Language of document : ECLI:EU:C:2007:397

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

28 giugno 2007 (*)

«Sesta direttiva IVA – Art. 17, nn. 3 e 4 – Rimborso dell’IVA – Ottava direttiva IVA – Rimborso dell’IVA ai soggetti passivi non residenti all’interno del paese – Artt. 3, lett. b), e 9, secondo comma – Allegato B – Attestazione della qualità di soggetto passivo di imposta – Portata giuridica – Tredicesima direttiva IVA – Rimborso dell’IVA ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità – Art. 1, punto 1 – Nozione di sede dell’attività economica»

Nel procedimento C‑73/06,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Finanzgericht Köln (Germania), con ordinanza 19 gennaio 2006, pervenuta in cancelleria l’8 febbraio 2006, nella causa tra

Planzer Luxembourg Sàrl

e

Bundeszentralamt für Steuern,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts (relatore), presidente di sezione, dal sig. E. Juhász, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. J. Malenovský e T. von Danwitz, giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per Planzer Luxembourg Sàrl, dal sig. P. Widdau, Steuerberater;

–        per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e U. Forsthoff, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e J.‑C. Gracia, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. S. Fiorentino, avvocato dello Stato;

–        per il governo lussemburghese, dal sig. S. Schreiner, in qualità di agente;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. D. Triantafyllou, in qualità di agente,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 aprile 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 3, lett. b), e 9, secondo comma, nonché dell’allegato B dell’ottava direttiva del Consiglio 6 dicembre 1979, 79/1072/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Modalità per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all’interno del paese (GU L 331, pag. 11; in prosieguo: l’«ottava direttiva»), da una parte, e dell’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva del Consiglio 17 novembre 1986, 86/560/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità (GU L 326, pag. 40; in prosieguo: la «tredicesima direttiva»), dall’altra.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Planzer Luxembourg Sàrl, società di diritto lussemburghese, e il Bundeszentralamt für Steuern (in prosieguo: l’«amministrazione tributaria tedesca»), in merito al rigetto da parte di quest’ultimo di domande dirette al rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») assolta da tale società nell’ambito di forniture di carburante in Germania.

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

 La sesta direttiva

3        L’art. 17 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»), nella versione applicabile all’epoca dei fatti nella causa principale, contiene, ai nn. 2 e 3, le disposizioni seguenti:

«2. Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a detrarre dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’[IVA] dovuta o assolta per i beni che gli sono o gli saranno forniti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo debitore dell’imposta all’interno del paese;

(…)

3. Gli Stati membri accordano altresì ad ogni soggetto passivo la detrazione o il rimborso dell’[IVA] di cui al paragrafo 2 nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini:

a)      di sue operazioni relative alle attività economiche di cui all’articolo 4, paragrafo 2, effettuate all’estero, che darebbero diritto a detrazione se fossero effettuate all’interno del paese;

(…)».

4        Le condizioni e modalità del diritto al rimborso di cui all’art. 17, n. 3, della sesta direttiva variano a seconda che il soggetto passivo straniero, destinatario dei beni o dei servizi utilizzati ai fini delle sue operazioni imponibili, sia residente in un altro Stato membro o al di fuori della Comunità europea. La prima ipotesi rientra nell’ottava direttiva e la seconda nella tredicesima direttiva.

 L’ottava direttiva

5        L’art. 1 dell’ottava direttiva dispone quanto segue:

«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si considera soggetto passivo non residente all’interno del paese il soggetto passivo (...) che (...) non ha fissato in tale paese né la sede della propria attività economica né costituito un centro di attività stabile dal quale sono svolte le operazioni né, in mancanza di detta sede o di detto centro di attività stabile, il suo domicilio o la sua residenza abituale e che (...) non ha effettuato alcuna cessione di beni o prestazioni di servizi che si consideri localizzata in tale paese (…)».

6        L’art. 2 della stessa direttiva così recita:

«Ciascuno Stato membro rimborsa ad ogni soggetto passivo non residente all’interno del paese, ma residente in un altro Stato membro, alle condizioni stabilite in appresso, l’[IVA] applicata a servizi che gli sono resi o beni mobili che gli sono ceduti all’interno del paese da altri soggetti passivi (…)».

7        A tenore dell’art. 3, lett. b), dell’ottava direttiva, il soggetto passivo residente in un altro Stato membro per beneficiare del rimborso deve «comprovare, mediante attestazione rilasciata dall’amministrazione dello Stato in cui è residente, che egli è assoggettato all’[IVA] in tale Stato».

