Language of document : ECLI:EU:T:2019:235

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

10 aprile 2019 (*)

«Sovvenzioni – Importazioni di tubi di ghisa duttile originari dell’India – Regolamento di esecuzione (UE) 2016/387 – Imposizione di un dazio compensativo definitivo – Regime indiano che istituisce una tassa all’esportazione sul minerale di ferro e una doppia tariffazione per il trasporto ferroviario di merci, svantaggiosa per il trasporto di minerale di ferro destinato all’esportazione – Articolo 3, punto 1, lettera a), iv), del regolamento (CE) n. 597/2009 [sostituito dal regolamento (UE) 2016/1037] – Contributo finanziario – Fornitura di beni – Azione consistente nell’“incaricare” un ente privato di svolgere una funzione che costituisce un contributo finanziario – Articolo 4, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 597/2009 – Specificità di una sovvenzione – Articolo 6, lettera d), del regolamento n. 597/2009 – Calcolo del vantaggio – Pregiudizio all’industria dell’Unione – Calcolo della sottoquotazione del prezzo e del margine di pregiudizio – Nesso causale – Accesso ai dati riservati dell’inchiesta antisovvenzioni – Diritti della difesa»

Nella causa T‑300/16,

Jindal Saw Ltd, con sede in New Delhi (India),

Jindal Saw Italia SpA, con sede in Trieste (Italia),

rappresentate da R. Antonini ed E. Monard, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da J.‑F. Brakeland e G. Luengo, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

SaintGobain Pam, con sede in Pont‑à‑Mousson (Francia), rappresentata da O. Prost, A. Coelho Dias e C. Bouvarel, avvocati,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda basata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) 2016/387 della Commissione, del 17 marzo 2016, che istituisce un dazio compensativo definitivo sulle importazioni di tubi di ghisa duttile (detta anche ghisa a grafite sferoidale) originari dell’India (GU 2016, L 73, pag. 1), nella parte in cui tale regolamento riguarda le ricorrenti,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata),

composto da I. Pelikánová, presidente, V. Valančius, P. Nihoul, J. Svenningsen (relatore) e U. Öberg, giudici,

cancelliere: S. Bukšek Tomac, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 luglio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Le ricorrenti, la Jindal Saw Ltd, società privata di diritto indiano, e la Jindal Saw Italia SpA, società italiana appartenente alla Jindal Saw, sono attive nella produzione e vendita, in particolare, di tubi di ghisa duttile destinati al mercato indiano e all’esportazione. Durante il periodo rilevante nel caso di specie, tre società collegate sono intervenute per la commercializzazione dei prodotti della Jindal Saw nell’Unione europea, ossia, oltre alla Jindal Saw Italia, la Jindal Saw España SL e la Jindal Saw Pipeline Solutions, UK (in prosieguo, congiuntamente: gli «organismi di vendita della Jindal Saw»).

2        Il 10 novembre 2014, la Saint‑Gobain Pam, la Saint‑Gobain Pam Deutschland GmbH e la Saint‑Gobain Pam España S.A. (in prosieguo, congiuntamente: il «denunciante»), conformemente al regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2009, L 343, pag. 51), come modificato dal regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2014 (GU 2014, L 18, pag. 1) [sostituito dal regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21)], hanno presentato una denuncia alla Commissione europea, in forza dell’articolo 5 del regolamento n. 1225/2009, affinché avviasse un’inchiesta antidumping riguardante le importazioni di tubi di ghisa duttile originari dell’India.

3        Con avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 20 dicembre 2014 (GU 2014, C 461, pag. 35), la Commissione ha aperto un procedimento antidumping relativo alle importazioni di cui trattasi (in prosieguo: il «procedimento antidumping»).

4        In parallelo, in data 26 gennaio 2015, il denunciante, a norma del regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell’11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell’Unione europea (GU 2009, L 188, pag. 93), come modificato dal regolamento n. 37/2014 (in prosieguo: il «regolamento di base») [sostituito dal regolamento (UE) 2016/1037 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 55)], ha presentato una denuncia alla Commissione, ai sensi dell’articolo 10 del regolamento di base, affinché avviasse un’inchiesta antisovvenzioni, anche riguardo alle importazioni di cui trattasi, eccependo l’esistenza di varie sovvenzioni di cui beneficerebbero i produttori indiani, in particolare una sovvenzione legata all’acquisto di minerale di ferro.

5        Con avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale l’11 marzo 2015 (GU 2015, C 83, pag. 4; in prosieguo: l’«avviso di apertura»), la Commissione ha aperto un procedimento antisovvenzioni riguardante le importazioni di cui trattasi (in prosieguo: il «procedimento antisovvenzioni»).

6        Il 24 giugno 2015, la Jindal Saw ha presentato alla Commissione le proprie osservazioni su taluni aspetti dell’analisi del dumping, del pregiudizio causato all’industria dell’Unione e dell’interesse dell’Unione. Tali osservazioni riguardavano sia il procedimento antidumping che il procedimento antisovvenzioni.

7        Il 18 settembre 2015, la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) 2015/1559, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di tubi di ghisa duttile (detta anche ghisa a grafite sferoidale) originari dell’India (GU 2015, L 244, pag. 25; in prosieguo: «il regolamento antidumping provvisorio»). Il prodotto in esame, nel regolamento citato, era definito come tubi di ghisa duttile (detta anche ghisa a grafite sferoidale) originari dell’India.

8        Il 23 ottobre 2015, la Jindal Saw ha presentato le proprie osservazioni sulle informazioni provvisorie nel procedimento antidumping, chiedendo al contempo lo svolgimento di un’audizione da parte della Commissione.

9        Il 20 novembre 2015 si è svolta una riunione. Il 24 novembre 2015, la Jindal Saw ha inviato alla Commissione un messaggio di posta elettronica in cui confermava taluni elementi discussi nel corso di tale riunione, segnatamente quelli concernenti il prodotto in esame, quale definito nel regolamento antidumping provvisorio e il calcolo della sottoquotazione del prezzo e, il 27 novembre 2015, essa ha presentato alla Commissione le proprie osservazioni conseguenti a detta riunione nell’ambito del procedimento antidumping. Il 9 dicembre 2015 essa ha trasmesso alla Commissione talune osservazioni nell’ambito del procedimento antidumping e nell’ambito del procedimento antisovvenzioni, in particolare per quanto riguarda, in primo luogo, la natura sovvenzionale della tassa all’esportazione sul minerale di ferro, in secondo luogo, il pregiudizio causato all’industria dell’Unione, in terzo luogo, le risposte ai questionari fornite dagli utilizzatori del prodotto in esame, quale definito nel regolamento antidumping provvisorio e, in quarto luogo, l’esclusione dalla definizione di tale prodotto dei tubi che non hanno né un rivestimento interno né un rivestimento esterno.

10      Il 22 dicembre 2015, la Commissione ha informato la Jindal Saw dei principali fatti e considerazioni in base ai quali si intendeva istituire un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di tale prodotto nonché dei principali fatti e considerazioni in base ai quali si intendeva istituire un dazio compensativo definitivo sulle medesime importazioni (in prosieguo: le «informazioni finali»). Prima di presentare le proprie osservazioni, la Jindal Saw, con messaggio di posta elettronica del 12 gennaio 2016, ha chiesto un complemento di informazioni su quattro punti specifici. Con messaggio di posta elettronica del 13 gennaio 2016, essa ha chiesto alla Commissione, nell’ambito del procedimento antisovvenzioni, di essere informata in merito ai calcoli del costo di trasporto «medio arrotondato». La Commissione ha risposto a tale richiesta con messaggio di posta elettronica del 19 gennaio 2016.

11      Il 20 gennaio 2016, la Jindal Saw ha presentato le proprie osservazioni in merito alle informazioni finali nell’ambito del procedimento antidumping e nell’ambito del procedimento antisovvenzioni.

12      Il 27 gennaio 2016, la Commissione ha inviato alla Jindal Saw una comunicazione di informazioni finali supplementari sulle rettifiche apportate ai calcoli delle sovvenzioni nell’ambito del procedimento antisovvenzioni. La scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni era fissata al 29 gennaio 2016.

13      Il 28 gennaio 2016, la Jindal Saw ha assistito ad una riunione organizzata dalla Commissione. Tale riunione era segnatamente incentrata sulle conclusioni riguardanti la sovvenzione che sarebbe costituita dalla tassa all’esportazione sul minerale di ferro e dal regime di doppia tariffazione del trasporto ferroviario di merci riguardante il minerale di ferro (Dual Freight Policy; in prosieguo: il «DFP»), sui calcoli relativi all’insieme delle presunte misure di sovvenzione, sul pregiudizio causato all’industria dell’Unione e sul dumping. In pari data, la Commissione ha inviato una lettera alla Jindal Saw informandola di talune rettifiche apportate ai calcoli degli indicatori di pregiudizio all’industria dell’Unione nell’ambito del procedimento antidumping e nell’ambito del procedimento antisovvenzioni. La scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni era fissato al 1º febbraio 2016.

14      Il 1º febbraio 2016, la Jindal Saw ha inviato due messaggi di posta elettronica alla Commissione, esponendo le proprie osservazioni relative, da un lato, alle rettifiche apportate ad alcuni indicatori di pregiudizio all’industria dell’Unione e, dall’altro, alla riunione del 28 gennaio 2016. Tali messaggi di posta elettronica contenevano anche varie richieste di informazioni.

15      In esito al procedimento antidumping e al procedimento antisovvenzioni, la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) 2016/387, del 17 marzo 2016, che istituisce un dazio compensativo definitivo sulle importazioni di tubi di ghisa duttile (detta anche ghisa a grafite sferoidale) originari dell’India (GU 2016, L 73, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»), nonché del regolamento di esecuzione (UE) 2016/388, del 17 marzo 2016, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di tubi di ghisa duttile (detta anche ghisa a grafite sferoidale) originari dell’India (GU 2016, L 73, pag. 53), il quale forma oggetto di un ricorso di annullamento nella causa Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione (T‑301/16).

16      Nel regolamento impugnato, il prodotto in esame è stato individuato in via definitiva come «tubi di ghisa duttile (detta anche ghisa a grafite sferoidale) (…), ad esclusione dei tubi di ghisa duttile senza rivestimento interno ed esterno (...) originari dell’India, attualmente classificati ai codici NC ex 7303 00 10 ed ex 7303 00 90» (in prosieguo: il «prodotto in esame»).

 Procedimento e conclusioni delle parti

17      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 giugno 2016, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso. Il controricorso, la replica e la controreplica sono stati depositati il 27 settembre e 21 novembre 2016 e il 26 gennaio 2017.

18      A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, la causa è stata riassegnata a un nuovo giudice relatore all’interno della Prima Sezione.

19      Alcune richieste di riservatezza riguardanti determinate informazioni contenute nel ricorso, nella replica e nella controreplica sono state depositate dalle ricorrenti l’11 e 21 novembre 2016 e il 14 febbraio 2017. La Commissione ha presentato una richiesta di riservatezza riguardante un allegato del controricorso il 24 ottobre 2016.

20      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 ottobre 2016, la Saint‑Gobain Pam ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con ordinanza del 19 gennaio 2017 il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento.

21      Il 6 marzo 2017, l’interveniente ha depositato una memoria di intervento presso la cancelleria del Tribunale. La Commissione e le ricorrenti hanno depositato le proprie osservazioni su tale memoria il 24 marzo e 19 aprile 2017.

22      Il 20 luglio 2017, il Tribunale ha ordinato alla Commissione, ai sensi dell’articolo 91, lettera b), del regolamento di procedura del Tribunale e fatta salva l’applicazione dell’articolo 103, paragrafo 1, di tale regolamento, di fornire i dati necessari per consentire di verificare la veridicità di talune spiegazioni fornite nel controricorso per quanto riguarda le implicazioni dell’errore materiale menzionato al considerando 284 del regolamento impugnato (in prosieguo: l’«errore materiale»).

23      Il 10 agosto 2017, la Commissione ha prodotto, in formato digitale, i dati oggetto della misura istruttoria disposta dal Tribunale.

24      Con decisione notificata alle parti il 14 settembre 2017, gli avvocati che rappresentano le ricorrenti sono stati invitati, nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, a consultare, a determinate condizioni, detti dati nei locali della cancelleria del Tribunale. Tale consultazione ha avuto luogo il 26 e il 27 settembre 2017.

25      Il 18 ottobre 2017, le ricorrenti hanno presentato osservazioni a seguito della consultazione, da parte dei loro avvocati, dei dati di cui trattasi (in prosieguo: le «osservazioni del 18 ottobre 2017»). In pari data, esse hanno presentato una domanda di trattamento riservato nei confronti dell’interveniente, in ordine ad alcuni di tali dati.

26      Il 14 novembre 2017, la Commissione ha depositato una domanda di trattamento riservato, nei confronti dell’interveniente, in ordine a determinati dati contenuti nelle osservazioni del 18 ottobre 2017.

27      Il 22 novembre 2017, la Commissione ha presentato osservazioni in merito alle osservazioni del 18 ottobre 2017.

28      Il 15 dicembre 2017, l’interveniente ha presentato osservazioni in merito alle osservazioni del 18 ottobre 2017 e alle osservazioni della Commissione.

29      Il 27 aprile 2018, il Tribunale ha invitato le parti principali a rispondere, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, a vari quesiti e a produrre determinati documenti. Tali parti hanno ottemperato a siffatta richiesta entro i termini impartiti. Esse hanno avuto modo di presentare le proprie osservazioni in merito alle loro rispettive risposte, il che è parimenti avvenuto entro i termini impartiti.

30      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato nella parte in cui le riguarda;

–        condannare la Commissione alle spese.

31      La Commissione, sostenuta dall’interveniente, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

32      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 4 luglio 2018.

 In diritto

 Sulla ricevibilità delle osservazioni del 18 ottobre 2017

33      Le osservazioni del 18 ottobre 2017 sono state presentate dalle ricorrenti nel contesto esposto qui di seguito.

34      Nella fase finale del procedimento amministrativo, la Commissione ha informato le parti interessate dell’esistenza dell’errore materiale. Tale errore, relativo a taluni indicatori di pregiudizio all’industria dell’Unione, consisteva nella presa in considerazione di talune vendite all’esportazione dell’industria dell’Unione come vendite effettuate nell’Unione. Di conseguenza, la Commissione ha proceduto alla rettifica dei dati relativi alle vendite nell’Unione dell’industria dell’Unione nonché alla revisione di dati relativi ad altri indicatori che erano stati influenzati, per ripercussione, dall’errore materiale.

35      Nel ricorso, le ricorrenti hanno sostenuto che la Commissione non aveva effettuato tutte le revisioni che comportava la correzione dell’errore materiale.

36      Nel controricorso, la Commissione ha esposto dettagliatamente che l’errore materiale si era verificato durante la trascrizione di talune cifre contenute in un foglio di calcolo informatizzato, redatto con il supporto di un foglio elettronico, allegato alle risposte al questionario di un produttore dell’Unione, in un foglio di calcolo informatizzato specifico e che tale errore non aveva avuto alcun effetto sugli indicatori diversi da quelli che erano stati corretti, poiché gli altri indicatori erano stati redatti in fogli di calcolo informatizzati distinti.

37      Secondo la Commissione, gli unici indicatori di pregiudizio che erano stati influenzati, e che sono stati rivisti, erano quelli per i quali erano stati creati collegamenti automatici, nelle formule di calcolo integrate in tale foglio di calcolo specifico, con i dati che erano stati oggetto dell’errore materiale.

38      La Commissione ha proposto di mettere i dati di cui trattasi, che sono riservati ai sensi dell’articolo 29 del regolamento di base, a disposizione del Tribunale, fatta salva l’applicazione dell’articolo 103 del regolamento di procedura, per consentire alle ricorrenti di verificare la fondatezza delle spiegazioni esposte ai precedenti punti 36 e 37.

39      A seguito della misura istruttoria disposta dal Tribunale il 20 luglio 2017, la Commissione ha depositato presso la cancelleria del Tribunale una chiave USB contenente i dati alla cui produzione era fatto riferimento. Con decisione notificata il 14 settembre 2017, letta congiuntamente a detta misura istruttoria, gli avvocati che rappresentano le ricorrenti sono stati invitati, previa sottoscrizione di un impegno di riservatezza, a consultare i documenti contenuti nella suddetta chiave USB nei locali della cancelleria del Tribunale, esclusivamente al fine di poter verificare la veridicità di talune spiegazioni fornite nel controricorso per quanto riguarda le implicazioni dell’errore materiale.

40      Nelle osservazioni del 18 ottobre 2017, depositate a seguito di tale consultazione, le ricorrenti non contestano la veridicità di dette spiegazioni, ma affermano di aver scoperto nei documenti consultati cinque nuovi errori, i quali avvalorerebbero alcune loro censure.

41      In via principale, la Commissione sostiene che le osservazioni del 18 ottobre 2017 sono irricevibili, poiché riguardano questioni estranee all’oggetto della misura istruttoria e della misura di organizzazione del procedimento adottate dal Tribunale. In subordine, essa sostiene che la rettifica degli errori rilevati dalle ricorrenti non avrebbe modificato l’analisi da essa effettuata nell’ambito del regolamento impugnato.

42      L’interveniente, dalla quale proviene la maggior parte dei dati riservati di cui trattasi, afferma sostanzialmente che il regolamento di base non autorizza la divulgazione dei dati riservati trasmessi da un’impresa alle istituzioni dell’Unione nell’ambito di un procedimento antisovvenzioni senza l’autorizzazione dell’impresa di cui trattasi. In subordine, l’interveniente chiede di ottenere un accesso più completo di quello che è già stato ad essa concesso ai dati interessati.

