Language of document : ECLI:EU:T:2014:1030

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

9 dicembre 2014(*)

«Concorrenza – Intese – Mercato del tondo per cemento armato in barre o in rotoli – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 65 CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, in base al regolamento (CE) n. 1/2003 – Fissazione dei prezzi e dei termini di pagamento – Limitazione o controllo della produzione o delle vendite – Violazione delle forme sostanziali – Base giuridica – Istruzione della causa – Definizione del mercato – Violazione dell’articolo 65 CA – Ammende – Circostanze attenuanti – Proporzionalità»

Nella causa T‑69/10,

Industrie Riunite Odolesi SpA (IRO), con sede in Odolo (Italia), rappresentata da A. Giardina e P. Tomassi, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da R. Sauer e B. Gencarelli, successivamente da M. Sauer, R. Striani e T. Vecchi, in qualità di agenti, assistiti da P. Manzini, avvocato,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione C (2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione), come integrata e modificata dalla decisione C (2009) 9912 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2009, con cui la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda di EUR 3,58 milioni per violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da M.E. Martins Ribeiro (relatore), presidente, G. Berardis e A. Popescu, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 febbraio 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Disposizioni del Trattato CECA

1        L’articolo 36 CA prevedeva quanto segue:

«La Commissione, prima di adottare una delle sanzioni pecuniarie o di fissare una delle penalità previste dal presente Trattato, deve porre l’interessato in grado di presentare le sue osservazioni.

Le sanzioni pecuniarie e le penalità inflitte in virtù delle disposizioni del presente Trattato possono formare oggetto di ricorso di piena giurisdizione.

I ricorrenti possono opporre, a sostegno di tale ricorso, nei modi previsti dal primo comma dell’articolo 33 del presente Trattato, l’irregolarità delle decisioni e delle raccomandazioni di cui viene loro addebitata l’inosservanza».

2        L’articolo 47 CA era del seguente tenore:

«La Commissione può raccogliere le informazioni necessarie, per l’adempimento dei suoi compiti. Essa può far compiere le verifiche necessarie.

La Commissione è tenuta a non divulgare le informazioni che, per la loro natura, sono tutelate dal segreto professionale, e in particolare le informazioni relative ad imprese e che concernano le loro relazioni commerciali o gli elementi dei costi. Con tale limitazione deve pubblicare i dati che possano essere utili ai governi o a ogni altro interessato.

La Commissione può applicare, nei confronti delle imprese che avessero a sottrarsi agli obblighi loro risultanti da decisioni prese in applicazione delle disposizioni del presente articolo o che avessero a fornire scientemente false informazioni, ammende, il cui ammontare massimo sarà dell’1% del volume annuo degli affari, e penalità di mora, nella misura massima del 5% del volume degli affari medio giornaliero, per ogni giorno di ritardo.

Qualsiasi violazione del segreto professionale da parte della Commissione, che abbia causato danno a un’impresa, potrà essere oggetto d’azione di indennizzo avanti la Corte, nei modi previsti all’articolo 40».

3        L’articolo 65 CA disponeva quanto segue:

«1. Sono proibiti gli accordi tra imprese, le decisioni da parte di associazioni di aziende ed i sistemi concordati che tendano, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza ed in particolare:

a)      a fissare o determinare i prezzi;

b)      a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

c)      a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d’approvvigionamento.

(...)

4. Gli accordi o le decisioni proibiti in forza del paragrafo 1 del presente articolo sono nulli di pieno diritto e non possono essere invocati dinanzi ad alcuna giurisdizione degli Stati membri.

La Commissione ha competenza esclusiva, salvo i ricorsi avanti la Corte, a pronunciarsi sulla conformità con le disposizioni del presente articolo di detti accordi o decisioni.

5. Alle imprese che:

– abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto;

– abbiano applicato o tentato di applicare per via di arbitrato, disdetta, boicottaggio, o qualsiasi altro mezzo, un accordo o una decisione nulli di pieno diritto o un accordo la cui approvazione sia stata rifiutata o revocata;

– abbiano ottenuto il beneficio di una autorizzazione per mezzo di informazioni scientemente false o deformate;

– abbiano messo in atto sistemi contrari alle disposizioni del paragrafo 1;

la Commissione può infliggere ammende e penalità non superiori al doppio della cifra d’affari realizzata coi prodotti che sono stati oggetto dell’accordo, della decisione o dei sistemi contrari alle disposizioni del presente articolo, con la possibilità, se il loro scopo è stato quello di restringere la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, di un aumento del limite massimo così determinato fino al 10% della cifra d’affari annua delle imprese in causa, per quanto riguarda l’ammenda, ed al 20% della cifra d’affari giornaliera, per quanto riguarda le penalità».

4        Ai sensi dell’articolo 97 CA, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002.

 Disposizioni del trattato CE

5        L’articolo 305, paragrafo 1, CE prevedeva quanto segue:

«Le disposizioni del presente trattato non modificano quelle del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri, i poteri delle istituzioni di tale Comunità e le norme sancite da tale trattato per il funzionamento del mercato comune del carbone e dell’acciaio».

 Regolamento (CE) n. 1/2003

6        A termini dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), ai fini «dell’applicazione degli articoli 81 [CE] e 82 [CE], alla Commissione sono attribuite le competenze previste dal presente regolamento».

7        L’articolo 7 del regolamento n. 1/2003, recante il titolo «Constatazione ed eliminazione delle infrazioni», così dispone:

«1. Se la Commissione constata, in seguito a denuncia o d’ufficio, un’infrazione all’articolo 81 [CE] o all’articolo 82 [CE], può obbligare, mediante decisione, le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata. (…) Qualora la Commissione abbia un legittimo interesse in tal senso, essa può inoltre procedere alla constatazione di un’infrazione già cessata.

(...)».

8        L’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 è così formulato:

«La Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri applicano le regole di concorrenza comunitarie in stretta collaborazione».

9        L’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 dispone quanto segue:

«La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 [CE] o dell’articolo 82 [CE]».

10      Ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003:

«Prima di adottare qualsiasi decisione prevista dagli articoli 7, 8, 23 e 24, paragrafo 2, la Commissione dà modo alle imprese e associazioni di imprese oggetto del procedimento avviato dalla Commissione di essere sentite relativamente agli addebiti su cui essa si basa. La Commissione basa le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite. I ricorrenti sono strettamente associati al procedimento».

11      A termini dell’articolo 33 del regolamento n. 1/2003, «[p]rima di pubblicare il progetto e di procedere all’adozione della misura la Commissione consulta il comitato consultivo sulle intese restrittive e le posizioni dominanti».

