Language of document : ECLI:EU:C:2012:452

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO Mengozzi

presentate il 12 luglio 2012 (1)

Causa C‑168/11

Manfred Beker,

Christa Beker

contro

Finanzamt Heilbronn

[domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«Libera circolazione dei capitali – Prevenzione della doppia imposizione mediante il sistema dell’imputazione – Imputazione limitata all’imposta nazionale che sarebbe dovuta sui redditi realizzati all’estero – Modalità di calcolo»





1.        È ben noto che quello delle imposte dirette è uno degli ambiti più complessi e delicati in cui interviene la giurisprudenza della Corte di giustizia. In mancanza di un’armonizzazione significativa a livello dell’Unione, le pronunce della Corte si basano essenzialmente sui Trattati e su precedenti giurisprudenziali, partendo dal principio di fondo secondo il quale la competenza in materia resta degli Stati membri, sebbene essi siano tenuti ad esercitarla nel rispetto del diritto dell’Unione. Inoltre, i problemi da affrontare sono spesso di natura molto tecnica, il che aggiunge, alle difficoltà dell’interpretazione giuridica, quelle legate alla comprensione del funzionamento dei meccanismi di calcolo e di applicazione delle imposte che sono, di volta in volta, oggetto di esame.

2.        La presente causa, che riguarda le modalità di calcolo del limite massimo di un credito d’imposta che uno Stato membro concede, al fine di limitare la doppia imposizione giuridica, ai contribuenti che hanno realizzato redditi all’estero, riunisce in sé tutte le difficoltà appena indicate.

I –    Contesto normativo

3.        La sola disposizione di diritto dell’Unione pertinente nel caso di specie è l’articolo 63 TFUE, già articolo 56 CE, relativo alla libera circolazione dei capitali. Esso prevede al suo primo paragrafo, come è noto, che «sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi».

4.        La situazione oggetto del procedimento principale riguarda un caso di doppia imposizione giuridica (2), in cui due contribuenti residenti in Germania, e in tale Stato anche illimitatamente soggetti agli obblighi tributari, hanno realizzato alcuni redditi, derivanti dalla distribuzione di dividendi, in altri Stati, sia dell’Unione che terzi.

5.        Per disciplinare simili situazioni la Germania ha concluso una serie di accordi contro la doppia imposizione. In particolare, nel nostro caso il giudice del rinvio indica nella sua ordinanza come pertinenti quelli con i Paesi Bassi, la Svizzera, la Francia, il Lussemburgo, il Giappone e gli Stati Uniti. Tali accordi prevedono tutti che, al fine di ridurre la doppia imposizione giuridica, sia utilizzato, per redditi percepiti all’estero ed ivi tassati con una ritenuta alla fonte, il cosiddetto «sistema dell’imputazione». Tale meccanismo è comunemente utilizzato in simili circostanze, ed è stato infatti anche consacrato, come uno dei due sistemi possibili (3) per evitare la doppia imposizione, nel modello OCSE di convenzione fiscale sul reddito e sul patrimonio (in prosieguo: il «modello OCSE») (4).

6.        Descriverò più avanti i dettagli del funzionamento di tale meccanismo, così come esso è stato messo in pratica dal legislatore tedesco. In generale, comunque, il sistema dell’imputazione funziona come segue. La base imponibile viene calcolata nello Stato di residenza considerando tutti i redditi del contribuente, ivi compresi quelli realizzati all’estero. Viene poi calcolata l’imposta dovuta, in base al diritto nazionale, relativamente a tutta la base imponibile appena indicata. Tale imposta teorica viene poi ridotta detraendo da essa l’imposta pagata all’estero (imputazione). In concreto, è riconosciuto al contribuente un credito d’imposta, finalizzato a compensare la circostanza che sono già state pagate, all’estero, imposte sui redditi ivi realizzati. L’importo del credito d’imposta, ai sensi dell’art. 23 B del modello OCSE, è pari, in linea di principio, all’imposta pagata all’estero, ma non può eccedere l’imposta che, sui redditi stranieri, sarebbe dovuta ai sensi del diritto tributario dello Stato di residenza. In particolare, l’articolo 23 B del modello OCSE prevede, nella parte che qui interessa:

«1. Qualora un residente di uno Stato parte percepisca redditi (…) che, conformemente alle disposizioni della presente Convenzione, sono imponibili nell’altro Stato parte, il primo Stato riconosce:

a)     sull’imposta che esso percepisce sui redditi di tale residente, una detrazione di importo pari a quello dell’imposta sui redditi pagata nell’altro Stato;

(…)

(…) tale detrazione non può tuttavia eccedere la parte di imposta sul reddito (…), al netto della detrazione, corrispondente al reddito (…) imponibile nell’altro Stato.

(…)».

7.        Il modello OCSE non prevede le modalità precise secondo cui deve essere effettuato il calcolo del limite massimo dell’imputazione. La Germania ha concretamente realizzato il meccanismo in questione mediante l’articolo 34 c, primo comma, dell’Einkommensteuergesetz (in prosieguo anche: l’«EStG»), la legge relativa alle imposte sui redditi. Nella versione applicabile ai fatti di causa, cioè nel 2007, la norma in questione prevedeva, in particolare, quanto segue:

«Nel caso di soggetti illimitatamente soggetti ad obbligo tributario, i quali, per i loro redditi di provenienza estera, sono stati assoggettati nello Stato di provenienza dei redditi ad imposte corrispondenti alle imposte tedesche sui redditi, l’imposta pagata all’estero (…) viene imputata all’imposta tedesca sul reddito relativa ai redditi realizzati in tale Stato. L’imposta tedesca relativa a tali redditi esteri è calcolata frazionando l’imposta tedesca sul reddito relativa al reddito imponibile, compresi i redditi esteri (…) proporzionalmente al rapporto tra i citati redditi esteri e la somma dei redditi (…)».