8        Conformemente all’art. 6 dell’ottava direttiva, gli Stati membri non possono imporre al soggetto passivo di cui all’art. 2 della suddetta direttiva, oltre agli obblighi previsti dalla direttiva stessa, segnatamente dall’art. 3, «alcun altro obbligo oltre a quello di fornire, in casi particolari, le informazioni necessarie per accertare la fondatezza della domanda di rimborso».

9        A norma dell’art. 9, secondo comma, dell’ottava direttiva, «[l]e attestazioni di cui all’articolo 3, lettera b) (...) concernenti la qualità di soggetto passivo, devono essere conformi ai modelli che figurano nell’allegato B».

10      Secondo tale modello l’attestazione della qualità di soggetto passivo deve indicare, segnatamente, il cognome e nome o la ragione sociale del richiedente, il tipo di attività, l’indirizzo dell’impresa e il numero di registrazione IVA o, all’occorrenza, il motivo per cui il richiedente non possiede tale numero di registrazione.

 La tredicesima direttiva

11      La tredicesima direttiva così dispone all’art. 1:

«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si considera:

1)      soggetto passivo non residente nel territorio della Comunità, il soggetto passivo di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della [sesta] direttiva (...) che, nel corso del periodo di cui all’articolo 3, paragrafo 1, non ha fissato in tale territorio né la sede della propria attività economica né costituito un centro di attività stabile a partire dal quale sono svolte le operazioni né, in mancanza di detta sede o di detto centro di attività stabile, il proprio domicilio o la propria residenza abituale e che, nel corso del medesimo periodo, non ha effettuato alcuna cessione di beni o prestazione di servizi che si consideri localizzata nello Stato membro previsto all’articolo 2 (...)

(...)».

12      Ai sensi dell’art. 2, n. 1, della tredicesima direttiva:

«Fatti salvi gli articoli 3 e 4, ciascuno Stato membro rimborsa ad ogni soggetto passivo non residente nel territorio della Comunità, alle condizioni stabilite in appresso, l’[IVA] applicata a servizi che gli sono resi o beni mobili che gli sono ceduti all’interno del paese da altri soggetti passivi, o applicata all’importazione di beni nel paese, nella misura in cui questi beni e servizi sono impiegati ai fini delle operazioni di cui all’articolo 17, paragrafo 3, lettere a) e b), della sesta direttiva (...)».

13      L’art. 3, n. 1, della tredicesima direttiva dispone quanto segue:

«Il rimborso di cui all’articolo 2, paragrafo 1, è concesso su domanda del soggetto passivo. Gli Stati membri determinano le modalità per l’introduzione della domanda, ivi compresi i termini, il periodo a cui la domanda deve riferirsi, il servizio competente a cui deve essere presentata e gli importi minimi per i quali può essere chiesto il rimborso. Essi stabiliscono anche le modalità del rimborso, ivi compresi i termini. Impongono al richiedente gli obblighi necessari per poter valutare la fondatezza della domanda ed evitare le frodi, in particolare l’obbligo di comprovare che svolge un’attività economica conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della [sesta] direttiva (...). Il richiedente deve dichiarare per iscritto che non ha effettuato, nel corso del periodo stabilito, alcuna operazione che non sia conforme alle condizioni previste all’articolo 1, paragrafo 1, della presente direttiva».

14      A norma dell’art. 4 della tredicesima direttiva:

«1. Ai fini della presente direttiva il diritto al rimborso è determinato conformemente all’articolo 17 della [sesta] direttiva (...), quale esso è applicato nello Stato membro di rimborso.

2. Gli Stati membri possono tuttavia prevedere l’esclusione di alcune spese o subordinare il rimborso a condizioni complementari.

(…)».

 Il diritto nazionale

15      Il combinato disposto dell’art. 18, n. 9, della legge del 1993 relativa all’imposta sul valore aggiunto (Umsatzsteuergesetz 1993, BGBl. 1993 I, pag. 565; in prosieguo: l’«UStG») e dell’art. 59 del regolamento del 1993 di attuazione della legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari (Umsatzsteuergesetz-Durchführungsverordnung 1993; in prosieguo: l’«UStDV»), disciplina il procedimento relativo al rimborso dell’IVA assolta in Germania da un soggetto passivo residente all’estero.

16      A norma dell’art. 18, n. 9, settima frase, dell’«UStG», i soggetti passivi che non risiedono nel territorio comunitario non beneficiano del diritto al rimborso delle imposte pagate a monte relativamente alla fornitura di carburanti.

 I fatti all’origine della controversia nella causa principale e le questioni pregiudiziali

17      La ricorrente nella causa principale esercisce un’impresa di trasporti. Essa ha sede a Frisange (Lussemburgo). Sua unica socia è la società Planzer Transport AG (in prosieguo: la «P AG»), con sede in Dietikon (Svizzera).

