Language of document : ECLI:EU:C:2013:48

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

31 gennaio 2013 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 267 TFUE – Nozione di “organo giurisdizionale nazionale” – Incompetenza della Corte»

Nella causa C‑394/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Komisia za zashtita ot diskriminatsia (Bulgaria), con decisione del 19 luglio 2011, pervenuta nella cancelleria il 25 luglio 2011, nel procedimento

Valeri Hariev Belov

contro

CHEZ Elektro Balgaria AD,

Lidia Georgieva Dimitrova,

Roselina Dimitrova Kostova,

Kremena Stoyanova Stoyanova,

CHEZ Razpredelenie Balgaria AD,

Ivan Kovarzhchik,

Atanas Antonov Dandarov,

Irzhi Postolka,

Vladimir Marek,

Darzhavna Komisia po energiyno i vodno regulirane,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. L. Bay Larsen, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, dal sig. J.-C. Bonichot, dalle sig.re C. Toader, A. Prechal (relatore) e dal sig. E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig. M. Aleksejev, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 luglio 2012,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Belov, da G. Chernicherska, advokat;

–        per la CHEZ Elektro Balgaria AD e la CHEZ Razpredelenie Balgaria AD, da A. Ganev e V. Bozhilov, advokati;

–        per il governo bulgaro, da T. Ivanov e D. Drambozova, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da J. Enegren e D. Roussanov, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 settembre 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 2, paragrafi 2 e 3, 3, paragrafo 1, lettera h), e 8, paragrafo 1, della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (GU L 180, pag. 22), dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE (GU L 176, pag. 37), del considerando 29 e degli articoli 1 e 13, paragrafo 1, della direttiva 2006/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE del Consiglio (GU L 114, pag. 64), dell’articolo 3, paragrafo 7, della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU L 211, pag. 55), nonché dell’articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento diretto ad accertare se la misura consistente nell’installare, in due quartieri della città di Montana (Bulgaria) abitati in prevalenza da membri della comunità rom, contatori per la misurazione del consumo di elettricità ad un’altezza di sette metri su pali collocati all’esterno delle abitazioni di cui dovevano misurare il consumo costituisca una discriminazione fondata sull’origine etnica e, in caso di risposta affermativa, a disporre la cessazione di tale discriminazione e l’eventuale condanna degli autori della stessa a pagare delle ammende.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3        L’articolo 2, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2000/43 dispone quanto segue:

«2.      Ai fini del paragrafo 1:

a)      sussiste discriminazione diretta quando, a causa della sua razza od origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;

b)      sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

3.      Le molestie sono da considerarsi, ai sensi del paragrafo 1, una discriminazione in caso di comportamento indesiderato adottato per motivi di razza o di origine etnica e avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo. In questo contesto, il concetto di molestia può essere definito conformemente alle leggi e prassi nazionali degli Stati membri».

4        L’articolo 3, paragrafo 1, lettera h), della direttiva 2000/43 è così formulato:

«Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva si applica a tutte le persone sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:

(...)

h)      all’accesso a beni e servizi e alla loro fornitura, incluso l’alloggio».

5        L’articolo 8, paragrafo 1, della stessa direttiva prevede che:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie, conformemente ai loro sistemi giudiziari nazionali, per assicurare che, allorché persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione nei loro riguardi del principio della parità di trattamento espongono, dinanzi a un tribunale o a un’altra autorità competente, fatti dai quali si può presumere che vi sia stata una discriminazione diretta o indiretta, incomba alla parte convenuta provare che non vi è stata violazione del principio della parità di trattamento».

6        Ai sensi dell’articolo 13 della direttiva 2000/43:

«1.      Gli Stati membri stabiliscono che siano istituiti uno o più organismi per la promozione della parità di trattamento di tutte le persone senza discriminazioni fondate sulla razza o l’origine etnica. Tali organismi fanno eventualmente parte di agenzie incaricate, a livello nazionale, della difesa dei diritti umani o della salvaguardia dei diritti individuali.

2.      Gli Stati membri assicurano che tra le competenze di tali organismi rientrino:

–        l’assistenza indipendente alle vittime di discriminazioni nel dare seguito alle denunce da essi inoltrate in materia di discriminazione, fatto salvo il diritto delle vittime e delle associazioni, organizzazioni o altre persone giuridiche di cui all’articolo 7, paragrafo 2,

–        lo svolgimento di inchieste indipendenti in materia di discriminazione,

–        la pubblicazione di relazioni indipendenti e la formulazione di raccomandazioni su questioni connesse con tali discriminazioni».

 Il diritto bulgaro

7        Ai sensi dell’articolo 4 della legge sulla tutela dalle discriminazioni (Zakon za zatschtita ot diskriminatsia; in prosieguo: lo «ZZD»):

«(1)      È vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata (...) [sul]l’appartenenza etnica (...)