8.        Descriverò nei dettagli il funzionamento concreto del sistema più avanti, discutendo la questione pregiudiziale.

II – Fatti, procedimento principale e questione pregiudiziale

9.        I coniugi Beker, ricorrenti nella causa principale, risiedono in Germania, paese in cui sono illimitatamente soggetti all’obbligo tributario. Essi hanno realizzato la maggior parte dei propri redditi in Germania, ma hanno anche percepito alcuni dividendi in vari Stati esteri, sia dell’Unione che terzi.

10.      Tutti i dividendi percepiti all’estero sono stati tassati nei rispettivi Stati di provenienza mediante ritenuta alla fonte. Dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che esistono accordi contro la doppia imposizione tra la Germania e tutti gli Stati di provenienza dei dividendi percepiti dai coniugi Beker. Tali accordi prevedono che, in casi come questo, le imposte prelevate all’estero sui dividendi siano prese in considerazione, in Germania, per ridurre la doppia imposizione utilizzando il metodo dell’imputazione: come si è visto più sopra, ciò significa riconoscere un credito d’imposta per le imposte pagate all’estero, non superiore tuttavia all’imposta che, sui redditi esteri, sarebbe stata dovuta se gli stessi fossero stati tassati in Germania, paese di residenza dei contribuenti.

11.      Secondo il metodo tedesco per il calcolo del limite massimo dell’imputazione, descritto nel sopra citato articolo 34 c dell’EStG, deve essere utilizzata in proposito la seguente formula:

imputazione massima = imposta teorica tedesca totale × (redditi esteri/somma dei redditi)

12.      L’imposta teorica tedesca totale indicata nella formula si calcola sul reddito imponibile totale, comprensivo sia dei redditi percepiti in Germania che di quelli percepiti all’estero. Si tratta quindi dell’imposta che il contribuente avrebbe dovuto pagare se tutti i redditi fossero stati realizzati in Germania. Per determinare il reddito imponibile totale si prende la somma dei redditi, ovunque percepiti, e si effettuano tutte le deduzioni ammesse dal diritto tedesco.

13.      La seconda parte della formula ha l’obiettivo di determinare quale sia la «parte» del reddito totale riconducibile ai redditi esteri: di conseguenza, la moltiplicazione dovrebbe consentire di individuare quale parte dell’imposta teorica tedesca totale sia collegabile ai redditi esteri in questione. Tale parte costituisce il tetto massimo dell’imputazione che può essere riconosciuta per le imposte già pagate all’estero.

14.      Come si può notare, tuttavia, al denominatore della frazione non viene utilizzato il reddito imponibile (che è invece utilizzato per calcolare il primo elemento della formula, cioè l’imposta tedesca teorica totale), ma la somma dei redditi, a cui ho accennato al punto 12. La somma dei redditi è naturalmente di importo più elevato rispetto al reddito imponibile, poiché quest’ultimo è ricavato, come si è visto, partendo dalla somma dei redditi e deducendo da essa una serie di voci. Nel caso dei coniugi Beker, in particolare, le deduzioni che sono state considerate per ottenere il reddito imponibile a partire dalla somma dei redditi hanno riguardato taluni premi assicurativi, alcune donazioni per fini tutelati dalla legge e l’imposta ecclesiastica.

15.      L’uso, al denominatore della frazione contenuta nella formula, della somma dei redditi in luogo del reddito imponibile ha, come ovvia conseguenza, una riduzione dell’importo del tetto massimo dell’imputazione che può essere concessa al contribuente.

16.      Nel presente caso, i coniugi Beker hanno pagato all’estero, mediante ritenuta alla fonte, oltre EUR 2 850 di imposte. Applicando la formula riportata più sopra, le autorità fiscali tedesche hanno tuttavia riconosciuto un limite massimo, per l’imputazione, di EUR 1 282. Se al denominatore della frazione si utilizzasse, anziché la somma dei redditi, il reddito imponibile, il credito d’imposta potrebbe arrivare, a quanto è dato capire, a circa EUR 1 650.

17.      Il contenzioso che è sorto a seguito dell’impugnazione del provvedimento delle autorità fiscali è giunto fino al giudice del rinvio, il quale, nutrendo dubbi sulla compatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione, ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 56 CE osti alla normativa di uno Stato membro secondo la quale, in conformità alle convenzioni bilaterali contro la doppia imposizione, nel caso di persone soggette illimitatamente a imposta i cui redditi prodotti all’estero siano soggetti, nello Stato in cui tali redditi sono prodotti, a un’imposta corrispondente all’imposta nazionale sul reddito, l’imposta pagata all’estero sia imputata all’imposta nazionale sul reddito relativa ai redditi provenienti da questo Stato, in modo tale che l’imposta nazionale sul reddito calcolata sulla base del reddito imponibile, comprensivo di quello estero, venga frazionata in funzione della proporzione tra questi redditi esteri e la somma dei redditi, quindi senza considerare le spese straordinarie e gli oneri eccezionali quali i costi di natura personale nonché quelli legati alle circostanze personali e familiari».

III – Analisi

A –    Osservazioni preliminari

1.      Sulla portata delle domande dei ricorrenti dinanzi al giudice nazionale

18.      I ricorrenti nella causa principale hanno rilevato, nelle loro osservazioni scritte, che la loro domanda proposta nel procedimento principale mirava ad ottenere, in sostanza, un’imputazione quasi integrale, sull’imposta tedesca, dell’imposta pagata all’estero mediante ritenuta alla fonte. Il giudice del rinvio, concentrando la propria questione sulla mancata considerazione, ai fini del calcolo, di alcune deduzioni, si collocherebbe pertanto in un’ottica più ristretta di quella dei ricorrenti.

