di osservazione che consent[iva] di misurare con maggiore precisione gli effetti sulle singole api operaie/bottinatrici». Pertanto, le parti concordano nel ritenere che, anche supponendo che lo studio Henry non abbia fatto altro che confermare le conoscenze scientifiche precedenti, in ogni caso, avrebbe aumentato il livello di certezza di tali conoscenze.

181    Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della Bayer secondo cui l’assenza del carattere di novità degli studi Henry e Schneider è stato confermato dallo studio tier3, occorre rilevare che, contrariamente al principio sviluppato al precedente punto 163, tale studio non esamina il carattere di novità dei risultati degli studi del marzo 2012 rispetto al livello di conoscenze esistente al momento della precedente valutazione delle sostanze in questione, ma principalmente rispetto a conoscenze derivanti da studi successivi. Risulta quindi che, tra i 35 studi presi in considerazione dallo studio tier3, 21 sono stati pubblicati o ultimati dopo le rispettive date di chiusura della valutazione dei rischi per le sostanze in questione.

182    Inoltre, lo studio tier3 segue un approccio meramente quantitativo, consistente nel confrontare i livelli di esposizione alle sostanze in questione per le quali è stata constatata nei vari studi un’influenza sul comportamento delle api. Orbene, per valutare se i risultati degli studi Henry e Schneider si discostassero dai risultati degli studi precedenti, era necessario procedere anche a un confronto qualitativo, riguardante la natura e la gravità degli effetti constatati sul comportamento. Ciò s’imponeva a maggior ragione dato che gli effetti subletali possono assumere forme molto varie (bottinaggio ridotto, effetti sull’orientamento, modifica del tasso di riproduzione ecc.).

183    Infine, come osserva correttamente la Commissione, lo studio Whitehorn non faceva parte degli studi confrontati dallo studio tier3, cosicché quest’ultimo non consente comunque di trarre conclusioni in merito al carattere di novità delle conoscenze apportate dallo studio Whitehorn, relative all’imidacloprid, rispetto alle precedenti conoscenze disponibili su tale sostanza attiva.

184    Pertanto, lo studio tier3 non è idoneo a dimostrare che gli studi del marzo 2012 e lo studio Schneider non fornivano nuove conoscenze scientifiche e tecniche, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009.

2)      Sulle dosi delle sostanze in questione utilizzate negli studi del marzo 2012

185    In secondo luogo, la Syngenta sostiene che gli studi del marzo 2012 si riferivano a livelli artificialmente elevati di neonicotinoidi.

186    A tal riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che la Commissione era consapevole, nell’ambito della sua decisione di procedere a un riesame dell’approvazione delle sostanze in questione, dell’importanza della tematica delle dosi. Per questo motivo, nell’ambito del primo mandato, la Commissione ha chiesto in particolare all’EFSA di verificare se le dosi utilizzate per gli esperimenti citati negli studi del marzo 2012 corrispondessero alle dosi cui le api erano effettivamente esposte all’interno dell’Unione, tenuto conto degli usi ammessi a livello dell’Unione e delle autorizzazioni rilasciate dagli Stati membri (v. punto 20 supra).

187    In secondo luogo, il fatto che le dosi applicate in tali studi (nonché nello studio Schneider) abbiano potuto superare i livelli di esposizione riscontrati sul campo non significa però che i risultati degli studi siano irrilevanti per la valutazione dei criteri di approvazione ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009. Così, l’EFSA ha ritenuto, nella sua dichiarazione, che, dato che i livelli di esposizione applicati negli studi del marzo 2012 e nello studio Schneider superavano ampiamente i livelli di esposizione riscontrati nella realtà, erano necessari ulteriori studi per poter trarre conclusioni definitive circa gli effetti che possono in realtà emergere sul comportamento delle api.

188    In tali condizioni, il fatto che le nuove conoscenze scientifiche e tecniche addotte dalla Commissione fossero basate su esperimenti con dosi che in parte superavano i livelli di esposizione riscontrati sul campo non inficia la loro qualificazione come studi che sollevano preoccupazioni circa la questione se fossero sempre soddisfatte le condizioni di approvazione di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009.

3)      Sulla pretesa rimessa in discussione degli studi del marzo 2012 da parte di terzi

189    In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che la mancanza di pertinenza degli studi del marzo 2012 sia stata confermata dalla dichiarazione dell’EFSA nonché da alcuni Stati membri e dall’agence nationale de sécurité sanitaire de l’alimentation, de l’environnement et du travail (Agenzia nazionale per la sicurezza sanitaria dell’alimentazione, dell’ambiente e del lavoro, Anses, Francia).

190    A tal riguardo, in primo luogo, occorre constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la dichiarazione dell’EFSA non respinge affatto gli studi del marzo 2012 ritenendoli «fondamentalmente errati» o come non contenenti alcuna informazione scientificamente pertinente. Gli estratti di tale dichiarazione citati dalle ricorrenti indicano soltanto la conclusione, già citata sopra, secondo la quale, dato che i livelli di esposizione applicati negli studi del marzo 2012 e nello studio Schneider superavano ampiamente i livelli di esposizione in realtà riscontrati, erano necessari ulteriori studi per poter trarre conclusioni definitive.

191    In secondo luogo, le prese di posizione da parte di diversi Stati membri, dedotte dalla Syngenta, non possono, in linea di principio, rimettere in discussione la natura di «nuove conoscenze scientifiche» dei risultati degli studi del marzo 2012 e dello studio Schneider. Infatti, la fondatezza delle valutazioni effettuate dalla Commissione in applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009 non può dipendere dalla questione se esse siano condivise da (tutti) gli Stati membri. Inoltre, il contenuto di alcune di tali prese di posizione non giustifica di trarre da esse le conclusioni suggerite dalla Syngenta.

192    In tal senso, per quanto riguarda la lettera del ministero dell’Economia, dell’Agricoltura e dell’Innovazione dei Paesi Bassi, si deve rilevare che, secondo il resoconto che se ne fa nell’atto introduttivo della causa T‑451/13, «i Paesi Bassi hanno ritenuto che le misure regolamentari adottate unicamente sulla base di tali studi non erano giustificate». Orbene, da un lato, tale opinione delle autorità dei Paesi Bassi non si esprime sul carattere di novità dei risultati degli studi in questione e, dall’altro, essa richiama la decisione delle autorità francesi del 29 giugno 2012 di revocare l’autorizzazione di un prodotto fitosanitario a base di tiametoxam. Orbene, nella fattispecie, la Commissione non ha adottato l’atto impugnato sul solo fondamento degli studi del marzo 2012 e dello studio Schneider, ma a seguito di una valutazione del rischio effettuata dall’EFSA.

193    Lo stesso vale per quanto riguarda l’opinione espressa da uno Stato membro, durante la sessione del Copcasa del 12 e 13 luglio 2012, secondo cui la revoca, da parte della Francia, dell’autorizzazione di un prodotto contenente tiametoxam era sproporzionata.

194    Per quanto riguarda il parere dell’Anses del 31 maggio 2012, invocato dalla Syngenta, esso verte sulla questione se la dose somministrata nello studio Henry corrisponda a situazioni rappresentative dell’esposizione delle api in ambiente naturale e se lo studio sia in grado di rimettere in discussione le conclusioni delle precedenti valutazioni dei rischi condotte sulla sostanza attiva tiametoxam. A tale riguardo, occorre rilevare, in primo luogo, che la constatazione riferita dalla Syngenta, secondo cui i risultati dello studio Henry «non si ritiene che rimettano in discussione le conclusioni della valutazione dei rischi svolta nel quadro della pratica della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del preparato Cruiser OSR secondo i criteri regolamentari attuali, ma mettono in evidenza alcuni limiti delle metodologie attuate per quanto riguarda la loro sensibilità», può rivelare la necessità di una (ri)valutazione dei rischi connessi alle sostanze in questione (nella fattispecie, il tiametoxam) e tende quindi a sostenere la posizione della Commissione piuttosto che quella delle ricorrenti.

195    Occorre inoltre rilevare che, nelle sue «raccomandazioni» contenute alla fine del parere in oggetto, l’Anses suggeriva, in particolare, «[d]i avviare una nuova valutazione a livello europeo delle sostanze attive neonicotinoidi (tiametoxam, clothianidin,...) sulla base dei nuovi dati scientifici derivanti dagli studi recenti, come propone anche l’EFSA». Risulta dunque che il parere dell’Anses, pur riservandosi sulla portata dei risultati dello studio Henry, proponeva di trarre le medesime conseguenze proposte dall’EFSA, ossia procedere a un nuovo esame delle sostanze attive oggetto di causa.

196    Per quanto riguarda, infine, le ricerche svolte dal governo del Regno Unito, si tratta di un rapporto di valutazione del marzo 2013, predisposto dal Ministero dell’Ambiente, dell’Alimentazione e degli Affari rurali del Regno Unito, che confronta gli studi del marzo 2012, nonché un altro studio che ha accertato degli effetti sul comportamento dei bombi a seguito dell’esposizione a dosi subletali di imidacloprid, con studi che non hanno rilevato effetti di tal genere. Tale rapporto rileva che questa differenza potrebbe essere spiegata con il fatto che nel primo gruppo di studi, che erano studi di laboratorio, erano state impiegate dosi delle sostanze in questione superiori a quelle riscontrate dagli impollinatori sul campo. Orbene, il fatto che i livelli di esposizione applicati negli studi del marzo 2012 superassero, per la maggior parte, i livelli di esposizione riscontrati sul campo, era già stato constatato nella dichiarazione dell’EFSA, che aveva tuttavia evidenziato la necessità di procedere a ulteriori ricerche (v. punto 190 supra). Il rapporto di valutazione invocato dalla Syngenta non inficia dunque i fatti quali sono stati presi in considerazione dall’EFSA e dalla Commissione, ma si limita a trarne conclusioni diverse. Alla luce dell’ampio potere discrezionale che deve essere riconosciuto alla Commissione nel contesto delle decisioni di gestione del rischio ai sensi del regolamento n. 1107/2009 (v. punto 143 supra), tale fatto non può costituire un indice di mancanza di pertinenza degli studi del marzo 2012.

4)      Conclusione intermedia

197    In conclusione, il Tribunale ritiene che legittimamente e senza incorrere in alcun errore di diritto né in alcun errore manifesto di valutazione la Commissione abbia potuto ritenere che i risultati degli studi del marzo 2012 nonché dello studio Schneider sollevavano, rispetto alle conoscenze preesistenti, preoccupazioni circa la questione se fossero sempre soddisfatte le condizioni di approvazione di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009.

198    Infatti, gli accertamenti operati nei tre studi, riassunti ai punti da 173 a 175 supra, costituivano di per sé un risultato preoccupante circa la questione se fossero sempre soddisfatte le condizioni di approvazione di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009. In particolare, ciò riguarda la condizione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, lettera e), del citato regolamento, relativa agli effetti inaccettabili sull’ambiente e, più precisamente, agli effetti sulle specie non bersaglio.

5)      Sul ruolo dei dati di monitoraggio

199    Le parti non concordano riguardo alla questione di quale sia il ruolo da attribuire ai dati di monitoraggio nel quadro della decisione, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009, di avviare una procedura di riesame dell’approvazione di una sostanza attiva, nonché nell’ambito della valutazione dei rischi e della decisione che deve prendere la Commissione ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 3, del medesimo regolamento.

200    Le ricorrenti deducono, in sostanza, che la Commissione nonché, se del caso, l’EFSA sono tenute a prendere in considerazione i dati di monitoraggio disponibili, così come le «nuove conoscenze scientifiche e tecniche» di cui all’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009. A loro avviso, i dati di monitoraggio hanno anche un valore e un’importanza particolari, dato che essi sono raccolti in condizioni reali di applicazione dei prodotti fitosanitari che contengono le sostanze in questione, e non in condizioni create artificialmente. Esse sottolineano che, a seguito di vari programmi di sorveglianza attuati in diversi Stati dell’Unione, è disponibile una grande quantità di dati di monitoraggio di elevata qualità e che la totalità di tali dati dimostra che, in condizioni reali di applicazione dei prodotti fitosanitari che contengono le sostanze in questione, non sussiste alcun rischio per le api a livello di colonia.

i)      Sulla nozione di dati di monitoraggio

201    Occorre rilevare, innanzitutto, che la nozione di «dati di monitoraggio» non è definita nel regolamento n. 1107/2009.

202    Risulta tuttavia dalle risposte delle parti a un quesito scritto posto dal Tribunale che i dati di monitoraggio sono dei dati raccolti a seguito dell’applicazione reale sul campo dei prodotti fitosanitari contenenti una sostanza approvata a norma del regolamento n. 1107/2009. In alcuni casi, tali dati sono raccolti nel quadro di programmi di sorveglianza, svolti su un periodo calcolato in anni e che non comportano, in linea di principio, un gruppo di controllo non esposto alle sostanze in questione, nei quali l’applicazione non simulata di pesticidi è osservata e studiata. Dato che si tratta di studi non interventistici, i parametri dell’esposizione delle api ai pesticidi non sono né definiti né monitorati. Inoltre, nonostante alcuni sforzi di standardizzazione sviluppati nell’ambito di taluni programmi di sorveglianza, non esiste una metodologia uniforme per gli studi di sorveglianza, in grado di assicurare una qualità omogenea dei dati generati, la cui qualità dipende, quindi, dal rispetto dei principi e delle buone prassi scientifiche. A maggior ragione, la qualità e l’omogeneità dei dati di monitoraggio raccolti al di fuori di un programma di sorveglianza non sono garantite.

203    Risulta altresì dalle risposte delle parti ai quesiti scritti posti dal Tribunale che gli studi di sorveglianza devono essere distinti dagli studi sul campo, anche indicati come «studi di livello 3». Infatti, questi ultimi sono di natura sperimentale, con parametri chiaramente definiti e che comportano un gruppo di controllo costituito da colonie non esposte, svolti su un periodo di settimane o mesi, nei quali le condizioni reali di esposizione delle colonie ai pesticidi sono simulate, per quanto possibile.

ii)    Sul valore da attribuire ai dati di monitoraggio

204    La Commissione sottolinea che, data l’assenza di una popolazione di controllo e di parametri scientifici chiaramente definiti che differenzino la situazione oggetto di osservazione da una popolazione di controllo, gli studi di sorveglianza non permettono di formulare conclusioni affidabili su un nesso di causalità. Essa ne trae la conclusione che gli studi di sorveglianza possono rivelare l’esistenza di un rischio, ma che, a differenza degli studi sul campo, non possono servire a dimostrare l’assenza di un rischio.

205    All’udienza, le ricorrenti si sono opposte a tale affermazione.

206    La Bayer ha affermato, a tal riguardo, che gli studi di sorveglianza consentono di stabilire una correlazione tra diversi fattori – nella fattispecie, tra l’esposizione delle api a colture trattate con pesticidi contenenti le sostanze in questione, da un lato, e un eventuale aumento della mortalità delle api o una diminuzione o scomparsa di colonie, dall’altro. A suo parere, sebbene l’esistenza di una correlazione fra tali due fatti non consenta, di per sé, di concludere per l’esistenza di un nesso di causalità, l’assenza di correlazione consente di concludere nel senso della mancanza di nesso di causalità. Orbene, dato che, nella fattispecie, non esisterebbero dati di monitoraggio che indicano una correlazione tra l’applicazione di pesticidi contenenti le sostanze in questione e un aumento della mortalità delle api o una scomparsa di colonie, sarebbe possibile concludere per l’assenza di rischi causati da tali pesticidi.

207    La Syngenta, da parte sua, ha sostenuto che la raccolta di dati di monitoraggio è parte integrante del processo di monitoraggio dell’approvazione delle sostanze attive, a cui la normativa fa più volte riferimento. Considerato che gli studi di sorveglianza sarebbero gli studi sul campo più realistici immaginabili, Syngenta ritiene che i dati di monitoraggio da essi generati non possano essere trascurati.

208    A tal riguardo, innanzitutto, è necessario respingere il tentativo della Syngenta di assimilare gli studi di sorveglianza agli studi sul campo o studi di livello 3. Come esposto ai punti 202 e 203 supra, gli studi sul campo sono studi scientifici sperimentali, con parametri chiari e che comportano un gruppo di controllo, mentre gli studi di sorveglianza sono studi di osservazione (non interventistici) in cui i parametri non sono definiti. Di conseguenza, la qualità dei dati generati da questi due tipi di studi è diversa, in particolare per quanto riguarda la loro idoneità a fondare le conclusioni relative alle relazioni tra cause ed effetti di un fenomeno osservato o relative alla mancanza di causalità, in assenza di fenomeni osservati.

209    Pertanto, occorre osservare che, contrariamente a quanto ha lasciato intendere la Bayer, gli studi di sorveglianza consentono unicamente di dimostrare una coincidenza tra due fatti osservati e non una correlazione, termine che presuppone che sia dimostrato un nesso tra i due fatti. Orbene, a causa dell’assenza di parametri definiti e controllati negli studi di sorveglianza, non è per l’appunto possibile dimostrare un tale collegamento tra due fatti osservati in uno studio siffatto. Infatti, poiché una moltitudine di fattori non definiti e non verificabili, suscettibili di influenzare i fatti constatati, sono presenti sul campo (esposizione, altitudine, condizioni meteorologiche, ambiente degli alveari, colture attigue ecc.), due fatti osservati in modo coincidente non possono essere collegati con certezza uno all’altro, nel senso di una correlazione.

210    Ne consegue che i dati di monitoraggio, che siano stati raccolti nel quadro di un programma di sorveglianza o al di fuori di esso, non possono essere assimilati a dati ottenuti da studi sul campo per quanto riguarda la loro idoneità a servire da fondamento per conclusioni scientifiche sull’esistenza o sulla mancanza di relazioni di causa ed effetto.

211    Ciò non rende, tuttavia, inutili o non rilevanti i dati di monitoraggio. Infatti, essi possono fornire informazioni sull’esistenza o sulla mancanza di coincidenza fra l’applicazione di prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione, da un lato, e fenomeni di elevata mortalità delle api o di scomparsa di colonie, dall’altro. Tali informazioni possono poi servire, per i gestori del rischio in questione, quali indizi dell’esistenza o dell’inesistenza di rischi – senza tuttavia dimostrarli con certezza. È in questo senso che occorre intendere il riferimento ai dati di monitoraggio in alcune disposizioni del regolamento n. 1107/2009, correttamente rilevato dalla Syngenta.

212    La Commissione fa, quindi, giustamente valere che, se gli studi di sorveglianza possono rivelare indizi dell’esistenza di un rischio, essi non possono, a differenza degli studi sul campo, servire a dimostrare l’assenza di un rischio.

iii) Sul ruolo dei dati di monitoraggio nell’ambito della decisione di avviare un riesame, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009

213    Risulta dall’articolo 21, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 1107/2009 (v. punto 9 supra) che, anche se la Commissione deve «tener conto» della richiesta di uno Stato membro di riesaminare l’approvazione di una sostanza attiva, essa resta libera nella sua valutazione della questione se tale riesame debba essere effettuato, tenuto conto delle nuove conoscenze scientifiche disponibili. Ciò costituisce inoltre una tutela in favore dei fabbricanti di sostanze attive approvate contro domande di riesame infondate, se non addirittura abusive, che potrebbero essere presentate dagli Stati membri.

214    Orbene, contrariamente alle affermazioni della Bayer, i dati di monitoraggio sono menzionati nel detto comma, seconda frase, unicamente per descrivere le condizioni alle quali gli Stati membri possono chiedere il riesame di un’approvazione, e non quelle relative alla decisione della Commissione di avviare una procedura di riesame. Queste ultime sono infatti fissate all’articolo 21, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 1107/2009, che prevede soltanto la presa in considerazione delle «nuove conoscenze scientifiche e tecniche». Se così non fosse, il secondo comma sarebbe un duplicato, in quanto prevedrebbe la presa in considerazione, da parte della Commissione, di nuove conoscenze scientifiche e tecniche già menzionate al primo comma, seconda frase.

215    Va ricordato, a tale proposito, che la rivalutazione dell’approvazione di una sostanza attiva ha proprio lo scopo di verificare, in maniera approfondita, le nuove conoscenze scientifiche e di esaminare se esse possono giustificare la conclusione che i criteri di approvazione definiti all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009 non sono o non sono più (interamente) soddisfatti (v. punto 160 supra).

216    Ne deriva che, nell’ipotesi in cui, in maniera concordante, non attestino un aumento della mortalità delle api o la scomparsa di colonie coincidente con l’uso di prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione, i dati di monitoraggio invocati dalle ricorrenti sarebbero comunque idonei ad instillare un dubbio sulle preoccupazioni suscitate dai risultati degli studi Henry, Whitehorn e Schneider, riassunti ai punti 197 e 198 supra. Invece, essi non potevano dimostrare che tali preoccupazioni fossero infondate.

217    La Commissione, quindi, ha potuto legittimamente ritenere, nella fattispecie, che era necessario procedere a un riesame dell’approvazione delle sostanze in questione.

218    Di conseguenza, occorre respingere i motivi vertenti sull’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009.

4.      Sulle censure vertenti sull’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009

219    Le ricorrenti deducono varie serie di censure che si ricollegano all’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009 da parte della Commissione e dell’EFSA, vale a dire, in primo luogo, una mancanza di concordanza tra i motivi di apertura della procedura e quelli sottostanti l’atto impugnato; in secondo luogo, il fatto che la Commissione e l’EFSA avrebbero applicato metodi e criteri diversi da quelli applicabili al momento della richiesta di approvazione delle sostanze in questione e, in terzo luogo, errori manifesti nell’applicazione del principio di precauzione o un’errata applicazione di tale principio.

a)      Sulla censura relativa al difetto di concordanza tra i motivi di apertura della procedura di riesame e i motivi dell’atto impugnato

220    La Bayer contesta alla Commissione, in fase di replica, di essersi servita del carattere asseritamente nuovo degli studi del marzo 2012 come pretesto per poter avviare una procedura di rivalutazione delle sostanze in questione, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009. Solo al momento della lettura del controricorso nella causa T‑429/13 essa avrebbe appreso che l’atto impugnato riguardava i gravi rischi di effetti letali individuati dall’EFSA e che, pertanto, gli effetti subletali e gli elementi scientifici asseritamente nuovi oggetto degli studi del marzo 2012 erano irrilevanti per la Commissione.

221    La Commissione non ha specificamente risposto a tale censura.

222    Occorre constatare che la presente censura presuppone che sussista un obbligo di concordanza o, quanto meno, di equivalenza tra i motivi che giustificano l’avvio della procedura di riesame, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009, da un lato, e i motivi alla base di una modifica dell’approvazione, in applicazione dell’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009, dall’altro. Orbene, un siffatto obbligo non sussiste per i seguenti motivi.

223    Come è stato esposto al punto 160 supra, la procedura di riesame deve consentire alla Commissione, nell’ipotesi dell’insorgenza di nuove conoscenze scientifiche che inducono a ritenere che la sostanza in questione potrebbe non soddisfare più i criteri di approvazione di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009, di accertare se ciò si verifica effettivamente. L’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009 non comporta alcuna restrizione quanto ai motivi che consentono di accertare che le condizioni di approvazione non sono più soddisfatte e, in particolare, non prevede che il riesame dovrebbe riguardare soltanto le «nuove conoscenze scientifiche e tecniche» che ne hanno determinato l’apertura.

224    Inoltre, tale restrizione sarebbe contraria al principio di buona amministrazione e all’obiettivo di tutela perseguito dal regolamento n. 1107/2009 (v. punti da 105 a 107 supra). Infatti, supponendo che, nel corso del riesame, risulti che una condizione non è soddisfatta, alla luce di informazioni scientifiche e tecniche diverse da quelle che hanno motivato l’avvio della procedura di riesame, l’approvazione non potrebbe quindi essere modificata per tale motivo, anche in presenza di un rischio significativo. Tuttavia, tali informazioni costituirebbero sicuramente a loro volta «nuove conoscenze scientifiche e tecniche», ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009, che giustificherebbero l’avvio di un nuovo procedimento di riesame, diverso dal primo. È evidente che un siffatto modo di procedere, non imposto dai testi, costituirebbe un formalismo inutile e metterebbe in discussione il principio di buona amministrazione e l’obiettivo di tutela perseguito dal regolamento n. 1107/2009.

225    Pertanto, la censura attinente alla mancata concordanza tra i motivi di apertura della procedura di riesame e i motivi dell’atto impugnato deve essere respinta, senza che sia necessario esaminare se tale censura, dedotta per la prima volta nella replica, sia tardiva, né verificare se, nel caso di specie, esista un vero difetto di concordanza tra i rispettivi motivi summenzionati.

b)      Sulle censure relative all’applicazione di metodi e di criteri di valutazione diversi da quelli applicabili al momento della presentazione della domanda di approvazione

226    Le ricorrenti sollevano varie censure relative ai metodi e ai criteri di valutazione applicati dall’EFSA nel riesame dei rischi sulle sostanze in questione. In particolare, esse contestano il fatto che i metodi di valutazione non sono stati gli stessi applicati al momento dell’approvazione iniziale di tali sostanze.

227    Al riguardo esse sostengono che era per loro impossibile, dato il calendario imposto dalla Commissione e l’assenza di un documento d’orientamento debitamente completato, raccogliere gli elementi richiesti dai nuovi criteri e metodi applicati al momento del riesame, poiché ciò avrebbe richiesto di effettuare ulteriori studi sul campo. Esse ritengono che, pertanto, fossero inevitabili alcune lacune nei dati e che, di conseguenza, esse non avevano alcuna reale possibilità di evitare l’adozione dell’atto impugnato, indipendentemente dal livello di rischio reale rappresentato dalle sostanze in questione.

228    Le ricorrenti sostengono, in particolare, che l’articolo 12, paragrafo 2, e l’allegato II, punto 3.8.3, del regolamento n. 1107/2009 nonché il principio della tutela del legittimo affidamento, imponessero all’EFSA e alla Commissione di basare la valutazione del rischio su un documento d’orientamento disponibile al momento della domanda di approvazione di una sostanza attiva, adottato a livello dell’Unione o a livello internazionale. Come risulterebbe dall’allegato II, punto 1.3, per essere prese in considerazione, nuove raccomandazioni dovrebbero essere adottate nell’ambito del Copcasa. A tal riguardo, in materia di procedura e di criteri applicabili, non sussisterebbe alcuna differenza tra le approvazioni iniziali, i rinnovi e i riesami.

229    Secondo la Bayer, l’unico documento che soddisfaceva tali criteri alla data di valutazione dei rischi dell’EFSA erano gli orientamenti dell’OEPP (v. punto 17 supra). Orbene, le ricorrenti sostengono che, a richiesta della Commissione, l’EFSA si è basata, nella sua valutazione dei rischi, sul proprio parere del maggio 2012 (v. punto 22 supra), che costituiva solo un documento preliminare per l’elaborazione di un vero documento d’orientamento e, in misura minore, sul suo progetto di orientamenti sulla valutazione dei rischi per le api correlati ai prodotti fitosanitari, che è stato completato solo il 4 luglio 2013 e, pertanto, successivamente all’adozione dell’atto impugnato. Tutto ciò avrebbe totalmente modificato il risultato dell’esame dell’EFSA nonché le conclusioni della Commissione relative alla gestione del rischio.

230    Secondo la Syngenta, qualora dovesse ritenersi che, nell’ambito dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009, i metodi possono essere modificati e applicati a delle sostanze attive dopo la loro approvazione, dovrebbero essere soddisfatte tre condizioni: dovrebbero essere disponibili nuove conoscenze scientifiche, il nuovo metodo dovrebbe essere completo e i richiedenti l’approvazione dovrebbero avere la possibilità di produrre i dati scientifici necessari per soddisfare i requisiti del nuovo metodo. Tuttavia, a suo parere nessuna di tali condizioni sembra essere soddisfatta nel caso di specie.

231    La Commissione confuta gli argomenti delle ricorrenti.

1)      Sulla questione dei documenti sui quali l’EFSA ha fondato la valutazione dei rischi

232    In via preliminare, occorre chiarire alcune nozioni, in particolare per quanto riguarda la designazione di taluni documenti che possono essere presi in considerazione dall’EFSA nella valutazione dei rischi di una sostanza attiva.

i)      Sul parere dell’EFSA

233    Occorre ricordare che il parere dell’EFSA riguardava un riesame degli orientamenti dell’OEPP, che fino ad allora avevano rappresentato il sistema di riferimento per la valutazione del rischio dei prodotti fitosanitari per le api, sulla base della valutazione del rischio cronico, dell’esposizione a basse dosi, dell’esposizione al liquido di guttazione e della valutazione dei rischi cumulativi (v. punto 17 supra). Sotto il titolo «Abstract» del parere dell’EFSA, l’obiettivo perseguito e i lavori intrapresi a tal fine dall’EFSA sono presentati come segue:

«È stato chiesto al [comitato dell’EFSA per i prodotti fitosanitari e i loro residui] di emettere un parere scientifico sull’approccio scientifico alla base della valutazione dei rischi dei prodotti fitosanitari sulle api (Apis mellifera, Bombus spp. e api solitarie). Sono stati suggeriti degli obiettivi specifici di protezione, sulla base di un approccio basato sui servizi resi dagli ecosistemi. Le diverse vie di esposizione sono state esaminate in modo approfondito per diverse categorie di api. Sono stati valutati gli orientamenti per i test e sono stati elencati suggerimenti per il miglioramento e le necessità future di ricerca. È stato suggerito uno strumento semplice per la valutazione degli effetti cumulativi di singoli pesticidi grazie ai dati sulla mortalità. Sono discussi gli effetti di un’esposizione ripetuta e simultanea e il sinergismo. Sono state sviluppate proposte per modelli separati di valutazione dei rischi, uno per le api da miele e uno per i bombi e le api solitarie».

234    Risulta, inoltre, del parere dell’EFSA, sotto il titolo «Summary», che i suoi autori hanno effettuato tali lavori sulla base di un utilizzo davvero completo degli studi disponibili, dato che l’elenco dei riferimenti allegati è di 23 pagine. Gli autori non hanno invece effettuato test scientifici autonomamente. Pertanto, sebbene il parere dell’EFSA non contenga nuove conoscenze scientifiche, esso è idoneo, in linea di principio, a fungere da riferimento per determinare lo stato delle conoscenze scientifiche al momento del suo completamento, quanto meno per quanto riguarda gli studi pubblicati.