43      Va osservato, anzitutto, che i cinque errori menzionati dalle ricorrenti nelle osservazioni del 18 ottobre 2017 sono senza alcun nesso con l’errore materiale all’origine della misura istruttoria e della misura di organizzazione del procedimento adottate dal Tribunale e, pertanto, con l’oggetto di tali misure.

44      Va poi ricordato che il regolamento di base disciplina in modo dettagliato l’accesso delle parti interessate ai dati raccolti nell’ambito di un’inchiesta antisovvenzioni. Esso prevede un sistema completo di garanzie procedurali volte, da un lato, a consentire alle parti interessate di difendere utilmente i loro interessi e, dall’altro, a preservare, quando è necessario, la riservatezza delle informazioni utilizzate nel corso di tale inchiesta e contiene regole che consentono di conciliare tali due esigenze (v., per analogia, sentenza del 30 giugno 2016, Jinan Meide Casting/Consiglio, T‑424/13, EU:T:2016:378, punto 96).

45      A tal riguardo, l’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento di base sancisce il principio secondo cui le informazioni di natura riservata devono essere trattate come tali dalle autorità se vengono forniti motivi debitamente giustificati. Il paragrafo 5 di tale articolo vieta segnatamente alla Commissione di rivelare, salvo esplicita autorizzazione della persona che le ha fornite, le informazioni ricevute in applicazione del suddetto regolamento per le quali è stato chiesto il trattamento riservato e, salvo espressa disposizione contraria, di divulgare, in particolare, i documenti interni preparati dalle autorità dell’Unione.

46      Il regolamento di base contiene anche una serie di disposizioni che consentono di conciliare le esigenze connesse ai diritti delle parti interessate di difendere utilmente i propri interessi con quelle connesse alla necessità di tutelare le informazioni riservate. Da un lato, l’accesso delle parti interessate alle informazioni disponibili in forza dell’articolo 11, paragrafo 7, e dell’articolo 30 del regolamento di base è limitato dalla riservatezza di tali informazioni. Dall’altro, l’articolo 29, paragrafi da 2 a 4, del regolamento di base prevede una serie di adeguamenti al principio del rispetto della riservatezza delle informazioni al fine di tutelare detti diritti delle parti interessate.

47      Nel caso di specie, i documenti che gli avvocati delle ricorrenti sono stati autorizzati a consultare contengono esclusivamente dati commerciali di due delle tre società che costituiscono, nel caso di specie, l’industria dell’Unione. Si tratta di dati di natura riservata ai sensi dell’articolo 29 del regolamento di base, circostanza che le parti non contestano.

48      Si tratta quindi di documenti di cui le ricorrenti non potevano chiedere la divulgazione in applicazione del regolamento di base. L’accesso a tali documenti è stato concesso soltanto ai loro avvocati e ciò unicamente al fine di consentire la verifica delle implicazioni dell’errore materiale in cui è incorsa la Commissione, nell’ambito di una decisione del Tribunale che circoscrive rigorosamente tale accesso, al fine di garantire il rispetto dei diritti della difesa delle ricorrenti, come risulta dalla misura istruttoria e dalla misura di organizzazione del procedimento adottate dal Tribunale.

49      Infatti, da un lato, la misura istruttoria disposta dal Tribunale era formulata con precisione. La Commissione era tenuta a produrre unicamente i dati strettamente necessari per verificare la veridicità di talune spiegazioni fornite nel controricorso per quanto riguarda l’origine e le implicazioni dell’errore materiale.

50      D’altro lato, la decisione notificata alle parti il 14 settembre 2017, prevedeva, nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, un accesso ai dati in parola unicamente per garantire il rispetto dei diritti della difesa delle ricorrenti, nell’ambito del presente procedimento, in merito a tali spiegazioni, e non per assicurare che le ricorrenti venissero informate al di là delle garanzie previste dal regolamento di base a favore delle parti interessate, il che sarebbe contrario al rispetto della riservatezza di tali dati. Si deve del resto sottolineare che, nell’ambito del procedimento amministrativo, i diritti delle ricorrenti sono stati garantiti dall’articolo 11, paragrafo 7, e dagli articoli 29 e 30 del regolamento di base.

51      Da quanto precede risulta che il caso di specie non può essere equiparato a una situazione in cui il Tribunale abbia deciso, a norma dell’articolo 103, paragrafo 3, del regolamento di procedura e in esito alla ponderazione di cui al paragrafo 2 del suddetto articolo, di portare in via generale a conoscenza di una parte principale informazioni riservate o documenti riservati prodotti dall’altra parte principale. Nel caso di specie, infatti, il Tribunale ha concesso agli avvocati delle ricorrenti un accesso specifico ai fogli di calcolo informatizzati utilizzati dalla Commissione per la determinazione degli indicatori controversi al solo scopo di consentire loro di verificare la veridicità di talune spiegazioni fornite nel controricorso per quanto riguarda le implicazioni dell’errore materiale, in particolare per quanto concerne i collegamenti creati in tali fogli di calcolo. Di conseguenza, le ricorrenti non possono sostenere di aver avuto un accesso generale a nuove informazioni la cui presa di conoscenza consentirebbe loro di dedurre nuovi motivi o censure che devono essere considerati ricevibili ai sensi dell’articolo 84 del regolamento di procedura.

52      A tal proposito, si deve anche osservare che le ricorrenti stesse non hanno chiesto al Tribunale di consentire loro l’accesso ai documenti di cui trattasi per poterne disporre in maniera generale. Al contrario, nella replica, le ricorrenti hanno chiesto espressamente che tale accesso sia loro concesso al solo scopo di verificare la veridicità di talune spiegazioni fornite nel controricorso per quanto riguarda le implicazioni dell’errore materiale.

53      Sulla base di tutte queste considerazioni, occorre respingere le osservazioni del 18 ottobre 2017 in quanto irricevibili.

54      Pertanto, non è necessario pronunciarsi sulla domanda presentata in subordine dall’interveniente, volta ad ottenere un accesso più completo ai dati di cui trattasi.

 Nel merito

55      A sostegno del ricorso, le ricorrenti deducono, in sostanza, sette motivi vertenti su diverse violazioni del regolamento di base, ossia:

–        il primo motivo, su una violazione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), iv), del regolamento di base, in combinato disposto con il punto 1, lettera a), iii), del suddetto articolo, disposizioni che sono sostanzialmente identiche, rispettivamente all’articolo 1.1, lettera a) 1) iii) e all’articolo 1.1, lettera a) 1), iv), dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative di cui all’allegato 1A dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech il 15 aprile 1994 (GU 1994, L 336, pag. 156; in prosieguo: l’«accordo SMC»);

–        il secondo, su una violazione dell’articolo 10 del regolamento di base e dei diritti della difesa;

–        il terzo, su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, e paragrafo 2, lettera a), del regolamento di base;

–        il quarto, su una violazione dell’articolo 3, punto 2, dell’articolo 6, lettera d) e dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento di base;

–        il quinto, su una violazione dell’articolo 8, paragrafi 1, 2 e 5, del regolamento di base e, di conseguenza, dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento di base;

–        il sesto, sulla violazione dell’articolo 8, paragrafi 1, 2 e da 4 a 7, dell’articolo 9, paragrafo 1, e dell’articolo 10, paragrafo 6, del regolamento di base;

–        il settimo, su una violazione dell’articolo 30, paragrafi 4 e 5, del regolamento di base e dei diritti della difesa.

56      Occorre esaminare in primo luogo, in ordine successivo, il secondo e il settimo motivo.

 Sul secondo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 10 del regolamento di base e dei diritti della difesa

57      Nell’ambito del secondo motivo, suddiviso in due parti, le ricorrenti sostengono che includendo il DFP nell’inchiesta, benché tale misura non sia stata menzionata né nella denuncia all’origine dell’inchiesta, né nell’avviso di apertura dell’inchiesta, la Commissione ha violato l’articolo 10 del regolamento di base e i diritti della difesa della Jindal Saw.

58      Con la prima parte del motivo, le ricorrenti sostengono che, siccome l’articolo 10, paragrafo 2, lettera c), del regolamento di base prevede che la prova dell’esistenza di una sovvenzione debba essere inclusa nella denuncia e che ciò non è avvenuto nel caso di specie per quanto riguarda il DFP, la Commissione avrebbe dovuto avviare una nuova inchiesta distinta o sulla base di una nuova denuncia o d’ufficio. Esse aggiungono che la Commissione non può riservarsi il diritto di esaminare sovvenzioni accertabili nel corso dell’inchiesta diverse da quelle menzionate nell’avviso di apertura.

59      Con la seconda parte del motivo, le ricorrenti sostengono che, includendo il DFP nell’inchiesta, la Commissione ha violato i diritti della difesa della Jindal Saw, atteso che quest’ultima sarebbe stata informata dell’oggetto di tale inchiesta soltanto prendendo conoscenza delle informazioni finali e, pertanto, non avrebbe disposto dei medesimi termini e preavvisi per presentare le proprie osservazioni sul DFP di cui ha disposto riguardo agli altri aspetti dell’inchiesta.

60      La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta la fondatezza di tale motivo.

61      Per quanto riguarda la prima parte del motivo, si deve rammentare che, a norma dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento di base, l’apertura di un’inchiesta antisovvenzioni richiede, in linea di principio, la presentazione di una denuncia per conto dell’industria dell’Unione. A norma dell’articolo 10, paragrafo 2, del medesimo regolamento, siffatta denuncia deve contenere sufficienti elementi di prova relativi all’esistenza di una sovvenzione compensabile. L’articolo 10, paragrafo 2, lettera c), del suddetto regolamento riguarda la deduzione di «elementi di prova relativi (...) alla natura (...) delle sovvenzioni in questione».

62      Le ricorrenti, in sostanza, addebitano alla Commissione di avere incluso il DFP nell’inchiesta, sebbene esso non fosse stato menzionato nella denuncia, in violazione dell’articolo 10, paragrafi 1 e 2, del regolamento di base.

63      Tuttavia, tale censura è infondata in punto di fatto, in quanto il DFP era indicato nella denuncia. Infatti, in quest’ultima il denunciante ha citato documenti rilasciati dalle pubbliche autorità indiane in cui la tassa all’esportazione sul minerale di ferro e il DFP erano entrambi menzionati, al fine di dimostrare che lo scopo di tali pubbliche autorità era di scoraggiare l’esportazione di minerale di ferro. Inoltre, il denunciante ha citato il passaggio della relazione del gruppo di lavoro sull’industria siderurgica per il dodicesimo piano quinquennale, pubblicata nel 2011, secondo il quale, «[l]’esportazione del minerale di ferro dal paese è attualmente scoraggiata mediante (…) l’istituzione di una tassa all’esportazione pari al 20% ad valorem sul minerale di ferro e (…) l’applicazione di tariffe molto più elevate per il trasporto ferroviario di minerale di ferro destinato all’esportazione».

64      Inoltre, come evidenziato dalla Commissione, le ricorrenti confondono il regime di sovvenzionamento relativo alla fornitura di minerale di ferro con uno strumento specifico collegato a tale regime. Tanto la denuncia quanto l’avviso di apertura dell’inchiesta fanno riferimento al fatto che le pubbliche autorità indiane avrebbero incaricato un ente privato di svolgere un’azione o gli avrebbe dato ordine di svolgere un’azione, ove è espressamente menzionata la fornitura di minerale di ferro a elevato grado di purezza per un corrispettivo inferiore all’importo adeguato. Né la denuncia né l’avviso di apertura erano pertanto limitati alla tassa all’esportazione. Di conseguenza, la prima parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

65      Da quanto precede risulta che la seconda parte del motivo è anch’essa infondata in punto di fatto. Invero, atteso che la denuncia riguardava il DFP, la Jindal Saw era a conoscenza del fatto che quest’ultimo era interessato quale elemento del regime di sovvenzionamento in esame prima della comunicazione delle informazioni finali nel dicembre 2015.

66      Ad ogni modo, occorre rilevare che tutti gli argomenti sottoposti alla Commissione dalla Jindal Saw nel corso del procedimento amministrativo riguardavano la questione se, in linea generale, restrizioni all’esportazione, qualunque sia la loro esatta natura, possano o meno costituire un contributo finanziario.

67      Inoltre, nelle sue osservazioni in merito alle informazioni finali, la Jindal Saw non ha fatto neppure alcuna distinzione tra la tassa all’esportazione e il DFP, ma ha nuovamente presentato argomenti relativi alle restrizioni all’esportazione in generale. Pertanto, le osservazioni della Jindal Saw sulle restrizioni all’esportazione coprivano entrambe le misure che insieme costituiscono il regime di sovvenzionamento in questione.

68      Occorre pertanto respingere la seconda parte del secondo motivo e quindi il secondo motivo nel suo insieme, in quanto infondato.

 Sul settimo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 30, paragrafi 4 e 5, del regolamento di base e dei diritti della difesa

69      Il settimo motivo è composto, in sostanza, da due parti.

70      Con la prima parte del motivo, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato l’articolo 30, paragrafo 4, del regolamento di base e il diritto della Jindal Saw di essere ascoltata non avendo trasmesso a quest’ultima una serie di elementi che essa le aveva richiesto in due messaggi di posta elettronica del 1º febbraio 2016.

71      Basandosi sulla giurisprudenza, le ricorrenti sottolineano che, allorché le istituzioni dell’Unione godono di un ampio potere discrezionale, il rispetto dei diritti garantiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione è ancor più fondamentale e che tra tali diritti figura quello di essere utilmente ascoltato. Orbene, non si potrebbe escludere completamente che, se la Jindal Saw avesse avuto la possibilità di formulare osservazioni sulle informazioni da essa richieste per quanto riguarda gli indicatori di pregiudizio influenzati dall’errore materiale e i costi dell’industria dell’Unione, comprese le spese generali, amministrative e di vendita degli organismi di vendita del gruppo Saint‑Gobain Pam, il procedimento amministrativo avrebbe potuto sfociare in un risultato diverso e più favorevole per essa, in quanto, in precedenza, la Commissione avrebbe già rivisto il suo punto di vista a seguito di osservazioni presentatele dalle parti interessate.

72      Con la seconda parte del motivo, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato l’articolo 30, paragrafo 5, del regolamento di base nonché il diritto della Jindal Saw di essere ascoltata non avendo concesso a quest’ultima un periodo di tempo sufficiente per presentare le proprie osservazioni in seguito alla comunicazione degli indicatori di pregiudizio modificati. Esse fanno valere, in proposito, che non si potrebbe escludere completamente che se la Jindal Saw avesse avuto un termine conforme a quanto previsto da detta disposizione in seguito alla comunicazione degli indicatori di pregiudizio modificati, essa avrebbe potuto presentare osservazioni più accurate idonee ad indurre la Commissione a modificare il proprio punto di vista.

73      La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta la fondatezza di tale motivo.

74      In via preliminare, si deve rilevare, in primo luogo, che, qualora le parti interessate da un’inchiesta antisovvenzioni, segnatamente i produttori esportatori interessati, intendano accedere a informazioni riguardanti fatti e considerazioni che possono costituire la base di misure antisovvenzioni al fine di difendere i propri interessi, la Commissione è tenuta a rispettare taluni principi e garanzie procedurali.

75      A tal riguardo, si deve considerare che, da una parte, l’articolo 30 del regolamento di base stabilisce talune modalità circa l’esercizio del diritto delle parti interessate di essere ascoltate, il quale costituisce un diritto fondamentale riconosciuto dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Detto articolo prevede, al suo paragrafo 2, il diritto di essere informato dei fatti e delle considerazioni principali in base ai quali si intende raccomandare l’istituzione di dazi compensativi definitivi. Tale articolo prevede inoltre, al suo paragrafo 4, secondo comma, che, quando la Commissione intende adottare una decisione fondandosi su fatti e considerazioni diversi da quelli precedentemente comunicati, essa deve comunicarli il più rapidamente possibile e, al suo paragrafo 5, che le parti interessate devono disporre, in linea di principio, di un termine non inferiore a dieci giorni per presentare le proprie osservazioni e tale termine può essere più breve qualora si tratti di informazioni finali complementari.

76      D’altra parte, per giurisprudenza costante, le esigenze derivanti dal rispetto dei diritti della difesa si impongono non solo nell’ambito di procedimenti che possono condurre a sanzioni, ma anche nei procedimenti di inchiesta che preludono all’adozione di regolamenti antisovvenzioni i quali possono riguardare le imprese interessate direttamente e individualmente e comportare per esse conseguenze sfavorevoli. In particolare, nell’ambito della comunicazione delle informazioni alle imprese interessate nel corso del procedimento d’inchiesta, il rispetto dei loro diritti della difesa implica che tali imprese devono essere state messe in condizione, nel corso di tale procedimento, di far conoscere efficacemente il loro punto di vista sulla sussistenza e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sugli elementi di prova posti dalla Commissione a fondamento delle proprie affermazioni e relativi all’esistenza di un sovvenzionamento e del pregiudizio ad esso conseguente (v., per analogia, sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

77      Sebbene, certamente, il rispetto dei diritti della difesa rivesta un’importanza capitale nei procedimenti di inchieste antisovvenzioni (v., per analogia, sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 77 e giurisprudenza ivi citata), la sussistenza di un’irregolarità per quanto concerne il rispetto di tali diritti può portare all’annullamento di un regolamento che istituisce un dazio compensativo solo nei limiti in cui esista la possibilità che, a causa di tale irregolarità, il procedimento amministrativo avrebbe potuto condurre ad un risultato diverso, ledendo così in concreto i diritti della difesa della parte interessata (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 1º ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, C‑141/08 P, EU:C:2009:598, punto 107).

