Language of document : ECLI:EU:C:2000:57

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TRADUZIONE PROVVISORIA DEL

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

F.G. JACOBS

presentate il 27 gennaio 2000 (1)

Causa C-443/98

Unilever Italia SpA

contro

Central Food SpA

(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Pretore di Milano)

1.
    Se, nel corso di una causa civile tra singoli derivante da un contratto, il giudice nazionale debba disapplicare una regolamentazione tecnica nazionale che, sebbene notificata alla Commissione conformemente alla direttiva del Consiglio 83/189 (2), era stata adottata prima della scadenza del periodo di sospensione applicabile ai sensi della stessa direttiva. Tale è la questione sollevata nella presente causa sulla scia della sentenza della Corte nella causa CIA Security (3).

La normativa comunitaria

2.
    La direttiva 83/189 prescrive determinate procedure da seguire qualora uno Stato membro intenda adottare regolamentazioni tecniche. L'obiettivo di tali procedure, come risulta chiaramente dal preambolo, è di facilitare il corretto funzionamento del mercato interno ovviando alle restrizioni alla libera circolazione delle merci che potrebbero sorgere se agli Stati membri fosse lasciata la piena libertà di fissare prescrizioni tecniche diverse per merci messe in commercio o utilizzate sui rispettivi territori. Sostanzialmente, uno Stato membro che intenda adottare tali disposizioni deve notificarle in anticipo astenendosi poidalla loro emanazione per un periodo di sospensione determinato, al fine di consentire alla Commissione ed agli altri Stati membri di presentare osservazioni relative a possibili ostacoli agli scambi commerciali in una fase in cui esse possono ancora essere prese in considerazione e di consentire al legislatore comunitario, se lo ritiene opportuno, di emanare una normativa che disciplini il settore di cui trattasi. Le disposizioni rilevanti della direttiva 83/189, come modificata, sono le seguenti.

3.
    L'art. 1 contiene, tra l'altro, le definizioni seguenti:

«1)    ”prodotto”: i prodotti di fabbricazione industriale e i prodotti agricoli;

2)    ”specificazione tecnica”: una specificazione che figura in un documento che definisce le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili al prodotto per quanto riguarda la denominazione di vendita, la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova, l'imballaggio, la marcatura e l'etichettatura, nonché le procedure di valutazione della conformità.

    Il termine ”specificazione tecnica” copre anche i metodi e i procedimenti di produzione relativi ai prodotti agricoli (...) aiprodotti destinati all'alimentazione umana e animale, nonché ai medicinali (...), così come i metodi e i procedimenti di produzione relativi agli altri prodotti, quando abbiano un'incidenza sulle caratteristiche di questi ultimi (4).

(...)

9.    ”regola tecnica”: una specificazione tecnica (...) la cui osservanza è obbligatoria, de jure o de facto, per la commercializzazione o l'utilizzazione in uno Stato membro o in una parte importante di esso (...)

10.    ”progetto di regola tecnica”: il testo di una specificazione tecnica (...) che si trovi in una fase preparatoria in cui sia ancora possibile apportarvi degli emendamenti sostanziali».

4.
    L'art. 8 prevede, tra l'altro, quanto segue:

«1.     Fatto salvo l'articolo 10, gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione ogni progetto di regola tecnica.... Essi le comunicano brevemente anche i motivi che rendono necessario adottare tale regola tecnica a meno che non risultino già dal progetto.

(...)

La Commissione comunica senza indugio agli altri Stati membri il progetto di regola tecnica e tutti i documenti che le sono stati trasmessi...

2.    La Commissione e gli Stati membri possono inviare allo Stato membro che ha presentato il progetto di regola tecnica osservazioni di cui lo Stato membro terrà conto, per quanto possibile, nella stesura definitiva della regola tecnica.

(...)».

5.
    L'art. 9 prevede quanto segue:

«1.     Gli Stati membri rinviano l'adozione di un progetto di regola tecnica di tre mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1.

2. Gli Stati membri rinviano:

(...)

-     (...) di sei mesi l'adozione di qualsiasi (...) progetto di regola tecnica,

a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1, se essa o un altro Stato membro emette, nei tre mesi successivi a tale data, un parere circostanziato secondo il quale la misura proposta presenta degli aspetti che possono eventualmente creare ostacoli alla libera circolazione delle merci nell'ambito del mercato interno.

Lo Stato membro interessato riferisce alla Commissione sul seguito che esso intende dare a tale parere circostanziato. La Commissione commenta tale reazione.

3. Gli Stati membri rinviano l'adozione di un progetto di regola tecnica di dodici mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1, se, nei tre mesi successivi a tale data, la Commissione notifica la sua intenzione di proporre o di adottare una direttiva, un regolamento o una decisione conformemente all'articolo 189 del trattato a questo riguardo.

(...)».

Ai sensi dell'art. 9, n. 7, tali obblighi di sospensione non si valgono «se uno Stato membro, per urgenti motivi dovuti a una situazione grave ed imprevedibile, attinente alla tutela della salute delle persone e degli animali, alla preservazione dei vegetali o alla sicurezza, deve elaborare in brevissimo tempo regole tecniche per adottarle e applicarletempestivamente, senza che sia possibile procedere ad una consultazione».

6.
    L'art. 10, n. 1, della direttiva 83/189 dispone che gli articoli 8 e 9 non si applicano alle disposizioni tecniche con le quali gli Stati membri, tra l'altro, «si conformano agli atti comunitari cogenti che danno luogo all'adozione di specificazioni tecniche».

7.
    La direttiva 83/189 è stata trasposta nell'ordinamento italiano, come messo in rilievo in udienza, con la legge 21 giugno 1986, n. 317 (5). L'art. 1 di tale legge, così come modificata (6), definisce le espressioni in modo simile, ma non identico, alle disposizioni della direttiva in precedenza citate. L'art. 9 traspone, essenzialmente, gli artt. 8, 9 e 10 della direttiva. Esso prevede in particolare che le regole tecniche non possono essere messe in vigore prima del termine di tre mesi dalla comunicazione del loro progetto alla Commissione, che se entro tale termine vengono presentati pareri circostanziati dalla Commissione ovvero osservazioni da uno Stato membro in merito ad eventuali ostacoli tecnici alla libera circolazione, la messa in vigore è differita di quattro o sei mesi a seconda dei casi, e che se nello stesso termine di tre mesi la Commissione dà notizia di una proposta di normativa comunitaria, la messa in vigore è rinviata di dodici mesi.

8.
    Il 1° ottobre 1986, la Commissione pubblicava una comunicazione concernente l'inosservanza di alcune disposizioni della direttiva 83/189/CEE (7). In tale comunicazione, la Commissione sottolineava utilità della notifica e degli obblighi di sospensione contenuti nella direttiva per prevenire la creazione di nuovi ostacoli tecnici agli scambi. Essa concludeva:

«Gli obblighi degli Stati membri sono pertanto chiari e inequivocabili:

1.     devono notificare tutti i progetti di regolamentazioni tecniche che rientrano nel campo di applicazione della direttiva,

2.     devono sospendere l'adozione di progetti di regolamentazioni tecniche automaticamente per tre mesi tranne nei casi speciali contemplati all'articolo 9, paragrafo 3 (8), della direttiva,

3.     devono sospendere l' adozione dei progetti di regolamentazioni tecniche per un ulteriore periodo rispettivamente di tre o nove mesi se sono state sollevate obiezioni o se è prevista una legislazione comunitaria.

Chiaramente, l' inosservanza da parte degli Stati membri degli obblighi loro imposti da questa procedura d'informazione porta a creare smagliature nel mercato interno con potenziali effetti negativi per gli scambi.

La Commissione ritiene pertanto che se uno Stato membro vara una regolamentazione tecnica che rientra nel campo di applicazione della direttiva 83/189/CEE senza notificarne il progetto alla Commissione e senza rispettare l' obbligo di sospensione, tale regolamentazione tecnica non è applicabile nei confronti di parti terze nel sistema giuridico dello Stato membro di cui si tratta. La Commissione giudica pertanto che i litiganti possano con diritto aspettarsi dalle corti nazionali che esse rifiutino di applicare le regolamentazioni tecniche nazionali che non sono state notificate contrariamente a quanto previsto dal diritto comunitario».

9.
    Il 30 aprile 1996, nella sua sentenza pronunciata nella causa CIA Security (9), la Corte di giustizia prendeva in esame la posizione assunta dalla Commissione nella comunicazione citata e dichiarava, tra l'altro: «Gli artt. 8 e 9 della direttiva 83/189 (...) devono essere interpretati nel senso che i singoli possono avvalersene dinanzi al giudice nazionale, cui compete la disapplicazione di una regola tecnica nazionale che non sia stata notificata conformemente alla direttiva».

