Language of document : ECLI:EU:T:2021:392

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

30 giugno 2021 (*)

«FEAGA e FEASR ‐ Spese escluse dal finanziamento – Spese effettuate dall’Italia – Liquidazione dei conti – Verifica di conformità – Rettifiche finanziarie – Regolamento (UE) n. 1306/2013 – Rischio di danno finanziario – Regolamento (CE) n. 1290/2005 – Regolamento (CE) n. 885/2006 – Primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario – Esistenza di un’irregolarità»

Nella causa T‑265/19,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da R. Guizzi, A. Giordano e L. Vignato, avvocati dello Stato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da D. Bianchi, J. Aquilina e F. Moro, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e intesa all’annullamento parziale della decisione di esecuzione (UE) 2019/265 della Commissione, del 12 febbraio 2019, recante esclusione dal finanziamento dell’Unione europea di alcune spese sostenute dagli Stati membri nell’ambito del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (GU 2019, L 44, pag. 14), nella parte in cui essa riguarda alcune spese effettuate dalla Repubblica italiana,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto da A.M. Collins, presidente, G. De Baere e G. Steinfatt (relatrice), giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha emesso la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

1        Il presente ricorso concerne due rettifiche finanziarie mediante le quali la Commissione europea ha escluso dal finanziamento dell’Unione europea alcune spese dichiarate dagli organismi pagatori Agenzia della Regione Calabria per le erogazioni in agricoltura (ARCEA, Italia) e Agenzia Regionale Piemontese per le Erogazioni in Agricoltura (ARPEA, Italia; già OPR Finpiemonte) a titolo del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), vale a dire:

–        una rettifica finanziaria, per un ammontare lordo di EUR 766 522,66 (ossia un importo netto di EUR 695 896,32), applicata ad alcune spese dichiarate dall’ARCEA per l’esercizio finanziario 2016, all’esito dell’indagine recante il riferimento CEB/2017/067/IT, relativa alla liquidazione dei conti per tale esercizio finanziario;

–        una rettifica finanziaria, per un ammontare complessivo di EUR 362 017,10, applicata ad alcune spese dichiarate dall’ARPEA per l’esercizio finanziario 2007, all’esito dell’indagine recante il riferimento FA/2008/067/IT, relativa alla liquidazione dei conti per tale esercizio finanziario.

 Sullindagine recante il riferimento CEB/2017/067/IT

2        Nell’ambito della procedura di liquidazione dei conti dell’esercizio finanziario 2016, comprendente il periodo dal 15 ottobre 2015 al 15 ottobre 2016, dell’ARCEA, svolta ai sensi dell’articolo 51 del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/94, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008 (GU 2013, L 347, pag. 549), la Commissione ha constatato che l’organismo di certificazione designato dalle autorità italiane per verificare, a norma dell’articolo 9 del medesimo regolamento, la completezza, l’esattezza e la veridicità dei conti annuali dell’ARCEA aveva rilevato un certo numero di errori finanziari in occasione dei test di validazione del FEAGA e del FEASR.

3        Per quanto riguarda, più in particolare, il FEASR, l’organismo di certificazione aveva identificato quattro errori finanziari in occasione dell’esame di un campione composto da 111 transazioni. Tra questi errori era compreso un errore per un ammontare di EUR 28 199,13, riguardante la domanda di pagamento n. 54750617406 relativa a progetti realizzati nell’ambito della misura 321. Tale domanda era stata presentata all’ARCEA dal Comune di Vallelonga (Italia), che era subentrato al beneficiario iniziale dell’aiuto previsto da tale misura, la Comunità Montana delle Serre Calabresi (Italia), a seguito della messa in liquidazione di quest’ultima. L’errore identificato era legato al fatto che, senza aver ricevuto i corrispondenti documenti giustificativi, l’ARCEA aveva pagato al Comune di Vallelonga le spese costituenti l’oggetto della sua domanda di pagamento e aveva dichiarato queste spese al FEASR a titolo dell’esercizio finanziario 2016 ai fini del loro rimborso. Orbene, il suddetto Comune aveva proceduto al saldo delle fatture, datate ai mesi di dicembre 2015 e marzo 2016, relative alle spese in questione, soltanto l’8 febbraio 2017, dopo che le risorse finanziarie che costituivano il fondo cassa della Comunità Montana delle Serre Calabresi in stato di liquidazione erano state messe a disposizione di detto Comune, il 27 gennaio 2017. Il Comune di Vallelonga aveva poi trasmesso le prove del pagamento di tali fatture all’ARCEA soltanto il 15 febbraio 2017.

4        Con lettera del 18 maggio 2017, la Commissione ha segnalato alle autorità italiane, in conformità dell’articolo 33, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione (UE) della Commissione n. 908/2014, del 6 agosto 2014, recante modalità di applicazione del regolamento n. 1306/2013 per quanto riguarda gli organismi pagatori e altri organismi, la gestione finanziaria, la liquidazione dei conti, le norme sui controlli, le cauzioni e la trasparenza (GU 2014, L 255, pag. 59), che i conti del FEASR per l’esercizio finanziario 2016 non potevano essere liquidati. Con la medesima lettera, l’istituzione suddetta ha avviato la procedura di verifica di conformità prevista dall’articolo 52 del regolamento n. 1306/2013, ha comunicato alle autorità suddette, in conformità dell’articolo 34, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione n. 908/2014, le proprie conclusioni ed ha dichiarato la propria intenzione di proporre di escludere un importo di EUR 766 522,66 dal finanziamento dell’Unione a carico del FEASR. Nell’allegato 6 della lettera suddetta, la Commissione ha in particolare indicato che l’errore per un ammontare di EUR 28 199,13 doveva essere considerato come un «errore casuale», e non un «errore noto», ai sensi della «linea direttrice n. 2 delle Linee direttrici per la verifica di certificazione dei conti FEAGA/FEASR – Esercizio finanziario 2016» del 15 settembre 2016. Pertanto, essa ha ritenuto di non poter accettare il calcolo dell’«errore totale» effettuato dall’organismo di certificazione e, dopo aver proceduto ad un nuovo calcolo degli importi comunicati da quest’ultimo, essa ha fissato, mediante estrapolazione, nella misura di EUR 766 522,66 l’«errore più probabile» per il FEASR e nella misura di EUR 1 676 349 il limite superiore dell’errore. Poiché questi due importi superavano la soglia di rilevanza corrispondente al 2% della dichiarazione annuale (EUR 35 281 803,08 x 2% = EUR 705 636,06), detta istituzione ha concluso che i conti del FEASR per l’esercizio finanziario 2016 non potevano essere liquidati.

5        Con lettera del 17 luglio 2017, le autorità italiane hanno trasmesso le loro osservazioni alla Commissione.

6        Il 4 ottobre 2017 si è svolta una riunione bilaterale tra la Commissione e le autorità italiane. Nel corso di tale riunione, per quanto riguarda il FEASR, è stato esaminato soltanto l’errore finanziario relativo alla domanda di pagamento n. 54750617406, mentre gli altri tre errori finanziari rilevati dall’organismo di certificazione sono stati accettati da dette autorità nelle loro osservazioni del 17 luglio 2017.

7        Il processo verbale della riunione bilaterale è stato comunicato dalla Commissione alle autorità italiane con lettera del 7 febbraio 2018. Risulta da tale processo verbale che, in occasione di detta riunione, l’ARCEA ha dichiarato, in riferimento alle spese in questione, che, il 16 gennaio 2017, essa aveva avviato una procedura di recupero, ma che questa era stata terminata senza alcun recupero di somme in data 17 febbraio 2017 a seguito della presentazione dei documenti giustificativi da parte del beneficiario. Secondo l’ARCEA, non era dunque stato commesso alcun errore finanziario. Essa ha aggiunto che, qualora fosse stata comunque proposta una rettifica finanziaria, l’errore avrebbe dovuto essere qualificato come «noto». Essa ha giustificato la propria posizione sostenendo di aver già constatato la mancanza dei documenti giustificativi prima che l’organismo di certificazione le trasmettesse i fascicoli inclusi nel campione di operazioni selezionate, anche se nessuna misura era stata sino ad allora adottata. Per quanto riguarda la Commissione, nel suddetto processo verbale si riferisce che essa ha invitato le autorità italiane a fornirle i documenti giustificativi relativi all’errore in questione, nonché la posizione finale dell’organismo di certificazione. Da esso risulta altresì che detta istituzione ha ribadito che tale errore doveva considerarsi come un errore accidentale che doveva essere oggetto di estrapolazione, e che essa ha concluso che le lacune constatate avevano creato un rischio per il FEASR per quanto riguardava l’esercizio finanziario 2016.

8        Con lettera del 6 aprile 2018, le autorità italiane hanno trasmesso alla Commissione informazioni supplementari nonché i documenti giustificativi relativi all’errore in questione, facendo valere che l’ARCEA aveva preso tutte le misure utili per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione. Esse hanno altresì comunicato la posizione finale dell’organismo di certificazione, mediante la quale quest’ultimo constatava che da detti documenti risultava che il beneficiario aveva saldato l’importo delle azioni finanziate dal FEASR soltanto nel febbraio 2017, vale a dire sia dopo il pagamento della domanda presentata da tale beneficiario sia dopo il controllo operato detto organismo e l’avvio, da parte dell’ARCEA, della procedura di recupero.