78      Tuttavia, va ricordato che non può essere imposto a tale parte di dimostrare che la decisione della Commissione sarebbe stata differente, bensì soltanto che tale ipotesi non va totalmente esclusa in quanto detta parte avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza dell’irregolarità procedurale denunciata (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione /Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 78 e giurisprudenza ivi citata).

79      Per contro, spetta alla parte interessata dimostrare concretamente in che modo essa avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza di siffatta irregolarità procedurale, senza potersi limitare ad invocare l’impossibilità di fornire osservazioni su situazioni ipotetiche (v., per analogia, sentenza del 1° giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 145 e giurisprudenza ivi citata).

80      In secondo luogo, occorre rilevare che, nel caso di specie, nelle informazioni finali la Commissione ha fornito alle parti interessate tutti i fatti e le considerazioni da essa ritenuti principali e in base ai quali intendeva istituire dazi compensativi, ivi comprese le cifre sugli indicatori di pregiudizio e l’analisi delle tendenze che avrebbero dimostrato tali indicatori. Concretamente, da un lato, la Commissione aveva osservato che le vendite dell’industria dell’Unione erano diminuite di oltre il 6% e che tale industria aveva perso circa il 2,5% di quote di mercato in un mercato in declino. Dall’altro, sempre per quanto attiene detta industria, la Commissione aveva indicato che una redditività considerata bassa associata ad un calo delle vendite e delle quote di mercato nell’Unione, l’aveva posta in una situazione economica e finanziaria difficile e concluso, sulla base di un’analisi globale di tutti gli indicatori di pregiudizio da essa ritenuti pertinenti e di tale situazione economica e finanziaria considerata difficile, che l’industria dell’Unione aveva subito un pregiudizio notevole ai sensi dell’articolo 8 del regolamento di base.

81      La prima censura riguarda una violazione, da un lato, dell’articolo 30, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento di base, che deve essere letto alla luce del paragrafo 2 del medesimo articolo e, dall’altro, dei diritti della difesa a causa della mancata comunicazione di informazioni richieste nei due messaggi di posta elettronica della Jindal Saw del 1º febbraio 2016, riguardanti, in primo luogo, la comunicazione degli indicatori di pregiudizio modificati in seguito alla scoperta dell’errore materiale e, in secondo luogo, vari costi dell’industria dell’Unione.

82      Per quanto riguarda, in primo luogo, la mancata comunicazione delle informazioni richieste dalla Jindal Saw in merito alle rettifiche apportate agli indicatori di pregiudizio dell’Unione, occorre anzitutto rilevare che nella sua comunicazione scritta del 28 gennaio 2016, che informava la Jindal Saw di talune rettifiche apportate agli indicatori di pregiudizio all’industria dell’Unione, la Commissione ha espressamente menzionato quali indicatori di pregiudizio avevano subito modifiche in seguito alla scoperta dell’errore materiale, vale a dire quelli relativi, innanzitutto, al consumo complessivo dell’Unione, poi, alla quota di mercato dei produttori esportatori, inoltre, alla quota di mercato dell’industria dell’Unione e, infine, al prezzo di vendita di tale industria. Un allegato accluso alla suddetta comunicazione scritta riportava poi le cifre di cui trattasi, presentate sotto forma di intervalli di valori, come nelle informazioni finali. Infine, la Commissione ha espressamente indicato in siffatta comunicazione scritta che tali modifiche non avevano condotto né ad un cambiamento delle conclusioni riguardanti le tendenze né ad un cambiamento delle conclusioni finali che erano state precedentemente comunicate alle parti interessate.

83      Da tali rilievi risulta che le modifiche apportate dalla Commissione in seguito alla correzione dell’errore materiale non costituivano, di per sé, fatti e considerazioni principali ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 2, del regolamento di base, dal momento che tali modifiche non apportavano alcun cambiamento nelle tendenze sulle quali era basata la valutazione del pregiudizio. Pertanto, la Commissione, in forza del regolamento di base, in particolare dell’articolo 30, paragrafo 4, secondo comma, di detto regolamento, non era tenuta ad informare la Jindal Saw su dette modifiche né, a fortiori, obbligata ad accogliere la richiesta di quest’ultima volta ad ottenere informazioni complementari sul punto. Di conseguenza, essa non ha violato l’articolo 30, paragrafi 2 e 4, del regolamento di base.

84      Per quanto riguarda, inoltre, l’asserita violazione del diritto di essere ascoltato, si deve ritenere che, con la sua comunicazione scritta del 28 gennaio 2016, la Commissione abbia trasmesso tutti gli elementi necessari per consentire alla Jindal Saw di far valere il suo punto di vista in merito alle modifiche apportate in seguito alla correzione dell’errore materiale, cosa che la Jindal Saw ha d’altronde fatto nel suo primo messaggio di posta elettronica del 1º febbraio 2016. A tal riguardo, si deve inoltre rilevare che, nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale, le ricorrenti non hanno presentato osservazioni nuove rispetto a quelle già presentate alla Commissione il 1º febbraio 2016. Si deve pertanto constatare che la Commissione ha adottato il regolamento impugnato dopo che la Jindal Saw ha avuto modo di presentare ogni utile osservazione e che le ricorrenti non hanno dimostrato nell’ambito del presente procedimento che la Jindal Saw sarebbe stata in grado di difendersi più efficacemente nell’ambito del procedimento amministrativo.

85      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la mancata comunicazione delle informazioni riguardanti taluni costi dell’industria dell’Unione, si deve rilevare che, certamente, sarebbe stato conforme a una buona amministrazione da parte della Commissione rispondere a tale richiesta, non fosse altro che per far sapere che si trattava di dati riservati cui non poteva dare accesso alla Jindal Saw. Tuttavia, la mancanza di una risposta specifica a tale richiesta di informazioni non comporta come conseguenza che la Commissione abbia violato l’articolo 30, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento di base, alla luce del paragrafo 2 di tale articolo, in quanto le informazioni supplementari richieste dalla Jindal Saw non costituivano fatti e considerazioni nuovi principali.

86      Infatti, emergeva già dal regolamento antidumping provvisorio, adottato il 18 settembre 2015 nell’ambito dell’inchiesta antidumping parallela concernente lo stesso prodotto del prodotto in esame nonché gli stessi produttori esportatori e che comprendeva un’identica valutazione del pregiudizio all’industria dell’Unione, che, per il calcolo della redditività della suddetta industria, la Commissione aveva preso in considerazione non solo le spese generali, amministrative e di vendita, degli organismi di produzione di tale industria, ma anche le spese degli organismi di vendita di tale industria. A questo proposito, il considerando 92 del regolamento antidumping provvisorio enunciava che «[l]a Commissione [aveva] stabilito la redditività dei produttori dell’Unione che hanno collaborato esprimendo l’utile netto, al lordo delle imposte, derivante dalle vendite del prodotto simile ad acquirenti indipendenti nell’Unione, in percentuale sul fatturato delle stesse vendite» e che «[la] maggior parte delle vendite del prodotto [simile] nell’UE [erano] state effettuate attraverso [gli organismi] di vendita dei produttori dell’Unione che [avevano] collaborato, e i loro costi e redditività sono stati presi in considerazione».

87      Il fatto che la Jindal Saw non abbia rilevato o compreso correttamente la portata di tali spiegazioni fornite nell’ambito del regolamento antidumping provvisorio e ribadite nelle informazioni finali relative al procedimento antisovvenzioni, secondo cui i costi degli organismi di vendita dell’industria dell’Unione erano presi in considerazione per il calcolo della redditività di siffatta industria, non significa che i chiarimenti apportati al riguardo dalla Commissione durante la riunione del 28 gennaio 2016 costituissero nuovi fatti e considerazioni principali. Pertanto, la Commissione non ha violato l’articolo 30, paragrafi 2 e 4, del regolamento di base in tal senso.

88      Dal fatto che l’informazione di cui trattasi, relativa alla presa in considerazione dei costi degli organismi di vendita dell’industria dell’Unione nell’ambito del calcolo della redditività di tale industria, fosse nota dal 19 settembre 2015, data della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del regolamento antidumping provvisorio, deriva anche che la Jindal Saw disponeva degli elementi necessari per formulare utilmente le proprie osservazioni in merito a tale calcolo.

89      Pertanto, la prima censura deve essere respinta in quanto infondata.

90      Per quanto riguarda la seconda censura, relativa alla violazione dell’articolo 30, paragrafo 5, del regolamento di base, in quanto la Jindal Saw non ha avuto un termine di dieci giorni, o perlomeno un periodo di tempo sufficiente per formulare osservazioni sulle modifiche apportate a taluni indicatori di pregiudizio, va osservato che da tale disposizione non risulta che la Commissione sia tenuta ad assegnare alle parti interessate un termine per presentare osservazioni su qualsiasi modifica da essa operata in seguito alle loro osservazioni sulle informazioni finali. Un siffatto obbligo sarebbe esistito unicamente se la comunicazione scritta della Commissione del 28 gennaio 2016 avesse contenuto fatti e considerazioni principali, ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 2, del regolamento di base, il che non è avvenuto.

91      In ogni caso, va osservato che, nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale, le ricorrenti non hanno addotto, in relazione alla correzione dell’errore materiale, argomenti diversi da quelli che la Jindal Saw aveva già addotto nel suo primo messaggio di posta elettronica del 1º febbraio 2016.

92      Di conseguenza, nulla consente di ritenere che il procedimento antisovvenzioni avrebbe potuto avere un esito diverso se la Jindal Saw avesse avuto un termine più lungo per presentare le proprie osservazioni al riguardo.

93      Per giunta, può essere sottolineato che, anche dopo la consultazione dei documenti contenenti i dati potenzialmente influenzati dall’errore materiale, nell’ambito della misura di organizzazione del procedimento decisa dal Tribunale, le ricorrenti non hanno addotto alcun nuovo argomento in relazione a tale errore, riconoscendo che la correzione di tale errore non richiedeva una rettifica diversa da quelle che erano state apportate dalla Commissione e comunicate alla Jindal Saw il 28 gennaio 2016.

94      Pertanto, la seconda censura dev’essere respinta in quanto infondata e, di conseguenza, il settimo motivo nel suo insieme.

 Sul primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 3, punto 1, lettera b), iv), del regolamento di base

95      Nell’ambito del primo motivo, le ricorrenti contestano, in sostanza, che le restrizioni all’esportazione di cui trattasi, ossia la tassa all’esportazione sul minerale di ferro e il DFP, costituiscano un «contributo finanziario» ai sensi dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento di base, il quale è sostanzialmente identico all’articolo 1.1 (a) (1) dell’accordo SMC. Tale motivo si suddivide in due parti.

–       Sulla prima parte del primo motivo, vertente sull’applicazione di un criterio giuridico erroneo per accertare la sussistenza di un’azione consistente nell’«incaricare» nonché di errori manifesti di valutazione

96      Nell’ambito della prima parte del motivo, le ricorrenti sollevano tre censure per affermare, in sostanza, che la Commissione ha applicato un criterio giuridico erroneo per concludere per la sussistenza di un’azione delle pubbliche autorità indiane consistente nell’«incaricare», ai sensi dell’articolo 3, punto 1, lettera a), iv), del regolamento di base, i produttori indiani di minerale di ferro di fornire tale minerale all’industria nazionale del prodotto in esame, ed è inoltre incorsa in alcuni errori di valutazione.

97      In via preliminare, va osservato che, a norma dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento di base, un «contributo finanziario» esiste qualora la pubblica amministrazione «incarichi» o «dia ordine a un ente privato di svolgere una o più delle funzioni illustrate nei punti i), ii) e iii), che di norma spettano alla pubblica amministrazione, e l’attività svolta non differisca in sostanza dalla prassi della pubblica amministrazione».

98      Dal regolamento impugnato si evince che la presente causa riguarda unicamente la nozione di «incaricare», la quale non è definita nel regolamento di base.

99      Tuttavia, si deve rilevare, da un lato, che, ai sensi del considerando 5 del regolamento di base, quest’ultimo ha segnatamente lo scopo di «recepire» nel diritto dell’Unione, «per quanto possibile», le norme dell’accordo SMC e, dall’altro, che l’articolo 3 del regolamento di base, intitolato «Definizione di sussidio», e l’articolo 1 del suddetto accordo sono in ampia misura identici nella loro formulazione e pienamente identici nella loro sostanza.

100    Orbene, se i giudici dell’Unione non hanno ancora avuto l’occasione di interpretare l’articolo 3, punto 1, lettera a), iv), del regolamento di base, l’organo di conciliazione dell’OMC ha dovuto più volte applicare la disposizione corrispondente dell’accordo SMC.

101    A tal riguardo, va osservato che le disposizioni del regolamento di base devono essere interpretate, per quanto possibile, alla luce delle disposizioni corrispondenti dell’accordo SMC (v., per analogia, sentenza dell’11 luglio 2017, Viraj Profiles/Consiglio, T‑67/14, non pubblicata, EU:T:2017:481, punto 88).

102    Pertanto, l’articolo 3 del regolamento di base, che mira a dare attuazione al contenuto dell’articolo 1 dell’accordo SMC deve essere interpretato, per quanto possibile, alla luce di quest’ultima disposizione.

103    Peraltro, sebbene le interpretazioni dell’accordo SMC operate dall’organo di conciliazione dell’OMC non possano vincolare il Tribunale nella sua valutazione della validità del regolamento impugnato, nulla osta a che il Tribunale vi faccia riferimento quando si tratta di procedere all’interpretazione delle disposizioni del regolamento di base che corrispondono a disposizioni dell’accordo SMC (v., per analogia, sentenza dell’11 luglio 2017, Viraj Profiles/Consiglio, T‑67/14, non pubblicata, EU:T:2017:481, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

104    Con la prima censura, in sostanza, le ricorrenti fanno valere che, mediante l’imposizione di restrizioni all’esportazione, le pubbliche autorità indiane sono intervenute solo nell’esercizio dei loro poteri generali di regolamentazione e non hanno esercitato tali poteri in modo da indurre i produttori indiani di minerale di ferro a fornire tale minerale all’industria nazionale del prodotto in esame, e ciò a un prezzo inferiore all’importo adeguato. L’effetto concreto delle restrizioni all’esportazione, in particolare sull’esercizio, da parte dei produttori indiani di minerale di ferro, della loro libertà decisionale nella definizione della propria strategia commerciale, sarebbe ignoto e aleatorio.

105    La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta la fondatezza di tale censura.

106    Va osservato che l’obiettivo dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento di base è di definire la nozione di «contributo finanziario» in modo da escludervi le misure delle pubbliche autorità che non rientrano in una delle categorie elencate in tale disposizione. È in tale prospettiva che l’articolo 3, punto 1, lettera a), da i) a iii), del regolamento di base elenca situazioni concrete che devono essere considerate come comportanti un contributo finanziario delle pubbliche autorità, vale a dire il trasferimento diretto o indiretto di fondi, la rinuncia ad entrate pubbliche o la fornitura di beni o servizi. L’articolo 3, punto 1, lettera a), iv), del regolamento di base, prevede, al secondo trattino, che il fatto, per le pubbliche autorità, di incaricare un ente privato di svolgere una o più delle funzioni così illustrate equivale alla concessione, da parte di tali pubbliche autorità, di un contributo finanziario ai sensi dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento di base.

107    Ne consegue che, come sottolineato dalla Commissione, l’articolo 3, punto 1, lettera a), iv), secondo trattino, del regolamento di base costituisce, in sostanza, una disposizione antielusione, che mira a garantire che le pubbliche autorità di paesi terzi non possano sottrarsi alle norme in materia di sovvenzioni, mediante l’adozione di misure che in apparenza, non rientrano strictu sensu nell’ambito di applicazione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), da i) a iii), del regolamento citato, ma di fatto hanno effetti equivalenti.

108    Di conseguenza, al fine di garantire un effetto pienamente utile all’articolo 3, punto 1, lettera a), iv), secondo trattino, del regolamento di base, occorre intendere per «incaricare», ai sensi di tale disposizione, qualsiasi azione delle pubbliche autorità che equivalga, direttamente o indirettamente, ad affidare ad un ente privato la responsabilità di svolgere una funzione come quelle illustrate all’articolo 3, punto 1, lettera a), i), ii) e iii), del suddetto regolamento.

109    Nel caso di specie, le pubbliche autorità indiane hanno istituito restrizioni all’esportazione del minerale di ferro sotto forma di una tassa all’esportazione e del DFP. Orbene, si deve ritenere che sia possibile determinare in maniera sufficientemente precisa il livello al quale il rincaro delle esportazioni di un prodotto deve essere fissato affinché non sia più economicamente interessante per i produttori nazionali esportare tale prodotto. In tal modo, le suddette pubbliche autorità attraverso tali restrizioni potevano ottenere un risultato in pratica equivalente a quello che avrebbero ottenuto se avessero fornito direttamente alle imprese minerarie indiane la responsabilità di fornire minerale di ferro sul mercato nazionale.

110    Per dimostrare l’esistenza di un contributo finanziario, la Commissione ha effettuato un’analisi fondata su un test in cinque fasi stabilito nella relazione del gruppo speciale dell’organo di conciliazione dell’OMC adottata il 23 agosto 2001 nella controversia denominata «Stati Uniti – Misure che assimilano le restrizioni all’esportazione ai sussidi» (WT/DS194/R), interpretando l’articolo 1.1 a) 1) iv) dell’accordo SMC nel contesto di restrizioni all’esportazione.

