Language of document : ECLI:EU:C:2005:409

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

Christine Stix-Hackl

presentate il 28 giugno 20051(1)

Causa C-443/03

Götz Leffler

contro

Berlin Chemie AG

(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dallo Hoge Raad [Paesi Bassi])

«Cooperazione giudiziaria in materia civile – Trasmissione e notificazione o comunicazione di atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale – Regolamento (CE) n. 1348/2000 – Diritto al rifiuto di ricezione di un atto per assenza della traduzione – Conseguenze giuridiche discendenti dal legittimo esercizio di tale diritto»





I –    Introduzione

1.        In questa prima causa attinente all’interpretazione del regolamento del Consiglio (CE) n. 1348/2000 (2) (in prosieguo: il «regolamento») la Corte deve essenzialmente chiarire quali conseguenze giuridiche discendano dal regime linguistico previsto da tale regolamento, in particolare con riferimento al caso che il destinatario di un atto oggetto di notificazione o comunicazione faccia uso del diritto, a questi attribuito dall’art. 8 del regolamento, di rifiutare la ricezione dell’atto oggetto di notifica, in quanto non tradotto nella lingua ufficiale dello Stato membro richiesto. Occorre premettere che si tratta di una domanda di pronuncia pregiudiziale relativa ad un atto giuridico del Titolo IV del Trattato CE, disciplinata pertanto dall’art. 68 CE, in combinato disposto con l’art. 234 CE.

2.        In particolare, al fine di semplificare ed accelerare la trasmissione e la notifica o la comunicazione di atti giudiziari ed extragiudiziali (3), il regolamento ha introdotto in particolare una procedura diretta tra gli organi cosiddetti mittenti e riceventi e al riguardo ha adottato un regime linguistico che deve tener conto dei diversi interessi dell’attore e del convenuto. Conformemente a tale disciplina – proprio per esigenze di semplificazione e celerità della procedura – deve essere possibile notificare o comunicare un atto anche senza che venga tradotto; per contro, in determinati casi (4), al destinatario viene concesso il diritto di rifiutare la ricezione dell’atto per mancanza della traduzione. Ciò costituisce l’oggetto del regime linguistico attualmente in questione, previsto dall’art. 8 del regolamento, laddove il tenore letterale di questa disposizione non affronta la questione di quali conseguenze giuridiche discendano dall’esercizio – legittimo – di questo diritto di rifiutare la ricezione di un atto. Le questioni poste dallo Hoge Raad dei Paesi Bassi riguardano tali conseguenze giuridiche.

3.        In particolare viene chiesto se la prima procedura di trasmissione e notificazione possa produrre effetti giuridici nonostante l’esercizio del diritto di rifiuto di ricezione e, in caso di risposta affermativa, quali regole debba seguire la procedura di invio a posteriori della traduzione mancante. Al riguardo, si tratta chiaramente di una lacuna normativa del regolamento n. 1348/2000 (5). È evidente la rilevanza pratica di tali questioni, che si pongono altresì in relazione al più ampio problema della sanatoria di vizi di una notificazione o di una comunicazione transnazionale (6).

II – Contesto normativo

4.        L’art. 5 del regolamento n. 1348/2000 così stabilisce:

«1. Il richiedente è informato dall’organo mittente a cui consegna l’atto per la trasmissione che il destinatario può rifiutare di ricevere l’atto se esso non è compilato in una delle lingue di cui all’articolo 8.

2. Il richiedente sostiene le eventuali spese di traduzione prima della trasmissione dell’atto, fatta salva un’eventuale decisione successiva del giudice o dell’autorità competente sull’addebito di tale spesa».

5.        L’art. 8 del regolamento n. 1348/2000, rubricato «Rifiuto di ricezione dell’atto», a sua volta prevede quanto segue:

«1)      L’organo ricevente informa il destinatario che può rifiutare di ricevere l’atto oggetto della notificazione o della comunicazione se è redatto in una lingua diversa da una delle seguenti lingue:

a)      la lingua ufficiale dello Stato membro richiesto oppure, qualora lo Stato membro richiesto abbia più lingue ufficiali, la lingua o una delle lingue ufficiali del luogo in cui deve essere eseguita la notificazione o la comunicazione, oppure

b)      una lingua dello Stato membro mittente compresa dal destinatario.

2)      Se l’organo ricevente è informato del fatto che il destinatario rifiuta di ricevere l’atto a norma del paragrafo 1, ne informa immediatamente l’organo mittente utilizzando il certificato di cui all’articolo 10 e gli restituisce la domanda e i documenti di cui si chiede la traduzione».

6.        Con riguardo alla data della notificazione o della comunicazione l’art. 9 del regolamento n. 1348/2000 recita quanto segue:

«1)      Fatto salvo il disposto dell’articolo 8, la data della notificazione o della comunicazione, effettuata a norma dell’articolo 7, è quella in cui l’atto è stato notificato o comunicato secondo la legge dello Stato membro richiesto.

2)      Tuttavia, se, nell’ambito di un procedimento da avviare o pendente nello Stato membro mittente, un atto deve essere notificato o comunicato entro un determinato termine, la data da prendere in considerazione nei confronti del richiedente è quella prevista dalla legge di detto Stato membro.

3)      Gli Stati membri sono autorizzati a derogare, per giusti motivi, alle disposizioni dei paragrafi 1 e 2 per un periodo transitorio di cinque anni.

Il periodo transitorio può essere rinnovato ogni cinque anni dagli Stati membri per motivi connessi con i loro ordinamenti giuridici. Gli Stati membri informano la Commissione sul tenore delle deroghe e le circostanze ad esse relative».

7.        L’art. 19 del regolamento n. 1348/2000 disciplina la mancata comparsa del convenuto e stabilisce:

«1)      Quando un atto di citazione o un atto equivalente sia stato trasmesso ad un altro Stato membro per la notificazione o la comunicazione, secondo le disposizioni del presente regolamento, ed il convenuto non compare, il giudice è tenuto a soprassedere alla decisione fintanto che non si abbia la prova:

a)      o che l’atto è stato notificato o comunicato secondo le forme prescritte dalla legislazione dello Stato membro richiesto per la notificazione o la comunicazione degli atti redatti in tale paese e destinati alle persone che si trovano sul suo territorio;

b)      o che l’atto è stato effettivamente consegnato al convenuto o nella sua residenza abituale secondo un’altra procedura prevista dal presente regolamento;

e che, in ciascuna di tali eventualità, sia la notificazione o comunicazione sia la consegna ha avuto luogo in tempo utile perché il convenuto abbia avuto la possibilità di difendersi.

(...)».

III – Fatti e procedimento

8.        Il presente procedimento trae origine da una causa pendente dinanzi al giudice olandese tra il ricorrente tedesco residente nei Paesi Bassi Götz Leffler (in prosieguo: il «sig. Leffler») e una società di diritto tedesco con sede in Germania, la Berlin Chemie AG (in prosieguo: la «Berlin Chemie»).

9.        Il 21 giugno 2001, nel corso di un procedimento dinanzi alla Rechtbank di Arnhem, il sig. Leffler chiedeva l’adozione di un provvedimento d’urgenza per l’annullamento e, in via subordinata, la revoca di diversi sequestri esistenti a suo carico.

10.      Tale richiesta veniva respinta il 13 luglio 2001. Avverso tale decisione il sig. Leffler sollevava ricorso dinanzi al Gerechtshof di Arnhem. La Berlin Chemie veniva pertanto citata a comparire all’udienza dinanzi al Gerechtshof del 7 agosto 2001.

11.      A causa di un vizio di procedura la Berlin Chemie veniva nuovamente citata il 9 agosto 2001. Al termine fissato il 23 agosto 2001 la Berlin Chemie non compariva.

12.      La decisione sulla richiesta di dichiarazione di contumacia da parte del sig. Leffler veniva sospesa, in quanto la citazione non soddisfaceva i requisiti del Wetboek von burgerlijke Rechtsvordering (codice di procedura civile olandese) e del regolamento.

13.      Con rinnovato atto di citazione del 7 settembre 2001 la Berlin Chemie veniva citata all’udienza dinanzi al Gerechtshof del 9 ottobre 2001. Nuovamente la Berlin Chemie non compariva alla data stabilita.