19.      Tale circostanza, anche ammesso che corrisponda a verità, è irrilevante ai fini della presente causa. Come è noto, infatti, nell’ambito della procedura pregiudiziale si instaura tra giudice nazionale e Corte di giustizia una vera e propria collaborazione, in cui spetta, in linea di principio, solo al primo definire i fatti, il diritto applicabile e le questioni la risposta alle quali è necessaria per definire la controversia (5). In tale contesto, solo in casi eccezionali la Corte rimette in discussione l’analisi dei giudici nazionali. In particolare, la Corte può non rispondere alle questioni di natura ipotetica, o comunque prive di qualunque legame con la vicenda da risolvere (6).

20.      Nella presente causa, nessun elemento permette di ritenere che il giudice nazionale abbia formulato una questione ipotetica o non rilevante ai fini della soluzione della controversia: al contrario, la pertinenza della risposta della Corte per la definizione del giudizio nazionale appare evidente. Si deve anche aggiungere che, nella parte finale della sua ordinanza di rinvio, il giudice nazionale indica esplicitamente che la domanda proposta dinanzi ad esso dai ricorrenti è limitata alla correzione del denominatore della frazione utilizzata nella formula, includendo in esso le deduzioni che ho più sopra ricordato.

21.      In tali circostanze, la questione pregiudiziale, a mio avviso, non solo è ricevibile, ma non necessita neppure di alcuna precisazione e/o riformulazione (7).

2.      Sulle disposizioni invocabili

22.      Il giudice del rinvio ha formulato la sua questione facendo riferimento al solo articolo 56 CE, oggi articolo 63 TFUE, relativo alla libera circolazione dei capitali. Nel corso del procedimento è stato avanzato qualche dubbio sulla correttezza dell’invocazione di tale disposizione, e alcuni soggetti che hanno presentato osservazioni si sono chiesti se le libertà fondamentali da richiamare non avrebbero dovuto essere altre, e in particolare, eventualmente, la libertà di stabilimento.

23.      Tutti coloro che si sono interrogati sulla pertinenza dell’articolo 63 TFUE sono pervenuti peraltro alla conclusione che tale riferimento normativo è corretto, e non posso che essere d’accordo. È infatti pacifico che le partecipazioni azionarie da cui i coniugi Beker hanno ricavato dividendi riguardano esclusivamente il cosiddetto flottante, cioè azioni che non fanno parte della partecipazione di controllo delle società da cui sono emesse. Secondo la costante giurisprudenza della Corte, le disposizioni sulla libertà di stabilimento sono invocabili, nel caso di possesso di azioni, soltanto qualora tale possesso permetta di esercitare una sicura influenza sulle decisioni della società. Se così non è – e certamente non è questo il caso nella presente causa –, si devono invece utilizzare le norme sulla libera circolazione dei capitali (8).

24.      Va anche osservato, a proposito dell’articolo 63 TFUE, che esso non si applica soltanto ai movimenti di capitali tra Stati membri, ma anche a quelli tra Stati membri e Stati terzi. È pertanto irrilevante, per valutare l’esistenza di una restrizione vietata ai sensi dell’articolo 63 TFUE, il fatto che talune delle azioni possedute dai coniugi Beker siano collocate in Stati esterni all’Unione (9).

B –    Sulla questione pregiudiziale

1.      Premessa

25.      È opportuno ricordare, a questo punto, alcuni principi chiave che la giurisprudenza della Corte ha affermato in materia di fiscalità diretta.

26.      In primo luogo, va osservato che, di per sé, tale materia non rientra tra le competenze dell’Unione. Le competenze degli Stati in questo ambito devono tuttavia essere esercitate nel rispetto del diritto dell’Unione (10). Gli Stati membri restano peraltro liberi di decidere eventuali modalità per ripartire tra loro il potere impositivo, alla sola condizione di non applicare misure contrarie alle libertà di circolazione garantite dai Trattati (11).

27.      Per quanto riguarda più specificamente la disciplina della doppia imposizione, la conseguenza in certo modo paradossale di quanto ho appena ricordato è che gli Stati membri non hanno, ai sensi del diritto dell’Unione, alcun obbligo di adottare misure per eliminare o limitare il fenomeno. Qualora tuttavia decidano di farlo, sono tenuti a farlo nel rispetto del diritto dell’Unione (12). Le modalità concrete del loro agire, a parte tale punto fermo, sono però lasciate alla discrezionalità degli Stati (13)

28.      Un altro punto fermo della giurisprudenza della Corte è che i contribuenti residenti e quelli non residenti si trovano, in principio, in situazioni differenti, cosicché un loro diverso trattamento dal punto di vista fiscale può in linea di principio essere ammesso Tuttavia, qualora la situazione del residente e quella del non residente siano del tutto uguali dal punto di vista oggettivo, il diverso trattamento avrebbe natura discriminatoria (14). La legislazione fiscale di uno Stato membro, però, può trattare in modo diverso i redditi realizzati all’interno e all’esterno del paese da parte di un medesimo contribuente soltanto qualora vi siano ragioni imperative di interesse generale che lo giustifichino (15).

2.      Gli effetti del sistema tedesco

29.      Al fine di poter esprimere una valutazione sulla compatibilità con la libera circolazione dei capitali del sistema tedesco per la riduzione della doppia imposizione è necessario comprendere il modo in cui esso concretamente funziona.

30.      Il punto di partenza, come si è già visto più sopra, consiste nel determinare, per i redditi percepiti all’estero e ivi tassati mediante ritenuta alla fonte, l’imposta tedesca teorica che, su tali redditi, sarebbe dovuta se gli stessi fossero stati percepiti in Germania. Tale imposta teorica costituisce il limite massimo dell’imputazione che può essere riconosciuta per compensare quanto pagato al fisco straniero. In pratica il legislatore tedesco, seguendo il modello OCSE, ha inteso fissare il principio che non si può concedere al contribuente, quale compensazione delle imposte pagate all’estero, uno «sconto» superiore a quanto il fisco tedesco gli avrebbe chiesto di pagare, per i redditi esteri, se essi fossero stati percepiti in Germania.