(2)      Configura una discriminazione diretta qualsiasi trattamento più sfavorevole di una persona sulla base delle caratteristiche di cui al paragrafo 1 rispetto al modo in cui è trattata, è stata trattata o sarà trattata un’altra persona in condizioni analoghe e simili.

(3)      Una discriminazione indiretta consiste nel collocare una persona, sulla base delle caratteristiche di cui al paragrafo 1, in una situazione più sfavorevole rispetto ad altre persone attraverso una disposizione, un criterio o una prassi di apparente neutralità, salvo che tale disposizione, tale criterio o tale prassi trovi giustificazione alla luce della considerazione di uno scopo legittimo e che i mezzi utilizzati al fine di raggiungerlo siano adeguati e necessari».

8        L’articolo 9 dello ZZD prevede che «nell’ambito di un procedimento diretto a tutelare contro la discriminazione, quando una parte afferma di essere vittima di una discriminazione e dimostra fatti che consentono di concludere per l’esistenza di quest’ultima, la parte convenuta deve dimostrare che non si configura alcuna violazione del diritto alla parità di trattamento».

9        L’articolo 37 dello ZZD dispone che «[n]on non è consentito rifiutare l’erogazione di beni o servizi né fornire beni o servizi di qualità inferiore o a condizioni più sfavorevoli sulla base delle caratteristiche di cui all’articolo 4, paragrafo 1».

10      Il paragrafo 1 delle «disposizioni complementari» dello ZZD definisce il «trattamento sfavorevole» come «qualsiasi atto, azione o omissione che arreca pregiudizio direttamente o indirettamente a diritti o legittimi interessi».

11      Lo ZZD contiene peraltro un certo numero di disposizioni relative alla Komisia za zashtita ot diskriminatsia (Commissione per la lotta alle discriminazioni; in prosieguo: la «KZD»), che si propongono, segnatamente, di precisare la composizione, i compiti e le modalità di funzionamento di detto organismo.

12      A tale proposito l’articolo 47 dello ZZD prevede quanto segue:

«La [KZD]:

1.      constata le violazioni della presente legge o di altre leggi a disciplina della parità di trattamento e stabilisce l’autore della violazione e la persona interessata;

2.      impone la prevenzione e la cessazione della violazione e il ripristino della situazione iniziale;

3.      applica le sanzioni previste e adotta provvedimenti amministrativi coercitivi;

4.      impartisce istruzioni vincolanti riguardanti il rispetto della presente legge o di altre leggi a disciplina della parità di trattamento;

5.      presenta ricorsi avverso gli atti amministrativi adottati in violazione della presente legge o di altre leggi a disciplina della parità di trattamento, avvia azioni giudiziarie e interviene quale cointeressata in procedimenti avviati sulla base della presente legge o di altre leggi a disciplina della parità di trattamento;

6.      formula proposte e raccomandazioni agli organi statali e comunali per la prevenzione di pratiche discriminatorie e per l’annullamento dei relativi atti adottati in violazione della presente legge o di altre leggi a disciplina della parità di trattamento;

7.      gestisce un registro pubblico delle proprie decisioni entrate in vigore e delle proprie istruzioni vincolanti;

8.      fornisce pareri riguardo alla conformità di progetti di atti normativi con la legislazione in materia di prevenzione della discriminazione e raccomanda di adottare, di eliminare, di modificare, di integrare atti normativi;

9.      fornisce un aiuto indipendente alle vittime di discriminazione quando queste ultime propongono ricorsi;

10.      realizza studi indipendenti sulla discriminazione;

11.      pubblica rapporti indipendenti e formula raccomandazioni su tutte le questioni connesse alla discriminazione;

12.      esercita ulteriori competenze previste nel regolamento che disciplina la sua organizzazione e la sua attività».

13      L’articolo 48 dello ZZD dispone che:

«(1)      La [KZD] prende in esame e decide le controversie ad essa sottoposte nelle sezioni stabilite dal proprio presidente.

(2)      Il presidente della [KZD] stabilisce le sezioni permanenti che si specializzano nella discriminazione:

1.      fondata sull’etnia e sulla razza;

2.      fondata sul sesso;

3.      fondata su altre caratteristiche di cui all’articolo 4, paragrafo 1.

(...)».

14      Ai sensi dell’articolo 50 dello ZZD:

«I procedimenti dinanzi alla [KZD] sono avviati:

1.      su ricorso delle persone interessate;

2.      su iniziativa della [KZD];

3.      con denunce provenienti da persone fisiche o giuridiche o da organi statali e comunali».

15      L’articolo 54 dello ZZD è così formulato:

«Quando il procedimento è stato avviato, il presidente della [KZD] attribuisce la controversia ad una sezione, che designa un relatore fra i propri membri».