14.      La decisione sulla richiesta di dichiarazione di contumacia veniva nuovamente sospesa in attesa che fossero fornite prove dalle quali risultasse l’osservanza dei requisiti di cui all’art. 19 del regolamento con riguardo alla notifica o alla comunicazione. Tali prove venivano fornite all’udienza dinanzi al Gerechtshof del 4 dicembre 2001.

15.      Con sentenza 18 dicembre 2001 la richiesta veniva respinta, in particolare non si dava corso alla richiesta di pronunciare una sentenza contumaciale contro la Berlin Chemie per il mancato rispetto dei requisiti previsti dall’art. 8 del regolamento.

16.      Avverso tale sentenza il sig. Leffler proponeva ricorso per cassazione dinanzi allo Hoge Raad. In quell’occasione egli faceva valere che il Gerechtshof avrebbe dovuto senz’altro pronunciarsi in contumacia, in via subordinata fissare un nuovo termine di comparizione e disporre che la Berlin Chemie – previa rimozione di eventuali vizi della precedente citazione – poteva essere citata a comparire in tale data.

17.      Ad avviso dello Hoge Raad, né dall’art. 8, né da alcuna altra disposizione del regolamento, è possibile desumere quali conseguenze giuridiche siano collegate al rifiuto da parte del destinatario di ricevere l’atto, previsto dall’art. 8, n. 1. Il giudice a quo ritiene pertanto essenzialmente possibili due diverse interpretazioni: la notificazione viziata potrebbe o essere sanata oppure essere considerata come non avvenuta.

18.      Pertanto, con ordinanza del 17 ottobre 2003, depositata nella cancelleria della Corte il 20 ottobre 2003, lo Hoge Raad dei Paesi Bassi presentava alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE sulle seguenti questioni:

«1)      Se l’art. 8, n. 1, del regolamento (CE) n. 1348/2000 debba essere interpretato nel senso che – in caso di rifiuto da parte del destinatario di accettare l’atto, per il fatto che non è stato osservato il regime linguistico di cui alla menzionata disposizione – il mittente ha la possibilità di porre rimedio a tale omissione.

2)      Per il caso in cui la soluzione della prima questione sia di senso negativo, se al rifiuto di accettare l’atto debba essere necessariamente collegata la conseguenza che la notifica è del tutto priva di effetti.

3)      Per il caso in cui la soluzione della prima questione sia di senso affermativo:

a)      Entro quale termine e con quali modalità si debba portare a conoscenza del destinatario la traduzione. Se per l’invio della traduzione vigano i requisiti prescritti dal regolamento per le notifiche e le comunicazioni di atti o se l’invio sia in forma libera.

b)      Se alla possibilità di sanare l’atto si applichi il diritto processuale civile nazionale».

IV – Valutazione di giuridica

A –    Considerazioni di carattere generale sul regolamento n. 1348/2000

1.      Sulla finalità della disciplina prevista dal regolamento

19.      Il regolamento è diretto in primo luogo a migliorare e ad accelerare la trasmissione fra gli Stati membri, a fini di notificazione, degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (7). Tale obiettivo è indirettamente destinato al «buon funzionamento del mercato interno» (8).

20.      Occorre considerare che la trasmissione e la notificazione di atti giuridici si trovano al crocevia tra amministrazione della giustizia (9), tutela del convenuto (10) ed economia processuale (11). Il conseguimento degli obiettivi sopra menzionati può pertanto risultare problematico per il fatto che una trasmissione più veloce di atti può parzialmente incidere sulla tutela del convenuto, ad esempio quando non ne vengano più garantiti gli effettivi diritti della difesa, indipendentemente dal fatto che ciò accada per fattori linguistici, temporali o per altri motivi. A sua volta, la tutela del convenuto non può tuttavia comportare che all’attore sia sottratto il suo giudice costituito per legge, ad esempio mediante la possibilità per il convenuto di vanificare la notificazione o la comunicazione.

21.      A ciò si aggiungono aspetti di sovranità statale che pongono, tra l’altro, la questione della misura in cui uno Stato è disposto a rinunciare a modalità di notifica «formali» – ad esempio a favore di forme moderne di notifica come la notifica a mezzo posta (12) –, e della misura in cui uno Stato è disposto ad adoperarsi quale «assistente» di un altro Stato in occasione della notifica di atti.

22.      Una disciplina della notificazione che sia in grado di funzionare nel traffico giuridico tra Stati richiede pertanto un bilanciamento tra tali interessi contrapposti.

23.      Tale bilanciamento si rende tanto più necessario per il fatto che esso interessa beni giuridici tutelati da principi generali del diritto comunitario. Al riguardo si ricordi che, secondo giurisprudenza costante, una norma di diritto comunitario derivato – quindi anche gli obiettivi che essa persegue – va interpretata, nei limiti del possibile, nel senso della sua conformità con le disposizioni del Trattato e con i principi generali del diritto comunitario (13).

24.      Secondo una giurisprudenza costante, i principi generali del diritto comprendono in particolare i diritti fondamentali dei quali la Corte garantisce l’osservanza (14). A tal fine essa si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito. Tra tali trattati rientra anche la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU») (15), come discende altresì dall’art. 6, n. 2, UE.

25.      Da tale ambito di tutela, che la Corte ha l’obbligo di salvaguardare, essa ha sviluppato il principio dell’equo processo (16), il quale, sebbene postuli la celerità del procedimento, rivolge particolare attenzione alla necessità che le parti del procedimento siano ad armi pari. Tuttavia, al tempo stesso tale principio comprende anche la tutela della CEDU e conseguentemente i principi generali di diritto, il diritto al giudice costituito per legge (art. 6, n. 1) e il diritto al contraddittorio (art. 6, n. 3). Le disposizioni del regolamento devono essere interpretate alla luce di questi principi, tanto più che si tratta di un regolamento relativo al diritto processuale, in quanto è proprio obiettivo del diritto processuale garantire l’equilibrio tra gli interessi delle parti. Occorre pertanto analizzare il regolamento in via prioritaria sotto tale aspetto del contemperamento degli interessi, come emerge altresì dalla sua genesi legislativa.

2.      Sulla genesi del regolamento

26.      La tutela dell’attore nazionale in occasione della complessa procedura di notificazione o comunicazione all’estero – in particolare mediante la figura della notifica fittizia – costituiva una questione di primo piano nel diritto processuale internazionale (17). A causa della rilevanza attribuita nel diritto internazionale al rispetto della sovranità statale, fino all’elaborazione di strumenti particolari nell’ambito delle relazioni giuridiche internazionali una notificazione o comunicazione era ammessa – quando ciò era possibile – soltanto per via diplomatica.

27.      Tale sistema è stato integrato mediante accordi internazionali, circostanza che non sorprende, vista la contiguità della tematica alla sovranità statale. Attraverso tali accordi sono state istituite procedure per la trasmissione e la notificazione internazionale di atti, senza che tuttavia sia stata contemporaneamente posta attenzione all’aspetto relativo all’efficienza di tali procedure, non da ultimo proprio a causa della necessità di tutelare la sovranità degli Stati.

28.      Anche e proprio nell’ambito dell’europeizzazione delle norme che disciplinano la notificazione, ha assunto un ruolo di rilievo la convenzione sulla notificazione firmata a l’Aja nel 1965 (in prosieguo: la «convenzione dell’Aja»). Tale convenzione, da una parte, ha migliorato il tradizionale sistema di notifica per via diplomatica, introducendo la possibilità di notificare mediante le autorità centrali; dall’altra, essa si è occupata della tutela del convenuto, stabilendo in particolare all’art. 15 segg. che una sentenza in contumacia possa essere emessa solo quando sia stato accertato che l’atto oggetto di notifica o comunicazione abbia effettivamente raggiunto il convenuto e che a quest’ultimo sia stato concesso un termine sufficiente per la costituzione in giudizio.

29.      Nello spazio di giustizia europeo il coordinamento delle diverse procedure tra gli Stati membri e la tutela della libera circolazione delle sentenze era invero affidato alla convenzione di Bruxelles del 1968 (18). Con riguardo alla trasmissione di atti processuali, tuttavia, tale convenzione si limitava a rinviare, nell’art. IV del suo protocollo aggiuntivo, alla convenzione dell’Aja, adottata poco tempo prima.

