Language of document : ECLI:EU:C:2001:263

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

SIEGBERT ALBER

presentate il 10 maggio 2001 (1)

Causa C-294/99

Athinaïki Zythopoiia A.E.

contro

Repubblica ellenica

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Dioikitiko Protodikeio Athen (Tribunale amministrativo di primo grado di Atene)]

«Imposta sugli utili delle società - Società capogruppo e consociate -

Direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi»

I - Introduzione

1.
    Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale il Dioikitiko Protodikeio Athen (Tribunale amministrativo di primo grado di Atene) chiede alla Corte di pronunciarsi sull'interpretazione dell'art. 5, n. 1, della direttiva concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi. Il giudice di rinvio desidera sapere se si abbia una ritenuta alla fonte vietata da tale disposizione quando, secondo la legislazione greca in materia di imposte sul reddito, in caso di distribuzione di dividendi ad una società capogruppo (non avente sede in Grecia), per detti dividendi vengono meno alcune esenzioni fiscali che troverebbero applicazione qualora i dividendi rimanessero presso la società distributrice, con la conseguenza che con la distribuzione il carico fiscale di quest'ultima aumenta.

II - Contesto giuridico

A - Direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (in prosieguo: la «direttiva») (2).

2.
    Le disposizioni rilevanti della direttiva sono:

«Articolo 1

(1) Ogni Stato membro applica la presente direttiva:

-    alla distribuzione degli utili percepiti da società di questo Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri;

-    alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali.

(2)    (...)

(...)

Articolo 5

(1)    Gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre, almeno quando quest'ultima detiene una partecipazione minima del 25% nel capitale della società figlia, sono esenti dalla ritenuta alla fonte.

(2)-(4) (...)

(...)

Articolo 7

(1)    L'espressione ”ritenuta alla fonte” utilizzata nella presente direttiva non comprende il pagamento anticipato o preliminare (ritenuta) dell'imposta sulle società allo Stato membro in cui ha sede la società figlia, effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili alla società madre.

(2)    La presente direttiva lascia impregiudicata l'applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali intese a sopprimere o ad attenuare la doppia imposizione economica dei dividendi, in particolare delle disposizioni relative al pagamento di crediti di imposta ai beneficiari dei dividendi».

B - Legislazione greca

3.
    L'art. 106 del Codice dell'imposta sui redditi - legge n. 2238/1994 - dispone quanto segue:

«(1)    Quando fra i redditi delle persone giuridiche (...) figurano dividendi o utili derivanti da partecipazioni in altre società, i cui utili siano stati tassati ai sensi delle disposizioni del presente articolo o dell'art. 10, tali redditi sono detratti dagli utili netti complessivi per il calcolo degli utili imponibili della persona giuridica. Tuttavia, nel caso in cui gli utili netti di una società (...) nazionale (...) comprendano, oltre ai dividendi e agli utili derivanti da partecipazioni in altre società, di cui si è già detto, anche redditi soggetti ad imposizioni speciali comportanti l'estinzione del debito fiscale, o redditi non imponibili, ed inoltre abbia avuto luogo una distribuzione degli utili [il corsivo è mio], per la determinazione degli utili distribuiti corrispondenti ai redditi considerati ai nn. 2 e 3 del presente articolo, si prendono in considerazione gli utili netti complessivi risultanti dai bilanci di tali persone giuridiche.

(2)    Qualora, negli utili netti che risultano dai bilanci di (...) società per azioni nazionali (...) figurino anche redditi non imponibili, per determinare gli utili imponibili della persona giuridica si aggiunge a tali redditi la quota dei redditi non imponibili che corrisponde agli utili distribuiti, sotto qualsiasi forma, dopo aver trasformato tale importo lordo in un importo lordo aggiungendovi l'imposta corrispondente (...).

(3)    Le disposizioni del numero precedente si applicano anche alla distribuzione di utili da parte di (...) società per azioni nazionali (...) i cui utili comprendano anche utili accertati o assoggettati ad imposizione speciale a loro nome».

C - Convenzione sulla doppia imposizione fra Grecia e Paesi Bassi, sottoscritta in Atene il 16 luglio 1981

4.
    L'art. 10 della Convenzione sulla doppia imposizione prevede che:

«(1)    I dividendi corrisposti da una società stabilita in uno degli Stati contraenti ad un residente dell'altro Stato sono imponibili in tale altro Stato.

