Language of document : ECLI:EU:T:2010:537

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

16 dicembre 2010 (*)

«Marchio comunitario – Domanda di marchio comunitario denominativo CHROMA – Impedimento assoluto alla registrazione – Carattere descrittivo – Art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T‑281/09,

Deutsche Steinzeug Cremer & Breuer AG, con sede in Frechen (Germania), rappresentata dall’avv. J. Albrecht,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. S. Schäffner, in qualità di agente,

convenuto,

avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’UAMI 8 maggio 2009 (procedimento R 1429/2008‑4), relativa ad una domanda di registrazione del segno denominativo CHROMA come marchio comunitario,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto, in camera di consiglio, dai sigg. S. Papasavvas, presidente, V. Vadapalas (relatore) e K. O’Higgins, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 luglio 2009,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1° ottobre 2009,

vista la replica depositata presso la cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2009,

visto che le parti non hanno presentato domanda di fissazione di udienza entro il termine di un mese dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento e avendo pertanto deciso, su relazione del giudice relatore e in applicazione dell’art. 135 bis del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale del procedimento,

vista la modifica della composizione delle sezioni del Tribunale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        In data 6 marzo 2008, la ricorrente, Deutsche Steinzeug Cremer & Breuer AG, ha presentanto una domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) del Consiglio 26 febbraio 2009, n. 207, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo CHROMA.

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano segnatamente nelle classi 11 e 19 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla descrizione seguente:

–        classe 11: «Lavelli, piatti doccia, docce e vasche da bagno, lavandini, bidè, orinatoi, gabinetti, vaschette di gabinetti, tutti in ceramica»;

–        classe 19: «Materiali da costruzione non metallici; lastre, piastre, modanature, condutture e rivestimenti per uso edilizio, tutti non in metallo; lastre di ceramica, mosaici e pezzi sagomati per uso edilizio; materie prime per la ceramica».

4        Con decisione 7 agosto 2008, l’esaminatore ha respinto la domanda di registrazione per i prodotti in questione in applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 40/94 [divenuto art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 207/2009] e dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 40/94 [divenuto art. 7, n. 2, del regolamento n. 207/2009].

5        Il 30 settembre 2008 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’UAMI contro la decisione dell’esaminatore, ai sensi degli artt. 57‑62 del regolamento n. 40/94 (divenuti artt. 58‑64 del regolamento n. 207/2009).

6        Con decisione 8 maggio 2009 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il ricorso con la motivazione che il marchio richiesto era descrittivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 207/2009. Essa ha dichiarato, in sostanza, che il segno in questione costituiva la traslitterazione in caratteri latini della parola greca «χρώμα» (colore) e che, trattandosi di un’indicazione descrittiva delle caratteristiche dei prodotti interessati, sussisteva un impedimento assoluto alla registrazione in Grecia ed a Cipro. Per gli stessi motivi, essa ha peraltro ritenuto che il segno in questione fosse altresì privo di carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del medesimo regolamento.

 Conclusioni delle parti

7        La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

8        L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Sulla ricevibilità

9        Nel proprio controricorso, l’UAMI solleva, a titolo principale, un’eccezione di irricevibilità del ricorso basata sulle disposizioni dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale.

10      Nella propria replica, la ricorrente contesta tale argomentazione, indicando di avere esposto, nel proprio ricorso, argomenti dettagliati a sostegno dei motivi dedotti, attinenti alla violazione delle disposizioni degli artt. 37, n. 1, 7, n. 1, lett. b) e c), e 76, n. 1, del regolamento n. 207/2009.

11      In forza dell’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, applicabile in materia di proprietà intellettuale ai sensi dell’art. 130, n. 1, dello stesso regolamento, ogni ricorso deve contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti e tale indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso [v. sentenza del Tribunale 19 novembre 2008, causa T‑269/06, Rautaruukki/UAMI (RAUTARUUKKI), punto 33, e la giurisprudenza citata].

12      Nel caso di specie, benché l’esposizione degli elementi a sostegno del ricorso sia succinta, essa è sufficiente a consentire al Tribunale di identificare gli argomenti che costituiscono il fondamento di diritto e di fatto del ricorso. Nel controricorso, del resto, l’UAMI riconosce di avere compreso che la ricorrente lamentava, in sostanza, la violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 207/2009 e faceva altresì riferimento agli artt. 37, n. 1, e 76, n. 1, dello stesso regolamento.

13      Pertanto, l’eccezione di irricevibilità sollevata dall’UAMI, vertente sull’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, non può essere accolta.