 Regolamento n. 773/2004

12      L’articolo 10 del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU L 123, pag. 18), dispone quanto segue:

«1. La Commissione informa per iscritto le parti interessate sugli addebiti mossi nei loro confronti. La comunicazione degli addebiti è notificata ad ognuna di esse.

2. Nella comunicazione degli addebiti alle parti interessate la Commissione stabilisce il termine entro il quale le stesse possono presentare osservazioni scritte. La Commissione non è tenuta a tener conto delle osservazioni scritte pervenute oltre la scadenza di tale termine.

3. Nelle loro osservazioni scritte le parti possono esporre tutti i fatti loro noti che siano rilevanti per la difesa contro gli addebiti mossi dalla Commissione. Esse allegano gli eventuali documenti idonei a comprovare i fatti esposti (...)».

13      L’articolo 14 del regolamento n. 773/2004 prevede quanto segue:

«1. Le audizioni vengono condotte in piena indipendenza da un consigliere‑auditore.

2. La Commissione invita le persone che devono essere sentite a partecipare all’audizione alla data da essa fissata.

3. La Commissione invita le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri a prendere parte all’audizione. Essa può inoltre invitare anche funzionari di altre autorità degli Stati membri».

 Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

14      Il 18 giugno 2002 la Commissione delle Comunità europee ha adottato la comunicazione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA (GU C 152, pag. 5; in prosieguo: la «comunicazione del 18 giugno 2002»).

15      Al punto 2 della comunicazione del 18 giugno 2002 viene precisato che questa si prefigge:

«(…)

–        di sintetizzare per gli operatori economici e gli Stati membri, nella misura in cui essi sono interessati dal trattato CECA e dalla relativa legislazione secondaria, i più importanti cambiamenti che il passaggio al regime CE comporta relativamente alle norme sostanziali e procedurali applicabili (…),

–        di spiegare come la Commissione intende affrontare questioni specifiche sollevate dal passaggio dal regime CECA al regime CE nei settori dell’antitrust (…), del controllo delle concentrazioni (…) e del controllo degli aiuti di Stato».

16      Il punto 31 della comunicazione del 18 giugno 2002, che figura nella sezione relativa alle questioni specifiche che sorgono con il passaggio dal regime del Trattato CECA al regime del Trattato CE, è così formulato:

«Se la Commissione, nell’applicare il diritto di concorrenza comunitario alle intese, individua una violazione in un settore rientrante nel campo di applicazione del trattato CECA, il diritto sostanziale applicabile sarà, indipendentemente dal momento in cui tale applicazione ha luogo, quello in vigore nel momento in cui si sono verificati i fatti che hanno costituito la violazione. In ogni caso, per quanto riguarda la procedura, dopo la scadenza del Trattato CECA, si applicherà il diritto CE (…)».

 Oggetto della controversia

17      La presente causa ha per oggetto una domanda di annullamento della decisione C (2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione) (in prosieguo: la «prima decisione»), come integrata e modificata dalla decisione C (2009) 9912 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2009 (in prosieguo: la «decisione di modifica») (la prima decisione, come modificata dalla decisione di modifica, è di seguito denominata la «decisione impugnata»), con cui la Commissione ha inflitto alla Industrie Riunite Odolesi SpA (IRO) (in prosieguo: l’«IRO» o la «ricorrente») un’ammenda di EUR 3,58 milioni per violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA.

18      Nella decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato che le seguenti società avevano violato l’articolo 65 CA:

–        Alfa Acciai SpA (in prosieguo: l’«Alfa»);

–        Feralpi Holding SpA (in prosieguo: la «Feralpi»);

–        Ferriere Nord SpA;

–        IRO;

–        Leali SpA e Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA, in liquidazione (in prosieguo: l’«AFLL») (in prosieguo, queste due società saranno congiuntamente denominate: la «Leali-AFLL»);

–        Lucchini SpA e SP SpA, in liquidazione (in prosieguo, queste due società saranno congiuntamente denominate: la «Lucchini-SP»);

–        Riva Fire SpA (in prosieguo: la «Riva»);

–        Valsabbia Investimenti SpA e Ferriera Valsabbia SpA (in prosieguo, queste due società saranno congiuntamente denominate: la «Valsabbia»).

 Presentazione della ricorrente e fatti della controversia

19      La ricorrente è un’impresa con sede a Odolo (Italia), che opera nel settore del tondo per cemento armato in Italia dal 1952 (punto 89 della prima decisione).

20      Dall’ottobre al dicembre 2000 la Commissione ha effettuato, conformemente all’articolo 47 CA, accertamenti presso imprese italiane produttrici di tondo per cemento armato e presso un’associazione d’imprese siderurgiche italiane. Essa ha anche trasmesso loro richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 47 CA (punto 114 della prima decisione).

21      Il 26 marzo 2002 la Commissione ha avviato il procedimento amministrativo e formulato addebiti ai sensi dell’articolo 36 CA (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti») (punto 114 della prima decisione). La ricorrente ha presentato proprie osservazioni scritte in risposta alla comunicazione degli addebiti. Un’audizione si è svolta il 13 giugno 2002 (punto 118 della prima decisione).

22      Il 12 agosto 2002 la Commissione ha formulato addebiti supplementari (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti supplementari»), trasmessi ai destinatari della prima comunicazione degli addebiti. Nella comunicazione degli addebiti supplementari, fondata sull’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento del Consiglio n. 17, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), la Commissione ha spiegato la sua posizione quanto alla prosecuzione del procedimento dopo la scadenza del Trattato CECA. Alle imprese interessate è stato assegnato un termine per la presentazione delle loro osservazioni e si è tenuta una seconda audizione in presenza dei rappresentanti degli Stati membri in data 30 settembre 2002 (punto 119 della prima decisione).

23      In esito al procedimento, la Commissione ha adottato la decisione C (2002) 5087 definitivo, del 17 dicembre 2002, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione del 2002»), nella quale essa ha constatato che le imprese destinatarie di quest’ultima avevano posto in essere un’intesa unica, complessa e continuata sul mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli, che aveva per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e aveva altresì dato luogo ad una limitazione o ad un controllo concordati della produzione o delle vendite, in contrasto con l’articolo 65, paragrafo 1, CA (punto 121 della prima decisione). In tale decisione la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda di importo pari a EUR 3,58 milioni.