(2)    Tuttavia, tali dividendi sono imponibili anche nello Stato in cui ha sede la società che li versa, conformemente alla legislazione di tale Stato, fermo restando che, qualora il destinatario sia il beneficiario, l'imposizione non deve eccedere:

a)    (...)

b)    per quanto riguarda i dividendi versati da una società stabilita in Grecia ad un residente nei Paesi Bassi: il 35% dell'ammontare lordo dei dividendi.

(3)-(5) (...)».

III - Fatti

5.
    La società per azioni ricorrente, Athinaïki Zythopoiia A.E., produce e commercializza birra. La medesima ha sede in Aigaleo (Attica). Il 92,17% del suo capitale è detenuto dalla società olandese Amstel International.

6.
    Nel 1996 la Athinaïki Zythopoiia aveva realizzato dividendi che, benché in linea di principio fossero esonerati dall'imposta sui redditi greca, erano ugualmente stati assoggettati alla suddetta imposta poiché la Athinaïki Zythopoiia aveva distribuito utili alla Amstel International.

7.
    La Athinaïki Zythopoiia aveva dichiarato i seguenti importi:

     1)    redditi non imponibili per GRD 2 391 600 073, così ripartiti:

         a)    GRD 2 082 270 518 a titolo di valore aggiunto lucrato nella compravendita di azioni di fondi comuni di investimento (art. 48, paragrafo 3, della legge n. 1969/91), a cui corrispondeva un'imposta di GRD 540 405 967, e

         b)    GRD 309 329 555 a titolo della riduzione del 5% accordatale in ragione del pagamento in un'unica soluzione dell'imposta sui redditi nel 1996, a cui corrispondeva un'imposta di GRD 80 279 452, nonché

     2)     redditi sottoposti a modalità speciali di tassazione provenienti da interessi su depositi effettuati presso istituti di credito (art. 12, paragrafi 1 e 2, della legge n. 2238/1994) per un importo di GRD 1 170 631 283, a cui corrispondeva un'imposta di GRD 173 606 134.

8.
    Conseguentemente la Athinaïki Zythopoiia ha fatto valere che di questo ammontare d'imposta supplementare riscosso per un importo complessivo di GRD 794 291 553, corrispondente a suoi redditi non imponibili e a suoi redditi soggetti a modalità speciali di tassazione, inerenti l'anno 1997, GRD 738 384 406 sarebbero state versate indebitamente. Tale importo risulterebbe costituito, nella misura del 92,17%, da un ammontare corrispondente agli utili distribuiti alla Amstel nonché da un ammontare di GRD 80 279 452 per la riduzione del 5% (di cui sopra sub b).

9.
    La ricorrente ritiene che detta somma debba esserle restituita, poiché le disposizioni contenute nell'art. 106, paragrafi 2 e 3, della legge n. 2238/1994, stabilirebbero una modalità di tassazione che, solo per il fatto di essere correlata alla distribuzione di utili, rappresenterebbe una «ritenuta alla fonte» in violazione dell'art. 5, n. 1, della direttiva. Le disposizioni greche sottometterebbero a tassazione la totalità degli utili distribuiti, anche quando una parte di tali utili provenga da fonti che, in assenza di distribuzione, ne determinano la non imponibilità o l'assoggettamento a modalità speciali di tassazione.

IV - Questione pregiudiziale

10.
    Il Dioikitiko Protodikeio Athen sottopone perciò alla Corte di giustizia, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (ora art. 234 CE), la seguente questione pregiudiziale:

«Se si configuri una ”ritenuta alla fonte”, ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, qualora una normativa nazionale preveda, nel caso di distribuzione di utili da parte di una consociata (società per azioni o società analoga) alla società capogruppo, che per la determinazione del reddito imponibile della consociata si prendano in considerazione gli utili netti complessivi della stessa, inclusi i redditi assoggettati ad imposizione speciale comportante estinzione del debito fiscale nonché i redditi non imponibili, mentre i redditi rientranti nelle due suddette categorie non sarebbero imponibili, in base alla legge nazionale, se fossero rimasto presso la consociata e non fossero stati distribuiti alla capogruppo».