18      Gli amministratori della ricorrente nella causa principale sono due impiegati della P AG che risiedono rispettivamente in Svizzera e in Italia.

19      Il sig. Henri Deltgen (in prosieguo: «D») amministra, presso la sede della ricorrente nella causa principale, la ditta Helvetia House da cui la ricorrente ha preso in affitto i propri uffici. In qualità di rappresentante dell’unica socia di quest’ultima, egli ha preso le iniziative necessarie per la costituzione della medesima.

20      Altre tredici società fra cui tre società controllate da imprese svizzere di trasporto hanno fissato la loro sede al medesimo indirizzo della ricorrente nella causa principale.

21      Nell’aprile 1997 e nel maggio 1998 quest’ultima ha presentato all’amministrazione tributaria tedesca domande di rimborso dell’IVA pagata in Germania per acquisti di carburante. Tali domande si riferivano ad importi rispettivamente pari a DM 11 004,25 per il 1996 e a DM 16 670,98 per il 1997. A ciascuna domanda era allegata un’attestazione rilasciata dall’amministrazione tributaria lussemburghese conforme al modello figurante nell’allegato B dell’ottava direttiva.

22      Nell’attestazione è indicato che la ricorrente nella causa principale è soggetta all’IVA con il suo numero di registrazione lussemburghese.

23      L’amministrazione tributaria tedesca, avvisata dalla sua centrale informativa per l’estero che quest’ultima non aveva collegamenti telefonici all’indirizzo menzionato nell’attestazione, ha ritenuto che la ricorrente non avesse dimostrato che la sua sede di direzione si trovava in Lussemburgo. Con due decisioni datate rispettivamente 24 gennaio 1998 e 29 ottobre 1998, essa ha respinto le richieste di rimborso per il motivo che non erano soddisfatti i presupposti per la concessione del rimborso di cui agli artt. 18, n. 9 dell’UStG e 59 dell’UStDV

24      La ricorrente nella causa principale ha presentato ricorso contro tali decisioni. Essa ha prodotto un’attestazione complementare secondo cui «è una società commerciale ai sensi della convenzione tedesco-lussemburghese sulla doppia imposizione» e quindi soggetta alle «imposte dirette lussemburghesi». Essa ha fatto valere che i suoi due amministratori, D nonché un’altra persona ugualmente responsabile dell’amministrazione e della contabilità, svolgono le proprie attività in Lussemburgo, che cinque dipendenti lavorano a tempo parziale come autisti presso la sua sede, che dispone di un collegamento telefonico, come risulta dall’intestazione della carta da lettere, che alcuni autotreni immatricolati in Lussemburgo vengono utilizzati per il trasporto di cargo aereo e che le fatture sono emesse presso la sede della ricorrente in Lussemburgo.

25      Con decisioni datate 1° luglio 1999 l’amministrazione tributaria tedesca, ritenendo che il luogo di direzione delle attività della ricorrente si trovasse in Svizzera, e non in Lussemburgo, ha respinto i suddetti ricorsi.

26      La ricorrente nella causa principale ha presentato ricorso contro tali decisioni di rigetto. Con decisione 26 ottobre 2001 il Finanzgericht Köln (Tribunale finanziario di Colonia, Germania), considerando il Lussemburgo come il punto di partenza principale delle operazioni realizzate dalla ricorrente nei confronti della società madre svizzera e ritenendo che la sede della stessa si trovasse incontestabilmente in quest’ultimo Stato membro, ha accolto il ricorso medesimo.

27      Con sentenza 22 maggio 2003 il Bundesfinanzhof (Corte federale delle finanze) ha annullato tale decisione, ritenendo che il Finanzgericht Köln, basandosi sul luogo in cui si trovava la sede statutaria della ricorrente nella causa principale, avesse a torto considerato quest’ultima come residente in Lussemburgo. Considerando che l’interpretazione delle nozioni di residenza e di sede impiegati nella legislazione tedesca sull’IVA rientra nel diritto comunitario, il Bundesfinanzhof ha individuato una serie di criteri che potrebbero a suo avviso rivelarsi pertinenti al riguardo: iscrizione della ricorrente nella causa principale a nome proprio nell’elenco telefonico del Lussemburgo; affitto di uffici e conclusione di contratti a nome proprio; luogo e periodo di attività degli eventuali prestatori di lavoro alle dipendenze della ricorrente nella causa principale; luogo di emissione delle fatture relative ad operazioni svolte nei confronti della società madre; luogo di immatricolazione degli autotreni; luogo di sosta degli autotreni in caso di inattività; esistenza di dichiarazioni relative all’importo sulla cifra d’affari in Lussemburgo; emissione, da parte delle autorità tributarie lussemburghesi, di documenti concernenti la ricorrente nella causa principale. Esso ha quindi rinviato la causa dinanzi al Finanzgericht Köln affinché quest’ultimo giudice proceda agli accertamenti di fatto necessari.