La normativa italiana controversa e la procedura di notifica

10.
    La legge italiana 3 agosto 1998, n. 313 (10), contiene disposizioni per l'etichettatura d'origine dell'olio extra vergine di oliva, dell'olio di oliva vergine e dell'olio di oliva.

11.
    L'art. 1, comma 1 di tale legge dispone, in sostanza, che tali oli possono essere messi in commercio con l'indicazione che essi sono stati «prodotti» o «fabbricati» in Italia solo se l'intero ciclo di raccolta, produzione, lavorazione e condizionamento si è svolto in Italia. L'etichettatura dell'olio ottenuto in Italia interamente o parzialmente da oli originari di altri Paesi deve riportare tale circostanza, specificando le relative percentuali ed il Paese o i Paesi di provenienza (art. 1, comma 2); gli oli siffatti che non riportano tali indicazioni devono essere smaltiti entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge o ritirati dal commercio dopo tale data (art. 1, comma 4). Le disposizioni previste agli artt. 2-4 non sono direttamente rilevanti nel caso di specie, sebbene l'art. 2 riguardi lo stoccaggio separato di diversi oli negli impianti di raffinazione di olio di oliva e l'art. 4 riguardi il controllo da parte degli uffici doganali e di altre autorità. L'art. 5, tuttavia, fissa le sanzioni in caso di infrazioni; in particolare, chiunque confezioni, detenga per vendere o ponga in commercio olio d'oliva vergine o extravergine in violazione dell'art. 1, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di ITL 800 000 per ogni 100 chilogrammi di olio.

12.
    Da indicazioni apparse nella GURI risulta che il progetto di legge n. 313 era stato presentato al Parlamento italiano il 27 gennaio 1998; esso era stato esaminato dal Senato nel febbraio e nel marzo dello stesso anno e dalla Camera dei Deputati in aprile e in giugno, per essere infine approvato da quest'ultima il 28 luglio e dal primo il 29 luglio 1998.

13.
    Nel frattempo la Commissione, venuta a conoscenza del progetto, aveva richiesto alle autorità italiane di provvedere alla sua notifica ai sensi della direttiva 83/189, il che avveniva il 4 maggio 1998. Alla Corte non è stato reso noto se le autorità italiane, conformemente all'art. 8, n. 1, della direttiva 83/189, abbiano anche comunicato i motivi che rendevano necessario adottare la legge. Non è stato neppure fatto valere che sia stato fatto ricorso alla procedura d'urgenza prevista dall'art. 9, n. 7.

14.
    La Commissione comunicava quindi il progetto di legge agli altri Stati membri e pubblicava, il 10 giugno 1998, una comunicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (11), ai sensi della quale la scadenza della sospensione di tre mesi di cui all'art. 9, n. 1, della direttiva 83/189 - specificatamente definita come il «periodo nel corso del quale il progetto non può essere adottato» - era fissata al 5 agosto1998 (benché ci si possa chiedere se tale data non avrebbe dovuto essere il 4 agosto, ove la notifica sia avvenuta il 4 maggio).

15.
    In un testo che accompagna la comunicazione nella Gazzetta ufficiale, la Commissione richiamava l'attenzione sul fatto che, secondo la sentenza CIA Security, i giudici nazionali devono rifiutare l'applicazione di una regola tecnica nazionale che non sia stata notificata conformemente alla direttiva 83/189, di modo che le regole tecniche in esame siano rese inopponibili ai singoli.

16.
    Il 23 luglio 1998, durante il periodo di tre mesi in precedenza citato, la Commissione comunicava alle autorità italiane la propria intenzione di legiferare sulla materia disciplinata dal progetto di legge e le invitava a rinviare la sua adozione per un periodo di 12 mesi a decorrere dalla data della notifica - cioè fino al 4 maggio 1999 - ai sensi dell'art. 9, n. 3, della direttiva 83/189.

17.
    Cionondimeno, la legge n. 313 veniva adottata - vale a dire firmata dal Presidente della Repubblica, dal Presidente del Consiglio e dal ministro per le Politiche agricole, previa approvazione definitiva da parte delle due Camere del Parlamento italiano - il 3 agosto 1998, due giorni prima della scadenza della sospensione iniziale di tre mesi quale indicata nella comunicazione della Gazzetta ufficiale. Il giorno successivo, la Commissione informava la Rappresentanza permanente della Repubblica italiana che avrebbe promosso un procedimento ex art.169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE) se la legge fosse stata pubblicata nella GURI e asseriva che la legge sarebbe stata inopponibile ai singoli, se pubblicata prima del 4 maggio 1999.

18.
    Il 4 agosto 1998, ancora durante il periodo iniziale di tre mesi, la Commissione riceveva pareri circostanziati relativi al progetto di legge, ai sensi dell'art. 9, n. 2, della direttiva 83/189, dai governi spagnolo e portoghese, e, il 5 agosto, essa riceveva osservazioni ai sensi dell'art. 8, n. 2, da parte del governo dei Paesi Bassi.

19.
    Il 29 agosto 1998, la legge n. 313 veniva pubblicata nella GURI così come emanata il 3 agosto ed entrava in vigore il giorno seguente.

Sviluppi successivi

20.
    I paragrafi che precedono riassumono la situazione quale essa era al sorgere della controversia oggetto della causa a qua. Tuttavia, un certo numero di sviluppi successivi può essere menzionato, al fine di offrire un quadro un po' più completo dei fatti rilevanti.

21.
    Il 22 dicembre 1998, la Commissione emanava la normativa che aveva preannunciato alle autorità italiane, sotto forma del regolamento n. 2815/98 (12). Tale regolamento prevede disposizioni che disciplinano ledesignazioni dell'origine sulle etichette o sugli imballaggi dall'olio extra vergine di oliva e dell'olio di oliva vergine e proibisce l'impiego di tali designazioni per l'olio d'oliva e per gli oli di sansa di oliva. Per l'olio extra vergine di oliva e l'olio di oliva vergine, la denominazione può consistere in una designazione d'origine registrata come protetta, ovvero in un'indicazione geografica protetta (13) o nel nome di uno Stato membro, della Comunità europea o di uno Stato terzo. Qualora la designazione dell'origine consista nel nome di uno Stato membro, si deve trattare dello Stato in cui l'olio è stato «ottenuto»; in altri termini, il frantoio nel quale l'olio è stato estratto deve trovarsi in tale Stato. Le miscele devono essere indicate come tali ma, se più del 75% dell'olio è stato ottenuto in uno Stato membro, anche tale circostanza può essere indicata, insieme alla relativa percentuale.

22.
    Il regolamento n. 2815/98 diveniva applicabile il 1° aprile 1999.

23.
    Il 27 gennaio 1999, la Commissione notificava alla Repubblica italiana un parere motivato, ai sensi dell'art. 169 del Trattato CE, facendo valere che l'adozione ed entrata in vigore della legge n. 313 violava l'art. 9 della direttiva 83/189. Non risulta che tale procedimento sia sfociato nella fase contenziosa dinanzi alla Corte.

24.
    Tuttavia, il 17 marzo 1999, il governo italiano ha proposto alla Corte di giustizia un ricorso contro la Commissione (causa C-99/99) chiedendo l'annullamento del regolamento n. 2815/98. Esso fa valere essenzialmente che lo scopo di un'indicazione dell'origine consiste nell'informare il consumatore circa le qualità caratteristiche del prodotto finito, qualità che derivano in larga misura dalla zona di origine delle olive anziché dal luogo della loro molitura e che sono appunto presenti tanto nel normale olio d'oliva quanto negli oli vergine ed extravergine.

25.
    E' inoltre emerso all'udienza che una legge di abrogazione degli artt. 1 e 2 della legge n. 313 era in quel momento in fase di progetto di legge.

La fattispecie oggetto del procedimento a quo

26.
    Il 25 settembre 1998, la Central Food SpA, convenuta nel procedimento a quo, ordinava 648 litri di olio extravergine di oliva «Dante» dalla Van den Bergh, una divisione della Unilever Italia SpA. Tale olio veniva consegnato alla Central Food il 29 settembre. Da quanto emerso in udienza, risulta che si trattava di olio una certa percentuale del quale era originaria della Spagna e della Grecia. Il 30 settembre 1998, la Central Food scriveva alla Unilever Italia comunicando che l'olio fornito non era etichettato conformemente alle disposizioni della legge n. 313 e che quindi essa non poteva pagare larelativa fattura. Essa invitava la Unilever Italia a ritirare l'olio ed a fornire olio etichettato in maniera conforme alla legge.

27.
    Il 2 ottobre 1998, la Unilever Italia rispondeva alla Central Food precisando che la Commissione aveva ingiunto allo Stato italiano di non emanare alcuna nuova disposizione nazionale in materia di etichettatura di olio d'oliva fino al 4 maggio 1999. Le disposizioni della legge n. 313 non potevano quindi essere applicate prima di tale data e l'olio fornito era pienamente conforme alla normativa in vigore.