30.      Solo una volta constatato che la libera circolazione delle sentenze nel mercato interno non poteva realizzarsi a causa dei problemi connessi alla notificazione (19) si è potuto dare avvio ad una nuova iniziativa politica. A tale riguardo occorre considerare che anche nelle relazioni giuridiche interne alla Comunità la notificazione o comunicazione di un atto è soggetta ad un doppio controllo giurisdizionale: in primo luogo nell’ambito del processo di cognizione, con riguardo all’eventualità di adottare una sentenza in contumacia, qualora ad esempio un convenuto (straniero) non compaia nel termine stabilito; successivamente, tuttavia, anche nell’ambito della procedura di riconoscimento, quando si debba riconoscere una sentenza contumaciale emessa in un altro Stato (20). In entrambi i procedimenti può accadere che vengano trattati eventuali vizi delle notifiche, con corrispondenti ritardi e conseguenti incertezze e contrasti.

31.      Con un atto del 26 maggio 1997 (21) il Consiglio ha stabilito la convenzione relativa alla notificazione negli Stati membri dell’Unione europea degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale, raccomandandone agli Stati membri l’adozione secondo le rispettive norme costituzionali.

32.      Il regolamento si basa essenzialmente su tale convenzione, che non è più entrata in vigore in quanto il trattato di Amsterdam, mediante la comunitarizzazione di quelle parti del cosiddetto terzo pilastro che riguardano la cooperazione giudiziaria in materia civile, ha introdotto nuove norme sulla competenza negli artt. 61 CE e 65 CE. In tal modo la convenzione è divenuta obsoleta. Tuttavia, le norme sono state recepite in misura pressoché identica (22), sicché l’interpretazione del regolamento non può prescindere da un’adeguata considerazione della convenzione, nonché della sua relazione esplicativa (23).

33.      Il regime linguistico di cui all’art. 8, n. 1, della convenzione sulla notificazione corrisponde a quanto prescritto dall’art. 8, n. 1, del regolamento. Nell’ottica dell’accelerazione nella trasmissione di atti, tali disposizioni ammettono – non da ultimo allo scopo di risparmiare le spese di traduzione (24) – una notificazione o una comunicazione in una lingua che non corrisponde alla lingua ufficiale dello Stato richiesto, vale a dire la lingua dello Stato mittente, se tale lingua viene compresa dal destinatario della notifica. La portata di tale disciplina è stata chiaramente oggetto di discussione in occasione dei negoziati: mentre alcuni Stati, tra cui la Francia, ritenevano necessaria la più ampia armonizzazione delle norme relative alla notifica, altri Stati, come ad esempio la Repubblica federale di Germania, preferivano una soluzione nazionale. Alla fine ci si è attestati su una posizione di compromesso (25).

B –    Sulle questioni pregiudiziali

1.      Osservazioni introduttive sulle modalità dell’analisi

34.      La trasmissione di atti giudiziari tra Stati membri è accompagnata frequentemente da problemi di carattere linguistico. Una difesa effettiva – quindi, in ultima analisi, la tutela dei diritti della difesa e la salvaguardia del contraddittorio – presuppone la possibilità di conoscere l’atto interessato, la qual cosa a sua volta può richiedere una traduzione.

35.      La trasmissione e la notificazione o comunicazione di atti giudiziari o extragiudiziali nelle relazioni giuridiche interne alla Comunità secondo la procedura prevista dagli artt. 4 e segg. del regolamento pone questioni di natura pratica, non solo a causa della necessaria collaborazione tra autorità di diversi Stati membri, ma anche con riguardo alle barriere linguistiche che occorre superare. A ciò si aggiungono questioni di carattere giuridico, che possono sorgere non da ultimo a causa dell’assenza di armonizzazione nel diritto processuale.

36.      L’art. 8, n. 1, del regolamento n. 1348/2000, alla cui interpretazione la Corte è chiamata, prevede un regime linguistico che costituisce una semplificazione, in quanto non richiede la traduzione sistematica degli atti oggetto di trasmissione. Questo vantaggio a favore del mittente viene compensato – nell’ottica della «parità delle armi» – dal diritto di rifiuto del destinatario. Tuttavia, per il caso in cui si faccia legittimamente (26) uso di tale diritto, è pacifico che il regolamento non specifica quali conseguenze giuridiche discendano dall’esercizio di tale diritto (27).

37.      Poiché il giudice a quo nella prima questione pregiudiziale essenzialmente chiede se esiste la possibilità di sanatoria – intesa chiaramente come invio a posteriori della traduzione, originariamente mancante, dell’atto oggetto di notifica –, si pone in primo luogo la questione se tale possibilità di sanatoria debba essere disciplinata dal diritto comunitario o da quello nazionale.

38.      Se dovesse risultare pertinente il diritto nazionale e nel caso questo fosse contrario ad una sanatoria, occorrerebbe allora ulteriormente esaminare se nel presente contesto l’autonomia processuale dello Stato membro interessato non debba trovare un limite nel principio comunitario di effettività.

39.      Qualora, al contrario, il diritto nazionale o il diritto comunitario prevedano la possibilità di sanatoria nel senso sopra descritto, occorre allora esaminare quali modalità si rendano necessarie per perfezionare la sanatoria della notifica inefficace. In particolare, occorre chiedersi quali conseguenze produrrebbe una tale sanatoria su eventuali termini processuali in corso.

2.      Sulla questione delle conseguenze giuridiche che possono discendere da un legittimo rifiuto di ricezione di un atto

a)      Argomenti dei soggetti che hanno presentato osservazioni

40.      Il sig. Leffler è dell’avviso che in particolare la convenzione dell’Aja (28) non possa essere applicata per l’interpretazione dell’art. 8, n. 1, del regolamento. Sarebbe piuttosto la convenzione sulla notificazione (29), comprensiva di relazione esplicativa, a dover essere presa in considerazione. Il sig. Leffler ricorda che anche secondo la convenzione sulla notificazione al destinatario della notifica spetterebbe il diritto di rifiutare la ricezione. Tuttavia, dal testo di tale convenzione non sarebbe possibile dedurre quali conseguenze giuridiche produca l’esercizio di tale diritto. Dalla relazione esplicativa della convenzione sarebbe possibile desumere che tali conseguenze giuridiche devono essere stabilite in conformità al diritto nazionale. Pertanto, qualora il diritto nazionale preveda la possibilità di sanatoria, l’art. 8, n. 1, del regolamento non sarebbe contrario a tale possibilità, nel rispetto di eventuali limiti di carattere temporale discendenti dall’art. 19 del regolamento.

41.      Per il caso in cui la Corte privilegi un’interpretazione autonoma dell’art. 8, n. 1, del regolamento, il sig. Leffler osserva che il regolamento dovrebbe tutelare il destinatario esclusivamente rispetto alla notifica di un documento a lui non comprensibile, che produca effetti giuridici a suo carico. Non dovrebbe invece essere possibile l’interruzione dell’intero procedimento. L’inefficacia totale della prima notifica, che non si sia perfezionata per vizi linguistici, andrebbe oltre la necessaria tutela del convenuto.

42.      Non sarebbe ammissibile che errori non imputabili all’attore, bensì ad esempio ai traduttori o al giudice, provochino una decadenza del diritto dell’attore. In particolare, l’inefficacia comporterebbe l’inosservanza di termini da parte del mittente, circostanza che non potrebbe essere giustificata, soprattutto se l’errore non sia stato a lui imputabile. Nel presente contesto sarebbe sufficiente la tutela del convenuto offerta dall’art. 19 del regolamento.

43.      La Berlin Chemie osserva, per contro, che l’inefficacia della notifica per vizi linguistici discenderebbe dagli artt. 7, 8 e 9 del regolamento. A favore di tale inefficacia deporrebbero le indicazioni ivi previste «Le formalità necessarie per la notificazione o la comunicazione» e «Rifiuto di ricezione dell’atto».

44.      La Berlin Chemie richiama inoltre l’art. 6 CEDU, in conformità al quale atti che il convenuto non comprenda non possono avere alcun effetto giuridico. Un atto che non produce effetti giuridici non sarebbe «sanabile», bensì inefficace, con la conseguenza che per poter produrre effetti giuridici è necessaria una nuova notifica. In via subordinata, la Berlin Chemie fa valere che comunque all’attore non dovrebbe essere concessa più di una possibilità per correggere eventuali omissioni, in particolare quando egli abbia agito senza assistenza legale.