235    Infatti, il parere dell’EFSA è un documento detto «di alto livello» sulla valutazione dei rischi dei prodotti fitosanitari sulle api, che raccomanda obiettivi di tutela riguardo al tipo, all’entità e alla durata degli effetti tollerabili, a vari livelli dell’ecosistema, per le singole api e per le colonie, e ne deduce dei suggerimenti in merito ai fattori da prendere in considerazione nella valutazione dei rischi. Inoltre, il parere dell’EFSA analizza in dettaglio le diverse vie di esposizione per le varie categorie di api, valuta gli orientamenti esistenti sui test e suggerisce proposte per il loro miglioramento e per ulteriori ricerche.

236    Le parti concordano nel ritenere che, in quanto documento di alto livello, il parere dell’EFSA presenta una natura preparatoria sotto due aspetti.

237    In primo luogo, per quanto riguarda gli obiettivi di protezione, il parere dell’EFSA si limita a fare proposte, mentre la fissazione definitiva di tali obiettivi spetta poi alla Commissione in quanto responsabile della gestione dei rischi. Il parere dell’EFSA stesso indica a tal proposito, nel suo capitolo 8, intitolato «Recommendations and conclusions»:

«Per lo sviluppo di procedure di valutazione dei rischi solide ed efficaci è essenziale sapere quale sia l’oggetto della tutela, il luogo in cui essa deve avere luogo e su che arco di tempo (…)

La decisione finale sugli obiettivi di tutela deve essere presa dai responsabili della gestione dei rischi. La protezione delle piante entra in conflitto con la protezione delle api. Gli effetti sugli impollinatori devono essere messi a confronto con la crescita delle rese dovuta a una migliore protezione delle colture contro i parassiti. Il livello di protezione globale include anche gli obiettivi della valutazione dell’esposizione. Devono prendersi decisioni quanto al grado di conservatività della stima dell’esposizione e sulla percentuale di situazioni di esposizione che devono essere contemplate nella valutazione dei rischi».

238    In secondo luogo, per quanto riguarda la metodologia, il parere dell’EFSA individua alcune carenze nei documenti d’orientamento sui test utilizzati fino a quel momento, per quanto riguarda sia gli studi di laboratorio che studi sul campo, e rileva la mancanza di orientamenti riguardanti gli studi sugli effetti sui bombi e le api solitarie. Di conseguenza, raccomanda di sviluppare gli orientamenti esistenti al fine di integrarvi lo stato attuale delle conoscenze scientifiche su alcuni punti, o addirittura di elaborare nuovi orientamenti. In particolare, si indica quanto segue:

«Si raccomanda di integrare i documenti d’orientamento esistenti per quanto riguarda lo stato attuale delle conoscenze scientifiche su un certo numero di questioni (…)

[S]ono necessarie attività integrative al fine di sviluppare documenti d’orientamento, in particolare per quanto riguarda la dimensione minima della superficie dei campi, il numero di colonie o delle femmine incubatrici per trattamento, la metodologia per l’esame delle api morte e del bottinaggio, nonché l’omologazione di un approccio adeguato per determinare lo sviluppo delle colonie (per i bombi) (…)

Si propone di applicare dei modelli di valutazione dei rischi distinti per le api da miele, da un lato, e i bombi e le api solitarie, dall’altro (…)

È necessario migliorare i protocolli di esame riguardanti i bombi e le api solitarie, in particolare al fine di affrontare meglio il rischio cronico e l’identificazione e la quantificazione degli effetti subletali».

239    Ne consegue che il parere dell’EFSA fornisce una base scientifica che può servire da base per lo sviluppo di documenti d’orientamento e di linee guida per l’esecuzione di test da effettuare, ma non costituisce di per sé un documento di questo genere.

240    Ciò non significa, tuttavia, che l’EFSA non poteva fondarsi sul suo parere nell’ambito della valutazione dei rischi. Infatti, come documento che analizza in dettaglio le diverse vie di esposizione delle varie categorie di api e che valuta le linee guida esistenti per i test, il parere dell’EFSA poteva servire a evidenziare i settori in cui le valutazioni effettuate fino allora presentavano lacune che potevano celare rischi non ancora valutati e di cui non si era tenuto conto nelle precedenti decisioni di gestione del rischio relative alle sostanze in questione.

ii)    Sui documenti d’orientamento

241    Risulta, in sostanza, dalle risposte delle parti ai quesiti scritti del Tribunale che un documento d’orientamento contiene gli obiettivi di protezione fissati dal gestore del rischio, nonché i criteri sostanziali di valutazione (modelli di valutazione e valori numerici effettivi il cui superamento comporta il rifiuto dell’approvazione ecc.) necessari per la valutazione di tali obiettivi di protezione.

242    Su richiesta della Commissione, l’EFSA ha elaborato, sulla base del suo parere, un progetto di documento d’orientamento. Una versione preliminare di queste «linee guida dell’EFSA sulla valutazione del rischio per le api e le api solitarie derivante dai prodotti fitosanitari» è stata pubblicata per consultazione pubblica il 20 settembre 2012. Il documento modificato è stato pubblicato il 4 luglio 2013 (in prosieguo: le «linee guida del 2013»).

243    Tuttavia, per garantire che queste linee guida siano formalmente applicabili, il progetto di linee guida del 2013 doveva ancora essere approvato dagli Stati membri in sede di Copcasa. In base alle informazioni fornite dalle parti, risulta che il progetto di linee guida del 2013 è stato oggetto di una prima riunione con gli Stati membri nel dicembre 2013 e che, in tale occasione, la loro entrata in vigore era prevista per il 1o gennaio 2015. Orbene, a causa dei continui disaccordi tra la Commissione e taluni Stati membri su punti essenziali del progetto, quest’ultimo non era stato ancora approvato formalmente alla data delle udienze nelle presenti cause, il 15 e 16 febbraio 2017.

244    La Commissione ha inoltre affermato che, tenuto conto di tale natura provvisoria, essa non si era basata per il momento su tale documento per prendere le proprie decisioni in materia di gestione del rischio.

iii) Sull’affermazione secondo cui l’EFSA si sarebbe basata sul progetto di documento d’orientamento

245    Bayer non ha suffragato la sua affermazione secondo la quale l’EFSA, nel contesto della valutazione del rischio, si è basata sul progetto di linee guida del 2013. Per contro, la Syngenta ha rinviato alle note nn. da 14 a 17 a piè di pagina delle conclusioni dell’EFSA sul tiametoxam, che si riferiscono al progetto di linee guida del 2013.

246    Secondo la Commissione, tali citazioni non sono state effettuate «allo scopo di fare riferimento alla metodologia, ma piuttosto ai dati di partenza senza i quali la valutazione dei rischi non sarebbe stata realizzata». In particolare, da un lato, le note nn. 14 e 15 a piè di pagina farebbero riferimento ad alcuni obiettivi di protezione contenuti nel progetto di linee guida del 2013. Dall’altro lato, le note nn. 16 e 17 a piè di pagina farebbero riferimento a dati relativi ai residui nel nettare e nel polline, dati già contenuti nel parere dell’EFSA e nella dichiarazione dell’EFSA e che sarebbero stati poi ripresi nel progetto di linee guida del 2013.

247    In primo luogo, va rilevato che il secondo mandato, con il quale la Commissione ha chiesto all’EFSA di aggiornare le valutazioni dei rischi relativi alle sostanze in questione (v. punto 21 supra) indica espressamente taluni elementi di cui l’EFSA doveva tenere conto a tal proposito. Tra detti elementi rientra il parere dell’EFSA, ma non il progetto di linee guida del 2013.

248    In secondo luogo, emerge dalle stesse affermazioni della Syngenta, suffragate da elementi del fascicolo, che non solo la Commissione non ha chiesto all’EFSA di utilizzare il progetto di linee guida del 2013, ma che, inoltre, era stato raggiunto un accordo tra tali due enti secondo il quale il suddetto progetto non sarebbe stato preso in considerazione nel processo di riesame delle sostanze in questione. Infatti, in un messaggio di posta elettronica del 29 ottobre 2012, inviato alla Syngenta e proveniente dall’ex capo dell’unità «Pesticidi» dell’EFSA, quest’ultimo affermava che «la Commissione era a conoscenza del fatto che le linee guida [del 2013] non sarebbero state pronte in tempo utile per poter essere prese in considerazione nell’ambito delle conclusioni [dell’EFSA] che d[ovevano] essere completate entro la fine dell’anno [2012]» e che per tale motivo essa aveva chiesto all’EFSA di tenere conto del parere dell’EFSA.

249    Tale affermazione è corroborata da altri elementi e, in particolare, la testimonianza del medesimo capo unità, resa il 6 febbraio 2013 dinanzi a una commissione parlamentare del Regno Unito e fatta valere dalle ricorrenti, nella quale egli sottolineava, in particolare, quanto segue:

«[La Commissione] ci ha chiesto di utilizzare un parere scientifico che era soltanto preparatorio di un documento d’orientamento (…) Al momento della nostra valutazione, non disponevamo di un documento d’orientamento, ma del parere scientifico, che non è un documento d’orientamento. Il documento d’orientamento deve fissare i criteri. Ad oggi, i criteri non sono stati fissati (…) e devono essere fissati in accordo con i gestori del rischio, poiché la domanda “cosa è sicuro?” non è una domanda meramente scientifica (…) Ciò non è stato fatto, cosa che spiega ciò che noi abbiamo scritto più volte nelle nostre conclusioni: “Assenza di criteri. Non siamo in grado di completare la valutazione dei rischi con certezza. Il livello di incertezza è elevato”».

250    Tali indicazioni consentono di concludere che l’EFSA non ha effettivamente utilizzato il progetto di linee guida del 2013, poiché quest’ultimo conteneva, secondo le stesse indicazioni delle ricorrenti, delle proposte di criteri di valutazione. Pertanto, se l’EFSA avesse utilizzato il suddetto progetto, il problema della mancanza di criteri non si sarebbe posto.

251    Analogamente, il resoconto della riunione del Copcasa del 12 e 13 luglio 2012 indica che il progetto di linee guida del 2013 è stato elaborato dall’EFSA in parallelo alla valutazione dei rischi delle sostanze in questione e che tali lavori non possono pertanto essere presi in considerazione nell’ambito della rivalutazione.

252    In terzo luogo, per quanto riguarda le note da 14 a 17 a piè di pagina delle conclusioni dell’EFSA sul tiametoxam, invocate dalla Syngenta, occorre distinguere tra l’applicazione in senso stretto del progetto di linee guida del 2013, nel senso che l’EFSA si sarebbe ritenuta vincolata dalle proposte ivi contenute, senza che queste ultime siano state convalidate dal Copcasa, da una parte, e la semplice indicazione di tale documento a titolo informativo o esplicativo, ad esempio quando si fa riferimento a dati preesistenti e semplicemente ripresi o raccolti nel progetto di linee guida del 2013. Mentre la prima ipotesi era inammissibile al momento della valutazione dei rischi effettuata dall’EFSA, in assenza del completamento nella debita forma delle linee guida del 2013, la seconda ipotesi non può essere considerata un’irregolarità.

253    Poiché le note a piè di pagina richiamate dalla Syngenta consistono in un mero riferimento al progetto di linee guida del 2013, la questione di quale fra le alternative menzionate al precedente punto 252 è applicabile ai riferimenti ivi contenuti dipende dal contenuto delle frasi nelle quali si trovano dette note. Occorre inoltre osservare, a questo proposito, che le conclusioni dell’EFSA sul tiametoxam contengono, alle pagine 21 e 22, il riferimento «16», ma che esiste soltanto un’unica nota n. 16 a piè di pagina, precisamente a pagina 21 delle predette conclusioni.

254    A tal riguardo, in primo luogo, dalla frase contenente il riferimento alla nota n. 15 a piè di pagina si evince che gli esperti hanno voluto esporre alcuni dati nel formato previsto dal progetto di linee guida del 2013, al fine di facilitare i raffronti, una volta che le linee guida del 2013 sarebbero state ultimate. Ciò non può essere considerato un’«applicazione» del progetto di linee guida del 2013.

255    In secondo luogo, la frase contenente il rinvio alla nota n. 17 a piè di pagina fa riferimento a dati che sono «riportati» nell’allegato I del progetto di linee guida del 2013. Come emerge dalla lettura delle frasi precedenti, tali dati provengono da vari studi e sono stati semplicemente raccolti nell’allegato I del progetto di linee guida del 2013. Pertanto, il riferimento a tale allegato non può essere considerato un’«applicazione» del progetto di linee guida del 2013.

256    In terzo luogo, dalla frase che precede quella contenente il secondo riferimento alla nota n. 16 a piè di pagina emerge che la banca dati ivi menzionata era già stata oggetto di pubblicazioni precedenti dell’EFSA (vale a dire il parere dell’EFSA e la dichiarazione dell’EFSA) ed è stata modificata e migliorata nel quadro del progetto di linee guida del 2013. Nella misura in cui si tratta di una semplice presa in considerazione di dati preesistenti, occorre ritenere che non si tratti di un’«applicazione» del progetto di linee guida del 2013, nel senso di applicazione di nuovi metodi non concordati dagli Stati membri.

257    In quarto luogo, le frasi contenenti il riferimento alla nota n. 14 a piè di pagina e il primo riferimento alla nota n. 16 a piè di pagina indicano che i valori di deposito «were considered within the draft EFSA Guidance document». In risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha precisato, al riguardo, che tale formulazione, utilizzata in due occasioni dall’EFSA, significava che i valori di deposito utilizzati dall’EFSA, che erano tratti da un altro documento predisposto dalla direzione generale (DG) «Sanità e sicurezza alimentare», erano stati presi in considerazione anche nel progetto di linee guida del 2013 – e non che i valori tratti dal progetto di linee guida del 2013 sarebbero stati utilizzati nel quadro della valutazione dei rischi. Alla luce di tali indicazioni, che si uniscono agli elementi più generali, di cui ai punti da 248 a 251 supra, occorre concludere che la formulazione in questione non costituisce un’applicazione del progetto di linee guida del 2013, nel senso proprio del termine.

258    Ne consegue che, nell’ambito della sua valutazione dei rischi delle sostanze in questione, l’EFSA si è basata, in particolare, sul suo parere. Essa non ha invece applicato il progetto di linee guida del 2013 come documento d’orientamento.

2)      Sulla censura relativa alla violazione dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009

259    L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1107/2009, intitolato «Conclusioni dell’[EFSA]», ha il seguente tenore:

«1.      Entro trenta giorni dal ricevimento, l’[EFSA] trasmette al richiedente e agli altri Stati membri il progetto di rapporto di valutazione dello Stato membro relatore. Se del caso, domanda al richiedente di trasmettere un aggiornamento del fascicolo agli Stati membri, alla Commissione e all’[EFSA].

L’[EFSA] mette il progetto di rapporto di valutazione a disposizione del pubblico, dopo aver dato al richiedente due settimane per chiedere, conformemente all’articolo 63, che alcune parti di tale documento siano tenute riservate.

L’[EFSA] concede un termine di sessanta giorni per presentare osservazioni scritte.

2.      Se del caso, l’[EFSA] organizza una consultazione di esperti, compresi gli esperti dello Stato membro relatore.

Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione di osservazioni scritte, l’[EFSA], alla luce delle conoscenze scientifiche e tecniche attuali e utilizzando i documenti d’orientamento disponibili al momento della domanda, adotta conclusioni in cui precisa se sia prevedibile che la sostanza attiva soddisfi i criteri di approvazione previsti all’articolo 4, le comunica al richiedente, agli Stati membri e alla Commissione e le mette a disposizione del pubblico. Se viene organizzata una consultazione come previsto al presente paragrafo, il termine di centoventi giorni è prorogato di trenta giorni.

Se del caso, nelle sue conclusioni l’[EFSA] esamina le opzioni per la mitigazione del rischio, individuate nel progetto di rapporto di valutazione».

260    Le ricorrenti deducono, in sostanza, che l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009 esigeva che, nella fattispecie, la valutazione del rischio delle sostanze attive fosse effettuata utilizzando i documenti d’orientamento disponibili al momento della domanda di approvazione della sostanza in questione, vale a dire gli orientamenti dell’OEPP.

261    Occorre verificare, a tal riguardo, se l’articolo 12 del regolamento n. 1107/2009 sia applicabile nell’ambito della procedura di riesame, ciò che la Commissione contesta.

262    In primo luogo, occorre constatare che, nell’ambito della sezione «Sostanze attive», del capo II del regolamento n. 1107/2009, l’articolo 12 fa parte della sottosezione 2, «Procedura di approvazione». Invece, l’articolo 21 fa parte della sottosezione 3 «Rinnovo e riesame».

263    Pertanto, una valutazione sistematica milita contro un’applicazione delle disposizioni della sottosezione 2 nell’ambito della sottosezione 3, salvo che vi si faccia espresso rinvio. Un esempio di tale rinvio figura all’articolo 21, paragrafo 3, secondo comma (v. punto 9 supra), che dispone espressamente, in particolare, che si applica l’articolo 13, paragrafo 4 (che fa parte della sottosezione 2). Tale rinvio sarebbe superfluo se le disposizioni della sottosezione 2 fossero comunque applicabili nel quadro del riesame.

264    Tale interpretazione è confermata dall’economia dell’articolo 12 del regolamento n. 1107/2009. Infatti, l’articolo 12, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1107/2009 dispone che l’EFSA adotta le sue conclusioni entro un termine di 120 giorni «dalla scadenza del termine per la presentazione di osservazioni scritte». Il punto di partenza di tale termine fa riferimento all’articolo 12, paragrafo 1, terzo comma, che prevede che l’EFSA «concede un termine di sessanta giorni per presentare osservazioni scritte» dopo che il progetto di rapporto di valutazione (redatto dallo Stato membro relatore) è stato messo a disposizione del pubblico, conformemente al secondo comma.

265    Orbene, nell’ambito della procedura di riesame a norma dell’articolo 21, non è prevista l’elaborazione di un progetto di rapporto di valutazione né una messa a disposizione del pubblico di tale progetto. L’articolo 12, paragrafo 2, secondo comma, il cui scopo è, in particolare, fissare un termine all’EFSA per la presentazione delle sue conclusioni, non è pertanto applicabile nel quadro del riesame, anche perché non si può determinare il dies a quo del termine. Per contro, l’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009 prevede un termine diverso per la presentazione dei risultati della valutazione del rischio da parte dell’EFSA nel quadro del riesame, ossia «entro tre mesi dalla data della richiesta» formulata dalla Commissione.

266    Infine, occorre aggiungere che, alla luce degli obiettivi di protezione perseguiti dal regolamento n. 1107/2009 (v. punti da 105 a 107 supra), sarebbe difficile ammettere che i metodi di valutazione dei rischi per una sostanza approvata debbano rimanere bloccati alla data della richiesta di approvazione, nel contesto di un riesame che può essere effettuato, come nel caso di specie, più di dieci anni dopo tale data.

267    Si deve pertanto constatare che l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009 non può essere utilmente invocato per contestare l’applicazione, nell’ambito del riesame delle sostanze in questione, di metodi e criteri diversi da quelli applicati all’atto della loro approvazione e, in particolare, la mancata applicazione degli orientamenti dell’OEPP.

268    Di conseguenza, occorre respingere la censura relativa alla violazione di tale disposizione.

3)      Sulla censura relativa alla violazione dell’allegato II, punto 3.8.3, del regolamento n. 1107/2009

269    Le ricorrenti ritengono che dal punto 3.8.3. dell’allegato (v. punto 10 supra), in combinato disposto con l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009, discenda che la Commissione e l’EFSA non possono basarsi su un metodo incompleto per determinare se una sostanza continua a soddisfare i criteri dell’articolo 4 del medesimo regolamento, ma che la valutazione del rischio deve essere effettuata utilizzando i documenti d’orientamento disponibili al momento della presentazione della pratica o dei dati. La Bayer sottolinea che, alla data della valutazione da parte dell’EFSA dei rischi delle sostanze in questione, gli orientamenti OEPP erano l’unico documento che rispettava il requisito formulato dalla parte di frase «fondata su orientamenti per l’esecuzione di test riconosciuti a livello [dell’Unione] o internazionale» del punto 3.8.3 dell’allegato II.

270    La Commissione confuta tali argomenti.

271    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento vertente sull’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009, si è detto in precedenza che tale disposizione non corrobora le pretese delle ricorrenti dirette a fondare la valutazione dei rischi su documenti d’orientamento disponibili al momento della domanda di approvazione di una sostanza attiva.

272    Per quanto riguarda, in secondo luogo, il punto 3.8.3 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009, la censura relativa alla sua violazione verte, in sostanza, sulla questione se tale disposizione vietasse all’EFSA, al momento della valutazione dei rischi correlati alle sostanze considerate, l’applicazione di criteri e metodi di valutazione dei rischi diversi da quelli applicabili al momento dell’approvazione iniziale delle sostanze interessate e, in particolare, di discostarsi dai documenti elaborati in materia nel quadro dell’OEPP.

273    A tal riguardo, occorre tener conto del fatto che, dall’approvazione iniziale delle sostanze, il contesto normativo si è evoluto e ciò, in particolare, tramite l’adozione del regolamento n. 1107/2009 e dei relativi regolamenti di esecuzione, che prevedono ormai che debba essere prestata una particolare attenzione ai rischi per le api derivanti dalle sostanze attive e, in particolare, dai pesticidi, come illustrato ai precedenti punti da 133 a 136.

274    In particolare, come correttamente sottolineato dalla Commissione, l’inserimento del nuovo punto 3.8.3 nell’allegato II del regolamento n. 1107/2009 costituisce una modifica delle condizioni di approvazione delle sostanze attive per quanto riguarda il rischio che i pesticidi comportano per le api.

275    Inoltre, come è stato esposto al punto 136 supra, tale modifica del quadro normativo dovrebbe essere applicata a qualsiasi esame dei rischi effettuato dopo l’entrata in vigore del regolamento n. 1107/2009, che si tratti di una prima approvazione o di un riesame.

276    In tali condizioni, si deve considerare che non solo il punto 3.8.3 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009 non precludeva l’applicazione, da parte dell’EFSA, di criteri e metodi diversi da quelli che erano stati applicati al momento dell’approvazione iniziale delle sostanze in questione, ma che, al contrario, e in linea con le intenzioni del legislatore dell’Unione, l’applicazione di criteri modificati era prescritta dal regolamento n. 1107/2009. Ciò riguardava in particolare il parere dell’EFSA, in quanto documento che riassume lo stato delle conoscenze scientifiche nel settore al momento della valutazione dei rischi delle sostanze in questione.

277    Di conseguenza, occorre respingere la censura relativa alla violazione del punto 3.8.3 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009, senza che sia necessario, inoltre, prendere posizione sulla questione se l’espressione «orientamenti per l’esecuzione di test», usata nella parte introduttiva di tale disposizione, faccia riferimento ai documenti d’orientamento, come sostengono le ricorrenti, o a un documento sui metodi di test, come sostiene la Commissione.

4)      Sulla censura relativa alla tutela del legittimo affidamento

278    Per costante giurisprudenza il principio della tutela del legittimo affidamento può essere fatto valere da qualsiasi soggetto nel quale un’istituzione dell’Unione abbia fatto sorgere fondate aspettative derivanti da precise rassicurazioni che gli sarebbero state fornite [sentenza dell’11 marzo 1987, Van den Bergh en Jurgens e Van Dijk Food Products (Lopik)/CEE, 265/85, EU:C:1987:121, punto 44; v., anche, sentenza dell’8 settembre 2010, Deltafina/Commissione, T‑29/05, EU:T:2010:355, punto 427 e giurisprudenza ivi citata].

279    La Bayer sostiene, in proposito, che, tenuto conto delle circostanze della fattispecie, la mancanza di rassicurazioni scritte da parte della Commissione circa l’uso degli orientamenti dell’OEPP non consente di negare che essa abbia riposto un legittimo affidamento in tal senso. Infatti, poiché la precedente versione di detti orientamenti sarebbe stata utilizzata come base per le procedure di valutazione e gestione del rischio associato alle sostanze in questione, poiché tali orientamenti sono stati aggiornati nel 2010, con la partecipazione dei suoi rappresentanti e di rappresentanti delle autorità di vari Stati membri, e poiché alcuni Stati membri li avrebbero ancora recentemente applicati, essa avrebbe avuto tutti i motivi per aspettarsi, in mancanza di indicazione contraria della Commissione, che la versione rivista e aggiornata al 2010 di tali orientamenti dovesse servire per le future valutazioni dei rischi delle sostanze in questione. Inoltre, tutte le parti interessate, compresa l’EFSA, avrebbero considerato che il regolamento n. 1107/2009 imponeva il ricorso agli orientamenti dell’OEPP.

280    A tal riguardo, si deve rilevare, come la Commissione ha correttamente sostenuto e come si ricava dalle stesse affermazioni della Bayer, che le ricorrenti non indicano alcuna rassicurazione che sarebbe stata loro fornita dalla Commissione quanto al fatto che la valutazione dei rischi, effettuata a norma dell’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009, si sarebbe svolta sulla base dei documenti d’orientamento disponibili alle date della domanda di approvazione delle sostanze in questione – date che possono risalire a più di dieci anni prima del riesame – e, in particolare, sulla base degli orientamenti dell’OEPP. Le asserite convinzioni delle ricorrenti, basate su altre circostanze, non soddisfano le condizioni enunciate dalla giurisprudenza citata al punto 278 supra.

281    Nella misura in cui la Bayer invoca la testimonianza dell’ex capo dell’unità «Pesticidi» dell’EFSA dinanzi a una commissione parlamentare del Regno Unito (v. punto 249 supra), in relazione all’asserita convinzione dell’EFSA, secondo cui sarebbero stati applicati gli orientamenti dell’OEPP, occorre rilevare che essa non dimostra in alcun modo tale affermazione. Infatti, sebbene da detta testimonianza emerga che la Commissione avesse chiesto all’EFSA di utilizzare il parere dell’EFSA e che quest’ultimo non costituiva un «documento d’orientamento contenente una metodologia di valutazione dei rischi», non risulta però in alcun modo che l’EFSA sia stata in disaccordo con tale richiesta o che, in mancanza di questa, essa avrebbe ritenuto di doversi basare sugli orientamenti dell’OEPP.

282    Inoltre, sebbene la Bayer si basi sul punto 3.8.3 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009 per giustificare un legittimo affidamento, deriva dalle considerazioni esposte ai punti da 274 a 276 supra, che tale disposizione non può fungere da fondamento per un siffatto affidamento.

283    Pertanto, l’applicazione, nell’ambito del riesame delle sostanze in questione, di metodi e criteri diversi da quelli applicati al momento della loro approvazione, non violava il principio della tutela del legittimo affidamento.

284    Di conseguenza, occorre respingere la censura relativa alla violazione di tale principio.

5)      Sulla censura relativa alla certezza del diritto

285    Per costante giurisprudenza, il principio della certezza del diritto esige che le norme di diritto siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, affinché gli interessati possano orientarsi nelle situazioni e nei rapporti giuridici rientranti nella sfera del diritto dell’Unione (v. sentenza dell’8 dicembre 2011, France Télécom/Commissione, C‑81/10 P, EU:C:2011:811, punto 100 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 31 gennaio 2013, LVK, C‑643/11, EU:C:2013:55, punto 51).

286    Questa necessità di certezza del diritto s’impone con rigore particolare quando si tratta, come nella fattispecie, di una normativa idonea a comportare conseguenze finanziarie, al fine di consentire agli interessati di riconoscere con esattezza l’estensione degli obblighi ch’essa impone (sentenza del 15 dicembre 1987, Irlanda/Commissione, 325/85, EU:C:1987:546, punto 18).

287    Syngenta sostiene, a tal riguardo, che è indispensabile che le «regole del gioco» siano definite in anticipo, ossia che l’esame delle sostanze si svolga unicamente sulla base di linee guida stabilite, accettate e note ai richiedenti alla data della domanda di approvazione. Aggiunge che, se fosse vero il contrario, un’approvazione potrebbe essere revocata in qualsiasi momento mediante la mera presentazione di un nuovo progetto di orientamenti, che renderebbe necessariamente «incompleto» il fascicolo esistente relativo a una sostanza attiva. Non vi sarebbe in tal caso alcuna certezza giuridica.

288    In primo luogo, al riguardo, occorre rilevare che non può sussistere alcun diritto generale dei richiedenti l’approvazione, derivante dal principio di certezza del diritto, a che i criteri di valutazione e di gestione del rischio di una sostanza attiva restino immutati, in caso di riesame, rispetto alla situazione esistente alla data della domanda di approvazione.

289    Occorre ricordare, infatti, che l’articolo 114, paragrafo 3, TFUE, sul quale si basa in particolare il regolamento n. 1107/2009, dispone che, nelle sue proposte in materia, in particolare, di protezione dell’ambiente, adottate nel quadro del ravvicinamento delle normative che hanno per oggetto l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno, la Commissione si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici. È stato inoltre già statuito che tale protezione dell’ambiente ha un’importanza preponderante rispetto alle considerazioni di ordine economico, di modo che essa è tale da giustificare conseguenze economiche negative, anche considerevoli, per taluni operatori (v., in tal senso, sentenze del 9 settembre 2011, Dow AgroSciences e a./Commissione, T‑475/07, EU:T:2011:445, punto 143; del 6 settembre 2013, Sepro Europe/Commissione, T‑483/11, non pubblicata, EU:T:2013:407, punto 85, e del 12 dicembre 2014, Xeda International/Commissione, T‑269/11, non pubblicata, EU:T:2014:1069, punto 138). Da tali principi, che costituiscono la base della finalità generale di protezione del regolamento n. 1107/2009 (v. punti 105-107 supra), deriva che, salvo indicazione contraria, le decisioni che la Commissione è chiamata ad adottare nel quadro di tale regolamento devono sempre tener conto delle conoscenze scientifiche e tecniche più recenti.

290    L’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009, su cui si fonda l’atto impugnato, non fa che esprimere tali considerazioni di principio quando dispone, in sostanza, che l’esistenza di nuove conoscenze scientifiche può giustificare la revoca o la modifica di un’approvazione esistente.

291    In secondo luogo, tuttavia, tale principio della presa in considerazione delle nuove conoscenze scientifiche può essere corredato da disposizioni transitorie e, in particolare, da periodi transitori, se ciò non pregiudica l’obiettivo di protezione perseguito in particolare dal regolamento n. 1107/2009.