V - Analisi

A - Sull'interpretazione dell'art. 5, n. 1, della direttiva

Argomenti delle parti

11.
    Il governo ellenico ritiene che la direttiva corregga il principio della territorialità dell'imposta, in primo luogo per impedire che le partecipazioni transfrontaliere nelle società siano sfavorite rispetto alle partecipazioni nazionali, inoltre, per creare un sistema di tassazione neutro quanto agli effetti sulla concorrenza. Scopo della direttiva sarebbe quello di evitare la doppia imposizione.Di conseguenza i dividendi distribuiti potrebbero essere tassati presso la società capogruppo, oppure questa potrebbe detrarre dalla propria imposta quanto pagato, a titolo d'imposta, dalla società consociata.

12.
    La direttiva non prevederebbe alcuna esenzione. L'art. 4 della stessa presupporrebbe infatti un'imposizione in capo alla società consociata e l'art. 5, n. 1, della direttiva escluderebbe la ritenuta alla fonte solamente al momento della distribuzione degli utili.

13.
    Il governo greco sottolinea che il regime in questione non costituirebbe una ritenuta alla fonte ma, anzi, si inserirebbe nella tassazione dei redditi della società consociata. Esso fa rilevare che la tassazione della distribuzione degli utili alla fonte sarebbe espressamente esclusa dalla legge. Le disposizioni in questione, facenti parte della legislazione in materia di imposte sul reddito, non potrebbero in alcun caso essere considerate come tassazione della distribuzione degli utili alla fonte.

14.
    La Athinaïki Zythopoiia e la Commissione ritengono, con motivazioni in gran parte concordanti, che le disposizioni fiscali in argomento costituiscano una ritenuta alla fonte vietata.

15.
    La direttiva dovrebbe assicurare la neutralità della tassazione, al fine di ridurre il carico fiscale delle cooperazioni transfrontaliere e così favorire la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei capitali.

16.
    La nozione di ritenuta alla fonte non sarebbe precisata. Solamente dall'art. 7, n. 1, della direttiva sarebbe possibile ricavare una definizione a contrario. Ma poiché l'art. 5, n. 1, della direttiva riconoscerebbe un diritto al cittadino comunitario, tale norma dovrebbe essere interpretata estensivamente mentre le eccezioni, al contrario, dovrebbero esserlo in modo restrittivo. La qualificazione nazionale dell'imposizione non avrebbe alcuna rilevanza. Occorrerebbe solamente verificare se la stessa soddisfi le condizioni per essere considerata una ritenuta alla fonte.

17.
    Le disposizioni fiscali in argomento determinerebbero, nel caso della distribuzione di utili, un'imposizione speciale. Tale imposizione si verificherebbe proprio a causa della distribuzione di utili. Sebbene l'imposizione si inserisca nell'ambito dell'imposta sul reddito dell'impresa che distribuisce utili, si tratterebbe di una ritenuta alla fonte.

18.
    L'eccezione prevista nell'art. 7, n. 1, della direttiva non sarebbe applicabile nel presente caso, poiché non si tratterebbe di un pagamento anticipato, ma di un'imposizione definitiva.

19.
    La sovranità degli Stati membri in materia fiscale non contrasterebbe con l'applicazione dell'art. 5, n. 1, della direttiva, dovendo la stessa essere esercitata in conformità con il diritto comunitario.

20.
    Nel corso della fase orale, la rappresentante della Commissione ha addotto, quale ulteriore argomento a sostegno di una qualificazione dell'imposizione come imposta sulla distribuzione di utili, il fatto che il riporto a nuovo di perdite da parte dell'impresa che distribuisce utili non verrebbe considerato nell'ambito della detta imposizione.

Valutazione

21.
    Le condizioni per l'applicazione della direttiva sussistono. La Athinaïki Zythopoiia e la Amstel sono società ai sensi dell'art. 2. La Athinaïki Zythopoiia è una consociata della Amstel, poiché quest'ultima detiene più del 25% del suo capitale [art. 3, n. 1, lett. a) e b)]. La Athinaïki Zythopoiia distribuisce utili alla Amstel (art. 1, secondo trattino).