28      Nella decisione a qua quest’ultimo constata in proposito quanto segue:

«1. La ricorrente, sulla base di un accordo in materia di tariffe dei trasporti 1° gennaio 1996 e servendosi della propria intestazione, ha girato negli anni 1997 e 1998 parecchie fatture relative a spese di trasporto in questione alla P AG che le ha regolate tramite bonifici bancari. Parallelamente essa ha fatturato alla P AG anche le spese per l’utilizzazione di semirimorchi. Già il 26 dicembre 1995 essa aveva concluso, tramite il suo impiegato Robert Surber, un contratto scritto di affitto con effetto dal 1° gennaio 1996 con la ditta Helvetia House – Henri Deltgen relativamente a locali per ufficio nella Rue de Luxembourg 23A a Frisange. Per i locali essa pagava anche le spese di riscaldamento. Essa era raggiungibile tramite il numero di telefono dell’Helvetia House che era comunque iscritta nell’elenco telefonico sotto il nome D e utilizzava tale numero anche sull’intestazione della sua corrispondenza. Essa aveva anche immatricolato a suo nome presso il Ministero dei Trasporti, nel corso del periodo dal 1997 al 1998, sette autotreni e ottenuto dal Ministero lussemburghese delle Classi medie e il Turismo la relativa autorizzazione di esercizio. Essa occupava, stando all’elenco del personale presentato alla data del 15 giugno 1998, sette dipendenti i quali erano già stati in gran parte alle sue dipendenze dal 1996 e, per il resto, erano stati assunti per sostituire collaboratori precedentemente usciti dall’impresa e da quest’ultima occupati appunto dal 1996. La ricorrente aveva concluso a tale scopo per iscritto gli appropriati contratti di lavoro. Infine è stata anche iscritta, ai fini dell’imposta sulla cifra d’affari, presso il Bureau d’imposition dell’amministrazione tributaria lussemburghese con il n. 1995 2408 871 disponendo pure ai fini della citata imposta del numero di registrazione LU 16487850. Essa ha presentato inoltre dichiarazioni IVA e le sono stati inviati documenti relativi all’IVA. Essa è stata registrata anche per le imposte dirette con il n. 1995/2408/871.

2. Una richiesta di informazioni del convenuto dell’11 luglio 2002 all’amministrazione tributaria lussemburghese dava il seguente risultato (...): secondo tale amministrazione la ricorrente avrebbe preso in affitto i suoi locali di ufficio dall’Helvetia House e avrebbe in parte affidato a quest’ultima anche lavori di segretariato e contabilità. La ricorrente non deteneva nella sede statutaria installazioni o altri oggetti e peraltro i suoi responsabili non erano permanentemente presenti in Lussemburgo. Non disponeva nel paese né di un magazzino, né di parcheggi per autotreni. Tuttavia gli autisti degli autotreni erano registrati in Lussemburgo, così come vi erano immatricolati gli stessi autotreni. Nel 1997 la ricorrente aveva dichiarato una cifra d’affari dell’ordine di EUR 575 129,56.

3. All’udienza del 19 gennaio 2006 la Sezione ha ulteriormente accertato in tale contesto che i due amministratori della ricorrente erano presenti in Lussemburgo rispettivamente da due a tre giorni alla settimana (Surber) e da due a quattro giorni alla settimana (Gemple). In tale paese venivano adottate le decisioni essenziali per la gestione dell’impresa (ad esempio acquisto di autotreni, assunzione di collaboratori) e si trovava l’amministrazione (contabilità, emissione di fatture, liquidazione degli stipendi). Tuttavia la gestione operativa (assegnazione e organizzazione dei tragitti degli autotreni, contatti con la clientela) veniva assicurata dalla P AG a partire dalla Svizzera. Conformemente a tali disposizioni la ricorrente forniva i relativi servizi di trasporto con i summenzionati autotreni di sua proprietà. I servizi erano forniti al 100% alla P AG e la ricorrente li fatturava a quest’ultima a partire dal Lussemburgo.

4. Sul punto se la ricorrente abbia prestato servizi di trasporto nel territorio nazionale, la ricorrente ha allegato alla lettera del 10 gennaio 2006, per i periodi cui si riferiscono i rimborsi richiesti, attestazioni relative all’applicazione del regime dell’aliquota 0 nell’ambito del procedimento di detrazione (...)».