28.
    La Central Food continuava a rifiutarsi di accettare o di pagare l'olio, facendo valere che la propria posizione era sostenuta da quella di numerosi altri gruppi di distribuzione. La Unilever Italia proponeva quindi un ricorso al Pretore di Milano, chiedendo l'emissione di un'ingiunzione di pagamento nei confronti della Central Food.

29.
    Il 6 novembre 1998, prima di sentire le osservazioni della Central Food, tale giudice ha emesso un'ordinanza con cui veniva sottoposta alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«se la legge interna, promulgata ed entrata in vigore nello Stato membro (L. n. 313 del 3.8.98), possa essere disapplicata dal giudice nazionale chiamato ad emettere un'ingiunzione di pagamento relativamente a fornitura di olio extra vergine d'oliva etichettato in modo non conforme alle disposizioni della legge nazionale anzidetta,considerato che, a seguito della notifica e del conseguente esame di un progetto di legge nazionale relativo all'etichettatura d'origine dell'olio extra vergine d'oliva, dell'olio d'oliva vergine e dell'olio d'oliva, la Commissione europea ha provveduto, sulla base dell'art. 9, n. 3 della direttiva 83/189 (in materia di procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche), a rivolgere un formale invito allo Stato notificante perché non legiferi, fissando termine (sino al 14.9.99) (14) relativamente alle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva, in attesa dell'adozione di una regolamentazione comunitaria nella materia in parola».

Procedimento

30.
    Osservazioni scritte sono state presentate alla Corte dalla Unilever, dai governi belga, danese, italiano e olandese, nonché dalla Commissione. La Central Food, sebbene invitata a presentare le osservazioni, non lo ha fatto. In udienza, hanno presentato osservazioni orali la Unilever, il governo italiano e la Commissione.

Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

31.
     Durante l'udienza si è discusso su quali fossero esattamente le disposizioni della legge n. 313 oggetto della presente controversia, cioèquelle relative all'impiego dei termini «prodotto (o fabbricato) in Italia» di cui all'art. 1, comma 1, ovvero quelle relative all'etichettatura di oli provenienti totalmente o in parte da altri Stati membri di cui all'art. 1, comma 2. L'agente del governo italiano ha fatto valere che la domanda di pronuncia pregiudiziale era irricevibile in quanto non era chiaro quali disposizioni fossero in discussione.

32.
    Non posso essere d'accordo. Dall'ordinanza di rinvio e dal fascicolo della causa nazionale di cui essa è corredata risulta chiaramente che la controversia che il giudice nazionale deve decidere verte sull'opponibilità degli obblighi di etichettatura di cui alla legge n. 313 e che la domanda di pronuncia pregiudiziale è proposta per stabilire se tali obblighi siano opponibili alla luce della direttiva 83/189. Il fatto che non sia specificato esattamente quale dei due obblighi, chiaramente collegati, si asserisce violato nell'ambito del procedimento nazionale non dovrebbe impedire alla Corte di comprendere i problemi e di risolvere in maniera pertinente la questione sollevata dal giudice nazionale.

La versione applicabile della normativa comunitaria

33.
    Un altro problema preliminare che potrebbe brevemente meritare attenzione riguarda la versione pertinente della normativa comunitaria da prendere in esame nel caso di specie.

34.
    La direttiva 83/189 è stata abrogata e le sue disposizioni sono state consolidate ed estese dalla direttiva 98/34 (15), che è entrata in vigore il 10 agosto 1998 (16). La legge n. 313 è entrata in vigore ed i fatti che hanno fatto sorgere la controversia nel procedimento a quo sono tutti accaduti dopo tale data. Tuttavia, sembra evidente che l'applicabilità della legge dev'essere valutata alla luce della direttiva 83/189, che era in vigore durante l'iniziale periodo di esame del progetto di legge da parte del legislatore italiano, al momento della sua adozione, durante il primo periodo di sospensione di tre mesi, al momento della ricezione di ambedue i pareri circostanziati dei governi spagnolo e portoghese, che estendevano a sei mesi il periodo di sospensione, e della comunicazione della Commissione, con la quale veniva resa nota la sua intenzione di emanare una normativa, che estendeva il periodo stesso a 12 mesi.

35.
    In ogni caso, la direttiva 98/34 non ha apportato modifiche sostanziali per i problemi in esame nel caso di specie nei confronti delle pertinenti disposizioni della direttiva 83/189. Sebbene, meno di un mesedopo la sua adozione, la prima sia stata modificata dalla direttiva 98/48, tali modifiche - il termine per la trasposizione delle quali era comunque il 5 agosto 1999 - hanno solo esteso la portata delle disposizioni pertinenti così da coprire i «servizi della società dell'informazione» - vale a dire quelli richiesti e prestati, a distanza, per via elettronica - un ambito del tutto estraneo alla controversia in esame.

I problemi sostanziali

36.
    Sono essenzialmente due i problemi sostanziali da esaminare nel risolvere la questione sollevata dal giudice nazionale. In primo luogo, dev'essere accertato se le pertinenti norme nazionali costituiscano una regolamentazione tecnica ai sensi della direttiva 83/189, che va obbligatoriamente notificata in fase di progetto. In caso affermativo, si deve poi stabilire quali conseguenze possano derivare dall'inosservanza di uno dei periodi di sospensione prescritti all'art. 9 a seguito dell'adempimento di tale obbligo di notifica.

37.
    Esaminando tali problemi, mi occuperò soltanto delle regole relative all'etichettatura di cui all'art. 1 della legge, poiché l'etichettatura è specificatamente menzionata nella domanda di pronuncia pregiudiziale e dal fascicolo di causa, nonché dai documenti prodotti dalla Unilever Italia, risulta chiaramente essere l'unico problema in esame nel procedimento principale.

38.
    Si deve altresì tener presente che la direttiva 83/189 è stata trasposta nell'ordinamento italiano della legge 21 giugno 1986, n. 317, così come modificata. Comunque, poiché i problemi di cui trattasi sono stati interamente discussi, salvo un breve riferimento in udienza, senza considerare la normativa italiana di attuazione, li esaminerò, nella parte principale della mia analisi, solo dal punto di vista della direttiva comunitaria.

Se le regole di etichettatura contenute nella legge n. 313 siano specificazioni tecniche a cui si applicano gli artt. 8 e 9 della direttiva 83/189

39.
    In primo luogo si deve sottolineare che il fatto che le altre regole contenute nella legge n. 313 costituiscano specificazioni tecniche o no non può incidere sulla qualificazione delle regole di etichettatura. Una legge può raggruppare insieme diverse disposizioni, alcune delle quali rientrano nell'ambito della direttiva n. 313, mentre altre no.

40.
    Il governo italiano fa valere che (i) le regole di etichettatura non rientrano assolutamente nell'ambito di applicazione della direttiva 83/189 e/o (ii) che esse sono state emanate in conformità alla direttiva79/112, (17) per cui, ai sensi dell'art. 10, n. 1, della direttiva 83/189, gli artt. 8 e 9 non trovano applicazione.

- Se le regole di etichettatura rientrino nella definizione della direttiva 83/189

41.
    Il governo italiano fa valere che le regole di etichettatura dirette a tutelare i consumatori attraverso una corretta informazione sul paese d'origine non costituiscono specificazioni tecniche ai sensi dell'art. 1, punto 2), della direttiva 83/189. E' pacifico che queste riguardano «la denominazione di vendita, (...), l'imballaggio, la marcatura e l'etichettatura», come specificato al primo comma di tale disposizione. Tuttavia, tale comma riguarda solo i prodotti industriali. E' stato il secondo comma, aggiunto in sede di ulteriore modifica, ad estendere la definizione di specificazione tecnica così da comprendere «i metodi e i procedimenti di produzione» relativi ai prodotti agricoli «quando abbiano un'incidenza sulle caratteristiche di questi ultimi». Le regole di etichettatura di cui alla legge n. 313 non hanno lo scopo di stabilire prescrizioni tecniche relative alla produzione di olio d'oliva, già previste dalle norme comunitarie in materia di organizzazione comune del mercato degli oli e dei grassi, nè vietano la commercializzazione od ostacolano la libera circolazione delle merci all'interno della Comunità.

42.
    La Commissione ribatte che le autorità italiane hanno notificato il progetto di legge ai sensi della direttiva 83/189, dal che si potrebbe dedurre che esso costituisce una regolamentazione tecnica. Ai sensi dell'art. 1, punto 2), della direttiva 83/189, inoltre, le prescrizioni sull'etichettatura costituiscono specificazioni tecniche, indipendentemente dal fatto che i prodotti a cui si riferiscono siano industriali ovvero agricoli.