 Nel merito

14      A sostegno del proprio ricorso la ricorrente deduce, in sostanza, un motivo unico vertente sulla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 207/2009 ed invoca altresì gli artt. 37, n. 1 e 76, n. 1, del medesimo regolamento.

 Argomenti delle parti

15      La ricorrente sostiene che il segno in questione non è descrittivo e non ricade quindi nell’impedimento alla registrazione di cui all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 207/2009 né, per la stessa ragione, in quello previsto dall’art. 7, n. 1, lett. b), dello stesso regolamento.

16      Il ragionamento esposto nella decisione impugnata si fonderebbe, erroneamente, sull’assimilazione del segno CHROMA alla parola greca «χρώμα» (colore), nonché sulla necessità di preservarne la disponibilità per i prodotti in questione.

17      Il segno in questione non potrebbe essere assimilato alla parola greca «χρώμα» (colore). La commissione di ricorso non avrebbe dimostrato che la traslitterazione in caratteri latini era utilizzata in maniera identica rispetto al termine nella lingua originale e, pertanto, non avrebbe dovuto basarsi sulla necessità di evitare una monopolizzazione di traslitterazioni di parole greche. D’altronde, la tutela derivante dalla registrazione del segno CHROMA non consentirebbe alla ricorrente di vietare a terzi l’uso del termine greco «χρώμα» (colore).

18      Inoltre, non sarebbe necessario preservare la disponibilità della parola «χρώμα» (colore), trattandosi di un termine che indica solamente un tipo di caratteristiche dei prodotti e non una caratteristica di un prodotto. Sarebbe insolito apporre una tale indicazione su un prodotto o sulla sua confezione. Una simile apposizione non verrebbe percepita dal consumatore come indicazione di una proprietà del prodotto.

19      Tale argomento sarebbe corroborato dalla registrazione dei marchi comunitari costituiti dai termini «dimension» (estensione, taglia o dimensione in inglese), «brilliance» (luminosità, splendore o brillantezza in inglese) o «tinta» (inchiostro, tinta o tinteggiata in spagnolo).

20      Del resto, dal punto 30 della decisione impugnata risulterebbe che il ragionamento della commissione di ricorso, in realtà, non riguarda la parola «colore» in quanto tale, ma le nozioni di «a colori», «multicolore» o «colorato», che possono essere utilizzate per indicare che il prodotto è tinto o che non è monocromo.

21      A tale riguardo, la commissione di ricorso avrebbe omesso di prendere in considerazione i prodotti in questione. Sarebbe inconcepibile che i termini «colore» o «a colori», in una qualunque lingua, siano apposti sui prodotti in questione per indicarne le proprietà. Trattandosi di prodotti che possiedono necessariamente un colore, se non altro il colore naturale del loro materiale, siffatte indicazioni, non riferendosi ad un colore concreto, non avrebbero la minima rilevanza per il consumatore. Peraltro, quanto ai prodotti di cui trattasi, la tonalità del colore sarebbe sempre indicata sul loro imballaggio.

22      La parola «colore», e ancora meno il segno CHROMA, non descriverebbero pertanto una qualche qualità dei prodotti di cui trattasi. Il consumatore grecofono non percepirebbe il segno come un’indicazione meramente descrittiva, ma come un’indicazione della provenienza.

23      Tale circostanza sarebbe corroborata dall’esistenza di marchi nazionali e comunitari costituiti dai segni denominativi CHROMA o CROMA, menzionati dalla ricorrente nella propria memoria contenente i motivi di ricorso dinanzi all’UAMI.

24      Peraltro, avendo omesso di prendere in considerazione tali registrazioni anteriori, la commissione di ricorso non avrebbe osservato il proprio obbligo di esaminare d’ufficio i fatti previsto dall’art. 76, n. 1, del regolamento n. 207/2009.

25      L’UAMI contesta gli argomenti della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

26      Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 207/2009, sono esclusi dalla registrazione «i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio». A norma del n. 2 del medesimo articolo, il n. 1 si applica anche se tale causa d’impedimento esiste soltanto per una parte dell’Unione.

27      Occorre rammentare che l’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 207/2009 persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti. Tale disposizione osta, quindi, a che siffatti segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi (v. sentenza della Corte 23 ottobre 2003, causa C‑191/01 P, UAMI/Wrigley, Racc. pag. I‑12447, punto 31, e la giurisprudenza citata).