24      Il 27 febbraio 2003 la ricorrente ha impugnato la decisione del 2002 dinanzi al Tribunale. Con sentenza del 25 ottobre 2007, SP e a./Commissione (T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03, Racc. pag. II‑4331), il Tribunale ha annullato la decisione del 2002. Il Tribunale ha rilevato che, tenuto conto in particolare del fatto che la decisione del 2002 non conteneva alcun riferimento all’articolo 3 e all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17, tale decisione era fondata unicamente sull’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA (sentenza SP e a./Commissione, cit., punto 101). Poiché queste ultime disposizioni erano giunte a scadenza il 23 luglio 2002, la Commissione non poteva più trarre da esse, estinte al momento dell’adozione della decisione del 2002, alcuna competenza a constatare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA e ad infliggere ammende alle imprese che avrebbero partecipato a tale infrazione (sentenza SP e a./Commissione, cit., punto 120).

25      Con lettera del 30 giugno 2008, la Commissione ha informato la ricorrente e le altre imprese interessate della sua intenzione di riadottare una decisione, modificando la base giuridica rispetto a quella prescelta per la decisione del 2002. Essa ha inoltre precisato che, tenuto conto della portata limitata della sentenza SP e a./Commissione, citata al precedente punto 24, la decisione riadottata sarebbe stata fondata sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari. Alle imprese interessate è stato assegnato un termine per presentare le loro osservazioni (punti 6 e 123 della prima decisione).

 Prima decisione

26      Il 30 settembre 2009 la Commissione ha adottato la prima decisione, la quale è stata notificata alla ricorrente con lettera del 2 ottobre 2009.

27      Nella prima decisione la Commissione ha constatato che le restrizioni della concorrenza in essa riscontrate traevano origine in un’intesa tra produttori italiani di tondo per cemento armato e tra questi ultimi e la loro associazione, che aveva avuto luogo nel periodo tra il 1989 e il 2000 e che aveva avuto per oggetto o per effetto di fissare o di determinare i prezzi e di limitare o di controllare la produzione o le vendite tramite lo scambio di un ampio numero di informazioni relative al mercato del tondo per cemento armato in Italia (punti 7 e 399 della prima decisione).

28      Per quanto riguarda la valutazione giuridica dei comportamenti di cui trattasi nel caso di specie, in primo luogo, ai punti da 353 a 369 della prima decisione la Commissione ha sottolineato che il regolamento n. 1/2003 doveva essere interpretato nel senso che esso le consentiva di constatare e di sanzionare, dopo il 23 luglio 2002, le intese nei settori rientranti ratione materiae e ratione temporis nell’ambito di applicazione del Trattato CECA. Al punto 370 della prima decisione, essa ha indicato che la medesima decisione era stata adottata conformemente alle norme procedurali del Trattato CE e del regolamento n. 1/2003. Ai punti da 371 a 376 della prima decisione, la Commissione ha peraltro ricordato che i principi disciplinanti la successione delle norme nel tempo potevano condurre all’applicazione di disposizioni sostanziali non più in vigore al momento dell’adozione di un atto da parte di un’istituzione dell’Unione europea, fatta salva l’applicazione del principio generale della lex mitior, in forza del quale una persona non può essere sanzionata per un fatto che non costituisce un illecito ai sensi della legislazione entrata in vigore successivamente. Essa è giunta alla conclusione che, nel caso di specie, il Trattato CE non fosse in concreto più favorevole del Trattato CECA e che, di conseguenza, il principio della lex mitior non avrebbe comunque potuto essere validamente invocato per contestare l’applicazione del Trattato CECA ai comportamenti in esame nella specie.

29      In secondo luogo, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, anzitutto, la Commissione ha rilevato che l’intesa aveva per oggetto la fissazione dei prezzi in funzione della quale era stata concordata anche la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite. Secondo la Commissione, per quanto riguarda la fissazione dei prezzi, l’intesa si era concretizzata essenzialmente negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti il prezzo base nel periodo dal 15 aprile 1992 al 4 luglio 2000 (e, fino al 1995, negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti i termini di pagamento) e negli accordi e nelle pratiche concordate riguardanti gli «extra» nel periodo dal 6 dicembre 1989 al 1º giugno 2000 (punti 399 e 400 della prima decisione).

30      Per quanto riguarda, poi, gli effetti sul mercato delle pratiche restrittive di cui trattasi, la Commissione ha indicato che, trattandosi di un’intesa il cui obiettivo era quello di impedire, limitare o alterare il gioco normale della concorrenza, non era necessario verificare se essa avesse prodotto effetti sul mercato (punto 512 della prima decisione). Essa ha nondimeno ritenuto che l’intesa avesse avuto effetti concreti sul mercato (punti da 513 a 518 della prima decisione). In particolare, la Commissione ha concluso che l’intesa aveva influenzato il prezzo di vendita praticato dai produttori di tondo per cemento armato in Italia, sebbene le misure adottate nell’ambito dell’intesa non avessero sempre portato immediatamente ai risultati auspicati dalle imprese che vi partecipavano. Inoltre, secondo la Commissione, possono esserci stati fenomeni con effetti differiti. D’altra parte, le imprese di cui trattasi rappresentavano all’incirca il 21% del mercato italiano del tondo per cemento armato nel 1989, il 60% nel 1995 e all’incirca l’83% nel 2000, il che indicherebbe un effetto crescente sul mercato degli aumenti di prezzi concordati. Infine, la Commissione ha sottolineato che il fatto che, dal 1989, le iniziative adottate in tale settore fossero comunicate a tutti i produttori di tondo per cemento armato aveva accresciuto l’importanza di tali effetti anche nei primi anni dell’intesa (punto 519 della prima decisione).

31      In terzo luogo, la Commissione ha individuato i destinatari della prima decisione. Per quanto riguarda la ricorrente, al punto 534 della prima decisione, la Commissione ha indicato che la IRO era la stessa impresa, nonché la stessa persona giuridica con la stessa denominazione sociale, la quale aveva posto in essere i comportamenti in oggetto e che ad essa era quindi destinata la prima decisione.

32      In quarto luogo, la Commissione ha considerato che l’articolo 65, paragrafo 2, CA e l’articolo 81, paragrafo 3, CE non erano applicabili al caso di specie (punti da 567 a 570 della prima decisione). Essa ha altresì sottolineato che le norme in materia di prescrizione enunciate all’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 non le impedivano di adottare la prima decisione (punti da 571 a 574 della prima decisione).