31.      Per determinare quale sia l’imposta tedesca teorica sui redditi esteri viene utilizzata una formula che moltiplica, come rilevato più sopra, l’imposta tedesca teorica sul reddito imponibile totale (interno ed estero) per la frazione avente al numeratore il reddito estero, al denominatore la somma dei redditi.

32.      Riporto qui nuovamente, per comodità, la formula in questione:

imputazione massima = imposta teorica tedesca totale × (redditi esteri/somma dei redditi)

33.      Poiché l’imposta tedesca teorica totale è calcolata partendo non dalla somma dei redditi, ma da una base imponibile inferiore (il reddito imponibile), il risultato pratico della formula è che le deduzioni di tipo personale la cui applicazione trasforma la somma dei redditi nel reddito imponibile (delle quali si è tenuto conto per determinare l’imposta tedesca teorica totale) vengono «spalmate» su tutto il reddito, sia sulla parte tedesca che su quella estera. Nella frazione presente nella formula, sia il numeratore che il denominatore sono cifre, per così dire, «lorde»: poiché ai redditi esteri non sono state applicate deduzioni di tipo personale, il legislatore tedesco ha considerato corretto dividere tali redditi per il reddito totale (estero + tedesco), al lordo delle deduzioni personali (ed ha quindi utilizzato la somma dei redditi, e non il reddito imponibile). Se invece al denominatore si trovasse il reddito imponibile, che è inferiore alla somma dei redditi, si otterrebbe un valore più elevato per la parte «estera» dell’imposta teorica tedesca, e di conseguenza un’imputazione superiore per il contribuente.

34.      La logica che sembra ispirare la formula pare essere quella secondo cui il contribuente residente beneficia interamente delle deduzioni di tipo personale qualora tutti i suoi redditi siano stati percepiti in Germania. Qualora, invece, una parte di tali redditi siano stati percepiti all’estero, le deduzioni personali operano, di fatto, soltanto sulla parte tedesca del reddito, lasciando eventualmente allo Stato in cui il reddito è percepito la possibilità di bilanciare la situazione, riconoscendo al contribuente un’analoga possibilità di deduzione.

35.      Un semplice esempio può forse aiutare a chiarire meglio la situazione. Immaginando un reddito totale di EUR 100, di cui EUR 70 prodotto all’interno e EUR 30 all’estero, un’aliquota del 10% sia all’interno che all’estero (eviterò, per motivi di semplificazione, di introdurre qui un elemento di progressività dell’imposta, sebbene esso sia in genere presente nella realtà), e un importo di deduzioni personali possibili pari a EUR 20, si ottiene quanto segue. All’estero il contribuente paga EUR 3 di imposte (il 10% di EUR 30). In Germania si calcola un’imposta teorica totale di EUR 8 (il 10% di EUR 80, che è il reddito imponibile ottenuto sottraendo alla somma dei redditi le deduzioni personali), e si riconosce, applicando la formula indicata sopra, un credito d’imposta di EUR 2,4 (8x30/100). In totale, quindi, il contribuente paga EUR 5,6 di imposte allo Stato di residenza (EUR 8 – EUR 2,4 di credito d’imposta), e EUR 3 allo Stato estero di produzione del reddito, per un totale di EUR 8,6. È quindi come se, sugli EUR 70 di reddito interno, gli fosse stata riconosciuta una deduzione non di EUR 20, ma di EUR 14, cioè proporzionale alla parte di reddito (70%) percepita all’interno del paese. È appena il caso di osservare che, se tutto il reddito fosse stato percepito nello Stato di residenza, le imposte pagate sarebbero pari a EUR 8. Se il reddito estero non esistesse, e il solo reddito fosse quello interno, pari a EUR 70, con deduzioni personali pari a EUR 20 l’imposta da pagare nello Stato di residenza sarebbe pari a EUR 5.

36.      Se si dovessero confermare i dubbi del giudice del rinvio, e la formula per il calcolo dell’imputazione dovesse utilizzare il reddito imponibile in luogo della somma dei redditi al denominatore della frazione, il credito d’imposta massimo sarebbe pari a EUR 3 (8x30/80). In una situazione di aliquote uguali all’interno e all’estero, pertanto, il carico fiscale totale del contribuente sarebbe lo stesso indipendentemente dalla localizzazione dei suoi redditi.

3.      Sull’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali

37.      Non vi sono dubbi sul fatto che il sistema dell’imputazione limitata all’imposta che il diritto nazionale preleverebbe sulla parte estera del reddito sia del tutto legittimo alla luce del diritto dell’Unione, come è stato confermato dalla giurisprudenza (16). Di conseguenza, è chiaro che il diritto dell’Unione non esige che uno Stato membro tenga esente un contribuente da tutti gli svantaggi che, dal punto di vista tributario, possono derivare dal fatto di percepire redditi in Stati diversi. Per ritornare all’esempio numerico che ho fatto nel punto precedente, se l’aliquota applicata nello Stato estero fosse più elevata di quella tedesca, in nessun modo si potrebbe richiedere al diritto tedesco di compensare tale differenza. Il credito d’imposta non andrebbe comunque mai al di là di quanto il diritto tributario tedesco esigerebbe rispetto a redditi interni di importo uguale a quelli stranieri (17).

38.      In altri termini, il meccanismo che il legislatore tedesco ha deciso di utilizzare non pone difficoltà a livello di principio. Non creano problemi né la scelta di un sistema di imputazione, né il fatto di limitare quest’ultima a un’imposta (fittizia) che il diritto tedesco preleverebbe sul reddito straniero. A sollevare i dubbi del giudice nazionale sono, invece, le modalità concrete secondo le quali tale principio è stato messo in atto, e in particolare la scelta di utilizzare, al denominatore della frazione di proporzionalità, la somma dei redditi anziché il reddito imponibile.