45.      La Commissione sostiene che l’interpretazione del regolamento dovrebbe avvenire alla luce della convenzione sulla notificazione (30), in quanto alla base del regolamento sarebbero gli stessi principi ispiratori di tale convenzione. Occorrerebbe altresì considerare gli sviluppi istituzionali successivi all’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam e alla progressiva instaurazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

46.      Dai ‘considerando’ del regolamento discenderebbe l’obbligo di tener conto degli interessi legittimi di tutte le parti e al contempo la necessità di garantire il libero svolgimento del procedimento giudiziario. Il regolamento attribuirebbe particolare valore all’effettività e alla celerità dei procedimenti giudiziari.

47.      Con riguardo al regime linguistico di cui all’art. 8, n. 1, del regolamento, la Commissione fa osservare che tale disciplina sarebbe basata su un’impostazione caratterizzata da fattispecie tipiche (31) e che conseguentemente un rifiuto di ricezione non potrebbe essere sempre giustificato da motivi imperativi legati alla tutela del convenuto.

48.      Inoltre, la Commissione sottolinea che il mancato rispetto del regime linguistico non comporterebbe necessariamente l’obbligo di rifiutare la ricezione. Il testo del regolamento – in particolare l’art. 8, n. 1 (32) – non permetterebbe di affermare che l’efficacia di una notificazione o di una comunicazione dipenda dall’osservanza di quanto prescritto in materia di lingua.

49.      La previsione del diritto di rifiutare la ricezione di cui all’art. 8, n. 1, del regolamento non permette pertanto in primo luogo di trarre conclusioni in merito all’efficacia della procedura di notifica. Ad avviso della Commissione, tuttavia, la circostanza che non esista una disciplina delle conseguenze legate al rifiuto di ricezione non comporterebbe necessariamente che assuma rilevanza il diritto nazionale, nonostante occorra ammettere che negli atti preparatori del regolamento esistono taluni elementi a sostegno di tale conclusione.

50.      La Commissione è dell’avviso che l’applicazione di disposizioni nazionali nel presente contesto condurrebbe a conseguenze giuridiche non unitarie all’interno degli Stati membri, producendo pertanto incertezza del diritto.

51.      La Commissione pertanto, in considerazione della portata limitata dei corrispondenti spunti presenti nel testo del regolamento stesso, propone di determinare in via autonoma le conseguenze giuridiche derivanti dal rifiuto di ricezione di un atto.

52.      La Commissione valuta in primo luogo l’ipotesi di non riconoscere alcun effetto giuridico alla prima notifica invalida. Tuttavia, a suo avviso, tale ipotesi – contrariamente al bilanciamento perseguito dallo stesso regolamento – avrebbe l’effetto di avvantaggiare il convenuto in misura sproporzionata. Contro la tesi dell’inefficacia totale deporrebbe anche l’assenza di una chiara base normativa in tal senso. Infine, in tal modo l’attore vedrebbe eventualmente annullato il proprio diritto fondamentale al giudice costituito per legge.

53.      Ad avviso della Commissione, sarebbe pertanto conforme all’obiettivo del regolamento di garantire uno svolgimento regolare del procedimento giudiziario il conferire all’attore la possibilità di «sanare» la prima notifica non perfezionata mediante invio della traduzione mancante. A favore di tale interpretazione deporrebbero anche il testo e l’«effet utile» dell’art. 8, n. 2, secondo il quale «… la domanda e i documenti di cui si chiede la traduzione [devono essere restituiti]».

54.      Le osservazioni del governo tedesco si basano sull’assunto secondo il quale nel regolamento l’assenza di una disciplina delle conseguenze giuridiche, con riguardo al regime linguistico di cui all’art. 8, n. 1, sarebbe frutto di una scelta consapevole. Ciò discenderebbe dai lavori preparatori della precedente disciplina prevista dalla convenzione sulla notificazione. Pertanto, anche in considerazione della sentenza Lancray (33), le conseguenze giuridiche e quindi anche la possibilità di sanatoria andrebbero valutate secondo il diritto nazionale.

55.      Il governo finlandese essenzialmente condivide le osservazioni della Repubblica federale di Germania. A suo avviso, si evince in particolar modo dai ‘considerando’ della convenzione sulla notificazione che, con riguardo alle conseguenze giuridiche, occorrerebbe ricorrere in via di principio al diritto degli Stati membri.

56.      Il governo olandese fa riferimento all’art. 8, n. 2, del regolamento, che prevede che soltanto i documenti da tradurre devono essere restituiti, e ne deduce che con riferimento alla parte restante, che non viene rispedita, sarebbe ammissibile una sanatoria se la trasmissione è conforme al regolamento. La possibilità di sanatoria discenderebbe altresì dai lavori preparatori dell’art. 8, n. 1, del regolamento, in quanto dalla relazione esplicativa relativa all’art. 8 della convenzione sulla notificazione – sotto questo profilo analoga – sarebbe possibile desumere la possibilità di sanare entro un termine adeguato la prima notifica che non si sia perfezionata per vizi linguistici.

57.      Il governo portoghese parte da un’analoga interpretazione dell’art. 8, n. 2, del regolamento e sottolinea inoltre che eventuali difficoltà relative alla trasmissione di atti dovrebbero essere risolte nello spirito di leale collaborazione tra le parti.

58.      Punto di partenza delle osservazioni del governo francese è al contrario la centralità, nel regolamento, della tutela del destinatario della notifica, come sarebbe possibile dedurre in particolare dal decimo ‘considerando’ del regolamento stesso (34). Tuttavia, in considerazione delle finalità del regolamento, il governo francese perviene alla conclusione che l’art. 8, n. 1, del regolamento, nell’ottica di un equo bilanciamento degli interessi, imporrebbe la necessità che nella legislazione nazionale sia prevista la possibilità di sanatoria della prima notifica, che non si sia perfezionata per vizi linguistici.

b)      Valutazione di giuridica

59.      Come già accennato (35), occorre in primo luogo analizzare se l’assenza, nell’art. 8, n. 1, del regolamento, di una disciplina delle conseguenze giuridiche imponga o ammetta di applicare le norme nazionali. Successivamente, occorre esaminare eventuali disposizioni del diritto comunitario con riguardo alle conseguenze giuridiche in questione.

i)      Sull’ordinamento rilevante

60.      Il fatto che le conseguenze giuridiche derivanti dal legittimo esercizio del diritto di rifiutare la ricezione di un atto in conformità all’art. 8, n. 1, del regolamento debbano essere disciplinate dal diritto nazionale solo perché un’espressa disciplina in tal senso è assente nel regolamento, appare sotto più aspetti discutibile.

61.      Proprio la genesi legislativa del regolamento mostra che gli ordinamenti nazionali non sono in grado di risolvere questioni relative alla notificazione o alla comunicazione internazionale, né sotto il profilo di un effettivo svolgimento del procedimento, né sotto quello di un’adeguata tutela dei legittimi interessi dell’attore, da una parte, e del convenuto, dall’altra. Anche gli strumenti di diritto internazionale si sono dimostrati insufficienti, cosicché si è resa necessaria un’iniziativa a livello comunitario. Conseguentemente, il regolamento n. 1348/2000, mediante il procedimento decentrato di cui agli artt. 2 e segg., offre uno specifico strumento che, proprio alla luce di eventuali vuoti normativi, può essere utilizzato solo in via autonoma. A mio avviso esiste un’innegabile relazione tra la disciplina del riconoscimento di un diritto – che qui assume la forma di diritto al rifiuto di ricezione – e la disciplina delle conseguenze giuridiche derivanti dall’esercizio di tale diritto.

62.      La necessità di un’autonoma interpretazione di strumenti specifici del diritto comunitario può trovare giustificazione anche nelle finalità della normativa interessata (36). Il regolamento si prefigge di sviluppare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone (37). Già soltanto questa finalità postula il più ampio ravvicinamento delle conseguenze giuridiche dei diritti attribuiti dal regolamento, in quanto una interpretazione differenziata di tali conseguenze produrrebbe un’incertezza del diritto ed una frammentazione inaccettabili, proprio in un settore particolarmente delicato per i diritti fondamentali come quello del processo civile.

63.      A tale riguardo occorre inoltre considerare che la necessità del regolamento viene giustificata nel quarto ‘considerando’ per il fatto che gli obiettivi del regolamento non possono essere sufficientemente realizzati a livello nazionale. Una «fuga» nel diritto nazionale allo scopo di colmare eventuali vuoti normativi appare in tale contesto poco coerente.