9        Con lettera del 25 giugno 2018, la Commissione ha ufficialmente comunicato le proprie conclusioni alle autorità italiane, in conformità dell’articolo 34, paragrafo 3, terzo comma, del regolamento di esecuzione n. 908/2014. Essa ha fatto presente che, dopo aver analizzato le informazioni supplementari fornite dalle autorità italiane, essa condivideva l’analisi compiuta dall’organismo di certificazione secondo cui esisteva un errore relativo alla domanda di pagamento n. 54750617406. La Commissione ha constatato che l’ARCEA aveva versato al beneficiario l’importo corrispondente alle spese in questione ed aveva dichiarato tali spese prima del loro pagamento da parte del beneficiario medesimo. Essa ha ritenuto che l’organismo pagatore dovesse introdurre nei sistemi tutte le misure correttive che si fossero rese necessarie, al fine di garantire che, se del caso, le dichiarazioni di spesa comprendessero solo i pagamenti effettuati dall’organismo pagatore e giustificati da fatture quietanzate o da altri documenti equivalenti, che dimostrassero che le spese erano state effettivamente sostenute e pagate dal beneficiario. Inoltre, essa ha ribadito che l’errore in questione non costituiva un errore noto, bensì un errore accidentale che doveva essere oggetto di estrapolazione. La Commissione ha aggiunto che le autorità italiane non avevano fornito alcuna prova che dimostrasse che l’ARCEA aveva adottato misure correttive prima della comunicazione del campione da parte dell’organismo di certificazione. Essa ha concluso che le lacune constatate avevano determinato un rischio per il FEASR. Di conseguenza, in applicazione dell’articolo 12, paragrafo 3, del suo regolamento delegato (UE) n. 907/2014, dell’11 marzo 2014, che integra il regolamento n. 1306/2013 per quanto riguarda gli organismi pagatori e altri organismi, la gestione finanziaria, la liquidazione dei conti, le cauzioni e l’uso dell’euro (GU 2014, L 255, pag. 18), e degli Orientamenti relativi al calcolo delle rettifiche finanziarie nel quadro delle procedure di verifica di conformità e di liquidazione finanziaria dei conti, che erano contenuti nella sua comunicazione C(2015) 3675 final, dell’8 giugno 2015, essa ha proposto una rettifica finanziaria per un ammontare lordo di EUR 766 522,66 (ossia un importo netto di EUR 695 869,32).

10      Nella medesima lettera, la Commissione ha comunicato alle autorità italiane che esse potevano adire l’organo di conciliazione, in conformità dell’articolo 40, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 908/2014. Tuttavia, con lettera del 6 agosto 2018, dette autorità hanno fatto presente l’impossibilità di dar corso alla procedura di conciliazione a motivo del fatto che l’importo che si prevedeva di escludere dal finanziamento dell’Unione era inferiore a un milione di euro.

11      Il 12 febbraio 2019, la Commissione ha adottato la decisione di esecuzione (UE) 2019/265, recante esclusione dal finanziamento dell’Unione europea di alcune spese sostenute dagli Stati membri nell’ambito del FEAGA e del FEASR (GU 2019, L 44, pag. 14; in prosieguo: la «decisione impugnata»), che è stata notificata con il numero C(2019) 869.

12      In virtù della decisione impugnata, la Commissione ha segnatamente escluso dal finanziamento dell’Unione, per quanto riguarda la Repubblica italiana, l’importo lordo di EUR 766 522,66 di cui al punto 9 supra. Essa ha altresì trasmesso alle autorità italiane una relazione di sintesi che riprende segnatamente le lacune constatate, i motivi dell’esclusione, gli argomenti che dette autorità avevano addotto, nonché la sua posizione finale.

 Sullindagine recante il riferimento FA/2008/067/IT

13      La seconda rettifica finanziaria oggetto del presente ricorso trova la propria origine nella procedura di liquidazione dei conti relativa all’esercizio finanziario 2007, che comprende il periodo dal 15 ottobre 2006 al 15 ottobre 2007, condotta a norma dell’articolo 30 del regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU 2005, L 209, pag. 1), e concernente segnatamente l’ARPEA.

14      Con lettera del 28 marzo 2008, la Commissione ha, in particolare, in conformità dell’articolo 11, paragrafo 1, del suo regolamento (CE) n. 885/2006, del 21 giugno 2006, recante modalità di applicazione del regolamento n. 1290/2005 del Consiglio per quanto riguarda il riconoscimento degli organismi pagatori e di altri organismi e la liquidazione dei conti del FEAGA e del FEASR (GU 2006, L 171, pag. 90), informato le autorità italiane che essa riteneva che l’ARPEA non si fosse forse pienamente conformata a talune disposizioni del regolamento n. 885/2006, ed ha avviato la procedura di verifica di conformità prevista dall’articolo 31 del regolamento n. 1290/2005. Più in particolare, essa ha rilevato che alcuni debiti per un ammontare, rispettivamente, di EUR 63 653,55, di EUR 428 141,61 e di EUR 202 485,27 non erano stati menzionati nelle tabelle redatte in conformità dei modelli contenuti nell’allegato III del regolamento n. 885/2006 (in prosieguo: le «tabelle previste dall’allegato III del regolamento n. 885/2006»), e che alcuni pagamenti per un ammontare di EUR 55 367 posti a carico del FEAGA, per i quali i versamenti ai beneficiari non erano andati a buon fine, non erano stati riaccreditati al Fondo, in contrasto con quanto previsto dal punto 2, parte B, intitolata «Procedure di pagamento», dell’allegato I del medesimo regolamento. Pertanto, essa ha annunciato la propria intenzione di proporre una rettifica finanziaria per un ammontare complessivo di EUR 749 647,43.

15      Con lettera del 30 giugno 2008, le autorità italiane hanno trasmesso le loro osservazioni alla Commissione.

16      Con lettera del 30 maggio 2011, la Commissione ha invitato le autorità italiane ad una riunione bilaterale, esponendo i punti che sarebbero stati discussi in occasione di quest’ultima nonché gli argomenti dei diversi soggetti interessati. Essa ha altresì chiesto alle autorità suddette di fornire alcune informazioni e di produrre taluni elementi di prova.

17      Con lettera dell’8 giugno 2011, le autorità italiane hanno risposto alla richiesta della Commissione.

18      Il 15 giugno 2011 si è svolta una riunione bilaterale tra la Commissione e le autorità italiane.

19      Con lettera del 3 agosto 2011, la Commissione ha trasmesso alle autorità italiane il processo verbale della riunione bilaterale, chiedendo loro di fornire alcune informazioni ed elementi di prova supplementari.

20      Con una lettera del 5 ottobre 2011 e con un messaggio di posta elettronica del 1° giugno 2012, le autorità italiane hanno risposto alla richiesta della Commissione.

21      Con lettera del 20 dicembre 2012, la Commissione ha ufficialmente comunicato le proprie conclusioni alle autorità italiane, a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 885/2006. Essa ha ritenuto che, alla luce degli elementi di prova presentati, non fosse necessario applicare una rettifica finanziaria per i casi relativi agli importi di EUR 63 653,55 e di EUR 202 485,27. Quanto ai casi relativi all’ammontare di EUR 428 141,61, la Commissione, dopo aver preso conoscenza delle informazioni fornite dalle autorità italiane in occasione della riunione bilaterale nonché nella loro lettera del 5 ottobre 2011 e nel loro messaggio di posta elettronica del 1° giugno 2012 (v. punto 20 supra), ha infine proposto di applicare, sulla base dell’articolo 32, paragrafo 4, lettera b), del regolamento n. 1290/2005, una rettifica finanziaria per un ammontare complessivo di EUR 330 771,05, composto da un ammontare di EUR 305 122,74 e da un ammontare di EUR 25 648,31. Infine, per quanto riguarda i pagamenti posti a carico del FEAGA per i quali non erano stati effettuati i trasferimenti ai beneficiari e i relativi importi non erano stati riaccreditati al Fondo, essa ha proposto di applicare una rettifica finanziaria dell’ammontare di EUR 31 246,05 anziché quella di EUR 55 367 inizialmente indicata (v. punto 14 supra). In proposito, essa ha rilevato come l’ARPEA avesse indicato che l’importo iniziale ammontava ad EUR 56 483,04 e comprendeva un aiuto di Stato dell’importo di EUR 1 619,10. Essa ha detratto questo secondo importo dal primo, per giungere ad un nuovo importo di EUR 54 863,94, prima di rilevare che, in occasione della riunione bilaterale, era stato confermato che, di quest’ultimo importo, EUR 23 617,89 erano stati riaccreditati al Fondo, mentre EUR 31 246,05 avevano costituito l’oggetto di un ordine di pagamento a favore dei beneficiari interessati nel giugno 2008. Pertanto, essa ha proposto di disporre una rettifica finanziaria per un ammontare complessivo di EUR 362 017,10 ed ha indicato alle autorità italiane che, in conformità dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 885/2006, esse potevano presentare una richiesta di conciliazione.

22      Con lettera del 7 febbraio 2013, le autorità italiane hanno presentato una richiesta di conciliazione presso il segretariato dell’organo di conciliazione. Con lettera del 4 aprile 2013, l’organo di conciliazione ha respinto tale richiesta in quanto irricevibile, a motivo del fatto che l’importo in questione non eccedeva un milione di euro e che le autorità italiane non avevano dimostrato che si trattasse di una questione di principio relativa all’applicazione della normativa dell’Unione.

23      Il 12 febbraio 2019, la Commissione ha adottato la decisione impugnata, in virtù della quale essa ha segnatamente escluso dal finanziamento dell’Unione, per quanto riguarda la Repubblica italiana, un ammontare di EUR 362 017,10, relativamente all’indagine recante il riferimento FA/2008/067/IT. Essa ha altresì comunicato alle autorità italiane una relazione di sintesi che riportava segnatamente le lacune constatate, i motivi dell’esclusione, gli argomenti che dette autorità avevano addotto, nonché la sua posizione finale.

 Procedimento e conclusioni delle parti

24      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 aprile 2019, la Repubblica italiana ha proposto l’odierno ricorso.

25      Il controricorso, la replica e la controreplica sono stati depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente in data 26 luglio, 21 ottobre e 3 dicembre 2019.

26      Il 17 giugno 2020, il Tribunale ha sottoposto dei quesiti scritti alla Commissione a titolo delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del suo regolamento di procedura. La Commissione ha ottemperato a tale richiesta entro il termine impartito. Il 2 ottobre 2020, la Repubblica italiana ha presentato le proprie osservazioni in merito alle risposte della Commissione.

27      In assenza di domanda delle parti, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento.

28      La Repubblica italiana conclude che il Tribunale voglia annullare la decisione impugnata in quanto con essa la Commissione ha applicato rettifiche finanziarie che la riguardano per un ammontare di EUR 695 869,32 e di EUR 362 017,10 a seguito delle indagini recanti, rispettivamente, i riferimenti CEB/2017/067/IT e FA/2008/067/IT.