29      Il giudice nazionale, sottolineando come il problema principale nella causa sottopostagli sia quello di determinare se la ricorrente nella causa principale risieda fuori del territorio della Comunità, nel qual caso essa non sarebbe legittimata, tenuto conto dell’art. 18, n. 9, settima frase, dell’UStG, ad ottenere il rimborso dell’IVA pagata per l’acquisto di carburante in Germania, condivide il parere del Bundesfinanzhof secondo cui la nozione di sede dell’attività economica ai sensi di tale disposizione va interpretata conformemente all’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva. Esso nutre tuttavia dubbi sulla maniera di interpretare quest’ultima disposizione.

30      A suo avviso occorre anzitutto interrogarsi sulla portata giuridica delle attestazioni prodotte dalla ricorrente nella causa principale. Ritenendo che tali attestazioni permettano, sì di presumere in maniera irrefutabile la qualità di operatore soggetto ad IVA della persona interessata, ma esso si chiede se sia possibile derivarne una presunzione irrefutabile nel senso della residenza di quest’ultima nello Stato membro cui fa capo l’amministrazione che le ha rilasciate (in prosieguo: lo «Stato membro di rilascio»).

31      Nell’ipotesi che si debba dare soluzione negativa a tale questione, esso si domanda se la nozione di sede dell’attività economica ai sensi dell’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva rinvii al luogo in cui è stabilita la sede statutaria della società e in cui vengono prese le decisioni fondamentali ai fini della sua gestione economica (cioè il Lussemburgo) ovvero al luogo a partire dal quale vengono svolte le sue attività operative (cioè la Svizzera).

32      Alla luce di quanto precede il Finanzgericht Köln ha pertanto deciso di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se da un’attestazione della qualità di imprenditore conforme al modello di cui all’allegato B dell’ottava direttiva risulti un effetto vincolante, o una presunzione irrefutabile quanto alla residenza dell’impresa nello Stato di rilascio [dell’attestazione].

2)      In caso di soluzione negativa della prima questione:

Se la nozione di sede dell’attività economica ai sensi dell’art. 1, n. 1, della tredicesima direttiva vada interpretata nel senso che con ciò s’intende il luogo ove la società ha la sede statutaria,

o ci si deve riferire, ai fini di tale interpretazione, al luogo ove vengono adottate le decisioni in materia di gestione economica dell’impresa,

o è rilevante il luogo in cui vengono prese le decisioni determinanti ai fini della normale, operativa gestione quotidiana».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

33      Con la prima questione il giudice nazionale chiede in sostanza se l’attestazione conforme al modello figurante nell’allegato B dell’ottava direttiva provi necessariamente che il soggetto passivo è residente nello Stato membro di rilascio.

34      Va in proposito ricordato che l’ottava direttiva è intesa a stabilire le modalità di rimborso dell’IVA versata in uno Stato membro ad opera di soggetti passivi residenti in un altro Stato membro. La sua finalità è quindi di armonizzare il diritto al rimborso quale è sancito dall’art. 17, n. 3, della sesta direttiva (v., in tal senso, sentenze 13 luglio 2000, causa C‑136/99, Monte dei Paschi di Siena, Racc. pag. I‑6109, punto 20, e 15 marzo 2007, causa C‑35/05, Reemtsma Cigarettenfabriken, Racc. pag. I‑0000, punto 26).

35      Come risulta dal secondo ‘considerando’, il primo obiettivo di tale direttiva è di evitare che un soggetto passivo residente all’interno di uno Stato membro si trovi assoggettato ad una doppia imposizione a causa del fatto che sarebbe gravato in via definitiva dell’imposta che gli è stata fatturata in un altro Stato membro. Come già esposto dalla Commissione delle Comunità europee, il diritto, per un soggetto passivo residente in uno Stato membro, di ottenere il rimborso dell’IVA assolta in un altro Stato membro quale disciplinato dall’ottava direttiva, trova riscontro nel diritto, istituito a suo favore dalla sesta direttiva, di detrarre l’IVA pagata a monte nel proprio Stato membro.

36      Risulta dal sesto ‘considerando’ dell’ottava direttiva che l’altra finalità generale di quest’ultima è di combattere talune forme di frode o di evasione fiscale (v., in tal senso, sentenza 11 giugno 1998, causa C‑361/96, Grandes sources d’eaux minérales françaises, Racc. pag. I‑3495, punto 28).