33      In quinto luogo, per quanto riguarda il calcolo dell’importo delle ammende inflitte nel caso di specie, la Commissione ha indicato che, in forza dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, essa poteva infliggere ammende alle imprese che avevano violato le norme sulla concorrenza. Poiché il limite massimo delle ammende previsto dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 è diverso da quello fissato dall’articolo 65, paragrafo 5, CA, la Commissione ha indicato che avrebbe applicato il limite più basso, conformemente al principio della lex mitior (punto 576 della prima decisione). Essa ha altresì indicato che, conformemente a quanto dalla stessa comunicato alle imprese interessate con lettera del 30 giugno 2008, aveva deciso di applicare, nel caso di specie, gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»). Essa ha aggiunto che, nel caso di specie, tuttavia, avrebbe tenuto conto del fatto che, al momento dell’adozione della decisione del 2002, aveva già deciso in ordine all’importo delle ammende che intendeva infliggere alle imprese interessate (punti 579 e 580 della prima decisione).

34      Anzitutto, la Commissione ha considerato che un’intesa avente per oggetto la fissazione dei prezzi, attuata in vari modi, segnatamente facendo ricorso alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite, costituiva un’infrazione molto grave al diritto della concorrenza dell’Unione (punto 591 della prima decisione). La Commissione ha respinto gli argomenti delle imprese interessate secondo cui la gravità dell’infrazione sarebbe attenuata alla luce dei limitati effetti concreti sul mercato e del contesto economico in cui le suddette imprese operavano (punti da 583 a 596 della prima decisione). Secondo la Commissione, nonostante il carattere molto grave dell’infrazione, essa ha tenuto conto, nel fissare l’importo di base dell’ammenda, delle caratteristiche specifiche di questo caso, segnatamente del fatto che esso riguardava un mercato nazionale soggetto, all’epoca dei fatti, alla particolare normativa del Trattato CECA e del quale le imprese destinatarie della prima decisione rappresentavano, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata (punto 599 della prima decisione).

35      Successivamente, la Commissione ha considerato il peso specifico di ciascuna impresa e ha classificato le medesime in funzione della loro importanza relativa sul mercato in questione. Dato che le quote di mercato relative ottenute dalle destinatarie della prima decisione nel corso dell’ultimo anno intero dell’infrazione (1999) non erano state considerate dalla Commissione come rappresentative della presenza effettiva di queste ultime sul mercato rilevante nel periodo di riferimento, la Commissione ha distinto, sulla base delle quote di mercato medie nel periodo 1990‑1999, tre gruppi d’imprese, ossia, in primo luogo, la Feralpi e la Valsabbia, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 5 milioni, in secondo luogo, la Lucchini-SP, l’Alfa, la Riva e la Leali-AFLL, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 3,5 milioni, e, in terzo luogo, la IRO e la Ferriere Nord, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 1,75 milioni (punti da 599 a 602 della prima decisione).

36      Al fine di assicurare all’ammenda un effetto sufficientemente dissuasivo, la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda della Lucchini‑SP del 200% e quello della Riva del 375% (punti 604 e 605 della prima decisione).

37      Inoltre, la Commissione ha ritenuto che l’intesa si fosse protratta dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000. Per quanto riguarda la partecipazione della ricorrente all’infrazione, la Commissione ha rilevato che essa si era protratta dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000 (punto 606 della prima decisione).

38      Poiché l’infrazione è durata oltre dieci anni e sei mesi per l’insieme delle imprese, ad eccezione della Ferriere Nord, l’importo di partenza dell’ammenda è stato aumentato del 105% per tutte le imprese, ad eccezione delle Ferriere Nord, il cui importo di partenza è stato maggiorato del 70%. Gli importi di base delle ammende sono quindi stati fissati nel seguente modo:

–        Feralpi: EUR 10,25 milioni;

–        Valsabbia: EUR 10,25 milioni;

–        Lucchini-SP: EUR 14,35 milioni;

–        Alfa: EUR 7,175 milioni;

–        Riva: EUR 26,9 milioni;

–        Leali-AFLL: EUR 7,175 milioni;

–        IRO: EUR 3,58 milioni;

–        Ferriere Nord: EUR 2,97 milioni (punti 607 e 608 della prima decisione).

39      Per quanto concerne, poi, le circostanze aggravanti, la Commissione ha rilevato che la Ferriere Nord era già stata destinataria di una decisione della Commissione, adottata il 2 agosto 1989, per la sua partecipazione ad un’intesa riguardante la fissazione dei prezzi e la limitazione delle vendite nel settore delle reti elettrosaldate ed ha aumentato del 50% l’importo di base della sua ammenda. La Commissione non ha applicato alcuna circostanza attenuante (punti da 609 a 623 della prima decisione).

40      In seguito, quanto alla determinazione dell’importo massimo dell’ammenda, conformemente all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione ha ritenuto che l’importo dell’ammenda inflitta alle imprese in questione non eccedesse il massimale del 10% del fatturato realizzato con i prodotti CECA sul territorio dell’Unione nel 2007 (punti da 630 a 632 della prima decisione).

41      Infine, riguardo all’applicazione della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4), la Commissione ha indicato che la Ferriere Nord le aveva fornito indicazioni utili che le avevano consentito di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa prima dell’invio della comunicazione degli addebiti, sicché le aveva concesso una riduzione del 20% dell’importo della sua ammenda. La Commissione ha ritenuto che le altre imprese interessate non avessero soddisfatto le condizioni della suddetta comunicazione (punti da 633 a 641 della prima decisione).

42      Il dispositivo della prima decisione è così formulato:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 65, paragrafo 1, [CA] partecipando, nei periodi indicati, a un accordo continuato e/o pratiche concertate riguardanti il tondo per cemento armato in barre o in rotoli, aventi per oggetto e/o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione e/o il controllo della produzione o delle vendite nel mercato comune:

–        [Leali/AFLL], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Alfa], dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000;

–        [Ferriera Valsabbia e Valsabbia Investimenti], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Feralpi], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [IRO], dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000;

–        [Lucchini‑SP], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Riva], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Ferriere Nord], dal 1° aprile 1993 al 4 luglio 2000.

Articolo 2

Le seguenti ammende sono inflitte per le infrazioni di cui all’articolo 1:

–        [Alfa]: EUR 7,175 milioni;

–        [Feralpi]: EUR 10,25 milioni;

–        [Ferriere Nord]: EUR 3,57 milioni;

–        [IRO]: EUR 3,58 milioni;

–        [Leali e AFLL], solidalmente: EUR 6,093 milioni;

–        [Leali]: EUR 1,082 milioni;

–        [Lucchini e SP], solidalmente: EUR 14,35 milioni;

–        [Riva]: EUR 26,9 milioni;

–        [Valsabbia Investimenti e Ferriera Valsabbia], solidalmente: EUR 10,25 milioni;

(…)».