29      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        rigettare il ricorso;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

 In diritto

30      A sostegno del suo ricorso la Repubblica italiana deduce due motivi.

31      Il primo motivo riguarda l’indagine recante il riferimento CEB/2017/067/IT, svolta presso l’ARCEA, e verte sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1258/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU 1999, L 160, pag. 103), dell’articolo 31, paragrafo 2, del regolamento n. 1290/2005, dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013, dell’articolo 5, paragrafo 4, TUE, del principio di proporzionalità, del principio della tutela del legittimo affidamento e dell’obbligo di motivazione, nonché su un eccesso di potere.

32      Il secondo motivo concerne l’indagine recante il riferimento FA/2008/067/IT, svolta presso l’ARPEA, e verte sulla violazione del regolamento n. 1258/1999, del regolamento n. 1290/2005, dell’articolo 5 TUE, del principio di proporzionalità, del principio della tutela del legittimo affidamento e dell’obbligo di motivazione, nonché su un eccesso di potere.

33      In via preliminare, occorre ricordare che, a norma dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, l’atto introduttivo del giudizio deve segnatamente contenere un’esposizione sommaria dei motivi invocati. Risulta dalla giurisprudenza che tale esposizione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare la propria difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, eventualmente senza dover richiedere ulteriori informazioni (v. sentenza del 9 marzo 2018, Portogallo/Commissione, T‑462/16, non pubblicata, EU:T:2018:127, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali un ricorso si fonda devono risultare in modo coerente e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo stesso (v. sentenza del 4 luglio 2019, Italia/Commissione, T‑598/17, non pubblicata, EU:T:2019:482, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata). Secondo una consolidata giurisprudenza, qualsiasi motivo di ricorso che non sia sufficientemente sviluppato nell’atto introduttivo del giudizio deve essere considerato irricevibile. Analoghe esigenze si impongono quando una censura viene invocata a sostegno di un motivo di ricorso. Tale causa di inammissibilità procedurale di ordine pubblico deve essere rilevata d’ufficio dal giudice dell’Unione (v. sentenza del 4 luglio 2019, Italia/Commissione, T‑598/17, non pubblicata, EU:T:2019:482, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata).

34      Nel caso di specie, occorre constatare che, come giustamente rilevato dalla Commissione, varie censure dedotte dalla Repubblica italiana a sostegno dei suoi due motivi di ricorso non sono assistite da alcuna argomentazione specifica (v. punti 57 e 111 infra). Pertanto, poiché dette censure non sono state argomentate, devono essere respinte in quanto irricevibili.

 Sul primo motivo di ricorso, relativo alla rettifica finanziaria disposta allesito dellindagine recante il riferimento CEB/2017/067/IT

35      La Repubblica italiana fa valere che, applicando una rettifica finanziaria, per un importo netto di EUR 695 896,32, ad alcune spese dichiarate dall’ARCEA per l’esercizio finanziario 2016, in ragione della loro non conformità alle norme dell’Unione, all’esito dell’indagine recante il riferimento CEB/2017/067/IT, la Commissione è incorsa in una violazione dei «regolamenti che disciplinano la fattispecie», del principio di proporzionalità, del principio della tutela del legittimo affidamento e dell’obbligo di motivazione, nonché in un eccesso di potere.

36      In sostanza, la Repubblica italiana afferma che la «normativa indicata nella rubrica del presente motivo, interpretata alla luce dei predetti principi regolatori», subordina l’esclusione del finanziamento dell’Unione all’esistenza di un danno effettivo e certo per il bilancio di quest’ultima. A sostegno di tale affermazione, nell’atto introduttivo del giudizio detto Stato membro cita, più in particolare, l’articolo 31, paragrafo 2, del regolamento n. 1290/2005, per poi rilevare, nella replica, che tale disposizione è stata ripresa nell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013.

37      Orbene, nel caso di specie, secondo la Repubblica italiana, l’emissione dei mandati di pagamento da parte dell’entità beneficiaria per le spese dichiarate e la loro comunicazione all’ARCEA dimostrano l’utilizzazione dell’aiuto da parte di tale entità e dunque l’assenza di qualsiasi danno finanziario, anche solo potenziale, per il FEASR. Inoltre, l’ARCEA avrebbe, «in puntuale replica», non soltanto prodotto tutte le prove documentali necessarie, ma altresì dimostrato di aver adottato tutte le dovute misure correttive per ridurre, o addirittura per eliminare, qualsiasi rischio finanziario per il FEASR. Infatti, «le spese sostenute [sarebbero] state puntualmente ed adeguatamente rendicontate». Infine, la Commissione non avrebbe fornito la prova delle conseguenze finanziarie delle lacune constatate.

38      Inoltre, la Repubblica italiana afferma che l’importanza attribuita dalla Commissione alla produzione tardiva dei documenti giustificativi costituisce una violazione del regolamento n. 1290/2005 nonché del principio di proporzionalità dal momento che tale ritardo non ha determinato alcun pregiudizio o rischio di pregiudizio per il FEASR.

39      Infine, la Repubblica italiana sostiene che la decisione impugnata è illegittima anche per il fatto che la Commissione non ha tenuto conto delle «circostanze eccezionali» che sono state all’origine della trasmissione tardiva dei documenti giustificativi da parte dell’entità beneficiaria, ed avrebbe così violato l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013. Detto Stato membro evidenzia, a questo proposito, che, a seguito della messa in liquidazione della Comunità Montana delle Serre Calabresi, si sono verificati dei ritardi nella nomina dei commissari liquidatori nonché nel trasferimento delle risorse finanziarie di detta comunità al Comune di Villalonga. La Repubblica italiana insiste sul fatto che l’elenco di circostanze eccezionali contenuto nella disposizione sopra citata non è esaustivo. Ad ogni modo, le circostanze del caso di specie permetterebbero di qualificare come «ragionevole» ai sensi del considerando 26 del regolamento n. 1290/2005 il ritardo nella presentazione dei documenti giustificativi.

40      Nella replica, la Repubblica italiana invoca la decisione di esecuzione C(2019) 1065 final della Commissione, del 18 febbraio 2019, relativa alla liquidazione dei conti di alcuni organismi pagatori in Francia, in Ungheria e in Italia per quanto riguarda le spese finanziate dal FEASR per l’esercizio finanziario 2016, da cui risulterebbe che i «conti FEASR» per tale esercizio finanziario sono stati liquidati.

41      La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana, dei quali sottolinea, in via preliminare, il carattere assai impreciso. Anzitutto, essa fa valere che, secondo la giurisprudenza, l’articolo 31, paragrafo 2, del regolamento n. 1290/2005 non subordina ciascuna rettifica finanziaria alla dimostrazione di un danno effettivo subito dal fondo interessato. Poi, essa sostiene che risulta dal fascicolo che l’ARCEA è incorsa in una palese violazione dell’obbligo di verificare i presupposti di ammissibilità delle spese dichiarate, avendo effettuato il pagamento relativo alla domanda di pagamento n. 54750617406 e avendo dichiarato le spese a titolo dell’esercizio finanziario 2016 senza aver ricevuto i relativi documenti giustificativi. Inoltre, essa afferma che non è la produzione tardiva di tali documenti giustificativi, bensì il fatto che l’ARCEA abbia dichiarato tali spese in assenza dei suddetti documenti a costituire la violazione della normativa dell’Unione applicabile e a generare una lacuna nel sistema di controllo, che giustifica la decisione di esclusione dal finanziamento. Quanto alla decisione di esecuzione C(2019) 1065 final che detta istituzione ha adottato il 18 febbraio 2019, essa non dimostrerebbe in alcun modo la validità dei conti dell’ARCEA relativi a tale esercizio finanziario. Infine, per quanto riguarda la presunta violazione dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013, essa fa valere che le circostanze invocate dalla Repubblica italiana non hanno alcun nesso causale diretto con il fatto che, senza aver ricevuto i documenti giustificativi relativi alle spese in questione, l’ARCEA ha pagato tali spese e le ha dichiarate alla Commissione, e che tali circostanze non sono espressamente menzionate tra le circostanze eccezionali contemplate dalla disposizione suddetta, né hanno una natura tale da poter essere qualificate come «eccezionali» ai sensi di questa stessa disposizione.

42      Anzitutto, occorre constatare che, come giustamente fa osservare la Commissione, la normativa invocata dalla Repubblica italiana a sostegno del primo motivo di ricorso include dei testi che non erano applicabili ratione temporis al caso di specie, vale a dire i regolamenti n. 1258/1999 e n. 1290/2005. Infatti, la decisione impugnata, dal momento che concerne la rettifica finanziaria contestata nell’ambito del suddetto motivo, è stata adottata sulla base dell’articolo 52 del regolamento n. 1306/2013, tenendo presente che detta rettifica è stata applicata a spese dichiarate dall’organismo pagatore per l’esercizio finanziario 2016. A questo proposito, occorre rilevare che il regolamento n. 1258/1999 è stato abrogato dal regolamento n. 1290/2005, entrato in vigore il 18 agosto 2005, e, in virtù dell’articolo 47, paragrafo 1, secondo comma, di quest’ultimo regolamento, è rimasto applicabile fino al 15 ottobre 2006 per le spese effettuate dagli Stati membri. Il regolamento n. 1290/2005 è stato a sua volta abrogato, a partire dal 1° gennaio 2014, dal regolamento n. 1306/2013. Se invero, a titolo di deroga, l’articolo 31 del regolamento n. 1290/2005 non è stato abrogato a quest’ultima data, esso però ha continuato ad applicarsi, in virtù dell’articolo 119, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 1306/2013, soltanto fino al 31 dicembre 2014.

43      Poi, per quanto riguarda l’allegazione della Repubblica italiana secondo cui l’esclusione di spese dal finanziamento dell’Unione è subordinata all’esistenza di un danno effettivo e certo per il bilancio di quest’ultima, occorre intendere il riferimento che detto Stato membro compie, in tale contesto, in maniera generale, alla «normativa indicata nella rubrica del presente motivo» e, in maniera più specifica, all’articolo 31, paragrafo 2, del regolamento n. 1290/2005 come riguardante in realtà l’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013, il quale era applicabile ratione temporis al caso di specie. Infatti, quest’ultima disposizione, stabilendo, nella sua prima e nella sua seconda frase, che «[l]a Commissione valuta gli importi da escludere tenendo conto della gravità della non conformità constatata [e] tiene conto a tal fine del tipo di infrazione, nonché del danno finanziario causato all’Unione», riproduce in termini quasi identici la prima disposizione sopra citata.