37      Per raggiungere tale duplice obiettivo, l’ottava direttiva dispone che un soggetto passivo ha diritto al rimborso dell’IVA versata a monte in un altro Stato membro in cui non ha sede o centro di attività stabile, né domicilio o residenza abituale e in cui non ha effettuato alcuna cessione di beni o prestazione di servizi (v., in tal senso, sentenza 25 gennaio 2001, causa C‑429/97, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑637, punto 28), subordinando il beneficio del rimborso alla presentazione all’amministrazione tributaria dello Stato membro in cui tale rimborso viene sollecitato (in prosieguo: lo «Stato membro di rimborso») di un’attestazione fornita dall’amministrazione tributaria dello Stato membro di rilascio e concernente la qualità di soggetto passivo dell’IVA dell’operatore che sollecita tale rimborso.

38      Come ha sottolineato la Commissione, il sistema di rimborso istituito dall’ottava direttiva poggia quindi su un meccanismo di cooperazione e di fiducia reciproca tra le amministrazioni tributarie degli Stati membri.

39      In proposito, al fine di assicurare il funzionamento armonioso di tale meccanismo, l’art. 9, secondo comma, dell’ottava direttiva prevede che l’attestazione della qualità di soggetto passivo fornita dall’amministrazione tributaria dello Stato membro di rilascio dev’essere conforme al modello figurante nell’allegato B della stessa direttiva. Secondo tale modello la suddetta attestazione deve indicare, segnatamente, il numero di registrazione IVA nonché l’«indirizzo dell’impresa» della persona interessata. Inoltre l’art. 3, lett. b), della suddetta direttiva prevede che l’attestazione in parola venga rilasciata dall’amministrazione dello Stato membro in cui il soggetto passivo è residente.

40      Come hanno fatto valere il governo italiano e la Commissione, l’attestazione conforme al modello figurante nell’allegato B dell’ottava direttiva permette quindi di presumere che l’interessato sia non soltanto soggetto passivo dell’IVA nello Stato membro di rilascio, ma anche che vi risieda nell’una o nell’altra forma, disponendo ivi o della sede della sua attività economica o di un centro di attività stabile a partire dal quale sono svolte le operazioni.

41      L’amministrazione tributaria dello Stato membro di rimborso è in linea di principio vincolata, di fatto e di diritto, dalle indicazioni figuranti in tale attestazione.

42      Date le differenze in essere, per quanto concerne le condizioni di rimborso, tra il regime istituito dall’ottava direttiva per i soggetti passivi residenti in uno Stato membro diverso da quello del rimborso e il regime istituito dalla tredicesima direttiva per i soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità, il rilascio di un’attestazione conforme al modello figurante nell’allegato B dell’ottava direttiva non può tuttavia ostare, come hanno fatto valere i governi tedesco, francese e italiano nonché la Commissione, a che l’amministrazione tributaria dello Stato membro di rimborso cerchi di accertarsi della realtà economica dell’impresa il cui indirizzo è menzionato in un’attestazione siffatta.

43      A questo proposito occorre ricordare che la presa in considerazione della realtà economica costituisce un criterio fondamentale per l’applicazione del sistema comune dell’IVA (sentenza 20 febbraio 1997, causa C‑260/95, DFDS, Racc. pag. I‑1005, punto 23).

44      Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, gli interessati non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente del diritto comunitario (v., nel settore dell’IVA, segnatamente, sentenze 3 marzo 2005, causa C‑32/03, Fini H, Racc. pag. I‑1599, punto 32, e 21 febbraio 2006, causa C‑255/02, Halifax e a., Racc. pag. I‑1609, punto 68).

45      Ciò accadrebbe se un soggetto passivo intendesse fruire del sistema di rimborso alle condizioni enunciate dall’ottava direttiva, quando invece l’impresa il cui indirizzo è menzionato nell’attestazione conforme al modello figurante nell’allegato B di tale direttiva non corrisponde ad alcuna realtà economica nello Stato membro di rilascio e peraltro l’interessato non risiede nel territorio della Comunità, rientrando quindi non nella suddetta direttiva, ma nella tredicesima direttiva.

46      Anche se l’amministrazione tributaria dello Stato membro di rimborso nutre dubbi, ad esempio nel caso di un sospetto di abuso fiscale, quanto alla realtà economica dell’impresa indicata in tale attestazione, essa non può tuttavia, tenuto conto della presunzione ricollegata alla suddetta attestazione, opporre al soggetto passivo un rifiuto di rimborso senza altra modalità di verifica preliminare.

47      In un simile caso, come rileva l’avvocato generale al punto 53 delle conclusioni, tale amministrazione dispone della possibilità, offerta dall’art. 6 dell’ottava direttiva, di costringere il soggetto passivo a fornirle le informazioni necessarie a valutare la fondatezza della domanda di rimborso (v., in tal senso, sentenza Monte dei Paschi di Siena, cit., punto 31), come ad esempio, informazioni considerate idonee a permetterle di valutare la realtà economica dell’impresa menzionata nell’attestazione della qualità di soggetto passivo dell’imposta.