28      Un segno denominativo dev’essere quindi escluso dalla registrazione, ai sensi della suddetta disposizione, qualora designi, quantomeno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o dei servizi di cui trattasi. Non è neppure necessario, affinché l’UAMI opponga un simile diniego, che il segno in questione sia effettivamente utilizzato a fini descrittivi, ma occorre unicamente che esso possa essere utilizzato a tali fini (sentenza UAMI/Wrigley, cit., punto 32).

29      È inoltre indifferente che le caratteristiche dei prodotti o dei servizi che possono essere descritte dal segno in questione siano essenziali o accessorie sul piano commerciale, oppure che esistano o meno sinonimi che consentano di designare le stesse caratteristiche (v., per analogia, sentenza della Corte 12 febbraio 2004, causa C‑363/99, Koninklijke KPN Nederland, Racc. pag. I‑1619, punti 101 e 102).

30      Occorre altresì rammentare che la valutazione del carattere descrittivo di un segno può essere effettuata soltanto, da un lato, in relazione alla percezione del pubblico di riferimento e, dall’altra, in relazione ai prodotti o ai servizi interessati [v. sentenza del Tribunale 8 luglio 2008, causa T‑160/07, Lancôme/UAMI – CMS Hasche Sigle (COLOR EDITION), Racc. pag. II‑1733, punto 44, e la giurisprudenza citata].

31      Nel caso di specie, come emerge dalle considerazioni esposte ai punti 31 e 32 della decisione impugnata, non contestate dalla ricorrente, i prodotti interessati sono, da un lato, sanitari in ceramica rientranti nella classe 11 e, dall’altro, materiali da costruzione non metallici compresi nella classe 19, che possono essere acquistati sia dal consumatore finale, sia dall’imprenditore edile.

32      Inoltre, poiché dal punto 19 della decisione impugnata emerge che l’impedimento assoluto alla registrazione è stato preso in considerazione dalla commissione di ricorso solamente in relazione alla lingua greca, occorre ritenere, in applicazione dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 207/2009, che il pubblico di riferimento ai fini della valutazione di tale impedimento alla registrazione sia costituito dai consumatori interessati in Grecia ed a Cipro.

33      È pacifico che il segno CHROMA costituisce una traslitterazione in caratteri latini della parola greca «χρώμα» (colore).

34      Orbene, come correttamente affermato al punto 22 della decisione impugnata, le traslitterazioni in caratteri latini di parole greche devono essere equiparate, ai fini in particolare della valutazione degli impedimenti assoluti alla registrazione previsti dall’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 207/2009, alle parole scritte in caratteri greci [v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale 5 dicembre 2000, causa T‑32/00, Messe München/UAMI (electronica), Racc. pag. II‑3829, punto 40].

35      Tale considerazione è a maggior ragione applicabile al caso di specie, dato che il segno in questione costituisce una trascrizione fedele della parola greca che significa «colore» in lettere dell’alfabeto latino conosciuto dal consumatore grecofono interessato, e che dunque il suo significato può essere immediatamente e direttamente compreso da detto consumatore.

36      A tale riguardo, da un lato, occorre rilevare che la parola che significa «colore» può essere utilizzata per designare una caratteristica dei prodotti, vale a dire la loro disponibilità in varie tonalità di colore (v., in tal senso, sentenza COLOR EDITION, cit., punti 47 e 48).

37      Infatti, benché la ricorrente indichi che un colore costituisce un tipo o una categoria di caratteristiche, e non «una» caratteristica, resta comunque il fatto che, secondo l’accezione corrente, il termine «colore» si riferisce all’utilizzo di colori diversi dal nero o dal bianco o alla presenza di un’ampia gamma di colori.

38      Dall’altro lato, come correttamente rilevato dalla commissione di ricorso ai punti 31 e 32 della decisione impugnata, per quanto riguarda i sanitari, il cui colore classico è il bianco, ed i materiali da costruzione non metallici, che includono le ceramiche per il bagno, l’indicazione del fatto che essi siano disponibili in diversi colori costituisce una caratteristica che può avere rilevanza nel commercio.

39      L’impiego del termine «colore» trasmette così un messaggio che può essere immediatamente colto dal consumatore interessato, indicante la presenza di una gamma di prodotti in vari colori, in particolare, per quanto riguarda i sanitari in ceramica e i materiali da costruzione ceramici per bagno, in colori diversi dal classico bianco. Peraltro, i prodotti in questione possono essere richiesti in funzione della loro gamma di colori, al fine di abbinarli nell’ambito di creazioni decorative.

40      Poiché tale valutazione è esplicitamente connessa alle condizioni di commercializzazione dei prodotti rientranti nelle classi 11 e 19 in questione, è dunque erronea l’affermazione della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso avrebbe omesso di prendere in considerazione i suddetti prodotti.