16      L’articolo 55 dello ZZD prevede che:

«(1)      Il relatore apre un procedimento di indagine, nel corso del quale raccoglie le prove scritte necessarie al fine di chiarire esaustivamente le circostanze della controversia, avvalendosi dei servizi del personale e di esperti esterni.

(2)      Ogni persona, ogni organo statale e ogni collettività territoriale coopera con la [KZD] nel corso dell’indagine; tali soggetti sono tenuti a fornire le informazioni e la documentazione richieste, nonché i chiarimenti necessari.

(...)».

17      In base all’articolo 65 dello ZZD è disposto quanto segue:

«Nel rendere la propria decisione la sezione:

1.      determina la violazione commessa;

2.      determina l’autore della violazione e la persona interessata;

3.      determina il tipo e la gravità della sanzione;

4.      ordina provvedimenti amministrativi coercitivi;

5.      stabilisce che non vi sono state violazioni della legge e respinge il ricorso».

18      Ai sensi dell’articolo 68, punto 1, dello ZZD:

«Le decisioni della [KZD] sono impugnabili, conformemente al codice di procedura amministrativa, nel termine di quattordici giorni a partire dal momento della loro notifica alle parti interessate».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

19      Nel 1998 e nel 1999 talune società statali di distribuzione di elettricità hanno installato, in un certo numero di quartieri urbani bulgari caratterizzati dal fatto di essere noti come luoghi abitati prevalentemente da membri della comunità rom, contatori destinati alla misurazione del consumo di elettricità ad un’altezza di sette metri su pali collocati all’esterno delle abitazioni di cui dovevano misurare il consumo.

20      Una misura del genere è stata adottata in particolare nei quartieri «Ogosta» e «Kosharnik» della città di Montana, in cui appare incontestato che, ancora attualmente, abitino in prevalenza membri della comunità rom (in prosieguo: la «misura di cui al procedimento principale»).

21      Le attività di fornitura e di distribuzione di elettricità relative ai due succitati quartieri nel frattempo sono state riprese, a seguito della privatizzazione del settore dell’energia, segnatamente dalla CHEZ Elektro Balgaria AD (in prosieguo: la «CEB»), società fornitrice di elettricità, e dalla CHEZ Razpredelenie Balgaria AD (in prosieguo: la «CRB»), società proprietaria delle reti per la distribuzione di elettricità.

22      L’articolo 27 delle condizioni generali dei contratti di utilizzo delle reti di distribuzione di elettricità della CRB (in prosieguo: le «condizioni generali della CRB») riporta, al paragrafo 1, che «[g]li strumenti di misurazione impiegati nel commercio, comprese le istallazioni per la gestione tariffaria, sono messi a disposizione in modo tale che il consumatore possa osservare il proprio consumo». Il paragrafo 2 del medesimo articolo 27 prevede tuttavia che, «[qualora], al fine di salvaguardare la vita e la salute dei cittadini e i beni, la qualità dell’elettricità, la continuità dell’alimentazione, nonché la sicurezza e l’affidabilità del sistema di fornitura di elettricità, gli strumenti di misurazione impiegati nel commercio siano collocati in sedi di difficile accesso, l’impresa distributrice di elettricità è tenuta a garantire, con oneri a proprio carico, la possibilità di effettuare un controllo visivo nei tre giorni successivi ad una domanda scritta del consumatore».

23      Il sig. Belov, il quale definisce se stesso come Rom, abita nel quartiere «Ogosta». Ritenendo che la misura in discussione nel procedimento principale costituisca, tanto nei suoi confronti quanto nei confronti di altre persone di origine rom che consumano elettricità nel menzionato quartiere e in quello denominato «Kosharnik», una discriminazione fondata sull’origine etnica vietata dall’articolo 37 dello ZZD, l’interessato ha adito la KZD con una domanda, cui è allegata una lettera di protesta firmata da numerosi altri abitanti dei summenzionati quartieri, diretta ad ottenere che la KZD ordini alla CEB di porre termine alla misura in parola e disponga le sanzioni previste dallo ZZD.

24      La KZD considera che l’azione proposta dal sig. Belov configuri al tempo stesso un ricorso e una denuncia ai sensi, rispettivamente, dei punti 1 e 3 dell’articolo 50 dello ZZD. In quanto abitante del quartiere «Ogosta», sul quale incide la misura in discussione nel procedimento principale, l’interessato agisce a titolo personale e ha la qualità di ricorrente per avviare il procedimento e, nella misura in cui agisce per conto di altri abitanti del medesimo quartiere e di quello denominato «Kosharnik», ha la qualità di denunciante.

