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Cause riunite T-67/00, T-68/00, T-71/00 e T-78/00

JFE Engineering Corp. e altri

contro

Commissione delle Comunità europee

«Intese — Mercato dei tubi d’acciaio senza saldatura — AELS — Competenza della Commissione — Infrazione — Ammende»

Massime della sentenza

1.      Ricorso di annullamento — Competenza del giudice comunitario — Sostituzione del destinatario di una decisione di un’istituzione comunitaria con un nuovo destinatario — Esclusione in mancanza di sparizione del destinatario designato

(Art. 229 CE e 230, quarto comma, CE)

2.      Ricorso di annullamento — Ricorso proposto dalla persona fisica o giuridica destinataria dell’atto impugnato — Trasferimento del ricorso ad un terzo — Inammissibilità

(Art. 229 CE e 230, quarto comma, CE)

3.      Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Imputazione — Persona fisica o giuridica che gestisce l’impresa al momento dell’infrazione — Assunzione della responsabilità da parte di un’altra persona che ha ripreso la gestione — Ammissibilità — Portata

4.      Diritto comunitario — Principi — Diritti fondamentali — Presunzione di innocenza — Procedimento in materia di concorrenza — Applicabilità

5.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione che constata un’infrazione — Modalità di prova — Ricorso a un insieme di indizi — Grado di efficacia probatoria richiesto nel caso di indizi presi individualmente

(Art. 81, n. 1, CE)

6.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione che constata un’infrazione consistente nella conclusione di un accordo anticoncorrenziale — Decisione fondata su prove documentali — Oneri probatori delle imprese che contestano la sussistenza dell’infrazione

(Art. 85, n. 1, CE)

7.      Concorrenza — Intese — Accordi fra imprese — Distorsione della concorrenza — Criteri di valutazione — Oggetto anticoncorrenziale — Constatazione sufficiente

[Art. 81, n. 1, lett. c), CE]

8.      Concorrenza — Intese — Accordi tra imprese — Prova dell’infrazione a carico della Commissione — Limiti

[Art. 81, n. 1, lett. c), CE]

9.      Concorrenza — Intese — Accordi tra imprese — Prova — Risposta di un’impresa a una richiesta di informazioni della Commissione — Dichiarazione di un’impresa contestata da altre imprese — Deposizione fatta dinanzi a un procuratore — Efficacia probatoria — Valutazione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 11)

10.    Concorrenza — Intese — Accordi fra imprese — Prova dell’infrazione — Produzione da parte della Commissione di un documento senza rivelarne la fonte — Ammissibilità

11.    Concorrenza — Intese — Partecipazione a riunioni di imprese aventi oggetto anticoncorrenziale — Circostanza che consente, in mancanza di dissociazione dalle decisioni prese, di concludere per la partecipazione all’intesa successiva

(Art. 81, n. 1, CE)

12.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione che constata un’infrazione — Elementi di prova da produrre — Grado di precisione richiesto quanto ai tipi di prodotti oggetto dell’infrazione

(Art. 81, n. 1, CE)

13.    Procedura — Prova — Onere della prova — Trasferimento dalla ricorrente alla convenuta in un caso specifico — Incapacità della Commissione di precisare la data di scadenza di un accordo con uno Stato terzo concluso a sua cura

14.    Concorrenza — Intese — Accordi e pratiche concordate costitutivi di un’infrazione unica — Imprese cui è addebitabile l’infrazione consistente nel partecipare a un’intesa globale — Criteri

(Art. 81, n. 1, CE)

15.    Concorrenza — Intese — Pregiudizio per il commercio fra Stati membri — Criteri

(Art. 81, n. 1, CE)

16.    Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata

(Art. 253 CE)

17.    Ricorso di annullamento — Motivi — Violazione dei diritti della difesa — Illegittimità per sua natura soggettiva, tale da escludere un esame d’ufficio da parte del giudice

(Art. 230 CE; regolamento di procedura del Tribunale, art. 48, n. 2)

18.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione che constata un’infrazione — Decisione non identica alla comunicazione degli addebiti — Violazione dei diritti della difesa — Presupposto — Impossibilità per l’impresa di difendersi da un addebito infine accolto