43.
    L'argomento della Commissione fondato sull'effettiva notifica della legge non può, a mio avviso, essere considerato decisivo al fine di stabilire che le regole costituiscono specificazioni tecniche. La notifica è avvenuta su richiesta della Commissione, non su iniziativa delle autorità italiane, anche se ci si sarebbe potuti ben attendere che queste ultime facessero presenti le loro riserve al momento della notifica ove fossero state poi convinte che nessuna parte della legge rientrasse nell'ambito di applicazione della direttiva, e non è risultato che esse lo abbiano fatto.

44.
    L'argomento del governo italiano secondo cui le regole di etichettatura in esame non sono specificazioni tecniche può essere trattato molto semplicemente. La direttiva, nella sua versione in vigore al momento dei fatti, definiva come prodotto: «i prodotti di fabbricazione industriale e i prodotti agricoli». L'olio d'oliva è un prodotto agricolo. Essa definiva inoltre come specificazione tecnica una specificazione che definisce «le caratteristiche richieste di un prodotto,quali (...) l'etichettatura». L'etichettatura è l'oggetto delle regole controverse nel presente procedimento.

45.
    L'argomento secondo cui non esisterebbe un ostacolo alla libera circolazione delle merci sembra imperniato sulla tesi secondo cui le norme di etichettatura di cui trattasi non impongono alcun obbligo di menzionare l'origine italiana sull'etichetta, bensì fissano soltanto le condizioni per il suo uso, qualora chi appone l'etichetta scelga di farlo. Non sussiste quindi nè alcuna effettiva prescrizione relativa all'etichettatura nè alcun ostacolo al commercio intracomunitario.

46.
    Non ritengo che una regola di etichettatura possa essere considerata qualcosa di meno rispetto ad una prescrizione per il semplice fatto che possa vietare, anziché imporre, la menzione di taluni particolari in determinate circostanze. Inoltre, le disposizioni sull'indicazione dell'origine non italiana di cui all'art. 1, comma 2, della legge n. 313 - che sembrano venire in rilievo nella causa a qua, poiché, a quanto è emerso durante il procedimento, l'olio controverso è originario in parte della Grecia, in parte della Spagna - hanno un effetto specifico sul commercio tra gli Stati membri (così come, analogicamente, avviene per quelle di cui all'art. 1, comma 1).

47.
    Non ho quindi difficoltà a concludere che le regole di etichettatura di cui all'art. 1 della legge italiana n. 313 costituisconospecificazioni tecniche rientranti nell'ambito di applicazione della direttiva 83/189.

- Se le regole di etichettatura rappresentino un adempimento della direttiva 79/112

48.
    L'art. 10, n. 1, della direttiva 83/189 esenta le disposizioni per mezzo delle quali gli Stati membri si conformano agli atti comunitari cogenti che danno luogo all'adozione di specificazioni tecniche. Il governo italiano fa valere che le regole controverse adempiono ad un obbligo stabilito dalla direttiva 79/112, il cui art. 3, n. 1, punto 7), richiede che il luogo d'origine o di provenienza venga menzionato nell'etichettatura dei prodotti alimentari, qualora l'omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore circa l'origine o la provenienza effettiva del prodotto.

49.
    La Commissione ritiene che le disposizioni della direttiva citata siano redatte in termini generali lasciando agli Stati membri un certo margine di discrezionalità e che la direttiva 83/189 intenda disciplinare proprio l'esercizio di tale margine.

50.
    E' la prima volta che la Corte viene chiamata ad interpretare l'art. 10, n. 1, della direttiva 83/189 o a definire cosa significhi conformarsi ad «atti comunitari cogenti che danno luogo all'adozione di specificazioni tecniche». Tuttavia, è chiaro che la direttiva 79/112 è unatto comunitario cogente; l'art. 22 impone agli Stati membri di modificare la loro legislazione per conformarsi ad essa. E, così come ho concluso in precedenza, le prescrizioni sull'etichettatura sono specificazioni tecniche.

51.
    Ai sensi dell'art. 3, n. 1, della direttiva 79/112, «l'etichettatura dei prodotti alimentari comporta soltanto le seguenti indicazioni obbligatorie:

(...)

7)     il luogo d'origine o di provenienza, qualora l'omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore circa l'origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare».

52.
    Se, come rilevato dal governo italiano, le regole italiane controverse non impongono in realtà alcuna indicazione dell'origine sull'etichetta, allora non si vede come esse possano trasporre detta disposizione, che sembra prescrivere una siffatta indicazione.

53.
    Comunque, come messo in rilievo in udienza dalla Commissione, la direttiva 79/112 è stata trasposta nell'ordinamento italiano nel 1982,dal DPR 18 maggio 1982, n. 322 (18), il cui art. 3, lett. g), dispone che l'etichettatura dei prodotti alimentari deve indicare il «luogo di origine o di provenienza». Presumibilmente, poiché non contiene ulteriori restrizioni, tale disposizione impone la menzione di tali dati in ogni caso, e non solo qualora la loro mancanza possa indurre effettivamente in errore il consumatore (19). Ciò premesso, non riesco a vedere alcun motivo per ritenere che ulteriori regole di etichettatura, quali quelle contenute dalla legge n. 313, fossero in qualche modo necessarie per completare la trasposizione della direttiva 79/112.

54.
    Infine, il fatto che il governo italiano abbia notificato la legge ai sensi della direttiva 83/189 su richiesta della Commissione, sebbene non sia una prova decisiva del fatto che le regole di etichettatura costituiscono specificazioni tecniche, lascia però pensare che il governo italiano non ritenesse, in quel momento, di stare adottando una legge in adempimento di obblighi derivanti da un atto comunitario cogente, nel qual caso non vi sarebbe stato alcun obbligo di notifica ai sensi della detta direttiva. Sembrerebbe una poco plausibile concatenazione di circostanze il fatto che le autorità italiane avessero lasciato l'art. 3, n. 1, punto 7), della direttiva 79/112 inadeguatamente attuato per parecchianni, per poi accorgersi di dover porre riparo all'inadeguatezza, con particolare riguardo all'olio d'oliva, con un'urgenza tale da essere costrette ad ignorare l'ingiunzione della Commissione di non legiferare durante un periodo limitato, nell'imminenza dell'emanazione di una normativa comunitaria, ma avessero omesso di menzionare la circostanza che stavano attuando la direttiva 79/112 al momento della notifica del progetto di legge su ordine della Commissione.

55.
    Concludo nel senso che le regole di etichettatura di cui alla legge n. 313 sono specificazioni tecniche che dovevano essere notificate alla Commissione allo stadio di progetto non essendo esenti ai sensi dell'art. 10, n. 1, della direttiva 83/189.

Sull'esistenza o meno di violazioni degli obblighi di sospensione e sugli effetti che ne derivino

Violazioni degli obblighi di sospensione ai sensi dell'art. 9 della direttiva 83/189

- Il periodo di tre mesi

56.
    In primo luogo la Repubblica italiana ha violato l'art. 9, n. 1, della direttiva ai sensi del quale gli Stati membri debbono rinviare l'adozione di un progetto di regola tecnica di tre mesi a decorrere dalladata in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'art. 8, n. 1.

57.
    Il progetto di legge italiano n. 313 era stato notificato alla Commissione il 4 maggio 1998. Il periodo di sospensione ai sensi dell'art. 9, n. 1, scadeva pertanto il 4 o il 5 agosto a seconda di come va fissato il termine del periodo di tre mesi.

58.
    Il progetto di legge di cui trattasi veniva tuttavia adottato il 3 agosto 1998 e quindi, in ogni caso, prima della scadenza del periodo di sospensione. A tale data, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e il ministro per le Politiche agricole firmavano la legge che era stata previamente approvata dalla Camera dei Deputati il 28 luglio e dal Senato il 29 luglio 1998.

59.
    Il fatto che la legge sia entrata in vigore solo il 30 agosto 1998, un giorno dopo la pubblicazione nella GURI, e quindi dopo la scadenza del periodo di sospensione, non incide sulla constatazione che la Repubblica italiana ha violato l'art. 9, n. 1. Ciò in quanto, in primo luogo, secondo la chiara formulazione di tale disposizione, l'atto decisivo è l'adozione del progetto di regola tecnica e non la sua entrata in vigore. In secondo luogo, l'art. 9, n. 1, fa riferimento all'adozione di un «progetto di regola tecnica». Ai sensi dell'art. 1, punto 10), della direttiva, una regola tecnica è allo stadio di progetto solo qualora esso si trovi «in una fase preparatoria in cui sia ancora possibile apportarvidegli emendamenti sostanziali». Dato che un progetto di legge cessa di essere in forma emendabile, al più tardi, quando è firmato dalle competenti autorità costituzionali, «adozione» ai sensi dell'art. 9, n. 1, non può significare entrata in vigore mediante pubblicazione. In terzo luogo, una diversa interpretazione metterebbe a repentaglio lo scopo dell'art. 9, n. 1, che è quello di garantire che le regole tecniche non siano adottate e poste in vigore senza aver dato la possibilità di esprimere obiezioni e di far prendere in considerazione queste ultime in fase di progetto. Tale scopo verrebbe frustrato se uno Stato membro dovesse adottare una versione definitiva di una legge subito dopo la notifica, semplicemente rinviando la sua entrata in vigore dopo la fine del periodo di sospensione.