 Sviluppi successivi alla notifica della prima decisione

43      Con lettere inviate tra il 20 e il 23 novembre 2009, otto delle undici società destinatarie della prima decisione, ovvero la ricorrente, l’Alfa Acciai, la Riva, la Feralpi, la Ferriere Nord, la Lucchini, la Ferriera Valsabbia e la Valsabbia Investimenti, hanno segnalato alla Commissione che l’allegato della prima decisione, quale notificata ai suoi destinatari, non conteneva le tabelle che illustravano le variazioni di prezzo.

44      Il 24 novembre 2009 i servizi della Commissione hanno informato tutti i destinatari della prima decisione che avrebbero provveduto affinché una decisione contenente le suddette tabelle fosse loro notificata.

 Decisione di modifica

45      L’8 dicembre 2009 la Commissione ha adottato la decisione di modifica, che integrava nel suo allegato le tabelle mancanti e correggeva i riferimenti numerati alle suddette tabelle in otto note a piè di pagina.

46      Il dispositivo della decisione di modifica recava modifica delle note a piè di pagina nn. 102, 127, 198, 264, 312, 362, 405 e 448 della prima decisione. Le tabelle contenute in allegato della decisione di modifica sono state aggiunte come allegati della prima decisione.

 Procedimento e conclusioni delle parti

47      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 febbraio 2010, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

48      Nel ricorso la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione per eccesso di potere e violazione di legge, avendo la Commissione inflitto all’IRO una sanzione senza avere esaminato il complesso dei documenti sui quali si basa la violazione asseritamente imputata alla società;

–        annullare la decisione per carenza di potere e manifesta incompetenza della Commissione nonché per inesistenza di base giuridica, in quanto la decisione è stata adottata dopo la scadenza del Trattato CECA, in mancanza di qualsiasi disposizione degli Stati membri o delle istituzioni competenti che attribuisca alla Commissione il potere di intervenire in base al Trattato giunto a scadenza;

–        annullare la decisione per eccesso di potere, applicazione erronea, contraddittoria ed inesatta del diritto, in quanto la Commissione ha fatto ricorso, ai fini dell’applicazione dell’articolo 65 CA, alle norme procedurali previste dal regolamento n. 1/2003, mentre invece esse sono espressamente ed esclusivamente riservate all’applicazione degli articoli 81 e 82 CE (divenuti articoli 101 e 102 TFUE);

–        annullare la decisione per eccesso di potere, applicazione erronea, contraddittoria ed inesatta del diritto, a seguito della violazione delle norme procedurali previste dal regolamento n. 1/2003, poiché la Commissione non ha svolto alcuna attività istruttoria quale l’invio alle parti della comunicazione degli addebiti e/o l’audizione delle parti, nonché a causa della mancata partecipazione delle autorità nazionali, con conseguente incompletezza, incoerenza ed illegittimità dell’intero procedimento della Commissione;

–        annullare la decisione per eccesso di potere dovuto a difetto d’istruttoria e di motivazione, con conseguente erroneità della definizione del mercato di cui trattasi nonché contraddittorietà ed illogicità dei presupposti e degli effetti della presunta intesa;

–        in subordine, annullare la decisione per violazione di legge imputabile a un difetto d’istruttoria, nella parte di predetta decisione in cui l’IRO è ritenuta responsabile di un’intesa anticoncorrenziale nel periodo 1989-1996, quando invece non esiste alcun elemento comprovante la sua partecipazione all’attività asseritamente illecita, e, di conseguenza, ridurre proporzionalmente l’ammenda inflitta alla ricorrente;

–        in subordine, annullare o ridurre l’ammenda inflitta all’IRO nella decisione, per violazione dei principi di parità di trattamento, tutela del legittimo affidamento, proporzionalità ed adeguatezza nella determinazione della sanzione;

–        in ogni caso, condannare la Commissione alle spese del giudizio.

49      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

50      A seguito di modifica della composizione delle Sezioni, il giudice relatore è stato assegnato alla Seconda Sezione, alla quale è stata conseguentemente attribuita la presente causa.

51      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento nella presente causa e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 64 del suo regolamento di procedura, ha invitato la Commissione a depositare taluni documenti. Questa vi ha ottemperato entro il termine impartito.

52      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza che ha avuto luogo l’11 febbraio 2014.

 In diritto

53      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce sette motivi. Il primo verte su un eccesso di potere e sulla violazione di legge da parte della Commissione, per incompletezza della decisione adottata in forma collegiale. Il secondo verte su una carenza di potere e sulla manifesta incompetenza della Commissione, anche per inesistenza di base giuridica della decisione impugnata, dovuta alla scadenza del Trattato CECA. Il terzo verte su un eccesso di potere e sulla violazione di legge a seguito del ricorso al regolamento n. 1/2003 per l’applicazione delle norme sulla concorrenza di cui al Trattato CECA. Il quarto verte su un eccesso di potere e su un’erronea, contraddittoria ed inesatta applicazione del diritto a seguito della violazione delle norme procedurali previste dai regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004, con conseguente incompletezza, incoerenza ed illegittimità dell’intero procedimento seguito dalla Commissione. Il quinto motivo verte su un eccesso di potere per difetto d’istruttoria e di motivazione, con conseguente erroneità, contraddittorietà ed illogicità della definizione del mercato di cui trattasi nonché dei presupposti e degli effetti della presunta intesa. Il sesto motivo verte sulla violazione di legge per difetto d’istruttoria, nella parte in cui l’IRO è ritenuta responsabile di un’intesa anticoncorrenziale nel periodo 1989-1996, in mancanza di qualsiasi elemento probatorio. Infine, il settimo motivo verte sulla violazione dei principi di parità di trattamento, legittimo affidamento, proporzionalità ed adeguatezza nella determinazione dell’importo della sanzione.

 Sul primo motivo, vertente su un eccesso di potere e sulla violazione di legge da parte della Commissione, per incompletezza della decisione adottata in forma collegiale

54      La ricorrente deduce che la prima decisione le è stata inizialmente notificata senza gli allegati che vi erano menzionati e che contenevano le tabelle relative alle variazioni dei prezzi del tondo per cemento armato, mentre tale elemento costituirebbe il fondamento della violazione imputatale. Da un lato, la Commissione non si sarebbe mai pronunciata sul testo completo della decisione impugnata. Dall’altro, la ricorrente sarebbe stata sanzionata in base ad un documento manifestamente incompleto, in quanto privo di un elemento fondamentale in un presunto cartello sui prezzi, ossia le tabelle relative ai prezzi applicati. Alla luce del principio di collegialità previsto dal regolamento interno della Commissione (GU 2000, L 308, pag. 26), l’adozione della decisione di modifica potrebbe essere ritenuta sufficiente per sanare il vizio che inficia la notifica dell’atto alla ricorrente, ma non per sanare l’illegittimità del procedimento di adozione.