22.
    La deroga per la Grecia, prevista dall'art. 5, n. 2, della direttiva, ha ormai perso significato.

23.
    Di conseguenza occorre verificare se le disposizioni in questione costituiscano una ritenuta alla fonte ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva. La nozione di ritenuta alla fonte non è definita nella direttiva. Tuttavia, la Corte ha già avuto occasione di interpretare la direttiva, nella sentenza Epson, come segue:

«Preliminarmente occorre ricordare che la direttiva, come risulta in particolare dal terzo 'considerando', mira ad eliminare, instaurando un regime tributario comune, qualsiasi penalizzazione della cooperazione tra società di Stati membri diversi rispetto alla cooperazione tra società di uno stesso Stato membro ed a facilitare in tal modo il raggruppamento di società a livello comunitario. Così, l'art. 5, n. 1, della direttiva prevede, al fine di evitare la doppia imposizione, l'esenzione dalla ritenuta alla fonte nello Stato della controllata al momento della distribuzione degli utili (...).

(...)

Per valutare se l'imposizione (...) sugli utili distribuiti ricada nell'art. 5, n. 1, della direttiva, occorre riferirsi segnatamente alla lettera di tale disposizione. I termini ”ritenuta alla fonte” che vi compaiono non sono limitati a taluni tipi di tributi nazionali precisi. In particolare l'art. 2, lett. c), della direttiva elenca, per designare le società degli Stati membri considerate rientrare nella sua sfera di applicazione, le imposte nazionali alle quali queste società sono di regola assoggettate (...). Tuttavia non se ne può dedurre che siano autorizzate altre imposte aventi lo stesso effetto, tanto più che l'art. 2, in fine, si riferisce espressamente a ”qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte sopraindicate”» (3).

24.
    Pertanto, in sede di applicazione dell'art. 5, n. 1, della direttiva, non ha importanza sapere come sia denominata la disposizione fiscale nazionale o in quale regime fiscale la stessa sia inquadrata, essendo invece rilevanti esclusivamente i suoi effetti.

25.
    La nozione di ritenuta alla fonte emerge ancora più chiaramente quando si considera che essa costituisce, nell'ambito del diritto internazionale tributario, il riscontro tipico del principio della generalità dell'imposta. Essa rappresenta dunque l'applicazione delle imposte locali al reddito locale di non residenti. La ritenuta alla fonte si verifica in occasione della distribuzione di utili d'impresa a non residenti (ma anche a residenti), quando l'impresa che distribuisce utili trattiene l'imposta ad essi inerente e la versa direttamente. Quando coloro che percepiscono gli utili distribuiti vengono assoggettati ad imposta con tutti i loro redditi nel territorio nazionale, di regola si tiene conto, in sede di conguaglio d'imposta, di quanto da essi già versato in forma di ritenuta alla fonte.

26.
    Quando invece coloro che percepiscono gli utili non risiedono nel territorio nazionale e pertanto vengono assoggettati ad imposta, in modo globale, con riferimento alla totalità dei loro redditi dovunque conseguiti, esclusivamente nel luogo in cui hanno la residenza, le ritenute alla fonte non vengono di regola considerate. Costoro, in pratica, devono quindi pagare due volte le imposte sugli stessi redditi. Al fine di evitare o, quantomeno, di limitare il cumulo fra ritenute alla fonte e imposizione generale, gli Stati stipulano spesso accordi sulla doppia imposizione. La direttiva persegue esattamente il medesimo scopo. La nozione di ritenuta alla fonte, nella interpretazione ampia che la Corte esige, comprende ogni regolamentazione fiscale che comporti una imposizione delle distribuzioni di utili da parte di una società consociata, con sede nel territorio nazionale, alla società capogruppo, con sede all'estero. La concreta denominazione dell'imposta o la sua strutturazione non sono rilevanti.

27.
    Al contrario, occorre distinguere dalla ritenuta alla fonte l'imposizione dell'attività della società consociata, con sede nel territorio nazionale. Tale imposizione, in linea di principio, non è presa in considerazione dalla direttiva. In ogni caso, lo Stato membro non può introdurre, nemmeno in questo ambito, alcuna regolamentazione che, in pratica, equivalga ad una ritenuta alla fonte. Nel campo di applicazione della direttiva sono perciò vietate tutte le disposizioni fiscali che istituiscano, in dipendenza di una distribuzione di utili, particolari oneri fiscali che, in assenza della detta distribuzione, non sussisterebbero. In sostanza, la distribuzione di utili è così equiparata alla loro tesaurizzazione (4).