- Il periodo di dodici mesi

60.
    La Repubblica italiana ha altresì violato l'art. 9, n. 3, della direttiva, che impone agli Stati membri di rinviare l'adozione di un progetto di regola tecnica di dodici mesi a decorrere dalla data della notifica se la Commissione comunica, entro i tre mesi successivi alla notifica, la sua intenzione di proporre o di adottare una direttiva, un regolamento o una decisione in materia. La Repubblica italiana ha adottato la legge benché la Commissione avesse effettuato tale comunicazione il 23 luglio 1998.

- Il periodo di sei mesi

61.
    Per quanto riguarda, infine, l'art. 9, n. 2, della direttiva, lascerò irrisolta la questione se nella fattispecie fosse scattato il periodo di sospensione di sei mesi ivi stabilito. Al fine di risolvere tale questione, la nozione di «emissione» di un parere circostanziato ai sensi dell'art. 9, n. 2, ed il calcolo del termine del periodo iniziale di tre mesi avrebbero dovuto essere trattati. A mio parere, ciò non è necessario in quanto la legge n. 313 è stata comunque adottata in violazione dell'art. 9, nn. 1 e 3, della direttiva.

Conseguenze delle violazioni degli obblighi di sospensione ai sensi dell'art. 9 della direttiva 83/189

62.
    Come prima conseguenza, le violazioni potrebbero dar luogo vuoi a ricorsi per inadempimento proposti dalla Commissione o da altri Stati membri, vuoi, eventualmente, ad azioni per risarcimento danni.

63.
    Nella fattispecie, la questione proposta dal giudice nazionale riguarda una seconda conseguenza potenziale della violazione, da parte della Repubblica italiana, degli obblighi di sospensione. Il giudice a quo chiede, in sostanza, se, nell'ambito di una causa civile tra singoli in ordine a diritti ed obblighi derivanti da un contratto, un giudice nazionale debba disapplicare una regola tecnica che, per quanto notificata alla Commissione in conformità degli obblighi della direttiva, sia stata adottata prima della scadenza di un periodo di sospensione applicabile ai sensi della direttiva.

64.
    La questione sollevata dal giudice italiano sorge sulla scia della sentenza della Corte nella causa CIA Security (20). Tale causa riguardava tre società operanti nella produzione e nella vendita di sistemi e centrali di allarme. Una di tali società, la CIA Security, smerciava un sistema di allarme che, manifestamente, non era conforme alla normativa belga pertinente. Tale normativa però non era stata notificata alla Commissione conformemente alla direttiva 83/189. Due concorrenti (la Signalson e la Securitel) asserivano pubblicamente che il sistema di allarme di cui trattasi non era conforme ai requisiti previsti dalla normativa belga. La CIA Security chiedeva l'emanazione di un'inibitoria che impedisse loro di fare simili affermazioni in quanto questa era una pratica commerciale sleale e quindi vietata. Essa sosteneva che la normativa sulla quale tali asserzioni erano basate era invalida in quanto si trattava di una regolamentazione tecnica che non era stata notificata. Con domande riconvenzionali, la Signalson e la Securitel chiedevano, sostanzialmente, l'applicazione della normativa di cui trattasi nei confronti della CIA Security.

65.
    La Corte ha affermato, al punto 54 di tale sentenza, che «la direttiva 83/189 va interpreta nel senso che l'inadempimento dell'obbligo di notifica comporta l'inapplicabilità delle regole tecniche di cui trattasi e che esse pertanto non possono essere opposte ai singoli».

66.
    Alla luce dei fatti di causa, si può ritenere che la Corte abbia così stabilito due principi. Una regola tecnica adottata senza previa notifica è inopponibile a) da parte di uno Stato membro nei confronti di singoli e b) in controversie civili tra concorrenti sulla base di norme nazionali che vietano pratiche commerciali sleali.

67.
    Il ragionamento della Corte a sostegno di tale decisione può essere sintetizzato nei seguenti termini.

68.
    Gli artt. 8 e 9 della direttiva 83/189 stabiliscono un preciso obbligo a carico degli Stati membri di notificare progetti di regole tecniche alla Commissione prima della loro adozione. Essendo pertanto, dal punto di vista sostanziale, incondizionati e sufficientemente precisi, tali articoli possono essere fatti valere dai singoli dinanzi ai giudici nazionali (21).

69.
    Per quanto riguarda la questione se regole tecniche non notificate debbano essere inopponibili, è determinate lo scopo della direttiva. La direttiva 83/189 è intesa a tutelare la libera circolazione delle merci attraverso un controllo preventivo. L'obbligo di notifica è essenziale per attuare tale controllo comunitario. L'efficacia del controllo comunitario sarà ancora maggiore se la violazione dell'obbligo di notifica costituisceun vizio procedurale sostanziale atto a comportare l'inapplicabilità ai singoli delle regole tecniche di cui trattasi (22).

70.
    Infine, ad un vuoto normativo nell'ordinamento giuridico nazionale causato dall'inapplicabilità di una regola tecnica non notificata può ovviarsi, se necessario, con l'adozione di regole tecniche in base alla procedura d'urgenza prevista dalla direttiva (23).

71.
    Due aspetti distinguono la fattispecie in esame da quella oggetto della causa CIA Security. In primo luogo, la questione dell'inapplicabilità delle regole tecniche sorge in una controversia civile tra singoli avente ad oggetto diritti ed obblighi di natura contrattuale e non in una causa tra concorrenti sulla base di norme nazionali che vietano pratiche commerciali sleali. Le cause di quest'ultimo tipo assomigliano, sotto alcuni profili, ai procedimenti coercitivi esercitati dallo Stato (24). In secondo luogo, nel caso di specie, contrariamente a quanto avvenuto nella fattispecie in esame nella causa CIA Security, la legge italiana controversa era stata correttamente notificata alla Commissione. L'infrazione commessa dalla Repubblica italiana non consiste in una mancata notifica ma in una violazione degli obblighi di sospensione imposti dalla direttiva.

72.
    Le tre questioni da esaminare sono pertanto le seguenti.

1)    Su quale base si debba ritenere che uno Stato membro non possa opporre a dei singoli una regola tecnica adottata senza previa notifica.

2)    Se tale base faccia ritenere che gli obblighi procedurali della direttiva, ed in particolare l'obbligo di notifica, siano tali che una violazione debba rendere il provvedimento inopponibile in tutti i tipi di controversie tra singoli, in particolare quelle derivanti da un contratto.

3)    In caso affermativo, se poi una violazione degli obblighi di sospensione abbia tale effetto.

73.
    Lo sfondo di fatto della presente controversia potrebbe indurre la Corte, che, per giunta, non ha ricevuto osservazioni dalla Central Food, a rispondere agli ultimi due interrogativi in senso affermativo. Innanzi tutto, il legislatore italiano ha vistosamente trasgredito gli obblighi di sospensione della direttiva pur essendo stato esortato dalla Commissione a non farlo. Poi, da un punto di vista sostanziale, la Corte potrebbe avere la forte impressione che le regole di etichettatura contenute nella legge n. 313 creino un ingiustificato ostacolo agli scambi di merci e quindi violino il divieto di cui all'art. 30 del Trattato CE (divenuto art. 28 CE).

74.
    Nondimeno, sono del parere che la Corte dovrebbe rispondere in senso negativo ad entrambi gli interrogativi. La presente causa dimostra che, se «le cause difficili fanno la cattiva sentenza», lo stesso pericolo sorge a volte nelle «cause semplici».

75.
    Prima di trattare i tre interrogativi sopra formulati, è necessario chiarire la natura della direttiva 83/189.

76.
    Le direttive hanno normalmente come obiettivo il ravvicinamento delle legislazioni nazionali, delle disposizioni regolamentari o amministrative in un determinato settore. Esse obbligano gli Stati membri ad adottare, entro una determinata scadenza, provvedimenti normativi e impongono obblighi per quanto riguarda il contenuto di tali provvedimenti. In linea di massima, esse lasciano agli Stati membri la scelta della forma e delle modalità di trasposizione nell'ordinamento giuridico nazionale.

77.
    Qualora uno Stato membro ometta di trasporre una direttiva del genere nell'ordinamento nazionale prima dello scadere del termine, od ometta di trasporla correttamente, sono messe a repentaglio l'efficacia e l'uniformità del diritto comunitario e i singoli potrebbero essere privati dei diritti che la direttiva ha inteso attribuire loro.