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 19, n. 1)

19.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Comunicazione degli addebiti — Contenuto necessario

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 19, n. 1)

20.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Competenze rispettive della Commissione e dell’autorità di vigilanza dell’Associazione europea di libero scambio — Principio dello sportello unico — Avvio di un procedimento sulla base contemporaneamente delle disposizioni del Trattato CE e di quelle dell’accordo sullo Spazio economico europeo — Ammissibilità — Presupposto — Impossibilità, in tale fase, di determinare l’autorità competente a constatare e sanzionare la presunta infrazione

(Art. 81 CE; accordo SEE, artt. 56 e 109; regolamento n. 17)

21.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Mancata imposizione o riduzione dell’ammenda come corrispettivo della cooperazione dell’impresa incriminata — Rispetto del principio della parità di trattamento

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

22.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Collaborazione dell’impresa durante il procedimento amministrativo — Nozione — Semplice comunicazione di informazioni richieste senza riconoscimento della sussistenza dell’infrazione — Esclusione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

23.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

24.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Margine discrezionale riservato alla Commissione — Limiti — Rispetto degli orientamenti adottati dalla Commissione — Rispetto delle regole e dei principi generali del diritto comunitario

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

25.    Concorrenza — Ammende — Importo — Discrezionalità della Commissione — Sindacato giurisdizionale — Competenza anche di merito — Presupposto — Portata

(Art. 229 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 17)

1.      L’avente causa a titolo universale di una persona fisica o giuridica che sia sparita le si sostituisce necessariamente ipso iure in quanto destinatario dell’atto di un’istituzione e può quindi proseguire un’azione di annullamento che essa aveva avviato.

Il giudice comunitario, invece, non è competente né nell’ambito di un ricorso di annullamento ai sensi dell’art. 230 CE e nemmeno nell’esercizio della sua competenza anche di merito ai sensi dell’art. 229 CE per quanto riguarda le sanzioni a riformare la decisione di un’istituzione comunitaria sostituendo al destinatario di questa un’altra persona fisica o giuridica qualora il detto destinatario esista ancora. Tale competenza spetta a priori solo all’istituzione che ha adottato la decisione in questione. In tal modo, una volta che l’istituzione competente ha adottato una decisione e ha pertanto determinato l’identità della persona alla quale occorre inviarla, non spetta al Tribunale sostituire un’altra persona a quest’ultima.

(v. punti 46-47)

2.      Il ricorso presentato da una persona in qualità di destinatario di un atto per far valere i propri diritti nell’ambito di una domanda di annullamento ai sensi dell’art. 230 CE e/o di una domanda di riforma ai sensi dell’art. 229 CE non può essere trasferito ad un terzo non destinatario dello stesso. Infatti, se venisse ammesso un simile trasferimento vi sarebbe una discordanza tra la qualità a titolo della quale è stato presentato il ricorso e la qualità a titolo della quale esso verrebbe asseritamente proseguito. Inoltre, un trasferimento di tale tipo creerebbe una discordanza tra l’identità del destinatario dell’atto e quella della persona che agisce in giudizio in qualità di destinatario.

(v. punto 48)

3.      La persona attualmente responsabile della gestione di un’impresa può assumere, nella fase del procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione, mediante una declaratoria in tal senso, la responsabilità dei fatti contestati al reale responsabile, anche se in via di principio spetta alla persona fisica o giuridica che dirigeva l’impresa in questione al momento in cui l’infrazione è stata commessa rispondere della stessa. Tuttavia, una tale declaratoria non può avere l’effetto di modificare l’identità del destinatario di una decisione della Commissione dopo l’adozione della stessa, né quella della ricorrente in un ricorso di annullamento avverso una tale decisione qualora lo stesso sia già stato proposto.