25      Successivamente la KZD ha convenuto nel procedimento la CRB, quale proprietaria dei contatori di elettricità, nonché la Darzhavna Komisia po energiyno i vodno regulirane (commissione di regolamentazione dell’acqua e dell’energia) quale autorità che ha approvato le condizioni generali della CRB. Analogo ragionamento si applica nei confronti di svariate persone fisiche le quali, in quanto legali rappresentanti della CEB e della CRB, potrebbero essere tenute al pagamento di ammende qualora fosse constatata la discriminazione.

26      Dinanzi alla KZD la CRB sostiene, innanzitutto, che la misura in discussione nel procedimento principale non può reputarsi una discriminazione considerando, in particolare, che essa si applica indistintamente a tutti gli abitanti dei quartieri interessati e che nessuna legge prevede diritti o legittimi interessi dell’utente alla consultazione del display del suo contatore.

27      Successivamente, la CRB afferma che il ricorrente nel procedimento principale non avrebbe fornito prove dei fatti che consentano di concludere nel senso della sussistenza di una tale discriminazione, benché ciò sia richiesto dall’articolo 9 dello ZZD.

28      Infine, ad avviso della CRB, l’adozione della misura in discussione nel procedimento principale non avrebbe nulla a che vedere con l’appartenenza etnica dei consumatori dei due quartieri di cui trattasi. Essa sarebbe inoltre giustificata al fine di evitare degradazioni delle infrastrutture e illecite appropriazioni di elettricità tali da mettere in pericolo, segnatamente, la vita e la salute dei cittadini, la sicurezza, la proprietà e la continuità della fornitura di elettricità, nonché i costi aggiuntivi che ne potrebbero risultare a carico degli altri consumatori.

29      Con riferimento all’articolo 27, paragrafo 2, delle condizioni generali della CRB, la KZD osserva che, in caso di domanda del consumatore diretta, così come previsto dalla succitata disposizione, ad ottenere che sia effettuato un controllo visivo dei display dei contatori, la CRB è tenuta a mettere a disposizione, entro tre giorni, una speciale piattaforma elevatrice che consenta l’accesso ai contatori. In tal caso il consumatore non potrebbe tuttavia effettuare egli stesso le rilevazioni, dal momento che i dati dovrebbero essergli comunicati dalle persone autorizzate ad utilizzare la piattaforma. Siffatta misura, peraltro, non sarebbe mai stata applicata in nessun caso concreto.

30      Dal canto suo, la possibilità prevista all’articolo 17, punto 6, delle medesime condizioni generali consistente nell’installare un contatore di controllo presso il domicilio del consumatore comporta il versamento di un canone e, anche in un caso del genere, il contatore principale resta comunque collocato all’esterno dell’abitazione ad un’altezza di sette metri.

31      La KZD afferma che la misura in discussione nel procedimento principale costituirebbe una discriminazione indiretta fondata sull’appartenenza etnica, ai sensi degli articoli 4, paragrafo 3, e 37 dello ZZD.

32      Facendo presente che le disposizioni dello ZZD sono state segnatamente adottate al fine di trasporre la direttiva 2000/43, la KZD considera tuttavia necessaria un’interpretazione del diritto dell’Unione per poter decidere in merito.

33      Al riguardo essa osserva, in particolare, che l’articolo 4, paragrafi 2 e 3, dello ZZD, letto in combinato disposto con il paragrafo 1, punto 7, delle disposizioni complementari dello ZZD, come interpretato dal Varhoven administrativen sad (Suprema Corte amministrativa), comporta, affinché sussista una discriminazione, che sia leso un diritto o un legittimo interesse tutelato dalla legge. Orbene, tale lesione non si verificherebbe nel caso del diritto di accedere al proprio contatore elettrico per consultarlo. La KZD si chiede se una siffatta interpretazione sia conforme alle disposizioni dell’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b), della direttiva 2000/43.

34      D’altro canto, la KZD rileva che, sebbene l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2000/43 sia stato trasposto pressoché letteralmente nell’articolo 9 dello ZZD, la versione in bulgaro del menzionato articolo 8, paragrafo 1, sarebbe diversa da altre versioni linguistiche di tale disposizione. Infatti, la versione in lingua bulgara della succitata disposizione prevede che la vittima debba dimostrare i fatti che consentono di «concludere» per l’esistenza di una discriminazione, mentre le altre versioni linguistiche della stessa farebbero riferimento a fatti che consentono di «presumere» una siffatta esistenza. Il Varhoven administrativen sad applicherebbe del resto l’articolo 9 dello ZZD come una norma generale di classica prova piena e completa, considerando, segnatamente, che, tenuto conto della circostanza che i quartieri «Ogosta» e «Kosharnik» non sono abitati soltanto da Rom e della circostanza che le motivazioni alla base della misura in discussione nel procedimento principale non sono fondate sull’appartenenza etnica delle persone interessate dalla misura stessa, la sussistenza di una discriminazione non sarebbe stata dimostrata.