78.
    Al fine di far fronte a questi problemi, in particolare per quanto riguarda le controversie tra singoli, la Corte ha elaborato quelli che ladottrina della Comunità spesso menziona come i principi della coerente interpretazione del diritto nazionale alla luce delle direttive (25), dell'efficacia diretta verticale delle direttive (26) e dell'assenza di efficacia diretta orizzontale delle direttive (27). In molti casi però, tali espressioni sintetiche nascondono una realtà più complessa sul piano giuridico (28).

79.
    La direttiva 89/189, applicabile nel caso di specie, è di natura completamente diversa. Essa non è diretta al ravvicinamento delle legislazioni, ma alla tutela della libera circolazione delle merci attraverso un meccanismo di controllo preventivo. Essa prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche. L'obbligo a carico degli Stati membri non è quello di legiferare, ma quello di notificare progetti di legge e quindi di attendere eventuali reazioni da parte di altri Stati membri o della Commissione e tener conto di esse. Riguardo alla procedura prevista dagli artt. 8 e 9 della direttiva, l'utilizzazione di nozioni quali «trasposizionenell'ordinamento nazionale» e «mancata attuazione entro i termini prescritti» è pertanto chiaramente priva di utilità.

80.
    Nel diritto comunitario le disposizioni della direttiva 83/189 possono essere meglio raffrontate con quelle contenute, ad esempio, nel regolamento n. 17, di applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato CE (divenuti artt. 81 e 82 CE) (29) o nel regolamento n. 659/1999, recante modalità di applicazione dell'art. 93 del Trattato CE (divenuto art. 88 CE) (30). Tali regolamenti prevedono procedure di controllo ex ante nel settore delle pratiche restrittive e degli aiuti di Stato. Talune misure progettate, statali o private, debbono essere notificate anticipatamente alla Commissione la quale poi decide (a volte tacitamente) se autorizzarle o no. Tale tipo di controllo preventivo è diretto ad accrescere l'efficacia di divieti fondamentali contenuti nel Trattato. Per giunta, le disposizioni della direttiva 83/189 potrebbero essere state adottate in forma di regolamento anziché di direttiva; ai fini dell'esame sul piano giuridico non fa alcuna differenza che essa sia stata adottata in forma di direttiva.

81.
    Le differenze tra la direttiva 83/189 e le direttive «normali», da una parte, e il fatto che procedure analoghe a quelle contenute nella direttiva siano stabilite in atti comunitari di natura giuridica diversa, come regolamenti, dall'altra, chiariscono a mio parere che lagiurisprudenza in precedenza menzionata in ordine alle conseguenze di inadempimenti di direttive «normali» non ha alcuna rilevanza per le questioni su cui verte la presente causa. E' pertanto necessario considerare tali questioni sulla sola base dei principi generali del diritto comunitario.

82.
    Passo ora a trattare i tre interrogativi in precedenza formulati.

1) Su quale base si debba ritenere che uno Stato membro non possa opporre a dei singoli regole tecniche adottate senza previa notifica

83.
    Nel considerare tale questione, è importante rilevare che la mancata notifica di una regola tecnica in quanto tale non ha alcuna conseguenza negativa diretta per l'uniformità del diritto comunitario, per l'efficacia dell'art. 30 del Trattato o per i diritti derivati ai singoli dal diritto comunitario.

84.
    Per quanto riguarda, in primo luogo, l'uniformità, l'obiettivo della direttiva è quello di fornire un meccanismo di controllo e di coordinamento inteso ad impedire l'adozione di provvedimenti che possano ostacolare la libera circolazione delle merci; il suo obiettivo non è quello di armonizzare norme nazionali. Solo come ultima risorsa la Commissione proporrà provvedimenti di armonizzazione. L'uniformità non è pertanto direttamente pregiudicata qualora una regola tecnica non sia notificata.

85.
    In secondo luogo, per quanto riguarda l'efficacia dell'art. 30 del Trattato, una regola tecnica non notificata potrebbe violare l'art. 30, ma essa potrebbe ugualmente non violare tale norma. Essa potrebbe addirittura eliminare un preesistente ostacolo agli scambi commerciali. La direttiva contiene solo norme procedurali che sono per definizione neutre da un punto di vista sostanziale. Il fatto che una regolamentazione tecnica non sia stata notificata non dà quindi alcuna chiara indicazione sulla questione se le regole che essa contiene siano conformi agli obblighi sostanziali dell'art. 30 del Trattato.

86.
    In terzo luogo, la direttiva 83/189 in quanto tale non è intesa ad attribuire diritti o a far sorgere obblighi in capo ai singoli. Essa stabilisce semplicemente i rispettivi diritti ed obblighi degli Stati membri e della Commissione nell'ambito di una procedura in cui i singoli non sono in linea di principio coinvolti. Così una violazione, da parte di uno Stato membro, dell'obbligo di notifica non pregiudica diritti riconosciuti ai singoli ai sensi della direttiva. Per quanto riguarda i diritti derivanti ai singoli dall'art. 30 del Trattato, la sostanziale compatibilità delle regole di cui trattasi con la libera circolazione delle merci è determinante. Si deve tener presente che se una regola tecnica costituisce un ostacolo agli scambi tra Stati membri, i singoli possono far valere direttamente il Trattato, senza la necessità di far ricorso alla direttiva.

87.
    Alla luce di queste considerazioni, non è sorprendente il fatto che la Corte, dichiarando, nella sentenza CIA Security, che regole tecnichenon notificate non sono opponibili ai singoli, si sia basata soltanto sull'efficacia del meccanismo di controllo della direttiva.

88.
    Ci si deve chiedere se le minacce all'efficacia del controllo ex ante, e indirettamente alla libera circolazione delle merci, siano sufficientemente gravi da giustificare un divieto, nei confronti di uno Stato membro, di applicare nei confronti dei singoli regole tecniche non notificate.

89.
    Nell'economia della direttiva la notifica dei progetti di regole tecniche è chiaramente essenziale poiché essa porta tali progetti alla luce del giorno. Solo attraverso una notifica la Commissione e gli altri Stati membri verranno a conoscenza dei progetti di uno Stato membro diretti all'adozione di nuove regolamentazioni tecniche. Tale conoscenza è il presupposto necessario per esercitare i vari diritti riconosciuti dalla direttiva (il diritto di esprimere osservazioni, l'emanazione di pareri circostanziati con la conseguenza di prorogare il periodo di sospensione, la dichiarazione dell'intenzione di adottare misure di armonizzazione). La conoscenza del fatto che l'adozione di tali regolamentazioni tecniche è attualmente in esame è altresì decisiva per i rimedi giuridici alternativi che esulano dall'ambito di applicazione della direttiva, quali i procedimenti per inadempimento.

90.
    Se uno Stato membro è consapevole di non poter applicare nei confronti dei singoli regole tecniche non notificate, l'incentivo anotificare è forte. E' sempre possibile che un operatore commerciale scopra che lo Stato membro non ha notificato una regola tecnica ed eccepisca la sua inopponibilità per tale motivo (il che sarebbe facile da provare). Una mancata notifica minaccerebbe quindi costantemente, come una spada di Damocle, l'applicabilità del provvedimento nazionale non notificato.

91.
    Se, viceversa, le regole tecniche non notificate dovessero rimanere opponibili ai singoli, uno Stato membro potrebbe essere indotto ad astenersi dalla notifica, in particolare ove fosse consapevole del fatto che una regolamentazione tecnica progettata creasse in realtà un ostacolo agli scambi delle merci. In mancanza di notifica il rischio che la Commissione o altri Stati membri scoprano l'ostacolo agli scambi contenuto nel progetto di provvedimento è esiguo. Sono così improbabili i procedimenti per inadempimento, che richiederanno in ogni caso tempo ed è improbabile che sfocino nell'irrogazione di sanzioni. Le azioni di risarcimento danni intentate da singoli sono di esito incerto. I singoli danneggiati dovranno normalmente attendere l'adozione ed una concreta applicazione di una siffatta regolamentazione tecnica prima di poter far valere l'art. 30 al fine di ottenere la disapplicazione di tali regole.

92.
    Per questi motivi, è a mio parere corretto ritenere, come ha fatto la Corte nella sentenza CIA Security, che, al fine di salvaguardare l'efficacia del meccanismo di controllo istituito dalla direttiva, uno Statomembro non sia legittimato ad opporre ai singoli regole tecniche adottate senza previa notifica.

93.
    Potrebbe aggiungersi che l'inopponibilità di regole tecniche non notificate può, come effetto collaterale, creare benefici inaspettati per taluni operatori commerciali. Essi potranno far valere nei confronti di uno Stato membro una violazione di una disposizione procedurale che non era diretta ad attribuire loro diritti e ciò avviene indipendentemente dal fatto che la regola tecnica di cui trattasi costituisca un ostacolo ingiustificato al commercio ai sensi dell'art. 30 del Trattato.