111    In base a tale analisi, la Commissione ha ritenuto, al considerando 177 del regolamento impugnato, che le pubbliche autorità indiane avessero incaricato le imprese minerarie di condurre la politica di predette pubbliche autorità intesa a creare un mercato interno frammentato e di fornire all’industria siderurgica nazionale minerale di ferro, al considerando 180 di tale regolamento, che tutte le imprese minerarie dovevano essere trattate come enti privati, al considerando 219 del medesimo regolamento, che tali imprese avevano fornito sul mercato interno il minerale di ferro per un corrispettivo inferiore all’importo adeguato, al considerando 221 di tale regolamento, che la fornitura di materie prime situate nel territorio nazionale a imprese nazionali è una funzione che di norma spetta alle pubbliche autorità di un paese e, infine, al considerando 225 del regolamento in parola, che un intervento indiretto sul mercato attraverso l’introduzione di restrizioni all’esportazione costituisce una prassi «della pubblica amministrazione».

112    Mediante l’analisi di cui trattasi, effettuata nei considerando da 135 a 229 del regolamento impugnato, la Commissione ha stabilito che per mezzo delle restrizioni all’esportazione di cui trattasi, le pubbliche autorità indiane avevano tentato di ottenere dalle imprese minerarie indiane quanto illustrato all’articolo 3, punto 1, lettera a), iii), del regolamento di base, vale a dire, nel caso di specie, la fornitura di minerale di ferro sul mercato indiano. Infatti, invece di acquistare minerale di ferro e di fornirlo essi stessi su tale mercato, dette pubbliche autorità hanno posto in essere un sistema volto ad ottenere dai produttori indiani di minerale di ferro che essi lo forniscano su detto mercato attraverso restrizioni all’esportazione che rendevano l’esportazione del predetto minerale di ferro non attraente dal punto di vista commerciale.

113    Il fatto che le pubbliche autorità indiane abbiano concepito e posto in essere un sistema del genere nel 2007 e 2008 è evidenziato da diversi elementi menzionati dalla Commissione nel regolamento impugnato. Così, è stato rilevato al considerando 145 di tale regolamento che, nel 2005, un gruppo di esperti istituito dal ministero indiano per l’Acciaio, nella sua relazione (la «relazione Dang»), aveva concluso che per l’India era opportuno preservare, sviluppare e sfruttare il vantaggio consistente nell’accesso garantito alle riserve locali di minerale di ferro.

114    Inoltre, dagli elementi illustrati ai considerando 153, 157 e 158 del regolamento impugnato risulta che le pubbliche autorità indiane abbiano seguito l’evoluzione delle esportazioni di minerale di ferro e abbiano verificato se le restrizioni all’esportazione di cui trattasi avessero prodotto l’effetto desiderato, ossia la fornitura di tale minerale sul mercato indiano, adeguando periodicamente il livello di siffatte restrizioni, in particolare dell’aliquota della tassa all’esportazione sul minerale di ferro, per assicurarsi che venga raggiunto l’effetto desiderato.

115    Si evince parimenti dal considerando 158 del regolamento impugnato che la relazione del gruppo di lavoro sull’industria siderurgica per il dodicesimo piano quinquennale, pubblicata nel novembre 2011, ha dimostrato l’intenzione esplicita delle pubbliche autorità indiane di utilizzare livelli elevati di tassazione per scoraggiare le esportazioni di minerale di ferro, se del caso di aumentare ancora l’aliquota della tassa all’esportazione e a considerare inoltre la possibilità di introdurre misure supplementari, ove ciò risultasse necessario.

116    Sulla base di tali considerazioni e tenuto conto dell’esistenza di notevoli investimenti iniziali e di costi fissi elevati che i produttori indiani di minerale di ferro dovevano sostenere, la Commissione ha concluso, al considerando 169 del regolamento impugnato, che «[i] produttori di minerale di ferro [erano] pertanto incentivati dal governo dell’India a mantenere la produzione per rifornire il mercato interno, benché in una situazione in cui le esportazioni sono state disincentivate un fornitore razionale [avrebbe adeguato] la produzione» e, al considerando 171 del medesimo regolamento, che le suddette autorità avevano pertanto incaricato i produttori indiani di minerale di ferro a fornire beni agli utilizzatori nazionali di minerale di ferro, vale a dire ai produttori siderurgici.

117    È quindi a torto che le ricorrenti sostengono che le pubbliche autorità indiane sono intervenute sul mercato unicamente nell’ambito dei loro poteri di regolamentazione e che l’effetto di tale intervento era ignoto e aleatorio. Al contrario, come risulta dai precedenti punti da 112 a 116, le restrizioni all’esportazione di cui trattasi sono state concepite e introdotte con l’obiettivo esplicito di garantire la fornitura di minerale di ferro sul mercato indiano e sono state poi monitorate ed adeguate al fine di conseguire tale obiettivo. D’altronde, dette pubbliche autorità hanno esse stesse riconosciuto il successo della loro politica di restrizioni mirate all’esportazione, come precisato al considerando 173 del regolamento impugnato. Pertanto, quando il comitato permanente per il carbone e l’acciaio del ministero indiano per l’Acciaio, ai fini della sua trentottesima relazione, del 29 agosto 2013, voleva sapere «in quale misura (…) l’aliquota [all’epoca applicabile] della tassa all’esportazione sul minerale di ferro [fosse] riuscita a scoraggiare l’esportazione di minerale di ferro e se fosse necessario rivederla ulteriormente», tale Ministero ha affermato, in particolare, che «[aveva] regolarmente affrontato la questione con il ministero [indiano] delle Finanze al fine di riscuotere una tassa all’esportazione sul minerale di ferro adeguata per disincentivare efficacemente le esportazioni e migliorare la disponibilità del minerale di ferro per l’industria siderurgica nazionale a prezzi accessibili» e che «l’imposizione di una tassa all’esportazione più elevata sul minerale di ferro [era] conforme alla politica del governo [indiano]».

118    Inoltre, non può essere accolto l’argomento delle ricorrenti secondo il quale il fatto che per alcuni mesi del periodo d’inchiesta il prezzo del minerale di ferro sul mercato indiano fosse superiore al suo prezzo sul mercato mondiale e il fatto che, dopo il periodo d’inchiesta, la Jindal Saw avesse importato il minerale di ferro da essa utilizzato dimostrerebbero che le restrizioni all’esportazione di cui trattasi possono avere o meno risultati a seconda delle circostanze del mercato e della libertà decisionale degli operatori presenti nel mercato. Infatti, il contributo finanziario delle pubbliche autorità indiane consiste nella stessa fornitura di minerale di ferro. Il fatto che, per alcuni mesi del periodo d’inchiesta, il minerale di ferro fosse venduto sul mercato indiano a un prezzo più elevato che sul mercato mondiale è una questione che non riguarda l’esistenza di tale contributo finanziario, ma eventualmente l’esistenza di un vantaggio. Orbene, come sottolineato dalle stesse ricorrenti, l’esistenza di un contributo finanziario e quella di un vantaggio devono essere distinte. Inoltre, il fatto che un operatore economico che può beneficiare di un contributo finanziario scelga di non beneficiarne, di per sé, non incide sull’esistenza di tale contributo.

119    Infine, non esiste alcuna indicazione secondo cui le restrizioni all’esportazione di cui trattasi sono state introdotte per raccogliere entrate pubbliche, il che conferma l’analisi secondo cui tramite le misure fiscali e tariffarie di cui trattasi, le pubbliche autorità indiane hanno cercato di attuare la politica volta ad assicurare la fornitura di minerale di ferro sul mercato indiano.

120    La prima censura deve quindi essere respinta.

121    Con la seconda censura, le ricorrenti sostengono che l’articolo 3, punto 1, lettera a), iv), del regolamento di base deve essere interpretato nel senso che, necessariamente, un ruolo più attivo rispetto a meri atti di incoraggiamento da parte delle pubbliche autorità è richiesto affinché una delle loro azioni presso persone o enti sul mercato nazionale possa essere considerata come il fatto di «incaricare» un ente privato di svolgere determinate funzioni, ai sensi di tale disposizione. Ciò non avverrebbe nel caso di specie.

122    A tale riguardo, le ricorrenti fanno valere che, nell’esaminare se il sostegno delle pubbliche autorità indiane all’industria nazionale del prodotto in esame sia stato effettivamente l’obiettivo di una politica di governo e non semplicemente un effetto secondario dell’esercizio di loro poteri generali di regolamentazione, la Commissione si è basata su un criterio giuridico erroneo. Infatti, essa avrebbe dovuto esaminare se la fornitura di minerale di ferro da parte delle imprese minerarie indiane a detta industria era «involontaria» o se tale fornitura costituiva un semplice «corollario della pubblica regolamentazione» secondo i termini impiegati al punto 114 della relazione dell’organo di appello dell’organo di conciliazione dell’OMC adottata il 20 luglio 2005 nella controversia denominata «Stati Uniti – Inchiesta sul dazio compensativo sui semiconduttori per memorie RAM dinamiche (DRAM) originarie della Corea» (WT/DS296/AB/R).

123    La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta la fondatezza di tale censura.

124    Per quanto riguarda, anzitutto, l’argomento delle ricorrenti secondo cui le pubbliche autorità indiane non avrebbero svolto un ruolo più attivo che compiere meri atti di incoraggiamento, è sufficiente rilevare che, adottando le restrizioni all’esportazione di cui trattasi in un contesto concreto, caratterizzato dalla presenza di notevoli investimenti iniziali e costi fissi elevati che non consentivano alle imprese minerarie indiane di ridurre la loro produzione, dette pubbliche autorità indiane hanno limitato la libertà di azione di dette imprese restringendo in pratica la capacità delle medesime di decidere su quale mercato vendere i loro prodotti.

125    Su tale punto, le ricorrenti non hanno addotto alcun argomento che metta in dubbio l’analisi effettuata dalla Commissione. Invero, il fatto che le pubbliche autorità indiane abbiano introdotto e adeguato le restrizioni all’esportazione di cui trattasi in modo continuativo per assicurarsi che l’obiettivo perseguito tramite siffatte restrizioni fosse raggiunto non può essere considerato un mero incoraggiamento nei confronti dei produttori nazionali di minerale di ferro. Al contrario, tali azioni svolte dalle pubbliche autorità indiane hanno indotto tali produttori a vendere i loro prodotti sul mercato indiano.

126    A tal riguardo, va osservato che, sebbene una delega venga abitualmente realizzata attraverso mezzi formali, essa potrebbe anche essere informale e, per giunta, possono esserci mezzi diversi da una delega, formali o informali, che le pubbliche autorità potrebbero impiegare per gli stessi fini, come indicato al punto 110 della relazione dell’organo d’appello nella controversia «Stati Uniti – DRAM» (v. punto 122 supra).

127    Nella specie, il fatto, per le pubbliche autorità indiane, di introdurre restrizioni all’esportazione sul minerale di ferro e di adeguarle in modo continuativo per assicurarsi di giungere allo stesso risultato che se esse stesse avessero fornito minerale di ferro sul mercato indiano costituisce una siffatta delega informale. Pertanto, constatando tale fatto, la Commissione ha effettivamente constatato che dette pubbliche autorità avevano svolto un ruolo attivo che non poteva essere equiparato a meri atti di incoraggiamento.

128    Risulta quindi che la tesi delle ricorrenti, secondo cui le pubbliche autorità indiane si sarebbero limitate a meri atti di incoraggiamento e non avrebbero svolto un ruolo attivo, poggia su un’inesatta interpretazione del regolamento impugnato.

129    La seconda censura deve quindi essere respinta.

130    Con la terza censura, le ricorrenti affermano che la Commissione ha erroneamente esaminato se le restrizioni all’esportazione di cui trattasi costituissero un’azione consistente nell’«incaricare» un ente privato di svolgere una delle funzioni illustrate all’articolo 3, punto 1, lettera a), da i) a iii), del regolamento di base, fondandosi unicamente sulle reazioni delle imprese colpite e sull’impatto di tali restrizioni sul mercato. Secondo le ricorrenti, infatti, essa avrebbe dovuto esaminare unicamente le misure concrete adottate dalle pubbliche autorità indiane, senza prendere in considerazione l’impatto di tali misure sul mercato indiano.

131    La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta la fondatezza di tale censura.

132    La tesi sostenuta dalle ricorrenti nell’ambito della presente censura è anch’essa basata su una lettura errata del regolamento impugnato. Come risulta dai precedenti punti da 112 a 116, la Commissione non si è basata unicamente sulle reazioni delle imprese colpite da restrizioni all’esportazione e sull’impatto di queste ultime sul mercato indiano. Essa ha analizzato l’azione delle pubbliche autorità indiane nonché il nesso tra la politica esplicita di queste ultime e il comportamento degli operatori privati. Infatti, le misure concrete poste in essere da tali pubbliche autorità, di cui si è tenuto conto in tale analisi non sono solo gli atti giuridici che adottano le restrizioni all’esportazione di cui trattasi, ma anche la continua azione di vigilanza del mercato e di esame dell’impatto di siffatte restrizioni all’esportazione e le modifiche conseguentemente apportate alle restrizioni all’esportazione di cui trattasi per garantire che venga raggiunto l’obiettivo perseguito. Le ricorrenti sostengono quindi a torto che la Commissione ha fondato la propria analisi unicamente sulle reazioni delle imprese interessate a tali restrizioni e sull’impatto di queste ultime sul mercato.

133    Gli argomenti che le ricorrenti traggono a questo proposito dalla giurisprudenza dell’organo di conciliazione dell’OMC che esse invocano, in via generale, a sostegno della prima parte del primo motivo non sono idonei a rimettere in discussione l’insieme delle considerazioni che precedono. Invero, i fatti o le questioni giuridiche al centro delle tre controversie da esse citate non sono comparabili ai fatti della presente controversia, sicché tali relazioni non sono pertinenti nel contesto di quest’ultima.

134    Così, sotto un primo profilo, per quanto attiene alla controversia «Stati Uniti – Restrizioni all’esportazione» (v. punto 110 supra),  quest’ultima riguardava la questione se la legislazione degli Stati Uniti in materia di dazi compensativi, che, secondo il Canada, equiparava un’azione di regolamentazione delle pubbliche autorità che limita le esportazioni di un bene, vale a dire dunque una restrizione all’esportazione, a un «contributo finanziario» ai sensi dell’articolo 1.1 a) 1) dell’accordo SMC, fosse compatibile con quest’ultimo. Pertanto, tale controversia non riguardava restrizioni all’esportazione specifiche esaminate alla luce di dichiarazioni politiche concernenti l’obiettivo di garantire la fornitura del prodotto in esame sul mercato interno al fine di sostenere una determinata industria.

135    Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda la relazione del gruppo speciale dell’organo di conciliazione dell’OMC adottata il 16 novembre 2012 nella controversia denominata «Cina ‑ Dazi compensativi e antidumping sui laminati a freddo d’acciaio elettrico a grani orientati, originari degli Stati Uniti» (WT/DS414/R), confermata dalla relazione dell’organo d’appello, in cui si trattava di restrizioni all’importazione tramite accordi di autolimitazione, il nesso tra l’azione delle pubbliche autorità e il presunto contributo finanziario non era comparabile a quello che è stato identificato nel caso di specie quanto al tipo di misura e alla natura del contributo finanziario in esame in tale controversia. Infatti, in tale causa, la Repubblica popolare cinese riteneva che accordi di autolimitazione che restringono l’importazione negli Stati Uniti del prodotto considerato avessero dato luogo a un trasferimento di ricchezze dagli acquirenti nazionali di tale prodotto all’industria nazionale che fabbrica il suddetto prodotto, il quale potrebbe essere considerato un contributo finanziario a norma dell’articolo 1.1, lettera a) 1), punto iv), dell’accordo SMC, dato l’effetto della misura sulle parti private, che le induceva ad effettuare un trasferimento di fondi sotto forma di pagamento di prezzi più elevati. Il gruppo speciale istituito per la suddetta controversia ha ritenuto che il fatto che una misura delle pubbliche autorità, quali una misura alla frontiera, abbia l’effetto indiretto di aumentare i prezzi su un mercato non potesse indurre a considerare che, con tale misura, le pubbliche autorità avessero incaricato gli acquirenti privati di effettuare trasferimenti diretti di fondi al ramo produttivo che vende il bene sul mercato considerato, o avessero dato loro ordine di farlo.

136    Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda la relazione del gruppo speciale dell’organo di conciliazione dell’OMC adottata il 16 gennaio 2015 nella controversia denominata «Stati Uniti – Dazi compensativi su alcuni prodotti originari della Cina» (WT/DS437/R), tale controversia riguardava l’articolo 11.3 dell’accordo SMC, che verte sull’esame degli elementi di prova presentati dal ramo produttivo nazionale, al fine di determinare se essi siano sufficienti per giustificare l’apertura di un’inchiesta antisovvenzioni, nella specie negli Stati Uniti.

137    Il gruppo speciale ha considerato che la controversia riguardasse la questione se l’autorità inquirente avesse agito in maniera compatibile con gli articoli 11.2 e 11.3 dell’accordo SMC avviando un’inchiesta antisovvenzioni sulla base di un’affermazione e di elementi di prova indicanti l’esistenza di un contributo finanziario a causa di restrizioni all’esportazione applicate dalle pubbliche autorità di un paese straniero e dell’impatto di tali restrizioni sui prezzi interni di tale paese. Orbene, nella controversia sopra citata, la denuncia non conteneva alcuna prova concernente un monitoraggio e adeguamenti delle restrizioni di cui trattasi.