44      Tuttavia, l’allegazione in questione non è fondata. Infatti, come giustamente ricordato dalla Commissione, risulta dalla giurisprudenza che l’articolo 31, paragrafo 2, del regolamento n. 1290/2005 non introduce un presupposto secondo cui ciascuna rettifica sarebbe subordinata alla dimostrazione di un danno reale subito dal fondo interessato (v. sentenza del 16 dicembre 2015, Grecia/Commissione, T‑241/13, EU:T:2015:982, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata). Alla luce di tale giurisprudenza, che è pienamente trasponibile all’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013, occorre constatare che l’invocazione di quest’ultima disposizione e della presunta mancanza di un danno reale subito dal fondo interessato non è idonea a rimettere in discussione le conclusioni della Commissione, che si basano sulla non conformità delle spese effettuate alle norme dell’Unione.

45      A questo proposito, risulta dal fascicolo ed è pacifico tra le parti che l’ARCEA aveva pagato al Comune di Vallelonga le spese costituenti l’oggetto della domanda di pagamento n. 54750617406 e le aveva poi dichiarate al FEASR a titolo dell’esercizio finanziario 2016 ai fini del loro rimborso, e ciò senza prima ricevere i pertinenti documenti giustificativi e dunque senza prima verificare che detta domanda corrispondesse ad un pagamento che era stato effettivamente realizzato dal beneficiario. Del resto, a quella data tale pagamento non era ancora stato effettuato.

46      Così facendo, l’ARCEA è incorsa in una palese violazione dell’obbligo che le incombeva, in forza dell’articolo 74, paragrafo 1, del regolamento n. 1306/2013, di verificare il soddisfacimento delle condizioni di ammissibilità delle spese. Più in particolare, essa ha violato l’articolo 48, paragrafo 3, lettera b), del regolamento di esecuzione (UE) n. 809/2014 della Commissione, del 17 luglio 2014, recante modalità di applicazione del regolamento n. 1306/2013 per quanto riguarda il sistema integrato di gestione e di controllo, le misure di sviluppo rurale e la condizionalità (GU 2014, L 227, pag. 69), il quale stabilisce segnatamente che «[i] controlli amministrativi sulle domande di pagamento comprendono in particolare, e nella misura in cui sia pertinente per la domanda presentata, la verifica (…) dei costi sostenuti e dei pagamenti effettuati».

47      Questa significativa violazione commessa dall’organismo pagatore nell’applicazione delle norme dell’Unione, la quale rispecchia delle lacune nel sistema di controllo delle spese dichiarate a titolo del FEASR, ha esposto tale fondo ad un rischio effettivo di danno finanziario o di irregolarità e giustifica, in conformità di una consolidata giurisprudenza, l’applicazione di una rettifica finanziaria (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2018, Portogallo/Commissione, T‑22/17, EU:T:2018:881, punto 62 e la giurisprudenza ivi citata). La constatazione di lacune nei controlli fa sorgere, in maniera oggettiva, un rischio finanziario per il fondo, in quanto, in presenza di lacune siffatte, non si può escludere che degli aiuti possano essere stati indebitamente versati. In tale contesto, occorre far osservare come risulti dalla relazione di sintesi che l’organismo di certificazione ha rilevato che, allorché i beneficiari erano organismi pubblici, l’organismo pagatore e i suoi organismi delegati non avevano sempre applicato correttamente le procedure di liquidazione per dimostrare che le spese erano state effettuate e pagate.

48      Contrariamente a quanto la Repubblica italiana lascia intendere, non si può ritenere che, avviando nei confronti del Comune di Villalonga, il 16 gennaio 2017, una procedura di recupero degli importi indebitamente versati, l’ARCEA abbia adottato le misure correttive necessarie per ridurre, od anche eliminare, qualsiasi rischio finanziario per il FEASR. Infatti, come giustamente rilevato dalla Commissione, tale procedura è stata avviata soltanto dopo che l’ARCEA era già stata informata, dall’organismo di certificazione, in occasione della procedura di liquidazione dei conti, dell’assenza dei documenti giustificativi, vale a dire nel momento in cui le spese erano già state dichiarate a titolo dell’esercizio finanziario 2016 e il rischio di perdita finanziaria per il FEASR derivante dalla mancata verifica era già sorto. A questo proposito, occorre constatare che l’allegazione formulata dall’ARCEA in occasione della riunione bilaterale del 4 ottobre 2017, e ripresa dalla Repubblica italiana nei propri scritti difensivi, secondo la quale detto organismo aveva scoperto la mancanza dei documenti giustificativi prima che l’organismo di certificazione gliela segnalasse, non è suffragata da alcun elemento.

49      Allo stesso modo, come giustamente evidenziato dalla Commissione, il semplice fatto che, alla fine, seppur tardivamente, il beneficiario dell’aiuto abbia proceduto al pagamento delle fatture relative alle spese in questione ed abbia trasmesso i relativi documenti giustificativi all’ARCEA non rimette in discussione la constatazione secondo cui il sistema di controllo delle spese dichiarate a titolo del FEASR istituito da detta agenzia presentava lacune che rendevano possibile l’indebito pagamento di importi. Riguardo a quest’ultimo punto, occorre notare che l’ARCEA, avendo avviato una procedura di recupero delle spese suddette nei confronti del Comune di Villalonga, riconosce necessariamente che le stesse erano state indebitamente pagate a quest’ultimo. In occasione della procedura di verifica di conformità, le autorità italiane hanno negato l’esistenza di un qualsivoglia errore finanziario nel caso di specie, ma non hanno dimostrato che non fosse stata commessa alcuna violazione delle norme dell’Unione, limitandosi a tentare di giustificare la violazione in questione facendo valere circostanze, peraltro non pertinenti, correlate alla messa in liquidazione del beneficiario iniziale dell’aiuto (v. punto 51 infra).

50      In risposta all’allegazione della Repubblica italiana secondo cui l’importanza attribuita dalla Commissione alla produzione tardiva dei documenti giustificativi sarebbe contraria al regolamento n. 1290/2005 nonché al principio di proporzionalità, è sufficiente ricordare che, come giustamente sottolineato dalla Commissione, la condotta che costituisce una violazione delle norme dell’Unione applicabili nel caso di specie non è tale produzione tardiva, bensì il fatto che l’ARCEA abbia pagato le spese in questione e le abbia dichiarate al FEASR ai fini del loro rimborso malgrado che detta agenzia non avesse ricevuto, né, a fortiori, verificato, i documenti giustificativi ad esse correlati.

51      Inoltre, per quanto riguarda l’argomento della Repubblica italiana relativo al fatto che la Commissione non avrebbe tenuto conto delle «circostanze eccezionali» che sarebbero state all’origine della trasmissione tardiva dei documenti giustificativi da parte dell’entità beneficiaria, e ciò in violazione dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013, esso deve essere respinto perché infondato. Come giustamente evidenziato dalla Commissione, le circostanze invocate dalla Repubblica italiana, vale a dire, in sostanza, dei contrattempi di natura amministrativa correlati alla messa in liquidazione della Comunità Montana delle Serre Calabresi, non hanno alcun nesso causale diretto con il fatto che l’ARCEA, senza aver visionato i documenti giustificativi relativi alle spese costituenti l’oggetto della domanda di pagamento presentata dal Comune di Villalonga, e dunque in violazione dell’obbligo di verifica che le incombeva, ha pagato tali spese e le ha dichiarate al FEASR. Tali circostanze potrebbero, tutt’al più, giustificare il ritardo con il quale detto Comune ha proceduto al pagamento delle fatture relative alle spese in questione e inviato tali documenti all’ARCEA, ma in nessun caso l’insufficienza del controllo operato da tale organismo pagatore. Prima di qualsiasi altra azione, quest’ultimo avrebbe dovuto intervenire nei confronti di tale Comune sin dal ricevimento della sua domanda di pagamento e pretendere da esso la prova del pagamento delle spese fatte valere. Inoltre, il sopravvenire di contrattempi amministrativi a carattere interno non può costituire una circostanza eccezionale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 1306/2013, tenendo presente che le circostanze elencate in maniera non esaustiva in tale disposizione presentano un carattere eccezionale molto più spiccato.

52      Nel medesimo contesto, vana è la pretesa della Repubblica italiana di qualificare il ritardo nella presentazione dei documenti giustificativi, risultante dalle circostanze da essa fatta valere, come ragionevole ai sensi del considerando 26 del regolamento n. 1290/2005. Oltre al fatto che, come si è indicato al punto 42 supra, tale regolamento non era applicabile ratione temporis al caso di specie, è giocoforza constatare come né detto considerando, né il corrispondente considerando del regolamento n. 1306/2013, ossia il considerando 37 di quest’ultimo, contengono un riferimento al carattere ragionevole del ritardo nella presentazione dei documenti giustificativi di spese a carico del FEASR. Tali considerando vertono su una questione totalmente differente, ossia quella dell’istituzione di un sistema di responsabilità finanziaria che permetta di ripartire in maniera equa tra l’Unione e lo Stato membro interessato le conseguenze finanziarie del mancato recupero di alcuni importi a motivo di irregolarità commesse nel recupero di importi versati dal FEAGA.

53      Infine, la Repubblica italiana non può ricavare validi argomenti dalla decisione di esecuzione C(2019) 1065 final. A questo proposito, occorre rilevare che, come previsto dall’articolo 51 del regolamento n. 1306/2013, una decisione di liquidazione dei conti adottata sulla base di tale disposizione non pregiudica le eventuali decisioni successivamente adottate dalla Commissione, sulla base dell’articolo 52 del medesimo regolamento, al fine di escludere dal finanziamento dell’Unione le spese che non siano state effettuate in conformità alle norme dell’Unione stessa. Così, nel caso di specie, come risulta dall’articolo 2, in combinato disposto con l’allegato II, della decisione di esecuzione (UE) 2017/926 della Commissione, del 29 maggio 2017, sulla liquidazione dei conti degli organismi pagatori degli Stati membri relativi alle spese finanziate dal FEASR per l’esercizio finanziario 2016 (GU 2017, L 140, pag. 15), tale decisione ha espressamente escluso dalla suddetta liquidazione i conti, segnatamente, dell’ARCEA, prevedendo che essi avrebbero costituito l’oggetto di una decisione di liquidazione successiva. Soltanto dopo aver applicato la rettifica finanziaria contestata nell’ambito del presente motivo di ricorso la Commissione ha proceduto alla liquidazione dei conti dell’ARCEA per il suddetto esercizio finanziario mediante l’adozione della decisione di esecuzione C(2019) 1065 final.