48      Come indicato dalla Commissione, l’amministrazione suddetta ha anche a sua disposizione gli strumenti comunitari di cooperazione e di assistenza amministrativa adottati per permettere la corretta applicazione dell’IVA e lottare contro la frode e l’evasione fiscale in tale settore, quali le misure previste dal regolamento (CE) del Consiglio 7 ottobre 2003, n. 1798, relativo alla cooperazione amministrativa in materia d’imposta sul valore aggiunto e che abroga il regolamento (CEE) n. 218/92 (GU L 264, pag. 1), nonché dal regolamento (CE) della Commissione 29 ottobre 2004, n. 1925 che stabilisce le modalità d’applicazione di talune disposizioni del regolamento (CE) n. 1798/2003 del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa in materia d’imposta sul valore aggiunto (GU L 331, pag. 13).

49      Se le informazioni ottenute fanno risultare che l’indirizzo menzionato nell’attestazione della qualità di soggetto passivo dell’imposta non corrisponde né alla sede dell’attività economica del soggetto stesso, né ad un centro di attività stabile a partire dal quale quest’ultimo svolge le sue operazioni, l’amministrazione tributaria dello Stato membro di rimborso ha il diritto di negare il rimborso sollecitato dal soggetto passivo, fatto salvo l’eventuale esperimento di un’azione giudiziaria da parte di quest’ultimo (v., in tal senso, riguardo all’abuso fiscale, sentenza Fini H, cit., punti 33 e 34; v. per analogia, nell’ambito dell’art. 43 CE, sentenza 12 settembre 2006, causa C‑196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, Racc. pag. I‑7995, punto 55).

50      Alla luce di quanto precede la prima questione va risolta dichiarando che gli artt. 3, lett. b), e 9, secondo comma, dell’ottava direttiva vanno interpretati nel senso che l’attestazione conforme al modello di cui all’allegato B della direttiva stessa permette, in via di principio, di presumere che l’interessato sia non soltanto soggetto passivo dell’IVA nello Stato membro cui fa capo l’amministrazione tributaria che l’ha rilasciata, ma anche che esso sia residente in tale Stato membro. Tali disposizioni non implicano però che sia precluso all’amministrazione tributaria dello Stato membro di rimborso, che nutra dubbi quanto alla realtà economica dell’impresa il cui indirizzo è menzionato in tale attestazione, di accertarsi della realtà in questione ricorrendo alle misure amministrative a tal fine previste dalla normativa comunitaria in materia di IVA.

 Sulla seconda questione

51      Con la seconda questione il giudice nazionale sollecita un’interpretazione dei termini «sede della propria attività economica» impiegati all’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva.

52      Occorre preliminarmente sottolineare che, ai sensi della tredicesima direttiva, la qualità di soggetto passivo non residente nel territorio della Comunità presuppone, segnatamente, che il soggetto in questione non abbia disposto in tale territorio, nel corso del periodo preso in considerazione all’art. 3, n. 1, della direttiva stessa, di alcuno dei criteri di collegamento individuati all’art. 1, punto 1, della suddetta direttiva.

53      Fra tali criteri di collegamento figurano, in particolare, la «sede della propria attività economica» e l’esistenza di «un centro di attività stabile a partire dal quale sono svolte le operazioni».

54      Conformemente ad una giurisprudenza consolidata nel settore dell’IVA, la nozione di centro di attività stabile esige una consistenza minima, grazie alla presenza permanente dei mezzi umani e tecnici necessari per determinate prestazioni di servizi (v. sentenze 4 luglio 1985, causa 168/84, Berkholz, Racc. pag. 2251, punto 18; DFDS, cit., punto 20, e 17 luglio 1997, causa C‑190/95, ARO Lease, Racc. pag. I‑4383, punto 15). Essa presuppone quindi un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea, sul piano del corredo umano e tecnico, a rendere possibili in modo autonomo le prestazioni di servizi considerate (v. sentenza ARO Lease, cit., punto 16).

55      Trattandosi in particolare di attività di trasporto, tale nozione implica, ai fini dell’applicazione della normativa comunitaria sull’IVA, quanto meno un ufficio in cui possano essere redatti i contratti o prese le decisioni amministrative di gestione quotidiana nonché un luogo di deposito dei veicoli destinati alle relative attività (v., in tal senso, sentenze ARO Lease, cit., punti 19 e 27, nonché 7 maggio 1998, causa C‑390/96, Lease Plan, Racc. pag. I‑2553, punto 26). Viceversa l’immatricolazione dei suddetti veicoli nello Stato membro interessato non è l’indizio di un centro di attività stabile in tale Stato membro (v., in tal senso, sentenza Lease Plan, cit., punti 21 e 27).