292    È questo per esempio il caso del regolamento (UE) n. 283/2013 della Commissione, del 1o marzo 2013, che stabilisce i requisiti relativi ai dati applicabili alle sostanze attive, conformemente al regolamento n. 1107/2009 (GU 2013, L 93, pag. 1), nonché del regolamento (UE) n. 284/2013 della Commissione, del 1o marzo 2013, che stabilisce i requisiti relativi ai dati applicabili ai prodotti fitosanitari, conformemente al regolamento n. 1107/2009 (GU 2013, L 93, pag. 85), citati dalla Syngenta. Il considerando 5 di tali regolamenti stabilisce infatti che «[è] opportuno posporre l’entrata in applicazione dei requisiti modificati, per dar modo ai richiedenti di conformarvisi» e il loro articolo 5, paragrafo 2, prevede, di conseguenza, un’applicazione differita di otto mesi rispetto alla data della loro entrata in vigore. Parimenti, il considerando 6 di tali regolamenti stabilisce che «[p]er dar modo agli Stati membri e alle parti interessate di conformarsi ai nuovi requisiti, è opportuno adottare disposizioni transitorie per quanto riguarda i dati presentati» per le domande di approvazione delle sostanze attive. Infine, i due regolamenti prevedono al loro allegato, parte A, punto 8, che «[i]n attesa della convalida e dell’adozione di nuovi studi e di un nuovo modello di valutazione dei rischi, è necessario utilizzare i protocolli esistenti per far fronte ai rischi acuti e cronici per le api, inclusi quelli per la sopravvivenza e lo sviluppo delle colonie, nonché l’identificazione e la misurazione di effetti subletali pertinenti nell’ambito della valutazione dei rischi».

293    Orbene, sotto un primo profilo, occorre rilevare che i regolamenti nn. 283/2013 e 284/2013 non sono applicabili ai fatti di causa. Infatti, come risulta dal loro articolo 3, e come giustamente sottolineato dalla Commissione, le disposizioni transitorie ivi previste riguardano esclusivamente le procedure di approvazione, rinnovo e modifica delle condizioni di approvazione, disciplinate dagli articoli da 7 a 20 del regolamento n. 1107/2009, e non la procedura di riesame, disciplinata dall’articolo 21 del medesimo regolamento. Di conseguenza, questi regolamenti possono servire, nel caso di specie, soltanto a spiegare il fatto, rilevato al precedente punto 291, che vi possono essere eccezioni al principio della presa in considerazione, nelle decisioni fondate sul regolamento n. 1107/2009, delle più recenti conoscenze scientifiche.

294    Sotto un secondo profilo, si deve sottolineare che il fatto che l’applicazione differita di tali due regolamenti non riguardi la procedura di riesame non è casuale e deriva da un bilanciamento del principio di certezza del diritto con l’obiettivo di protezione del regolamento n. 1107/2009. Infatti, le procedure di approvazione, rinnovo e modifica delle condizioni di approvazione sono aperte su domanda del fabbricante della sostanza in questione, in conformità all’articolo 7, paragrafo 1, e all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009. Per poter costituire i fascicoli da presentare con la domanda è, ovviamente, necessario che il richiedente sia a conoscenza, con sufficiente anticipo, dei dati da raccogliere ai fini della procedura, e che gli obiettivi di protezione del regolamento n. 1107/2009 (v. punti da 105 a 107 supra) non vi si oppongano Per contro, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009 (citato supra, nel punto 8), la procedura di riesame è avviata d’ufficio dalla Commissione, che può farlo in qualsiasi momento se ritiene, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche e tecniche, che la sostanza in questione non soddisfa più i criteri di approvazione. Poiché sono proprio le nuove conoscenze scientifiche e tecniche che motivano l’apertura della procedura di riesame, in quanto esse inducono a ritenere che la sostanza in questione potrebbe non soddisfare più i criteri di approvazione, sarebbe illogico e contrario sia, sul piano generale, all’obiettivo di protezione del regolamento n. 1107/2009 che, in particolare, all’effetto utile dell’articolo 21 del regolamento in parola, non tener conto di tali nuove conoscenze nel quadro del riesame e, in particolare, in sede di valutazione dei rischi.

295    Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda le conseguenze pratiche del quinto e del sesto considerando dei regolamenti nn. 283/2013 e 284/2013 e l’applicazione del loro articolo 3, occorre rilevare che tali espressioni del principio di certezza del diritto implicano certamente che un fascicolo relativo ad una sostanza attiva non può essere respinto in quanto incompleto perché non conforme ai nuovi requisiti, se il «richiedente» non disponeva del tempo necessario per conformarvisi. Tuttavia, ciò non può comportare, tenuto conto degli obiettivi di protezione perseguiti dal regolamento n. 1179/2009 (v. punti da 105 a 107 supra) che all’EFSA e alla Commissione sia vietato trarre le conseguenze, a livello della valutazione e della gestione del rischio, dell’assenza di taluni dati che non era obbligatorio fornire in precedenza ma che, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche e tecniche, risultino rilevanti ai fini dell’esame. Se così non fosse, si chiederebbe all’EFSA e alla Commissione di approvare sostanze attive per le quali non è dimostrato, contrariamente a quanto prescrive il punto 3.8.3 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009, che il loro uso comporti un’esposizione trascurabile per le api o non ha alcun effetto inaccettabile acuto o cronico per la sopravvivenza e lo sviluppo della colonia. Il rispetto dei requisiti in materia di dati da fornire nell’ambito delle procedure di autorizzazione, di rinnovo e di modifica delle condizioni di approvazione riguarda quindi la ricevibilità della domanda anziché i requisiti sostanziali dell’approvazione. Tale interpretazione è confermata dall’articolo 9 del regolamento n. 1107/2009, che stabilisce che, dopo aver ricevuto la domanda di approvazione o di modifica delle condizioni dell’approvazione, lo Stato membro relatore verifica che i fascicoli allegati contengano tutti gli elementi previsti (compresi i dati contemplati dai regolamenti nn. 283/2013 e 284/2013) e che, in caso contrario, in assenza di regolarizzazione entro tre mesi, la domanda è irricevibile.

296    In terzo luogo, per ragioni analoghe a quelle esposte ai punti 293 e 294 supra, occorre respingere gli argomenti della Syngenta relativi all’articolo 13 del regolamento di esecuzione (UE) n. 844/2012 della Commissione, del 18 settembre 2012, che stabilisce le norme necessarie per l’attuazione della procedura di rinnovo dell’approvazione delle sostanze attive a norma del regolamento n. 1107/2009 (GU 2012, L 252, pag. 26) e alla sentenza del 3 settembre 2009, Cheminova e a./Commissione (T‑326/07, EU:T:2009:299, punti 137 e 236). Infatti, da un lato, il regolamento di esecuzione n. 844/2012 riguarda la procedura di rinnovo e, dall’altro, la sentenza del 3 settembre 2009, Cheminova e a./Commissione (T‑326/07, EU:T:2009:299), riguardava una domanda di iscrizione di una sostanza attiva nell’allegato della direttiva 91/414, procedura analoga a quella di approvazione ai sensi del regolamento n. 1107/2009.

297    In conclusione, tenuto conto in particolare delle considerazioni esposte al precedente punto 289, era sufficientemente prevedibile, per i fabbricanti di sostanze attive approvate a norma del regolamento n. 1107/2009, che le approvazioni di tali sostanze potevano essere riesaminate alla luce di conoscenze scientifiche e tecniche emerse successivamente al deposito della prima domanda di approvazione.

298    Pertanto, l’applicazione, nel contesto del riesame delle sostanze in questione, di metodi e di criteri diversi da quelli applicati al momento della loro approvazione non violava la certezza del diritto.

299    Di conseguenza, occorre respingere la censura relativa alla violazione di tale principio.

6)      Sulla censura relativa al fatto che la valutazione del rischio si è fondata sul parere dell’EFSA e non su un documento d’orientamento

300    Le ricorrenti sostengono, in primo luogo, che le valutazioni dei rischi dell’EFSA sono state realizzate in gran parte sulla base del parere dell’EFSA. A loro avviso, poiché tale parere non ha – contrariamente a quanto sarebbe avvenuto per un documento d’orientamento – istituito una struttura adeguata per la realizzazione delle valutazioni dei rischi, le conclusioni dell’EFSA non costituiscono una valutazione scientifica dei rischi in questione il più esaustiva possibile. Il ricorso da parte dell’EFSA al suo parere come base principale della valutazione dei rischi avrebbe viziato tale valutazione nella sua totalità e avrebbe condotto alla conclusione semplicistica e non scientifica che un certo numero di rischi non poteva essere escluso e che esistevano dati lacunosi.

301    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

i)      Richiami preliminari

302    Anzitutto, occorre ricordare, al riguardo, che il parere dell’EFSA costituisce un documento detto «di alto livello», in quanto riassume lo stato delle conoscenze scientifiche in materia di valutazione dei rischi dei prodotti fitosanitari per le api per dedurne proposte quanto agli obiettivi di tutela da raggiungere in materia e ai fattori da prendere in considerazione nella valutazione dei rischi. Per contro, un documento d’orientamento contiene gli obiettivi di protezione fissati dal gestore del rischio, nonché, al fine di raggiungere tali obiettivi, le direttive in merito al livello di precauzione da applicare nell’interpretazione dei dati (v. punti 235 e 241 supra).

303    Inoltre, le ricorrenti sostengono che, in assenza di un documento d’orientamento in vigore, tenendo conto dello stato attuale delle conoscenze scientifiche, come indicate nel parere dell’EFSA, esse non sono state in grado di sapere quali test avrebbero dovuto effettuare per ottenere i dati la cui assenza è stata constatata nelle conclusioni dell’EFSA (v. punto 227 supra). La Commissione non ha contestato tali fatti.

304    Il parere dell’EFSA è stato pubblicato il 23 maggio 2012 (v. punto 22 supra). Successivamente, sulla base di tale parere, l’EFSA ha elaborato un progetto di documento d’orientamento, di cui un primo progetto è stato pubblicato per la consultazione pubblica il 20 settembre 2012 e che, alla data delle udienze nelle presenti cause, non era stato adottato in via definitiva (v. punti 242 e 243 supra). Orbene, allo stesso tempo, il secondo mandato, che aveva per oggetto la valutazione dei rischi delle sostanze in questione, è stato conferito all’EFSA fin dal 25 aprile 2012 (v. punto 21 supra). Come affermano giustamente le ricorrenti, il calendario imposto dalla Commissione rendeva dunque impossibile all’EFSA di procedere alla valutazione dei rischi sulla base di un documento d’orientamento, tenendo conto dello stato delle conoscenze scientifiche documentato nel suo parere e debitamente adottato.

305    Infine, occorre ricordare che il parere dell’EFSA è stato redatto, da un lato, a seguito di incidenti e informazioni che hanno fatto sorgere dubbi sulla natura esaustiva e sufficiente della valutazione dei rischi per le api derivanti dalle sostanze in questione, per come erano state utilizzate fino allora (v. punto 17 supra) e, dall’altro, nel contesto di una modifica delle condizioni di approvazione delle sostanze attive per quanto riguarda il rischio che i pesticidi comportano per le api (v. punto 274 supra).

ii)    Sulle conseguenze della scelta di procedere alla valutazione dei rischi senza la disponibilità di un documento d’orientamento

306    In primo luogo, dato che il parere dell’EFSA dà conto dello stato delle conoscenze scientifiche esistenti alla data della sua adozione (v. punto 234 supra), fatto non contestato dalle ricorrenti, e che la Commissione era obbligata, nel caso di specie, a tenere conto delle conoscenze scientifiche e tecniche più recenti (v. punto 289 supra), non può dedursi alcuna censura dal fatto che l’EFSA si sia basata sul suo parere al momento della valutazione dei rischi.

307    In secondo luogo, sembra probabile, se non certo, che il fatto di posporre la scadenza della valutazione dei rischi dell’EFSA, al fine, da un lato, di attendere il completamento di un documento di orientamento sull’esecuzione dei test e, dall’altro, di consentire alle ricorrenti di prendere in considerazione tale documento d’orientamento, avrebbe consentito di tenere conto di uno stato delle conoscenze scientifiche ancora più avanzato rispetto a quello rispecchiato nel parere dell’EFSA. Infatti, poiché la scienza in generale è sempre soggetta a evoluzione, e la scienza nel settore degli effetti dei pesticidi sulle api si trova in una fase di particolare evoluzione negli ultimi anni, qualsiasi rinvio della scadenza della valutazione dei rischi consentiva, naturalmente, di tener conto dei dati e degli studi più recenti. In questa prospettiva, il fatto che la valutazione del rischio si sia conclusa alla data del 31 dicembre 2012 implica quindi che la valutazione scientifica dei rischi sia stata meno esaustiva di quanto lo sarebbe stata in caso di rinvio di tale termine a una data successiva.

308    Inoltre, la valutazione dei rischi è stata effettuata principalmente sulla base di test eseguiti in laboratorio (livello 1), poiché i test in condizioni semi-naturali (livello 2) e di campo (livello 3) presupponevano l’esistenza di un documento d’orientamento e di adeguati metodi di test, non ancora disponibili alla data del 31 dicembre 2012. Come la Commissione ha riconosciuto nel corso dell’udienza, ciò ha necessariamente indotto l’EFSA a constatare che l’esistenza di determinati rischi non poteva essere esclusa, mentre, alla luce dei risultati di futuri test di livello 2 e 3, tali rischi avrebbero potuto, se del caso, essere esclusi successivamente. In altri termini, è possibile che il fatto che la valutazione del rischio sia stata completata il 31 dicembre 2012 implichi che non si siano potuti escludere taluni rischi, quando in realtà essi sono inesistenti. Tale situazione avrebbe potuto essere evitata rinviando la scadenza ad una data successiva.

309    Orbene, un tale rinvio avrebbe necessariamente ritardato la presa di conoscenza, anche solo in maniera imprecisa, da parte della Commissione, in quanto responsabile della gestione dei rischi, del livello di rischio rappresentato dalle sostanze in questione e, di conseguenza, la decisione sulla necessità e l’utilità di modificare le condizioni di approvazione di tali sostanze. Pertanto sussisteva, per la Commissione, un conflitto di obiettivi tra la rapidità della valutazione dei rischi, da un lato, e la sua completezza e precisione, dall’altro.

310    La domanda che si pone nel caso di specie non è dunque se, astrattamente e senza vincolo temporale, fosse stata possibile una valutazione scientifica più esaustiva. Discende da quanto sopra esposto che la risposta a tale questione sarà probabilmente affermativa. Occorre invece prima esaminare se la data della conclusione della valutazione dei rischi sia stata scelta legittimamente dalla Commissione (v. i successivi punti 311 segg.) e, in caso positivo, in un secondo tempo, se tale valutazione sia stata svolta tenendo conto dello stato delle conoscenze scientifiche disponibili alla data prescelta (v. i successivi punti 354 segg.)

iii) Sulla scelta della data di scadenza della valutazione dei rischi

311    Per quanto riguarda la scelta della data di scadenza della valutazione dei rischi, occorre ricordare, in via preliminare, che i giudici dell’Unione hanno riconosciuto alla Commissione un ampio potere discrezionale al fine di perseguire efficacemente gli obiettivi assegnatile dal regolamento n. 1107/2009, e ciò, in particolare, per le decisioni in materia di gestione del rischio che essa deve adottare in applicazione di detto regolamento, che il controllo del giudice è in tale materia limitato e che, al fine di stabilire se la Commissione ha commesso un manifesto errore nella valutazione tale da giustificare l’annullamento della decisione impugnata, gli elementi di prova addotti dalla parte ricorrente devono essere sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati dalla Commissione (v. la giurisprudenza citata ai punti da 143 a 145 supra).

312    Nel caso di specie, la Commissione ha scelto di procedere all’aggiornamento della valutazione dei rischi presentati dalle sostanze in questione alla data del 31 dicembre 2012. Essa ha sostenuto, a tal riguardo, che un termine più lungo avrebbe rischiato di compromettere la realizzazione degli obiettivi dell’atto impugnato.

313    In primo luogo, occorre rilevare che l’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009 prevede che, nell’ambito di un riesame, l’EFSA fornisca il suo parere o i risultati del suo lavoro alla Commissione entro tre mesi dalla data della richiesta (v. punto 9 supra). Occorre pertanto constatare che la data del 31 dicembre 2012 - cioè otto mesi dopo la versione originaria del secondo mandato, recante la data del 25 aprile 2012 (v. punto 21 supra), e cinque mesi dopo la limitazione di tale mandato, recante la data del 25 luglio 2012 (v. punto 25 supra) - concedeva all’EFSA più tempo rispetto a quello legalmente previsto (v. anche, a tal proposito, il successivo punto 351).

314    In secondo luogo, occorre rilevare che la Commissione ha giustamente potuto ritenere che il principio di precauzione ostava a che il termine concesso all’EFSA fosse stabilito in modo da consentire la presa in considerazione di ulteriori conoscenze scientifiche e, in particolare, a che sia l’EFSA sia le ricorrenti tenessero conto del documento d’orientamento in corso di elaborazione, e dei test di livello superiore che avrebbero potuto essere effettuati in seguito alla sua conclusione nella debita forma.

315    Sotto un primo profilo, a tale riguardo, occorre stabilire, quanto meno in via approssimativa, quanto tempo sarebbe stato necessario a tal fine. Occorre sottolineare, a questo proposito, che il periodo in questione deve comprendere non solo il tempo necessario per la regolare ultimazione del documento di orientamento, nonché, se del caso, per l’elaborazione e l’approvazione di nuove metodologie di sperimentazione, ma anche il tempo necessario per l’ideazione e l’esecuzione di test di livello superiore per ottenere i dati mancanti.

316    Da un lato, per quanto riguarda la questione di quanto tempo si sarebbe dovuto disporre affinché un documento d’orientamento potesse essere ultimato e approvato nella forma dovuta, in base alle circostanze esposte ai precedenti punti 242 e 243, risulta che il progetto di linee guida del 2013 è stato completato nel 2013 e sottoposto all’approvazione degli Stati membri, in vista di un’entrata in vigore per il 1o gennaio 2015, e che tale entrata in vigore ha dovuto poi essere più volte rinviata. Anche supponendo che l’elaborazione di tali linee guida avrebbe potuto eventualmente essere accelerata se fosse stato necessario e che i successivi rinvii non erano prevedibili alla data del secondo mandato, il 25 aprile 2012, la Commissione doveva quindi, a tale data, partire dalla presunzione che le linee guida del 2013 non sarebbero state formalmente applicabili prima di due anni.

317    D’altra parte, quanto al tempo necessario affinché le ricorrenti potessero effettuare i test necessari conformemente alle linee guida del 2013, la Commissione sostiene che l’ottenimento dei dati necessari per colmare tali lacune avrebbe richiesto «almeno uno o due anni, considerato che gli studi sul campo devono essere programmati e realizzati durante un’annata agraria». A seguito di un quesito scritto del Tribunale, la Bayer ha confermato che tale stima era realistica, mentre la Syngenta non si è pronunciata al riguardo.

318    Ne consegue che, se si fosse voluto garantire alle ricorrenti e all’EFSA di poter utilmente tenere conto di un documento di orientamento debitamente completato e approvato, sarebbe stato necessario rinviare la valutazione del rischio per le sostanze in questione di almeno quattro anni (ossia almeno due anni tra la data del secondo mandato, il 25 aprile 2012, e l’entrata in vigore degli orientamenti del 2013, e due ulteriori anni per eseguire i test necessari) senza neanche tenere conto degli ulteriori rinvii dell’approvazione delle linee guida del 2013 da parte degli Stati membri, non prevedibili al momento della decisione della Commissione sulla scadenza della valutazione dei rischi. È certamente possibile ipotizzare di abbreviare tale termine, supponendo che le ricorrenti avrebbero potuto pianificare e iniziare determinati studi e alcuni test basandosi sul progetto di documento d’orientamento, senza attendere la versione definitivamente adottata. Tuttavia, sembra che, nel migliore dei casi, si sarebbe potuto giungere ad una stima ex ante del termine di rinvio della valutazione del rischio compresa tra due anni e sei mesi e tre anni.

319    Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda le circostanze di cui la Commissione deve tenere conto, è opportuno rammentare quanto segue:

–        gli studi Henry, Whitehorn e Schneider avevano formulato constatazioni preoccupanti sugli effetti dell’esposizione delle api a dosi subletali delle sostanze in questione, quanto alla riduzione della percentuale di api bottinatrici che ritornavano all’alveare e allo sviluppo delle colonie di bombi (punti da 173 a 175 supra);

–        la Commissione aveva potuto concludere, legittimamente, che tali constatazioni facevano sorgere, rispetto alle conoscenze preesistenti, delle preoccupazioni circa la questione se fossero sempre soddisfatti i criteri di approvazione di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009 (punti 197 e 198 supra);

–        tali preoccupazioni hanno pertanto giustificato l’avvio di un procedimento di revisione delle autorizzazioni delle sostanze in questione (punto 217 supra).

320    Inoltre, occorre ricordare che il contesto scientifico e politico dell’epoca era caratterizzato in particolare dai seguenti elementi:

–        gli incidenti del 2008-2009 che comportavano un impiego inopportuno di prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione e che hanno causato la perdita di colonie di api da miele (v. punto 15 supra);

–        l’introduzione, a livello nazionale, tra il 2008 e il 2012, di varie misure non concordanti tra loro, che limitano l’utilizzo di prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione (v. punti 15 e 18 supra);

–        la presentazione, nel 2011, dei risultati del programma di sorveglianza e di ricerca italiano Apenet, che sollevava preoccupazioni riguardo all’uso di sementi conciate con prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione;

–        la pubblicazione degli studi Henry, Whitehorn e Schneider all’inizio del 2012.

321    Inoltre, occorre tener conto del ruolo importante svolto dalle api e dagli altri impollinatori, sia per la flora naturale che per i seminativi. La Commissione sottolinea, a tale proposito, senza essere contraddetta dalle ricorrenti, che le api hanno un ruolo essenziale nell’ambiente, perché preservano la biodiversità, garantendo l’impollinazione essenziale di un’ampia varietà di colture e piante selvatiche. Infatti, secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), su circa 100 specie colturali che garantiscono il 90% degli approvvigionamenti alimentari a livello mondiale, 71 sarebbero impollinate dalle api. In Europa, l’84% delle 264 specie colturali dipenderebbero dagli impollinatori, tra cui le api.

322    Tale fondamentale importanza delle api e degli altri impollinatori è rispecchiata, peraltro, nel contesto del regolamento n. 1107/2009, dall’esistenza di disposizioni particolari che prevedono requisiti specifici relativi all’esposizione delle api alle sostanze attive. Infatti, il punto 3.8.3 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009 (v. punto 10 supra) esige che l’esposizione delle api alla sostanza attiva in questione sia trascurabile o non abbia effetti inaccettabili acuti o cronici a livello di colonia (v. punto 135 supra).

323    Infine, occorre ricordare la giurisprudenza citata al punto 106 supra, da cui emerge, in particolare, che l’obiettivo di un livello di protezione elevato dell’ambiente, secondo quanto previsto dall’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009, sulla base dell’articolo 11 TFUE e dell’articolo 114, paragrafo 3, TFUE, ha un’importanza prevalente rispetto alle considerazioni di ordine economico, in modo tale che esso può giustificare conseguenze economiche negative, anche importanti, per taluni operatori.

324    In particolare, per quanto concerne specificamente il principio di precauzione, risulta dalla giurisprudenza citata al punto 119 supra, che il ricorso a misure preventive, nonostante l’assenza di certezza scientifica, che, una volta acquisita la certezza, potrebbero rivelarsi troppo prudenti non può essere considerato di per sé come una violazione del principio di precauzione ed è, al contrario, inerente a tale principio.

325    In tali circostanze e tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui gode la Commissione in materia (v. punto 311 supra), essa non è incorsa in un errore manifesto di valutazione considerando che il termine supplementare di cui al punto 318 supra, che sia di due anni e sei mesi o di quattro anni, non fosse, in ogni caso, compatibile con l’obiettivo di mantenere un livello elevato di protezione dell’ambiente e che spettava ad essa, in applicazione del principio di precauzione, adottare misure protettive senza dover attendere che l’effettività e la gravità dei rischi individuati dagli elementi menzionati ai punti 319 e 320 supra fossero pienamente dimostrate.

326    Di conseguenza, occorre respingere la censura relativa al fatto che la valutazione del rischio si è fondata sul parere dell’EFSA e non su un documento d’orientamento

7)      Sulle pretese condizioni necessarie per una modifica dei metodi di valutazione per il riesame, rispetto all’approvazione iniziale

327    La Syngenta sostiene che, nell’ipotesi in cui il Tribunale ritenesse che i metodi possano essere modificati e applicati a delle sostanze attive dopo la loro approvazione, nel contesto di un esame svolto a norma dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009, sarebbero necessarie tre condizioni cumulative: primo, l’esame in sé non potrebbe giustificarsi soltanto con l’esistenza di un nuovo metodo, ma dovrebbe anche fondarsi su conoscenze scientifiche nuove; in secondo luogo, il nuovo metodo dovrebbe essere stato completato e, in terzo luogo, il richiedente l’approvazione dovrebbe avere la possibilità di ottenere i dati scientifici necessari per soddisfare i criteri di tale metodo completato. Orbene, nessuna di queste condizioni sarebbe soddisfatta nella fattispecie.

328    La Commissione non ha specificamente risposto a tali argomenti.

329    A tale riguardo, e senza che sia necessario affrontare la questione se l’applicazione di nuovi metodi nella valutazione di una sostanza attiva già approvata, sia effettivamente subordinata all’avveramento, cumulativo, delle tre condizioni postulate dalla Syngenta, è sufficiente, per respingere tali argomentazioni, rinviare alle considerazioni già svolte supra.

330    Infatti, in primo luogo, si è rilevato, al precedente punto 198, che la Commissione disponeva effettivamente di conoscenze scientifiche nuove che giustificavano l’apertura di una procedura di riesame dell’approvazione delle sostanze in questione ai sensi dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009, contestualmente alla presa d’atto, manifestata nel parere dell’EFSA, dell’insufficienza del metodo precedentemente applicato.

331    In secondo luogo, è stato indicato ai punti 325 e 326 supra, che il fatto che il «nuovo metodo» non fosse ultimato – nella fattispecie, fissato nelle linee guida del 2013 – non impediva che si tenesse conto, nella valutazione del rischio, di nuove conoscenze scientifiche e tecniche, disponibili al momento della valutazione, e, in particolare, che la Commissione ha potuto ritenere giustamente che l’adozione di una decisione sulle conseguenze da trarre dalle nuove conoscenze scientifiche e tecniche non poteva essere rinviata al momento in cui le ricorrenti avrebbero potuto raccogliere i dati necessari, secondo specifiche che restavano ancora da definire.

332    Di conseguenza, occorre respingere gli argomenti della Syngenta tratti dalle presunte condizioni dell’applicazione, nell’ambito di un riesame, di metodi modificati rispetto a quelli applicati nel contesto dell’approvazione iniziale.

333    In conclusione, occorre respingere tutte le censure relative all’applicazione di criteri e metodi diversi da quelli applicabili al momento dell’approvazione delle sostanze in questione.

c)      Sulle censure vertenti su errori manifesti di valutazione e su un’errata applicazione del principio di precauzione

334    Le ricorrenti affermano, in sostanza, che non vi erano indizi secondo cui le sostanze interessate non soddisfacevano più i criteri di approvazione di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009. Per giungere alla conclusione contraria, la Commissione avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione.

335    Inoltre, le ricorrenti sostengono che nella specie non sono state rispettate le condizioni per una corretta applicazione del principio di precauzione. In particolare, esse sollevano censure relative alla presa in considerazione di rischi puramente ipotetici, all’assenza di una valutazione scientifica sufficiente nonché di un’analisi costi/benefici, e al carattere sproporzionato delle misure adottate.

336    Occorre esaminare congiuntamente le censure vertenti su errori manifesti di valutazione e sull’errata applicazione del principio di precauzione Infatti, la risposta alla questione se, tenuto conto del potere discrezionale di cui dispone la Commissione in materia di gestione del rischio, determinate conoscenze e informazioni scientifiche giustificassero la conclusione secondo cui non erano più rispettate le condizioni di approvazione e che l’approvazione delle sostanze in questione doveva essere modificata, è influenzata in particolare dal principio di precauzione.

337    Per contro, nella misura in cui la Syngenta afferma altresì, nell’ambito del motivo relativo alla violazione del principio di precauzione, di non avere avuto la possibilità di partecipare alla procedura in maniera adeguata, tale censura si confonde con quella relativa alla violazione dei diritti della difesa e sarà quindi trattata in tale contesto (v. i successivi punti 430 segg.).

1)      Sulla questione di sapere in quale misura l’atto impugnato si basi sull’applicazione del principio di precauzione

338    In primo luogo, occorre sottolineare che l’atto impugnato si fonda, in particolare, sul principio di precauzione. Il fatto che tale principio non sia specificamente menzionato nei considerando dell’atto impugnato sembra aver generato talune incertezze nelle ricorrenti a tal proposito. In particolare, la Syngenta sembra supporre che la Commissione abbia applicato tale principio nella misura in cui l’atto impugnato si basa sul fatto che taluni rischi non si sono potuti escludere con certezza, mentre tale principio non si dovrebbe applicare laddove l’esistenza di un rischio sia stata positivamente accertata.

339    Orbene, come rileva giustamente la Commissione, risulta dal considerando 8 del regolamento n. 1107/2009 nonché dall’articolo 1, paragrafo 4, che l’insieme delle disposizioni di tale regolamento si fonda sul principio di precauzione, al fine di assicurare che le sostanze attive o i prodotti non abbiano effetti nocivi, in particolare, sull’ambiente. Ne deriva che qualunque atto adottato sulla base del regolamento n. 1107/2009 è ipso iure basato sul principio di precauzione.

340    Inoltre, l’applicazione del principio di precauzione non è limitata ai casi in cui l’esistenza di un rischio è incerta, ma può anche intervenire nell’ipotesi in cui l’esistenza di un rischio è accertata e in cui la Commissione deve valutare se tale rischio sia accettabile o no (v. punti da 122 a 124 supra), o valutare in che modo sia opportuno farvi fronte nel quadro della gestione del rischio (v. punto 125 supra).