35      Infine, il Varhoven adminsitrativen sad ha giudicato che, in ogni caso, misure quali quella di cui trattasi nel procedimento principale sono necessarie e giustificate alla luce dei legittimi obiettivi perseguiti. Orbene, la KZD solleva dei dubbi relativamente al corretto fondamento di siffatta analisi.

36      È in tali circostanze che la KZD ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il caso in oggetto rientri nell’ambito di applicazione della direttiva [2000/43] [articolo 3, paragrafo 1, lettera h)].

2)      Cosa debba intendersi per “trattata meno favorevolmente” ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/43, e per “possono mettere persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio”, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/43:

a)      se, per qualificare come discriminazione diretta un trattamento meno favorevole, sia assolutamente necessario che il trattamento sia più sfavorevole e che esso violi direttamente o indirettamente diritti o interessi previsti espressamente dalla legge, oppure se esso debba essere inteso come ogni forma di un comportamento (di una relazione) nel senso ampio del termine, il quale, rispetto al comportamento assunto in una situazione analoga, risulta meno vantaggioso;

b)      se, per qualificare come discriminazione indiretta il collocamento in una posizione di particolare svantaggio, sia anche necessario che esso violi direttamente o indirettamente diritti o interessi previsti espressamente dalla legge, oppure se esso debba essere inteso in senso più ampio, come ogni forma di collocamento in una posizione di particolare svantaggio/sfavore.

3)      In funzione della soluzione della seconda questione: qualora, ai fini della qualificazione come discriminazione diretta o indiretta ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b), della direttiva 2000/43, sia necessario che il trattamento meno favorevole o il collocamento in una posizione di particolare svantaggio violino direttamente o indirettamente un diritto o un interesse previsto espressamente dalla legge

a)      se le disposizioni di cui all’articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, della direttiva [2006/32] (considerando 29, articoli 1 e 13, paragrafo 1), della direttiva [2003/54] (articolo 3, paragrafo 5), della direttiva [2009/72] (articolo 3, paragrafo 7) prevedano a favore del consumatore finale dell’energia elettrica un diritto o un interesse a poter verificare regolarmente i display del contatore, il quale possa essere fatto valere dinnanzi ai giudici nazionali in un procedimento come quello principale,

e

b)      se siano compatibili con tali disposizioni norme nazionali e/o una prassi amministrativa posta in essere con l’autorizzazione commissione di regolamentazione dell’acqua e dell’energia, in forza delle quali ad un’impresa di distribuzione viene accordata la libertà di installare i contatori in luoghi difficilmente accessibili o inaccessibili, il che non consente ai consumatori di verificare e monitorare personalmente e regolarmente i display del contatore.

4)      In funzione della soluzione della seconda questione: qualora, ai fini della qualificazione come discriminazione diretta o indiretta, non sia assolutamente necessaria la violazione diretta o indiretta di un diritto o di un interesse previsto dalla legge

a)      se, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b), della direttiva 2000/43 siano ammissibili disposizioni nazionali o una giurisprudenza come quelle di cui al procedimento principale, in base alle quali, ai fini della qualificazione come discriminazione, è richiesto che il trattamento più sfavorevole e il collocamento in una posizione di particolare svantaggio violino direttamente o indirettamente diritti o interessi previsti dalla legge,

b)      se il giudice nazionale, qualora esse non siano ammissibili, sia obbligato a disapplicarle e a fare riferimento alle definizioni fissate nella [menzionata] direttiva.

5)      Come debba essere interpretato l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2000/43:

a)      se nel senso che esso esige che la vittima dimostri fatti che consentano di dedurre o di concludere in maniera univoca, inconfutabile e certa per una discriminazione diretta o indiretta, oppure se sia sufficiente che i fatti si limitino a fondare la presupposizione/presunzione di una siffatta discriminazione;

b)      se i fatti che, da un lato, solo nei due quartieri noti nella città come quartieri rom i contatori siano installati nelle strade sui pali dell’elettricità, ad un’altezza che non consente un controllo visivo dei display dei contatori da parte dei consumatori, fatte salve le eccezioni note all’interno di alcune parti di tali quartieri urbani, e che, d’altro lato, in tutti i restanti quartieri della città i contatori siano installati ad un’altezza diversa (fino a 1,7 m), la quale consente un controllo visivo, perlopiù nell’appartamento dei consumatori o sulla facciata dell’edificio o sulla recinzione, comportino un’inversione dell’onere della prova a carico della parte convenuta.

c)      Se le circostanze che, in entrambi i quartieri noti nella città come quartieri rom, abitino non solo Rom bensì anche persone di etnia diversa e/o che rilevi pertanto quale parte della popolazione in questi due quartieri si definisca essa stessa come Rom, e/o che l’impresa di distribuzione definisca come generalmente note le cause alla base di uno spostamento dei contatori in questi due quartieri a detta altezza di 7 m, escludano l’inversione dell’onere della prova a carico della parte convenuta.