138    Da quanto precede risulta che, alla luce della situazione valutata dal gruppo speciale nell’ambito di tale controversia, la relazione predisposta nell’ambito di quest’ultima, in linea di principio, non è pertinente nell’ambito della presente causa, in cui la constatazione di un’azione consistente nell’incaricare i produttori nazionali di minerale di ferro di fornire i loro prodotti sul mercato interno non si basa unicamente sulle restrizioni all’esportazione stesse e sull’esistenza di una politica specifica di sostegno dell’industria siderurgica, bensì anche su un complesso di prove di un adeguamento continuo delle misure per raggiungere l’obiettivo perseguito.

139    Inoltre, le ricorrenti ritengono erronee le conclusioni tratte dalla Commissione, da una parte, al considerando 186 del regolamento impugnato, relativo all’impatto della politica delle pubbliche autorità indiane sul mercato indiano, in cui essa indica che tale politica portava a un’«impressionante riduzione» del volume delle esportazioni di minerale di ferro, mentre, tra il momento dell’introduzione delle restrizioni all’esportazione di cui trattasi, ossia il 2007 e 2008, e il 2015, la produzione indiana di minerale di ferro sarebbe diminuita più delle esportazioni e, dall’altro, al considerando 190 del medesimo regolamento, in cui essa indica, in sostanza, che le restrizioni all’esportazione di cui trattasi avevano creato un eccesso di offerta di minerale di ferro sul mercato interno indiano, mentre la sovrapproduzione sarebbe stata ridotta di oltre la metà nel corso dello stesso periodo.

140    A tal riguardo, da un lato, occorre certamente osservare che le cifre riportate ai considerando 183 e 184 del regolamento impugnato dimostrano che la produzione indiana di minerale di ferro è diminuita tra il 2007 e il 2015. Tuttavia, tale produzione è sempre stata eccedentaria rispetto al consumo indiano di minerale di ferro nel corso dello stesso periodo, cosicché, nonostante il suo calo, la produzione di cui trattasi è stata mantenuta a un livello sufficiente per coprire il consumo interno, il che era conforme agli obiettivi perseguiti dalle pubbliche autorità indiane mediante l’introduzione delle restrizioni all’esportazione di cui trattasi.

141    D’altro lato, si deve rilevare che il consumo nazionale di minerale di ferro è stato in aumento quasi costante dall’introduzione di tali restrizioni e che il consumo supplementare ha riguardato minerale di ferro prodotto in India, atteso che le importazioni di tale prodotto sono rimaste pressoché costanti. Orbene, poiché la produzione nazionale di minerale di ferro è diminuita durante lo stesso periodo e tenuto conto dei prezzi più elevati praticati sul mercato mondiale, il fatto che detto aumento del consumo nazionale sia stato completamente assorbito dalla produzione nazionale di minerale di ferro prodotto in India sembra paradossale, in quanto, in una situazione di mercato non falsata, stante il livello dei prezzi del minerale di ferro sul mercato mondiale, sarebbe stato più redditizio per i produttori indiani del suddetto minerale esportare i propri prodotti che venderli sul mercato nazionale.

142    Inoltre, le ricorrenti non tengono conto del fatto che il calo della produzione interna di minerale di ferro in India era riconducibile a decisioni giudiziarie di chiudere miniere a causa di attività minerarie illegali e di violazioni ambientali in alcuni Stati dell’India, come esposto dalla Commissione al considerando 187 del regolamento impugnato. Il fatto che la sovrapproduzione di minerale di ferro in India, ossia, in riferimento al considerando 190 del suddetto regolamento, l’eccedenza della produzione interna rispetto alla somma del consumo interno e delle esportazioni previa deduzione delle importazioni, sia diminuita in seguito a tali chiusure di miniere non rende erronea la conclusione della Commissione riguardante la sovrapproduzione sul mercato poiché è esistita lungo tutto il periodo preso in esame.

143    Di conseguenza, la terza censura dev’essere respinta e, pertanto, la prima parte del primo motivo nel suo insieme.

–       Sulla seconda parte del primo motivo, vertente su una confusione, nell’applicazione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento di base, tra le nozioni di «contributo finanziario» ai sensi di tale disposizione e di «vantaggio» ai sensi del punto 2 del suddetto articolo

144    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato l’articolo 3, punto 1, lettera a), iv), del regolamento di base ed è incorsa in un errore manifesto di valutazione nel confondere la nozione di «contributo finanziario» ai sensi del punto 1 del summenzionato articolo 3, e la nozione di «vantaggio» ai sensi del punto 2 di tale articolo. In proposito, esse affermano, da una parte, che tali nozioni coprono due elementi giuridici distinti che, insieme, consentono di determinare se si reputa esistente una sovvenzione e, dall’altra, che, al fine di stabilire l’esistenza di un contributo finanziario, non è necessario ricorrere alla nozione di «corrispettivo inferiore all’importo che sarebbe adeguato» di cui all’articolo 6, lettera d) del regolamento di base, che riguarda il calcolo del vantaggio conferito al beneficiario di un contributo finanziario. Pertanto, esse criticano il fatto che, nel regolamento impugnato, tutta l’analisi della Commissione relativa alla presunta esistenza di un’azione delle pubbliche autorità consistente nell’«incaricare» i produttori indiani di minerale di ferro di fornire minerale di ferro all’industria nazionale del prodotto in esame sarebbe stata inerente alla sola questione se i produttori indiani di minerale di ferro avessero fornito detto minerale per un «corrispettivo inferiore all’importo che sarebbe adeguato» all’industria nazionale del prodotto in esame, mentre tale questione sarebbe stata rilevante solo in merito al punto se un vantaggio fosse stato conferito ai beneficiari dell’asserita fornitura di beni.

145    A sostegno di tale parte del motivo, le ricorrenti invocano la relazione dell’organo di appello dell’organo di conciliazione dell’OMC, adottata il 23 marzo 2012 nella controversia denominata «Stati Uniti – Misure aventi incidenza sul commercio di aeromobili civili di grandi dimensioni ‑ seconda denuncia» (WT/DS353/AB/R) e la relazione del gruppo speciale dell’organo di conciliazione dell’OMC adottata l’11 aprile 2005 nella controversia denominata «Corea ‑ Misure aventi incidenza sul commercio delle imbarcazioni commerciali» (WT/DS273/R).

146    La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta la fondatezza di tale parte del motivo.

147    Innanzitutto, è opportuno rilevare che, come risulta dai punti da 181 a 219 del regolamento impugnato, che figurano nella parte di tale regolamento dedicato all’esame dell’esistenza di un contributo finanziario, la Commissione ha analizzato in modo dettagliato l’evoluzione del mercato indiano del minerale di ferro. Al considerando 190 del regolamento in parola, essa ha osservato che, «[n]onostante il calo della produzione del minerale di ferro, il mercato indiano presenta[va] una sovraccapacità costante e irrazionale rispetto alla somma del consumo interno e delle esportazioni meno le importazioni», il che «[aveva] determinato un eccesso di offerta di minerale di ferro sul mercato interno, come riconosciuto e auspicato dal governo dell’India». Al considerando 192 di detto regolamento, essa ha rilevato che «l’obiettivo della tassa all’esportazione del minerale di ferro non era interrompere completamente le esportazioni, ma diminuirle, aumentando nel contempo la disponibilità [del suddetto minerale] sul mercato interno».

148    In seguito a tali rilievi, al considerando 200 del regolamento impugnato, la Commissione ha indicato di aver analizzato l’eventuale incidenza dell’eccesso di offerta di minerale di ferro causata dalle restrizioni all’importazione di cui trattasi sul prezzo interno del minerale di ferro in India.

149    Da quanto precede risulta che, nell’ambito della sua analisi dell’esistenza di un contributo finanziario, solo dopo aver constatato che le restrizioni all’esportazione di cui trattasi avevano determinato un eccesso di offerta di minerale di ferro sul mercato indiano, la Commissione, oltre a tale esame del mercato, ha analizzato l’eventuale impatto di tali restrizioni sul prezzo interno del minerale di ferro in India.

150    Da una lettura globale dei considerando da 230 a 271 del regolamento impugnato emerge poi che, sotto il titolo «Vantaggio», la Commissione ha svolto un’approfondita analisi del criterio del vantaggio, la quale si distingue nettamente dall’analisi da essa effettuata in ordine all’esistenza di un contributo finanziario, come riconosciuto dalle ricorrenti durante la fase orale del procedimento in seguito ad un quesito del Tribunale.

151    Inoltre, si deve rilevare che il rinvio, da parte delle ricorrenti, alla giurisprudenza dell’organo di conciliazione dell’OMC si basa su citazioni avulse dal loro contesto. Per quanto riguarda, sotto un primo profilo, la relazione dell’organo di appello nella controversia «Stati Uniti – Misure aventi incidenza sul commercio di aeromobili civili di grandi dimensioni (seconda denuncia)» (v. punto 145 supra), va osservato che, nella relazione del gruppo speciale istituito in tale causa, predisposta il 31 marzo 2011 (WT/DS353/R), tale gruppo speciale aveva ritenuto necessario creare un nuovo criterio per verificare se le misure di cui si controverteva in tale causa costituissero «contributi finanziari» ai sensi dell’articolo 1.1 a) 1) i) dell’accordo SMC. Tale nuovo criterio implicava determinare se i servizi forniti nell’ambito di appalti pubblici fossero a vantaggio di chi li pagava (le pubbliche autorità) o di chi riceveva il pagamento per i servizi. Dopo aver applicato tale nuovo criterio, il gruppo speciale aveva concluso che i servizi di cui trattasi fossero forniti a vantaggio di chi riceveva il pagamento per detta fornitura e non a vantaggio delle pubbliche autorità che li pagavano, e che, per tale motivo, si trattasse di un «contributo finanziario» ai sensi della disposizione citata.

152    In detta causa, l’applicazione di un siffatto criterio impediva di distinguere la questione se esistesse un contributo finanziario da quella se esistesse un vantaggio, con la conseguenza che, qualora si concludesse nel senso dell’esistenza di un vantaggio per le pubbliche autorità, per definizione, non esisteva alcun contributo finanziario, e viceversa. Per tale motivo, l’organo d’appello ha escluso l’applicazione di tale criterio, considerando che l’approccio seguito dal gruppo speciale rischiava di amalgamare due elementi distinti della definizione di sovvenzione di cui all’articolo 1.1 dell’accordo SMC.

153    Sotto un secondo profilo, nello stesso ordine di idee, nella controversia «Corea ‑ Misure aventi incidenza sul commercio delle imbarcazioni commerciali» (v. punto 145 supra), i passaggi della relazione del gruppo speciale in tale controversia citati dalle ricorrenti riguardavano una situazione in cui l’Unione considerava come prova di un’azione consistente nell’ «incaricare» o «dare ordine» da parte delle pubbliche autorità coreane il fatto che istituti finanziari avessero partecipato alla ristrutturazione di imprese in difficoltà anziché cercare di incrementare i loro introiti, segnatamente liquidando tali imprese. In siffatta situazione, mentre il presunto contributo finanziario era la ristrutturazione, un «vantaggio» esisteva solo qualora tale ristrutturazione non fosse avvenuta in condizioni conformi alle condizioni normali di mercato. Pertanto, non esisteva alcuna possibilità di distinguere la valutazione dell’esistenza di un contributo finanziario da quella dell’esistenza di un vantaggio.

154    Peraltro, va constatato che, nella specie, a differenza della situazione in esame nelle due controversie invocate dalle ricorrenti (v. punto 145 supra), il fatto di sottrarre all’analisi effettuata dalla Commissione riguardo all’esistenza di un contributo finanziario le considerazioni relative agli effetti delle restrizioni all’esportazione di cui trattasi sui prezzi sul mercato indiano, ossia le considerazioni di cui le ricorrenti contestano la rilevanza nell’ambito dell’esame relativo all’esistenza di un contributo finanziario, non cambierebbe nulla all’analisi della Commissione secondo cui le restrizioni all’esportazione di cui trattasi implicavano un incremento della fornitura di minerale di ferro sul mercato indiano, considerato dalla Commissione come equivalente a una fornitura di minerale di ferro.

155    Pertanto, occorre respingere la seconda parte del primo motivo e, conseguentemente, il primo motivo nel suo insieme.

 Sul terzo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera a), del regolamento di base

156    Con il terzo motivo, suddiviso in due parti, le ricorrenti sostengono, in subordine rispetto al primo motivo, che la Commissione ha violato l’articolo 4, paragrafo 1, e paragrafo 2, lettera a), del regolamento di base laddove ha ritenuto che la sovvenzione di cui trattasi fosse specifica. Esse si riferiscono a tal riguardo alla relazione dell’organo d’appello dell’organo di conciliazione dell’OMC adottata il 25 marzo 2011 nella controversia denominata «Stati Uniti – Dazi antidumping e dazi compensativi su alcuni prodotti originari della Cina» (WT/DS 379/AB/R).

–       Sulla prima parte del terzo motivo, relativa al carattere non specifico di una sovvenzione consistente nella fornitura di minerale di ferro

157    Nell’ambito della prima parte del presente motivo, le ricorrenti sostengono che il minerale di ferro è l’elemento primario della ghisa e dell’acciaio, due fattori produttivi che sono comunemente utilizzati nell’economia. Pertanto, non sarebbe possibile individuare e delimitare con precisione, in India, il numero di imprese o di industrie conosciute e individuabili che possono essere beneficiarie di un incremento dell’offerta di minerale di ferro per un corrispettivo inferiore all’importo adeguato sul mercato indiano. Inoltre, l’industria siderurgica non sarebbe l’unica ad aver beneficiato della fornitura di minerale di ferro in India in quanto altre industrie importanti, come quelle dei settori del cemento, delle laverie per carbone e delle ferro-leghe, sarebbero anch’esse interessate.

158    La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta la fondatezza di tale parte del motivo.

159    Si evince dal regolamento impugnato che la Commissione ha esaminato se la tassa all’esportazione sul minerale di ferro e il DFP soddisfacessero la terza ed ultima condizione richiesta affinché venga accertata l’esistenza di una sovvenzione compensabile, vale a dire la loro «specificità» ai sensi dell’articolo 4 del regolamento di base.

160    A tale riguardo, la Commissione ha affermato, al considerando 272 del regolamento impugnato, che, con riferimento ai beni interessati dalle misure in questione, queste andavano unicamente a vantaggio della siderurgia, ossia un determinato ramo produttivo e ha considerato che non fosse necessario che una sovvenzione sia inoltre limitata a un sottoinsieme di un ramo produttivo per potere essere considerata specifica. Invece, a differenza di talune altre materie prime, quali il petrolio, il gas o l’acqua, ma piuttosto al pari del legname in piedi, il minerale di ferro, in particolare quello di alta qualità, non potrebbe essere utilizzato da un numero illimitato di rami produttivi, ma solo da un numero limitato di enti ed industrie, in particolare, l’industria di produzione di tubi di ghisa duttile. La Commissione si è riferita al riguardo alla relazione dell’organo di appello dell’organo di conciliazione dell’OMC adottata il 19 dicembre 2014 nella controversia denominata «Stati Uniti – Misure compensative su alcuni prodotti piatti in acciaio al carbonio laminati a caldo originari dell’India» (WT/DS436/AB/R).

161    Va osservato, al pari della Commissione, che la questione rilevante per determinare se le restrizioni all’esportazione di cui trattasi possano costituire sovvenzioni «specifiche» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento di base non è se il ferro e l’acciaio vengono comunemente utilizzati nell’economia in generale, bensì se il minerale di ferro è comunemente utilizzato nell’economia in generale.

162    Infatti, le uniche imprese che beneficiano delle restrizioni all’esportazione riguardanti il minerale di ferro sono le imprese indiane che utilizzano il minerale di ferro nella produzione a valle, ossia segnatamente l’industria siderurgica. Il fatto che il minerale di ferro sia un materiale fondamentale in siderurgia non significa che costituisce un materiale fondamentale per l’economia indiana nel suo insieme, come l’acqua, il petrolio e il gas, che vengono utilizzati da un numero indefinito di industrie ed imprese. Il minerale di ferro non può dunque essere paragonato a questi altri fattori produttivi.

163    Oltre a ciò, anche se è possibile che le restrizioni all’esportazione in questione possano andare indirettamente a vantaggio delle imprese a valle dell’industria siderurgica, utilizzatrici di ferro e di acciaio, nei limiti in cui tale industria avrebbe ripercosso su siffatte imprese il vantaggio connesso al sovvenzionamento della fornitura di minerale di ferro, ciò non può comportare che il sostegno alla siderurgia stessa sia considerato non specifico ai sensi del regolamento di base.

164    Per giunta, il fatto che una sovvenzione vada a vantaggio di un’intera industria non significa che essa non potrebbe essere considerata una sovvenzione «specifica» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento di base. Infatti, secondo gli stessi termini di tale disposizione, un sovvenzionamento può essere specifico non soltanto per un’impresa, ma anche per un’«industria ovvero per un gruppo di imprese o industrie».

165    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui altre industrie importanti, come quelle dei settori del cemento, delle laverie per carbone e delle ferro-leghe, sarebbero altresì interessate, si deve osservare che esso si fonda su semplici affermazioni senza che le ricorrenti diano un’indicazione circa l’entità del consumo di questi altri settori industriali, sicché non si può escludere che tale consumo sia molto basso.

166    Ad ogni modo, va osservato al riguardo, che, conformemente alla relazione del gruppo speciale dell’organo di conciliazione dell’OMC adottata nella controversia denominata «Stati Uniti – Misure compensative su alcuni prodotti piatti in acciaio al carbonio laminati a caldo originari dell’India» (WT/DS436/R), come confermato per quanto riguarda la questione della specificità dalla relazione dell’organo di appello nella stessa controversia (WT/DS436/AB/R) (v. punto 160 supra), anch’essa relativa a misure adottate dalle pubbliche autorità indiane riguardanti il minerale di ferro, un sovvenzionamento avente ad oggetto tale minerale può essere considerato specifico.