41      Da tali considerazioni emerge che la commissione di ricorso ha potuto correttamente dichiarare che, dal punto di vista del consumatore grecofono interessato, il segno CHROMA poteva servire ad indicare che i prodotti di cui trattasi rientranti nelle classi 11 e 19 erano disponibili in vari colori e che esso quindi designava una caratteristica pertinente sul piano della commercializzazione dei prodotti in questione.

42      Alla luce della giurisprudenza menzionata ai precedenti punti 28 e 29, tale considerazione non è rimessa in discussione dall’argomento della ricorrente attinente all’esistenza di termini in grado di trasmettere lo stesso messaggio, quali «colorato» o «multicolore», né dall’argomento secondo cui il termine in questione non è effettivamente utilizzato a fini descrittivi. Inoltre, è indifferente che la caratteristica che può essere designata sia essenziale o accessoria sul piano commerciale.

43      Peraltro, la ricorrente non può validamente invocare le registrazioni dei marchi comunitari costituiti da parole che indicano una dimensione, una luminosità o una tinta, né dei marchi comunitari costituiti dagli elementi «chroma» e «croma» o dalla loro combinazione con altri elementi denominativi.

44      Infatti, dal momento che le decisioni delle commissioni di ricorso relative alla registrazione di un segno come marchio comunitario rientrano nell’ambito dell’esercizio di una competenza vincolata, la loro legittimità non può, in linea di principio, essere messa in discussione con un argomento attinente all’esistenza di una prassi decisionale differente dell’UAMI (v., in tal senso, sentenza della Corte 15 settembre 2005, causa C‑37/03 P, BioID/UAMI, Racc. pag. I‑7975, punto 47).

45      Peraltro, il carattere descrittivo di un segno deve essere valutato soltanto rispetto, da un lato, ai prodotti o servizi per i quali viene richiesta la registrazione, e, dall’altro, alla percezione che di esso abbia il pubblico di riferimento. Ciò premesso, la ricorrente non può utilmente fare riferimento alla somiglianza del marchio richiesto rispetto ad un altro marchio comunitario, senza invocare gli elementi di fatto o di diritto che sono stati presentati a sostegno della registrazione di detto altro marchio (v., in tal senso e per analogia, sentenza BioID/UAMI, cit., punti 48 e 49).

46      Quanto all’argomento vertente sulla registrazione del marchio CROMA in Grecia, si deve rammentare che il regime del marchio comunitario è un sistema autonomo, costituito da un complesso di norme e che persegue obiettivi specifici, essendo la sua applicazione indipendente da ogni sistema nazionale. Le registrazioni effettuate in precedenza in taluni Stati membri non rappresentano pertanto un elemento determinante, ma possono soltanto essere prese in considerazione ai fini della registrazione di un marchio comunitario, segnatamente, offrendo un supporto di analisi per la valutazione di una domanda di registrazione di un marchio comunitario [v. sentenza del Tribunale 8 giugno 2005, causa T‑315/03, Wilfer/UAMI (ROCKBASS), Racc. pag. II‑1981, punto 35, e la giurisprudenza citata].

47      Orbene, nel caso di specie la ricorrente non deduce alcuno degli elementi di diritto o di fatto che hanno condotto alla registrazione del marchio nazionale di cui trattasi.

48      Tenuto conto di quanto sopra, la ricorrente non può neppure validamente addebitare alla commissione di ricorso di avere violato l’art. 76, n. 1, del regolamento n. 207/2009 per non aver preso in esame le registrazioni anteriori in questione.

49      Alla luce di tutte queste considerazioni, occorre constatare che la ricorrente non ha confutato l’affermazione della commissione di ricorso secondo cui il segno in questione ricadeva in un impedimento assoluto alla registrazione previsto dall’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 207/2009.

50      Ciò considerato, il rigetto della domanda di registrazione per i prodotti di cui trattasi non può costituire una violazione dell’art. 37, n. 1, del regolamento n. 207/2009.

51      Peraltro, non occorre esaminare la censura attinente alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 207/2009. Infatti, come emerge dall’art. 7, n. 1, del regolamento n. 207/2009, è sufficiente che sia applicabile uno degli impedimenti assoluti elencati in questa disposizione affinché il segno di cui trattasi non possa essere registrato come marchio comunitario.

52      Conseguentemente, occorre respingere il presente ricorso.

 Sulle spese

53      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Deutsche Steinzeug Cremer & Breuer AG è condannata alle spese.

Papasavvas

Vadapalas

O’Higgins

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 dicembre 2010.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.