6)      In funzione della soluzione alla quinta questione:

a)      se l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2000/43 debba essere interpretato nel senso che è necessaria una presupposizione/presunzione della sussistenza di una discriminazione, e, qualora i summenzionati fatti spostino l’onere della prova a carico della parte convenuta, quale forma di discriminazione facciano presumere tali fatti: se si tratti di una discriminazione diretta, indiretta e/o di una molestia;

b)      se le disposizioni della direttiva 2000/43 consentano di giustificare la discriminazione diretta e/o la molestia con il perseguimento di una finalità legittima per il tramite di mezzi a tal fine idonei e necessari;

c)      se, nella fattispecie, tenuto conto dei legittimi obiettivi fatti valere dall’impresa di distribuzione (e dalla stessa perseguiti), la misura applicata nei due quartieri urbani possa essere giustificata in una situazione in cui:

–        in primo luogo, detta misura venga applicata a causa di fatture insolute accumulatesi nei due quartieri urbani interessati e a causa di frequenti infrazioni da parte dei consumatori, le quali pregiudicano o mettono in pericolo la sicurezza, la qualità, il funzionamento continuo e sicuro degli impianti di energia elettrica e, in secondo luogo, la misura in parola venga applicata collettivamente, a prescindere dalla circostanza che il singolo consumatore paghi o meno le sue fatture per la distribuzione e per la fornitura di energia elettrica, e a prescindere dalla circostanza dell’accertamento che il singolo consumatore abbia commesso una qualsivoglia infrazione (una manipolazione dei display del contatore, un allacciamento illegale e/o un prelievo illegale/un consumo illegale di energia elettrica, senza conteggio e senza versamento del canone, o un qualsiasi altro intervento nella rete, il quale pregiudichi o metta in pericolo il suo funzionamento sotto il profilo della sicurezza, della qualità, della continuità e dell’assenza di rischi);

–        per ciascuna infrazione analoga siano previste, nelle disposizioni di legge e nelle condizioni generali del contratto concernente la distribuzione, delle responsabilità, segnatamente di natura civile, amministrativa nonché penale;

–        la clausola prevista all’articolo 27, paragrafo 2, delle condizioni generali del contratto – l’impresa di distribuzione garantisce, su espressa richiesta scritta del consumatore, la possibilità di un controllo visivo dei display del contatore – non consenta di fatto al consumatore di verificare personalmente e regolarmente i display che lo riguardano;

–        sussista una possibilità, in base ad espressa richiesta scritta, di installare un contatore di controllo nell’appartamento del consumatore, a fronte del versamento di un canone;

–        la misura costituisca un segno peculiare e visibile delle pratiche, indipendentemente dalla loro forma, scorrette del consumatore, stante il carattere generalmente noto, ad avviso dell’impresa di distribuzione, delle cause alla base dell’applicazione di tale misura;

–        vi siano altri mezzi e metodi tecnici per salvaguardare i contatori da interventi indebiti;

–        il legale dell’impresa di distribuzione affermi che una misura analoga applicata in un quartiere rom di un’altra città non avrebbe di fatto potuto impedire gli interventi,

–        e non possa reputarsi che l’impianto di energia elettrica installato in uno di tali quartieri, un trasformatore, debba essere assoggettato, per sicurezza, a misure analoghe a quelle applicate ai contatori».

 Sulla competenza della Corte

37      Nella decisione di rinvio la KZD illustra le ragioni secondo le quali essa ritiene di essere fornita del carattere di «organo giurisdizionale», ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Anche il governo bulgaro e la Commissione europea considerano che la KZD sia dotata di tale carattere e che la Corte, di conseguenza, sia competente a pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali ad essa sottoposte da detto organo. La CEB e la CRB, per contro, sollevano dubbi al riguardo e fanno valere, in primo luogo, che la KZD non è dotata di giurisdizione obbligatoria, in secondo luogo, che tale organo non offre garanzie sufficienti sotto il profilo dell’indipendenza e, in terzo luogo, che il procedimento pendente dinanzi all’organo in parola non è destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale.

38      A tale proposito occorre rammentare, in via preliminare, che, secondo una giurisprudenza costante, per valutare se l’organo del rinvio possegga le caratteristiche di «organo giurisdizionale» ai sensi dell’articolo 267 TFUE, questione che è esclusivamente di diritto dell’Unione, la Corte tiene conto di un insieme di elementi, quali il fondamento legale dell’organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l’organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente (v., in particolare, sentenza del 14 giugno 2011, Miles e a., C‑196/09, Racc. pag. I‑5105, punto 37 nonché giurisprudenza ivi citata).