28.
    Perciò la Corte, nella sentenza Epson, ha utilizzato come criteri:

-    che il presupposto è il versamento di dividendi o di altri rendimenti di titoli,

     -    che la base imponibile di questa imposta è il rendimento di questi titoli e

-    che il soggetto passivo è il detentore di questi titoli (5).

29.
    Nel presente caso, il carico fiscale aumenta esclusivamente perché l'attrice distribuisce i propri utili. Sussiste perciò un presupposto paragonabile.

30.
    La base imponibile dell'aumentato carico fiscale è l'utile distribuito, poiché gli importi da prendere in considerazione per una diminuzione delle imposte sono ridotti in proporzione alla quota di utili distribuita.

31.
    In ogni caso, nella fattispecie in esame, il soggetto passivo non è il detentore della partecipazione nella società che distribuisce gli utili. Formalmente l'aumento dell'imposizione colpisce la società distributrice, la cui imposta sul reddito cresce. Per questa ragione, nel presente caso, a differenza che nella causa Epson, il ricorrente non è la società capogruppo, con sede in un altro Stato membro, ma la società consociata, con sede nello Stato membro che riscuote l'imposta.

32.
    Il fatto che il carico fiscale pesi sulla società consociata non può però avere significato decisivo. L'effetto economico di una imposizione attuata nei confronti della società consociata corrisponde a quello di una imposizione attuata nei confronti della società capogruppo, poiché l'imposta - come, per definizione, accade nel sistema delle ritenute alla fonte - viene trattenuta e versata direttamente dalla società che distribuisce gli utili.

33.
    Tale analisi è confermata dall'argomentazione della Commissione, secondo cui le disposizioni in questione non tengono conto del riporto a nuovo della perdita degli anni precedenti, mentre ciò di regola avviene nell'ambito dell'imposta sulle società.

34.
    Di conseguenza, le disposizioni che determinano il suddetto aumento d'imposta sono equiparabili ad una ritenuta alla fonte e sono incompatibili con l'art. 5 della direttiva.

B - Convenzione sulla doppia imposizione stipulata tra la Grecia e i Paesi Bassi

Argomenti delle parti

35.
    Il governo greco si appella alla Convenzione sulla doppia imposizione, stipulata tra la Grecia e i Paesi Bassi, in forza della quale i dividendi provenientidalla partecipazione di società straniere a società greche sono tassati in Grecia. Ciò sarebbe consentito dall'art. 7, n. 2, della direttiva.

36.
    Nel corso della fase orale, un rappresentante della Athinaïki Zythopoiia ha difeso l'interpretazione restrittiva dell'art. 7, n. 2, della direttiva, trattandosi di una deroga ai principi generali della direttiva medesima.

37.
    Inoltre, facendo riferimento alla domanda di pronuncia pregiudiziale Océ van der Grinten (6), attualmente pendente, ha espresso dubbi sulla legittimità dell'art. 7, n. 2, della direttiva, poiché il Parlamento non è stato sentito su tale disposizione, né la medesima è spiegata nei 'considerando'.

38.
    La rappresentante della Commissione ha invocato, nella fase orale, il primato del diritto comunitario nei confronti delle convenzioni stipulate fra Stati membri. Conseguentemente la Convenzione sulla doppia imposizione non sarebbe in grado di limitare l'efficacia del divieto della ritenuta alla fonte.

Valutazione

39.
    Ai sensi dell'art. 7, n. 2, della direttiva, la medesima non pregiudica l'applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali intese a sopprimere o ad attenuare la doppia imposizione economica dei dividendi.

40.
    Tale norma include sia le disposizioni nazionali sia le convenzioni internazionali. Nell'ambito di applicazione di questa norma derogatoria non possono rientrare, evidentemente, tutte le disposizioni nazionali poiché, in caso contrario, il divieto di ritenuta alla fonte rimarrebbe privo di concreta efficacia. Occorre invece guardare ai reali effetti delle disposizioni nazionali. Solo le norme direttamente finalizzate ad impedire la doppia imposizione rimangono quindi impregiudicate.

41.
    Ne consegue che non tutte le disposizioni di una convenzione sulla doppia imposizione tra Stati membri della Comunità rimangono impregiudicate, ma soltanto quelle che sono concretamente finalizzate ad evitare una doppia imposizione. Invece, le disposizioni che costituiscono solo espressione del contemperamento degli interessi degli Stati coinvolti, con riferimento all'attribuzione degli introiti fiscali in questione, ma che non impediscono direttamente una doppia imposizione, non ricadono nell'ambito di applicazione dell'art. 7, n. 2, della direttiva.