341    In tali circostanze, non vi è motivo di chiedersi, come fa la Syngenta, se l’atto impugnato sia fondato in tutto o solo in parte, sul principio di precauzione. Per contro, occorrerà, nell’esame che segue, tener conto, se del caso, dell’influenza di questo principio sul potere discrezionale di cui disponeva la Commissione.

2)      Sulle censure relative alla valutazione del rischio da parte dell’EFSA

342    Le ricorrenti deducono varie censure che mettono in discussione la valutazione del rischio da parte dell’EFSA. In particolare, esse sostengono che le conclusioni dell’EFSA non sono basate su una valutazione scientifica più esaustiva possibile o sui migliori dati disponibili e che l’EFSA ha applicato un approccio puramente ipotetico del rischio.

i)      Sulla censura relativa alla grande pressione temporale asseritamente imposta all’EFSA

343    La Syngenta sostiene che la valutazione dei rischi è stata effettuata in maniera precipitosa, il che ha compromesso la qualità e la completezza delle ricerche scientifiche. In particolare, l’EFSA avrebbe più volte indicato alla Commissione che sarebbe stato irrealistico, se non impossibile, rispettare il termine imposto per la valutazione, che sarebbe stato di soli cinque mesi.

344    Inoltre, la Syngenta sostiene che talune circostanze peculiari della presente fattispecie erano potenzialmente problematiche e richiedevano un termine più lungo rispetto a quello normalmente necessario per la valutazione dell’EFSA.

345    Infatti, in primo luogo, la Syngenta sostiene che, in assenza di un documento d’orientamento, redatto sulla base del parere dell’EFSA, quest’ultima non disponeva di alcun metodo riconosciuto per valutare l’innocuità delle sostanze per le api e di nessun obiettivo di protezione definito.

346    In secondo luogo, Syngenta sostiene che, normalmente, l’EFSA riesamina le valutazioni già effettuate dagli Stati membri relatori sulla base di un fascicolo presentato dal richiedente l’approvazione. Per contro, nel caso di specie, poiché si trattava di una rivalutazione nell’ambito di un riesame d’ufficio dell’approvazione delle sostanze in questione, non esisteva né il fascicolo predisposto dal richiedente, né il rapporto dello Stato membro relatore, di modo che l’EFSA ha dovuto essa stessa procedere alla valutazione.

347    In terzo luogo, la Syngenta fa valere che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1107/2009 (citato supra, al punto 7), la valutazione è normalmente limitata a impieghi rappresentativi, mentre, nel caso di specie, il secondo mandato riguardava tutti gli usi autorizzati delle sostanze in questione.

348    La Commissione si oppone agli argomenti della Syngenta.

349    A tale riguardo, occorre rilevare, anzitutto, che il termine di cinque mesi indicato dalla Syngenta è stato calcolato dal 25 luglio 2012 fino alla fine dell’anno 2012. Orbene, il secondo mandato era già stato conferito il 25 aprile 2012 (v. punto 21 supra), mentre la data del 25 luglio 2012 corrisponde alla limitazione del secondo mandato, operata dalla Commissione, a seguito di uno scambio di corrispondenza elettronica con l’EFSA e per tener conto delle preoccupazioni di quest’ultima riguardo al fatto di non poter realizzare i lavori entro il termine impartito (v. punto 25 supra). Anche se l’estensione definitiva del secondo mandato è stata quindi stabilita solo il 25 luglio 2012, l’EFSA ha potuto iniziare i lavori preparatori ben prima. In particolare, risulta dallo scambio di posta elettronica avvenuto tra l’EFSA e la Commissione che gli Stati membri erano stati invitati a presentare i dati pertinenti in loro possesso fino alla data dell’8 giugno 2012. Ne consegue che il termine a disposizione dell’EFSA era di circa otto mesi e, quindi, notevolmente più lungo del periodo di cinque mesi dedotto dalla Syngenta, anche se si tiene conto del fatto che, dopo la data del 25 aprile 2012, la Commissione ha dovuto chiarire un certo numero di questioni, riguardanti la portata esatta del compito imposto all’EFSA, nei confronti di quest’ultima.

350    Inoltre, è vero che le circostanze particolari evidenziate dalla Syngenta (v. punti da 345 a 347 supra) erano effettivamente tali da rendere più difficile il compito dell’EFSA e da aumentare il tempo necessario alla valutazione dei rischi.

351    Sembra tuttavia che il termine a disposizione dell’EFSA nella fattispecie non fosse eccessivamente breve. Infatti, in primo luogo, la Commissione ha sostenuto, senza essere contraddetta dalle ricorrenti, che l’EFSA impiegava in generale tra sette mesi e un anno per portare a termine l’esame inter pares e le conclusioni in relazione a una sostanza attiva. Il termine concesso nella specie non era quindi inusuale. In secondo luogo, il fatto che la valutazione riguardava nella fattispecie soltanto i rischi per le api, e non l’insieme dei rischi, costituisce un elemento che riduce la complessità della valutazione e il tempo necessario rispetto a una valutazione completa. Pertanto, il termine stabilito per l’esecuzione del secondo mandato – fra cinque e otto mesi, secondo la data di inizio considerata (v. punto 349 supra) – teneva sufficientemente conto delle circostanze particolari della fattispecie. In terzo luogo, come è stato esposto al punto 313 supra, il termine legale previsto all’articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009 era di soli tre mesi dalla data della richiesta all’EFSA. Se è vero che tale termine legale sarebbe stato manifestamente troppo breve nella specie, si deve in ogni caso rilevare che il regolamento n. 1107/2009 non consentiva quindi neanch’esso di concedere all’EFSA più degli otto mesi fissati dalla Commissione.

352    Infine, occorre sottolineare che la presentazione dell’ex capo dell’unità «Pesticidi» dell’EFSA, il 15 novembre 2012 dinanzi a un’associazione di fabbricanti di prodotti fitosanitari, invocata dalla Syngenta, tende a confermare il punto di vista della Commissione, piuttosto che quello delle ricorrenti. Infatti, come la Commissione ha correttamente sostenuto, sebbene tale presentazione, effettuata durante la fase finale di valutazione dei rischi delle sostanze in questione, avesse individuato alcuni problemi riscontrati dall’EFSA (vale a dire l’assenza di un rapporto dello Stato membro relatore e la presentazione, da parte degli Stati membri, di dati in formati, in lingue e in termini diversi), essa non indicava tuttavia che l’EFSA o il capo unità competente ritenessero che il termine concesso fosse impossibile da rispettare o avrebbe compromesso la qualità dei risultati.

353    Di conseguenza, occorre respingere la censura relativa alla grande pressione temporale asseritamente imposta all’EFSA.

ii)    Sulle censure relative alla mancata considerazione, da parte dell’EFSA, di importanti dati scientifici pertinenti

354    Le ricorrenti sostengono che l’EFSA non ha preso in considerazione, nell’ambito della valutazione dei rischi, importanti dati scientifici pertinenti, come la letteratura specifica pertinente con valutazione inter pares, alcuni studi, i dati di monitoraggio e le misure di mitigazione dei rischi.

–       Sulla presunta mancanza di un esame approfondito della letteratura scientifica pertinente con valutazione inter pares

355    In primo luogo, la Bayer sostiene che, a causa della brevità del termine imposto dalla Commissione, l’EFSA ha completamente rinunciato all’esame dettagliato usuale della letteratura scientifica pertinente con valutazione inter pares.

356    A questo riguardo, come la Commissione ha correttamente sostenuto, nella misura in cui la Bayer fa quindi riferimento all’esame, da parte dell’EFSA, della letteratura scientifica revisionata che, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 1107/2009, deve essere allegata al fascicolo presentato dal richiedente un’approvazione, è sufficiente ricordare che l’atto impugnato è stato adottato nell’ambito della procedura di riesame di cui all’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009, che è aperta d’ufficio dalla Commissione, e non sulla base di un fascicolo presentato da un richiedente.

357    Pertanto, nel caso di specie, non esisteva un «fascicolo», ai sensi dell’articolo 8 del regolamento n. 1107/2009, presentato dal richiedente l’approvazione e contenente tale letteratura scientifica, che avrebbe potuto essere valutata dall’EFSA.

358    Ciò non significa tuttavia che la letteratura scientifica pertinente non debba essere presa in considerazione nell’ambito di un riesame ai sensi dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009. Infatti, come è stato constatato al punto 289 supra, dall’articolo 114, paragrafo 3, TFUE e dalla relativa giurisprudenza, risulta che, salvo indicazione contraria, le decisioni che la Commissione è chiamata ad adottare nel contesto di tale regolamento devono sempre tener conto delle conoscenze scientifiche e tecniche più recenti.

–       Sull’asserita mancata considerazione di taluni studi esistenti

359    Le ricorrenti sostengono che l’EFSA non ha preso in considerazione tutti gli studi scientifici pertinenti disponibili e, in particolare, gli studi di livello 2 e 3 (studi in condizioni semi-naturali e in campo). Esse individuano alcuni studi non – o non adeguatamente – presi in considerazione.

360    La Bayer presenta, a tale riguardo, in allegato alla replica nella causa T‑429/13, un elenco di studi di campo e in condizioni semi-naturali sull’imidacloprid e il clothianidin, che non sarebbero stati presi in considerazione in modo adeguato e, in tal modo, sarebbero stati ignorati nel processo di valutazione dei rischi. Inoltre, essa ha indicato, in sede di ricorso, due articoli asseritamente non presi in considerazione dall’EFSA, pubblicati nel 2012, rispettivamente, da Blacquière e a. e da Cresswell e a.

361    Syngenta, da parte sua, propone un elenco di studi sul tiametoxam che avrebbe messo a disposizione dell’EFSA e che essa non avrebbe esaminato. Essa cita in modo specifico gli studi di Genersch (2010) e di Fent (2012).

362    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti. Essa ha prodotto, nelle due cause, delle tabelle, redatte sulla base di quelle presentate dalle ricorrenti, le quali indicano, per ogni studio individuato dalle ricorrenti, o che esso è stato preso in considerazione (con eventuale indicazione del riferimento nelle conclusioni dell’EFSA o in altri documenti), o i motivi per i quali è stato scartato dall’EFSA. Tali motivi derivano in gran parte dal fatto che lo studio in questione riguardava un impiego che non rientrava nell’oggetto della valutazione dell’EFSA o dal fatto che la sua ideazione presentava delle carenze che ne pregiudicavano l’utilità o la valenza probatoria ai fini della valutazione dei rischi.

363    In primo luogo, si deve anzitutto respingere la censura vertente sul fatto che l’EFSA avrebbe ignorato, in generale, gli studi di livello superiore. Infatti, le conclusioni dell’EFSA sulle sostanze in questione contengono ciascuna dei punti specificamente dedicati alla valutazione dei rischi grazie a studi di livello superiore (punti 2.4.1, 2.2.5, 2.3.2 e 3.1.4 delle conclusioni dell’EFSA sull’imidacloprid; punti 2.1.4, 2.2.5, 2.3.2 e 3.2.2 delle conclusioni dell’EFSA sul clothianidin; punti 2.1.4, 2.2.5 e 2.3.2 delle conclusioni dell’EFSA sul tiametoxam). In tali punti, l’EFSA riassume gli insegnamenti che ha potuto trarre degli studi da essa esaminati, nonché gli argomenti sui quali tali studi non hanno consentito di ottenere i chiarimenti necessari. La censura che deduce l’omessa presa in considerazione degli studi di livello superiore può quindi riguardare solo taluni studi specifici.

364    Inoltre, in primo luogo, per quanto riguarda gli studi identificati dalla Bayer, si deve rilevare che quest’ultima si era limitata, in fase di ricorso, oltre alla generica affermazione secondo cui l’EFSA non avrebbe preso in considerazione tutti gli studi, a individuare due pubblicazioni del 2012 (l’articolo di Blacquière e a. e un articolo pubblicato da Cresswell e a.). La Commissione ha contestato la tesi tratta da tali due articoli sotto vari aspetti nella fase del controricorso. In particolare, essa ha sostenuto che lo studio che ha dato luogo all’articolo di Blacquière e a. era uno studio cosiddetto «secondario» sotto forma di rassegna sistematica, che non era basata su esperimenti propri, ma raccoglieva e riassumeva i risultati di studi precedenti, e che l’articolo di Cresswell e a. era un semplice commento allo studio Henry sul tiametoxam e, pertanto, su una sostanza non commercializzata dalla Bayer. Inoltre, secondo la Commissione, gli autori delle due pubblicazioni, riguardanti gli effetti subletali, non concludevano nel senso dell’innocuità delle sostanze per le api, ma discutevano sulle carenze dei metodi di esecuzione dei test e raccomandavano altri test e ulteriori miglioramenti. Infine, la Commissione sottolinea che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Bayer, l’EFSA aveva esaminato i due articoli. Alla luce di tali elementi, non contestati dalla Bayer in sede di replica, si deve respingere l’argomento tratto da tali due studi.

365    In sede di replica, la Bayer ha presentato un nuovo elenco di studi asseritamente non presi in considerazione dall’EFSA. Orbene, occorre respingere tale elenco come tardivo. Infatti, da un lato, anche supponendo che si tratti di un motivo nuovo rispetto a quello relativo all’omessa presa in considerazione degli studi risalenti al 2012, le disposizioni dell’articolo 48, paragrafo 2, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, ostano alla sua presa in considerazione. D’altro canto, se si tratta dello stesso motivo, esso deve essere respinto ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 1, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, come mezzo di prova il cui ritardo nella presentazione non è motivato.

366    In secondo luogo, per quanto riguarda gli studi identificati dalla Syngenta, essa tenta in realtà, nella replica nella causa T‑451/13, di creare l’impressione, attraverso l’impiego della formula «per un motivo qualsiasi», che la Commissione non abbia fornito motivazioni al riguardo, ma ciò non è vero alla luce delle spiegazioni fornite dalla Commissione nella tabella contenuta nell’allegato B.17 del controricorso nella medesima causa, che sono sufficienti per spiegare e giustificare l’omessa (parziale) presa in considerazione di alcuni studi.

367    In particolare, per quanto riguarda lo studio di Fent (2012), il fatto che tale studio, secondo le stesse indicazioni della Syngenta, sia stato completato soltanto dopo le conclusioni dell’EFSA, spiega a sufficienza perché essa non ha potuto tenerne conto nelle suddette conclusioni. Peraltro, va osservato che la Commissione non si è affatto accontentata «di dire che esso non era a disposizione dell’EFSA», contrariamente a quanto sostiene la Syngenta, ma ha spiegato in modo circostanziato, in particolare facendo riferimento alle critiche formulate dalla Germania, le carenze e i limiti di tale studio.

368    Analogamente, per quanto riguarda lo studio Genersch (2010), la Commissione afferma, sia nel controricorso che nella controreplica nella causa T‑451/13, che tale studio non riguardava il tiametoxam e non poteva quindi fornire informazioni affidabili circa l’assenza di rischio posto dai prodotti contenenti tale sostanza. La Syngenta non ha risposto a tale argomento. In tali condizioni, si deve rilevare che essa non ha comunque dimostrato che l’omessa presa in considerazione dello studio Genersch (2010), in merito alla quale la Commissione ammette peraltro che l’EFSA avrebbe dovuto motivarla espressamente, abbia potuto incidere sulle conclusioni dell’EFSA sul tiametoxam.

369    Infine la Commissione ha preso posizione su un terzo studio, lo studio Muehlen e a. (1999), che l’EFSA aveva ritenuto «irrilevante», in considerazione del fatto che gli autori non fornivano alcune indicazioni essenziali sulle circostanze dei test. Alla luce di tali indicazioni della Commissione, dell’anzianità dello studio in questione e del fatto che non sia stato oggetto di una valutazione inter pares in sede di esame del fascicolo nel quadro dell’iniziale iscrizione del tiametoxam nell’elenco delle sostanze attive (forse a causa delle carenze identificate dalla Commissione), si deve concludere che non si può presumere che l’omessa presa in considerazione, da parte dell’EFSA, dello studio Muehlen e a., abbia avuto un impatto sulle conclusioni dell’EFSA sul tiametoxam.

370    Di conseguenza, occorre respingere la censura vertente sull’omessa presa in considerazione, da parte dell’EFSA, di taluni studi scientifici.

–       Sull’asserita omessa presa in considerazione dei dati di monitoraggio e delle misure di mitigazione dei rischi

371    Le ricorrenti sostengono che, contrariamente a quanto richiesto dall’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009, l’EFSA non ha tenuto conto dei dati di monitoraggio e delle misure di mitigazione dei rischi disponibili, che costituirebbero dati e informazioni pertinenti.

372    La Commissione sottolinea che la pertinenza dei dati di monitoraggio è stata invece esaminata dagli esperti per determinare, a norma dell’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009, se i criteri di approvazione di cui all’articolo 4 del suddetto regolamento fossero sempre rispettati. Inoltre, essa contesta l’affermazione secondo la quale i dati di monitoraggio esistenti dimostrano in modo determinante che le api non corrono alcun rischio inaccettabile.

373    In primo luogo, occorre distinguere, nel contesto del presente motivo, due censure: la prima è relativa al fatto che i dati di monitoraggio e le misure di mitigazione dei rischi sarebbero stati ignorati dall’EFSA, la seconda al fatto che tali dati o tali misure, seppur esaminati dall’EFSA, non sarebbero stati presi correttamente in considerazione.

374    Per quanto riguarda la prima censura, emerge dal fascicolo che, contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, l’EFSA non ha ignorato i dati di monitoraggio disponibili, né le misure di mitigazione dei rischi. Infatti, le conclusioni dell’EFSA sulle singole sostanze in questione contengono un punto specificamente dedicato a una sintesi dei dati di monitoraggio raccolti dall’EFSA (punto 5 delle conclusioni sull’imidacloprid; punto 4 delle conclusioni sul clothianidin; punto 3 delle conclusioni sul tiametoxam), in cui sono riportati gli incidenti verificatisi e che sono stati collegati all’uso delle sostanze in questione, nonché, se del caso, i risultati osservati a seguito dell’introduzione delle eventuali misure di mitigazione adottate, nella misura in cui erano stati comunicati all’EFSA. Per quanto riguarda in particolare questi ultimi, l’EFSA ha in particolare preso atto che, in Austria, l’introduzione di misure quali l’uso di deflettori durante le semine aveva dato luogo a un notevole miglioramento della situazione.

375    Occorre sottolineare, a questo proposito, che i dati di monitoraggio sono rilevati e le misure di riduzione dei rischi sono adottate a livello nazionale e sono dunque a disposizione delle autorità competenti degli Stati membri. Questi ultimi sono stati invitati dall’EFSA, con messaggio di posta elettronica del 15 ottobre 2012, a presentarle tutti i dati in loro possesso a tale riguardo, affinché potessero essere oggetto delle discussioni tra gli esperti dell’EFSA e degli Stati membri nel novembre 2012. Orbene, risulta dalla frase introduttiva dei punti delle conclusioni dell’EFSA dedicati ai dati di monitoraggio che gli unici Stati membri ad aver presentato tali dati sono stati la Francia, l’Italia, l’Austria e la Slovenia. In tali condizioni, l’omessa presa in considerazione di dati e misure che, nonostante l’invito in oggetto, non sarebbero stati comunicati dagli Stati membri non può essere addebitata all’EFSA o ritenersi un vizio dell’atto impugnato. Ciò rende inoperante, in particolare, il riferimento, da parte della Bayer, alle misure di mitigazione dei rischi asseritamente attuate in Ungheria.

376    Occorre inoltre osservare, in tale contesto, che le misure di mitigazione richiamate dalle ricorrenti riguardano anzitutto l’uso di deflettori durante la semina per ridurre l’esposizione alla polvere. Di conseguenza, tale misura di mitigazione non può ridurre i rischi di altre vie di esposizione, come l’esposizione ai residui presenti nel nettare e nel polline e l’esposizione tramite il liquido di guttazione, inclusi nelle conclusioni dell’EFSA.

377    Di conseguenza, occorre respingere la prima censura.

378    Per quanto riguarda la seconda censura, Syngenta sostiene che le conclusioni dell’EFSA sul tiametoxam riassumono in meno di due pagine diverse migliaia di pagine di dati di monitoraggio, che sarebbero poi respinti per intero, sulla base di brevi osservazioni.

379    L’EFSA ha, in ciascuna delle sue tre conclusioni sulle sostanze in questione, concluso il punto relativo ai dati di monitoraggio con un punto intitolato «Conclusione generale sui dati di monitoraggio», il cui testo è il seguente:

«Durante [la riunione del gruppo scientifico “prodotti fitosanitari e loro residui” dell’EFSA (Panel on Plant Protection Products and their Residues, PPP), che ha avuto luogo dal 5 al 9 novembre 2012], gli esperti hanno citato il ricorso ai dati di monitoraggio nel quadro della valutazione del rischio. Si è ritenuto che può rivelarsi problematico ricorrere direttamente ai dati di monitoraggio in una valutazione dei rischi, a causa del fatto che essi utilizzano molti parametri influenti che non si possono comprendere appieno (esposizione ai pesticidi, condizioni climatiche, presenza di malattie, pratiche agricole ecc.). Di conseguenza, è difficile stabilire un collegamento tra l’esposizione e gli effetti osservati nei dati di monitoraggio (cioè un nesso di causalità). Si è anche riscontrato che i dati di monitoraggio possono non fornire una visione globale, a causa del fatto che, in alcuni casi, non tutti i parametri sono esaminati (come l’uso di farmaci veterinari, ad esempio). È stato pure sottolineato che i dati di monitoraggio sono pertinenti solo per lo Stato membro interessato (e per le buone pratiche agricole approvate in tale Stato membro) e non per tutti gli usi autorizzati, o condizioni ambientali e agronomiche dell’U[nione]. Nel complesso, si è ritenuto che i dati di monitoraggio erano di limitata utilità per la valutazione dei rischi, ma che potevano essere utili per fornire informazioni di riscontro ai responsabili della gestione del rischio per consentire loro di prevedere delle misure di prevenzione».

380    Occorre constatare che queste osservazioni rendono correttamente conto delle caratteristiche e dei limiti dei dati di monitoraggio, già rilevate ai punti da 208 a 212 supra, che incidono sulla loro utilità ai fini della valutazione dei rischi. Poiché si tratta di caratteristiche comuni a tutti i dati di monitoraggio, era possibile indicarle globalmente, non potendosi rimproverare all’EFSA la brevità dell’esame. Tali caratteristiche spiegano le ragioni per cui i dati di monitoraggio, pur essendo stati presi in considerazione dall’EFSA, non possono avere un’influenza decisiva sull’esito della valutazione dei rischi e, in particolare, non possono dimostrare con sufficiente certezza l’innocuità delle sostanze in questione.

381    Ne consegue che occorre respingere la seconda censura, vertente sul fatto che l’EFSA non ha correttamente preso in considerazione i dati di monitoraggio e le misure di mitigazione dei rischi.

382    Di conseguenza, occorre respingere la censura vertente sull’omessa presa in considerazione, da parte dell’EFSA, dei dati di monitoraggio e delle misure di mitigazione dei rischi.

iii) Sulla censura relativa all’applicazione di un approccio puramente ipotetico del rischio

383    Le ricorrenti ricordano la giurisprudenza citata al punto 116 supra, secondo la quale una misura preventiva non può essere validamente motivata con un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente, e sostengono che le conclusioni dell’EFSA non hanno individuato alcun rischio nella maggior parte dei casi, che i dati di monitoraggio hanno tutti segnalato l’assenza di rischio e che i pochi rischi individuati sono puramente ipotetici.

384    La Commissione confuta gli argomenti delle ricorrenti.

–       Sulla questione se le conclusioni dell’EFSA abbiano identificato dei rischi

385    Da un lato, per quanto riguarda la questione se le conclusioni dell’EFSA hanno identificato dei rischi, occorre ricordare che l’EFSA ha identificato, in particolare:

–        un rischio acuto elevato per le api da miele in caso di esposizione alla dispersione di polveri durante la concia di sementi di mais, colza, cereali (clothianidin, imidacloprid, tiametoxam) e di cotone (imidacloprid, tiametoxam);

–        un rischio acuto elevato per le api in caso di esposizione ai residui presenti nel nettare e nel polline durante l’impiego sulla colza (clothianidin, imidacloprid) nonché sul cotone e il girasole (imidacloprid);

–        un rischio acuto elevato in caso di esposizione al liquido di guttazione durante l’impiego sul mais (tiametoxam).

386    Dall’altro, le conclusioni dell’EFSA mettevano in luce alcune incertezze relative, in particolare, a talune colture, alcune modalità di esposizione, ai rischi acuti e nel lungo termine per la sopravvivenza e lo sviluppo della colonia e il rischio per altri insetti impollinatori. A tale proposito, l’EFSA ha quindi ritenuto che i dati disponibili non consentivano di trarre conclusioni quanto all’esistenza o all’assenza di un rischio.

387    Di conseguenza, si deve dichiarare che le conclusioni dell’EFSA hanno identificato, per ciascuna delle sostanze in questione, più rischi, relativi a vari impieghi autorizzati. In tali circostanze, la questione se, come afferma la Syngenta, tali rischi non riguardavano «la maggior parte dei casi» non ha alcuna rilevanza.

388    Tuttavia, a causa dell’insufficienza delle conoscenze scientifiche disponibili, l’EFSA si è astenuta, nelle sue conclusioni sulle sostanze in questione, dal fare constatazioni sull’esistenza o sull’assenza di rischi, acuti o nel lungo termine, per la sopravvivenza delle colonie di api, e questo nonostante il fatto che tali rischi fossero espressamente oggetto del secondo mandato conferito dalla Commissione (v. punto 21 supra). Infatti, nel punto delle conclusioni dedicato alle carenze nei dati individuate durante la valutazione, l’EFSA elenca numerosi settori in cui occorrono ulteriori ricerche per poter trarre conclusioni, in particolare, sugli effetti acuti e nel lungo termine per la sopravvivenza delle colonie.

389    Syngenta ne trae argomento per parlare di «conclusioni inconcludenti» o «non-conclusioni». Tuttavia, si deve constatare che il fatto che la valutazione dei rischi non ha potuto giungere a conclusioni definitive in merito a taluni dei rischi indagati lascia impregiudicata la sua legittimità e la sua utilità, ai fini dell’adozione dell’atto impugnato.

–       Sull’eventuale natura ipotetica dei rischi individuati dall’EFSA

390    In primo luogo, nei limiti in cui le ricorrenti traggono argomento, in maniera generale, dall’asserito difetto di fondamento scientifico e dal contenuto asseritamente erroneo delle conclusioni dell’EFSA, risulta dall’esame delle censure dedotte al riguardo, ai punti da 342 a 382 supra, che la valutazione dei rischi delle sostanze in questione, di cui le conclusioni dell’EFSA sono il risultato, è stata condotta secondo le regole scientifiche. Poiché le ricorrenti non hanno dimostrato che la valutazione sia stata viziata, i rischi la cui esistenza è stata accertata nelle conclusioni dell’EFSA devono essere considerati scientificamente fondati e non possono essere considerati, in maniera generalizzata, come ipotetici.

391    In particolare, è infondata l’affermazione della Syngenta secondo cui i pochi rischi individuati sono puramente ipotetici, poiché l’approccio adottato nelle valutazioni di livello 1 era particolarmente prudente.

392    A tale riguardo, si rinvia ai punti da 306 a 325 supra, ove si è affermato che, se la scelta della Commissione di procedere ad una valutazione del rischio delle sostanze in questione senza attendere il completamento di un documento d’orientamento sull’esecuzione dei test comportava certamente che alcuni dei rischi individuati, o che non si erano potuti escludere, potevano poi rivelarsi inesistenti (v. punto 308 supra), tale scelta tuttavia era giustificata nel caso di specie, in particolare in applicazione del principio di precauzione (v. punto 325 supra).

393    Si deve pertanto concludere che, sebbene le conclusioni dell’EFSA possano contenere eventuali «falsi allarmi», ciò non può essere considerato, in generale, il risultato di un approccio particolarmente prudente dell’EFSA, nel quadro delle valutazioni di livello 1, ma è piuttosto la conseguenza della scelta della Commissione di procedere ad una valutazione dei rischi in un momento in cui la realizzazione di una valutazione di livello 2 e 3 era in gran parte impossibile – da un lato, a causa della mancanza di un documento d’orientamento completo e, dall’altro, a causa della necessità di reagire rapidamente alle nuove conoscenze scientifiche che indicavano che le condizioni di approvazione potevano non essere più soddisfatte. Poiché l’esame di tale scelta della Commissione non ha rivelato irregolarità, tenuto anche conto delle sue conseguenze, occorre respingere l’argomento vertente su un approccio particolarmente prudente della valutazione di livello 1.

394    Infine, per quanto riguarda l’affermazione secondo cui i dati di monitoraggio e gli studi di livello superiore avrebbero indicato un’assenza di rischio, si è esposto al punto 380 supra la ragione per la quale tali dati non permettono di trarre una simile conclusione.

395    In secondo luogo, la Bayer sostiene che anche questioni aperte considerate minori hanno indotto l’EFSA a invalidare interi gruppi di dati o a non tenerne conto nelle sue conclusioni e che, anche nei settori in cui non veniva paventato alcun rischio, l’EFSA ha «trovato il modo» di concludere per l’esistenza di dati carenti, perché nessun’altra procedura definita di test e di valutazione era stata formulata.

396    È sufficiente, per respingere tale argomentazione, rilevare, come fa la Commissione, che la Bayer non fornisce alcun dettaglio a tal riguardo, cosicché non è possibile, per il Tribunale, verificare la fondatezza delle sue affermazioni.

397    In terzo luogo, Syngenta solleva una serie di contestazioni di dettaglio nei confronti dei rischi rilevati nelle conclusioni dell’EFSA.

398    Sotto un primo profilo, la Syngenta afferma che l’EFSA ha applicato un tasso di semina irragionevolmente elevato per la colza e il girasole nel calcolo dell’esposizione alle polveri. I tassi realistici sarebbero invece di 4 kg/ha per la colza e 5,5 kg/ha al massimo per il girasole. Secondo la Syngenta, tali errori avrebbero direttamente influenzato il risultato della valutazione dei rischi relativa al tiametoxam.