39      Inoltre, i giudici nazionali possono adire la Corte unicamente se dinanzi a loro è pendente una lite e se essi sono stati chiamati a statuire nell’ambito di un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale (v., in particolare, sentenza del 31 maggio 2005, Syfait e a., C‑53/03, Racc. pag. I‑4609, punto 29 nonché giurisprudenza ivi citata).

40      Occorre quindi determinare la legittimazione di un organo a rinviare alla Corte secondo criteri tanto strutturali, quanto funzionali. In proposito, un organo nazionale può essere qualificato come «organo giurisdizionale», ai sensi dell’articolo 267 TFUE, quando esercita funzioni giurisdizionali, mentre, nell’esercizio di altre funzioni, in particolare di natura amministrativa, tale qualifica non può essergli riconosciuta (v., in particolare, ordinanza del 26 novembre 1999, ANAS, C‑192/98, Racc. pag. I‑8583, punto 22).

41      Ne consegue che, per stabilire se un organo nazionale cui la legge affida funzioni di natura diversa debba essere qualificato come «organo giurisdizionale» ai sensi dell’articolo 267 TFUE, è necessario accertare quale sia la natura specifica delle funzioni che esso esercita nel particolare contesto normativo in cui è indotto a rivolgersi alla Corte (v. ordinanza ANAS, cit., punto 23).

42      Per quanto concerne la presente causa è pertanto d’uopo rilevare che, sebbene la KZD sia chiamata, segnatamente in quanto organo incaricato di promuovere la parità di trattamento di cui all’articolo 13 della direttiva 2000/43, ad esercitare svariate funzioni sprovviste di carattere giurisdizionale, si tratta di verificare, nella fattispecie in esame, in considerazione delle funzioni svolte dalla KZD nell’ambito del procedimento all’origine della presente domanda di pronuncia pregiudiziale, se il menzionato organismo possa o meno ritenersi un «organo giurisdizionale» ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

43      Sotto tale profilo, dall’articolo 50 dello ZZD risulta che i procedimenti che si svolgono dinanzi alla sezione della KZD che ha effettuato il presente rinvio pregiudiziale possono trarre origine vuoi da un ricorso della persona che si ritiene vittima di una discriminazione, in base al punto 1 della citata disposizione, vuoi da una denuncia proveniente da persone fisiche o giuridiche o da organi statali e comunali, così come previsto dallo stesso articolo 50, punto 3, vuoi, infine, da un’iniziativa della KZD medesima, conformemente al punto 2 del menzionato articolo.

44      Nella fattispecie in esame, dalle valutazioni esposte dalla KZD, quali riportate al punto 24 della presente sentenza, risulta che il sig. Belov si è rivolto a detto organo sulla base tanto dell’articolo 50, punto 1, dello ZZD, quale persona direttamente interessata dalla misura in discussione nel procedimento principale, quanto dell’articolo 50, punto 3, dello ZZD, nella misura in cui sostiene di agire parimenti per conto di altri abitanti dei due quartieri interessati dalla suddetta misura.

45      È segnatamente tenendo conto delle funzioni che la KZD è chiamata ad esercitare sulla base di tale domanda giudiziale che occorre, nella fattispecie, valutare se il citato organo debba essere qualificato come «organo giurisdizionale» ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

46      In proposito si deve constatare che svariate circostanze, fra quelle dedotte dalla CEB e dalla CRB, sono idonee a creare dei dubbi che il procedimento istruito nella controversia principale in forza dell’articolo 50, punti 1 e 3, dello ZZD sia destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 39 della presente sentenza.

47      In primo luogo, dall’articolo 50, punto 2, dello ZZD risulta che un procedimento analogo a quello all’origine della presente domanda di pronuncia pregiudiziale, con riferimento ai medesimi fatti, avrebbe potuto anche essere avviato dalla KZD agendo di propria iniziativa. Orbene, alla luce delle informazioni di cui dispone la Corte, emerge che tale organo, indipendentemente dalle condizioni in cui è adito in forza dell’articolo 50, ossia tramite ricorso, denuncia o d’ufficio, è chiamato a svolgere un procedimento, in sostanza simile, nell’ambito del quale dispone in particolare di ampi poteri di indagine allo scopo di raccogliere le prove necessarie a chiarire le circostanze della controversia. Peraltro, i risultati con i quali sono destinati a concludersi i procedimenti così avviati tramite ricorso, denuncia o d’ufficio sono, essi stessi, analoghi, vale a dire un’ingiunzione di cessare la discriminazione che fosse constatata e un’eventuale condanna degli autori della stessa al pagamento di ammende.