167    Nella sua relazione, il gruppo speciale ha concluso che, «poiché [era] dimostrato che la possibilità di beneficiare della sovvenzione [era] limitata, tale sovvenzione [era] specifica ai sensi dell’articolo 2 dell’accordo SMC]» e che «se tale possibilità [era] limitata dal fatto che solo talune imprese [potevano] utilizzare il prodotto sovvenzionato, la sovvenzione [era] specifica».

168    Si deve quindi considerare che, nel caso di specie, le misure delle pubbliche autorità indiane, che riguardano unicamente il minerale di ferro, sono «specifiche» ai sensi dell’articolo 4 del regolamento di base, come già constatato dall’organo di conciliazione dell’OMC per quanto riguarda l’articolo 2 dell’accordo SMC. Pertanto, la prima parte del terzo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

–       Sulla seconda parte del terzo motivo, relativa al carattere non specifico di una sovvenzione consistente in una tassa all’esportazione sul minerale di ferro

169    Nell’ambito della seconda parte del presente motivo, le ricorrenti sostengono che esistono numerosissime tasse all’esportazione in India. Di conseguenza, sarebbero innumerevoli i rami produttivi che possono beneficiare della politica di sostegno alle industrie a valle asseritamente condotta dalle pubbliche autorità indiane attraverso le restrizioni all’esportazione. Pertanto, la Commissione non potrebbe concludere per la specificità delle restrizioni all’esportazione di cui trattasi senza aver intrapreso un’analisi delle altre tasse all’esportazione in vigore in India e dei possibili interventi delle pubbliche autorità relativi a tali altre tasse.

170    La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta la fondatezza di tale parte del motivo.

171    Occorre rilevare che la seconda parte di tale motivo si basa sulla presunta esistenza, in India, di tasse all’esportazione riguardanti numerosi prodotti. Va osservato, in primo luogo, che le restrizioni all’esportazione di cui trattasi consistono non soltanto in una tassa all’esportazione, ma sono costituite da due misure, vale a dire la tassa all’esportazione sul minerale di ferro e il DFP e che queste due misure costituiscono l’attuazione di una politica delle pubbliche autorità indiane volta a sovvenzionare la siderurgia indiana.

172    In secondo luogo, anche ammettendo che le pubbliche autorità indiane abbiano introdotto numerose sovvenzioni basate su un meccanismo di restrizioni all’esportazione volte a sostenere vari settori industriali, occorre comunque ritenere che il requisito della specificità riguarderebbe ciascuna di tali sovvenzioni in particolare, e non il fatto che le pubbliche autorità ricorrano al sovvenzionamento solo in misura limitata.

173    Di conseguenza, è sufficiente che la Commissione analizzi la natura sovvenzionale delle misure in questione, in particolare la tassa all’esportazione sul minerale di ferro, senza dover analizzare inoltre altre tasse all’esportazione aventi ad oggetto altri prodotti. Come sottolineato dalla Commissione, qualsiasi tassa all’esportazione è concepita in maniera autonoma, concerne prodotti diversi e può andare a vantaggio di operatori economici diversi, sicché solo un’analisi concreta di ogni tassa all’esportazione permette di determinare se essa costituisca o meno una sovvenzione specifica.

174    Ad ogni modo, le ricorrenti non hanno affatto dimostrato che le restrizioni di cui trattasi, relative al minerale di ferro, farebbero parte di una politica orizzontale di sostegno riguardante tutte le industrie indiane operanti nei settori situati a valle dei prodotti oggetto di misure comparabili.

175    Di conseguenza, occorre respingere la seconda parte del terzo motivo in quanto infondata e, pertanto, il terzo motivo nel suo insieme.

 Sul quarto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 3, punto 2, dell’articolo 6, lettera d) e dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento di base

176    Il quarto motivo, che si articola in due parti e che, come il terzo motivo, è dedotto in subordine rispetto al primo motivo, riguarda le valutazioni contenute nel regolamento impugnato relative all’esistenza di un vantaggio.

–       Sulla prima parte del quarto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 3, punto 2, e dell’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento di base

177    Al fine di poter esaminare tale parte del motivo, va ricordato, in via preliminare, che l’articolo 3 del regolamento di base prevede che una sovvenzione sia considerata esistente se le condizioni sancite nei suoi punti 1 e 2 sono soddisfatte, ossia se vi è un «contributo finanziario» delle pubbliche autorità del paese di origine o di esportazione e se viene in tal modo conferito un vantaggio. Gli articoli 6 e 7 di detto regolamento precisano le modalità di calcolo del «vantaggio» conferito al beneficiario. Infine, l’articolo 15 dello stesso regolamento prevede, al suo paragrafo 1, secondo comma, che non viene istituita alcuna misura compensativa, in particolare, se viene dimostrato che le sovvenzioni non conferiscono più alcun vantaggio agli esportatori interessati.

178    Nell’ambito della prima parte del motivo, le ricorrenti sollevano due censure. Con la prima censura, vertente su una violazione dell’articolo 3, punto 2, del regolamento di base, esse sostengono, in via principale, che il calcolo del vantaggio, quale operato dalla Commissione, ha evidenziato come, per cinque dei dodici mesi del periodo d’inchiesta, la Jindal Saw aveva versato un corrispettivo superiore all’importo adeguato per il minerale di ferro da essa acquistato, nel senso che essa aveva pagato un prezzo superiore al prezzo prescelto dalla Commissione a titolo comparativo. Inoltre, il margine di sovvenzione sarebbe diminuito dopo il periodo d’inchiesta, sicché un calcolo aggiornato farebbe probabilmente emergere un «vantaggio negativo». Di conseguenza, le ricorrenti ritengono che la Commissione non avrebbe dovuto ritenere che un vantaggio fosse stato conferito alla Jindal Saw.

179    La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta la fondatezza di tale censura.

180    A questo proposito, si deve notare che dalla formulazione stessa dell’articolo 5 del regolamento di base emerge che l’importo della sovvenzione compensabile dev’essere calcolato in termini di vantaggio conferito al beneficiario «nel corso del periodo dell’inchiesta». Ne consegue che, per la valutazione del vantaggio, occorre prendere in considerazione il periodo di inchiesta nel suo insieme. Ciò implica, in particolare, quando si tratta, come nel caso di specie, di un contributo finanziario relativo a beni dai prezzi fluttuanti, che ciò che rileva è la questione se sia stato conferito un vantaggio prendendo in considerazione il periodo d’inchiesta nel suo insieme, e non la questione se sia stato conferito un vantaggio in ogni momento durante tale periodo. Invero, non risulta affatto da tale regolamento che, per poter essere considerata una sovvenzione, la misura di cui trattasi dovrebbe conferire un vantaggio in modo continuativo. Nel caso di specie è quindi determinante se il calcolo del vantaggio per il periodo d’inchiesta nel suo insieme abbia posto in evidenza l’esistenza di un margine di sovvenzione positivo a beneficio della Jindal Saw, come risulta dal considerando 265 del regolamento impugnato.

181    Per le stesse ragioni connesse al fatto che i prezzi del minerale di ferro fluttuano, è altresì irrilevante, ai fini della valutazione della legittimità del regolamento impugnato, che da un calcolo più recente possa emergere che il contributo finanziario in questione non procurava più alcun vantaggio ai produttori esportatori indiani in un dato momento, poiché deve essere preso in considerazione soltanto il vantaggio conferito durante il periodo di inchiesta.

182    Si deve pertanto rilevare che il regolamento impugnato è regolarmente fondato sulla constatazione secondo cui il contributo finanziario in questione ha conferito un vantaggio alla Jindal Saw durante il periodo d’inchiesta, sicché la prima censura non è fondata.

183    Con la seconda censura, sollevata in subordine, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato l’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento di base ed è incorsa in un errore manifesto di valutazione imponendo misure compensative, sebbene la Jindal Saw non percepisse l’asserita sovvenzione, dato che, dopo il periodo d’inchiesta, essa ha importato la quasi totalità del minerale di ferro da essa acquistato, circostanza che sarebbe stata verificata dalla Commissione. Pertanto, quest’ultima non avrebbe dovuto ritenere, sulla base delle sue conclusioni relative al periodo d’inchiesta, che la Jindal Saw avrebbe ottenuto una sovvenzione nel prossimo futuro, mentre invece, al momento dell’imposizione delle misure compensative, non esisteva alcuna sovvenzione.

184    Quanto alla prospettiva che la Jindal Saw si rifornisca nuovamente sul mercato indiano, la Commissione non avrebbe dimostrato che il livello dei prezzi del minerale di ferro sul mercato mondiale costituiva il motivo principale per cui la Jindal Saw non aveva più acquistato minerale di ferro in India e che un aumento dei prezzi sul mercato mondiale la indurrebbe ad acquistare nuovamente il minerale di ferro sul mercato indiano. Su tale punto, le ricorrenti sostengono che la Jindal Saw doveva pagare le spese di trasporto connesse alle proprie importazioni di minerale di ferro al fine di trasportarle fino alla fabbrica, il che significherebbe che l’importazione di minerale di ferro, al prezzo franco bordo (FAB) australiano aveva costi più elevati del rifornimento sul mercato indiano. Inoltre, la Commissione non avrebbe potuto escludere la possibilità che i prezzi sul mercato mondiale sarebbero diminuiti nel prossimo futuro.

185    Quanto all’applicabilità nel caso di specie dell’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento di base, le ricorrenti sostengono che l’ambito di applicazione di tale disposizione, per quanto riguarda la seconda ipotesi da essa considerata, non è limitata ai casi di «sovvenzione una tantum e non ricorrente», come sostiene la Commissione. A tal riguardo, esse fanno riferimento alla relazione del gruppo speciale dell’organo di conciliazione dell’OMC adottata il 17 dicembre 2007 nella controversia denominata «Giappone – Dazi compensativi su memorie RAM dinamiche originarie della Corea» (WT/DS336/R).

186    La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta la fondatezza di tale censura.

187    A norma dell’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento di base, non sono istituite misure compensative, in particolare, qualora sia dimostrato che le sovvenzioni non conferiscono più alcun vantaggio agli esportatori in questione.

188    Nel caso di specie, vista la natura del contributo finanziario di cui trattasi, il vantaggio procurato dal medesimo a causa del pagamento di un prezzo inferiore all’importo adeguato per la fornitura di minerale di ferro può avere un’importanza variabile o cessare temporaneamente di esistere in quanto tale vantaggio, in pratica, dipende dai prezzi del minerale di ferro praticati sul mercato mondiale, di cui il mercato australiano è rappresentativo, che sono fluttuanti. Tuttavia, va osservato che le restrizioni all’esportazione che costituiscono tale contributo finanziario sono, dal conto loro, permanenti. Pertanto, l’eventuale venir meno del vantaggio in un determinato momento non indica nulla sulla sua futura esistenza. Sarebbe pertanto incoerente impedire l’imposizione di dazi compensativi, in quanto, il giorno in cui essi dovrebbero essere imposti, una fluttuazione dei prezzi «adeguati» comporterebbe un provvisorio venir meno del vantaggio che sarebbe stato legalmente accertato per il periodo d’inchiesta.

189    Infatti, come sottolineato dalla Commissione, finché le regolamentazioni che stabiliscono le restrizioni all’esportazione di cui trattasi continuano ad esistere, non può essere escluso che nel prossimo futuro i prezzi internazionali aumentino di nuovo, in risposta alle fluttuazioni della domanda e dell’offerta internazionali di minerale di ferro o che i prezzi indiani diminuiscano con la conseguenza che vi sarebbe nuovamente un vantaggio.

190    Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la relazione del gruppo speciale nella controversia «Giappone – DRAM» (v. punto 185 supra) non avvalora la loro tesi. Tale controversia, infatti, riguardava sovvenzioni non ricorrenti e si poneva il problema di stabilire se tali sovvenzioni producessero ancora effetti al momento dell’imposizione delle misure compensative. Come rilevato dal gruppo speciale, non vi era motivo di ritenere che l’autorità incaricata dell’inchiesta fosse tenuta a procedere ad una nuova inchiesta al momento di tale imposizione, per confermare il mantenimento del sovvenzionamento la cui esistenza era stata constatata durante il periodo coperto dall’inchiesta, il che sarebbe in contrasto con lo scopo stesso dell’impiego di periodi coperti dall’inchiesta.

191    Per quanto riguarda la questione se, come sostenuto dalle ricorrenti, spettava alla Commissione dimostrare, da un lato, che i rispettivi livelli dei prezzi del minerale di ferro sul mercato mondiale e sul mercato indiano costituivano il motivo principale per cui la Jindal Saw non si è più rifornita di minerale di ferro in India e, dall’altro, che un aumento dei prezzi del minerale di ferro sul mercato mondiale indurrebbe la Jindal Saw ad acquistare nuovamente il minerale di ferro da essa utilizzato sul mercato indiano, va osservato che, certamente, la Commissione deve dimostrare l’esistenza di una sovvenzione durante il periodo di inchiesta. Tuttavia, qualora al termine di tale periodo, un beneficiario sostiene che la sovvenzione non esiste più o, quantomeno, che non ne beneficia più, viene invertito l’onere della prova.

192    Pertanto, se, come nel caso di specie, un’impresa fa valere che non cerca di rifornirsi di materie prime al miglior prezzo per essa ottenibile, il che sarebbe contrario ad ogni logica economica, essa è tenuta, quantomeno, ad addurre spiegazioni convincenti per dimostrare tale fatto, cosa che le ricorrenti non hanno fatto, dal momento che esse non hanno spiegato per quale ragione la Jindal Saw avrebbe rinunciato a rifornirsi sul mercato indiano nel caso in cui, a causa delle restrizioni all’esportazione di cui trattasi, i prezzi del minerale di ferro su tale mercato sarebbero di nuovo inferiori a quelli praticati sul mercato mondiale.

193    Alla luce di tali elementi, si deve respingere anche la seconda censura della prima parte del quarto motivo in quanto infondata e, pertanto, la prima parte nel suo insieme.

–       Sulla seconda parte del quarto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 3, punto 2 e dell’articolo 6, lettera d) del regolamento di base e, di conseguenza, dell’articolo 15, paragrafo 1, terzo comma, del medesimo regolamento

194    Nell’ambito della seconda parte del quarto motivo, che include tre censure, le ricorrenti sostengono che, avendo calcolato in modo erroneo il vantaggio asseritamente conferito dal contributo finanziario di cui trattasi, la Commissione ha violato l’articolo 3, punto 2 e l’articolo 6, lettera d) del regolamento di base e, di conseguenza, l’articolo 15, paragrafo 1, terzo comma, di tale regolamento.

195    Come ricordato al precedente punto 177, l’articolo 3 del regolamento di base prevede che una sovvenzione sia reputata esistente qualora vi sia un «contributo finanziario» delle pubbliche autorità e venga in tal modo conferito un «vantaggio». Gli articoli 6 e 7 di detto regolamento precisano le modalità di calcolo del «vantaggio» conferito al beneficiario.

196    Per quanto riguarda un contributo finanziario consistente nella fornitura di beni da parte delle pubbliche autorità, l’articolo 6, lettera d), del regolamento di base prevede, in sostanza, che tale fornitura conferisca un vantaggio se viene effettuata per un corrispettivo inferiore all’importo adeguato.

197    La stessa disposizione stabilisce talune norme applicabili qualora nel paese di fornitura, non esistano condizioni di mercato che possano essere utilizzate come adeguati valori indicativi per determinare il livello adeguato di corrispettivo per il prodotto in questione. In un caso del genere, o le condizioni vigenti nel paese interessato vengono adeguate sulla base dei costi, prezzi e altri fattori effettivamente presenti nel suddetto paese, secondo un importo appropriato che rifletta le normali condizioni di mercato o è possibile avvalersi delle condizioni vigenti sul mercato di un altro paese o sul mercato mondiale, di cui il beneficiario può disporre.

198    Nel caso di specie, dai considerando 230 e 231 del regolamento impugnato emerge che la Commissione ha determinato l’esistenza del vantaggio conferito ai beneficiari calcolando, anzitutto, la media ponderata del prezzo di acquisto del minerale di ferro acquistato durante il periodo d’inchiesta dai due produttori esportatori indiani del prodotto in esame che hanno collaborato all’inchiesta. Tale media ponderata del prezzo di acquisto è stata calcolata su base mensile e sulla base del prezzo di fornitura del minerale di ferro dalla miniera alla fabbrica in India. Detto prezzo d’acquisto includeva i costi di trasporto, i quali erano stati presi in considerazione sulla base di una media dei rispettivi costi di trasporto dei due summenzionati produttori esportatori. Il prezzo medio di acquisto era basato sui prezzi e volumi indicati per ogni singola operazione nell’elenco delle fatture presentate dai due produttori indiani, mediante taluni adeguamenti ritenuti appropriati (v. considerando 232, 254, 257 e 260 del suddetto regolamento), segnatamente per quanto concerne i costi medi di trasporto, per poter stabilire un prezzo medio di acquisto del minerale di ferro fornito all’ingresso della fabbrica.

199    La Commissione ha poi fissato un prezzo di riferimento appropriato per poter determinare, in via comparativa, se esisteva un vantaggio. A tal fine, dopo aver accertato che tutte le operazioni sul mercato indiano erano colpite dalle restrizioni all’esportazione del minerale di ferro in questione e che non era possibile determinare quali sarebbero stati i prezzi di acquisto su tale mercato in assenza di tali restrizioni, essa ha deciso di prendere come riferimento le condizioni vigenti sul mercato di un altro paese o sul mercato mondiale e di cui i beneficiari potevano disporre a norma dell’articolo 6, lettera d), secondo comma, ii), del regolamento di base (v. considerando da 235 a 240 del regolamento impugnato).