(v. punto 50)

4.      Il principio della presunzione d’innocenza, quale risulta in particolare dall’art. 6, n. 2, della Convezione europea dei diritti dell’uomo, fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la giurisprudenza della Corte, riaffermata peraltro dal preambolo dell’Atto unico europeo, dall’art. 6, n. 2, del Trattato sull’Unione europea, nonché dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sono oggetto di tutela nell’ordinamento giuridico comunitario. Considerata la natura delle infrazioni di cui trattasi nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione d’innocenza si applica segnatamente alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende.

Ne consegue che, qualora il giudice nutra un qualsivoglia dubbio, tale circostanza deve avvantaggiare l’impresa destinataria della decisione che constata un’infrazione. Il giudice non può quindi concludere che la Commissione ha sufficientemente dimostrato, come è tenuta a fare, l’esistenza dell’infrazione in questione qualora egli nutra ancora dubbi in merito a tale questione.

(v. punti 173, 177-178)

5.      In materia di concorrenza, è necessario che la Commissione produca elementi probatori precisi e concordanti che corroborino la ferma convinzione che l’infrazione da essa contestata sia stata commessa.

Tuttavia, non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito. Pertanto, la circostanza che un documento si riferisca solo ad alcuni dei fatti richiamati in altri elementi di prova non basta ad obbligare la Commissione ad eliminare tale documento dal complesso degli indizi dedotti a carico.

(v. punti 179-180, 238, 263)

6.      Qualora, per provare l’infrazione che essa ha inteso sanzionare, vale a dire la conclusione di un accordo avente un oggetto anticoncorrenziale vietato dall’art. 81, n. 1, lett. c), CE, la Commissione si fondi su prove documentali, le imprese di cui trattasi non possono efficacemente contestare l’esistenza dell’infrazione se non dimostrando che le prove prodotte sono insufficienti a dimostrare l’esistenza dell’accordo illecito. Non giova loro tentare di provare che la conclusione di un accordo non era conforme al loro interesse commerciale né che il comportamento che esse hanno effettivamente adottato sul mercato avrebbe potuto spiegarsi altrimenti che non con l’esistenza di un accordo anticoncorrenziale.

(v. punti 181-187)

7.      Poiché la Commissione ha il compito di sanzionare le infrazioni all’art. 81, n. 1, CE e gli accordi consistenti nel «ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento» sono espressamente menzionati all’art. 81, n. 1, lett. c), CE, in quanto vietati ai sensi di tale disposizione, le è sufficiente dimostrare che un accordo tra imprese che possa incidere sul commercio tra Stati membri abbia avuto come oggetto o effetto la ripartizione tra di esse dei mercati comunitari di uno o più prodotti perché tale accordo costituisca un’infrazione.

(v. punto 202)

8.      Anche se spetta necessariamente alla Commissione, quando intende sanzionare un’infrazione all’art. 81, n. 1, lett. c), CE, dimostrare che è stato concluso un accordo illecito di ripartizione dei mercati, sarebbe eccessivo richiedere che essa fornisca inoltre la prova del meccanismo specifico mediante il quale doveva essere raggiunto tale scopo. Infatti un’impresa colpevole di un’infrazione potrebbe sfuggire troppo facilmente a qualsiasi sanzione se potesse appellarsi alla vaghezza delle informazioni presentate quanto al funzionamento di un accordo illecito in una situazione in cui l’esistenza dell’accordo ed il suo scopo anticoncorrenziale sono tuttavia sufficientemente dimostrati. Le imprese possono difendersi utilmente in una tale situazione, a condizione che abbiano la possibilità di commentare tutti gli elementi di prova dedotti a loro carico dalla Commissione.

(v. punti 203, 317)

9.      Le risposte date alla richiesta di informazioni rivolta dalla Commissione ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17, a nome di un’impresa in quanto tale, godono di una credibilità superiore a quella che potrebbe presentare la risposta fornita da un suo dipendente, indipendentemente dall’esperienza e dall’opinione personali di quest’ultimo.

Tuttavia, la dichiarazione di un’impresa accusata di aver partecipato ad un’intesa, la cui esattezza viene contestata da varie altre imprese, anch’esse accusate, non può essere considerata una prova sufficiente dell’esistenza di un’infrazione commessa da queste ultime senza essere suffragata da altri elementi di prova.