94.
    Inoltre, nella sentenza Lemmens (31), la Corte ha limitato in una certa misura gli effetti di un'omessa notifica. Essa ha dichiarato, al punto 35 della sentenza, che la mancata comunicazione di regole tecniche le rende inapplicabili solo in quanto ostacolano l'uso o la commercializzazione di un prodotto non conforme a tali regole. La sentenza nella causa Lemmens va intesa come un primo segnale del fatto che, a parere della Corte, la sentenza CIA Security dev'essere applicata ed estesa con prudenza.

2) Se gli obblighi procedurali della direttiva, ed in particolare l'obbligo di notifica, siano tali che una violazione debba rendere il provvedimentoinopponibile in tutti i tipi di controversie tra singoli, in particolare quelle derivanti da un contratto

95.
    Secondo la sentenza CIA Security una regola tecnica adottata senza previa notifica non è inopponibile in una causa civile tra concorrenti sulla base di norme nazionali che vietano pratiche commerciali sleali. Si pone il problema di stabilire se tale principio debba essere esteso alle cause civili tra singoli relative a diritti ed obblighi derivanti da un contratto. Un operatore commerciale quale la Unilever sarebbe legittimata a far valere un'inosservanza, da parte dello Stato membro, degli obblighi procedurali della direttiva 83/189 in cause contro un altro operatore commerciale come la Central Food al fine di ottenere la disapplicazione di una regolamentazione tecnica nazionale quale la legge italiana n. 313?

96.
    Alla luce dei paragrafi 68-74 delle conclusioni dell'avvocato generale Elmer potrebbe sostenersi che la Corte nella sentenza CIA Security ha già risolto tale questione in senso affermativo.

97.
    A mio parere, tuttavia, la Corte non può aver voluto che la sanzione dell'inopponibilità debba valere per tutti i tipi di controversie tra singoli.

98.
    In primo luogo, la pronuncia della Corte va letta alla luce delle particolari caratteristiche procedurali del caso di specie. Qualora deiconcorrenti cerchino di far valere una regola tecnica sulla base di norme nazionali relative alle pratiche commerciali sleali, il possibile risultato di tali cause, come ad esempio un'inibitoria o un'ingiunzione di pagare penali periodiche, non è molto diverso dal possibile risultato di atti coercitivi dello Stato nello stesso ambito quando esso agisce attraverso una pubblica accusa o un'autorità amministrativa.

99.
    In secondo luogo, va tenuto conto di altre considerazioni fondamentali. Il fatto che uno Stato membro non abbia osservato gli obblighi procedurali della direttiva in quanto tali non dovrebbe comportare, a mio parere, effetti pregiudizievoli per i singoli.

100.
    Ciò avviene, innanzi tutto, perché sarebbe difficile giustificare tali effetti alla luce del principio della certezza del diritto. Per il quotidiano esercizio del commercio, le regole tecniche vigenti per la vendita di merci debbono essere chiaramente e prontamente identificabili sia in quanto applicabili sia in quanto inapplicabili. Benché la presente controversia riguardi un quantitativo relativamente modesto di olio di oliva in bottiglia per un valore che non può incidere sulle finanze sia dell'Unilever che della Central Food in misura eccessiva, si può facilmente immaginare una causa esattamente analoga che verta su merci estremamente deperibili e su somme di danaro che rappresentino la differenza tra la prosperità e la rovina per l'una o l'altra delle parti interessate. Al fine di evitare difficoltà nei propri rapporti contrattuali, un singolo operatore commerciale dovrebbe essere al correntedell'esistenza della direttiva 83/189, conoscere la sentenza nella causa CIA Security, identificare una regola tecnica in quanto tale e stabilire con certezza se lo Stato membro di cui trattasi ha osservato o meno tutti gli obblighi procedurali della direttiva. Quest'ultimo elemento in particolare potrebbe rivelarsi estremamente difficoltoso per la mancanza di pubblicità della procedura prevista dalla direttiva. Non vi è obbligo da parte della Commissione di rendere pubblico il fatto che uno Stato membro abbia notificato o abbia omesso di notificare un determinato progetto di regola tecnica. Relativamente ai periodi di sospensione ai sensi dell'art. 9 della direttiva, non vi è modo, per i singoli, di venire a conoscenza del fatto che altri Stati membri abbiano fatto scattare il periodo di sospensione di sei mesi presentando pareri circostanziati alla Commissione. Analogamente, la Commissione non è neppure obbligata a rendere pubblico il fatto di aver informato uno Stato membro dell'intenzione di adottare una normativa comunitaria o del progetto di quest'ultima.

101.
    Il secondo problema è una possibile ingiustizia. Se una mancata notifica dovesse rendere inopponibile una regola tecnica nelle cause tra singoli, un singolo perderebbe una causa avente ad oggetto una regola del genere, non a seguito di un proprio inadempimento di un obbligo derivante dal diritto comunitario, ma a seguito del comportamento di uno Stato membro. La sopravvivenza economica di una ditta potrebbe essere messa a repentaglio soltanto nell'interesse dell'efficienza di un meccanismo diretto a controllare le attività normative degli Statimembri. Ciò avverrebbe indipendentemente dal fatto che la regola tecnica di cui trattasi costituisse un ostacolo agli scambi commerciali, una misura avente effetti neutri sugli scambi o addirittura una regola a favore degli scambi (32). L'unico rimedio per un operatore commerciale in tale situazione sarebbe quello di intentare ex post una rischiosa e costosa azione di risarcimento danni nei confronti di uno Stato membro. Non esiste neppure alcun motivo perché la controparte in causa tragga vantaggio, in maniera del tutto fortuita, da un inadempimento degli obblighi della direttiva commesso da uno Stato membro.

102.
    Ne consegue, a mio parere, che la soluzione corretta nelle cause tra singoli è una soluzione sostanziale. L'opponibilità di una regola tecnica in cause tra singoli dovrebbe dipendere soltanto dalla compatibilità di quest'ultima con l'art. 30 del Trattato. Se nella controversia in esame la legge italiana n. 313 è conforme all'art. 30 non vedo alcun motivo per cui la Central Food, che comprensibilmente fa valere le regole previste nella legislazione italiana, debba risultare soccombente nella causa dinanzi al giudice nazionale. Se però la legge italiana n. 313 fosse in contrasto con l'art. 30 del Trattato, allora il giudice nazionale dovrebbe essere tenuto a disapplicare la legge stessa per questo motivo.

103.
    Di conseguenza, concludo nel senso che nei confronti di un singolo un altro singolo non dovrebbe poter far valere, al fine di disapplicare una regola tecnica, un inadempimento degli obblighi della direttiva 83/189 commesso da uno Stato membro.

3) In alternativa: se la violazione degli obblighi di sospensione comporti l'inopponibilità di una regola tecnica

104.
    Se, contrariamente a quanto si è appena detto, la Corte dovesse decidere nel senso che le regole tecniche adottate in contrasto con gli obblighi procedurali stabiliti nella direttiva sono inopponibili in tutti i tipi di controversie tra singoli, si tratta di stabilire se l'obbligo di sospensione costituisca un obbligo procedurale del genere.

105.
    La sentenza nella causa CIA Security potrebbe essere interpretata nel senso che ne derivi che la violazione dell'obbligo di sospensione costituisce un «vizio procedurale sostanziale» nella stessa misura della mancata notifica. La Corte è giunta alla conclusione contenuta in tale sentenza dopo un esame congiunto degli artt. 8 e 9 - obblighi di notifica e di sospensione - alla luce degli scopi della direttiva. Al punto 44, ad esempio, la Corte ha affermato che «gli artt. 8 e 9 della direttiva 83/189 prescrivono un obbligo preciso per gli Stati membri di notificare alla Commissione i progetti di regole tecniche prima della loro adozione» e, al punto 50, che la direttiva ha lo scopo, «in una prospettiva più ampia, [di] eliminare o limitare gli ostacoli agli scambi,informare gli altri Stati membri delle regolamentazioni tecniche progettate da uno Stato, dare alla Commissione e agli Stati membri il tempo necessario per reagire e proporre una modifica che consenta di ridurre le restrizioni alla libera circolazione delle merci derivanti dalla misura progettata (...)». A tale conclusione si è altresì giunti dopo un esame della comunicazione della Commissione del 1986 che collegava gli obblighi di notifica e di sospensione (33).

106.
    Malgrado tali elementi, ritengo che un mancato rispetto dei periodi di sospensione non debba di per sé comportare l'inopponibilità della regola tecnica di cui trattasi. Ho sostenuto in precedenza che la sola considerazione che giustifichi l'inopponibilità per motivi procedurali di una regola tecnica non notificata è il potenziale indebolimento dell'efficacia del controllo comunitario. Tuttavia, mentre l'adempimento dell'obbligo di notificare un progetto di regola tecnica è essenziale per l'efficacia di tale controllo, l'osservanza del periodo di sospensione è meno importante.