39.      A tale proposito, la giurisprudenza della Corte afferma costantemente che è, in linea di principio, lo Stato di residenza del contribuente che deve tenere conto degli elementi che sono legati alla situazione personale e familiare di quest’ultimo (18). Spetta di conseguenza allo Stato di residenza accordare al contribuente l’integralità dei vantaggi fiscali che sono legati alla presa in conto della sua situazione personale e familiare, salvo che ciò sia concretamente impossibile a causa dell’esiguità o dell’assenza di redditi percepiti in tale Stato: in tal caso è lo Stato in cui la parte essenziale dei redditi è percepita a dovere riconoscere tali vantaggi (19).

40.      In base al diritto tedesco invece, come si è visto, il contribuente che ha percepito all’estero una parte dei suoi redditi si vede riconoscere i vantaggi fiscali legati alla sua situazione personale e familiare solo in proporzione alla parte nazionale del reddito. Secondo la giurisprudenza, pertanto, in una situazione come quella in esame nella presente causa, in cui un contribuente realizza una parte sostanziale dei suoi redditi nello Stato membro in cui risiede, ma quest’ultimo gli riconosce, pur prendendo in considerazione tutto il suo reddito, solo una frazione delle deduzioni di tipo personale e familiare, il contribuente in questione si trova in una posizione di svantaggio rispetto ad un contribuente che, residente nel medesimo Stato, ha in questo percepito l’integralità dei suoi redditi e, di conseguenza, l’integralità delle deduzioni. Una simile situazione costituisce pertanto una violazione delle libertà fondamentali garantite dal Trattato: specificamente, in questo caso, della libera circolazione dei capitali.

41.      Non a caso, già da tempo una parte della dottrina tedesca ha avanzato (fondati) dubbi sulla compatibilità con il diritto dell’Unione, alla luce in particolare della giurisprudenza della Corte, dell’articolo 34 c dell’EStG.

42.      È interessante osservare che una situazione pressoché identica è stata già esaminata dalla Corte nella sentenza de Groot (20), in cui è stata rilevata la non conciliabilità tra il diritto dell’Unione e un meccanismo nazionale di riduzione della doppia imposizione basato su una formula identica a quella applicata nel diritto tedesco oggetto della presente causa.

43.      La vicenda alla base della sentenza de Groot presentava certo alcune differenze rispetto alla situazione dei coniugi Beker, ma il ragionamento centrale appare del tutto applicabile. Anche in quel caso ad un contribuente che aveva percepito redditi sia nel proprio Stato di residenza (i Paesi Bassi) che all’estero era stato riconosciuto, nello Stato di residenza, un vantaggio fiscale legato alla sua situazione personale solo in misura proporzionale alla parte di reddito percepita in tale Stato. In concreto, il meccanismo per ridurre la doppia imposizione utilizzava una formula identica a quella di cui si discute qui, nella quale al denominatore della frazione di proporzionalità era collocato un reddito totale considerato al lordo delle deduzioni di natura personale o familiare. Tale situazione è stata considerata dalla Corte come contraria alle libertà fondamentali consacrate dai Trattati (21).

44.      Non è rilevante il fatto che il sistema olandese discusso nella sentenza de Groot prevedesse, per ridurre la doppia imposizione, un sistema di esenzione, e non di imputazione, come avviene invece sulla base del diritto tedesco. In primo luogo, infatti, i dati su cui la Corte ha concentrato la propria analisi nella sentenza de Groot erano la formula usata per il calcolo e il suo effetto concreto, il quale era, esattamente come nella presente causa, quello di limitare taluni vantaggi fiscali, concedendoli solo in proporzione alla parte di reddito percepita all’interno dello Stato di residenza. In secondo luogo, in realtà il meccanismo previsto dal diritto olandese ed esaminato nella sentenza de Groot era una variante del sistema dell’esenzione strutturata in modo tale da realizzare, in pratica, un sistema di imputazione, come lo stesso governo dei Paesi Bassi aveva all’epoca messo in evidenza (22).

45.      Il governo tedesco ha sostenuto, sia nelle sue osservazioni scritte sia all’udienza, che il sistema previsto dall’articolo 34 c dell’EStG non presenterebbe alcun problema alla luce delle libertà fondamentali previste dal Trattato, in quanto accorderebbe al contribuente la totalità delle deduzioni di natura personale e familiare: ciò in quanto l’imposta teorica totale tedesca di cui alla prima parte della formula è calcolata tenendo conto di tutte le deduzioni in questione, e non solo di una parte di esse proporzionale alla parte di reddito percepita in Germania. Tale argomento tuttavia, anziché rafforzare, indebolisce la posizione del governo tedesco. Come è agevole notare, infatti, l’utilizzo, nella prima parte della formula, di un’imposta teorica totale calcolata tenendo conto di tutte le deduzioni di natura personale e familiare riduce il limite massimo dell’imputazione, e dunque riduce il credito d’imposta del quale il contribuente può godere. Se, al contrario, l’imposta teorica totale tedesca fosse fittiziamente calcolata, ai fini della formula in questione, senza ridurre la base imponibile applicando le deduzioni personali e familiari, il limite massimo dell’imputazione sarebbe più elevato, e il contribuente godrebbe in ultima analisi della totalità delle deduzioni in questione, anziché soltanto di una parte proporzionale alla frazione nazionale dei suoi redditi.

46.      Si deve peraltro anche aggiungere che, a differenza che nella causa de Groot, qui i redditi percepiti all’estero dal contribuente non sono redditi da lavoro, ma derivano da una partecipazione azionaria. Di conseguenza, gli Stati in cui tali redditi sono percepiti hanno, con il contribuente, un legame ancora più tenue di quello esistente in casi in cui, come nella causa de Groot, i redditi esteri avevano un’origine professionale. Non è realistico immaginare che ciascuno degli Stati in cui i coniugi Beker hanno percepito una parte dei propri redditi esteri potesse loro riconoscere le deduzioni personali e familiari sulla parte di reddito in esso realizzata. La logica che la Corte ha seguito nella sentenza de Groot, dunque, si impone nella presente causa, a mio avviso, in modo ancora più netto.