54      Risulta dalle suesposte considerazioni che correttamente – e dunque senza incorrere in un eccesso di potere, come invece sostiene la Repubblica italiana – la Commissione ha applicato nel caso di specie una rettifica finanziaria, per un importo lordo di EUR 766 522,66 (ossia un importo netto di EUR 695 869,32), ad alcune spese dichiarate dall’ARCEA per l’esercizio finanziario 2016, a motivo del fatto che tale organismo non aveva rispettato le norme dell’Unione applicabili (v. punto 46 supra) e, più in particolare, era venuto meno al suo obbligo di verificare le spese dichiarate.

55      Tali conclusioni non possono essere rimesse in discussione in virtù dei principi generali del diritto dell’Unione invocati dalla Repubblica italiana.

56      In primo luogo, per quanto riguarda la censura relativa alla violazione del principio di proporzionalità, sancito dall’articolo 5, paragrafo 4, TUE, essa è stata respinta al punto 50 supra in quanto infondata.

57      In secondo luogo, per quanto riguarda la censura attinente alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, essa deve, in conformità della giurisprudenza citata al punto 33 supra, essere respinta perché irricevibile, dato che la Repubblica italiana si limita ad invocare, in maniera generale e astratta, tale principio senza addurre alcun argomento specifico a sostegno di tale censura.

58      In terzo luogo, quanto alla censura relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione, occorre rilevare che la Repubblica italiana non indica in che modo la decisione impugnata, là dove riguardante la rettifica finanziaria oggetto del presente motivo di ricorso, sarebbe inficiata da un qualsivoglia vizio di motivazione.

59      Ad ogni modo, è giocoforza constatare che tale decisione è motivata in termini giuridicamente sufficienti. Infatti, dal momento che, secondo la giurisprudenza, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve essere adattata alla natura dell’atto di cui trattasi e far apparire in modo chiaro e non equivoco il ragionamento seguito dall’istituzione autrice dell’atto, in modo da permettere agli interessati di conoscere le giustificazioni della misura adottata e al giudice dell’Unione di esercitare il suo controllo (v. sentenza del 12 settembre 2012, Grecia/Commissione, T‑356/08, non pubblicata, EU:T:2012:418, punto 113 e la giurisprudenza ivi citata), si deve ritenere che, alla luce dell’insieme degli elementi portati alla sua conoscenza nel corso del procedimento amministrativo e dunque alla luce del contesto che ha portato all’adozione della decisione impugnata, la Repubblica italiana conoscesse gli elementi su cui si fondava la posizione della Commissione quale figurante nella relazione di sintesi e in detta decisione.

60      Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che il primo motivo di ricorso deve essere respinto.

 Sul secondo motivo di ricorso, relativo alla rettifica finanziaria disposta allesito dellindagine recante il riferimento FA/2008/067/IT

61      La Repubblica italiana fa valere che, applicando una rettifica finanziaria, per un importo complessivo di EUR 362 017,10 (composto da un importo di EUR 31 246,05 e da un importo di EUR 330 771,05, quest’ultimo a sua volta suddiviso in un importo di EUR 305 122,74 e in un importo di EUR 25 648,31; v. punto 21 supra), ad alcune spese dichiarate dall’ARPEA per l’esercizio finanziario 2007, all’esito dell’indagine recante il riferimento FA/2008/067/IT, la Commissione è incorsa in una violazione del regolamento n. 1258/1999, del regolamento n. 1290/2005, dell’articolo 5 TUE, del principio di proporzionalità, del principio della tutela del legittimo affidamento e dell’obbligo di motivazione, nonché in un eccesso di potere.

62      La Commissione critica la mancanza di chiarezza e di precisione dell’argomentazione sviluppata dalla Repubblica italiana a sostegno del secondo motivo di ricorso e ritiene che quest’ultimo debba, in ogni caso, essere respinto perché infondato nella sua interezza.

63      In primo luogo, per quanto riguarda l’importo di EUR 31 246,05, risulta dal fascicolo che la Commissione lo ha escluso dal finanziamento dell’Unione a motivo del fatto che l’ARPEA non aveva rispettato la procedura contemplata nel punto 2, parte B, intitolata «Procedure di pagamento», dell’allegato I del regolamento n. 885/2006.

64      L’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento n. 885/2006 stabilisce che, per essere riconosciuti, gli organismi pagatori devono disporre di una struttura amministrativa e di un sistema di controllo interno che soddisfino le condizioni stabilite all’allegato I del medesimo regolamento, segnatamente in materia di attività di controllo. A questo proposito, per quanto riguarda le procedure di pagamento, il punto 2, parte B, intitolata «Procedure di pagamento», dell’allegato I del regolamento n. 885/2006 così dispone:

«L’organismo pagatore adotta le necessarie procedure per garantire che i pagamenti siano versati esclusivamente sul conto bancario del richiedente [o] del suo rappresentante. Il pagamento viene erogato dall’istituto bancario dell’organismo pagatore o, se del caso, da un organismo pagatore governativo entro cinque giorni lavorativi dalla data di imputazione a carico del FEAGA o del FEASR. Tuttavia, per gli esercizi 2007 e 2008, i pagamenti possono essere effettuati anche mediante ordine di pagamento. Sono adottate procedure intese a garantire che tutti i pagamenti per i quali non vengono effettuati trasferimenti siano nuovamente accreditati ai Fondi. Nessun pagamento viene effettuato in contanti. (…)»

65      Nel caso di specie, la decisione impugnata, là dove esclude l’importo di EUR 31 246,05 dal finanziamento dell’Unione, è fondata sul fatto che l’ARPEA aveva dichiarato tale importo al FEAGA per l’esercizio finanziario 2007, ma i corrispondenti pagamenti non avevano potuto essere incassati dai loro beneficiari nel corso di tale esercizio finanziario a causa di alcune circostanze contingenti ed erano stati riemessi a favore di tali beneficiari nel giugno 2008, senza essere prima riaccreditati al FEAGA, come richiesto dal punto 2, parte B, intitolata «Procedure di pagamento», dell’allegato I del regolamento n. 885/2006.

66      A questo proposito, la Repubblica italiana asserisce che la Commissione è incorsa in un eccesso di potere e in una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, «nella parte in cui ha disconosciuto [tale] importo (…), ancorché i pagamenti ai relativi beneficiari fossero stati effettuati dopo la liquidazione dei conti dell’esercizio [finanziario] 2007 (e, infatti, la circostanza che i pagamenti non siano stati oggetto di rilievo in tale sede aveva ingenerato il legittimo affidamento dell’ente in ordine alla regolarità delle relative spese)».

67      La Repubblica italiana aggiunge che, in assenza di un pregiudizio effettivo per il bilancio dell’Unione, occorre ritenere che «la citata normativa e i predetti principi regolatori», che mirerebbero per l’appunto ad evitare pregiudizi siffatti, non siano stati applicati correttamente.

68      Nella replica, la Repubblica italiana, facendo riferimento, pur senza produrla, ad una tabella intitolata «Tabella 104» e che essa data al maggio 2008, afferma che l’importo di EUR 31 246,05 è stato riaccreditato al FEAGA, in ritardo, ma prima dell’operazione di riemissione dei pagamenti ai beneficiari.

69      La Commissione sottolinea che la propria decisione di escludere l’importo di EUR 31 246,05 dal finanziamento dell’Unione non è motivata dal fatto che i pagamenti corrispondenti fossero stati effettuati soltanto dopo la liquidazione dei conti dell’esercizio 2007, bensì dalla violazione dell’obbligo di garantire che i pagamenti che non erano stati oggetto di un bonifico fossero nuovamente accreditati al Fondo.

70      La Commissione aggiunge che, contrariamente a quanto afferma la Repubblica italiana, è nel corso della procedura di liquidazione dei conti dell’esercizio finanziario 2007 che essa ha rilevato come i pagamenti in questione non fossero stati riaccreditati al Fondo ed ha proposto una rettifica finanziaria.

71      Infine, la Commissione nega che la tabella in questione, che essa ha prodotto in allegato alla controreplica, supporti l’affermazione della Repubblica italiana secondo cui l’importo di EUR 31 246,05 è stato riaccreditato al FEAGA prima della riemissione dei pagamenti nel giugno 2008.

72      Occorre rilevare che, nell’ambito della procedura di verifica di conformità, nelle loro osservazioni del 30 giugno 2008 (v. punto 15 supra), le autorità italiane hanno dichiarato segnatamente quanto segue:

«L’importo di 55 367 EUR (…) non è stato accreditato ai fondi comunitari, ma trattenuto per il successivo ulteriore bonifico [ai] beneficiar[i], in quanto non si trattava né di crediti né di irregolarità ma, bensì, di somme spettanti agli aventi diritto che per disguidi postali (spedizioni assegni bancari) o per errate coordinate bancarie (bonifici) non sono state tempestivamente incassate da[i] beneficiar[i] stess[i]. Alla data attuale risultano trasferiti 31 246,05 EUR ai beneficiari. I restanti sono stati riaccreditati ai fondi comunitari di pertinenza».

73      Occorre rilevare altresì come risulti dal processo verbale della riunione bilaterale che, secondo le indicazioni delle autorità italiane, l’importo di EUR 31 246,05 non è stato riaccreditato al Fondo in quanto i pagamenti ad esso relativi sono stati versati ai loro beneficiari nel giugno 2008. Allo stesso modo, nella lettera della Commissione del 20 dicembre 2012 (v. punto 21 supra), viene fatto segnatamente riferimento alla circostanza che, in occasione della riunione bilaterale, era stato confermato che l’importo di EUR 31 246,05 non era stato riaccreditato al Fondo, a differenza dell’importo di EUR 23 617,89, ma aveva costituito l’oggetto di nuovi ordini di pagamento, nel giugno 2008, a favore dei beneficiari interessati.