107.
    Una volta notificato, un progetto di regola tecnica è stato diffuso all'esterno. Gli altri Stati membri e la Commissione sono quindi in grado di controllare effettivamente il rispetto degli obblighi procedurali imposti dalla direttiva e dagli obblighi sostanziali previsti dall'art. 30 e, se necessario, di avviare procedimenti per inadempimento.

108.
    Ritengo pertanto che la sanzione dell'inopponibilità per violazioni di obblighi procedurali diversi dall'obbligo di notifica ai sensi dell'art. 8, n. 1, della direttiva sarebbe sproporzionatamente severa.

109.
    Di conseguenza, concludo nel senso che in controversie civili tra singoli il giudice nazionale non dovrebbe disapplicare una regola tecnica che, benché notificata alla Commissione conformemente agli obblighi della direttiva, sia stata adottata prima della scadenza di un periodo di sospensione applicabile ai sensi della direttiva.

Conclusione

110.
    Ho trattato in maniera relativamente concisa degli obblighi di sospensione, anche se essi formano oggetto della questione pregiudiziale proposta dal giudice nazionale, in quanto tale questione non può essere considerata isolatamente e necessariamente solleva il più ampio problema degli effetti di una violazione degli obblighi procedurali della direttiva in generale. Inoltre, in termini pratici, il problema di gran lunga più importante è probabilmente quello degli effetti della mancata notifica di una regola tecnica da parte di uno Stato membro. La soluzione di tale problema da me proposta determina anche la soluzione della questione sollevata dal giudice nazionale.

111.
    A mio parere, una mancata notifica (che può avvenire molto frequentemente, data la vasta gamma di misure che potenzialmente rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva, e che può naturalmente essere involontaria) non può essere trattata in modo tale da avere effetti di ampia portata sui rapporti contrattuali tra i singoli. In sostanza la conseguenza sarebbe che solo sulla base di tali inosservaze da parte di Stati membri, i giudici sarebbero tenuti ad accertare un inadempimento contrattuale.

112.
    Tali effetti contrasterebbero con i principi fondamentali dei nostri ordinamenti giuridici, e contrasterebbero in particolare con gli obblighi fondamentali della certezza del diritto. Può esservi incertezza sulla questione di stabilire se una misura sia una regola tecnica e se una sua notifica fosse obbligatoria; incertezza, in assenza di disposizioni che prescrivano una procedura trasparente, sulla sua effettiva notifica; incertezza, qualora una regolamentazione nazionale o parti di essa siano disapplicate, su quale disciplina normativa debba sostituire le misure disapplicate; incertezza per quanto riguarda, in mancanza di colpa dell'una e dell'altra parte, i rimedi appropriati per l'inadempimento contrattuale. Per giunta, tali conseguenze verrebbero in essere indipendentemente dal fatto che le regole tecniche fossero un ostacolo alla libera circolazione delle merci e persino ove esse agevolassero tale libera circolazione. Non vedo alcun fondamento per attribuire tali effetti ad una mancata notifica.

113.
    Se, come da me sostenuto, la mancata notifica di regole tecniche da parte di uno Stato membro non dovrebbe essere trattata come una circostanza che incida sui rapporti contrattuali tra singoli e che sia alla base di un inadempimento contrattuale, allora è chiaro che neppure una violazione degli obblighi di sospensione dovrebbe essere trattata in tal modo. Vi sono molti argomenti comuni ai due casi. In particolare, gli argomenti basati sulla certezza del diritto, sull'ingiustizia e sulla mancanza di trasparenza si applicano, in modi diversi, a tutte le conseguenze derivanti da irregolarità procedurali commesse da Stati membri.

114.
    La verità è che le regole di procedura stabilite dalla direttiva sono regole intese a disciplinare i rapporti tra la Commissione e gli Stati membri. Esse non erano intese ad attribuire diritti sostanziali ai singoli, ancor meno a produrre effetti pregiudizievoli per questi ultimi. L'interesse preminente della Comunità di garantire la libera circolazione delle merci non sorge finché non è dimostrato che la regola tecnica ostacoli tale libera circolazione. In casi come quello in esame l'interesse della Comunità può essere pienamente garantito facendo valere l'art. 30 del Trattato.

115.
    Di conseguenza, la questione sollevata dal Pretore presso la Pretura circondariale di Milano dovrebbe a mio parere esser risolta nei seguenti termini:

Qualora uno Stato membro non adempia gli obblighi procedurali stabiliti dagli artt. 8 e 9 della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, tale inadempimento non può essere fatto valere dinanzi a giudici nazionali in controversie tra singoli derivanti da un contratto.


1: Lingua originale: l'inglese.


2: -     Direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU L 109, pag. 8), come modificata in particolare dalla direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, 88/182/CEE (GU L 81, pag. 75) e dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 marzo 1994, 94/10/CE, recante seconda modifica sostanziale della direttiva 83/189/CEE (GU L 100, pag. 30).


3: -     Sentenza 30 aprile 1996, causa C-194/94, CIA Security International SA (Racc. pag. I-2201).


4: -     L'estensione della definizione prevista al secondo comma dell'art. 1, punto 2), non figurava nella versione originale della direttiva; essa è stata introdotta dalle direttive 88/182 e 94/10, citate alla nota 1.


5: -     Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana 1986, n. 151, pag. 3.


6: -     Da ultimo con legge 6 febbraio 1996, n. 52, GURI Supplemento ordinario n. 24, pag. 1, art. 46, che attua la direttiva 94/10.


7: -     Comunicazione della Commissione concernente l'inosservanza di alcune disposizioni della direttiva del Consiglio 83/189/CEE (GU 1986 C 245, pag. 4).


8: -     L'equivalente dell'art. 9, n. 7, nella versione in precedenza citata.


9: -     Citata alla nota 2; v. punti 36-55 della sentenza ed il punto 2 del dispositivo.


10: -     GURI n. 201 del 29 agosto 1998.


11: -     GU 1998 C 177, pag. 2.


12: -     Regolamento (CE) della Commissione 22 dicembre 1998, n. 2815, relativo alle norme commerciali dell'olio d'oliva (GU L 349, pag. 56).


13: -     Vale a dire una designazione di origine o indicazione geografica registrata ai sensi del regolamento (CEE) del Consiglio 14 luglio 1992, n. 2081, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari (GU L 208, pag. 1).


14: -     E' pacifico che la data indicata al riguardo è conseguenza di un errore e che si deve intendere «4 maggio 1999».


15: -     Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (GU L 204, pag. 37), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 luglio 1998, 98/48/CE (GU L 217, pag. 18).


16: -     La direttiva 98/34 non prevede termini per la trasposizione, ma mantiene in vigore i termini per la trasposizione della direttiva 83/189 e delle direttive che modificano quest'ultima.


17: -    Direttiva del Consiglio 18 dicembre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità, così come modificata (GU 1979, L 33, pag. 1).


18: -     GURI n. 156 del 9 giugno 1982, pag. 4167. L'art. 3, lett. h), di tale decreto è stato preso in esame dalla Corte nella sentenza 17 settembre 1997, causa C-83/96, Provincia autonoma di Trento e a. (Racc. pag. I-5001).


19: -     Sebbene la condizione generale che l'etichettatura non deve indurre in errore l'acquirente sia prevista tanto all'art. 2 della direttiva 79/112 quanto all'art. 2 del Decreto del Presidente della Repubblica.


20: -     V. nota 2.


21: -     V. punti 42-44 della sentenza.


22: -     V. punto 48 della sentenza.


23: -     V. punti 51-53 della sentenza.


24: -     V. infra, paragrafo 98.


25: -     V. ad esempio, sentenza 13 novembre 1990, causa C-106/89, Marleasing (Racc. pag. I-4135).


26: -     V., ad esempio, sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker (Racc. pag. 53).


27: -     V., ad esempio, sentenza 14 luglio 1994, causa C-91/92, Faccini Dori (Racc. pag. I-3325).


28: -     V., ad esempio, sentenza 24 ottobre 1996, causa C-72/95, Kraaijeveld e a. (Racc. pag. I-5403) e, per una trattazione recente di alcuni problemi, le conclusioni dell'avvocato generale Léger, nella causa C-287/98, Lussemburgo/Linster e a., presentate l'11 gennaio 2000.


29: -     GU 1962, n. 13, pag. 204.


30: -     GU 1999, L 83, pag. 1.


31: -     Sentenza 16 giugno 1998, causa C-226/97 (Racc. pag. I-3711).


32: -     Ciò sembra conseguire dal ragionamento di cui al punto 57 della sentenza Cia Security, citata alla nota 2.


33: -     V. supra, paragrafo 8.