Peraltro, le dichiarazioni contrarie agli interessi del dichiarante devono essere considerate, in linea di principio, come elementi di prova particolarmente affidabili. In particolare, il fatto che una persona alla quale si chiede di commentare taluni documenti confessi di aver commesso un’infrazione e ammetta in tal modo l’esistenza di fatti che oltrepassano quelli la cui esistenza poteva essere dedotta direttamente dai documenti di cui trattasi implica a priori, in assenza di circostanze particolari che indichino il contrario, che questa persona si è decisa a dire la verità.

Infine, se è vero che una deposizione effettuata dinanzi ad un procuratore non ha lo stesso valore di una testimonianza resa sotto giuramento dinanzi ad un giudice, va considerato che la costrizione, risultante dai poteri d’indagine di cui un procuratore dispone, e le conseguenze negative che possono derivare sul piano penale per un deponente che abbia mentito nell’ambito di un’inchiesta, sono circostanze che rendono una tale deposizione più affidabile di una semplice dichiarazione.

(v. punti 205, 211-212, 219, 296, 312)

10.    Il principio vigente in diritto comunitario è quello della libertà di forma di mezzi probatori e il solo criterio rilevante per valutare le prove prodotte risiede nella loro credibilità. Questa credibilità non può essere negata a un documento in quanto la Commissione, che lo produce, si rifiuta di rivelarne la fonte, poiché può rendersi necessario per la Commissione tutelare l’anonimato dei suoi informatori.

(v. punto 273)

11.    Qualora un’impresa partecipi a riunioni tra imprese aventi una finalità anticoncorrenziale senza prendere pubblicamente le distanze dal loro oggetto, inducendo così gli altri partecipanti a credere che essa partecipi all’intesa risultante da tali riunioni e che vi si conformerà, può ritenersi che essa partecipi all’intesa in questione.

(v. punto 327)

12.    Se da una decisione che sanziona un accordo, considerata complessivamente, emerge che l’infrazione constatata ha riguardato un tipo particolare di prodotti e menziona gli elementi di prova a sostegno di una tale conclusione, il fatto che tale decisione non contenga un’enunciazione precisa ed esaustiva di tutti i tipi di prodotti coperti dall’infrazione non può essere, di per sé, sufficiente a giustificare il suo annullamento. Se ciò non fosse, un’impresa potrebbe evitare qualsiasi sanzione anche laddove la Commissione abbia dimostrato con certezza che essa aveva commesso un’infrazione in circostanze in cui l’identità dei prodotti specifici, indicati tra una gamma di prodotti simili messi in commercio dall’impresa in questione, non sia stata dimostrata.

(v. punto 336)

13.    Sebbene, in generale, un ricorrente non possa trasferire l’onere della prova al convenuto avvalendosi di circostanze che quest’ultimo non può dimostrare, la nozione di onere della prova – qualora la Commissione abbia deciso di non far valere l’esistenza di un’infrazione alle regole di concorrenza per il periodo in cui erano in vigore accordi di autolimitazione conclusi tra un paese terzo e la Comunità, rappresentata dalla Commissione – non può essere applicata a vantaggio della Commissione per quanto riguarda la data di cessazione di tali accordi. Infatti, l’inspiegabile incapacità della Commissione di produrre elementi di prova relativi ad una circostanza che la interessa direttamente priva il Tribunale della possibilità di statuire con cognizione di causa per quanto riguarda la menzionata data di cessazione e sarebbe contrario al principio di buona amministrazione della giustizia far sopportare le conseguenze di tale incapacità della Commissione alle imprese destinatarie della decisione impugnata, le quali, a differenza dell’istituzione convenuta, non sono in grado di fornire la prova mancante.

(v. punti 342-344)

14.    Un’impresa può essere ritenuta responsabile di un’intesa globale anche qualora venga dimostrata la sua diretta partecipazione a uno solo o a più elementi costitutivi di tale intesa, dal momento che, da un lato, le era noto, o doveva esserle necessariamente noto, che la collusione cui partecipava, in particolare tramite regolari riunioni organizzate durante diversi anni, rientrava in un piano globale diretto a falsare il gioco normale della concorrenza e dal momento che, dall’altro, questo piano globale riguardava il complesso degli elementi costitutivi dell’intesa.