74      Contrariamente a quanto asserisce la Repubblica italiana, la tabella in questione non dimostra in alcun modo che l’importo di EUR 31 246,05 sia stato riaccreditato al FEAGA prima dell’operazione di riemissione dei pagamenti ai beneficiari. Oltre al fatto che tale allegazione è direttamente contraddetta dagli elementi illustrati al punto 73 supra, è giocoforza constatare che, come fa osservare giustamente la Commissione, detto importo non appare in quanto tale nella tabella di cui sopra, la quale presenta una serie di importi ripartiti in quattro colonne, né può essere calcolato a partire da questi ultimi importi.

75      Risulta dunque dalle considerazioni che precedono che, nel caso di specie, l’ARPEA ha violato il punto 2, parte B, intitolata «Procedure di pagamento», dell’allegato I del regolamento n. 885/2006 là dove si stabilisce che, qualora dei pagamenti non siano stati effettuati ai loro beneficiari nel corso dell’esercizio finanziario per il quale essi sono stati dichiarati, i relativi importi devono essere nuovamente accreditati al Fondo interessato. Non è dunque consentito che gli importi corrispondenti vengano semplicemente trattenuti dall’organismo pagatore, per essere versati ai beneficiari nell’ambito di un esercizio finanziario successivo. Come giustamente sottolineato dalla Commissione nei suoi scritti difensivi, si tratta di una regola di base in materia di finanziamenti dell’Unione la gestione dei quali sia, come nel caso di specie, ripartita tra gli Stati membri e l’Unione, e in virtù della quale è possibile rivendicare dal fondo interessato, per un determinato esercizio finanziario, soltanto i pagamenti che siano stati effettivamente eseguiti a favore dei loro beneficiari nel corso di questo stesso esercizio.

76      Occorre dunque concludere che giustamente la Commissione ha escluso dal finanziamento dell’Unione l’importo di EUR 31 246,05.

77      Inutilmente la Repubblica italiana cerca di rimettere in discussione tale conclusione facendo valere che la Commissione è incorsa in un eccesso di potere e in una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

78      Infatti, da un lato, la circostanza che gli importi in questione siano stati effettivamente versati ai beneficiari nel corso dell’esercizio finanziario 2008 non produce l’effetto di far venir meno la violazione delle norme dell’Unione constatata al punto 75 supra e che attiene al fatto che l’ARPEA ha dichiarato al FEAGA, per l’esercizio finanziario 2007, pagamenti che, in realtà, sono stati effettuati nel corso dell’esercizio finanziario successivo senza essere stati previamente riaccreditati a tale Fondo.

79      Dall’altro lato, per quanto riguarda la censura attinente ad una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, è giocoforza constatare come essa sia infondata in punto di fatto. Infatti, come assai giustamente fa osservare la Commissione nei suoi scritti difensivi e come risulta dal fascicolo, è per l’appunto in occasione della procedura di liquidazione dei conti dell’esercizio finanziario 2007 che detta istituzione, sulla base del rapporto dell’organismo di certificazione, ha constatato che l’ARPEA era incorsa nella violazione in questione, ossia non aveva nuovamente accreditato al FEAGA l’importo corrispondente ai pagamenti non andati a buon fine. Oltre a ciò, occorre ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza, il diritto di invocare il principio suddetto spetta a qualsiasi soggetto nel quale un’istituzione dell’Unione, fornendogli precise assicurazioni, abbia fatto nascere nei suoi confronti fondate aspettative. Costituiscono assicurazioni siffatte, indipendentemente dalla forma nella quale vengano comunicate, delle informazioni precise, incondizionate e concordanti. Per contro, nessuno può far valere una violazione del suddetto principio in assenza delle precise assicurazioni di cui sopra. Le assicurazioni fornite devono, inoltre, essere conformi alle norme applicabili (v. sentenze del 18 luglio 2007, AER/Karatzoglou, C‑213/06 P, EU:C:2007:453, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata, e del 16 dicembre 2010, Kahla Thüringen Porzellan/Commissione, C‑537/08 P, EU:C:2010:769, punto 63 e la giurisprudenza ivi citata). Orbene, la presunta assenza di osservazioni da parte della Commissione durante la procedura di liquidazione dei conti dell’esercizio finanziario 2007 non può, in ogni caso, costituire un’assicurazione precisa, incondizionata e concordante ai sensi della giurisprudenza sopra citata.

80      Quanto all’argomento della Repubblica italiana relativo al fatto che nessun danno effettivo sarebbe stato subito dal Fondo, esso deve essere respinto per ragioni identiche a quelle illustrate al punto 44 supra.

81      In secondo luogo, per quanto riguarda l’importo di EUR 305 122,74, esso rientra nell’importo di EUR 428 141,61 che la Commissione aveva inizialmente indicato nella sua lettera del 28 marzo 2008 (v. punto 14 supra). Quest’ultimo importo risultava dalla somma di vari importi figuranti in un elenco di «debiti potenziali» che l’organismo pagatore aveva trasmesso per informazione all’organismo di certificazione per l’esercizio finanziario 2007. L’organismo pagatore era tuttavia dell’avviso che questi ultimi importi non dovessero essere menzionati quali «importi da recuperare» alla fine dell’esercizio finanziario nelle tabelle previste dall’allegato III del regolamento n. 885/2006, in quanto il procedimento amministrativo di accertamento dei corrispondenti crediti non si era ancora concluso. In altri termini, esso riteneva che gli importi che sarebbero stati eventualmente da recuperare, non essendo ancora determinati al momento della presentazione dei suoi conti annuali per tale esercizio finanziario, non potessero essere considerati come «importi da recuperare» ai sensi dell’articolo 6, lettera f), del regolamento n. 885/2006. A seguito di informazioni comunicate dalle autorità italiane in occasione della riunione bilaterale nonché mediante la loro lettera del 5 ottobre 2011 e il loro messaggio di posta elettronica del 1° giugno 2012 (v. punto 20 supra), la Commissione aveva alla fine constatato che alcuni degli importi contenuti nell’elenco dei debiti potenziali, per un ammontare di EUR 97 370,56, erano stati iscritti nelle pertinenti tabelle o erano stati recuperati. Essa ha però ritenuto che ciò non avesse avuto luogo per l’ammontare di EUR 25 648,31 e per l’ammontare di EUR 305 122,74, pari a un totale di EUR 330 771,05.

82      L’importo di EUR 305 122,74 riguarda un contributo che era stato versato nell’ottobre 2003 per la realizzazione di una nuova attrezzatura produttiva ad un unico beneficiario, la Cantina Viticoltori dell’Acquese Società Agricola Cooperativa, nei cui confronti era stata avviata una procedura di liquidazione coatta amministrativa con decreto del Ministero dello Sviluppo economico italiano del 3 aprile 2007. Con lettera del 26 luglio 2007, la Regione Piemonte (Italia) aveva indicato ai commissari liquidatori e all’ARPEA che, qualora fosse risultato che la Cantina Viticoltori dell’Acquese Società Agricola Cooperativa non soddisfaceva più le condizioni richieste per beneficiare di tale contributo, quest’ultimo sarebbe stato revocato. Il 28 gennaio 2008, detta Regione aveva altresì comunicato ai commissari liquidatori la propria intenzione di essere inserita tra i creditori privilegiati nell’eventualità in cui fosse stato necessario procedere a tale revoca. Successivamente, i commissari liquidatori avevano risposto a detta Regione che l’attività produttiva concernente il progetto finanziato proseguiva con successo.È questo il motivo per cui la Repubblica italiana sottolinea che le condizioni di concessione del contributo in questione hanno continuato ad essere soddisfatte, circostanza questa non contestata dalla Commissione.

83      Nella decisione impugnata, la Commissione ha escluso l’importo di EUR 305 122,74 dal finanziamento dell’Unione a motivo del fatto che, da un lato, come essa ha precisato nella sua risposta ai quesiti scritti sottoposti dal Tribunale a titolo delle misure di organizzazione del procedimento, detto importo non aveva costituito l’oggetto di un primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario ai sensi dell’articolo 35 del regolamento n. 1290/2005 e che, dall’altro, non era stato iscritto come importo da recuperare nelle tabelle previste dall’allegato III del regolamento n. 885/2006. Tale rettifica finanziaria è stata disposta a titolo dell’articolo 32, paragrafo 4, lettera b), del regolamento n. 1290/2005.

84      La Repubblica italiana fa valere che, escludendo tale importo dal finanziamento dell’Unione, la Commissione ha violato l’articolo 31, paragrafo 2, del regolamento n. 1290/2005, l’obbligo di motivazione e il principio di proporzionalità. Infatti, «[risulterebbe] chiaramente dagli atti come la spesa di EUR 305 122,74 sia stata sostenuta conformemente alla normativa [dell’Unione], essendo stati integralmente rispettati gli impegni tutti previsti nel bando della misura finanziata», e non sarebbe stato causato alcun pregiudizio effettivo al bilancio dell’Unione.

85      Inoltre, la Repubblica italiana afferma che la Commissione non può addebitarle, sulla base dell’articolo 32, paragrafo 4, del regolamento n. 1290/2005, di non aver agito rapidamente per recuperare il credito risultante dal contributo versato. Essa sostiene che, se nel caso di specie non è stata avviata alcuna procedura di recupero, ciò è avvenuto «proprio perché (…) mancavano i basilari presupposti: il mancato rispetto degli impegni e l’effettiva esistenza di debiti». Essa evidenzia, in tale contesto, che la Regione Piemonte aveva comunicato ai commissari liquidatori la propria intenzione di essere inserita tra i creditori privilegiati nell’ipotesi in cui essa avesse dovuto revocare il contributo a motivo del mancato rispetto dei presupposti per la concessione del medesimo.