64.      In proposito occorre altresì valutare che il diritto degli Stati membri potrebbe essere contrario ad una sanatoria, nonché prevedere al riguardo differenti modalità. Ma se un ordinamento nazionale potesse opporsi ad una sanatoria, a sua volta a livello comunitario si porrebbe la questione del limite – sotto forma di principio di effettività – all’autonomia processuale dello Stato membro interessato. Tale «deviazione» sul diritto nazionale può essere evitata, qualora, con riguardo al regolamento – tenendo adeguatamente conto dell’oggetto limitato della sua disciplina –, sia fornita un’autonoma interpretazione delle conseguenze giuridiche derivanti dal legittimo esercizio del diritto a rifiutare la ricezione di un atto a norma dell’art. 8, n. 1.

65.      Occorre pertanto stabilire che l’oggetto della disciplina prevista dal regolamento non comprende solo i presupposti del rifiuto da parte del destinatario di ricevere atti oggetto di notifica, ma deve comprendere altresì le conseguenze giuridiche che ne discendono.

ii)    Sugli eventuali effetti di una notifica non perfezionatesi a causa del legittimo esercizio del diritto al rifiuto di ricezione

66.      È controverso se una notifica, che non ha potuto essere perfezionata a causa del legittimo esercizio del diritto al rifiuto di ricezione di un atto di cui all’art. 8, n. 1, del regolamento, debba essere considerata del tutto inefficace, o se piuttosto possa produrre determinati effetti giuridici.

–       La traduzione dell’atto oggetto di notifica costituisce una condizione di efficacia della notifica?

67.      Occorre in primo luogo rilevare che né la lettera, né la sistematica, né infine la ratio del regolamento n. 1348/2000 impongono la traduzione dell’atto oggetto di notifica. Se, pertanto, tale traduzione non è chiaramente concepita quale condizione di efficacia di una notifica, non si capisce come la sua mancanza possa essere considerata motivo di inefficacia del processo di notifica (38).

68.      Dal regolamento non è possibile desumere un dovere del richiedente, vale a dire della persona nel cui interesse viene effettuata una notifica, di far tradurre l’atto oggetto di notifica nella lingua dello Stato «richiesto» (39).

69.      Dall’art. 8, n. 1, del regolamento discende soltanto che la mancanza di una traduzione dell’atto oggetto di notifica attribuisce al destinatario il diritto di rifiutare la ricezione dell’atto. Soltanto mediante l’esercizio o il mancato esercizio di tale diritto diviene chiaro se una notificazione dell’atto sia avvenuta o meno.

70.      Il riferimento, nell’art. 7, n. 2, del regolamento, alle «formalità necessarie per la notificazione o la comunicazione» non giustifica l’assunto secondo il quale la mancanza di una traduzione in una delle lingue menzionate nell’art. 8, n. 1 comporterebbe la totale inefficacia della relativa notifica. Questa disposizione spiega soltanto che, con riguardo alla forma della notifica, la legislazione dello Stato membro richiesto è in linea di principio quella applicabile, senza mettere in questione l’assenza di un obbligo di traduzione, che discende dal regolamento stesso.

71.      Anche l’art. 8, n. 2, del regolamento si oppone all’assunto secondo il quale la mancanza di una traduzione in una delle lingue menzionate nell’art. 8, n. 1 comporterebbe la totale inefficacia della relativa notifica. Se, come previsto da tale disposizione, gli atti di cui si chiede la traduzione devono essere restituiti, occorre concludere che la prima notificazione – anche senza il rispetto del regime linguistico di cui all’art. 8, n. 1, del regolamento – produce degli effetti: se ciò non fosse vero, sarebbe superfluo restituire al richiedente gli atti da tradurre – e gli altri no –, dal momento che egli sarebbe comunque obbligato a trasmettere gli atti da tradurre allo scopo di conseguire in tal modo degli effetti giuridici. Una possibile differenziazione delle conseguenze giuridiche nel senso che solo la parte non respinta produce effetti, mentre gli atti restituiti per essere tradotti non possiedono alcuna efficacia, appare in ogni caso poco compatibile con il principio di effettività sotteso al regolamento.

72.      Che l’inefficacia totale della prima notificazione – effettuata senza traduzione – non sia conciliabile con il principio di effettività che permea il regolamento, risulta evidente anche in altri punti del regolamento stesso, in particolare nella cosiddetta procedura di correzione di cui all’art. 6, n. 2 (40). Da tale disposizione è possibile desumere il principio secondo cui l’impossibilità di dar seguito ad una richiesta di notificazione o comunicazione – circostanza che ben può essere assimilata al caso in cui la mancanza di traduzione fa sorgere il diritto al rifiuto di ricezione – non implica di per sé che tale richiesta debba essere considerata – nel senso di un’inefficacia – come se non fosse mai stata presentata. Piuttosto occorre dapprima tentare una correzione. La restituzione degli atti di cui si chiede la traduzione da parte dell’organo ricevente in conformità all’art. 8, n. 2, del regolamento si inquadra in tale prospettiva.

73.      Contro la totale inefficacia della prima notificazione a causa del legittimo esercizio del diritto al rifiuto di ricezione depone anche l’assenza, correttamente rilevata dalla Commissione, di una chiara base normativa.

74.      A ciò occorre aggiungere che, se si affermasse il contrario, l’inefficacia totale della prima notificazione dipenderebbe dall’eventuale esercizio da parte del destinatario del diritto di rifiutare la ricezione, e non dall’oggettiva osservanza dei requisiti prescritti in materia di lingua, e ciò ad esclusivo vantaggio del destinatario della notifica (41).

75.      Nel presente contesto occorre tuttavia osservare che, se è vero che il diritto al rifiuto di ricezione ha come scopo la tutela del destinatario della notifica, ciò non significa però che quest’ultimo, mediante il rifiuto di ricezione, possa o debba poter interrompere il procedimento giudiziario.

76.      Che la tutela del destinatario della notificazione dal punto di vista linguistico non possa essere interpretata in termini assoluti risulta evidente non solo dalla circostanza che il regime linguistico di cui all’art. 8, n. 1, del regolamento ha optato per un’impostazione caratterizzata da fattispecie tipiche con riguardo alle conoscenze linguistiche del destinatario interessato, ma anche dal fatto che il regolamento, accanto alle modalità formali di notificazione o comunicazione previste agli artt. 2 e segg. riconosce ulteriori – equivalenti (42) – modalità di notifica, come in particolare la notifica a mezzo posta, molto diffusa nella pratica (43). Conformemente all’art. 14, n. 2, del regolamento, è però competenza di ciascuno Stato membro specificare le condizioni «alle quali accetta la notificazione o la comunicazione di atti giudiziari per posta». Dopo che solo pochi Stati membri (44) avevano specificato i requisiti linguistici, nel terzo aggiornamento delle comunicazioni degli Stati membri a norma dell’art. 23, n. 1, del regolamento (45). È stato chiarito che «il fatto che uno Stato membro non faccia riferimento ad alcun particolare regime linguistico per quanto riguarda l’articolo 14 significa implicitamente che viene applicato l’articolo 8». Non è esente da dubbi, tuttavia, quale valore debba essere attribuito a tale dichiarazione (46).

77.      Nell’ottica di un equo bilanciamento degli interessi, il rifiuto di ricezione non può tuttavia comportare la privazione del richiedente del suo diritto fondamentale al giudice costituito per legge, cosa che si verificherebbe se, successivamente al rifiuto di ricezione, egli non fosse più in condizione di rispettare eventuali termini del ricorso.

78.      Come è possibile dedurre dall’art. 8, n. 1, lett. b), in combinato disposto con l’art. 5, n. 2, il regolamento si prefigge altresì di tutelare il richiedente anche rispetto a spese non necessarie, alle quali le spese di traduzione concorrono in misura considerevole. Se, tuttavia, nel timore delle conseguenze negative che un eventuale rifiuto di ricezione potrebbe produrre con riguardo al rispetto dei termini, il richiedente facesse preventivamente predisporre una traduzione in una delle lingue menzionate nell’art. 8, n. 1, verrebbe meno ogni semplificazione – intesa anche come risparmio di spese – sulla base del regolamento.