Parimenti, la circostanza che varie imprese abbiano svolto ruoli diversi nel perseguimento di un comune obiettivo non elimina l’identità di oggetto anticoncorrenziale e, pertanto, di infrazione, a condizione che ogni impresa, al proprio livello, abbia contribuito al perseguimento dell’obiettivo comune.

(v. punto 370)

15.    Perché una decisione, un accordo o una pratica concordata possano pregiudicare il commercio fra Stati membri è necessario che, in base ad un complesso di elementi di diritto o di fatto, appaia probabile che essi sono atti ad esercitare un’influenza diretta o indiretta, attuale o potenziale sugli scambi tra Stati membri. Ne consegue che la Commissione non è tenuta a dimostrare l’esistenza effettiva di un tale pregiudizio al commercio, in quanto è sufficiente un’influenza potenziale. Tuttavia, occorre che tale influenza attuale o potenziale non sia insignificante.

(v. punto 392)

16.    L’obbligo di motivazione di un atto non può comprendere un obbligo per l’istituzione che ne è l’autrice di motivare il fatto di non aver adottato altri atti simili indirizzati a terzi.

(v. punto 414)

17.    Una violazione dei diritti della difesa, poiché costituisce un’illegalità soggettiva per sua natura, non rientra nella violazione delle forme sostanziali e non deve essere pertanto sollevata d’ufficio. Di conseguenza, un motivo del genere dev’essere dichiarato irricevibile, ai sensi dell’art. 48, n. 2, regolamento di procedura, qualora sia stato sollevato da una parte per la prima volta nella sua replica.

(v. punto 425)

18.    I diritti della difesa sono violati a causa di una discordanza tra la comunicazione degli addebiti e la decisione definitiva solo a condizione che un addebito figurante nell’una non sia stato esposto nell’altra in modo sufficiente da permettere ai destinatari di difendersi.

Ne consegue che, in via principio, alla Commissione non può essere contestato di limitare la portata di una decisione definitiva rispetto alla comunicazione degli addebiti che la precede, poiché la Commissione deve sentire i destinatari della stessa e, se del caso, deve tener conto delle loro osservazioni dirette a rispondere alle censure constatate, appunto per rispettare i loro diritti di difesa.

(v. punti 429-430)

19.    L’obbligo della Commissione nella fase della comunicazione degli addebiti si limita ad esporre le censure sollevate e ad esporre chiaramente i fatti su cui essa si basa nonché la qualificazione data loro, affinché i destinatari possano utilmente difendersi. La Commissione non è obbligata ad esporre le conclusioni che essa ha tratto dai fatti, dai documenti e dagli argomenti giuridici.

(v. punto 453)

20.    L’accordo sullo Spazio economico europee (SEE), in particolare i suoi artt. 56 e 109, introduce un sistema «sportello unico» per l’applicazione delle regole di concorrenza, applicabile a partire dalla fase istruttoria, di modo che ognuna delle due autorità ha l’obbligo di dichiararsi incompetente e di trasmettere il suo fascicolo all’altra autorità se essa accerta la competenza della medesima.

Tuttavia, tale nozione di «sportello unico» non può essere applicata dall’inizio dell’indagine se non è possibile in tale fase determinare quale autorità sia competente, a pena di violare, nel caso in cui l’Autorità di vigilanza dell’Associazione europea di libero scambio (AELS) venisse adita, ma in cui la Commissione fosse infine competente, il principio secondo cui le disposizioni dell’accordo SEE non possono privare la Commissione della sua competenza ad indagare sui comportamenti anticoncorrenziali che pregiudicano il commercio tra gli Stati membri della Comunità.

Per questa ragione non può contestarsi alla Commissione di avere avviato un’indagine in un settore particolare, invocando come fondamento normativo, al contempo, l’art. 81 CE, il regolamento n. 17 e l’art. 53 SEE, nonché una decisione dell’Autorità di vigilanza dell’AELS che aveva autorizzato l’invio di una richiesta di assistenza alla Commissione, se, al momento dell’avvio, essa non poteva ragionevolmente sapere con certezza quale fosse il fondamento normativo corretto, poiché la risposta a tale domanda dipendeva appunto dal risultato delle investigazioni da condurre.