86      Nelle sue osservazioni in merito alle risposte della Commissione ai quesiti scritti sottoposti dal Tribunale, la Repubblica italiana sostiene che risulta dalla definizione della nozione di «primo verbale amministrativo o giudiziario» figurante all’articolo 35 del regolamento n. 1290/2005 che la redazione di un atto siffatto presuppone l’esistenza di un’«irregolarità» fondata su «fatti concreti» e non è dunque giustificata in presenza, come nel caso di specie, di una semplice irregolarità eventuale o di un semplice sospetto di irregolarità. Inoltre, essa fa valere che non era tenuta ad iscrivere l’importo in questione come importo da recuperare nelle tabelle previste dall’allegato III del regolamento n. 885/2006, in quanto, al momento della presentazione dei conti annuali per l’esercizio finanziario 2007, tale importo non poteva essere considerato come un importo da recuperare ai sensi dell’articolo 6, lettera f), di quest’ultimo regolamento.

87      Anzitutto, la Commissione sottolinea che l’esclusione dell’importo di EUR 305 122,74 dal finanziamento dell’Unione non è motivata dall’esistenza di irregolarità nel versamento del contributo al suo beneficiario, bensì dal fatto che, pur avendo costituito quest’ultimo l’oggetto di una procedura di liquidazione coatta amministrativa nel 2007, tale contributo non era stato oggetto di un primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario, né era stato iscritto come importo da recuperare nelle tabelle previste dall’allegato III del regolamento n. 885/2006 al momento dell’avvio di detta procedura. Il contributo in questione, che era stato segnalato come debito potenziale dall’organismo pagatore, non avrebbe dunque costituito l’oggetto di un monitoraggio diligente da parte delle autorità italiane. L’iscrizione nelle tabelle suddette avrebbe in particolare prevenuto qualsiasi rischio di ritardo nel recupero dell’importo in questione nel caso in cui questo si fosse trasformato in un debito effettivo, senza per questo impedire alle autorità italiane di chiedere la soppressione del debito potenziale una volta conclusa con successo l’attività di monitoraggio. La circostanza che il beneficiario abbia proseguito l’attività finanziata mediante il contributo, rispettando le condizioni richieste per il suo versamento, e che dunque nessuna attività di recupero fosse necessaria nel caso di specie, non avrebbe alcuna rilevanza per quanto riguarda la violazione dell’obbligo di diligenza che incombe agli organismi pagatori in sede di monitoraggio dei debiti potenziali.

88      Nelle sue risposte ai quesiti scritti del Tribunale, la Commissione ricorda l’obbligo generale di diligenza che si impone agli Stati membri nel settore del finanziamento della politica agricola comune e che trova la propria espressione, segnatamente, all’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1290/2005. Più in particolare, incomberebbe agli Stati membri gestire con diligenza il sistema mediante il quale gli organismi pagatori riconosciuti effettuano i pagamenti a titolo della politica agricola comune e, segnatamente, accertarsi che le operazioni finanziate dal FEAGA e dal FEASR siano effettive e regolari, prevenire e perseguire le irregolarità, e recuperare le somme perdute a seguito di irregolarità o di negligenze. Ciò implicherebbe che gli organismi pagatori sono tenuti a verificare che le condizioni per l’erogazione dei contributi siano pienamente rispettate, nonché a monitorare il corretto versamento delle sovvenzioni e a individuare eventuali irregolarità che possano determinare la necessità di avviare, nei confronti dei beneficiari, una procedura di recupero dei fondi irregolarmente erogati. La Commissione, poi, da ciò deduce che, nel caso in cui si verifichi un’irregolarità nell’ambito di un pagamento, gli organismi pagatori sono tenuti a constatarlo in un primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario ai sensi dell’articolo 35 del citato regolamento. Fondandosi sul fatto che questo atto viene definito da detta disposizione come costituente «una prima valutazione» e che la conclusione riguardo all’esistenza di un’irregolarità può essere successivamente riveduta o revocata, essa sostiene che tale obbligo si applica anche nell’ipotesi di un «sospetto di irregolarità» o di una «irregolarità potenziale». Infine, essa afferma che, a seguito della formazione di un primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario, l’organismo pagatore è tenuto, nell’ambito degli obblighi di informazione che gli incombono a titolo della procedura di liquidazione a norma dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), iii), di detto regolamento, a presentare, insieme ai conti annuali, le tabelle previste dall’allegato III del regolamento n. 885/2006. Occorrerebbe iscrivere in tali tabelle anche i debiti potenziali, una volta che sia stato stilato il primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario corrispondente.

89      Poi, la Commissione afferma che, dal momento che più di quattro anni erano trascorsi dopo la segnalazione dell’irregolarità, che l’indagine riguardante quest’ultima non si era conclusa prima della fine di questo periodo e che non era stata adottata alcuna decisione di avvio della procedura di recupero, essa ha ritenuto che l’importo in questione dovesse essere proposto per l’esclusione dal finanziamento dell’Unione in conformità delle disposizioni dell’articolo 32, paragrafo 4, lettera b), del regolamento n. 1290/2005.

90      Infine, per quanto riguarda la presunta violazione dell’articolo 31, paragrafo 2, del regolamento n. 1290/2005, la Commissione ribadisce che, secondo la giurisprudenza, tale disposizione non istituisce una condizione che subordini ciascuna rettifica alla dimostrazione di un danno effettivo subito dal fondo interessato.

91      L’articolo 32, paragrafo 4, lettera b), del regolamento n. 1290/2005, che è contenuto nel capo 2, intitolato «Irregolarità», di questo stesso regolamento, stabilisce segnatamente che, «[d]opo aver dato corso alla procedura di cui all’articolo 31, paragrafo 3, la Commissione può decidere di imputare allo Stato membro gli importi da recuperare (…) qualora il primo verbale amministrativo o giudiziario non sia stato stilato o lo sia stato con un ritardo tale da compromettere il recupero (…)».

92      L’articolo 35 del regolamento n. 1290/2005 definisce il «primo verbale amministrativo o giudiziario» come «la prima valutazione scritta stilata da un’autorità competente, amministrativa o giudiziaria, che in base a fatti concreti accerta l’esistenza di un’irregolarità, ferma restando la possibilità di rivedere o revocare tale accertamento alla luce degli sviluppi del procedimento amministrativo o giudiziario».

93      L’articolo 6 del regolamento n. 885/2006, intitolato «Contenuto dei conti annuali», nella sua versione originaria, stabilisce, alla lettera f), che i conti annuali previsti dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), iii), del regolamento n. 1290/2005, vale a dire quelli degli organismi pagatori riconosciuti, devono comprendere «la tabella degli importi da recuperare alla fine dell’esercizio, secondo il modello di cui all’allegato III». Questo allegato, intitolato «Modelli di tabelle degli importi da recuperare», presenta vari modelli di tabelle riepilogative delle procedure di recupero connesse ad irregolarità ai danni del FEAGA e del FEASR nel corso dell’esercizio finanziario precedente e che devono essere utilizzate per indicare, per ciascun organismo pagatore, segnatamente, gli importi recuperati, gli importi rettificati e gli importi da recuperare.

94      Nel caso di specie, la Commissione non aveva titolo per imputare all’organismo pagatore di non aver stilato un primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario concernente l’importo di EUR 305 122,74, contenuto nell’elenco dei debiti potenziali che esso aveva trasmesso per informazione all’organismo di certificazione.

95      Più in particolare, è erronea la tesi della Commissione secondo cui un siffatto atto di constatazione deve essere stilato anche in presenza, come nel caso di specie (v. punto 102 infra), di una semplice irregolarità potenziale o di un semplice sospetto di irregolarità, i quali possono, a loro volta, dar luogo soltanto ad un debito puramente potenziale.

96      Infatti, risulta dalla definizione della nozione di «primo verbale amministrativo o giudiziario» contemplata all’articolo 35 del regolamento n. 1290/2005 che un atto di constatazione siffatto presuppone, segnatamente, che con esso venga accertata, «in base a fatti concreti», l’«esistenza» di un’irregolarità. Orbene, l’utilizzazione del termine «esistenza» implica necessariamente la concreta presenza di un’irregolarità in opposizione al sussistere meramente potenziale di un’irregolarità.

97      Infruttuoso è il tentativo della Commissione di convalidare la propria tesi affermando che il primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario costituisce soltanto una «prima valutazione» dei fatti. Infatti, anche se i primi tre elementi costitutivi della nozione di «primo verbale amministrativo o giudiziario», vale a dire una «prima valutazione» «scritta» stilata «da un’autorità competente», risultano sussistenti, la redazione di un atto di constatazione siffatto non può essere richiesta ove manchi uno degli altri due elementi costitutivi della medesima nozione, vale a dire l’accertamento, «in base a fatti concreti», dell’«esistenza di un’irregolarità». In altri termini, se la valutazione dei fatti compiuta dall’autorità competente non permette di concludere per l’esistenza di un’irregolarità, non può esservi, per definizione, un primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario ai sensi dell’articolo 35 del regolamento n. 1290/2005.

98      Invero, la constatazione dell’esistenza di un’irregolarità potrebbe successivamente rivelarsi inesatta e dover essere riveduta o revocata, come puntualizzato dall’articolo 35, parte finale, del regolamento n. 1290/2005. Tuttavia, erroneamente la Commissione pretende di ricavare un argomento da tale precisazione al fine di sostenere che un primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario deve essere redatto anche nell’ipotesi di una semplice irregolarità potenziale. La prima parte di tale articolo, che contiene la definizione propriamente detta della nozione di «primo verbale amministrativo o giudiziario», è, infatti, indipendente dalla sua seconda parte, che contempla tale possibilità di revisione o di revoca successive.

99      Se il legislatore dell’Unione avesse voluto che le semplici irregolarità potenziali fossero anch’esse oggetto di un primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario, lo avrebbe indicato in maniera espressa all’articolo 35 del regolamento n. 1290/2005, il cui tenore letterale sarebbe stato in tal caso formulato in maniera differente, ad esempio facendo riferimento a «l’esistenza o la possibile esistenza di un’irregolarità».