200    Nel caso di specie, la Commissione ha deciso di fare riferimento ai prezzi praticati in Australia, cosa che non è contestata nell’ambito della presente causa. Non disponendo dei prezzi a livello franco miniera praticati in Australia e tenuto conto del fatto che i prezzi indiani comprendevano le spese di trasporto dalla miniera alla fabbrica, essa ha ritenuto opportuno includere anche le spese di trasporto che avrebbero dovuto essere pagate dall’acquirente australiano di minerale di ferro per il trasporto dalla miniera australiana onde effettuare il confronto allo stesso stadio commerciale, spese che, a causa dell’indisponibilità dei dati pertinenti, sono state sostituite con le spese di trasporto dalla miniera a qualsiasi porto (v. considerando 241 del regolamento impugnato).

201    In seguito, su tale base la Commissione ha effettuato un confronto tra i «prezzi praticati sul mercato interno indiano del minerale di ferro proveniente da una miniera indiana e trasportato verso una fabbrica in India» (ma senza esservi scaricato) e i «prezzi praticati sul mercato interno australiano del minerale di ferro proveniente da una miniera e trasportato verso un porto» (ma senza esservi scaricato) (v. considerando 255 del regolamento impugnato). A suo giudizio, la differenza tra questi due prezzi di acquisto, moltiplicata per i volumi di minerale di ferro acquistati durante il periodo d’inchiesta e consumati per la produzione del prodotto in esame, rappresenta il «risparmio» ottenuto dai produttori indiani di tale prodotto che acquistano minerale di ferro sul mercato indiano distorto rispetto al prezzo che avrebbero pagato in assenza di distorsioni. Siffatto importo globale rappresenterebbe il vantaggio conferito ai produttori indiani dalle pubbliche autorità indiane durante il periodo d’inchiesta (v. considerando 258, 259 e 261 del suddetto regolamento).

202    Infine, per determinare l’aliquota della sovvenzione per ciascun produttore indiano che ha collaborato all’inchiesta, la Commissione ha confrontato l’importo globale della sovvenzione in tal modo ottenuto rispetto al fatturato totale realizzato per il prodotto in esame durante il periodo d’inchiesta, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento di base, considerando che la sovvenzione avesse conferito un vantaggio a tutta la produzione del prodotto in esame e non solo alla produzione destinata all’esportazione (v. considerando 262 del regolamento impugnato). L’aliquota di sovvenzione per quanto riguarda la Jindal Saw è stata pertanto fissata al 3,91% (v. considerando 271 di quest’ultimo regolamento).

203    Con la prima censura, le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha violato l’articolo 3, punto 2, e l’articolo 6, lettera d) del regolamento di base, in quanto ha determinato il vantaggio conferito alla Jindal Saw senza basarsi sui costi effettivi comunicati da quest’ultima sotto forma di un «prezzo allo sbarco», che comprende il prezzo di acquisto del minerale di ferro nonché i costi di trasporto tra la miniera e le sue fabbriche in India. Secondo le ricorrenti, la Commissione non poteva basarsi su un prezzo medio d’acquisto comprensivo di una «media ponderata standard del costo del trasporto tra la miniera e lo stabilimento» in India.

204    La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta la fondatezza di tale censura, facendo valere, da un lato, che lo scopo del calcolo di un prezzo medio di acquisto del minerale di ferro in India comprensivo di un costo di trasporto stabilito in base a una media dei costi di trasporto sostenuti dai due produttori esportatori indiani che hanno collaborato all’inchiesta era quello di permettere di determinare quale sarebbe stato il prezzo del minerale di ferro proveniente da una qualsiasi miniera in India e, dall’altro, che, nell’ambito di un confronto con un prezzo appropriato di riferimento praticato al di fuori dell’India, il ricorso a qualsiasi altro metodo avrebbe comportato un vantaggio o uno svantaggio artificioso per detti produttori esportatori, in funzione dei loro costi logistici effettivi e della distanza che separa le loro fabbriche dalla miniere quando si riforniscono di minerale di ferro.

205    Occorre pertanto esaminare se, nel caso di specie, la Commissione potesse legittimamente constatare l’esistenza di un vantaggio per ciascuno dei due produttori esportatori indiani che hanno collaborato all’inchiesta, tenendo conto di un prezzo medio per l’acquisto di minerale di ferro in India che non includeva i costi di trasporto effettivamente sostenuti da ciascuno di tali produttori esportatori, bensì una «media ponderata standard del costo del trasporto» calcolata sulla base delle spese di trasporto da essi comunicate.

206    Per determinare se l’articolo 6 del regolamento di base, in particolare la sua lettera d), debba essere interpretato nel senso che la Commissione è tenuta a prendere in considerazione, quando disponibili, i prezzi individuali pagati da ciascun produttore esportatore per il calcolo del vantaggio o se sia autorizzata a calcolare detto vantaggio in base ad un prezzo medio comprensivo dei costi di trasporto corrispondenti ad una media stabilita in base ai costi sostenuti dai produttori esportatori che hanno collaborato all’inchiesta, è necessario effettuare un’analisi del tenore letterale, del contesto e della finalità di tale disposizione.

207    Anzitutto, va rilevato che l’articolo 6 del regolamento di base è intitolato «Calcolo del vantaggio conferito al beneficiario». Il termine «beneficiario» utilizzato al singolare, si ritrova di nuovo nella frase introduttiva del suddetto articolo. Peraltro, risulta chiaramente dai termini «vantaggio conferito al beneficiario» che la determinazione dell’esistenza di un vantaggio riguarda specificamente una persona fisica o giuridica. Ne deriva che il vantaggio deve essere accertato e calcolato per ciascun beneficiario in funzione della situazione di quest’ultimo.

208    Emerge poi dall’articolo 5 del regolamento di base che l’articolo 6 di detto regolamento stabilisce principi guida per il calcolo dell’importo di una sovvenzione in termini di «vantaggio conferito al beneficiario». Tali principi guida si riferiscono ai contributi finanziari concessi sotto forma di conferimenti di capitale, prestiti, garanzie su prestiti nonché di fornitura di beni o servizi e di acquisto di beni da parte delle pubbliche autorità. Secondo detti principi guida, sussiste un vantaggio se, in concreto, il beneficiario ha ricevuto un contributo finanziario a condizioni più favorevoli di quelle alle quali ha accesso sul mercato.

209    In particolare per quanto riguarda la fornitura di beni, l’articolo 6, lettera d), del regolamento di base stabilisce che il vantaggio esiste solo qualora «la fornitura venga effettuata per un corrispettivo inferiore all’importo che sarebbe adeguato», «[l]’adeguatezza del corrispettivo si determina in relazione alle condizioni di mercato vigenti relativamente alla merce o al servizio in questione nel paese in cui ha luogo la fornitura o l’acquisto ivi compresi: prezzo, qualità, disponibilità, commerciabilità, trasporto e altre condizioni di acquisto o di vendita».

210    Risulta da tali termini che la determinazione del «vantaggio» comporta un confronto e che quest’ultimo, poiché mira a valutare l’adeguatezza del prezzo pagato rispetto alle normali condizioni di mercato, in linea di principio nel paese di fornitura, deve tener conto di tutti gli elementi del costo che genera, per il beneficiario, l’ottenimento del bene fornito dalle pubbliche autorità. Infatti, può esistere un «vantaggio» per il beneficiario solo se, grazie al contributo finanziario delle pubbliche autorità, egli si trovi in una posizione migliore che in mancanza di contributo. Pertanto, dalla summenzionata disposizione si evince che, per quanto possibile, il metodo utilizzato dalla Commissione per calcolare il vantaggio deve permettere di riflettere il vantaggio effettivamente conferito al beneficiario.

211    Orbene, si deve considerare che il metodo seguito nella specie dalla Commissione nel regolamento impugnato non è conforme a tale obiettivo. Invero, esso non consente alla Commissione di verificare se un vantaggio sia stato effettivamente conferito a ciascuno di tali produttori esportatori e se un produttore esportatore specifico si trovi effettivamente in una posizione migliore grazie al contributo finanziario delle pubbliche autorità che in mancanza dello stesso. Pertanto, tenendo conto dei costi di trasporto medi unici per tali due produttori esportatori, la Commissione non è in grado di escludere la possibilità che uno di essi non ottenga alcun vantaggio, in particolare perché le spese di trasporto da esso effettivamente sostenute sono tali da annullare qualsiasi beneficio legato al prezzo vantaggioso del prodotto stesso.

212    Orbene, dall’articolo 3, punti 1 e 2, del regolamento di base si evince che unicamente nel caso in cui un contributo finanziario delle pubbliche autorità conferisca effettivamente un vantaggio ad un produttore esportatore si ritiene che esista una sovvenzione per detto produttore esportatore.

213    Ne consegue che, alla luce del suo tenore letterale, del suo obiettivo e del contesto in cui si inserisce, l’articolo 6 del regolamento di base, in una situazione come quella del caso di specie, in cui esistono solo tre produttori esportatori identificati e in cui due di essi hanno collaborato all’inchiesta, non può essere interpretato nel senso che permette alla Commissione di calcolare il vantaggio conferito a ciascuno dei due produttori esportatori che hanno collaborato all’inchiesta sulla base di un prezzo medio di acquisto comprensivo dei costi di trasporto corrispondenti ad una media stabilita sulla base dei costi sostenuti da questi due produttori esportatori piuttosto che sulla base dei prezzi effettivamente pagati da ciascuno di essi, compresi i loro costi di trasporto effettivi.

214    Date siffatte circostanze, si deve osservare che non si può escludere che un simile calcolo del vantaggio individuale avrebbe potuto condurre alla constatazione che la Jindal Saw non aveva ottenuto un vantaggio attraverso l’introduzione delle restrizioni all’esportazione di cui trattasi e che, di conseguenza, non vi è stata alcuna sovvenzione legata a tali restrizioni per quanto riguarda tale produttore esportatore, alla luce delle condizioni previste all’articolo 3 del regolamento di base.

215    Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti formulati dalla Commissione.

216    Ciò vale, anzitutto, per l’argomento secondo cui l’impiego del metodo seguito sarebbe stato giustificato dalla necessità di confrontare un prezzo di riferimento, stabilito sulla base di una media, con un altro prezzo che a sua volta dovrebbe consistere in un prezzo medio.

217    Il fatto che la Commissione abbia dovuto ricorrere ad un prezzo di riferimento al di fuori dell’India, ai sensi dell’articolo 6, lettere d), ii), del regolamento di base, non significava affatto che dovesse calcolare un prezzo medio di acquisto del minerale di ferro in India da qualsiasi miniera in India.

218    Infatti, il regolamento di base non opera alcuna distinzione riguardante il calcolo del vantaggio in situazioni in cui la Commissione deve ricorrere all’applicazione di tale disposizione.

219    A tal riguardo, non possono essere accolti gli argomenti addotti dalla Commissione nelle sue risposte ai quesiti posti dal Tribunale nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, secondo cui l’impiego, all’articolo 6, lettera d), primo e secondo comma, ii) del regolamento di base, dei termini «condizioni di mercato vigenti» significherebbe che il prezzo di riferimento non deve necessariamente riferirsi alla situazione specifica del produttore esportatore, ma può fare riferimento alle condizioni vigenti sul mercato. I termini di cui trattasi riguardano, in entrambi i casi, il prezzo di riferimento che deve essere stabilito e non i prezzi pagati dal beneficiario di un contributo finanziario consistente nella fornitura di beni, che devono essere confrontati con il prezzo di riferimento per determinare se il beneficiario ottiene effettivamente un prezzo migliore rispetto a quello che avrebbe potuto ottenere sul mercato senza l’intervento delle pubbliche autorità. Per contro, non ne deriva affatto che solo i prezzi pagati dal beneficiario che riflettano le «condizioni di mercato vigenti» debbano essere presi in considerazione per stabilire se il beneficiario ha pagato un prezzo inferiore all’importo adeguato per acquistare beni forniti dalle pubbliche autorità.

220    Come rilevato poi dalle ricorrenti, l’utilizzo, per l’esame dell’esistenza di un eventuale vantaggio per quanto riguarda ciascun produttore esportatore, dei costi di trasporto da esso effettivamente sostenuti, che dipendono dai suoi costi logistici effettivi e dalla distanza che separa le sue fabbriche dalle miniere in cui si rifornisce di minerale di ferro, non comporta alcun vantaggio o uno svantaggio artificioso. Infatti, senza le asserite sovvenzioni, ciascun produttore esportatore avrebbe avuto lo stesso vantaggio o svantaggio, nei limiti in cui egli avrebbe sostenuto i medesimi costi di trasporto.

221    Inoltre, dalla relazione dell’organo di appello nella controversia «Stati Uniti – Acciaio al carbonio – India)» (v. punto 160 supra) non può essere dedotto che la Commissione fosse tenuta ad operare un confronto in base ad un solo prezzo medio per i produttori esportatori indiani.

222    Al contrario, risulta dalla relazione dell’organo di appello in tale controversia che l’autorità inquirente deve essere in condizione di adeguare il prezzo di riferimento affinché rifletta le condizioni di mercato. Nell’ambito di tale controversia, infatti, il prezzo di riferimento prescelto dall’autorità inquirente rifletteva modalità di consegna che riguardavano solo un numero molto limitato di operazioni nel paese di fornitura e non riflettevano dunque le spese di spedizione generalmente applicabili per il bene in questione. L’organo di appello ha ritenuto che, in un caso del genere, il metodo utilizzato dall’autorità inquirente per calcolare il «vantaggio» dovesse consentire di adeguare il prezzo di riferimento affinché rifletta spese di spedizione che si avvicinino maggiormente alle spese di spedizione generalmente applicabili per il bene in questione nel paese di fornitura. È giocoforza constatare che nulla in siffatte considerazioni impediva alla Commissione di stabilire due prezzi di riferimento in una situazione come quella del caso di specie, in cui vi erano soltanto due produttori esportatori che non usavano necessariamente le stesse modalità di consegna, il che le avrebbe consentito di operare un confronto sulla base di un prezzo di acquisto comprensivo, per ciascun produttore esportatore, delle spese di trasporto da esso effettivamente sostenute.

223    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che la Commissione ha determinato l’esistenza di un vantaggio derivante dalle restrizioni all’esportazione di cui trattasi, per quanto riguarda la Jindal Saw, in violazione dell’articolo 6, lettera d) del regolamento di base.

224    Orbene, nel caso di specie, come emerge dal rilievo operato al precedente punto 214, tale errore può aver indotto a concludere che la Jindal Saw aveva ottenuto un vantaggio attraverso l’introduzione delle restrizioni all’esportazione di cui trattasi in assenza di un siffatto vantaggio.

225    Infatti, come risulta dalle risposte della Commissione del 25 maggio 2018 ai quesiti posti dal Tribunale, i costi di trasporto effettivamente sostenuti dalla Jindal Saw erano superiori a quelli che sono stati presi in considerazione dalla Commissione, a titolo di media, e inclusi nel calcolo del prezzo medio di acquisto del minerale di ferro in India. Siffatta differenza nei costi di trasporto significa che il prezzo al quale la Jindal Saw si è rifornita di minerale di ferro sul mercato indiano era, in realtà, più elevato del prezzo medio di acquisto utilizzato dalla Commissione per determinare il livello di corrispettivo, il che ha avuto inevitabilmente un impatto sul vantaggio che ha potuto essere concesso a detto produttore esportatore.

226    Ciò premesso, si deve ritenere che detto errore può rimettere in questione la legittimità del regolamento impugnato, invalidando tutta l’analisi della Commissione relativa all’esistenza stessa di una sovvenzione, sicché la Commissione non ha legalmente giustificato la sua conclusione secondo cui un dazio compensativo doveva essere imposto sulle importazioni del prodotto in esame fabbricato dalla Jindal Saw (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 25 ottobre 2011, Transnational Company «Kazchrome» e ENRC Marketing/Consiglio, T‑192/08, EU:T:2011:619, punto 119 e giurisprudenza ivi citata).

227    Di conseguenza, si deve accogliere la prima censura della seconda parte del quarto motivo, senza che sia necessario pronunciarsi sulla seconda e sulla terza censura di tale parte, vertenti sulla violazione, rispettivamente, dell’articolo 3, punto 2 e dell’articolo 6, lettera d) del regolamento di base, in quanto la Commissione avrebbe erroneamente selezionato in modo aleatorio taluni elementi tra i costi di spedizione della Jindal Saw per il calcolo della media standard del costo di trasporto, e dell’articolo 15, paragrafo 1, terzo comma, di tale regolamento, che la Commissione avrebbe fissato il dazio compensativo a un livello superiore rispetto alle sovvenzioni compensabili.

 Sul quinto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 8, paragrafi 1, 2 e 5 e dell’articolo 15, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento di base

228    Nell’ambito del quinto motivo, che deve essere esaminato nei limiti in cui può comportare un annullamento più esteso del regolamento impugnato, le ricorrenti fanno valere che la Commissione non ha basato la determinazione dell’esistenza di un pregiudizio all’industria dell’Unione su elementi di prova positivi e su un esame obiettivo. Esse sostengono che, per l’analisi degli effetti delle importazioni sovvenzionate sui prezzi di un prodotto simile dell’industria citata e, più in particolare, per la determinazione della sottoquotazione del prezzo del prodotto in esame rispetto al prodotto simile di tale industria, la Commissione non ha effettuato il confronto dei prezzi né allo stesso stadio commerciale né a uno stadio commerciale adeguato, in violazione dell’articolo 8, paragrafi 1 e 2, del regolamento di base.