55      In via preliminare si deve constatare che la prima decisione non conteneva i suoi allegati, tra cui figuravano più tabelle alle quali veniva fatto riferimento ai punti 451 (tabella 13), 513 (tabelle 1 e 3), 515 (tabelle 1, 2 e 3), 516 (tabelle 9, da 11 a 14 e 16) e 518 (tabelle 11, 12 e 14) nonché alle note a piè di pagina nn. 102 (tabelle da 15 a 17), 127 (tabelle da 18 a 21), 198 (tabelle 22 e 23), 264 (tabelle 24 e 25), 312 (tabella 26), 362 (tabella 27), 405 (tabella 28), 448 (tabelle 29 e 30) e 563 (insieme delle tabelle allegate alla decisione) della prima decisione. La Commissione afferma in proposito che le tabelle allegate alla decisione di modifica si limiterebbero ad illustrare, in modo schematico e sintetico, gli elementi già contenuti nella prima decisione.

56      Sotto un primo profilo, la ricorrente afferma che le tabelle che non figuravano in allegato alla prima decisione costituivano il fondamento della violazione imputatale e che tale decisione sarebbe pertanto manifestamente infondata.

57      Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la motivazione deve essere adeguata alla natura dell’atto in causa e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità di motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto si deve accertare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 15 CA alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenze del Tribunale del 24 settembre 1996, NALOO/Commissione, T‑57/91, Racc. pag. II‑239, punto 298, e del 13 dicembre 2001, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, T‑45/98 e T‑47/98, Racc. pag. II‑3757, punto 129; v. altresì, in senso analogo, sentenze della Corte del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc. pag. I‑1719, punto 63, e del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, Racc. pag. I‑9555, punto 131 e giurisprudenza ivi citata).

58      Peraltro, nel contesto delle decisioni individuali, da una giurisprudenza costante emerge che l’obbligo di motivare una decisione individuale ha lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per sapere se la decisione sia eventualmente affetta da un vizio che consenta di contestarne la validità (v. sentenza della Corte del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, Racc. pag. I‑8947, punto 148 e giurisprudenza ivi citata).

59      In linea di principio, la motivazione deve dunque essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio (sentenza Elf Aquitaine/Commissione, cit. al punto 58 supra, punto 149).

60      In primo luogo, riguardo alle tabelle da 15 a 17 (menzionate nella nota a piè di pagina n. 102 della prima decisione), si deve constatare che esse riproducono, secondo tale nota a piè di pagina, i «dati riguardanti le modifiche dei prezzi degli “extra di dimensione” che hanno caratterizzato l’industria del tondo per cemento armato in Italia dal dicembre 1989 al giugno 2000». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno della prima frase del punto 126 della prima decisione, formulato come segue:

«Nella prima riunione della quale è a conoscenza la Commissione (quella del 6 dicembre 1989 presso l’[Associazione Industriale Bresciana]), i partecipanti hanno deciso all’unanimità di aumentare, dal lunedì 11 dicembre 1989, i prezzi degli “extra di dimensione” del tondo per cemento armato sia in barre che in rotoli destinato al mercato italiano (+10 ITL/Kg per gli “extra” da 14 a 30 mm, +15 ITL/Kg per quelli da 8 a 12 mm, +20 ITL/Kg per quelli da 6 mm; tutti aumentati di 5 ITL/Kg per il materiale in rotoli)».

61      Si deve rilevare che la Commissione ha espressamente indicato, nel suddetto punto, gli aumenti dei prezzi degli «extra di dimensione» connessi al diametro del tondo per cemento armato che erano stati decisi dai partecipanti alla riunione del 6 dicembre 1989 nonché la loro data di entrata in vigore. Inoltre, per quanto riguarda gli ulteriori aumenti che, secondo la nota a piè di pagina n. 102 della prima decisione, sono indicati anche in tali tabelle (dato che esse riguardano il periodo dal 1989 al 2000), deve rilevarsi che essi non sono oggetto del capitolo 4.1 della prima decisione, al quale si riferisce il punto 126, relativo al comportamento delle imprese fra il 1989 e il 1992. In ogni caso, tali aumenti sono menzionati, fra l’altro, anche ai punti da 126 a 128 e 133 (per gli anni 1989-1992), 93 e 94 (per gli anni 1993-1994), da 149 a 151, 162 e 163 (per il 1995), 184 e 185 (per il 1996), 199, 200 e 213 (per il 1997), 269 (per il 1999), e da 296 a 304 (per il 2000) nonché ai punti 439 e 515 della prima decisione.

62      In secondo luogo, riguardo alle tabelle da 18 a 21, citate nella nota a piè di pagina n. 127 della prima decisione, si deve rilevare che esse riproducono, secondo tale nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti riguardanti il periodo fine 1989/fine 1992 dei quali [era] in possesso la Commissione». Tali tabelle sono menzionate dalla Commissione a sostegno del punto 131 della prima decisione, che enuncia quanto segue:

«Per quel che riguarda i prezzi base per il tondo per cemento armato applicati durante il periodo di vigenza del suddetto accordo, si rileva che la IRO e la (ex) FerrieraValsabbia S.p.A. hanno applicato, a partire dal 16 aprile 1992, quello di ITL/Kg 210 e, a partire dal 1°/6 maggio 1992, quello di ITL/Kg 225. Dal 1°/8 giugno 1992, la IRO, la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A., la Acciaieria di Darfo S.p.A.125 e la Acciaierie e Ferriere Leali Luigi S.p.A. hanno applicato quello di ITL/Kg 235».

63      Occorre pertanto constatare che, pur richiamandosi a cinque pagine del fascicolo amministrativo, menzionate nella nota a piè di pagina n. 126 della prima decisione, la Commissione ha espressamente indicato, al suddetto punto, i prezzi base che erano stati fissati dalle imprese ivi menzionate, nonché la data a partire dalla quale essi erano applicati. Inoltre, si deve rilevare che, al punto 419 della prima decisione, la Commissione ha osservato che il primo comportamento relativo alla fissazione del prezzo base si era verificato al più tardi il 16 aprile 1992. Gli eventuali dati figuranti nelle tabelle da 18 a 21 della prima decisione, relativi ai prezzi base per il periodo compreso, secondo la nota a piè di pagina n. 127 della prima decisione, tra la «fine [del] 1989» e il 16 aprile 1992, sono dunque privi di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 131 della prima decisione.