42.
    La Convenzione sulla doppia imposizione richiamata dalla Grecia consente che la stessa assoggetti i dividendi realizzati da società greche e versati a residenti nei Paesi Bassi ad un'imposta ammontante fino al 35% dell'importo lordo.Probabilmente tale norma ha costituito, soprattutto per la Grecia, un presupposto per la conclusione di una convenzione sulla doppia imposizione con i Paesi Bassi. Questa norma però non contribuisce direttamente ad evitare la doppia imposizione. Perciò l'art. 7, n. 2, della direttiva non è in questo caso applicabile.

43.
    Poiché quindi l'art. 7, n. 2, della direttiva non influisce sulla risposta alla domanda di pronuncia pregiudiziale, non è necessario esaminare la legittimità dell'art. 7, n. 2, della medesima, anticipando il giudizio nella causa Océ van der Grinten.

C - Sull'applicazione delle libertà fondamentali

44.
    Poiché già la diretta applicazione dell'art. 5, n. 1, della direttiva porta alla risoluzione della questione pregiudiziale e oggetto di quest'ultima non è l'efficacia delle libertà fondamentali, nel caso di specie non occorre riflettere sull'applicazione delle stesse.

VI - Sulla limitazione nel tempo degli effetti della sentenza

Argomenti delle parti

45.
    Nella fase orale, il rappresentante del governo ellenico ha chiesto, per il caso in cui venga deciso che il diritto comunitario non consente un'imposizione come quella su cui si fonda la causa principale, che venga esclusa l'efficacia retroattiva della sentenza. A fondamento della richiesta ha addotto gli elevati costi che scaturirebbero dalla restituzione delle imposte trattenute.

46.
    La Athinaïki Zythopoiia ha respinto l'ipotesi di una limitazione nel tempo degli effetti della sentenza. A suo avviso non sussisterebbe alcun motivo per cui lo Stato ellenico possa trattenere imposte riscosse illegittimamente. In nessun caso una limitazione della retroattività potrebbe riguardare procedure pendenti dinanzi ai tribunali o alle autorità amministrative o casi in cui un ricorso davanti a queste sia ancora possibile.

Valutazione

47.
    Quando la Corte, nell'esercizio delle proprie competenze, ad essa conferite dall'art. 177 del Trattato, interpreta una disposizione del diritto comunitario, determina con quale significato e portata la medesima deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata a partire dalla sua entrata in vigore. Ne risulta che la norma così interpretata può, e deve, essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa se, per il resto, sonosoddisfatte le condizioni che permettono di portare alla cognizione dei giudici competenti una controversia relativa all' applicazione di detta norma (7).

48.
    La Corte limita, tuttavia, la retroattività delle sentenze interpretative quando la situazione giuridica, prima della pronuncia della sentenza, era quantomeno poco chiara e si possono temere gravi conseguenze - soprattutto finanziarie - per rapporti giuridici posti in essere, in buona fede, nel passato (8). In ordine alle conseguenze finanziarie, frequentemente si tratta dei bilanci degli Stati membri coinvolti ma, nell'ambito del secondo presupposto, sembra che abbiano una particolare importanza il numero dei rapporti giuridici coinvolti e i possibili effetti a carico dei privati (9). Del resto la Corte ha dichiarato che una tale limitazione degli effetti di una sentenza pronunciata in un procedimento pregiudiziale deve rimanere assolutamente eccezionale (10).

49.
    Nel presente caso, non si teme alcun onere a carico di privati. Non è comunque escluso che l'applicazione della proposta soluzione della questione pregiudiziale comporti, in capo alla Grecia, per il passato, notevoli oneri finanziari.

50.
    Per quanto concerne la chiarezza della situazione giuridica, occorre considerare che le disposizioni greche, che hanno dato origine alla domanda di pronuncia pregiudiziale, sono state adottate nel 1994, vale a dire successivamente alla scadenza del termine per la trasposizione della direttiva, fissato al 1° gennaio 1992.