229    Secondo le ricorrenti, le conclusioni tratte dal calcolo della sottoquotazione del prezzo del prodotto in esame sono state utilizzate dalla Commissione per la determinazione del pregiudizio all’industria dell’Unione e per l’accertamento del nesso di causalità tra le importazioni di tale prodotto e detto pregiudizio nonché per il calcolo del margine di pregiudizio. Di conseguenza, gli errori commessi nel calcolo della sottoquotazione avrebbero un’incidenza su questi altri elementi del regolamento impugnato. In particolare, la determinazione del margine di pregiudizio a un livello eccessivo comporterebbe che il dazio compensativo, quale fissato dal regolamento in parola, eccederebbe il dazio che sarebbe sufficiente per eliminare il pregiudizio causato a tale industria, in violazione dell’articolo 15, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento di base.

230    La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta la fondatezza di tale motivo. Essa sostiene che gli argomenti delle ricorrenti sono imprecisi. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la sottoquotazione sarebbe stata senz’altro calcolata sulla base di un confronto dei prezzi allo stesso stadio commerciale e a uno stadio adeguato.

231    La Commissione evidenzia che il regolamento di base non definisce il modo in cui la sottoquotazione deve essere calcolata e che neppure la giurisprudenza prescrive un metodo particolare per il calcolo della stessa.

232    La Commissione ricorda peraltro che tutti i dati utilizzati per il calcolo della sottoquotazione dei prezzi sono stati forniti dalle parti interessate.

233    Inoltre, la Commissione sostiene che dal regolamento di base, quale interpretato dalla giurisprudenza, non emerge che il calcolo della sottoquotazione debba basarsi sui prezzi effettivi in modo da tener conto di una concorrenza reale sul mercato e del punto di vista del cliente, come sostenuto dalle ricorrenti.

234    Infine, la Commissione fa valere che, in ogni caso, la sottoquotazione del prezzo delle importazioni di cui trattasi è solo un indicatore dell’esistenza di un pregiudizio notevole all’industria dell’Unione, che gli accertamenti relativi alla sottoquotazione per quanto riguarda l’altro produttore esportatore indiano che ha collaborato all’inchiesta non sono stati contestati e che l’analisi del nesso di causalità tra le importazioni in questione e il pregiudizio subito da tale industria si basa su considerazioni relative non soltanto ai prezzi, ma anche ai volumi, i quali possono di per sé costituire una base sufficiente per concludere per l’esistenza di un nesso di causalità.

235    Con il presente motivo, le ricorrenti fanno valere in modo preciso che la Commissione è incorsa in errori in sede di calcolo della sottoquotazione del prezzo, che costituirebbero violazioni dell’articolo 8 del regolamento di base e inficerebbero la validità del regolamento impugnato.

236    Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento di base, la determinazione dell’esistenza di un pregiudizio all’industria dell’Unione si basa su prove positive e implica un esame obiettivo, da un lato, del volume delle importazioni sovvenzionate e del loro effetto sui prezzi dei prodotti simili sul mercato dell’Unione e, dall’altro, dell’incidenza di tali importazioni su detta industria.

237    Riguardo più in particolare all’effetto delle importazioni sovvenzionate sui prezzi, l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di base prevede l’obbligo di esaminare se tali importazioni siano state effettuate a prezzi sensibilmente inferiori a quelli dei prodotti simili dell’industria dell’Unione oppure se tali importazioni abbiano comunque l’effetto di deprimere notevolmente i prezzi o di impedire in misura notevole aumenti di prezzo che altrimenti sarebbero intervenuti.

238    Il regolamento di base non contiene alcuna definizione della nozione di sottoquotazione del prezzo e non prevede alcun metodo per il calcolo di quest’ultima.

239    Il calcolo della sottoquotazione del prezzo delle importazioni di cui trattasi è operato, conformemente all’articolo 8, paragrafi 1 e 2, del regolamento di base, ai fini della determinazione dell’esistenza di un pregiudizio subito dall’industria dell’Unione a causa di tali importazioni e, più in generale, viene utilizzato per valutare tale pregiudizio e per determinare il margine di pregiudizio, ossia il livello di eliminazione di tale pregiudizio. L’obbligo di procedere ad un esame obiettivo dell’incidenza delle importazioni oggetto di sovvenzioni sancito all’articolo 8, paragrafo 1, impone di procedere ad un equo confronto tra il prezzo del prodotto in esame e il prezzo del prodotto simile della suddetta industria in vendite effettuate nel territorio dell’Unione. Per garantire l’equità di siffatto confronto, i prezzi vanno confrontati allo stesso stadio commerciale. Invero, un confronto effettuato tra prezzi ottenuti in fasi commerciali diverse, vale a dire, senza includere tutti i costi inerenti allo stadio commerciale che deve essere preso in considerazione, darà necessariamente luogo a risultati artificiosi che non consentono una valutazione corretta del pregiudizio all’industria dell’Unione. Un siffatto equo confronto costituisce una condizione della legittimità del calcolo del pregiudizio di tale industria (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 17 febbraio 2011, Zhejiang Xinshiji Foods e Hubei Xinshiji Foods/Consiglio, T‑122/09, non pubblicata, EU:T:2011:46, punti 79 e 85).

240    Ai sensi del considerando 293 del regolamento impugnato, il margine di sottoquotazione, nel caso di specie, è stato calcolato come segue:

«La Commissione ha determinato la sottoquotazione dei prezzi durante il periodo dell’inchiesta in base ai dati presentati dai produttori esportatori e dall’industria dell’Unione, confrontando:

a)      la media ponderata dei prezzi di vendita per tipo di prodotto dei produttori dell’Unione, praticati sul mercato dell’Unione ad acquirenti indipendenti, adeguati a livello franco fabbrica; e

b)      la corrispondente media ponderata dei prezzi delle importazioni, per tipo di prodotto, praticati dai produttori indiani che hanno collaborato al primo acquirente indipendente sul mercato dell’Unione, stabiliti su base cif, opportunamente adeguati per tener conto dei costi successivi all’importazione».

241    Dal considerando 382 del regolamento impugnato risulta che i prezzi di cui al considerando 293, lettera b), del suddetto regolamento corrispondono al prezzo all’esportazione quale costruito nell’ambito del procedimento antidumping.

242    Peraltro, al considerando 301 del regolamento impugnato, la Commissione è giunta alla conclusione che esisteva, per il prodotto in esame fabbricato dalla Jindal Saw e venduto nell’Unione una sottoquotazione del 30,9% su una base media ponderata, vale a dire che i prezzi ai quali tale prodotto era venduto nell’Unione dalla Jindal Saw erano inferiori del 30,9% ai prezzi di un prodotto simile dell’industria dell’Unione.

243    Così, dal considerando 293 del regolamento impugnato emerge che il confronto dei prezzi è stato effettuato allo stesso stadio commerciale, vale a dire prendendo in considerazione i prezzi al livello franco fabbrica per le vendite dell’industria dell’Unione e i prezzi cif per le vendite della Jindal Saw. Tuttavia, in seguito ai quesiti posti dal Tribunale nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, la Commissione ha esposto che, in realtà, erano stati presi in considerazione in tale confronto, da un lato, per quanto riguarda detta industria, o i prezzi a livello franco fabbrica degli organismi di produzione, quando vendevano direttamente ad acquirenti indipendenti o i prezzi a livello franco fabbrica degli organismi di vendita e, dall’altro, per quanto riguarda la Jindal Saw, i prezzi cif, corrispondenti al prezzo all’esportazione quale costruito nel contesto del parallelo procedimento antidumping, ai fini della determinazione del margine di dumping, tenendo conto di diversi adeguamenti intesi segnatamente a far emergere il prezzo all’esportazione del prodotto in esame prima di qualsiasi implicazione degli organismi di vendita della Jindal Saw.

244    La Commissione osserva al riguardo che le vendite effettuate dagli organismi di vendita dell’industria dell’Unione dovevano essere considerate come vendite «equivalenti franco fabbrica» sicché queste erano state correttamente prese in considerazione come vendite «franco fabbrica» del prodotto simile della suddetta industria per il calcolo della sottoquotazione. Pertanto, il confronto dei prezzi sarebbe stato senz’altro operato tra prezzi corrispondenti allo stesso stadio commerciale.

245    La tesi sopra esposta non può essere accolta.

246    Sebbene la Commissione abbia affermato, al considerando 293 del regolamento impugnato e nel corso dell’udienza, di aver tenuto conto, in sede di confronto, dei prezzi dell’industria dell’Unione allo stadio «franco fabbrica», in realtà, essa ha confrontato i prezzi delle vendite ai primi acquirenti indipendenti di tale industria ai prezzi cif della Jindal Saw.

247    Orbene, poiché la Commissione ha utilizzato i prezzi delle vendite ai primi acquirenti indipendenti per il prodotto simile dell’industria dell’Unione, l’obbligo di confrontare i prezzi allo stesso stadio commerciale le imponeva, per quanto riguarda i prodotti della Jindal Saw, di metterli a confronto anche con i prezzi delle vendite ai primi acquirenti indipendenti.

248    Inoltre, si deve constatare che la commercializzazione di prodotti effettuata non già direttamente dal produttore, bensì tramite organismi di vendita, implica l’esistenza di costi e di un margine di profitto propri di tali organismi, in modo che i prezzi da essi praticati nei confronti degli acquirenti indipendenti sono generalmente superiori ai prezzi praticati dai produttori nelle loro vendite dirette a detti acquirenti. Di conseguenza, i prezzi praticati dagli organismi di vendita non possono essere equiparati ai prezzi praticati dai produttori.

249    Pertanto, nel procedere, per il confronto dei prezzi operato in sede di calcolo della sottoquotazione, all’equiparazione di cui al precedente punto 244, tra i prezzi praticati dagli organismi di vendita nei confronti degli acquirenti indipendenti e i prezzi praticati dai produttori nelle loro vendite dirette a tali acquirenti, unicamente per quanto riguarda il prodotto simile dell’industria dell’Unione, la Commissione ha preso in considerazione per tale prodotto un prezzo maggiorato e pertanto sfavorevole alla Jindal Saw, che effettuava la maggior parte delle sue vendite nell’Unione mediante organismi di vendita, e la cui situazione sotto tale profilo era diversa da quella dell’altro produttore esportatore che ha collaborato all’inchiesta.

250    Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, non risulta dalla sentenza del 30 novembre 2011, Transnational Company «Kazchrome» e ENRC Marketing/Consiglio e Commissione (T‑107/08, EU:T:2011:704), che, per quanto riguarda il prodotto in esame, essa sarebbe stata tenuta a prendere in considerazione i prezzi a livello di immissione in libera pratica, il che avrebbe corrisposto, nella fattispecie, al prezzo cif per i prodotti dei produttori esportatori indiani.

251    Infatti, risulta dai punti 62 e 63 di detta sentenza che, in tale causa, il Tribunale ha ritenuto che i prezzi utilizzati per il calcolo della sottoquotazione dovessero essere prezzi negoziati con gli acquirenti indipendenti, ossia prezzi che avevano potuto essere presi in considerazione da questi ultimi al fine di decidere se acquistare i prodotti dell’industria dell’Unione o i prodotti dei produttori esportatori di cui trattasi, e non i prezzi in uno stadio intermedio.

252    Dalle considerazioni che precedono risulta che, poiché la Commissione ha preso in considerazione i prezzi delle vendite realizzate dagli organismi di vendita collegati al principale produttore dell’Unione per determinare il prezzo del prodotto simile dell’industria dell’Unione, senza tuttavia prendere in considerazione i prezzi delle vendite degli organismi di vendita della Jindal Saw per determinare il prezzo del prodotto in esame fabbricato da quest’ultima, non si può ritenere che il calcolo della sottoquotazione sia stato effettuato confrontando prezzi allo stesso stadio commerciale.

253    Orbene, come emerge dal precedente punto 239, il confronto di prezzi allo stesso stadio commerciale costituisce una condizione di legittimità del calcolo della sottoquotazione del prezzo del prodotto in esame. Pertanto, il calcolo della sottoquotazione, quale operato dalla Commissione nell’ambito del regolamento impugnato, deve essere considerato contrario all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento di base.

254    Di conseguenza, la contestazione, da parte delle ricorrenti, del calcolo della sottoquotazione del prezzo in merito ai prodotti della Jindal Saw è fondata.

255    Dalle considerazioni che precedono risulta che l’errore in cui è incorsa la Commissione in sede di calcolo della sottoquotazione del prezzo del prodotto in esame per quanto riguarda i prodotti della Jindal Saw ha avuto l’effetto di prendere in considerazione una sottoquotazione del suddetto prezzo la cui entità, e persino esistenza, non sono state adeguatamente accertate.

256    Orbene, al considerando 338 del regolamento impugnato, la Commissione ha sottolineato l’importanza da essa attribuita all’esistenza di una sottoquotazione. Ai considerando 339 e 340 di tale regolamento, essa ha ritenuto che le vendite del prodotto in esame a prezzi notevolmente inferiori a quelli applicati dall’industria dell’Unione, stante una sottoquotazione di oltre il 30%, spiegasse, da un lato, un aumento dei volumi di vendita e delle quote di mercato di tale prodotto e, dall’altro, l’impossibilità per detta industria di aumentare i propri volumi di vendita sul mercato dell’Unione a un livello che potesse garantire un profitto sostenibile. Al considerando 340, essa ha constatato inoltre che le importazioni a prezzi notevolmente inferiori ai prezzi di tale industria avevano fortemente ridotto i prezzi sul mercato dell’Unione e in tal modo impedito aumenti di prezzo che si sarebbero verificati in assenza di tali importazioni e concluso per la coincidenza temporale tra dette importazioni a prezzi notevolmente inferiori ai prezzi dell’industria dell’Unione e il pregiudizio subito dall’industria dell’Unione.

257    Dai considerando del regolamento impugnato menzionati al precedente punto 256 risulta che la sottoquotazione, quale calcolata in tale regolamento, è alla base della conclusione secondo cui le importazioni del prodotto in esame sono all’origine del pregiudizio all’industria dell’Unione. Orbene, a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, e dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento di base, l’esistenza di un nesso causale tra le importazioni sovvenzionate e il pregiudizio all’industria dell’Unione è una condizione necessaria per l’imposizione di un dazio compensativo.

258    Inoltre, come sostenuto dalle ricorrenti nell’ambito della terza censura della presente parte del motivo, non si può escludere che, se la sottoquotazione del prezzo fosse stata calcolata correttamente, il margine di pregiudizio all’industria dell’Unione sarebbe stato stabilito ad un livello inferiore a quello dell’aliquota di sovvenzione. Orbene, in tal caso, conformemente all’articolo 15, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento di base, l’importo del dazio compensativo dovrebbe essere ridotto ad un’aliquota che sarebbe sufficiente ad eliminare detto pregiudizio.

259    Di conseguenza, il presente motivo, che occorre accogliere, concerne valutazioni che costituiscono il fondamento necessario per l’imposizione di un dazio compensativo sulle importazioni del prodotto in esame fabbricato dalla Jindal Saw, cosicché è necessario annullare tale regolamento nella parte in cui la riguarda, conformemente alla giurisprudenza ricordata al precedente punto 226, senza che sia necessario esaminare il sesto motivo.

 Sulle spese

260    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, risultata soccombente, deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalle ricorrenti, conformemente alle domande di queste ultime.

261    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere che un interveniente diverso da quelli indicati nei paragrafi 1 e 2 del medesimo articolo si faccia carico delle proprie spese. Nelle circostanze della fattispecie, occorre decidere che l’interveniente si farà carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il regolamento di esecuzione (UE) 2016/387 della Commissione, del 17 marzo 2016, che istituisce un dazio compensativo definitivo sulle importazioni di tubi di ghisa duttile (detta anche ghisa a grafite sferoidale) originari dell’India, è annullato nella parte in cui riguarda la Jindal Saw Ltd.

2)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Jindal Saw e dalla Jindal Saw Italia SpA.

3)      La SaintGobain Pam sopporterà le proprie spese.

Pelikánová

Valančius

Nihoul

Svenningsen

 

      Öberg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 aprile 2019.

Firme


Indice


Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sulla ricevibilità delle osservazioni del 18 ottobre 2017

Nel merito

Sul secondo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 10 del regolamento di base e dei diritti della difesa

Sul settimo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 30, paragrafi 4 e 5, del regolamento di base e dei diritti della difesa

Sul primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 3, punto 1, lettera b), iv), del regolamento di base

– Sulla prima parte del primo motivo, vertente sull’applicazione di un criterio giuridico erroneo per accertare la sussistenza di un’azione consistente nell’«incaricare» nonché di errori manifesti di valutazione

– Sulla seconda parte del primo motivo, vertente su una confusione, nell’applicazione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento di base, tra le nozioni di «contributo finanziario» ai sensi di tale disposizione e di «vantaggio» ai sensi del punto 2 del suddetto articolo

Sul terzo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera a), del regolamento di base

– Sulla prima parte del terzo motivo, relativa al carattere non specifico di una sovvenzione consistente nella fornitura di minerale di ferro

– Sulla seconda parte del terzo motivo, relativa al carattere non specifico di una sovvenzione consistente in una tassa all’esportazione sul minerale di ferro

Sul quarto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 3, punto 2, dell’articolo 6, lettera d) e dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento di base

– Sulla prima parte del quarto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 3, punto 2, e dell’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento di base

– Sulla seconda parte del quarto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 3, punto 2 e dell’articolo 6, lettera d) del regolamento di base e, di conseguenza, dell’articolo 15, paragrafo 1, terzo comma, del medesimo regolamento

Sul quinto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 8, paragrafi 1, 2 e 5 e dell’articolo 15, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento di base

Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.