64      In terzo luogo, riguardo alle tabelle 22 e 23, citate nella nota a piè di pagina n. 198 della prima decisione, si deve constatare che esse riproducono, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti riguardanti il 1993 ed il 1994 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno del punto 145 della prima decisione, così formulato:

«Come previsto nel telefax della Federacciai del 25 novembre 1994, il 1° dicembre 1994 si è svolta a Brescia una ulteriore riunione, dove sono state prese le decisioni precisate in un altro telefax della Federacciai, ricevuto dalle imprese il 5 dicembre 1994. Dette decisioni riguardavano:

– i prezzi del tondo per cemento armato (320 ITL/Kg base partenza Brescia, con decorrenza immediata);

– i pagamenti (dal 1° gennaio 1995 la dilazione massima sarà di 60/90 giorni fine mese, dal 1° marzo 1995 la dilazione sarà contenuta nei 60 giorni) e gli sconti;

– la produzione (obbligo, per ciascuna impresa di comunicare alla Federacciai, entro il 7 dicembre 1994, le tonnellate di tondo per cemento armato prodotte in settembre, ottobre e novembre 1994).

La Alfa Acciai S.R.L. ha adottato il nuovo prezzo base il 7 dicembre 1994. Il 21 dicembre 1994 lo ha adottato anche la Acciaieria di Darfo S.p.A., e l’Alfa Acciai S.R.L. ha riconfermato il medesimo prezzo. Anche il prezzo base della [Lucchini‑SP] relativo al gennaio 1995 era di ITL/Kg 320».

65      A tal riguardo, si deve sottolineare che le tabelle indicate nella nota a piè di pagina n. 198 della prima decisione sono state menzionate dalla Commissione a sostegno della sua affermazione secondo cui «la Alfa Acciai S.R.L. [aveva] adottato il nuovo prezzo base il 7 dicembre 1994», «[i]l 21 dicembre 1994 lo [avev]a adottato anche la Acciaieria di Darfo S.p.A., e l’Alfa Acciai S.R.L. [avev]a riconfermato il medesimo prezzo». Ora, il «nuovo prezzo base» e il «medesimo prezzo» a cui si faceva riferimento erano il prezzo di 320 lire italiane al chilo (ITL/kg) indicato al primo trattino del suddetto punto. Gli eventuali dati figuranti nelle tabelle 22 e 23 della prima decisione, relativi ai prezzi base per il periodo tra il 1993 e il 7 dicembre 1994 sono pertanto privi di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 145 della prima decisione.

66      In quarto luogo, riguardo alle tabelle 24 e 25, menzionate nella nota a piè di pagina n. 264 della prima decisione, si deve rilevare che esse riproducono, secondo tale nota «i dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica, anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1995 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno del punto 174 della prima decisione, che è formulato come segue:

«Successivamente, in un documento dei primi giorni di ottobre del 1995, in possesso della Federacciai (manoscritto dalla segretaria del Direttore generale facente funzione) è affermato che:

–        la clientela rimetteva in discussione i pagamenti (da cui la necessità di una comunicazione che ribadisse la fermezza sui pagamenti);

–        dalla settimana precedente il prezzo del tondo per cemento armato era sceso di ulteriori 5/10 ITL/Kg, collocandosi tra le 260/270 ITL/Kg in zona Brescia, con quotazioni al di sotto delle 250 ITL/Kg fuori di detta zona;

–        la situazione del mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo; e

–        si dovevano richiedere alle imprese i dati riguardanti gli ordini della 39ma (dal 25 al 29 settembre 1995) e 40ma (dal 2 al 6 ottobre 1995) settimana».

67      Deve pertanto essere rilevato che, al punto 174 della prima decisione, la Commissione si è limitata a prendere atto del contenuto di un documento manoscritto della segretaria del direttore generale facente funzione, redatto nell’ottobre 1995. A tal riguardo, la Commissione ha rinviato alle tabelle 24 e 25 unicamente a sostegno dell’affermazione contenuta in tale documento, secondo cui «la situazione di mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo». Le tabelle 24 e 25 appaiono dunque prive di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 174 della prima decisione.

68      In quinto luogo, riguardo alla tabella 26, menzionata nella nota a piè di pagina n. 312 della prima decisione, si deve constatare che essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica (...), anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1996 dei quali [era] in possesso la Commissione». Tale tabella è citata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione, contenuta al punto 200 della prima decisione, secondo cui «[d]urante il periodo che va dal 22 ottobre 1996 al 17 luglio 1997 c[’erano] state almeno dodici riunioni dei responsabili commerciali delle imprese, svoltesi […in particolare] martedì 22 ottobre 1996, data in cui [era] stato riconfermato per il mese di novembre 1996 il prezzo di ITL/Kg 230 base partenza Brescia e il mantenimento della quotazione di ITL/Kg 210 esclusivamente per le consegne di ottobre».

69      Si deve pertanto necessariamente rilevare che, nonostante la mancanza della tabella 26 nella prima decisione, la Commissione ha espressamente menzionato, al punto 200 di questa, i prezzi base del periodo di cui trattasi nonché il momento della loro entrata in vigore.

70      In sesto luogo, per quanto riguarda la tabella 27, menzionata nella nota a piè di pagina n. 362 della prima decisione, essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica (...), anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1997 dei quali [era] in possesso la Commissione». Detta tabella è menzionata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione, contenuta al punto 216 della prima decisione, secondo cui:

«Comunque, la [Lucchini-SP …], l’Acciaieria di Darfo S.p.A., l’Alfa Acciai S.R.L., la Feralpi Siderurgica S.R.L., la IRO, la Riva Prodotti Siderurgici S.p.A. e la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A. sono le sette imprese destinatarie di una comunicazione (datata 24 novembre 1997) del Dott. Pierluigi Leali, avente ad oggetto l’“ACCORDO PREZZO-CONSEGNE” (…) “Il prezzo di ITL 270/Kg è stato solo chiesto, senza risultato – continuava la comunicazione – da un paio di ferriere mentre in realtà, come dichiarato da più parti nel corso dell’ultima riunione dei commerciali, la quotazione è assestata a ITL 260/Kg con punte al di sotto. Rileviamo tuttavia con parziale soddisfazione che la caduta si è arrestata grazie al contingentamento delle consegne che tutti stiamo rispettando e che, come da accordi, sarà verificato da ispettori esterni all’uopo nominati”. “In questo fine mese – continuava sempre la comunicazione – che ormai si sta trascinando per inerzia, è indispensabile intervenire con immediato irrigidimento sulla quotazione minima di ITL 260/Kg (che non andrebbe sicuramente ad incidere sulle scarse acquisizioni del periodo). Con la pianificazione delle consegne di dicembre concordate (- 20% sulla quota di novembre) siamo sicuramente nella condizione di mantenere il livello di prezzo concordato; è però indispensabile – concludeva il Dott. Pierluigi Leali – che nessuno accetti deroghe sul prezzo minimo stabilito (ITL 260/Kg)».