(v. punti 489-490, 492)

21.    Laddove talune imprese, nella stessa fase del procedimento amministrativo e in circostanze analoghe, forniscano alla Commissione, informazioni simili sui fatti loro contestati, i gradi di collaborazione delle stesse devono essere considerati analoghi, con la conseguenza che tali imprese devono essere trattate in maniera uguale al momento di determinare l’importo dell’ammenda loro inflitta.

(v. punti 501, 573)

22.    Per giustificare la riduzione dell’importo di un’ammenda a titolo di collaborazione, il comportamento di un’impresa deve consentire alla Commissione di accertare e sanzionare un’infrazione alle norme comunitarie della concorrenza con minore difficoltà.

Non agevola significativamente il compito della Commissione l’impresa che si limiti a fornire le informazioni di fatto che la Commissione le ha chiesto e la cui utilità si basa esclusivamente sulla circostanza che esse corroborano, in una certa misura, altre dichiarazioni di cui la Commissione già dispone, rifiutando al contempo qualsiasi interpretazione delle stesse idonea a dimostrare l’esistenza di un’infrazione in capo a essa, e che non abbia informato la Commissione in alcun momento del fatto che essa riconosceva la materialità dei fatti durante il procedimento amministrativo, continuando peraltro a contestarli dinanzi al Tribunale.

(v. punti 499, 503-505)

23.    L’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa a titolo di un’infrazione in materia di concorrenza deve essere proporzionato all’infrazione, valutata nel suo complesso, tenendo conto, in particolare, della gravità di questa.

Va tenuto conto, per valutare tale gravità, di un gran numero di fattori, il cui carattere e la cui importanza variano a seconda del tipo di infrazione e delle circostanze particolari della stessa.

(v. punto 532)

24.    Anche se gode di un margine discrezionale per stabilire l’importo delle ammende nelle cause di concorrenza, la Commissione non può discostarsi dalle regole che essa stessa si è imposta e deve tener conto, in particolare, degli elementi indicati in modo imperativo nei suoi orientamenti. Cionondimeno, sebbene i suoi orientamenti per il calcolo delle ammende non la obblighino a tener conto sistematicamente di una data circostanza, essa può determinare quali fattori occorra prendere in considerazione a tal fine, circostanza che le consente di adattare la sua valutazione in concreto. La sua valutazione deve tuttavia essere effettuata nel rispetto del diritto comunitario, il quale include non solo le disposizioni del Trattato, ma anche i principi generali del diritto.

(v. punti 537, 553, 572)

25.    Qualora un’impresa che ha proposto ricorso contro una decisione della Commissione con la quale le è stata inflitta un’ammenda per violazione delle regole comunitarie di concorrenza abbia chiesto, nel suo ricorso, che il giudice comunitario eserciti la sua competenza anche di merito, anche nel contesto di una domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda, il Tribunale è legittimato a riformare l’atto censurato, anche in assenza di annullamento, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto, al fine di modificare l’importo dell’ammenda inflitta. La competenza anche di merito che l’art. 17 del regolamento n. 17 attribuisce al giudice comunitario, conformemente all’art. 229 CE, include espressamente il potere di maggiorare, eventualmente, l’ammenda inflitta.

Gli agenti della Commissione possono, salvo eventuali esplicite istruzioni contrarie da parte dei loro superiori gerarchici, legittimamente chiedere che il giudice comunitario eserciti la sua competenza anche di merito per aumentare l’importo di un’ammenda stabilito dai membri della Commissione. Infatti, la semplice circostanza che un agente della Commissione chieda al giudice comunitario di esercitare una competenza di cui quest’ultimo dispone e deduca argomenti che potrebbero, all’occorrenza, giustificare tale atto non può significare che l’agente si sostituisce ai membri della Commissione.

(v. punti 575, 577)