79.      Dalle precedenti considerazioni è possibile concludere che né il testo, né la genesi legislativa, né la sistematica o la ratio del regolamento permettono di affermare che l’esercizio del diritto di ricezione di cui all’art. 8, n. 1, del regolamento comporta la totale inefficacia della notificazione o della comunicazione di cui trattasi. Un atto, la cui notifica o comunicazione sia stata impedita dal legittimo esercizio del diritto al rifiuto di ricezione in conformità all’art. 8, n. 1, del regolamento, non si può pertanto trattare come se la notifica o la comunicazione non fossero mai state tentate.

80.      Occorre ancora esaminare quali conseguenze giuridiche possa produrre la prima notificazione nonostante il legittimo esercizio del diritto al rifiuto di ricezione.

–       Gli effetti della prima notificazione dopo l’esercizio del diritto al rifiuto di ricezione

81.      Per poter tener conto dei confliggenti interessi del richiedente, da una parte, e del destinatario della notificazione, dall’altra, si può sostenere che l’esercizio del diritto al rifiuto di ricezione produce un impedimento processuale (47).

82.      Tale effetto, da un lato, impedisce che il rifiuto di ricezione da parte del destinatario della notifica, quale dichiarazione di volontà unilaterale, renda del tutto priva di efficacia giuridica la prima notificazione, in tal modo privando il richiedente della necessaria tutela giuridica. In particolare, fino all’accertamento in via giudiziale della legittimità del rifiuto di ricezione non decorreranno gli eventuali termini processuali.

83.      Dall’altro lato, tuttavia, mediante il rifiuto di ricezione e la sua immediata comunicazione ai sensi dell’art. 8, n. 2, del regolamento, viene garantito il diritto al contraddittorio del destinatario della notifica (48). L’effetto impeditivo causato dal rifiuto di ricezione è diretto in tal modo a tutelare il destinatario della notifica, dal momento che la prima notificazione non può esplicare nei suoi confronti una piena efficacia giuridica.

84.      L’effetto impeditivo non incide sul potere del giudice, adito del procedimento nel quadro della quale l’atto è stato trasmesso, di stabilire la legittimità del rifiuto di ricezione (49).

85.      La tesi dell’effetto impeditivo è corroborata inoltre dall’art. 19, n. 1, del regolamento, che, per il caso di mancata comparsa del convenuto, prevede una sospensione del procedimento e quindi un impedimento di natura processuale. Se tuttavia il convenuto restituisce l’atto invocando il regime linguistico previsto dal regolamento, ciò deve valere a maggior ragione.

86.      Occorre pertanto constatare che l’impedimento a vantaggio del destinatario della notifica, che sia causato dal rifiuto di ricezione, viene eliminato soltanto mediante una notificazione completa, laddove l’impedimento a vantaggio della parte richiedente è superato già mediante l’accertamento giudiziale della legittimità del rifiuto.

3.      Sulla terza questione pregiudiziale relativa alle modalità della successiva trasmissione della traduzione dell’atto oggetto di notifica

87.      Occorre da ultimo risolvere la terza questione pregiudiziale, relativa alle modalità della successiva trasmissione della traduzione dell’atto oggetto di notifica.

88.      Al riguardo, occorre in particolare chiarire quali conseguenze giuridiche produca l’atto – e soprattutto in quale momento –, quando la ricezione dell’atto sia stata dapprima legittimamente rifiutata e sia stato quindi necessario ripetere la procedura di trasmissione e di notificazione mediante l’aggiunta di una traduzione.

a)      Argomenti dei soggetti che hanno presentato osservazioni

89.      Anche con riguardo alle modalità di un’eventuale sanatoria i soggetti che hanno presentato osservazioni nella fase scritta del procedimento si concentrano su aspetti diversi.

90.      Quasi tutti i soggetti partecipanti, in relazione alle modalità di un’eventuale sanatoria, sottolineano l’ampia rilevanza del diritto nazionale, in particolare della legislazione dello Stato membro mittente, a causa dell’assenza di armonizzazione del diritto processuale. Solo il governo portoghese propone di definire anche le modalità della trasmissione a posteriori della traduzione esclusivamente in base al regolamento n. 1348/2000.

91.      Il sig. Leffler propone di determinare il termine per la «rettifica» della domanda di notificazione in conformità al diritto nazionale, laddove il tipo di notifica andrebbe stabilito secondo il regolamento e la legge di attuazione nazionale (sic).

92.      Il governo federale tedesco osserva – in linea con quanto sostenuto in merito alla prima questione pregiudiziale – che spetta al giudice dello Stato membro mittente giudicare sulla legittimità o meno del rifiuto di ricezione. Sarebbero parimenti disciplinate dalla lex fori le conseguenze giuridiche che ne discendono, incluse le modalità della successiva trasmissione della traduzione, regolata da tale diritto.

93.      Il governo francese propone una soluzione differenziata della terza questione pregiudiziale, osservando che la trasmissione a posteriori della traduzione deve essere effettuata secondo la procedura prevista nel regolamento, ma che per ogni altro aspetto il giudice dello Stato membro mittente deve applicare il proprio diritto processuale nazionale.

94.      Ad avviso della Commissione, le conseguenze giuridiche derivanti dall’esercizio del diritto di rifiutare la ricezione di cui all’art. 8, n. 1, del regolamento non possono essere determinate in modo totalmente autonomo per il fatto che, da un lato, il giudice dello Stato membro mittente deve giudicare sulla legittimità dell’esercizio di tale diritto e che, dall’altro, tuttavia, anche le modalità di un’eventuale sanatoria devono essere stabilite dallo Stato membro mittente, laddove devono essere applicate per analogia singole disposizioni del regolamento – ad esempio l’art. 9 del regolamento sul computo dei termini.

b)      Valutazione in diritto

i)      Rilevanza del diritto nazionale

95.      Appare quindi chiaro che il legislatore, mediante l’adozione del regolamento n. 1348/2000, non intendeva realizzare la piena armonizzazione del diritto processuale degli Stati membri. Alla luce di tale dato risulta in via di principio compatibile con la ratio del regolamento ritenere che il giudice dello Stato membro mittente debba di regola deliberare in conformità al proprio diritto processuale (lex fori).

96.      A favore di tale conclusione depongono in particolare l’art. 9 del regolamento, che con riguardo alla data della notificazione o della comunicazione rinvia in parte al diritto dello Stato membro richiesto (n. 1), ma in parte anche al diritto dello Stato membro mittente (art. 9, n. 2, con riguardo al rispetto di termini processuali da parte del richiedente), nonché l’art. 19, che disciplina la mancata comparsa del convenuto. Per tale ipotesi, l’articolo 19 prevede che il giudice interessato dello Stato membro richiesto debba in particolare chiarire se una notificazione o una comunicazione sia stata o meno effettuata in conformità a quanto prescritto dallo Stato membro richiesto. Occorre inoltre citare l’art. 7, n. 1, che per la notificazione o la comunicazione di un atto rinvia espressamente alla legislazione degli Stati membri.

97.      Tuttavia, se una questione giuridica legata alla trasmissione a posteriori della traduzione di un atto oggetto di notifica rientra nell’ambito disciplinato dal regolamento, non vedo alcun motivo perché il regolamento non debba trovare applicazione. Conseguentemente appare convincente l’impostazione del governo francese, secondo la quale tale trasmissione deve essere effettuata in conformità al regolamento.

ii)    Modalità della seconda procedura di trasmissione e di notificazione

98.      Questo punto trae origine dalla terza questione pregiudiziale, con la quale essenzialmente si chiede quali siano le modalità – di natura pratica e temporale – di una trasmissione a posteriori dell’atto oggetto di notifica o comunicazione, comprensiva di traduzione in una delle lingue menzionate nell’art. 8, n. 1, del regolamento.

99.      Al riguardo, il regolamento non prevede alcuna disposizione direttamente applicabile. A prescindere dalla forma dell’atto oggetto di notificazione, non esiste una disciplina espressa che regoli i requisiti della nuova notificazione, né gli eventuali termini entro i quali tale notificazione debba essere effettuata.

100. Se in base ad un’autonoma interpretazione del regolamento si riconosce un effetto impeditivo al rifiuto di ricezione da parte del destinatario della notifica, per il computo dei termini può trovare applicazione in via analogica l’art. 9, che è solo una norma di conflitto e rinvia conseguentemente al diritto nazionale.