47.      Per quanto riguarda, infine, la natura delle deduzioni fiscali riconosciute al contribuente, spetta in generale al giudice nazionale, sulla base del diritto interno, verificare se esse abbiano o meno carattere personale e/o familiare. Nel presente caso, la formulazione stessa della questione pregiudiziale fa riferimento al fatto che almeno una parte delle deduzioni negate hanno tale natura.

4.      Sulla possibilità di giustificazione

48.      Appurato che il sistema tedesco appena esaminato costituisce una restrizione della libera circolazione dei capitali contraria al Trattato, resta naturalmente da verificare se tale sistema possa essere giustificato.

49.      Il governo tedesco, che nelle sue osservazioni scritte ha rapidamente trattato di una possibile giustificazione soltanto in via subordinata, ha avanzato in proposito un unico motivo, quello del mantenimento della ripartizione del potere impositivo. In sostanza, la Germania avrebbe il diritto, in conseguenza di tale principio, di riconoscere i vantaggi fiscali solo in proporzione alla parte «tedesca» del reddito, e non potrebbe essere obbligata a compensare il fatto che tali vantaggi non sono riconosciuti negli Stati esteri in cui una parte del reddito è stata percepita.

50.      In generale, il mantenimento della ripartizione del potere impositivo degli Stati può costituire, secondo la giurisprudenza, una ragione imperativa di interesse generale idonea a giustificare restrizioni alle libertà fondamentali, a condizione che le misure prese siano adeguate a perseguire lo scopo in parola e non vadano al di là di quanto a tal fine necessario (23).

51.      Tale linea di giustificazione, tuttavia, è stata esplicitamente respinta dalla Corte, in circostanze analoghe a quelle della presente causa, nella sentenza de Groot. In essa, in particolare, è stato affermato che la ripartizione del potere impositivo non può essere invocata da parte dello Stato di residenza di un contribuente per sottrarsi alla responsabilità, che ricade in principio su tale Stato, di riconoscere le deduzioni personali e familiari che al contribuente spettano (24). Ciò a meno che, in maniera volontaria o a seguito di specifici accordi internazionali, gli Stati esteri in cui una parte del reddito è percepita non concedano a loro volta tali deduzioni (25).

52.      In ogni caso, a prescindere da quanto affermato dalla Corte nella sentenza de Groot, si deve rilevare che la situazione di svantaggio di un contribuente come i coniugi Beker non è il risultato di un esercizio parallelo di competenza fiscale da parte di più Stati. Come ha correttamente rilevato la Commissione, riconoscendo interamente le deduzioni personali e familiari ai coniugi Beker il fisco tedesco non perderebbe in alcun modo una parte della propria competenza fiscale a favore di altri Stati. Se si considera la parte tedesca del reddito, essa verrebbe tassata comunque, a parità di deduzioni personali e familiari, in modo non inferiore rispetto a quanto avverrebbe se essa fosse il solo reddito del contribuente, e quest’ultimo non avesse percepito redditi all’estero.

53.      Peraltro, è costante l’affermazione giurisprudenziale secondo cui la semplice perdita di entrate fiscali non può mai giustificare misure contrarie ad una libertà fondamentale (26).

54.      Il nodo del contendere, in ultima analisi, è l’interpretazione che si deve dare, in via generale, alle deduzioni personali e familiari. Nella visione difesa dal governo tedesco, il fatto che si tratti di deduzioni che non sono riferibili ad una parte specifica del reddito, bensì alla persona del contribuente, implica che le stesse debbano considerarsi come «spalmate», attribuibili in modo omogeneo a tutto il reddito, interno ed esterno, cosicché il loro riconoscimento, nel caso di redditi solo parzialmente percepiti in Germania, può limitarsi ad una frazione proporzionale al peso di tali redditi sui redditi totali del contribuente. Viceversa, nell’interpretazione che si ricava dalla giurisprudenza della Corte, la non riferibilità delle deduzioni personali e familiari ad una specifica parte di reddito significa che, lungi dal poter essere spalmate su tutti i redditi – interni ed esteri – in modo uniforme, le stesse devono, in principio, ricadere interamente sulla parte di reddito localizzata nello Stato di residenza.

55.      Poiché dunque il mantenimento della ripartizione del potere impositivo non può essere invocato qui come giustificazione, non è necessario verificare se siano soddisfatti, da parte delle norme tedesche, i requisiti dell’adeguatezza e della proporzionalità delle misure.

56.      Deve anche essere escluso, infine, che la normativa tedesca possa trovare una giustificazione alla luce della necessità di garantire la coerenza del sistema fiscale. Infatti, sebbene tale necessità possa, in principio, fondare una valida limitazione delle libertà fondamentali (27), essa presuppone che sia dimostrato un preciso effetto di compensazione tra un vantaggio fiscale e una specifica imposizione, allo scopo di preservare un elemento essenziale del sistema fiscale (28). Non siamo qui in presenza di una situazione di questo tipo: il fatto di riconoscere la totalità delle deduzioni personali e familiari ad un contribuente non si pone in contrasto con alcun elemento essenziale del diritto fiscale tedesco, e non mette in discussione il principio di progressività dell’imposta. Significativamente, del resto, tale causa di giustificazione non è stata neppure invocata dal governo tedesco nelle sue osservazioni.

5.      La possibilità di optare per un sistema alternativo

57.      Un ultimo aspetto che deve essere chiarito concerne il fatto che il sistema tedesco consente al contribuente di esercitare un diritto di opzione per un sistema diverso di calcolo dell’imposta. Se il contribuente esercita l’opzione, non viene applicato il meccanismo dell’imputazione, e l’imposta pagata all’estero viene dedotta dalla base imponibile globale.