51.
    La Grecia, pertanto, già in occasione dell'adozione delle disposizioni in questione era tenuta a rispettare l'art. 5, n. 1, della direttiva. Peraltro, la nozione di ritenuta alla fonte, utilizzata nella medesima, non è di per sé facilmente comprensibile. Tuttavia, sulla base del diritto tributario esistente, già nel 1994 era evidente che una imposizione determinata dalla distribuzione di dividendi avrebbe comportato il rischio di violare il divieto della ritenuta alla fonte.

52.
    Non sussisteva nemmeno alcun motivo di fare affidamento sul fatto che le disposizioni in questione non erano espressamente indicate come istitutive di una ritenuta alla fonte, ma erano inserite nelle disposizioni concernenti l'imposta sulreddito della società che distribuisce gli utili. Costituisce un principio generale relativo all'applicazione del diritto comunitario il fatto che, in sede di valutazione di una disposizione, non è determinante la sua denominazione, ma esclusivamente i suoi concreti effetti.

53.
    La Grecia avrebbe potuto perciò invocare una presunta mancanza di chiarezza in ordine alla portata dell'art. 5, n. 1, della direttiva soltanto se si fosse assicurata della compatibilità delle disposizioni in questione con questa norma - ad esempio tramite una preventiva domanda alla Commissione - (11). Il governo ellenico non ha però fornito alcuna indicazione sul fatto di essersi assicurato della compatibilità delle disposizioni in questione con la direttiva.

54.
    Tenendo conto del carattere del tutto eccezionale di una limitazione della retroattività delle sentenze della Corte, non sussiste alcun motivo di procedere ad una tale limitazione.

VII - Conclusione

55.
    Propongo perciò di risolvere la questione pregiudiziale nel seguente modo:

Si configura una ritenuta alla fonte, ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, qualora una normativa nazionale preveda, nel caso di distribuzione di utili da parte di una consociata (società per azioni o società analoga) alla società capogruppo, che per la determinazione del reddito imponibile della consociata si prendano in considerazione gli utili netti complessivi della stessa, inclusi i redditi assoggettati ad imposizione speciale comportante estinzione del debito fiscale inclusi i redditi non imponibili, mentre i redditi rientranti nelle due suddette categorie non sarebbero imponibili, in base alla legge nazionale, se fossero rimasti presso la consociata e non fossero stati distribuiti alla società capogruppo.


1: -     Lingua originale: il tedesco.


2: -     GU L 225, pag. 6.


3: -     Sentenza 8 giugno 2000, causa C-375/98, Epson Europe (Racc. pag. I-4243, punti 20 e segg., con ulteriori riferimenti).


4: -     V. Jutta Förster e Andres Schollmeier, «Harmonisierung der Unternehmensbesteuerung», in: Dieter Birk, Handbuch des Europäischen Steuer- und Abgabenrechts, Verlag Neue Wirtschaftsbriefe Herne, 1995, § 30, punto 131.


5: -     Sentenza Epson (citata alla nota 3), punto 23.


6: -     Causa C-58/01.


7: -     Sentenza 13 febbraio 1996, cause riunite C-197/94 e C-252/94, Bautiaa e Société française maritime (Racc. pag. I-505, punto 47); v., anche, sentenza 9 marzo 2000, causa C-437/97, EKW e Wein & Co. (Racc. pag. I-1157, punto 57, con ulteriori riferimenti).


8: -     Sentenze 8 aprile 1976, causa 43/75, Defrenne (Racc. pag. 455, punti 71-73 e segg.); 2 febbraio 1988, causa 24/86, Blaizot (Racc. pag. 379, punti 31 e segg.); 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman (Racc. pag. I-4921, punti 143 e segg.); 4 maggio 1999, causa C-262/96, Sürül (Racc. pag. I-2685, punti 109 e segg.), e EKW e Wein & Co (citata alla nota 7, punti 58 e segg.).


9: -     Sentenze Defrenne, punti 71/73 e segg., e Bosman, punto 143 (entrambe citate alla nota 8).


10: -     Sentenza Bautiaa e Société française maritime (citata alla nota 7, punto 48).


11: -     V. sentenze Defrenne, punti 71-73, e Blaizot, punto 32 (entrambe citate alla nota 8), nonché sentenza EKW e Wein & Co (citata alla nota 7, punto 58), dove la Corte, per limitare la retroattività della sua sentenza, ha invocato il fatto che, a seconda del caso, la Commissione, il Consiglio o alcuni Stati membri avevano tenuto, con riferimento alla situazione giuridica, un comportamento suscettibile di creare confusione.