101. Nei limiti in cui l’art. 7, n. 1, con riguardo alla forma della notificazione o della comunicazione, rinvia alla legislazione degli Stati membri – vale a dire in primo luogo alla legislazione dello Stato membro richiesto – per la nuova notificazione di un atto comprensiva di traduzione non può che risultare applicabile tale legislazione, dal momento che da tale disposizione discende chiaramente che la forma della notificazione non rientra nell’ambito disciplinato dal regolamento. Anche la tutela del destinatario della notifica – perseguita dal regolamento – e considerazioni legate alla certezza del diritto impongono una soluzione in tal senso: vero è che non può escludersi che il destinatario della notifica – indipendentemente dal riconoscimento a suo favore del diritto di rifiuto di ricezione e dall’eventuale esercizio di tale diritto – sia in grado, già in occasione del primo tentativo di notifica, di approntare efficacemente la propria difesa (50); tale circostanza non giustifica tuttavia che si elimini il meccanismo introdotto dal regolamento a tutela del destinatario e basato su un’impostazione caratterizzata da fattispecie tipiche.

102. Inoltre, è necessario altresì che, anche in caso di vizi della seconda notifica, il destinatario possa rivolgersi alle istituzioni previste nel procedimento. Tale tutela giuridica potrebbe, tra l’altro, venire compromessa se si potesse effettuare un’altra notifica, che in caso di rifiuto non sia soggetta all’obbligo di informazione sulle possibilità di ricorso. L’obiettivo è una tutela giuridica unitaria, che può essere garantita soltanto mediante una forma unitaria di notificazione.

V –    Conclusione

103. Alla luce delle considerazioni precedenti propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali nei termini seguenti:

1)      L’art. 8, n. 1, del regolamento (CE) n. 1348/2000 deve essere interpretato nel senso che il rifiuto, da parte del destinatario, di accettare un atto per il mancato rispetto del regime linguistico prescritto da tale disposizione, non rende la notifica del tutto inefficace. Si verifica piuttosto un effetto impeditivo, che, nei confronti del richiedente, perdura fintantoché non sia accertato se il rifiuto è legittimo, mentre, nei confronti del destinatario, fino all’effettuazione di una notifica regolare.

2)      Alla nuova procedura di notifica, comprensiva delle traduzioni eventualmente necessarie, trova applicazione il regolamento n. 1348/2000, negli stessi termini in cui si applica alla prima notifica, che non abbia potuto essere effettuata a causa del rifiuto di ricezione.


1  – Lingua originale: il tedesco.


2  – Regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1348, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (GU L 160, pag. 37).


3  – V. ad es. il sesto ‘considerando’ del regolamento: «L’efficacia e la rapidità dei procedimenti giudiziari in materia civile implicano che la trasmissione degli atti giudiziari ed extragiudiziali avvenga in modo diretto e con mezzi rapidi tra gli organi locali designati dagli Stati membri», nonché l’ottavo ‘considerando’: «Per garantire l'efficacia del regolamento, la facoltà di denegare la notificazione o la comunicazione degli atti deve essere limitata a situazioni eccezionali».


4  – Ad esempio quando l’atto non sia redatto nella lingua dello Stato membro richiesto o in una lingua dello Stato membro mittente compresa dal destinatario. Tale disciplina non offre quindi al destinatario una piena tutela, dal momento che non rileva la sua eventuale ignoranza di una di queste due lingue. Tale circostanza è giustamente sottolineata dalla Commissione, la quale osserva che la tutela del destinatario dal punto di vista linguistico – perseguita dal regolamento – è basata su un’impostazione caratterizzata da fattispecie tipiche, con la conseguenza che sono ipotizzabili casi in cui al destinatario spetta un diritto di rifiutare la ricezione, nonostante egli comprenda il contenuto dell'atto oggetto di notificazione o comunicazione, e casi nei quali, al contrario, ad esso non spetta tale diritto, nonostante egli non comprenda il contenuto. Se ne veda un esempio in Vanheukelen, «Le règlement n° 1348/2000 – Analyse et évaluation par un praticien du droit», in: Le droit processuel et judiciaire européen – Het Europees gerechtelijk recht en procesrecht, 2003, pag. 208 e la nota 56, ivi compresa.


5  – È pacifico che la questione relativa alle conseguenze giuridiche del legittimo rifiuto di ricezione di un atto sia stata volutamente lasciata aperta. V. al riguardo la relazione esplicativa concernente la convenzione relativa alla notificazione negli Stati membri dell’Unione europea di atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale (GU 1997, C 261, pag. 26 segg.): «La convenzione non contiene disposizioni relative alle possibili conseguenze giuridiche del rifiuto di ricezione di un atto a motivo della lingua utilizzata e spetterà alle giurisdizioni competenti decidere in merito a tale questione».


6  – La dottrina parla talvolta del «dolente problema della sanatoria di vizi relativi ad una notificazione transnazionale (traduzione libera)», vedi al riguardo Stadler, «Förmlichkeit vor prozessualer Billigkeit bei Mängeln der internationalen Zustellung?, Anmerkung zu OLG Jena», 2.5.2001 – 6 W 184/01, IPRax 2002, 282. V. anche Mignolet, «Le contenu des règles de procédure issues des règlements communautaires et leur sanction», in: Le droit processuel et judiciaire européen – Het Europees gerechtelijk recht en procesrecht, 2003, 329 con ulteriori note.


7  – V., in particolare, il secondo ‘considerando’ del regolamento n. 1348/2000 (citato alla nota 2).


8  – Secondo ‘considerando’ del regolamento n. 1348/2000.


9  – Anche e proprio in considerazione del diritto al giudice costituito per legge in conformità all'art. 6, n. 1, CEDU.


10  – Intesa come tutela dei diritti della difesa. Non a caso l'art. 6, n. 3, lett. a), CEDU stabilisce che «ogni accusato ha diritto a: a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in un modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico» (il corsivo è mio).


11  – Di tal tenore l'incipit di Heß, in: «Die Zustellung von Schriftstücken im europäischen Justizraum», NJW 2001, 15.


12  – L'affermazione di sovranità statale – ad esempio nell'ambito di una trasmissione tra autorità – può chiaramente evidenziare altri aspetti: una notifica a mezzo posta nell'ambito dei rapporti giuridici internazionali rappresenta non solo una rinuncia a procedure di trasmissione e notificazione d'ufficio, bensì comporta anche una diminuzione di tutela del convenuto, qualora non si garantisca che una notificazione efficace dal punto di vista linguistico presupponga la possibilità di un'effettiva conoscenza del contenuto dell'atto oggetto di notificazione.


13  – V. anche solo sentenze 25 novembre 1986, cause riunite 201/85 e 202/85, Klensch e a. (Racc. pag. 3477, punto 21); 21 marzo 1991, causa C-314/89, Rauh (Racc. pag. I‑1647, punto 17) e 28 gennaio 1999, causa C-181/96, Wilkens (Racc. pag. I‑399, punto 19).


14  – V., per tutte, sentenza 28 marzo 2000, causa C-7/98, Krombach (Racc. pag. 1935, punto 25).


15  – V. sentenza 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston (Racc. pag. 1651, punto 18). V. già anche sentenza 28 ottobre 1975, causa 36/75, Rutili (Racc. pag. 1219, punto 32).


16  – Sentenza nella causa Krombach (cit. alla nota 14), punto 26.


17  – V. al riguardo le osservazioni in chiave comparatistica di Heß, op. cit., pag. 16 e segg.


18  – Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (versione consolidata in GU C 27 del 26 gennaio 1998, pag. 1; in prosieguo: la «convenzione di Bruxelles»).


19  – V. Heß, op. cit., pag. 17 e segg. e le fonti ivi citate.


20  – Art. 27, n. 2, della convenzione di Bruxelles.


21  – GU C 261 del 27 agosto 1997, pag. 1 (in prosieguo: la «convenzione sulla notificazione»). Il giorno dell’ultimazione della convenzione il Consiglio ha preso atto della relazione esplicativa concernente la convenzione (già cit. alla nota 5). Tale relazione esplicativa è riportata alla pag. 26 della summenzionata Gazzetta ufficiale.