48      In secondo luogo, è pacifico che la KZD può, come essa ha del resto fatto nel contesto della presente causa, ordinare l’intervento nel procedimento di persone diverse da quelle nominativamente designate dalla parte da cui è adita tramite un ricorso o una denuncia, segnatamente quando la KZD ritenga che dette parti potrebbero dover rispondere della discriminazione lamentata dal ricorrente/denunciante e/o vedersi infliggere a tale titolo un’ammenda.

49      In terzo luogo, è parimenti incontestato, sulla base delle informazioni presentate alla Corte, che, quando è proposto un ricorso avverso una decisione della KZD adottata in seguito alla sua adizione sulla base dell’articolo 50 dello ZZD, tale organo ha la qualità di convenuto dinanzi al giudice amministrativo cui spetta decidere su detto ricorso. Peraltro, nell’ipotesi in cui la decisione della KZD sia annullata dal giudice amministrativo adito, la stessa può impugnare siffatta decisione di annullamento dinanzi al Varhoven administrativen sad.

50      In quarto luogo, sembra del pari derivare dal codice di procedura amministrativa, come affermato in udienza dalla CEB e dalla CRB e confermato dal sig. Belov, che, in caso di ricorso avverso una decisione della KZD resa nell’ambito di un procedimento come quello principale, il menzionato organo ha la possibilità di revocare tale decisione, a condizione di ottenere l’accordo della parte cui detta decisione è favorevole.

51      Il complesso delle suesposte circostanze induce a considerare che la decisione che alla KZD compete rendere in esito ad un procedimento per il quale detto organo è stato adito sulla base dell’articolo 50 dello ZZD, e in particolare dei punti 1 e 3 di detto articolo, è in sostanza assimilabile ad una decisione di tipo amministrativo e non è dotata di carattere giurisdizionale ai sensi della giurisprudenza della Corte relativa alla nozione di «organo giurisdizionale» prevista dall’articolo 267 TFUE.

52      A tale proposito è inoltre importante precisare che, qualora una simile decisione della KZD possa, come è stato fatto presente, costituire oggetto di ricorso dinanzi ad un giudice amministrativo la cui decisione sia a sua volta impugnabile dinanzi al Varhoven administrativen sad, la presenza dei suddetti mezzi di ricorso giurisdizionale consente di garantire l’efficacia del meccanismo di rinvio pregiudiziale previsto all’articolo 267 TFUE e l’unità dell’interpretazione del diritto dell’Unione, e, nel caso di specie, segnatamente della direttiva 2000/43, che la menzionata disposizione del Trattato si propone di garantire. Infatti, ai sensi del citato articolo 267 TFUE, siffatti organi giurisdizionali sono dotati della facoltà o sono, eventualmente, tenuti a adire la Corte in via pregiudiziale quando una decisione sull’interpretazione o sulla validità del diritto dell’Unione è loro necessaria per poter pronunciarsi.

53      Occorre, parimenti, rilevare che dinanzi alla Corte sono state prodotte decisioni del Varhoven kasatsionen sad (Suprema Corte di cassazione) del 22 gennaio 2009 e del Varhoven administrativen sad del 27 ottobre 2010, da cui emerge che lo ZZD ha configurato due procedure alternative e autonome idonee a consentire ad una persona la quale, come il sig. Belov, si considera vittima di un trattamento discriminatorio, di chiederne la cessazione. A parte la possibilità di avviare un procedimento di tipo amministrativo, come quello in atto dinanzi alla KZD nella controversia principale ex articolo 50 dello ZZD, l’interessato dispone, infatti, anche della possibilità di adire il Rayonen sad (tribunale distrettuale) come giudice in materia civile al fine di ottenere siffatta cessazione nonché il riconoscimento di eventuali danni.

54      Essendo quanto constatato al punto 51 della presente sentenza sufficiente per concludere che quando la KZD è chiamata ad esercitare una funzione come quella spettantele nell’ambito della controversia principale detto organo non è dotato del carattere di «organo giurisdizionale», ai sensi dell’articolo 267 TFUE, non è necessario analizzare se la KZD soddisfi gli ulteriori criteri che consentono di valutare se un organo di rinvio possieda tale natura né, pertanto, pronunciarsi sulle altre obiezioni formulate dalla CEB e dalla CRB in proposito (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2010, RTL Belgium, C‑517/09, Racc. pag. I‑14093, punto 48).

55      Dal complesso delle suesposte considerazioni discende che la Corte non è competente a pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali ad essa sottoposte dalla KZD.

 Sulle spese

56      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

La Corte di giustizia dell’Unione europea non è competente a rispondere alle questioni ad essa sottoposte dalla Komisia za zashtita ot diskriminatsia nella decisione di rinvio del 19 luglio 2011.

Firme


* Lingua processuale: il bulgaro.