399    La Commissione contesta gli argomenti della Syngenta.

400    Occorre rilevare, anzitutto, che, come risulta dalla tabella di cui all’appendice A delle conclusioni dell’EFSA sul tiametoxam, i tassi di semina applicati variano considerevolmente tra i diversi Stati membri situandosi tra 4 e 8 kg/ha per la colza e tra 6 e 7 kg/ha per il girasole.

401    Inoltre, la Syngenta non ha contestato le affermazioni della Commissione secondo cui i tassi di semina applicati dall’EFSA erano quelli che le erano stati comunicati dagli Stati membri, per tener conto delle «buone pratiche agricole» definite in ciascuno Stato membro e delle condizioni di autorizzazione dei vari prodotti fitosanitari nei vari Stati membri. Infatti, il tasso di cui trattasi deve essere indicato dal fabbricante nel contesto della domanda di autorizzazione dei prodotti fitosanitari a livello nazionale.

402    In tali circostanze, non è rilevante sapere se i tassi di semina effettivamente applicati in pratica potrebbero trovarsi al di sotto dei tassi applicati dall’EFSA. Infatti, le autorizzazioni di prodotti fitosanitari rilasciate dagli Stati membri si basano sui tassi di semina corrispondenti alle «buone pratiche agricole» specifiche di ogni singolo Stato membro e, pertanto, non si può escludere che tali tassi siano effettivamente raggiunti nella pratica. Pertanto, l’EFSA era tenuta a valutare il rischio del tiametoxam applicando il tasso massimo di semina autorizzato, al fine di tener conto degli usi autorizzati nell’Unione.

403    Di conseguenza, occorre respingere l’argomento relativo all’applicazione di tassi di semina irrealistici.

404    Sotto un secondo profilo, la Syngenta sostiene che l’EFSA ha applicato un tasso di deposito troppo alto per quanto riguarda l’esposizione alle polveri provenienti dalle sementi di colza. Laddove l’EFSA avrebbe fissato un tasso del 2,7%, nelle linee guida del 2013 sarebbe stato fissato in seguito un tasso inferiore.

405    La Commissione si oppone a tale argomento.

406    Come risulta dal punto 161 del ricorso nella causa T‑451/13, la Syngenta adduce tale argomento a titolo di esempio per spiegare la sua tesi secondo cui, in sede di valutazione di livello 1, «la lieve modifica di un unico valore ipotetico può cambiare completamente il risultato della valutazione dei rischi [e] la modifica di più variabili amplifica esponenzialmente tale effetto». Orbene, da un lato, tale tesi non fa che descrivere le conseguenze inevitabili del fatto che la valutazione dei rischi è il risultato di valutazioni complesse che comportano la considerazione di numerose variabili, alcune delle quali si basano su stime o costituiscono valori approssimativi. Per contro, essa non può servire a rimettere in discussione la validità della valutazione in quanto tale, purché si sia sufficientemente tenuto conto delle incertezze provocate dall’interdipendenza di vari fattori incerti. D’altro canto, l’EFSA ha espressamente rilevato la necessità di tener conto di tali circostanze nelle sue conclusioni sul tiametoxam, precisando che «[o]ccorre[va] rilevare che detti valori [erano] tratti da un progetto di documento d’orientamento e [potevano] essere in seguito modificati; pertanto, le valutazioni del rischio che ne consegui[vano] d[ovevano] essere interpretate con cautela».

407    Di conseguenza, occorre respingere l’argomento relativo all’applicazione di un tasso di deposito troppo elevato.

408    Sotto un terzo profilo, la Syngenta sostiene che l’identificazione di un rischio elevato, quanto all’esposizione al liquido di guttazione per il mais, si basa su ipotesi poco realistiche. Infatti, la valutazione sarebbe basata su livelli di concentrazione di tiametoxam nel liquido di guttazione fino a sei settimane dopo la germinazione (data in cui la pianta esce dal suolo), mentre il livello di concentrazione scenderebbe in seguito e la fioritura, durante la quale le piante sono in grado di attirare le api, si verificherebbe soltanto da dieci a tredici settimane dopo la germinazione. Inoltre, la Syngenta sottolinea che non è certo che le api utilizzino il liquido di guttazione del mais, in quanto, da un lato, la guttazione si genera unicamente in condizioni di umidità, ossia quando esistono anche altre fonti di acqua per le api, e, dall’altro lato, il mais è impollinato dal vento e non è quindi una «coltura che richiama le api», nemmeno all’epoca della fioritura. Tale incertezza sarebbe sottolineata più volte dalla stessa EFSA.

409    La Commissione si oppone a questi argomenti.

410    Occorre rilevare, a tal riguardo, che il punto 2.3 delle conclusioni dell’EFSA sul tiametoxam, dedicato alla valutazione del rischio correlato alla guttazione, è suddiviso in tre punti, dedicati alla valutazione di livello 1 (punto 2.3.1), alla valutazione di studi di livello superiore (punto 2.3.2) e alla conclusione sul rischio correlato alla guttazione (punto 2.3.3). Gli argomenti della Syngenta si riferiscono esclusivamente al punto 2.3.1 e quindi alla valutazione di livello 1.

411    Come espressamente menzionato in tale punto, si tratta, a questo livello, di valutare il rischio potenziale posto dal consumo di liquido di guttazione da parte delle api, senza sapere ancora se, e in quale misura, le api ingeriscono effettivamente il liquido di guttazione. Inoltre, l’EFSA rileva che le informazioni disponibili riguardo all’ingestione di acqua da parte delle api bottinatrici sono insufficienti. Di conseguenza, si constata semplicemente alla fine del punto 2.3.1, che «è chiaro che le concentrazioni riscontrate nel liquido di guttazione nelle piante di mais possono dare adito a preoccupazioni per quanto riguarda le api in caso di esposizione al liquido di guttazione».

412    Orbene, la Syngenta omette di menzionare il fatto che l’EFSA afferma poi, al punto 2.3.2, che risulta da quattro studi di campo (livello 3) sul liquido di guttazione disponibili e da essa esaminati, da un lato, che si verifica un picco di mortalità delle api al momento della germinazione delle piante di mais e, dall’altro lato, che si poteva ragionevolmente supporre che tale mortalità fosse legata all’esposizione al tiametoxam (o al suo metabolita clothianidin) tramite il liquido di guttazione. L’EFSA ne ha concluso che «[g]lobalmente, i dati sulla mortalità di tre degli studi indica[vano] che esiste[va] un rischio acuto per le api dovuto al liquido di guttazione al momento della germinazione».

413    È vero che l’EFSA ha sottolineato più volte che, a causa dello scarso numero di studi disponibili sulla guttazione, permangono incertezze e che tali conclusioni devono ancora essere confermate da ulteriori ricerche. Tuttavia, si deve rilevare che, con tutta evidenza, i vari fatti rilevati dalla Syngenta, esposti al punto 408 supra, non hanno impedito alle api di essere esposte al liquido di guttazione fin dall’emergere delle piante e quindi al momento in cui la concentrazione di tiametoxam nel liquido di guttazione era più elevata. L’esistenza di un rischio acuto per le api legato all’esposizione al liquido di guttazione del mais è stata pertanto accertata, da parte dell’EFSA, sulla base di studi di campo e, di conseguenza, in condizioni realistiche di impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva tiametoxam.

414    In tali circostanze, occorre respingere in quanto infondati gli argomenti della Syngenta vertenti su ipotesi asseritamente poco realistiche in cui l’EFSA ha constatato l’esistenza di un rischio elevato connesso alla guttazione del mais.

415    Pertanto, si deve respingere la censura vertente sull’applicazione di un approccio puramente ipotetico del rischio e, di conseguenza, le censure connesse alla valutazione del rischio effettuata dall’EFSA, nel loro insieme.

3)      Sulle censure relative alla valutazione del rischio da parte della Commissione

416    Occorre ora esaminare le censure relative al modo in cui la Commissione ha tenuto conto delle conclusioni dell’EFSA e deciso le misure adottate nell’atto impugnato, nell’ambito della sua funzione di gestione del rischio. A questo proposito, le ricorrenti sostengono che le misure adottate siano inutili, sproporzionate o anche arbitrarie.

i)      Sulla censura secondo la quale la procedura e le prese di posizione pubbliche della Commissione sarebbero state precipitose

417    Le ricorrenti sostengono che la «velocità record» con cui la Commissione ha agito dopo aver ricevuto le conclusioni dell’EFSA indica in modo chiaro che essa ha omesso di prestare la debita attenzione ad altre opzioni meno restrittive. La Commissione non avrebbe tenuto conto né della possibilità di adottare misure meno rigorose, né della possibilità di misure di mitigazione dei rischi ipotizzabili.

418    La Commissione contesta che l’atto impugnato sia stato adottato in modo affrettato. In particolare, essa avrebbe esaminato le misure di mitigazione dei rischi e le loro varie forme e aspetti.

419    Occorre rilevare, anzitutto, che la procedura tra la pubblicazione delle conclusioni dell’EFSA e l’adozione dell’atto impugnato si è svolta come segue:

–        20 dicembre 2012: comunicazione di una versione preliminare delle conclusioni dell’EFSA alla Commissione e alle ricorrenti;

–        16 gennaio 2013: pubblicazione delle conclusioni dell’EFSA; invito alle ricorrenti a presentare osservazioni entro dieci giorni;

–        25 gennaio 2013: osservazioni delle ricorrenti sulle conclusioni dell’EFSA;

–        28 gennaio 2013: distribuzione agli Stati membri del documento di lavoro in vista della sessione del Copcasa del 31 gennaio e del 1o febbraio 2013;

–        31 gennaio e 1o febbraio 2013: sessione del Copcasa:

–        22 febbraio 2013: comunicazione alle ricorrenti del progetto dell’atto impugnato, con invito a presentare osservazioni entro un termine di otto giorni;

–        1o marzo 2013: osservazioni delle ricorrenti sul progetto dell’atto impugnato;

–        14 e 15 marzo 2013: discussione del progetto dell’atto impugnato in seno al Copcasa (assenza di maggioranza qualificata);

–        29 aprile 2013: riunione del comitato di appello (assenza di maggioranza qualificata);

–        24 maggio 2013: adozione dell’atto impugnato.

420    A questo proposito, per quanto riguarda, in primo luogo, il tempo intercorso tra la pubblicazione delle conclusioni dell’EFSA, da una parte, e la proposta delle restrizioni oggetto dell’atto impugnato, dall’altra, la Commissione sottolinea di aver ricevuto la versione preliminare delle conclusioni dell’EFSA il 20 dicembre 2012 e di aver presentato una proposta di progetto dell’atto impugnato per la prima volta al Copcasa a metà marzo 2013, vale a dire circa tre mesi più tardi.

421    Anche se, da un punto di vista formale, ciò è vero, si deve però rilevare che le misure oggetto dell’atto impugnato erano già, in sostanza, state proposte nel documento di lavoro del 28 gennaio 2013, in vista di una discussione in sede della sessione del Copcasa del 31 gennaio e 1o febbraio 2013. Infatti, tale documento conteneva, in particolare, il seguente passaggio: «Tenuto conto delle lacune nei dati e dei rischi individuati dall’EFSA, la DG SANCO ritiene che sia ora necessario e urgente agire a livello regolamentare. Abbiamo individuato un certo numero di azioni: 1. (…) limitare l’impiego dei prodotti fitosanitari contenenti tali sostanze alle colture che non attirano le api (…) e ai cereali invernali (…) 5 Limitare l’uso agli utenti professionali (…)». In realtà, come sostengono giustamente le ricorrenti, la Commissione ha dunque annunciato la propria intenzione di limitare l’uso delle sostanze in questione, in particolare per tutte le colture che attirano le api, sin dal 28 gennaio 2013, e quindi soltanto circa cinque settimane dopo aver ricevuto la versione preliminare delle conclusioni.

422    Tuttavia, risulta che questo periodo fosse sufficiente per consentire ai servizi della Commissione di formarsi una prima opinione circa le conseguenze che ritenevano opportuno trarre delle conclusioni dell’EFSA, e ciò, in particolare, senza trascurare la possibilità di adottare misure meno restrittive. Occorre sottolineare, al riguardo, che gli impieghi che la Commissione ha proposto di limitare nel documento di lavoro del 28 gennaio 2013 corrispondono ampiamente a quelli per i quali l’EFSA aveva identificato un rischio acuto, oppure non aveva potuto escludere un rischio a causa della mancanza di dati necessari. Occorre inoltre tener conto del fatto che, nella specie, l’EFSA aveva positivamente individuato alcuni rischi e che la Commissione poteva dunque legittimamente ritenere che l’adozione di misure adeguate non dovesse essere indebitamente ritardata – contrariamente alla situazione esistente al momento della preparazione della prima approvazione di una sostanza, in cui, per definizione, un ritardo nel procedimento non rischia di arrecare pregiudizio all’ambiente.

423    In secondo luogo, occorre rilevare che il termine di tre giorni, compreso un fine settimana, intercorrente tra la ricezione, da parte della Commissione, venerdì 25 gennaio 2013, delle osservazioni delle ricorrenti sulle conclusioni dell’EFSA, e l’invio agli Stati membri del documento di lavoro, lunedì 28 gennaio 2013, in vista della riunione del Copcasa del 31 gennaio e 1o febbraio 2013, non consente neanch’esso di ritenere che una procedura sia affrettata. Infatti, se tale termine può sembrare troppo breve affinché si siano potute prendere in considerazione nel documento di lavoro le osservazioni delle ricorrenti, occorre rilevare, da una parte, che tale documento non indica che le ricorrenti siano state consultate prima della sua elaborazione, e la Commissione non pretende che ciò sia avvenuto, e, dall’altro, che la Commissione non era tenuta a tale consultazione ai fini della predisposizione di un documento di lavoro destinato al Copcasa. Infatti, la discussione tra la Commissione e gli Stati membri sul seguito da dare alle conclusioni dell’EFSA era autonoma dalle osservazioni delle ricorrenti al riguardo e non vi era un ordine di priorità da rispettare tra le due. Pertanto, la Commissione poteva procedere parallelamente alle consultazioni con gli Stati membri e alla raccolta delle osservazioni delle ricorrenti, la cui presa in considerazione ai fini dell’elaborazione del progetto dell’atto impugnato, comunicato il 22 febbraio 2013, era sufficiente.

424    In terzo luogo, dalle diverse dichiarazioni della Commissione del 28 gennaio 2013, riferite dalla Syngenta, non risulta, contrariamente a quanto essa asserisce, che il parere della Commissione sulle misure da adottare fosse stato già stato fissato, in via definitiva, a tale data, al punto da escludere o impedire qualsiasi ulteriore riflessione sulla possibilità di adottare misure meno restrittive.

425    Infatti, anzitutto, per quanto riguarda le dichiarazioni di un direttore della DG «Salute e sicurezza alimentare», rese dinanzi alla commissione «Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare» del Parlamento, esse sono riportate come segue in un articolo di stampa online del 25 gennaio 2013:

«Sono molti coloro che dovrebbero essere contenti di sentire [X], un direttore della DG SANCO, affermare che “dobbiamo agire subito”. Anche se lo stesso ammetteva che, in pratica, la Commissione era ancora in fase di “valutazione” e di “riflessione” sulle prove, in attesa di ulteriori raccomandazioni dell’EFSA».

426    Discende da tali affermazioni, supponendo che siano state correttamente citate, che la Commissione ha ritenuto che le osservazioni formulate nelle conclusioni dell’EFSA rendevano necessarie azioni immediate, ma che il processo di riflessione a tale riguardo non era ancora concluso. Occorre constatare che una siffatta presa di posizione appare equilibrata, in quanto, da un lato, era giustificata dalla gravità dei rischi e delle incertezze individuati dall’EFSA e, dall’altro, essa teneva debitamente conto del fatto che la natura e la portata delle misure da adottare era ancora da stabilire.

427    Lo stesso vale per quanto riguarda il comunicato stampa del Consiglio sulla sessione del Consiglio «Agricoltura e pesca» del 28 gennaio 2013, e il discorso tenuto in quella sede dal Commissario competente, secondo il testo prodotto dalla Syngenta come segue:

«Nelle sue conclusioni, l’EFSA ha individuato un certo numero di preoccupazioni e ha confermato l’esistenza di gravi rischi connessi all’uso di tre neonicotinoidi utilizzati in varie importanti colture nell’[Unione]. Questi problemi richiedono un’azione rapida e decisiva! Il tempo è ormai maturo per agire e garantire un livello di protezione equivalente alle api in tutta l’U[nione]. La Commissione intende proporre una serie di misure ambiziose ma proporzionate, che saranno presentate per una prima discussione nella riunione del [Copcasa] che avrà luogo giovedì di questa settimana. Vi è un punto in particolare sul quale vorrei essere chiaro: La nostra proposta chiederà misure armonizzate a livello dell’U[nione] e vincolanti, ispirate al principio di precauzione, ma anche al principio di proporzionalità. Infatti, l’EFSA ha individuato un certo numero di impieghi sicuri di tali sostanze, per quanto riguarda le api. Un divieto assoluto non sarebbe pertanto giustificato».

428    Infatti, il membro della Commissione, pur sottolineando la necessità di rispondere alle preoccupazioni rilevate dall’EFSA, ha insistito più volte sul fatto che le misure proposte avrebbero dovuto di rispettare il principio di proporzionalità, ha anche espressamente indicato che un divieto totale non sembrava giustificato e ha inoltre indicato che si trattava di una proposta «per una prima discussione». Tali dichiarazioni non possono essere interpretate nel senso di esprimere una posizione della Commissione fissa e non modificabile in seguito in merito al contenuto esatto delle misure da adottare.

429    Le ricorrenti non hanno pertanto dimostrato che la Commissione avesse assunto una posizione definitiva sulle misure da adottare, in una fase precoce della procedura, che le avrebbe impedito di considerare l’ipotesi di adottare misure meno rigorose di quelle oggetto dell’atto impugnato.

ii)    Sulla censura attinente alla violazione del diritto di essere ascoltato e dei diritti della difesa

430    Le ricorrenti contestano alla Commissione di non averle messe in grado di fornirle i dati necessari per colmare le asserite carenze individuate dall’EFSA in sede di riesame delle sostanze in questione. Tenuto conto del fatto che i requisiti derivanti dal parere dell’EFSA, applicati nel contesto di tale riesame, sono stati rafforzati rispetto a quelli applicabili in precedenza, ciò costituirebbe una violazione del diritto di essere ascoltato (secondo la Bayer), e dei diritti della difesa (secondo la Syngenta).

431    La Syngenta sostiene inoltre, in generale, di non aver avuto l’opportunità di partecipare alla procedura in maniera adeguata.

432    La Commissione confuta gli argomenti delle ricorrenti.

433    Occorre rilevare, al riguardo, che, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 1107/2009, se ha motivo di ritenere, alla luce di nuove conoscenze scientifiche e tecniche, che una sostanza attiva non soddisfi più i criteri di approvazione, la Commissione ne informa, in particolare, il fabbricante di tale sostanza e fissa a quest’ultimo un termine per la presentazione di osservazioni.

434    Come la Bayer sostiene correttamente, il diritto di essere ascoltato non può essere ridotto ad un mero requisito formale, senza alcuna reale conseguenza sull’esito della procedura.

435    Nel caso di specie, in primo luogo, occorre rilevare che le ricorrenti hanno potuto formulare le loro osservazioni in tempo utile. Infatti, risulta dai documenti del fascicolo che la Commissione ha ricevuto le loro osservazioni sia sulle conclusioni dell’EFSA sia sul progetto dell’atto impugnato. Così, con lettere del 16 gennaio 2013, la Commissione ha invitato le ricorrenti a presentare le loro osservazioni sulle conclusioni dell’EFSA, il che è avvenuto con lettere del 25 gennaio 2013. Parimenti, la Commissione ha invitato le ricorrenti a presentare le loro osservazioni sul progetto dell’atto impugnato con lettere del 22 febbraio 2013. Le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni con lettere del 1o marzo 2013. Inoltre, associazioni dell’industria fitosanitaria, e pertanto, in particolare, delle ricorrenti, hanno partecipato a varie riunioni con i servizi della Commissione nei mesi di gennaio e febbraio 2013 volte raccogliere il parere delle parti interessate [industria, organizzazioni non governative (ONG) ambientali] sulle conclusioni dell’EFSA e sulle misure previste dalla Commissione.

436    Ne consegue che le ricorrenti sono state invitate a formulare le loro osservazioni e che esse le hanno effettivamente formulate sia per iscritto sia, attraverso le organizzazioni che le rappresentano, nel corso di un’audizione con i servizi della Commissione. In tali circostanze, la Commissione poteva legittimamente ritenere di avere sufficienti informazioni sul punto di vista delle ricorrenti e, in particolare, non era tenuta a dare seguito alle richieste della Bayer di poter incontrare i propri funzionari responsabili del riesame delle sostanze in questione.

437    Inoltre, nella misura in cui la Bayer deduce in tale contesto, in fase di replica, che il termine di nove giorni a sua disposizione per presentare le sue osservazioni sulle conclusioni dell’EFSA era «manifestamente insufficiente», tale censura non risulta fondata.

438    Anzitutto, a tale riguardo, occorre ricordare che, indubbiamente, le conclusioni dell’EFSA sono state pubblicate il 16 gennaio 2013 e le ricorrenti sono state invitate a presentare le loro osservazioni in proposito nove giorni dopo, vale a dire il 25 gennaio 2013. Tuttavia, come la Commissione ha giustamente rilevato, le ricorrenti disponevano dal 20 dicembre 2012 di una versione preliminare delle conclusioni dell’EFSA, in sostanza identica alla versione finale, ai fini dell’identificazione dei dati riservati. Pertanto, esse erano in condizione, da quel momento, di prepararsi a prendere posizione nel merito sulle conclusioni dell’EFSA. Anche se tale ulteriore periodo di 26 giorni comprendeva le ferie di fine anno, si deve ritenere che il termine complessivo di 35 giorni fosse sufficiente per consentire alla Bayer di prendere utilmente posizione sulle conclusioni dell’EFSA.

439    Pertanto, la censura, sollevata dalla Bayer, relativa all’insufficienza del termine per presentare le sue osservazioni sulle conclusioni dell’EFSA deve essere respinta in quanto infondata.

440    In secondo luogo, occorre esaminare se il principio, formulato supra al punto 434, secondo il quale il diritto di essere ascoltato deve essere atto ad incidere sulla decisione nel merito, implica, nel caso di specie, che le ricorrenti devono avere l’opportunità di colmare lacune evidenziate dalle conclusioni dell’EFSA presentando nuovi dati e studi scientifici.

441    A tal riguardo, sotto un primo profilo, occorre tener conto dell’ampio potere discrezionale che dev’essere riconosciuto alla Commissione nel contesto dell’attuazione del regolamento n. 1107/2009 (v. punto 143 supra).

442    Sotto un secondo profilo, si deve ricordare che, al punto 325 supra, si è ritenuto che il principio di precauzione giustificava, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, che l’approvazione delle sostanze in questione fosse modificata senza attendere che fossero disponibili dati atti a colmare le lacune individuate nelle conclusioni dell’EFSA.

443    In particolare, occorre ricordare che la Commissione e la Bayer concordano nel ritenere che l’ottenimento dei dati necessari per colmare tali lacune richiederebbe almeno uno o due anni, a partire dal momento in cui si rendesse disponibile un documento d’orientamento, mentre la Syngenta non si è pronunciata su tale termine (v. punto 317 supra). In tali condizioni, il fatto di concedere alle ricorrenti tale termine avrebbe comportato un ritardo indebito dell’entrata in vigore delle misure oggetto dell’atto impugnato. Ne consegue che la Commissione poteva legittimamente concludere, nell’ambito della ponderazione degli interessi in gioco, che l’interesse generale all’attuazione immediata della modifica dell’approvazione prevalesse sull’interesse delle ricorrenti a disporre del tempo necessario per ottenere i dati mancanti.

444    Per la stessa ragione, la Commissione non era tenuta a far esaminare dall’EFSA un nuovo studio, di volume pari a 1 000 pagine e prodotto dalla Bayer il 25 gennaio 2013, contestualmente alle sue osservazioni sulle conclusioni dell’EFSA e quindi in una fase avanzata della procedura. Al contrario, essa poteva limitarsi ad assoggettare tale studio a un esame svolto dai suoi stessi servizi, per valutare il suo impatto sulla gestione del rischio ad essa incombente.

445    Sotto un terzo profilo, la Commissione ha tenuto conto del fatto che le conoscenze scientifiche e tecniche sulle carenze individuate nelle conclusioni dell’EFSA potevano evolversi, in particolare a seguito di studi sul campo effettuati dalle ricorrenti e da scienziati indipendenti, prevedendo anzitutto, al punto 16 dell’atto impugnato, che, «[e]ntro due anni dall’entrata in vigore del presente regolamento la Commissione procederà senza indebito indugio a un esame delle nuove informazioni scientifiche ricevute».

446    Ne consegue che le ricorrenti non avevano diritto a che la Commissione rinviasse la modifica dell’approvazione delle sostanze in questione per dare loro l’opportunità di ottenere i dati necessari per colmare le lacune individuate nelle conclusioni dell’EFSA.

447    In quarto luogo, gli argomenti delle ricorrenti riguardanti la giurisprudenza del Tribunale non sono tali da confutare tale conclusione.

448    Da un lato, le ricorrenti si avvalgono dei punti 186 e 187 della sentenza del 21 ottobre 2003, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio (T‑392/02, EU:T:2003:277), in cui il Tribunale avrebbe dichiarato, in sostanza, che, al di là delle situazioni di urgenza, la Commissione non può revocare l’autorizzazione di un prodotto senza aver dato al suo titolare la possibilità di fornire i dati che essa ritiene idonei a colmare tali lacune e che il titolare deve essere strettamente coinvolto nella procedura di riesame di tale sostanza e può avvalersi del diritto di essere informato sulle principali lacune del suo fascicolo che ostano al mantenimento dell’autorizzazione.

449    Dall’altro lato, le ricorrenti fanno valere il punto 140 della sentenza del 7 ottobre 2009, Vischim/Commissione (T‑420/05, EU:T:2009:391), nella quale il Tribunale, facendo riferimento alla sentenza del 21 ottobre 2003, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio (T‑392/02, EU:T:2003:277), ha considerato quanto segue:

«[N]ell’ambito di un procedimento comportante una rivalutazione di un prodotto esistente sul mercato in base ad una pratica presentata dal produttore interessato, quest’ultimo deve essere strettamente associato alla valutazione e può avvalersi del diritto di essere informato delle principali lacune della sua pratica che ostano all’autorizzazione del suo prodotto e l’osservanza di siffatte garanzie procedurali è soggetta al sindacato giurisdizionale. Infatti, alla luce dei principi della certezza del diritto e di buona amministrazione, al di là delle situazioni di urgenza, la Commissione non può rifiutare l’autorizzazione di un prodotto esistente sul mercato senza aver messo l’interessato in condizione di fornire i dati appropriati per colmare tali lacune (…)».

450    Occorre rilevare, a tale proposito, che le circostanze giuridiche e fattuali che hanno dato luogo a dette sentenze sono nettamente diverse da quelle del caso di specie.

451    Infatti, sotto un primo profilo, da un punto di vista giuridico, sia nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 21 ottobre 2003, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio (T‑392/02, EU:T:2003:277), che nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 7 ottobre 2009, Vischim/Commissione (T‑420/05, EU:T:2009:391), le procedure amministrative di cui trattavasi erano state avviate dai fabbricanti delle sostanze in questione e comportavano la presentazione, da parte di questi ultimi, di una pratica completa sugli effetti avversi di dette sostanze. Il fatto che tali circostanze costituissero una condizione di applicazione del principio invocato dalle ricorrenti emerge in modo particolarmente chiaro all’inizio del punto 140 della sentenza del 7 ottobre 2009, Vischim/Commissione (T‑420/05, EU:T:2009:391). Inoltre, il punto 141 della stessa sentenza sottolinea ulteriormente tale condizionalità, rilevando che «[t]ali considerazioni si applicano nell’ambito del procedimento in esame, avviato con la notifica presentata dalla ricorrente e le cui modalità prevedono che il notificante venga associato alla valutazione della sua pratica».

452    Per contro, nel caso di specie, il riesame delle condizioni di approvazione di una sostanza attiva, a norma dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009, è una procedura avviata d’ufficio dalla Commissione, senza che le ricorrenti debbano presentare una pratica. Per questa sola ragione, l’argomento delle ricorrenti vertente sulle sentenze del 21 ottobre 2003, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio (T‑392/02, EU:T:2003:277), e del 7 ottobre 2009, Vischim/Commissione (T‑420/05, EU:T:2009:391), non può essere accolto.

453    Sotto un secondo profilo, la presente causa si distingue anche da un punto di vista fattuale dalle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 21 ottobre 2003, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio (T‑392/02, EU:T:2003:277), e del 7 ottobre 2009, Vischim/Commissione (T‑420/05, EU:T:2009:391), in quanto, come risulta dall’esame delle censure relative alla gestione del rischio di cui sopra, la Commissione ha potuto concludere, senza incorrere in alcuna illegittimità, che i criteri di approvazione previsti all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009 non erano più soddisfatti, a seguito del riesame dell’approvazione delle sostanze in questione alla luce dei rischi individuati nelle conclusioni dell’EFSA, in quanto, come è stato esposto ai punti da 314 a 325 supra, il principio di precauzione consentiva di non rinviare la modifica dell’approvazione di tali sostanze in attesa dell’ottenimento di dati che consentissero di colmare le lacune individuate, peraltro, dall’EFSA.

454    Come la Commissione sostiene giustamente, tali circostanze, che mancavano sia nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 21 ottobre 2003, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio (T‑392/02, EU:T:2003:277), che nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 7 ottobre 2009, Vischim/Commissione (T‑420/05, EU:T:2009:391), ostano a che il diritto di essere ascoltato sia interpretato, nella fattispecie, in quanto diritto di presentare studi dettagliati, poiché ciò equivarrebbe a concedere alle ricorrenti un diritto di ritardare indebitamente l’adozione di una decisione di revoca o di modifica dell’autorizzazione a norma dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009.