22  – V., al riguardo il quinto ‘considerando’ del regolamento n. 1348/2000: «È opportuno salvaguardare la continuità dei risultati conseguiti nell'ambito dei negoziati per la conclusione della convenzione. Pertanto, il presente regolamento recepisce sostanzialmente il contenuto della convenzione».


23  – Nel complesso la dottrina ha accolto criticamente la convenzione – e di conseguenza il regolamento –, in particolare perché resta ancorata al modello usuale che regola la cooperazione giuridica tra Stati, ovvero alle modalità formali di notifica previste dalla convenzione sulla notificazione, in tal modo privilegiando tali modalità formali di notifica di cui agli artt. 2-11 del regolamento. V. al riguardo Heß (citato alla nota 11), 15 (21 segg.), Gsell, «Direkte Postzustellung an Adressaten im EU‑Ausland nach neuem Zustellungsrecht», EWS 2002, 115 (116), Cordopatri, «Note sul regolamento CE N. 1348/2000», in Giurisprudenza di merito, Vol. XXXVI (2004), 10, 2141 (2153); Frigo, «La disciplina comunitaria della notificazione degli atti in materia civile e commerciale: il regolamento (CE) n. 1348/2000», Diritto processuale civile e commerciale comunitario, 2004, 117 (pag. 157).


24  – Meyer, «Europäisches Übereinkommen über die Zustellung», IPRax 1997, 401 (pag. 403).


25  – V. il punto 2 dell’introduzione della relazione esplicativa concernente la convenzione stabilita in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea relativa alla notificazione negli Stati membri dell'Unione europea di atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale (cit. alla nota 5).


26  – Nel presente contesto può restare in sospeso la questione se il legittimo esercizio del diritto di rifiutare la ricezione di un atto ai sensi dell'art. 8, n. 1, del regolamento comprenda solo quei casi in cui manchi una traduzione dell'atto oggetto della notifica in una delle lingue citate da tale disposizione, o se tale esercizio presupponga altresì una valutazione da parte del competente giudice nazionale sull'eventuale abuso del diritto. Nella domanda di pronuncia pregiudiziale non emergono elementi a tal riguardo, né è stato affrontato il tema del parametro di valutazione da utilizzare con riguardo alle conoscenze linguistiche, quando il convenuto – come nella causa principale – è una persona giuridica. In merito a questa ed altre questioni, v. Malan, «La langue de la signification des actes judiciaires ou les incertitudes du règlement sur la signification et la notification des actes judiciaires et extrajudiciaires», Petites affiches du 17avril 2003, pag. 6.


27  – V. sopra, paragrafo 2.


28  – Cit. al paragrafo 28.


29  – Cit. alla nota 21.


30  – Cit. alla nota 21.


31  – V. già sopra, nota 4.


32  – La Commissione sottolinea espressamente che il decimo ‘considerando’, secondo il quale «A tutela degli interessi del destinatario è opportuno che la notificazione o la comunicazione sia redatta nella lingua o in una delle lingue ufficiale/i del luogo in cui deve effettuarsi oppure in un'altra lingua dello Stato membro mittente compresa dal destinatario», contrasta sotto tale profilo con il chiaro dato letterale dell’art. 8 del regolamento.


33  – Sentenza 3 luglio 1990, causa C-305/88, Lancray (Racc. pag. I‑2725, punti 29 e segg.).


34  – V. sopra, nota 32.


35  – V. sopra, paragrafo 37.


36  – La Corte ha fornito un’autonoma interpretazione anche in altri ambiti del diritto comunitario: al riguardo è sufficiente ricordare, ad esempio, la sentenza 20 novembre 2001, cause riunite da C-414/99 a C-416/99, Davidoff e a. (Racc. pag. I‑8691), nella quale la Corte ha interpretato autonomamente la nozione giuridica di «consenso» – impiegata nel diritto civile degli Stati membri – di cui all'art. 7, n. 1, della direttiva 89/104/CEE sulla base delle finalità di tale direttiva. Con riguardo al regolamento v. anche Mignolet (citato alla nota 6), pag. 352: «… l’objectif poursuivi par un instrument communautaire est déterminant lorsqu’il s’agit de sanctionner une règle de procédure qu’il établit».


37  – V. il primo ‘considerando’ del regolamento.


38 – Intesa in tal modo, l’assenza della traduzione dell’atto oggetto di notifica non costituisce un vizio del processo di trasmissione e notificazione di cui trattasi.


39  – In tal senso, ma con riferimento alla convenzione, Burgstaller, «Kapitel 81: Europäische Zustellungsverordnung», in: Internationales Zivilverfahrensrecht, art. 5, n. 1. V., in particolare, la relazione esplicativa concernente la convenzione sulla notificazione (cit. alla nota 21), con riguardo all’art. 8: «La convenzione non obbliga tuttavia il richiedente a trasmettere l’atto redatto o tradotto in una delle lingue sopra citate, ma permette al destinatario di rifiutare di ricevere l’atto se le norme previste non sono state rispettate».


40  – Secondo tale disposizione «l’organo ricevente si mette in contatto il più rapidamente possibile con l’organo mittente, per ottenere le informazioni o i documenti mancanti», se non può dar seguito alla domanda di notificazione o di comunicazione a causa dello stato delle informazioni o dei documenti trasmessi.


41 – La necessità di tutelare sia il richiedente che il destinatario della notifica discende chiaramente anche da quanto previsto dall’art. 9 del regolamento con riguardo alla data della notifica. V. al riguardo De Leval e Lebois, «Betekenen in Europese Unie op grond van de Verordening 1348/2000 van 29 mei 2000», in: Het nieuwe Europese IPR: van verdrag naar verordening, 2001, 169 (pag. 185), Nr. 6-38.


42  – È controverso che siano equivalenti. Secondo una parte della dottrina le modalità di notificazione o comunicazione sussidiarie non costituiscono modalità equivalenti. V. ad esempio Gsell (citato alla nota 23), 115 (pag. 117); Mignolet (citato alla nota 6), pag. 349; De Leval e Lebois, «Signifier en Europe sur la base du règlement 1348/2000: bilan après un an et demi d’application», in: Liber amicorum Pierre Marchal, pag. 261, n. 6; Frigo (citato alla nota 23), pag. 138 e segg.; di diverso avviso invece Heß (citato alla nota 11), 15 (pag. 20); Ekelmans, Journal des tribunaux No. 6014 (2001), 481.


43  – Secondo l’art. 14, n. 1, «Ciascuno Stato membro ha la facoltà di effettuare la notificazione o la comunicazione di atti giudiziari direttamente per posta alle persone residenti in un altro Stato membro».


44  – Tabella riassuntiva in Malan (citato alla nota 26), nota 11.


45  – Terzo aggiornamento delle comunicazioni degli Stati membri a norma dell'articolo 23, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale (GU 2002, C 13, pag. 2).


46 – Perplessità in tale direzione sono espresse anche da Boularbah, «Le cadre général des règles communautaires en matière de procédure civile: coopération judiciaire, droit judiciaire européen et droit processuel commun», in: Le droit processuel et judiciaire européen – Het Europees gerechtelijk recht en procesrecht, 2003, 167 (pag. 180); Mignolet, per tale aspetto superato (citato alla nota 6), pag. 351.


47 – In tal senso anche De Leval e Lebois (citati alla nota 41), Nr. 6-38.


48  – Nella sentenza Lancray (cit. alla nota 33) la Corte, facendo riferimento alla sentenza (11 giugno 1985, causa 49/84, Debaecker (Racc. pag. 1779), ha stabilito che anche se lo scopo della convenzione, quale risulta dal suo preambolo, è quello di garantire la semplificazione delle formalità cui sono sottoposti il reciproco riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie, questo obiettivo non potrebbe tuttavia essere raggiunto indebolendo, in qualsiasi modo, i diritti della difesa.


49  – V. in proposito la relazione esplicativa concernente la convenzione sulla notificazione (cit. alla nota 21), con riguardo all'art. 8: «Se sorge una controversia circa la comprensione di una lingua da parte del destinatario dell’atto, essa sarà decisa secondo le norme applicabili, ad esempio sollevando la questione della regolarità della notificazione dinanzi al tribunale adito per la procedura nel quadro della quale l’atto è stato trasmesso».


50 – Ad esempio quando, sulla base di circostanze particolari del caso di specie, egli sia effettivamente in condizione di comprendere il contenuto dell'atto oggetto di notifica.