100    Orbene, il principio della certezza del diritto osta a che la Commissione, così come, del resto, il giudice dell’Unione, possa ampliare degli obblighi incombenti agli Stati membri che sono chiaramente e precisamente definiti da una normativa dell’Unione. Come statuito dalla Corte al punto 51 della sua sentenza del 7 luglio 2005, Grecia/Commissione (C‑5/03, EU:C:2005:426), il fatto che una procedura sia perfezionabile non giustifica, di per sé, una rettifica finanziaria. Deve esistere una carenza significativa nell’applicazione delle norme espresse dell’Unione.

101    La Commissione non può neppure invocare l’obbligo generale di diligenza che si impone agli Stati membri per quanto riguarda il finanziamento della politica agricola comune, al fine di estendere l’obbligo di redigere un primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario all’ipotesi di una semplice irregolarità potenziale. In particolare, è privo di rilevanza il rinvio da essa operato, in una delle sue risposte ai quesiti scritti del Tribunale, ai «generali parametri di diligenza» indicati dalla Corte nella sua sentenza dell’11 ottobre 1990, Italia/Commissione (C‑34/89, EU:C:1990:353). Infatti, nella causa decisa da tale sentenza, la Corte non ha fatto ricorso all’obbligo di diligenza per creare un nuovo obbligo nei confronti degli Stati membri, bensì per valutare se, nel caso di specie, i ritardi da quattro a dieci anni nei quali erano incorse le autorità nazionali competenti nell’avvio delle procedure di ripetizione di somme indebitamente pagate costituissero una negligenza ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 729/70 del Consiglio, del 21 aprile 1970, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU 1970, L 94, pag. 13). L’obbligo, per gli Stati membri, di adottare le misure necessarie per assicurare il recupero delle somme indebitamente pagate era previsto in maniera chiara e incondizionata al paragrafo 1 del medesimo articolo 8.

102    Risulta dall’insieme delle considerazioni sopra esposte che la Commissione è incorsa in un errore di diritto equiparando la semplice possibilità di un’irregolarità all’esistenza di un’irregolarità.

103    Orbene, nel caso di specie, non si è potuto constatare alcuna irregolarità. È incontestabile che può costituire una irregolarità il fatto che un presupposto per la concessione di un contributo cessi di essere soddisfatto. L’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (GU 1995, L 312, pag. 1), stabilisce, infatti, che «[c]ostituisce irregolarità qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante da un’azione o un’omissione di un operatore economico che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da queste gestite, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita». La stessa Repubblica italiana, nelle sue osservazioni in merito alle risposte della Commissione ai quesiti scritti del Tribunale, riconosce che «una “irregolarità” (…) è ravvisabile ogni qualvolta non sussistano o vengano meno le condizioni legittimanti il finanziamento, ovvero a fronte di un inadempimento del beneficiario agli obblighi assunti».

104    Ciò non toglie che, nel caso di specie, è pacifico che le condizioni per la concessione del contributo in questione sono sempre state rispettate dal beneficiario (v. punto 82 supra), sicché, in nessun momento, vi è stata violazione del diritto dell’Unione e, pertanto, non si è verificata alcuna irregolarità per quanto riguarda questo contributo. Occorre aggiungere che, come giustamente fa osservare la Repubblica italiana, il fatto che il beneficiario di un contributo sia oggetto di una procedura di messa in liquidazione non permette di per sé di presumere l’esistenza di un’irregolarità qualora, come nel caso di specie, i progetti finanziati continuino ad essere realizzati in conformità alle condizioni previste. Questa sola circostanza non può dunque obbligare le autorità nazionali competenti a stilare un primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario.

105    Risulta dall’insieme delle considerazioni sopra esposte che le autorità italiane non hanno commesso alcuna violazione del diritto dell’Unione non redigendo alcun primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario per quanto riguarda il contributo di un importo di EUR 305 122,74.

106    Pertanto, del pari ingiusto è l’addebito della Commissione alle autorità suddette di non aver iscritto l’importo sopra menzionato quale «importo da recuperare» nelle tabelle previste dall’allegato III del regolamento n. 885/2006. Infatti, secondo l’argomentazione svolta dalla stessa Commissione (v. punto 88 supra), l’obbligo di procedere a un’iscrizione siffatta è la conseguenza della redazione di un primo atto di constatazione amministrativo o giudiziario per quanto riguarda l’importo in questione.

107    Occorre dunque considerare che la Commissione non era legittimata a imporre alla Repubblica italiana la rettifica finanziaria per un ammontare di EUR 305 122,74. Ne consegue che tale rettifica finanziaria deve essere annullata senza che sia necessario esaminare gli altri argomenti addotti dalla Repubblica italiana, ossia quelli attinenti alla presunta violazione dell’articolo 31, paragrafo 2, del regolamento n. 1290/2005 e dell’obbligo di motivazione (v. punto 84 supra).

108    In terzo luogo, per quanto riguarda l’importo di EUR 25 648,31, esso si inscrive nell’importo di EUR 428 141,61 che la Commissione aveva inizialmente indicato nella sua lettera del 28 marzo 2008, prima di ridurlo a EUR 330 771,05 (v. punti 14 e 81 supra). L’importo di EUR 25 648,31 rappresenta la somma di sette importi che l’organismo pagatore aveva segnalato come corrispondenti a debiti potenziali all’organismo di certificazione per l’esercizio finanziario 2007, ma che esso non aveva però iscritto quali importi da recuperare nelle tabelle previste dagli allegati III o III bis del regolamento n. 885/2006, nella versione risultante a seguito delle modifiche introdotte dal regolamento (CE) n. 1233/2007 della Commissione, del 22 ottobre 2007, che modifica il regolamento n. 885/2006 (GU 2007, L 279, pag. 10). La Commissione, ritenendo che tale iscrizione fosse dovuta, ha applicato, a titolo dell’articolo 32, paragrafo 4, lettera b), del regolamento n. 1290/2005, una rettifica finanziaria di EUR 25 648,31.

109    La Repubblica italiana riproduce, al punto 41 dell’atto introduttivo del giudizio, una tabella che era contenuta nella sua lettera del 7 febbraio 2013 al segretariato dell’organo di conciliazione, limitandosi a rinviare agli argomenti menzionati al punto 66 supra e a sostenere che, in forza di tale tabella, «i dedotti profili di annullabilità, sotto il profilo della lesione dell’affidamento in relazione all’avvenuta chiusura del conto 2007 e della illegittimità in relazione alle compiute azioni correttive, trovano piena dimostrazione». Nella replica, detto Stato membro precisa che la somma dell’importo in questione e di quello di EUR 305 122,74 permette di arrivare all’importo della rettifica finanziaria totale di EUR 330 771,05 al quale essa fa riferimento al punto 40 dell’atto introduttivo del giudizio.

110    La Commissione ribatte che la Repubblica italiana non adduce alcun argomento per contestare la rettifica finanziaria di EUR 25 648,31. Essa afferma che, poiché la domanda di conciliazione delle autorità italiane era stata respinta dall’organismo di conciliazione a motivo del fatto che riguardava una rettifica di un ammontare inferiore alla somma minima di un milione di euro, la tabella riportata al punto 41 dell’atto introduttivo non era mai stata notificata ai suoi servizi competenti, e che, in ogni caso, tale tabella conferma che, malgrado l’esistenza di dubbi quanto al diritto dei beneficiari di ricevere gli importi in questione, questi non erano mai stati inclusi nelle tabelle previste dagli allegati III o III bis del regolamento n. 885/2006.

111    È giocoforza constatare che, come rileva assai giustamente la Commissione, la Repubblica italiana non adduce alcun argomento concreto che possa rimettere in discussione la fondatezza dell’applicazione della rettifica finanziaria di EUR 25 648,31. Quest’ultimo importo non è d’altronde nemmeno menzionato espressamente nei punti dell’atto introduttivo del giudizio dedicati al secondo motivo di ricorso, e può essere individuato soltanto sommando i diversi importi indicati nella tabella riprodotta al punto 41 dell’atto introduttivo del giudizio, la quale, per giunta, viene presentata come elemento a sostegno della contestazione della rettifica finanziaria di EUR 31 246,05 e omette di fare riferimento ad uno dei sette debiti potenziali di cui trattasi, ammontante a EUR 596,33. Inoltre, la Repubblica italiana si limita a rinviare, senza alcuna spiegazione, alle considerazioni riportate al punto 66 supra, che, inoltre, concernono la rettifica finanziaria di EUR 31 246,05, adottata dalla Commissione a motivo della violazione del punto 2, parte B, intitolata «Procedure di pagamento», dell’allegato I del regolamento n. 885/2006, e non a motivo della mancata iscrizione nelle tabelle previste dagli allegati III o III bis di tale regolamento. Infine, per quanto riguarda la censura relativa alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, che la Repubblica italiana si limita ad enunciare in maniera astratta, senza accompagnarla con il benché minimo sviluppo argomentativo, essa deve essere respinta per le ragioni illustrate ai punti 33 e 34 supra.

112    Ne consegue che il secondo motivo di ricorso deve essere accolto là dove esso riguarda la rettifica finanziaria per un ammontare di EUR 305 122,74 e respinto per il resto.

113    Risulta dall’insieme delle considerazioni sopra esposte che la decisione impugnata deve essere annullata là dove essa impone alla Repubblica italiana una rettifica finanziaria per un ammontare di EUR 305 122,74. Il ricorso deve per il resto essere respinto.

 Sulle spese

114    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate.

115    Nel caso di specie, sia la Repubblica italiana che la Commissione sono rimaste, in parte, soccombenti nelle conclusioni rispettivamente formulate, nella misura in cui il Tribunale annulla parzialmente la decisione impugnata e respinge il ricorso per il resto. Date tali circostanze, occorre decidere che ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione di esecuzione (UE) 2019/265 della Commissione, del 12 febbraio 2019, recante esclusione dal finanziamento dell’Unione europea di alcune spese sostenute dagli Stati membri nell’ambito del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), è annullata nella misura in cui esclude dal finanziamento dell’Unione alcune spese effettuate dalla Repubblica italiana, per un ammontare di EUR 305 122,74.

2)      Il ricorso è respinto per il resto.

3)      La Repubblica italiana e la Commissione europea sopporteranno ciascuna le proprie spese.

Collins

De Baere

Steinfatt

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 giugno 2021.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

      S. Papasavvas


*      Lingua processuale: l’italiano.