455    Ne consegue che occorre rigettare l’argomento delle ricorrenti vertente sulle sentenze del 21 ottobre 2003, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio (T‑392/02, EU:T:2003:277), e del 7 ottobre 2009, Vischim/Commissione (T‑420/05, EU:T:2009:391).

iii) Sulla censura relativa all’assenza di una valutazione d’impatto

456    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha omesso di procedere a una valutazione dell’impatto delle misure adottate nell’atto impugnato, pur prevista nella comunicazione sul principio di precauzione (punto 114 supra), il che le avrebbe impedito di prendere coscienza degli effetti gravemente dannosi che l’atto impugnato potrebbe avere in termini economici e ambientali, quali sono stati messi in risalto in uno studio da esse commissionato, lo studio Humboldt.

457    La Commissione si oppone agli argomenti delle ricorrenti.

458    Il punto 6.3.4 della comunicazione sul principio di precauzione, intitolato «L’esame dei vantaggi e degli oneri risultanti dall’azione o dall’assenza di azione», è formulato come segue:

«Occorrerebbe stabilire un confronto tra le conseguenze positive o negative più probabili dell’azione prevista e quelle dell’inazione in termini di costi globali per l[’Unione] sia a breve sia a lungo termine. Le misure previste dovrebbero essere in grado di arrecare un beneficio globale in materia di riduzione del rischio ad un livello accettabile.

L’esame dei vantaggi e degli oneri non può ridursi soltanto ad un’analisi economica costi/benefici. Tale analisi è più vasta nella sua portata e comprende considerazioni non economiche.

L’esame dei vantaggi e degli oneri dovrebbe tuttavia comprendere un’analisi economica costi/benefici quando ciò sia adeguato e realizzabile.

Potrebbero tuttavia essere presi in considerazione altri metodi di analisi, come quello relativo all’efficacia delle opzioni possibili e alla loro accettabilità da parte della popolazione. È possibile, infatti, che una società sia pronta a pagare un costo più elevato al fine di garantire un interesse, quale l’ambiente o la salute, riconosciuto come di grande rilievo.

La Commissione riafferma che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, le esigenze collegate alla protezione della salute pubblica dovrebbero vedersi riconoscere un carattere preponderante rispetto alle considerazioni economiche.

Le misure adottate presuppongono l’esame dei vantaggi e degli oneri derivanti dall’azione o dall’inazione. Questo esame dovrebbe comprendere un’analisi economica costi/benefici quando ciò sia adeguato e realizzabile. Potrebbero tuttavia essere presi in considerazione altri metodi di analisi, come quelli relativi all’efficacia e all’impatto socioeconomico delle opzioni possibili. D’altro canto, il responsabile può essere guidato anche da considerazioni non economiche, quali ad esempio la tutela della salute».

459    In primo luogo, a tale proposito, occorre constatare che il punto 6.3.4 della comunicazione sul principio di precauzione prevede che sia effettuato un esame dei vantaggi e degli oneri derivanti dall’azione o dall’assenza di azione. Per contro, il formato e la portata di tale esame non sono precisati. In particolare, non ne consegue affatto che l’autorità competente sarebbe obbligata ad avviare una procedura di valutazione specifica che conduca, per esempio, a una relazione formale di valutazione scritta. Inoltre, dal testo deriva che l’autorità che applica il principio di precauzione gode di un margine di valutazione quanto ai metodi di analisi. Infatti, se la comunicazione indica che l’esame «dovrebbe» includere un’analisi economica, l’autorità interessata deve in ogni caso altresì includere considerazioni non economiche. Inoltre, è espressamente sottolineato che è possibile, in talune circostanze, che considerazioni di ordine economico debbano essere considerate meno importanti di altri interessi riconosciuti come prevalenti; sono espressamente menzionati, a titolo di esempio, interessi quali l’ambiente o la salute.

460    Peraltro, non è necessario che l’analisi economica dei costi e dei benefici sia effettuata sulla base di un calcolo esatto dei costi rispettivi dell’azione prevista e dell’inazione. Tali calcoli esatti saranno nella maggior parte dei casi impossibili da realizzare, dato che, nel contesto dell’applicazione del principio di precauzione, i loro risultati dipendono da diverse variabili per definizione sconosciute. Infatti, se tutte le conseguenze dell’inazione e dell’azione fossero note, non sarebbe necessario ricorrere al principio di precauzione, ma sarebbe possibile decidere sulla base di certezze. In conclusione, risultano soddisfatti i requisiti di cui alla comunicazione sul principio di precauzione allorché l’autorità interessata, nel caso di specie la Commissione, ha effettivamente preso conoscenza degli effetti, positivi e negativi, economici e di altro tipo, che possono derivare dall’azione prevista e dall’astenersi dall’agire, e che essa ne ha tenuto conto nella sua decisione. Per contro, non è necessario che tali effetti siano valutati con precisione, se ciò risulta impossibile o richiede sforzi sproporzionati.

461    In secondo luogo, occorre rilevare che la Commissione ha chiaramente istituito un confronto tra le conseguenze positive o negative più probabili dell’azione prevista e quelle dell’inazione, in termini di costo complessivo per l’Unione, che soddisfa i requisiti di cui al punto 6.3.4 della comunicazione sul principio di precauzione. Ciò emerge chiaramente dalla nota del 21 gennaio 2013 all’attenzione del membro della Commissione competente all’epoca. Essa mirava a informare il membro delle discussioni in corso sulle conclusioni dell’EFSA e a richiedere la sua approvazione per le misure previste dai servizi della Commissione. Nell’allegato V della nota, intitolato «Informazioni di contesto sul PE, Industria, ONG», erano citate varie circostanze prese in considerazione nell’ambito della proposta. In particolare, per quanto riguarda il fatto che i neonicotinoidi sono ampiamente utilizzati in agricoltura, l’allegato V menzionava i risultati sostanziali dello studio Humboldt, prodotto dalle ricorrenti dinanzi alla Commissione, comprese le conclusioni di tale studio sugli effetti di un divieto dei neonicotinoidi sull’economia, il mercato del lavoro e il bilancio ecologico dell’Unione. Vi era inoltre indicato che la Commissione non aveva una completa conoscenza dei prodotti fitosanitari alternativi, poiché questi erano autorizzati a livello nazionale. Infine, la nota indicava che il Parlamento avrebbe discusso il tema tre giorni dopo, il 24 gennaio 2013, sulla base di uno studio, commissionato dallo stesso, sui rischi posti dalle sostanze in questione, che raccomandava il divieto totale dei neonicotinoidi (invece di una semplice limitazione degli usi), nonché il fatto che le ONG ambientali avevano anch’esse richiesto un divieto totale. Risulta da tutte queste considerazioni che la Commissione era consapevole della posta in gioco, economica e ambientale, legata all’uso delle sostanze in questione.

462    In terzo luogo, in tale contesto, occorre respingere talune affermazioni della Syngenta.

463    Anzitutto, l’impatto sull’agricoltura e sull’ambiente delle misure oggetto dell’atto impugnato sembra meno rilevante di quanto asserito dalla Syngenta. Occorre infatti rilevare che, in forza dell’articolo 53, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009, gli Stati membri possono autorizzare, per un periodo non superiore a 120 giorni, prodotti fitosanitari contenenti sostanze attive, anche per impieghi non approvati al livello dell’Unione, nei casi in cui non sono disponibili soluzioni alternative. Come osserva la Commissione, tale disposizione consente agli Stati membri di evitare gravi conseguenze per l’agricoltura e riguarda situazioni in cui non vi sia altra soluzione per lottare contro un determinato infestante e diversi Stati membri si sono avvalsi di tale facoltà per rilasciare tali autorizzazioni, come riconosce la Syngenta stessa.

464    Nella stessa prospettiva, la Commissione ricorda, inoltre, che, sebbene la Germania, la Francia, l’Italia e la Slovenia abbiano sospeso per diversi anni taluni usi delle sostanze in questione, questi Stati membri non hanno segnalato alcun effetto negativo sulla produttività o sull’ambiente.

465    Syngenta sostiene, a tale riguardo, che sarebbe più corretto dire che la Commissione non ha svolto un’inchiesta al riguardo e che, «chi non cerca, non trova», per ribadire che la Commissione non abbia dato prova di diligenza nell’analisi degli effetti dell’atto impugnato. Tuttavia, la Commissione non ha detto che non vi fosse un impatto negativo in assoluto sulla produttività o sull’ambiente, ma semplicemente che gli Stati membri interessati non avevano segnalato tali effetti. Orbene, durante il periodo intercorrente tra la pubblicazione delle conclusioni dell’EFSA e l’adozione dell’atto impugnato, la Commissione era regolarmente in contatto con i rappresentanti degli Stati membri per discutere delle conseguenze da dedurre dai rischi e dalle lacune nei dati accertati dall’EFSA. In particolare, il 28 gennaio 2013, un documento di lavoro è stato distribuito agli Stati membri, poi fatto oggetto delle deliberazioni del Copcasa nella sessione del 31 gennaio e 1o febbraio 2013; il 14 e 15 marzo 2013, il progetto dell’atto impugnato è stato discusso dal Copcasa e, il 29 aprile 2013, il comitato di appello ha ancora discusso dello stesso progetto. In tali circostanze, si deve ritenere che, se in nessuna di queste occasioni, gli Stati membri che hanno adottato restrizioni all’uso delle sostanze in questione a livello nazionale hanno dichiarato conseguenze negative sulla produttività e sull’ambiente, la Commissione poteva fare affidamento su tale silenzio e supporre che tali conseguenze non esistevano o che, in ogni caso, erano di modesta entità e che essa non era tenuta a procedere di propria iniziativa a indagini al riguardo.

466    La valutazione d’impatto che doveva svolgere la Commissione poteva, dunque, tenere conto, da un lato, del fatto che era possibile, qualora necessario, concedere autorizzazioni derogatorie a livello nazionale e, dall’altro, del fatto che in alcuni Stati membri l’agricoltura aveva potuto andare avanti in modo soddisfacente, in passato, senza l’utilizzo di prodotti fitosanitari contenenti le sostanze interessate.

467    Inoltre, la Syngenta prende spunto dalla nota del 21 gennaio 2013 per affermare che, in realtà, è a seguito di pressioni politiche che la Commissione ha deciso di adottare le misure oggetto dell’atto impugnato. È sufficiente osservare, a tal riguardo, che detta nota si limita a segnalare la «sensibilità politica molto alta» del tema, insieme con i rischi individuati dall’EFSA, quali motivi che giustificano un’azione a livello normativo. Orbene, occorre osservare che il carattere politicamente sensibile di una questione costituisce un elemento di cui la Commissione, in quanto organo politico, può e deve tener conto nell’ambito della determinazione delle sue priorità e nelle sue decisioni. Come giustamente rilevato dalla Commissione, ciò non significa tuttavia che l’atto impugnato sia il risultato di una pressione politica indebita.

468    Infine, Syngenta afferma che risulta dalla nota del 21 gennaio 2013 che la Commissione non disponeva di dettagli relativi alle sostanze che potevano sostituire le sostanze in questione. La Commissione replica che essa dispone di una visione ben precisa di tutte le sostanze insetticide approvate a livello dell’Unione, nella misura in cui è essa che le approva, e che il passaggio in questione della suddetta nota si riferiva ai prodotti formulati, autorizzati dagli Stati membri.

469    La frase in questione della nota del 21 gennaio 2013 è del seguente tenore: «Non è disponibile un quadro completo di tutte le alternative possibili, dato che i prodotti formulati sono autorizzati a livello nazionale». Tenuto conto del sistema a due fasi istituito dal regolamento no1107/2009, secondo cui la Commissione è competente ad approvare le sostanze attive a livello dell’Unione, mentre gli Stati membri sono competenti ad autorizzare i prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive approvate (v. punto 6 supra), e considerato che la frase in questione menzionava espressamente i «prodotti formulati», occorre rigettare la tesi di Syngenta in merito alle sostanze attive.

470    Per quanto riguarda i prodotti formulati, tenuto conto della molteplicità di prodotti fitosanitari autorizzati nei vari Stati membri per diversi usi (ad esempio, l’elenco dei prodotti fitosanitari della Bayer contenenti unicamente le sostanze attive imidacloprid e clothianidin, figurante in allegato al ricorso nella causa T‑429/13, comprende undici pagine), e della possibilità di ottenere autorizzazioni derogatorie a livello nazionale (v. punto 463 supra), è impossibile per la Commissione determinare, per tutta l’Unione, in che misura, per quali usi e per quali coltivazioni gli agricoltori abbiano a disposizione prodotti alternativi a quelli contenenti le sostanze in questione.

471    Di conseguenza, occorre respingere la censura relativa alla mancanza di valutazione d’impatto delle misure adottate con l’atto impugnato.

iv)    Sulla censura relativa alla natura selettiva e incoerente dell’atto impugnato

472    Syngenta sostiene che la comunicazione sul principio di precauzione richiede un approccio coerente, che nel caso di specie manca del tutto. Essa ricorda che la Commissione ha affermato che la valutazione dei rischi delle sostanze attive dovrebbe essere effettuata alla luce delle più recenti conoscenze scientifiche, che figurano, in particolare, nel parere dell’EFSA. Orbene, dopo il conferimento del secondo mandato all’EFSA, un certo numero di sostanze attive, fra cui il clorantraniliprole, sarebbero state approvate dalla Commissione, senza che il parere scientifico, così come il progetto di documento d’orientamento, fossero menzionati. Si tratterebbe pertanto di un’applicazione ad hoc e selettiva della normativa.

473    La Commissione contesta tali argomenti.

474    Il punto 6.3.3 della comunicazione sul principio di precauzione, intitolato «La coerenza», è formulato come segue:

«Le misure dovrebbero essere coerenti con quelle già adottate in situazioni analoghe o utilizzando approcci analoghi. Le valutazioni di rischio comportano una serie di elementi da prendere in considerazione per una valutazione quanto più completa possibile. Questi elementi si propongono d’identificare e di caratterizzare i pericoli, in particolare stabilendo un rapporto tra la dose e l’effetto, di apprezzare l’esposizione della popolazione colpita o dell’ambiente. Se la mancanza di alcuni dati scientifici non consente di caratterizzare il rischio, tenuto conto delle incertezze inerenti alla valutazione, le misure precauzionali adottate dovrebbero essere di portata e di natura comparabile con le misure già adottate in settori equivalenti, nei quali tutti i dati scientifici sono disponibili.

Le misure dovrebbero essere coerenti con misure analoghe già adottate in circostanze analoghe o utilizzando analoghe strategie».

475    Occorre constatare, in primo luogo, che il punto 6.3.3 della comunicazione sul principio di precauzione è formulato in termini molto generici, addirittura vaghi. In particolare, il principio di coerenza sembra coincidere, in larga misura, con quello di non discriminazione, che è oggetto del punto 6.3.2 della stessa comunicazione. La Commissione sottolinea, peraltro, nella sua risposta agli argomenti della Syngenta che essa «tratta le questioni simili in maniera simile» e insiste sugli elementi che differenziano le sostanze in questione dalla sostanza menzionata dalla Syngenta.

476    In secondo luogo, il parere dell’EFSA non fa parte del quadro normativo modificato a seguito dell’entrata in vigore del regolamento n. 1107/2009, ma nasce dal fatto che l’EFSA e la Commissione si sono rese conto che le valutazioni e i test utilizzati fino a quel momento per la valutazione dei rischi dei prodotti fitosanitari per le api presentavano alcune lacune (v. punti 233 e seguenti supra) Inoltre, il suo oggetto non è limitato alle sole sostanze neonicotinoidi, ma riguarda tutti i prodotti fitosanitari, il che depone per un’applicazione generale a tutte le sostanze attive.

477    Peraltro, esistono anche delle analogie tra le sostanze in questione e la sostanza attiva clorantraniliprole. Infatti, sia le sostanze in questione che il clorantraniliprole sono insetticidi e possono, dunque, avere effetti negativi o addirittura letali, per le api, anche se la loro modalità di azione e il loro profilo di rischio sono diversi, come sottolinea la Commissione.

478    In terzo luogo, tuttavia, occorre rilevare che, nel caso di specie, la procedura amministrativa riguardava un riesame dell’approvazione delle sostanze in questione, mentre, nel caso del clorantraniliprole, si trattava di una procedura di approvazione. Come è stato esposto al punto 294 supra, la procedura d’approvazione è avviata su domanda del produttore della sostanza in questione, sulla base di un fascicolo presentato da quest’ultimo, mentre la procedura di riesame è avviata d’ufficio dalla Commissione, in base a nuove conoscenze scientifiche e tecniche che indicano che vi è motivo di ritenere che la sostanza in questione non soddisfa più i criteri di approvazione.

479    Sotto un primo profilo, ciò spiega, da un lato, perché un richiedente un’approvazione deve essere a conoscenza, con sufficiente anticipo, dei dati necessari per costituire il proprio fascicolo e, dall’altro, che la domanda dovrà in linea di principio essere esaminata alla luce delle condizioni sostanziali di approvazione applicabili al momento della presentazione del fascicolo, con la sola riserva di cui al punto 295 supra.

480    È per questo motivo che, nel sostituire la direttiva 91/414 con il regolamento n. 1107/2009, sono state previste disposizioni transitorie che disciplinano il trattamento delle domande presentate nella vigenza della direttiva 91/414 e sulle quali una decisione non era stata ancora adottata all’atto dell’entrata in vigore del regolamento n. 1107/2009. Infatti, ai sensi dell’articolo 80, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1107/2009, la direttiva 91/414 si applica, per quanto riguarda la procedura e le condizioni di approvazione, alle sostanze attive per le quali la Commissione ha constatato, conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, della stessa e prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 1107/2009, il 14 giugno 2011, che il fascicolo era completo.

481    Orbene, tale era precisamente il caso della sostanza attiva clorantraniliprole la cui approvazione è stata fatta valere dalla Syngenta. Infatti, sebbene il regolamento di esecuzione recante l’approvazione del clorantraniliprole sia stato adottato il 25 novembre 2013, e quindi quasi due anni e mezzo dopo l’abrogazione della direttiva 91/414 mediante il regolamento n. 1107/2009, il 14 giugno 2011, tale approvazione è avvenuta secondo le condizioni sostanziali enunciate dalla direttiva 91/414, conformemente alla disposizione transitoria di cui al punto 480 supra. Infatti, la Commissione aveva constatato, il 2 agosto 2007, che il fascicolo relativo all’iscrizione del clorantraniliprole era completo.

482    Di conseguenza, la modifica del quadro normativo intervenuta in seguito all’adozione del regolamento n. 1107/2009 (v. punti 133 e segg., in particolare punti 135 e 136 supra) non si applica in linea di principio all’approvazione del clorantraniliprole.

483    In secondo luogo, occorre ricordare che, nel caso di specie, vi era coincidenza fra la modifica del contesto normativo e le nuove conoscenze scientifiche che hanno fatto scattare il riesame delle sostanze in questione. Poiché nessuna di queste circostanze risulta presente nel caso del clorantraniliprole, le situazioni sono diverse sotto due profili.

484    In quarto luogo, anche supponendo che esista effettivamente un’incoerenza tra il modo in cui la Commissione ha applicato il principio di precauzione nel caso di specie e nel caso dell’approvazione del clorantraniliprole, occorre constatare che la Syngenta ha omesso di dimostrare l’esistenza di una prassi della Commissione, successiva all’atto impugnato, consistente nel non tenere conto del parere dell’EFSA nel contesto dell’approvazione di sostanze attive. Infatti, sebbene la Syngenta abbia affermato che «un certo numero» di sostanze attive sarebbe stato approvato senza che si sia tenuto conto del parere dell’EFSA, la stessa ne ha individuato una sola, il clorantraniliprole, rispetto alla quale non è accertato, tenuto conto degli elementi sviluppati ai punti da 481 a 483 supra, che sia comparabile con le sostanze in questione.

485    Di conseguenza, occorre respingere la censura relativa alla natura selettiva e incoerente dell’atto impugnato.

v)      Sulla censura relativa al trattamento «paritario» delle tre sostanze in questione

486    La Syngenta sostiene che, sebbene l’analisi dell’EFSA si sia conclusa con tre serie di conclusioni scientifiche distinte e tre diversi profili di rischio per le sostanze in questione, l’atto impugnato tratta le tre sostanze allo stesso modo, imponendo loro un divieto quasi assoluto.

487    La Commissione si oppone agli argomenti della Syngenta. Essa sottolinea, in particolare, che le tre sostanze in questione sono molto simili, in quanto hanno la stessa modalità di azione sugli insetti, una tossicità analoga per le api da miele e un profilo di rischio molto simile.

488    Si deve rilevare, anzitutto, che, con la presente censura, la Syngenta si è limitata a criticare genericamente il trattamento uniforme applicato alle tre sostanze in questione senza individuare in concreto restrizioni precise che sarebbero state imposte nei confronti del tiametoxam (prodotto da essa) mentre esse sarebbero giustificate solo nei confronti di una delle altre sostanze. In tali condizioni, non spetta al Tribunale, nell’ambito della presente censura, verificare se l’atto impugnato contenga tali restrizioni e si può limitare ad un esame generale, per stabilire se la Commissione poteva legittimamente includere in un unico regolamento di esecuzione le misure adottate per le tre sostanze.

489    A questo proposito, discende da un confronto dei punti relativi alle «preoccupazioni», nelle conclusioni dell’EFSA sulle sostanze in questione, che le rispettive preoccupazioni dell’EFSA sono in gran parte identiche per quanto riguarda le tre sostanze.

490    Così, per quanto riguarda il punto intitolato «Quesiti che non è stato possibile completare», si constata, per ciascuna delle tre sostanze, in termini quasi identici, che «[s]ono stati individuati diversi quesiti che non è stato possibile completare con riguardo all’esposizione delle api da miele tramite le polveri, tramite l’ingestione di nettare e polline contaminati e tramite l’esposizione al liquido di guttazione» e che, «inoltre, non è stato possibile giungere a conclusioni definitive sul rischio per gli impollinatori diversi dalle api da miele, sul rischio rappresentato dai residui nella melata e sul rischio da esposizione ai residui presenti nelle colture successive».

491    Inoltre, per quanto riguarda il punto intitolato «Gravi preoccupazioni», da un lato, è stata rilevata l’esistenza di un rischio acuto per le api da miele, per ciascuna delle tre sostanze a causa dell’esposizione alla dispersione di polveri durante la semina per talune colture (cereali, mais, cotone e colza per l’imidacloprid, cereali, mais e colza per il clothianidin e cereali, cotone e colza per il tiametoxam). Dall’altro, si è rilevato un rischio acuto elevato da esposizione ai residui presenti nel nettare e polline per l’imidacloprid (cotone, colza e girasole) e per il clothianidin (colza), nonché per l’esposizione al liquido di guttazione per il tiametoxam (mais).

492    Ne consegue che i profili di rischio rappresentati dalle tre sostanze in questione sono in larga misura simili per quanto riguarda i quesiti non completati, nonché in relazione al rischio legato all’esposizione alla dispersione di polveri durante la semina. Per contro, mentre l’imidacloprid e il clothianidin presentano rischi a livello di esposizione da nettare e polline contaminato per alcune colture, il tiametoxam presenta un rischio al livello di esposizione al liquido di guttazione per il mais.

493    In tali condizioni, nulla ostava a che la Commissione inserisse in un unico regolamento di esecuzione le misure adottate relativamente alle tre sostanze in questione. In particolare, poteva, anche all’interno di un unico regolamento, tenere adeguatamente conto delle rispettive specificità del profilo di rischio delle sostanze in questione e, segnatamente, delle restrizioni espressamente motivate dalla prevenzione dei rischi legati all’esposizione tramite nettare e polline per l’imidacloprid e il clothianidin, e tramite il liquido di guttazione, per il tiametoxam.

494    Di conseguenza, occorre respingere in quanto infondata la censura relativa al trattamento «paritario» delle tre sostanze in questione.

vi)    Sulla censura relativa alla presa in considerazione del rischio per le singole api piuttosto che di quello per le colonie

495    Le ricorrenti sostengono che vi sono solo dati che mostrano un rischio per le singole api, ma non dati attestanti un rischio per le colonie, mentre è quest’ultimo ad essere fondamentale.

496    Occorre anzitutto ricordare, a tal riguardo, che il punto 3.8.3 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009 prevede, come condizione specifica per l’approvazione di una sostanza attiva, in particolare, che l’impiego dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva «non [abbia] alcun effetto inaccettabile acuto o cronico per la sopravvivenza e lo sviluppo della colonia, tenendo conto degli effetti sulle larve di api e sul comportamento delle api». Ne consegue che l’approvazione di una sostanza attiva è esclusa non solo qualora la sopravvivenza delle colonie di api sia messa in pericolo, ma già nel caso di effetti inaccettabili sullo sviluppo delle colonie.

497    Inoltre, occorre rilevare che alla Commissione, in quanto responsabile della gestione del rischio, spetta definire quali effetti debbano essere considerati inaccettabili ai sensi del punto 3.8.3 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009.

498    In risposta ad un quesito scritto del Tribunale, le parti hanno riconosciuto, in sostanza, che esisteva una correlazione tra il rischio per le singole api e il rischio per le colonie, nel senso che un numero elevato di perdite individuali di api può trasformarsi in un rischio per la colonia interessata. Tuttavia, le parti sono in disaccordo per quanto riguarda la portata di tale correlazione. Mentre la Commissione, sulla base di un parere dell’EFSA, afferma che le perdite superiori al 3,5% della popolazione non possono più essere qualificate come «trascurabili», Bayer indica il tasso del 7%, proposto dal progetto di linee guida del 2013 come limite di un «effetto significativo», sottolineando comunque che tale limite è contestato da alcuni Stati membri. La Syngenta, da parte sua, fa riferimento a uno studio realizzato dai suoi dipendenti, secondo cui «per poter avere un effetto a livello della colonia», la riduzione dovrebbe essere superiore al 20%.

499    È quindi pacifico che esista una correlazione tra il rischio per le singole api e il rischio per la colonia. In questa fase esiste invece un’incertezza scientifica quanto al tasso di mortalità delle singole api individuali a partire dal quale potrebbero verificarsi gli «effetti inaccettabili acuti o cronici» per la sopravvivenza e lo sviluppo della colonia. Tale incertezza è dovuta in particolare alla difficoltà a valutare sul campo l’entità delle perdite individuali e il loro impatto sulla colonia.

500    In tali circostanze, si deve concludere che la Commissione poteva legittimamente ritenere che, alla luce dei valori dei quozienti di pericolo rilevati per le sostanze in questione nelle conclusioni dell’EFSA, non poteva essere escluso un rischio per le colonie e di essere pertanto tenuta, in forza del principio di precauzione, ad adottare misure protettive senza dover attendere che si determinasse completamente a quali condizioni e da quale tasso di mortalità la moria delle singole api poteva mettere in pericolo la sopravvivenza o lo sviluppo delle colonie.

501    Ciò non pregiudica la valutazione delle potenziali conseguenze, a livello di colonia, degli eventuali effetti sul comportamento delle api conseguenti a un’esposizione a dosi subletali delle sostanze in questione. Infatti, come si evince dalle conclusioni dell’EFSA sulle sostanze in questione, vi è inoltre incertezza, dovuta alla mancanza di dati scientifici, in merito all’esistenza ed, eventualmente, alla portata di tali conseguenze.

vii) Sulla censura vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

502    Le ricorrenti sostengono che l’atto impugnato viola il principio di proporzionalità. Poiché il detto principio riguarda l’adeguatezza delle misure adottate rispetto ai fini perseguiti, occorre trattare questo motivo nell’ambito delle censure dedotte nei confronti della gestione del rischio da parte della Commissione.

503    Le ricorrenti sostengono che l’atto impugnato va oltre quanto è necessario per garantire l’uso sicuro delle sostanze in questione e per conseguire gli eventuali scopi legittimi perseguiti riguardanti la salute delle api. A loro avviso, ciò riguarda, in particolare, il divieto del tiametoxam sulle «colture che attirano le api», il divieto di applicazioni tramite nebulizzazione sulle foglie e gli usi non professionali all’interno e all’esterno.

504    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

505    Secondo una giurisprudenza costante, il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenze del 18 novembre 1987, Maizena e a., 137/85, EU:C:1987:493, punto 15, e dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Consiglio, T‑13/99, EU:T:2002:209, punto 411).

506    Tuttavia, in materia agricola, il controllo giurisdizionale del principio di proporzionalità è particolare, in quanto la Corte e il Tribunale riconoscono al legislatore dell’Unione un potere discrezionale corrispondente alle responsabilità politiche che gli articoli da 40 a 43 TFUE gli attribuiscono in tale settore. Di conseguenza, solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento (sentenze del 5 maggio 1998, National Farmers’ Union e a., C‑157/96, EU:C:1998:191, punto 61, e del 3 settembre 2009, Cheminova e a./Commissione, T‑326/07, EU:T:2009:299, punto 195).

507    Nel caso di specie, l’atto impugnato si fonda sul regolamento n. 1107/2009, che, a sua volta, ha per base giuridica, in particolare, l’articolo 37 CE (divenuto, con modifiche, articolo 43 TFUE) e dell’articolo 95 CE (divenuto articolo 114 TFUE). Ciò premesso, occorre esaminare se le misure introdotte dall’atto impugnato siano manifestamente inidonee a realizzare l’obiettivo perseguito, il quale fa parte degli obiettivi previsti da detto regolamento, vale a dire la tutela dell’ambiente, e in particolare la protezione delle api.

508    In via preliminare, si deve ricordare che le restrizioni introdotte nei confronti delle sostanze oggetto dell’atto impugnato sono le seguenti:

–        divieto di qualsiasi uso non professionale, all’interno e all’esterno;

–        divieto degli usi per la concia delle sementi o il trattamento dei terreni per i seguenti cereali, se seminati da gennaio a giugno (cereali estivi): orzo, miglio, avena, riso, segale, sorgo, triticale, frumento;

–        divieto di applicazioni fogliari per i seguenti cereali: orzo, miglio, avena, riso, segale, sorgo, triticale, frumento;

–        divieto degli usi come la concia delle sementi, il trattamento del terreno o l’applicazione fogliare per un centinaio di colture, fra cui la colza, la soia, il girasole e il mais, salvo nel caso in cui siano coltivate in serra e con l’eccezione dei trattamenti fogliari dopo la fioritura.