58.      In pratica, l’esercizio dell’opzione introduce una situazione «classica» di doppia imposizione, in cui lo Stato di residenza considera imponibili tutti i redditi concretamente incamerati dal contribuente, sia all’interno che all’estero. Le imposte pagate all’estero sono prese in considerazione non come tributi, ma solo in quanto fattore che ha ridotto la parte estera di reddito, la cui parte restante viene poi normalmente tassata nello Stato di residenza.

59.      Per riprendere l’esempio numerico che ho utilizzato più sopra al punto 35, supponendo un reddito totale di EUR 100, di cui EUR 70 percepiti all’interno e EUR 30 all’estero, con un’aliquota del 10% sia all’interno che all’estero e un importo di deduzioni personali possibili pari a EUR 20, con il sistema dell’opzione il risultato sarebbe il seguente. All’estero il contribuente paga EUR 3 di imposte (il 10% di EUR 30). In Germania si calcola l’imposta su una base imponibile di EUR 77, ottenuta sottraendo al reddito totale di EUR 97 (EUR 70 di reddito «tedesco» e EUR 27 di reddito «estero») gli EUR 20 di deduzioni personali. Il che produce un’imposta tedesca di EUR 7,7, che aggiunta agli EUR 3 già pagati all’estero comporta un carico totale, per il contribuente, pari a EUR 10,7.

60.      Come si vede, in linea generale l’esercizio dell’opzione, e quindi la scelta di un modello in cui la doppia imposizione non viene ridotta, non conviene al contribuente. Tuttavia, come ho ricordato più sopra, il diritto dell’Unione non impone di eliminare o ridurre la doppia imposizione, e interviene solo nel momento in cui gli Stati adottano misure in tal senso. Non sono però obbligati a farlo, e non è pertanto da escludere che un sistema come quello appena descritto per il caso di esercizio dell’opzione da parte del contribuente possa essere considerato compatibile con i Trattati. Ci si deve quindi chiedere se l’esistenza di una possibilità riconosciuta al contribuente di optare per un regime giuridico certo in generale meno vantaggioso, ma tuttavia non incompatibile con il diritto dell’Unione, renda il sistema tributario in esame compatibile nel suo insieme.

61.      La risposta è negativa. La giurisprudenza della Corte ha chiarito che l’esistenza di un’opzione, la quale permetterebbe eventualmente di rendere una situazione compatibile con il diritto dell’Unione, non sana la natura illegittima di un sistema che comprende un meccanismo di imposizione non conciliabile con i Trattati (29). Ciò è, a mio avviso, particolarmente vero nel caso in cui, come qui, il meccanismo illegittimo è quello che viene automaticamente applicato in assenza di una scelta da parte del contribuente (30).

62.      Non è pertanto necessario procedere ad un esame dettagliato del meccanismo di tassazione che viene innescato qualora il contribuente eserciti l’opzione indicata. L’esistenza dell’opzione, anche qualora essa schiuda le porte ad un sistema che non presenta problemi di compatibilità con il diritto dell’Unione, non rende comunque legittimo il meccanismo di riduzione della doppia imposizione che viene applicato nel caso in cui l’opzione non venga esercitata.

IV – Conclusione

63.      Alla luce delle considerazioni svolte, propongo alla Corte di risolvere nei termini seguenti la questione pregiudiziale del Bundesfinanzhof:

«L’articolo 63 TFUE osta alla normativa di uno Stato membro secondo la quale, nel quadro di un regime per la riduzione della doppia imposizione, il meccanismo dell’imputazione è applicato fissando un limite massimo di imputazione determinato moltiplicando l’imposta nazionale teorica sul reddito, calcolata sulla base del reddito imponibile, comprensivo di quello estero, per una frazione avente, al numeratore, il totale dei redditi esteri e, al denominatore, la somma dei redditi del contribuente, al lordo delle deduzioni di natura personale e familiare».


1 – Lingua originale: l’italiano.


2 – Come è noto, si ha una doppia imposizione giuridica quando una medesima persona viene tassata due volte per la stessa fonte di reddito, la quale mantiene la sua qualificazione giuridica: nel presente caso, ad esempio, i dividendi percepiti dai ricorrenti nella causa principale sono tassati – sempre in quanto dividendi, e sempre in quanto appartenenti alla stessa persona – prima nello Stato in cui sono distribuiti, poi nello Stato di residenza dei ricorrenti stessi. Si ha invece una doppia imposizione economica quando una stessa fonte di reddito viene tassata due volte in capo a due soggetti diversi: ad esempio, nel caso di un reddito tassato prima con l’imposta sulle società e quindi, dopo la sua distribuzione in forma di dividendo, con un’imposta sui dividendi o sui redditi delle persone fisiche.


3 – L’altro possibile sistema previsto dal modello di convenzione OCSE è costituito dal meccanismo dell’esenzione. In base a tale meccanismo, i redditi tassati all’estero non sono tassati nel paese di residenza del contribuente. Esistono peraltro numerose possibili varianti dei due sistemi fondamentali appena indicati.


4 – Tale modello di convenzione non è naturalmente vincolante, ma costituisce il riferimento più spesso utilizzato per la redazione delle convenzioni bilaterali in tale ambito. La versione più recente del modello OCSE risale al 2010, ed è reperibile sul sito Internet dell’organizzazione, www.oecd.org.


5 – V. ad esempio, di recente, sentenze del 18 dicembre 2007, ZF Zefeser (C‑62/06, Racc. pag. I‑11995, punto 14), e del 1° ottobre 2009, Gaz de France – Berliner Investissement (C‑247/08, Racc pag. I‑9225, punto 19).


6 – La giurisprudenza in tal senso è abbondantissima e costante. V. ad esempio, da ultimo, sentenze dell’11 settembre 2008, Eckelkamp e a. (C‑11/07, Racc. pag. I‑6845, punto 28), e del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, punto 35).