56      Non costituisce un centro di attività stabile un’istallazione fissa utilizzata al solo fine di effettuare, per conto dell’impresa, attività di carattere preparatorio o ausiliario quali l’assunzione del personale o l’acquisto dei mezzi tecnici necessari allo svolgimento delle attività dell’impresa.

57      Nel caso di specie di cui alla causa principale, come emerge dal punto 31 della presente sentenza, il giudice nazionale è del parere che, tenuto conto delle sue diverse constatazioni fattuali (v. punto 28 della presente sentenza), il luogo a partire dal quale sono effettivamente svolte le attività di trasporto della ricorrente nella causa principale si trova in Svizzera.

58      In merito alla nozione di sede dell’attività economica ai sensi dell’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva, occorre osservare che, sebbene un medesimo luogo possa certamente corrispondere contemporaneamente alla sede dell’attività economica e ad un centro di attività stabile dell’impresa interessata, il mero fatto che tale disposizione, come del resto l’art. 1 dell’ottava direttiva, si riferisca separatamente alle nozioni di sede dell’attività economica, da una parte, e di centro di attività stabile a partire dal quale sono svolte le operazioni, dall’altra, dimostra tuttavia che nella mente del legislatore comunitario la prima nozione riveste una portata autonoma rispetto alla seconda.

59      Ne consegue che, stando alle constatazioni effettuate dal giudice nazionale nell’ambito della causa principale, il fatto che il luogo a partire dal quale le attività della ricorrente stessa sono effettivamente svolte non sia situato nello Stato membro di rilascio non esclude tuttavia che la ricorrente nella causa principale vi abbia stabilito la sede della sua attività economica.

60      Trattandosi di una società, come nella causa principale, la nozione di sede dell’attività economica ai sensi dell’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva indica il luogo in cui vengono adottate le decisioni essenziali concernenti la direzione generale di tale società e in cui sono svolte le funzioni di amministrazione centrale di quest’ultima.

61      La determinazione del luogo della sede dell’attività economica di una società implica la presa in considerazione di un complesso di fattori, al primo posto dei quali figurano la sede statutaria, il luogo dell’amministrazione centrale, il luogo di riunione dei dirigenti societari e quello, abitualmente identico, in cui si adotta la politica generale di tale società. Possono essere presi in considerazione anche altri elementi, quali il domicilio dei principali dirigenti, il luogo di riunione delle assemblee generali, di tenuta dei documenti amministrativi e contabili e di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie, in particolare bancarie.

62      Di conseguenza un insediamento fittizio, come quello caratterizzante una società «casella postale» o «schermo», non può essere definito sede di un’attività economica ai sensi dell’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva (v., per analogia, sentenze 2 maggio 2006, causa C‑341/04, Eurofood IFSC, Racc. pag. I‑3813, punto 35, nonché Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, cit., punto 68).

63      Alla luce di quanto precede occorre risolvere la seconda questione dichiarando che l’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva va interpretato nel senso che la sede dell’attività economica di una società è il luogo ove vengono adottate le decisioni essenziali concernenti la direzione generale di tale società e ove sono svolte le funzioni di amministrazione centrale di quest’ultima.

 Sulle spese

64      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      Gli artt. 3, lett. b), e 9, secondo comma, dell’ottava direttiva del Consiglio 6 dicembre 1979, 79/1072/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Modalità per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all’interno del paese, vanno interpretati nel senso che l’attestazione conforme al modello di cui all’allegato B della direttiva stessa permette, in via di principio, di presumere che l’interessato sia non soltanto soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto nello Stato membro cui fa capo l’amministrazione tributaria che gliel’ha rilasciata, ma anche che esso sia residente in tale Stato membro.

Tali disposizioni non implicano però che sia precluso all’amministrazione tributaria dello Stato membro in cui è richiesto il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto pagata a monte, che nutra dubbi quanto alla realtà economica dell’impresa il cui indirizzo è menzionato in tale attestazione, di accertarsi della realtà in questione ricorrendo alle misure amministrative a tal fine previste dalla normativa comunitaria in materia di imposta sul valore aggiunto.

2)      L’art. 1, punto 1, della tredicesima direttiva del Consiglio 17 novembre 1986, 86/560/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità, va interpretato nel senso che la sede dell’attività economica di una società è il luogo ove vengono adottate le decisioni essenziali concernenti la direzione generale di tale società e ove sono svolte le funzioni di amministrazione centrale di quest’ultima.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.