–       Sul potenziale nocivo dell’atto impugnato per le api

509    Le ricorrenti sostengono che, in generale, l’atto impugnato potrebbe non solo non tutelare la salute delle api, bensì, al contrario, contribuire a metterla in pericolo. Infatti, la Commissione non avrebbe avuto cognizione degli effetti gravemente dannosi che l’atto impugnato potrebbe avere sull’ambiente e, in particolare, sulle api da miele, come indicati in uno studio commissionato dalle medesime ricorrenti (lo studio Humboldt). Tali effetti sarebbero dovuti al fatto che, se non si possono utilizzare i prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione, in particolare per la concia delle sementi, gli agricoltori sarebbero costretti a ricorrere a prodotti più vecchi, meno precisi, che richiedono dosi più elevate e spesso applicati sotto forma di nebulizzazione sulle foglie. La Syngenta sottolinea che l’impatto di tali prodotti sulle api non avrebbe costituito oggetto di una valutazione dei rischi secondo i metodi e criteri applicati alle sostanze in questione, di modo che il rischio specifico per le api sarebbe sconosciuto.

510    La Commissione replica che non vi è alcun dato scientifico che dimostri che la restrizione dell’uso dei neonicotinoidi avrebbe effetti negativi per l’ambiente.

511    A tal riguardo, occorre rilevare che lo studio Humboldt è innanzitutto uno studio economico sulle perdite che potrebbero derivare, per l’agricoltura dell’Unione e per l’economia in generale, dal divieto dei neonicotinoidi, secondo vari scenari. Sebbene siano analizzati anche taluni effetti sull’ambiente, questi si limitano al deterioramento del bilancio del carbonio dell’Unione, a causa dell’importazione «virtuale» di superfici coltivabili, che potrebbero verificarsi a causa di una produttività più bassa nell’Unione. Per contro, lo studio non contiene alcun esame né alcuna conclusione quanto agli effetti sull’ambiente, in particolare sulle api o altri impollinatori, che possono derivare dalla sostituzione dei prodotti fitosanitari a base di neonicotinoidi con altri prodotti. Le ricorrenti non hanno quindi circostanziato e dimostrato la veridicità delle loro affermazioni relative alle conseguenze ambientali che potrebbero derivare dalla sostituzione delle sostanze in questione con altri pesticidi.

512    È vero che la Commissione poteva e doveva ragionevolmente supporre che, in seguito all’adozione dell’atto impugnato, gli agricoltori si sarebbero serviti, in una certa misura, di altri pesticidi richiedenti dosi più elevate o applicati sotto forma di nebulizzazione sulle foglie.

513    Tuttavia, occorre altresì tener conto, in tale contesto, delle eccezioni che possono essere autorizzate dagli Stati membri, ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009 (v. punto 463 supra) che possono limitare il ricorso a prodotti sostitutivi.

514    Infine, la Commissione ha affermato, senza essere contraddetta dalle ricorrenti, che gli Stati membri che hanno sospeso, per vari anni, alcuni usi di neonicotinoidi (in particolare la Germania, la Francia, l’Italia e la Slovenia) non hanno mai segnalato alcun effetto negativo sull’ambiente. Come è stato esposto al punto 465 supra, la Commissione poteva fare affidamento su tale silenzio e supporre che tali effetti non esistevano o che, in ogni caso, erano di modesta entità, e non era tenuta a effettuare di propria iniziativa indagini al riguardo.

515    Pertanto, i potenziali effetti negativi per le api e altri impollinatori, conseguenti alla sostituzione delle sostanze in questione con altre sostanze attive, non comportano che l’atto impugnato possa essere qualificato come «manifestamente inidoneo a realizzare l’obiettivo perseguito».

–       Sul divieto di utilizzo del tiametoxam sulle «colture che attirano le api»

516    La Syngenta sostiene che il divieto generale dell’uso di tiametoxam sulle «colture che attirano le api» andava al di là di quanto necessario per proteggere la salute delle api, poiché l’EFSA ha concluso per l’assenza di rischio connessa l’esposizione ai residui del tiametoxam presenti nel polline e nel nettare, e che la questione dell’attrazione delle api è priva di rilevanza per quanto riguarda il rischio causato dalla dispersione di polveri o dalla guttazione.

517    La Commissione contesta tali argomenti.

518    In primo luogo, occorre rilevare che è pacifico tra le parti che la coltura deve essere considerata attraente per le api in funzione della presenza di polline e nettare, nonché della loro qualità. La Commissione ritiene, tuttavia, che, in misura minore, anche il liquido di guttazione, come fonte di acqua, esercita un’attrattiva per le api, in particolare quando vi sono poche altre fonti idriche disponibili.

519    In secondo luogo, l’atto impugnato non identifica espressamente gli usi del tiametoxam specificamente vietati in funzione delle «colture che attirano le api». In risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha confermato che si trattava degli usi di cui alla parte A, quarto periodo, dell’allegato al regolamento di esecuzione n. 540/2011, come modificato dall’atto impugnato.

520    In terzo luogo, come emerge dai precedenti punti 490 e 491, le conclusioni dell’EFSA sul tiametoxam non hanno segnalato un rischio legato all’esposizione tramite il polline o il nettare. L’imposizione di restrizioni all’uso di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva tiametoxam, che riguarda indistintamente tutte le colture che attirano le api, non era pertanto giustificata dai rischi positivamente rilevati dall’EFSA. L’EFSA ha invece rilevato un certo numero di lacune nei dati che le hanno impedito di giungere ad una conclusione definitiva sull’esistenza o l’assenza di rischi derivanti dall’esposizione sia al nettare e al polline sia alla guttazione, per la maggior parte delle colture.

521    A tal riguardo, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha indicato che, poiché l’EFSA aveva identificato un rischio elevato per la guttazione nel mais – unica coltura per cui erano disponibili dati –, si doveva tener conto del fatto che la guttazione riguardava anche altre colture.

522    All’udienza, la Syngenta ha sostenuto che le api frequentano i campi soltanto durante la fioritura, che la guttazione era forte soprattutto dopo il tramonto e prima dell’alba e che il rischio di esposizione tramite guttazione era quindi del tutto inventato.

523    A questo riguardo, il consulente apicoltore espressosi a richiesta dei rappresentanti della DBEB ha affermato che, al mattino presto, le api, dal momento che non hanno avuto accesso all’acqua durante la notte, partono subito alla ricerca di acqua, cercando soprattutto piccole fonti d’acqua non troppo fredda che raccolgono per riportarla nell’alveare, che tale bottinaggio di acqua avveniva in tutte le colture, con fioritura o meno, e che la concentrazione delle sostanze in questione nel liquido di guttazione è più elevata quando le piantine sono giovani.

524    Poiché questa affermazione può spiegare alcune constatazioni fatte dall’EFSA, riassunte ai punti 411 e 412 supra, occorre considerare che legittimamente la Commissione ha ritenuto di dover tener conto dell’attrattiva potenziale che il liquido di guttazione presentava per le api, nell’ambito della determinazione delle «colture che attirano le api». Pertanto, la Commissione ha potuto legittimamente ritenere che, in base al principio di precauzione, era necessario vietare l’uso del tiametoxam sulle colture soggette alla guttazione, anche in mancanza di certezza scientifica quanto all’entità effettiva del consumo di liquido di guttazione da parte delle api.

525    Ne consegue che la Syngenta non è riuscita a dimostrare che il divieto del tiametoxam su tutte le «colture che attirano le api», come quelle elencate alla parte A, quarto periodo, dell’allegato del regolamento di esecuzione n. 540/2011, come modificato dall’atto impugnato, fosse manifestamente inadeguato a realizzare l’obiettivo di tale atto, nel senso di cui al punto 507 supra.

–       Sul divieto di utilizzo delle sostanze in questione sulla colza invernale

526    La Rapool-Ring sottolinea la mancanza di proporzionalità dell’atto impugnato, in particolare per gli usi delle sostanze in questione sulla colza invernale. Infatti, poiché la colza invernale, come i cereali invernali, si semina in un periodo dell’anno, cioè all’inizio dell’autunno, in cui le api avrebbero già notevolmente ridotto le loro attività, la polvere contaminata, eventualmente sparsa in tale occasione, non potrebbe avere effetti negativi sulle api né a livello individuale né a livello di colonia. Orbene, contrariamente ai cereali invernali, l’atto impugnato non prevedrebbe eccezioni per la colza invernale.

527    La Commissione sostiene, da un lato, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Rapool-Ring, il periodo di semina della colza invernale non è uguale a quello dei cereali invernali, ma ha inizio già, a seconda delle regioni, a metà agosto. Dall’altro, essa rileva che, contrariamente ai cereali invernali, la colza invernale, che è raccolta solo nel mese di luglio, è una coltura che attira le api, di modo che esse sono esposte al polline e nettare potenzialmente contaminati.

528    Anche ammettendo che, come la Rapool-Ring ha affermato all’udienza, il periodo di semina della colza invernale inizi alla fine del mese di agosto e non alla metà di agosto, si deve ritenere che le circostanze addotte dalla Commissione distinguono sufficientemente il caso della colza invernale da quello dei cereali invernali per consentire, tenuto conto degli obiettivi perseguiti dall’atto impugnato, di trattarli in modo differente.

529    Di conseguenza, occorre respingere la censura relativa al divieto di utilizzo delle sostanze in questione sulla colza invernale, senza che sia necessario pronunciarsi sulla sua ricevibilità, in quanto la censura è dedotta solo da una parte interveniente.

–       Sul divieto delle applicazioni fogliari

530    Le ricorrenti sostengono che, sebbene l’EFSA non avesse, al momento dell’adozione dell’atto impugnato, valutato l’utilizzo tramite applicazione fogliare delle sostanze in questione, tale atto prevede tuttavia restrizioni a tale uso. La mera affermazione della Commissione, al considerando 7 dell’atto impugnato, secondo cui, in sostanza, il rischio derivante dalle applicazioni fogliari è simile al rischio individuato per la concia delle sementi e l’applicazione al suolo, in ragione della migrazione sistematica delle sostanze in questione nella pianta, sarebbe del tutto priva di fondamento scientifico e sarebbe in contrasto con le varie misure di mitigazione dei rischi applicate da molto tempo.

531    La Commissione si oppone agli argomenti delle ricorrenti.

532    A tale riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che i considerando 7 e 11 dell’atto impugnato contengono i seguenti passaggi:

«(7)      (…) In particolare, in attesa della valutazione dell’[EFSA] sulle applicazioni fogliari, la Commissione ha altresì ritenuto che il rischio per le api correlato alle applicazioni fogliari è simile al rischio individuato dall’[EFSA] per la concia delle sementi e l’applicazione al suolo, in ragione della migrazione sistematica delle sostanze attive clothianidin, tiametoxam e imidacloprid nella pianta».

«(11)      (…) I trattamenti fogliari con prodotti fitosanitari contenenti clothianidin, tiametoxam o imidacloprid devono essere proibiti per le colture che attirano le api e per i cereali, fatta eccezione per le applicazioni in serra e gli usi successivi alla fioritura. Le colture il cui raccolto è effettuato prima della fioritura non sono considerate colture che attraggono le api».

533    In secondo luogo, occorre sottolineare che il secondo mandato conferito all’EFSA dalla Commissione, nella sua forma rivista il 25 luglio 2012 (v. punti 21 e 25 supra), era espressamente limitato agli «usi autorizzati delle predette sostanze per la concia delle sementi e i granuli». Di conseguenza, la valutazione dei rischi effettuata dall’EFSA non ha riguardato altri usi autorizzati e le conclusioni dell’EFSA sulle tre sostanze in questione non contenevano alcuna indicazione quanto al rischio correlato alle applicazioni fogliari.

534    In terzo luogo, va ricordato che le misure adottate nell’atto impugnato si fondano su un’applicazione del principio di precauzione, in quanto vi erano gravi indizi secondo cui certi usi fino allora approvati delle sostanze in questione potevano comportare rischi inaccettabili per le api, non essendovi ancora certezza scientifica al riguardo. In una situazione del genere, la Commissione era legittimata ad adottare misure preventive anche per usi non ancora specificamente valutati dall’EFSA, se e nella misura in cui poteva ragionevolmente ritenere che tali usi rappresentavano rischi simili a quelli degli usi valutati.

535    In quarto luogo, emerge dal considerando 7 della decisione impugnata che è a causa della migrazione sistematica delle sostanze in questione nella pianta che la Commissione ha ritenuto che il rischio derivante dalle applicazioni fogliari fosse simile al rischio relativo agli usi esaminati dall’EFSA.

536    Per quanto riguarda tale migrazione, a seguito di applicazioni fogliari tramite nebulizzazione, occorre distinguere due vie di migrazione all’interno della pianta: da un lato, in senso basìpeto, cioè dall’estremità superiore della pianta verso la sua parte inferiore, a seguito di un assorbimento dalle foglie, e, dall’altro, in senso acròpeto, vale a dire dalle radici verso il resto della pianta, a seguito di un assorbimento dalle radici.

537    Per quanto riguarda, sotto un primo profilo, la migrazione basìpeta, la Commissione afferma di essersi basata su due studi del 2009 (studio Skerl) e del 2012 (studio Blacquière).

538    Orbene, da un lato, come sostiene la Bayer, lo studio Blacquière, per il quale le parti concordano sul fatto che esso era uno studio cosiddetto «secondario» (v. punto 364 supra) si limitava a rinviare allo studio Skerl. Si deve pertanto concludere che, in realtà, è su un unico studio che la Commissione si è fondata per affermare che una migrazione sistematica verso il polline ha potuto aver luogo a seguito di un’applicazione fogliare di un neonicotinoide.

539    Dall’altro lato, lo studio Skerl riguardava il thiacloprid e non una delle sostanze in questione. Sebbene anche il thiacloprid sia un neonicotinoide e possa quindi, a tale titolo, presentare caratteristiche simili alle sostanze in questione, tuttavia esso rientra comunque nel gruppo dei neonicotinoidi detti «ciano-sostituti», mentre le sostanze in questione rientrano nel gruppo dei neonicotinoidi di tipo nitroguanidina. Come rileva la Commissione, i neonicotinoidi ciano-sostituti sono caratterizzati da profili di tossicità acuta più bassi per le api rispetto ai neonicotinoidi di tipo nitroguanidina, il che giustificava, a suo parere, di escluderli dal secondo mandato conferito all’EFSA, nella sua versione rivista il 25 luglio 2012 (v. punto 25 supra).

540    Inoltre, la Bayer stessa ha prodotto dinanzi al Tribunale, in sede di replica, uno studio secondario sotto forma di rassegna sistematica, effettuato nel 2008 da due suoi dipendenti e non pubblicato, al fine di dimostrare che le applicazioni fogliari di prodotti fitosanitari contenenti imidacloprid non comportavano un rischio per le api.

541    Orbene, tale studio non concludeva per l’assenza totale o l’impossibilità di una migrazione verso il polline o il nettare, in seguito ad applicazioni fogliari, bensì unicamente nel senso dell’assenza di residui che avrebbero potuto costituire un rischio per le api. Inoltre, secondo la descrizione di cui al punto 2 «Obiettivi» di tale studio, esso si riferiva, in particolare, alle «informazioni disponibili circa il carattere sistematico e la migrazione dell’imidacloprid nelle piante, al fine di dimostrare che i residui di imidacloprid nel nettare o nel polline saranno trascurabili a seguito di applicazioni fogliari tramite nebulizzazione su colture o piante ornamentali conformi alle istruzioni sull’etichetta». Lo scopo di tale studio non era quindi neutrale, bensì orientato sin dall’inizio verso la dimostrazione dell’innocuità dell’imidacloprid. Infine, tale studio, non pubblicato, non è stato oggetto di una valutazione inter pares.

542    Alla luce delle carenze degli studi scientifici invocati da una parte e dall’altra – dato che quello presentato dalla Bayer è limitato, inoltre, all’imidacloprid –, non se ne può concludere che la Commissione poteva ragionevolmente presumere che le applicazioni fogliari comportassero rischi simili a quelli degli usi valutati, alla luce di un possibile rischio causato dalla migrazione basìpeta, né che le ricorrenti abbiano dimostrato il contrario.

543    Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda la migrazione acròpeta, la Commissione ha sostenuto che le applicazioni fogliari davano luogo ad un deposito del prodotto in esame sul terreno, da dove le sue sostanze attive potevano essere assorbite dalle radici e disperdersi nella pianta.

544    Occorre ritenere che tali elementi consentivano alla Commissione di presumere ragionevolmente che le applicazioni fogliari comportassero rischi simili a quelli degli usi valutati dall’EFSA nelle sue conclusioni.

545    Le ricorrenti hanno invero sostenuto, in udienza, che le sostanze in questione contenute nella parte del prodotto depositatasi sul suolo, si degradano rapidamente, di modo che esse non presentano rischi. Tuttavia, da un lato, ciò è stato contestato da Greenpeace, che ha affermato che il tasso di degradazione dipende dalle condizioni del suolo, e peraltro non è chiaro al di sotto di quale tasso di degradazione si possa ritenere che l’assorbimento nel terreno non presenti più rischi per le api in considerazione della migrazione acròpeta. D’altro canto, la Bayer non ha fornito alcun dettaglio sulla velocità di degradazione dell’imidacloprid e del clothianidin. Per quanto riguarda il tiametoxam, Syngenta ha indicato un tempo di dimezzamento di 30 giorni, che, secondo lei, si situa al di sotto del valore limite di 120 giorni per qualificare una sostanza come «persistente». Tuttavia, secondo Greenpeace, il tempo di dimezzamento del tiametoxam può, secondo le condizioni del terreno, arrivare a centinaia di giorni. Inoltre, occorre tener conto del fatto che il tiametoxam si degrada in clothianidin e che tale primo grado di degradazione non consente quindi di ritenere che tale assorbimento da parte della pianta non presenti più rischi alla luce della migrazione acròpeta.

546    Le ricorrenti non hanno pertanto dimostrato che il divieto degli usi fogliari fosse manifestamente inadeguato per realizzare l’obiettivo dell’atto impugnato, nel senso di cui al punto 507 supra.

547    Di conseguenza, occorre respingere la censura relativa a tale divieto.

–       Sul divieto degli usi non professionali

548    Le ricorrenti sostengono che la restrizione degli usi non professionali supera quanto è idoneo alla realizzazione degli obiettivi dell’atto impugnato. Infatti, per quanto riguarda gli usi all’esterno, le api da miele formano colonie di api che bottinano su ampie zone, di modo che il bottinaggio si estenderebbe generalmente su un gran numero di giardini in ambiente urbano o semiurbano nonché su boschi, parchi e campi da gioco circostanti. L’esistenza di un rischio per le api a livello di colonia presupporrebbe quindi che la quasi totalità dei giardinieri utilizzino prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione, altrimenti i livelli di esposizione non raggiungerebbero i livelli rilevanti per la salute delle api a livello di colonia. La Bayer aggiunge che nessun caso significativo di intossicazione di api nell’Unione, causato da un utilizzo dilettantistico di imidacloprid o clothianidin, è mai stato accertato e che, per quanto la Commissione tema che gli utilizzatori non professionisti potrebbero non rispettare le misure di mitigazione dei rischi, quali sono prescritte nelle istruzioni d’uso, non vi è alcuna prova, neppure aneddotica, che possa corroborare tali timori.

549    Per quanto riguarda gli usi non professionali in interni, essi avrebbero un effetto ancora minore sulla salute delle api rispetto agli usi in un giardino privato. Poiché le api da miele vivono e svolgono il bottinaggio all’esterno, sarebbe assurdo vietare gli usi in interno per ragioni relative alla salute delle api, tanto più che, per gli usi professionali, le applicazioni in serra non sarebbero state limitate.

550    La Commissione contesta tali argomenti.

551    A tal riguardo, in primo luogo, occorre ricordare che la determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società spetta alle istituzioni incaricate della scelta politica costituita dalla fissazione di un livello di protezione appropriato per tale società (v. la giurisprudenza citata al punto 122 supra).

552    In secondo luogo, si deve rilevare, come fa la Commissione, che, secondo la concezione della gestione del rischio che ha il legislatore dell’Unione, che si manifesta, ad esempio, al considerando 19 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU 2002, L 31, pag. 1), «la sola valutazione scientifica del rischio non è in grado di fornire tutte le informazioni su cui dovrebbe basarsi una decisione di gestione del rischio e (…) è legittimo prendere in considerazione altri fattori pertinenti, tra i quali aspetti di natura societale, economica, tradizionale, etica e ambientale nonché la realizzabilità dei controlli». Pertanto, la Commissione ha diritto di tener conto di fattori come il fatto che alcuni gruppi di utenti potrebbero potenzialmente, più di altri, non attenersi alle indicazioni impartite nelle istruzioni per l’uso dei prodotti fitosanitari, nonché l’impossibilità di controllare il modo in cui essi applicano tali prodotti.

553    In terzo luogo, per quanto riguarda la probabilità di un uso improprio dei prodotti fitosanitari contenenti le sostanze in questione da parte di utilizzatori non professionali, né la Commissione né le ricorrenti hanno realmente provato in quale misura tale rischio esisteva o non esisteva. Tuttavia, la Bayer ha fatto riferimento a un sondaggio del 2011, commissionato dalla Commissione, sulla «comprensione da parte del consumatore delle etichette e dell’utilizzo sicuro delle sostanze chimiche», da cui risulterebbe che quasi l’80% degli intervistati legge «sempre» o «spesso» le etichette apposte sui pesticidi e che un ulteriore 12% le legga «talvolta». Tra quelli che leggono le istruzioni sulle etichette, quasi il 74% le rispetta «completamente», mentre il 23% le segue «in parte». Questi dati sarebbero confermati da un altro sondaggio, di cui Bayer ha prodotto solo degli estratti.

554    A tal riguardo, si deve rilevare, innanzi tutto, che le cifre indicate dalla Bayer, per il primo di questi sondaggi, non corrispondono a quelle che figurano nella copia che ha presentato. Infatti, la percentuale degli intervistati che hanno risposto di leggere «sempre» o «spesso» le etichette dei prodotti fitosanitari era del 66% (il 50% «sempre» e il 16% «spesso») e non di «circa l’80%», come indicato dalla Bayer.

555    Inoltre, dall’estratto del secondo sondaggio prodotto dalla Bayer non risulta chi lo ha effettuato, come era composto il campione di intervistati e se fosse rappresentativo della popolazione dei sette paesi nei quali è stato condotto. In tali condizioni, non può che avere un valore probatorio molto ridotto.

556    Infine, dal primo sondaggio, condotto in tutti gli Stati membri, sulla base di un campione rappresentativo, risulta che il 34% degli intervistati legge «talvolta» o «mai» le istruzioni per l’uso figuranti sull’etichetta dei prodotti fitosanitari. Occorre constatare, in tali circostanze, e tenuto conto, in particolare, dell’elevato livello di tossicità delle sostanze in questione, che la Commissione poteva giustamente concludere che potevano essere gli utilizzatori non professionali, più che quelli professionali, a non rispettare le istruzioni d’uso.

557    Pertanto, il divieto di uso non professionale all’esterno delle sostanze in questione non può essere considerato «manifestamente inidoneo allo realizzazione dello scopo perseguito», ai sensi della giurisprudenza citata al punto 506 supra.

558    In quarto luogo, per quanto concerne specificamente gli usi non professionali all’interno, è vero che sembra prima facie alquanto improbabile che si mettano in pericolo le api, ammesso che le istruzioni per l’uso siano rispettate. Tuttavia, come è stato detto, un uso improprio, che non rispetta le istruzioni per l’uso, non può essere escluso, soprattutto da parte gli utilizzatori non professionali. A tal riguardo, il rischio, evocato dalla Commissione, che una pianta trattata all’interno sia poi collocata all’esterno sembra piuttosto aneddotico e, in ogni caso, sporadico. Per contro, sembra probabile, data l’efficacia delle sostanze in questione come insetticidi, che certi utilizzatori possano essere tentati di utilizzare direttamente all’esterno i prodotti che le contengono, anche se venduti per un uso interno.

559    Di conseguenza, e dato che, in ogni caso, un uso totalmente vietato è più sicuro di un uso per il quale si deve fare affidamento alla coscienza degli utilizzatori, si deve ritenere che la limitazione di tali usi non professionali all’interno non possa essere considerata «manifestamente inidonea alla realizzazione dello scopo perseguito».

–       Sulle misure di mitigazione dei rischi che si sarebbero, asseritamente, dovute prevedere in quanto misure meno restrittive

560    Le ricorrenti sostengono che la Commissione avrebbe dovuto avvalersi della possibilità, prevista all’articolo 6, lettera i), del regolamento n. 1107/2009, di subordinare l’approvazione delle sostanze in questione all’imposizione di misure di mitigazione del rischio e a un monitoraggio successivo all’uso. In particolare, la Commissione avrebbe dovuto verificare il rispetto dell’obbligo, imposto agli Stati membri dalla direttiva 2010/21 (v. punto 16 supra), di «provved[ere] affinché siano introdotti programmi di monitoraggio per verificare l’esposizione effettiva delle api [ai neonicotinoidi] in aree molto utilizzate da api bottinatrici o da apicultori, ove e come necessario», avrebbe potuto rendere obbligatoria un’etichettatura o delle istruzioni per l’uso specifiche o ancora l’uso di deflettori per impedire l’esposizione delle api alla polvere nel corso delle semine, e avrebbe dovuto tener conto del piano d’azione che le era stato proposto congiuntamente dalle ricorrenti il 28 marzo 2013.

561    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

562    In primo luogo, a tal proposito, per quanto riguarda i programmi di monitoraggio, la cui introduzione è stata prevista dalla direttiva 2010/21, occorre, da un lato, rilevare, come fa la Commissione, che essi hanno per oggetto la raccolta dei dati sui rischi e non la prevenzione degli stessi, il che risulta, in particolare, dalla formula di cui all’allegato della direttiva 2010/21, secondo la quale i programmi di monitoraggio devono essere introdotti «per verificare l’esposizione effettiva delle api» alle sostanze in questione. Tali misure sono tra l’altro rinnovate dall’atto impugnato.

563    D’altra parte, la stessa Bayer indica che, «[a]d oggi, solo un numero ristretto di programmi di monitoraggio è stato messo in atto a livello di Stati membri», citando la Germania, la Francia, l’Italia, l’Austria e la Slovenia, il che suggerisce che la Commissione avrebbe dovuto insistere affinché fosse introdotto un numero superiore di programmi di monitoraggio, al fine di valutare meglio l’esposizione effettiva delle api da miele ai neonicotinoidi sul campo. Orbene, tali indicazioni dimostrano che, in realtà, l’imposizione agli Stati membri di obblighi di monitoraggio post-approvazione non è molto efficace e che l’utilità di una tale misura dipende ampiamente dal grado di diligenza dimostrato dai singoli Stati membri.

564    In secondo luogo, per quanto riguarda le misure di mitigazione dei rischi in grado, secondo le ricorrenti, di prevenire l’esposizione alla polvere durante le semine, la Commissione espone, a giusto titolo, una serie di considerazioni che mettono in dubbio l’efficacia di tali misure. Infatti, misure quali l’etichettatura e le istruzioni per l’uso specifiche hanno l’inconveniente che il rispetto delle istruzioni fornite non è sicuro ed è difficilmente verificabile. Per quanto riguarda i filtri utilizzati per ridurre l’emissione di polveri, la Commissione sottolinea che, secondo i risultati del programma di sorveglianza e di ricerca italiano Apenet, alcune delle parti più sottili delle polveri emesse durante la semina non sono trattenute da questi filtri e potrebbero causare un elevato tasso di mortalità. Per quanto riguarda, infine, i deflettori di cui potrebbero essere munite le seminatrici, la Commissione cita una valutazione effettuata dall’EFSA, che non è stata in grado di quantificare l’efficacia dei deflettori e ha espressamente rilevato l’impossibilità «di escludere, sulla base dei dati disponibili, un significativo rischio di esposizione delle api (o altri impollinatori), anche nell’ipotesi in cui [fosse] utilizzato un deflettore». Peraltro, come è stato esposto al punto 376 supra, così come le altre misure proposte dalle ricorrenti, i deflettori sono misure intese a ridurre l’esposizione alla polvere e non hanno alcun effetto a livello di esposizione tramite il nettare, il polline e la guttazione né di quella risultante dalla migrazione sistematica delle sostanze di cui trattasi nelle piante a partire dalle sementi conciate.

565    Tenuto conto di tali elementi, occorre considerare che il fatto che la Commissione abbia ritenuto insufficienti le misure di mitigazione dei rischi che potevano essere adottate non consentiva di concludere che l’atto impugnato eccedesse manifestamente quanto necessario a raggiungere gli obiettivi perseguiti.

–       Sintesi sulla proporzionalità

566    Risulta dai punti da 502 a 565 supra che occorre respingere la censura vertente su una violazione del principio di proporzionalità.

viii) Sulla censura attinente alla mancata presa in considerazione dei dati di monitoraggio

567    Le ricorrenti contestano inoltre alla Commissione di non aver tenuto conto dei dati di monitoraggio nell’ambito della gestione del rischio, nonostante un invito esplicito in tal senso da parte dell’EFSA.

568    La Commissione contesta tali argomenti.

569    Occorre anzitutto ricordare, a tal proposito, che si deve tener conto dei dati di monitoraggio disponibili, allo stesso modo che di ogni altra informazione pertinente, nel quadro del riesame dell’approvazione di una sostanza attiva, obbligo che la Commissione ha del resto riconosciuto (v. punto 215 supra). Per quanto riguarda la portata esatta di tale obbligo, occorre fare una distinzione tra la fase di valutazione dei rischi e quella di gestione del rischio (v. punto 111 supra).

570    Inoltre, va ricordato che le ricorrenti non hanno dimostrato che l’EFSA non avrebbe adeguatamente tenuto conto dei dati di monitoraggio nel quadro della valutazione dei rischi (v. punto 382 supra).

571    Orbene, dato che gli insegnamenti da trarre dai dati di monitoraggio, nell’ambito della valutazione dei rischi, sono integrati nelle conclusioni dell’EFSA, i rischi che l’EFSA aveva constatato o quelli la cui assenza aveva ritenuto che non poteva essere dimostrata, erano pertanto quelli esistenti o che non potevano essere esclusi tenendo conto in particolare dei dati di monitoraggio disponibili. Nell’ambito della decisione sulla gestione di tali rischi che era tenuta ad adottare ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009, non spettava pertanto alla Commissione rimettere in discussione le constatazioni riportate nelle conclusioni dell’EFSA alla luce dei dati di cui quest’ultima aveva già tenuto conto. Per contro, essa doveva controllare se, alla luce dei dati di monitoraggio, i rischi la cui esistenza era stata constatata o non aveva potuto essere esclusa potevano essere attenuati tramite l’adozione di misure di mitigazione.