7 – La riformulazione delle questioni pregiudiziali, per costante giurisprudenza, riguarda i casi in cui una risposta alle questioni, così come formulate dal giudice del rinvio, non permetterebbe a quest’ultimo di risolvere la controversia pendente dinanzi ad esso: v., ad esempio, sentenze del 26 giugno 2008, Wiedemann e Funk (C‑329/06 e C‑343/06, Racc. pag. I‑4635, punto 45), e del 15 settembre 2011, DP grup (C‑138/10, Racc. pag. I-8369, punto 29).


8 – Sentenze del 21 novembre 2002, X e Y (C‑436/00, Racc. pag. I‑10829, punti 66‑68), e del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, Racc. pag. I‑11753, punti 37‑38). V. anche sentenze del 13 aprile 2000, Baars (C‑251/98, Racc. pag. I‑2787, punti 21‑22), e del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, Racc. pag. I‑7995, punto 31).


9 – La circostanza potrebbe, tutt’al più, rilevare in sede di valutazione delle possibili giustificazioni della restrizione, poiché lo scambio di informazioni fiscali con Stati terzi non è sempre agevole come quello tra Stati membri (v. sentenze del 18 dicembre 2007, A, C‑101/05, Racc. pag. I‑11531, punti 60‑63, e del 27 gennaio 2009, Persche, C‑318/07, Racc. pag. I‑359, punto 70). Nella presente causa tale aspetto non è stato tuttavia neppure sollevato.


10 – V., ad esempio, sentenze del 14 febbraio 1995, Schumacker (C‑279/93, Racc. pag. I‑225, punto 21); del 6 luglio 2006, Conijn (C‑346/04, Racc. pag. I‑6137, punto 14), e del 6 dicembre 2007, Columbus Container Services (C‑298/05, Racc. pag. I‑10451, punto 28).


11 – Sentenza del 16 ottobre 2008, Renneberg (C‑527/06, Racc. pag. I‑7735, punti 48, 50 e giurisprudenza ivi citata).


12 – Sentenza del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund (C‑194/06, Racc. pag. I‑3747, punto 47).


13 – Sentenze Test Claimants in the FII Group Litigation, cit. alla nota 8 (punto 48), e del 10 febbraio 2011, Haribo (C‑436/08 e C‑437/08, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 86).


14 – Sentenze Renneberg, cit. alla nota 11 (punto 60), e del 18 marzo 2010, Gielen (C‑440/08, Racc. pag. I‑2323, punti 43‑44).


15 – Sentenze del 15 luglio 2004, Lenz (C‑315/02, Racc. pag. I‑7063, punti 26‑27); del 7 settembre 2004, Manninen (C‑319/02, Racc. pag. I‑7477, punto 29), e Test Claimants in the FII Group Litigation, cit. alla nota 8 (punto 46).


16 – Sentenza del 12 maggio 1998, Gilly (C‑336/96, Racc. pag. I‑2793, punto 48).


17 – Si deve anche sottolineare il fatto che, per definizione, il credito d’imposta previsto dall’articolo 34 c dell’EStG, non essendo un’esenzione ma un’imputazione, non può mai essere superiore all’imposta effettivamente pagata all’estero. In altre parole, il contribuente che ha percepito redditi all’estero non potrà comunque mai pagare meno di quanto pagherebbe se avesse percepito tutti i suoi redditi in Germania.


18 – Sentenze Schumacker, cit. alla nota 10 (punto 32); del 12 dicembre 2002, de Groot (C‑385/00, Racc. pag. I‑11819, punto 90), e del 31 marzo 2011, Schröder (C‑450/09, Racc. pag. I-2497, punto 37).


19 – Sentenze Schumacker, cit. alla nota 10 (punto 36), e Renneberg, cit. alla nota 11 (punti 61‑62 e 68).


20 – Cit. alla nota 18.


21 – Sentenza de Groot, cit. alla nota 18 (punti 89‑95). Nel caso de Groot, per inciso, la libertà sulla base della quale la situazione è stata valutata era quella di circolazione dei lavoratori.


22 – V., in proposito, le conclusioni dell’avvocato generale Léger presentate il 20 giugno 2002 nella causa de Groot, decisa con sentenza cit. alla nota 18 (punto 34). Di norma, un sistema di riduzione della doppia imposizione basato sul meccanismo dell’esenzione si caratterizza per il fatto che lo Stato di residenza non tassa i redditi che sono già stati tassati nello Stato in cui sono stati percepiti. La legislazione olandese discussa nella causa de Groot era, in realtà, basata su un meccanismo tipicamente di imputazione. La sola differenza visibile rispetto alla normativa tedesca oggetto della presente causa è che, nel sistema olandese, l’importo del credito d’imposta riconosciuto era, in quanto esenzione, concesso senza verificare che esso non fosse superiore all’imposta effettivamente pagata all’estero, come avviene invece secondo un sistema di imputazione. Per definizione, infatti, in un sistema di imputazione si imputa sempre (una parte della) imposta già pagata nello Stato di percezione del reddito.


23 – Sentenza Haribo, cit. alla nota 13 (punti 121‑122 e giurisprudenza ivi citata).


24 – Sentenza de Groot, cit. alla nota 18 (punto 98).


25 – Ibidem (punti 99‑100).


26 – Ibidem (punto 103). V. anche sentenze del 14 settembre 2006, Centro di Musicologia Walter Stauffer (C‑386/04, Racc. pag. I‑8203, punto 59), e Haribo, cit. alla nota 13 (punto 126).


27 – V., ad esempio, sentenza del 27 novembre 2008, Papillon (C‑418/07, Racc. pag. I‑8947, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).


28 – Sentenza Manninen, cit. alla nota 15 (punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


29 – Sentenza Gielen, cit. alla nota 14 (punti 49‑52).


30 – V. anche le mie conclusioni nella causa decisa con sentenza del 1° octobre 2009, HSBC Holdings e Vidacos Nominees (C‑569/07, Racc. pag. I‑9047), presentate il 18 marzo 2009 (punti 69‑72).