572    È in questo senso che occorre intendere l’asserito «invito» dell’EFSA rivolto alla Commissione, invocato dalle ricorrenti. Infatti, la frase in questione, riportata nelle conclusioni dell’EFSA relative a ciascuna delle sostanze di cui trattasi, è formulata come segue:

«Nel complesso, si è ritenuto che i dati di monitoraggio fossero di scarsa utilità per la valutazione dei rischi ma che potessero essere utili per fornire un riscontro ai responsabili della gestione dei rischi per consentire loro di adottare misure di prevenzione».

573    Inoltre, occorre constatare, a tal proposito, che tale osservazione dell’EFSA non riguarda soltanto la Commissione, ma i responsabili della gestione dei rischi in generale. Orbene, se è vero che la Commissione ha il ruolo di gestore dei rischi per quanto riguarda l’approvazione di sostanze attive ai sensi del regolamento n. 1107/2009, è altrettanto vero che anche gli Stati membri sono responsabili della gestione dei rischi per quanto riguarda l’autorizzazione di prodotti fitosanitari, sempre a norma di tale regolamento. Dato che, come la Commissione ha giustamente sottolineato, i dati di monitoraggio riflettono le circostanze specifiche dei vari Stati membri e delle varie regioni, in particolare per quanto riguarda le pratiche agricole, le condizioni climatiche e la presenza di malattie, che non possono essere estese a tutta l’Unione, i dati di monitoraggio possono anche essere più utili ai fini della gestione del rischio a livello nazionale che a livello dell’Unione.

574    Infine, come è già stato esposto ai punti da 562 a 565 supra, le ricorrenti non hanno dimostrato che la valutazione della Commissione, secondo cui, alla luce dei dati di monitoraggio, i rischi la cui esistenza era stata constatata, o non era stato possibile escludere, non potevano essere attenuati adottando misure di mitigazione del rischio, fosse viziata.

575    Di conseguenza, occorre respingere la censura attinente alla mancata presa in considerazione dei dati di monitoraggio nell’ambito della gestione dei rischi da parte della Commissione.

ix)    Sulla censura riguardante il carattere asseritamente arbitrario di determinate misure

576    La Bayer afferma che alcune delle misure adottate nell’atto impugnato hanno un carattere arbitrario e non potrebbero, pertanto, essere legittimate invocando il principio di precauzione. Vi sarebbero quindi delle restrizioni agli usi per applicazione fogliare, nonché agli usi non professionali, senza alcun fondamento scientifico o di altro tipo, per i quali, invece, le conclusioni dell’EFSA non hanno identificato dei rischi.

577    La Commissione contesta tali argomenti.

578    Si deve constatare che gli argomenti presentati dalla Bayer a sostegno di tale censura non permettono di distinguerla, nella sua sostanza, da quella relativa alla violazione del principio di proporzionalità, dato che riguarda le applicazioni fogliari e gli usi non professionali. Orbene, poiché è stato constatato, ai punti da 532 a 547 e da 551 a 559 supra, che tali motivi, sempre che siano dimostrati, non costituiscono una violazione del principio di proporzionalità, essi non possono neppure essere qualificati come arbitrari.

579    Di conseguenza, occorre respingere la presente censura.

4)      Conclusioni sulle censure riguardanti errori manifesti di valutazione e un’errata applicazione del principio di precauzione

580    Tenuto conto dell’analisi di cui sopra, si deve concludere che la Commissione ha dimostrato, conformemente ai requisiti di cui ai punti 141 e 142 supra, che, a seguito della modifica del contesto normativo dovuta all’adozione del regolamento n. 1107/2009, e, in particolare, del sostanziale rafforzamento dei requisiti relativi all’assenza di effetti inaccettabili delle sostanze attive sulle api, introdotto dal punto 3.8.3 dell’allegato II di tale regolamento (v. punto 135 supra), i rischi constatati dall’EFSA giustificavano la conclusione secondo la quale le sostanze di cui trattasi non soddisfacevano più i criteri di approvazione previsti dall’articolo 4 dello stesso regolamento, trattandosi di utilizzi limitati o vietati dall’articolo 1 dell’atto impugnato.

581    Dall’esame degli argomenti avanzati dalle ricorrenti non sono emersi errori nell’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009 e, in particolare, errori manifesti di valutazione, né un’erronea applicazione del principio di precauzione o del principio di proporzionalità.

582    Di conseguenza, occorre respingere tali censure, così come tutte quelle riguardanti l’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009.

5.      Sulla violazione del diritto di proprietà e di libertà d’impresa

583    La Bayer sostiene che l’adozione e il contenuto dell’atto impugnato costituiscono un intervento sproporzionato e inaccettabile che pregiudica la sostanza stessa del suo diritto di proprietà e della sua libertà d’impresa, di cui la Commissione doveva tener conto nell’interpretazione e nell’applicazione degli articoli 21 e 49, dell’articolo 12, paragrafo 2, e dell’allegato II, punto 3.8.3, del regolamento n. 1107/2009. L’interpretazione del regolamento n. 1107/2009 operata dalla Commissione violerebbe la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea sotto diversi aspetti.

584    La Commissione contesta tali argomenti.

585    In primo luogo, occorre ricordare, a tal riguardo, che, così come giustamente sottolineato dalla Bayer, sia il libero esercizio dell’attività professionale sia il diritto di proprietà fanno parte, per giurisprudenza consolidata, dei principi generali del diritto dell’Unione (v. sentenza del 29 marzo 2012, Interseroh Scrap and Metals Trading, C‑1/11, EU:C:2012:194, punto 43 e giurisprudenza citata), e sono ormai espressamente tutelati agli articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali.

586    Tuttavia, risulta altresì da costante giurisprudenza che tali principi non costituiscono prerogative assolute, ma vanno considerati alla luce della loro funzione sociale. Ne consegue che possono essere apportate restrizioni all’ applicazione del diritto di proprietà e al libero esercizio di della libertà d’impresa, a condizione che tali restrizioni rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti [sentenze dell’11 luglio 1989, Schräder HS Kraftfutter, 265/87, EU:C:1989:303, punto 15; del 3 dicembre 1998, Generics (UK) e a., C‑368/96, EU:C:1998:583, punto 79, e del 23 ottobre 2003, Van den Bergh Foods/Commissione, T‑65/98, EU:T:2003:281, punto 170].

587    In particolare, come esposto al punto 106 supra, la protezione dell’ambiente, prevista in particolare all’articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali, nonché all’articolo 11 TFUE e all’articolo 114, paragrafo 3, TFUE, ha un’importanza preponderante rispetto alle considerazioni di ordine economico, di modo che essa è tale da giustificare conseguenze economiche negative, anche notevoli, per taluni operatori (v., in tal senso, sentenze del 9 settembre 2011, Dow AgroSciences e a./Commissione, T‑475/07, EU:T:2011:445, punto 143; del 6 settembre 2013, Sepro Europe/Commissione, T‑483/11, non pubblicata, EU:T:2013:407, punto 85, e del 12 dicembre 2014, Xeda International/Commissione, T‑269/11, non pubblicata, EU:T:2014:1069, punto 138).

588    Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

589    In secondo luogo, nel caso di specie, l’atto impugnato si fonda sull’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009 ed è pertanto previsto dalla legge. L’esame degli altri motivi sollevati dalle ricorrenti non ha denotato un’interpretazione o applicazione erronee di tale disposizione, né una violazione del principio di proporzionalità.

590    La Bayer ha fondato la sua affermazione, secondo cui l’adozione e il contenuto dell’atto impugnato costituiscono un intervento tale da ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà e della libertà d’impresa, unicamente sull’interpretazione e applicazione erronee del regolamento n. 1107/2009 da parte della Commissione – in linea generale nel ricorso, in modo più dettagliato in sede di replica. Nella misura in cui tali argomentazioni sono state respinte nell’ambito degli altri motivi dedotti dalle ricorrenti, non possono essere accolte nemmeno in relazione alla violazione dei diritti fondamentali della Bayer.

591    In particolare, va respinto l’argomento, dedotto dalla Bayer in sede di replica, secondo cui, dopo il rilascio dell’approvazione delle sostanze in questione, le ricorrenti avrebbero acquisito diritti di proprietà ulteriori, tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali, il che avrebbe dovuto comportare l’applicazione di un criterio più restrittivo quando la Commissione ha ipotizzato la revoca di tale approvazione, motivo per cui, in particolare, occorrerebbe interpretare restrittivamente l’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009.

592    Supponendo che l’approvazione delle sostanze in questione abbia creato nuovi diritti nei confronti delle ricorrenti, tutelati dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali, ciò non implica tuttavia un’interpretazione restrittiva dell’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009, poiché quest’ultimo contiene garanzie adeguate in favore dei soggetti che hanno ottenuto l’approvazione di una sostanza attiva. In particolare, la revoca o la modifica di un’approvazione esistente presuppone che la Commissione, in base a nuove conoscenze scientifiche, concluda che la sostanza non soddisfa più i criteri di approvazione. Come risulta dall’esame dell’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009, di cui sopra, e contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, ciò si verifica nel caso di specie. Inoltre, a norma dell’articolo 21, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 1107/2009, la Commissione è tenuta a ottenere le osservazioni del fabbricante della sostanza attiva prima di prendere una decisione.

593    Non si può nemmeno sostenere che l’atto impugnato pregiudichi la sostanza stessa della libertà d’impresa o del diritto di proprietà. Infatti, le ricorrenti sono libere di esercitare la loro attività di produzione di prodotti fitosanitari. In particolare, le sostanze in questione sono approvate per alcuni usi all’interno dell’Unione e possono anche essere esportate. Inoltre, contrariamente alle affermazioni della Bayer, il potere discrezionale conferito alla Commissione dall’articolo 21 del regolamento n. 1107/2009 non equivale a una «libertà [della Commissione] di agire a proprio piacimento, quando vuole e senza tener conto di elementi scientifici», ma è disciplinato da norme la cui applicazione è soggetta al controllo dei giudici dell’Unione.

594    Di conseguenza, occorre respingere la censura relativa alla violazione del diritto di proprietà e di libertà d’impresa.

6.      Sulla violazione del principio buona amministrazione

595    La Syngenta deduce cinque vizi principali che, a suo parere, hanno comportato la violazione del principio di buona amministrazione.

596    In particolare, in primo luogo, il mandato dell’EFSA sarebbe stato irragionevole a causa della sua portata, della pressione temporale e dell’assenza di linee guida definitive, in secondo luogo, il procedimento nel suo complesso sarebbe stato condotto in modo affrettato mentre non vi era alcuna urgenza, il che lascerebbe pensare che la Commissione era decisa sin dall’inizio a imporre un ampio divieto delle sostanze in questione, in terzo luogo, la Commissione non avrebbe preso in considerazione i dati scientifici pertinenti e importanti, in quarto luogo, la valutazione dei rischi sarebbe stata effettuata sulla base di un metodo incompleto e, in quinto luogo, la Commissione sarebbe venuta meno al suo obbligo di effettuare una valutazione di impatto.

597    La Commissione contesta gli argomenti della Syngenta.

598    A tale riguardo, è sufficiente rilevare che la Syngenta si limita qui a riproporre argomentazioni già dedotte, e respinte in precedenza, nel contesto di altri motivi, sia in quanto carenti in fatto, o in quanto infondate in diritto. In entrambi i casi, tali deduzioni non possono quindi integrare violazioni del principio di buona amministrazione.

599    In particolare, è già stato constatato:

–        ai punti da 349 a 353 supra, che il mandato dell’EFSA non era irragionevole, tenuto conto del tempo di cui essa disponeva;

–        ai punti da 420 a 429 supra, che la procedura non è stata condotta in modo affrettato, al punto di far sembrare che la Commissione fosse decisa sin dall’inizio a imporre un ampio divieto delle sostanze in questione;

–        ai punti da 354 a 382 e da 569 a 575 supra, che non poteva essere addebitato all’EFSA e alla Commissione di non aver preso in considerazione i dati scientifici pertinenti e importanti;

–        ai punti 325 e 326 supra, che la valutazione dei rischi non era viziata dalla mancanza di un documento d’orientamento e,

–        ai punti da 459 a 471 supra, che la Commissione non era venuta meno all’obbligo di effettuare una valutazione d’impatto.

600    Nell’ambito della descrizione dei fatti, la Syngenta ha inoltre sostenuto, per quanto riguarda la procedura di comitato, che gli Stati membri non avevano avuto abbastanza tempo per valutare le misure proposte nel documento di lavoro del 28 gennaio 2013 (v. punto 419 supra) e per analizzare le sue osservazioni sulle conclusioni dell’EFSA sul tiametoxam.

601    È sufficiente osservare, al riguardo, sull’esempio della Commissione, che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011, essa non era tenuta, nell’ambito della procedura di comitato, a preparare un documento di lavoro, ma solo a presentare un progetto dell’atto di esecuzione che essa proponeva di adottare. Laddove, come nella fattispecie, essa va oltre tale obbligo, predisponendo un documento di lavoro al fine di facilitare il lavoro del comitato in vista della presentazione di un progetto di atto di esecuzione, non le si può muovere alcuna censura per quanto riguarda i termini da rispettare. Peraltro, risulta dalla relazione di sintesi della riunione del Copcasa del 31 gennaio e del 1o febbraio 2013 che gli Stati membri sono stati invitati a presentare le loro eventuali osservazioni integrative sul documento di lavoro fino al 5 febbraio 2013, e quindi anche dopo la suddetta riunione.

602    Pertanto, si deve respingere la censura vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione.

7.      Conclusione sulle domande di annullamento degli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato

603    Da quanto precede, deriva che occorre respingere le domande di annullamento degli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato.

C.      Sulla domanda di annullamento dell’articolo 2 dell’atto impugnato nella causa T451/13

604    Occorre ricordare che, come è stato rilevato supra ai punti da 61 a 67 nonché al punto 99 supra, nella causa T‑429/13, il ricorso è ricevibile unicamente nella parte in cui riguarda gli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato ed è irricevibile nella parte in cui è diretto contro l’articolo 2 di tale atto. Di conseguenza, in tale causa, non occorre esaminare il motivo relativo alla violazione dell’articolo 49 del regolamento n. 1107/2009, dedotto esclusivamente a sostegno della domanda di annullamento dell’articolo 2 dell’atto impugnato.

605    Invece, nella causa T‑451/13, la Syngenta, che opera nel settore della commercializzazione di sementi conciate, è legittimata a chiedere l’annullamento dell’articolo 2 dell’atto impugnato. Di conseguenza, solo nel caso di specie, occorre esaminare anche il motivo vertente sulla violazione dell’articolo 49 del regolamento n. 1107/2009, dedotto a sostegno di tale domanda.

606    La Syngenta sostiene, a tal proposito, che nessuna delle tre condizioni di applicazione dell’articolo 49, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009 sia soddisfatta nella fattispecie. In primo luogo, la Commissione non avrebbe preso in considerazione tutti gli elementi di prova disponibili. In secondo luogo, in mancanza di una solida base scientifica per il divieto della vendita e dell’uso di sementi conciate, non esisterebbero «fondati motivi» ai sensi di tale disposizione. In terzo luogo, la Commissione non avrebbe esaminato se il rischio per la salute delle api poteva essere contenuto con misure di riduzione dei rischi adottate a livello nazionale.

607    La Commissione contesta tali argomenti.

608    Come risulta dall’articolo 49, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009 (v. punto 11 supra), l’applicazione di detta disposizione presuppone che siano soddisfatte due condizioni: in primo luogo, devono sussistere «fondati motivi per temere» che le sementi conciate comportino un rischio grave, in particolare per l’ambiente, e, in secondo luogo, tale rischio non deve poter essere contenuto in modo soddisfacente mediante provvedimenti presi dagli Stati membri. Il requisito secondo cui, prima di adottare misure di restrizione o di divieto, la Commissione esamina le prove addotte ha solo un valore dichiarativo, poiché la Commissione è in ogni caso tenuta, anche solo in applicazione del principio di buona amministrazione, ad esaminare le prove addotte prima di adottare delle misure.

609    Per quanto riguarda la prima condizione, relativa all’esistenza di «fondati motivi» di timore, occorre, come sostiene la Commissione, ritenere che essa sia automaticamente soddisfatta se si tratta di sementi conciate con prodotti fitosanitari contenenti sostanze attive la cui approvazione non copre più l’applicazione in questione e per i quali le autorizzazioni esistenti a livello nazionale sono state revocate, in quanto la Commissione ha ritenuto che le condizioni di approvazione dell’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009 non erano più soddisfatte. Infatti, in tale fattispecie, la Commissione ha già constatato, nell’ambito della modifica o della revoca dell’approvazione della sostanza attiva di cui trattasi, l’esistenza di «fondati motivi» di timore relativi all’uso delle sementi interessate.

610    Una siffatta interpretazione, peraltro, non fa venir meno l’effetto utile della prima condizione di cui all’articolo 49, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009, nella misura in cui possono sussistere «fondati motivi» che non sono correlati a una restrizione preventiva dell’approvazione della sostanza attiva, fattispecie in cui la Commissione sarà tenuta ad effettuare un esame della questione ai fini dell’applicazione di tale disposizione.

611    Per quanto riguarda la seconda condizione, relativa alla necessità di un’azione a livello dell’Unione, la Commissione sostiene che, in assenza dell’articolo 2 dell’atto impugnato, le giacenze di sementi legalmente conciate prima della revoca o della modifica delle autorizzazioni nazionali avrebbero potuto circolare all’interno degli Stati membri ed essere utilizzate in quelli che non hanno adottato misure nazionali, con l’effetto di mettere in pericolo gli obiettivi perseguiti dall’articolo 1 dell’atto impugnato nonché l’armonizzazione del regime normativo relativo alla circolazione delle merci nel mercato unico. Si deve concordare con tale analisi. Infatti, va rilevato che, se la Commissione voleva garantire, in modo uniforme e contemporaneamente in tutta l’Unione, l’effetto utile della limitazione dell’approvazione delle sostanze in questione, secondo quanto previsto dall’articolo 1 dell’atto impugnato, cioè la cessazione dell’impiego delle sostanze in questione attraverso l’impiego di sementi conciate al fine di evitare che si concretizzassero i rischi per le api da essa accertati, l’unico mezzo per raggiungere questo scopo era il divieto di immissione sul mercato e di utilizzazione delle sementi conciate, di cui all’articolo 2 dell’atto impugnato.

612    Infine, per quanto riguarda la questione se la Commissione abbia effettivamente esaminato gli elementi disponibili prima dell’adozione dell’articolo 2 dell’atto impugnato, si deve osservare che vi si è risposto positivamente nell’ambito dell’esame dei motivi dedotti contro gli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato.

613    Di conseguenza, occorre respingere il motivo attinente alla violazione dell’articolo 49, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009 e, pertanto, la domanda di annullamento dell’articolo 2 dell’atto impugnato, nella causa T‑451/13.

D.      Sulla domanda di risarcimento danni nella causa T451/13

614    La Syngenta afferma che l’atto impugnato costituisce una violazione manifesta di una norma di diritto che conferisce diritti ai singoli, sufficientemente esplicita, manifesta e qualificata da far sorgere la responsabilità dell’Unione.

615    Il danno da essa subito sarebbe costituito della perdita del margine lordo legato alla vendita dei prodotti contenenti tiametoxam, da un danno alla sua immagine e alla sua reputazione, nonché dai costi straordinari sostenuti per difendere l’approvazione del tiametoxam nell’ambito della procedura di riesame. A suo avviso, tale danno è conseguenza diretta, immediata ed esclusiva del comportamento illegittimo della Commissione.

616    La Commissione si oppone agli argomenti della Syngenta.

617    Occorre ricordare a tal proposito che il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione a motivo di un comportamento illecito suoi organi, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, presuppone che ricorrano congiuntamente varie condizioni, ossia l’illiceità del comportamento contestato all’istituzione, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento asserito e il danno lamentato (sentenza Agraz e a./Commissione, C‑243/05 P, EU:C:2006:708, punto 26 e giurisprudenza ivi citata, e del 2 marzo 2010, Arcelor/Parlamento e Consiglio, T‑16/04, EU:T:2010:54, punto 139 e giurisprudenza ivi citata).

618    Dato il carattere cumulativo delle suddette condizioni, il ricorso deve essere respinto nel suo insieme quando anche solo una di esse non sia soddisfatta (v. sentenza Arcelor/Parlamento e Consiglio, T‑16/04, EU:T:2010:54, punto 140 e la giurisprudenza ivi citata).

619    Orbene, nel caso di specie, risulta dall’esame dei motivi di annullamento dedotti dalla Syngenta sopra svolto che non vi è luogo a constatare l’esistenza di un’illegittimità che giustifichi l’annullamento, anche parziale, dell’atto impugnato e che, di conseguenza, la prima delle suddette condizioni non è pertanto soddisfatta.

620    Ne consegue che occorre respingere la domanda di risarcimento danni, senza che sia necessario esaminare la seconda e la terza condizione.

V.      Sulle spese

621    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le ricorrenti sono rimaste soccombenti, occorre condannarle a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle della Commissione, conformemente alle conclusioni di quest’ultima, nonché le spese dell’UNAF, della DBEB e dell’ÖEB, intervenute a sostegno delle conclusioni della Commissione, conformemente alle conclusioni di queste ultime.

622    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nel procedimento sopportano le proprie spese. Pertanto, il Regno di Svezia, intervenuto a sostegno delle conclusioni della Commissione, sopporterà le proprie spese.

623    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può ordinare che una parte interveniente diversa da quelle indicate ai paragrafi 1 e 2 di tale articolo sopporti le proprie spese. Nel caso di specie, occorre statuire che l’AGPM, la NFU, l’ECPA, la Rapool-Ring, l’ESA e l’AIC, intervenute a sostegno delle conclusioni delle ricorrenti, sopportino le proprie spese. Analogamente, PAN Europe, Bee Life, Buglife e Greenpeace, che non hanno presentato conclusioni sulle spese, sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Le cause T429/13 e T451/13 sono riunite ai fini della sentenza che definisce il giudizio.

2)      I ricorsi sono respinti.

3)      La Bayer CropScience AG, la Syngenta Crop Protection AG e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato sopporteranno le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Commissione europea, dall’Union nationale de l’apiculture française (UNAF), dalla Deutscher Berufs- und Erwerbsimkerbund eV e dall’Österreichischer Erwerbsimkerbund.

4)      Il Regno di Svezia sopporterà le proprie spese.

5)      L’Association générale des producteurs de maïs e autres céréales cultivées de la sous-famille des panicoïdées (AGPM), The National Farmers’ Union (NFU), la European Crop Protection Association (ECPA), la Rapool-Ring GmbH Qualitätsraps deutscher Züchter, la European Seed Association (ESA), l’Agricultural Industries Confederation Ltd, la Pesticide Action Network Europe (PAN Europe), la Bee Life European Beekeeping Coordination (Bee Life), la Buglife – The Invertebrate Conservation Trust e lo Stichting Greenpeace Council sopporteranno le proprie spese.

Kanninen

Pelikánová

Buttigieg

Gervasoni

 

      Calvo-Sotelo Ibáñez-Martín

Così deciso e pronunciato in Lussemburgo il 17 maggio 2018.

Firme



Indice


I. Contesto giuridico

A. Direttiva 91/414/CEE

B. Regolamento (CE) n. 1107/2009

II. Fatti

III. Procedimento e conclusioni delle parti

A. Procedimento

B. Conclusioni

1. Causa T429/13

2. Causa T451/13

IV. In diritto

A. Sulla ricevibilità delle domande di annullamento

1. Sull’incidenza diretta nei confronti delle ricorrenti

a) Gli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato

b) Sull’articolo 2 dell’atto impugnato

2. Sull’incidenza individuale sulle ricorrenti

a) Sulle sostanze per le quali le ricorrenti sono gli autori della domanda di approvazione

b) Sulle sostanze per le quali le ricorrenti non sono gli autori della domanda di approvazione

1) Sull’incidenza individuale nei confronti della Bayer, per quanto riguarda il clothianidin

2) Sull’incidenza individuale nei confronti delle ricorrenti in relazione alle sostanze per le quali l’altra ricorrente è l’autore della domanda di approvazione

3. Sulla qualificazione dell’atto impugnato come atto regolamentare che non comporta misure di esecuzione

a) Sulla qualificazione come atto regolamentare

b) Sulla mancanza di misure di esecuzione

4. Ricevibilità del ricorso nella causa T451/13, nei limiti in cui esso è proposto dalle ricorrenti diverse dalla Syngenta Crop Protection AG

5. Sintesi sulla ricevibilità

B. Sulle domande di annullamento degli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato

1. Osservazioni preliminari

2. Considerazioni generali

a) Sul principio di precauzione

1) Definizione

2) Valutazione dei rischi

i) Sulla valutazione scientifica

ii) Sulla determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile

3) Gestione del rischio

b) Sul riesame di una sostanza attiva iscritta nella parte A dell’allegato al regolamento di esecuzione n. 540/2011

1) Sui requisiti di iscrizione iniziali ai sensi della direttiva 91/414

2) Sulla modifica dei criteri di approvazione da parte del regolamento n. 1107/2009

3) Sull’onere della prova

c) Sulla portata del controllo giurisdizionale

3. Sulle censure relative all’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009

a) Sulla soglia di applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009

b) Sulle informazioni invocate dalla Commissione per giustificare l’apertura della procedura di riesame

c) Sulla questione se la Commissione disponesse, al momento dell’apertura della procedura di riesame, di nuove conoscenze scientifiche e tecniche, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009

1) Sul carattere di novità dei risultati degli studi del marzo 2012

2) Sulle dosi delle sostanze in questione utilizzate negli studi del marzo 2012

3) Sulla pretesa rimessa in discussione degli studi del marzo 2012 da parte di terzi

4) Conclusione intermedia

5) Sul ruolo dei dati di monitoraggio

i) Sulla nozione di dati di monitoraggio

ii) Sul valore da attribuire ai dati di monitoraggio

iii) Sul ruolo dei dati di monitoraggio nell’ambito della decisione di avviare un riesame, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009

4. Sulle censure vertenti sull’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009

a) Sulla censura relativa al difetto di concordanza tra i motivi di apertura della procedura di riesame e i motivi dell’atto impugnato

b) Sulle censure relative all’applicazione di metodi e di criteri di valutazione diversi da quelli applicabili al momento della presentazione della domanda di approvazione

1) Sulla questione dei documenti sui quali l’EFSA ha fondato la valutazione dei rischi

i) Sul parere dell’EFSA

ii) Sui documenti d’orientamento

iii) Sull’affermazione secondo cui l’EFSA si sarebbe basata sul progetto di documento d’orientamento

2) Sulla censura relativa alla violazione dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009

3) Sulla censura relativa alla violazione dell’allegato II, punto 3.8.3, del regolamento n. 1107/2009

4) Sulla censura relativa alla tutela del legittimo affidamento

5) Sulla censura relativa alla certezza del diritto

6) Sulla censura relativa al fatto che la valutazione del rischio si è fondata sul parere dell’EFSA e non su un documento d’orientamento

i) Richiami preliminari

ii) Sulle conseguenze della scelta di procedere alla valutazione dei rischi senza la disponibilità di un documento d’orientamento

iii) Sulla scelta della data di scadenza della valutazione dei rischi

7) Sulle pretese condizioni necessarie per una modifica dei metodi di valutazione per il riesame, rispetto all’approvazione iniziale

c) Sulle censure vertenti su errori manifesti di valutazione e su un’errata applicazione del principio di precauzione

1) Sulla questione di sapere in quale misura l’atto impugnato si basi sull’applicazione del principio di precauzione

2) Sulle censure relative alla valutazione del rischio da parte dell’EFSA

i) Sulla censura relativa alla grande pressione temporale asseritamente imposta all’EFSA

ii) Sulle censure relative alla mancata considerazione, da parte dell’EFSA, di importanti dati scientifici pertinenti

– Sulla presunta mancanza di un esame approfondito della letteratura scientifica pertinente con valutazione inter pares

– Sull’asserita mancata considerazione di taluni studi esistenti

– Sull’asserita omessa presa in considerazione dei dati di monitoraggio e delle misure di mitigazione dei rischi

iii) Sulla censura relativa all’applicazione di un approccio puramente ipotetico del rischio

– Sulla questione se le conclusioni dell’EFSA abbiano identificato dei rischi

– Sull’eventuale natura ipotetica dei rischi individuati dall’EFSA

3) Sulle censure relative alla valutazione del rischio da parte della Commissione

i) Sulla censura secondo la quale la procedura e le prese di posizione pubbliche della Commissione sarebbero state precipitose

ii) Sulla censura attinente alla violazione del diritto di essere ascoltato e dei diritti della difesa

iii) Sulla censura relativa all’assenza di una valutazione d’impatto

iv) Sulla censura relativa alla natura selettiva e incoerente dell’atto impugnato

v) Sulla censura relativa al trattamento «paritario» delle tre sostanze in questione

vi) Sulla censura relativa alla presa in considerazione del rischio per le singole api piuttosto che di quello per le colonie

vii) Sulla censura vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

– Sul potenziale nocivo dell’atto impugnato per le api

– Sul divieto di utilizzo del tiametoxam sulle «colture che attirano le api»

– Sul divieto di utilizzo delle sostanze in questione sulla colza invernale

– Sul divieto delle applicazioni fogliari

– Sul divieto degli usi non professionali

– Sulle misure di mitigazione dei rischi che si sarebbero, asseritamente, dovute prevedere in quanto misure meno restrittive

– Sintesi sulla proporzionalità

viii) Sulla censura attinente alla mancata presa in considerazione dei dati di monitoraggio

ix) Sulla censura riguardante il carattere asseritamente arbitrario di determinate misure

4) Conclusioni sulle censure riguardanti errori manifesti di valutazione e un’errata applicazione del principio di precauzione

5. Sulla violazione del diritto di proprietà e di libertà d’impresa

6. Sulla violazione del principio buona amministrazione

7. Conclusione sulle domande di annullamento degli articoli 1, 3 e 4 dell’atto impugnato

C. Sulla domanda di annullamento dell’articolo 2 dell’atto impugnato nella causa T451/13

D. Sulla domanda di risarcimento danni nella causa T451/13

V. Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.


1      L’elenco dei ricorrenti è allegato soltanto alla versione notificata alle parti.