71      Dalla formulazione del suddetto punto si evince quindi che la Commissione si è limitata a riprodurre il testo della comunicazione del 24 novembre 1997 ivi menzionata. La tabella 27 risulta pertanto priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 216 della prima decisione.

72      In settimo luogo, riguardo alla tabella 28, menzionata nella nota a piè di pagina n. 405 della prima decisione, si deve constatare che essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e per la Lucchini/Siderpotenza anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1998 dei quali [era] in possesso la Commissione». Detta tabella è citata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta al punto 241 della prima decisione, che enuncia quanto segue:

«L’11 settembre 1998 il Dott. Pierluigi Leali ha inviato una comunicazione (...) nella quale, facendo riferimento all’intenzione espressa (in un incontro avvenuto il 9 settembre 1998) di mantenere la quotazione minima, a ITL “170 [base di partenza]”???, si rilevavano “comportamenti anomali, ovvero quotazioni mediamente inferiori [di ITL] 5/Kg al livello stabilito, che in alcune zone del sud diventavano ancora maggiori”. “Per parte nostra – scriveva il Dott. Pierluigi Leali – il livello minimo concertato viene mantenuto con conseguente riduzione del flusso di ordini”. “Ci auguriamo – terminava la comunicazione – che nell’incontro tra i responsabili commerciali di martedì 15 c.m. venga riscontrata una sostanziale tenuta dei prezzi, valida per un eventuale recupero della quotazione”».

73      Risulta, pertanto, dalla stessa formulazione di tale punto che la Commissione si è limitata a riprodurre il contenuto della comunicazione dell’11 settembre 1998 ivi menzionato. La tabella 28 appare dunque priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 241 della prima decisione.

74      In ottavo luogo, riguardo alle tabelle 29 e 30, citate nella nota a piè di pagina n. 448 della prima decisione, si deve constatare che esse riproducono, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini/Siderpotenza, anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1999 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabella sono menzionate dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta al punto 276 della prima decisione, che è così formulato:

«Ulteriori informazioni, sulla situazione del mercato del tondo per cemento armato in Italia in questo periodo, sono contenute in un documento redatto dalla Leali il 10 novembre 1999, e in particolare nella sezione intitolata “BENEFICI E LIMITI DELL’ACCORDO COMMERCIALE ANNO 1999” in cui si legge: “L’accordo base raggiunto tra i produttori nazionali ha consentito, durante il 1999, di invertire la situazione di debolezza dei prezzi che aveva caratterizzato i due precedenti esercizi 1997 e 1998 e di recuperare oltre 50 ITL/Kg di margine lordo. Durante l’anno 1998 il margine lordo medio (prezzo di vendita – costo materie prime) era risultato di ITL/Kg 70, e per ben 5 mesi era sceso al di sotto di tale soglia”. (…) “L’accordo raggiunto ha consentito di stabilizzare i prezzi di vendita in corso di anno, ed i produttori hanno potuto beneficiare della situazione dei costi della materia prima, incrementando il margine lordo di oltre 50 ITL il Kg, portandolo a ITL/Kg 122 nette”».

75      Risulta pertanto dalla formulazione del punto 276 della prima decisione che la Commissione si è limitata a riprodurre il contenuto della comunicazione dell’11 settembre 1998 ivi menzionato. L’assenza delle tabelle 29 e 30 è quindi priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 276 della prima decisione.

76      In nono luogo, la tabella 13, menzionata al punto 451 della prima decisione, è citata a sostegno dell’affermazione secondo cui, «[p]er quel che riguarda il 1997, occorre constatare che esso [era] stato caratterizzato, nel suo primo semestre, da un aumento costante del prezzo base fissato dall’intesa anticoncorrenziale: ITL/Kg 190, fissato nella riunione del 30 gennaio; ITL/Kg 210, fissato nella riunione del 14 febbraio; ITL/Kg 250, fissato nella riunione del 10 luglio (punto (200)», e secondo cui, «[n]ello stesso periodo, il prezzo base medio di mercato era anch’esso costantemente aumentato, passando dalle 170 ITL/Kg di gennaio alle 240 ITL/Kg di luglio (Tabella n. 13, in allegato); a settembre dello stesso anno, il prezzo base medio di mercato è ulteriormente aumentato, raggiungendo le 290 ITL/Kg (Tabella n. 13, in allegato)». Si deve quindi rilevare che la Commissione ha espressamente indicato, in detto punto, gli aumenti del prezzo base relativi all’anno 1997, di modo che detta tabella non risulta indispensabile alla comprensione del ragionamento della Commissione.

77      In decimo luogo, occorre rilevare che, al punto 496 della prima decisione (nota a piè di pagina n. 563 della prima decisione), la Commissione si è riferita, in modo globale, alle «tabelle allegate alla presente decisione», al fine di sostenere l’affermazione secondo cui «[d]alle informazioni (…) risulta[va] che tutte le imprese coinvolte nel presente procedimento [avevano] pubblicato listini prezzi base nel periodo in esame». Occorre tuttavia sottolineare che il punto 496 della prima decisione rinvia altresì ai punti da 419 a 433 di quest’ultima, i quali «elencano tutte le occasioni documentate in cui il prezzo base è stato oggetto di discussione tra le imprese (ivi compresa l’associazione)». A tal riguardo, la Commissione ha precisato che «[t]ra esse alcune [erano] già state menzionate quando si [era] parlato di concorso di volontà (si vedano i punti da 473 a 475)», che «[p]er le altre occasioni, tra il 1993 e il 2000, si [doveva] ricorrere alla nozione di concertazione» e che «[l]’oggetto di questa concertazione era influire sul comportamento dei produttori sul mercato e rendere manifesto il comportamento che ciascuno di loro si proponeva di tenere sul mercato, in pratica, sulla determinazione del prezzo base». L’insieme delle tabelle allegate alla prima decisione non appare dunque indispensabile ai fini della comprensione dell’addebito formulato dalla Commissione.

78      In undicesimo luogo, riguardo ai riferimenti alle tabelle da 1 a 3, 9, da 11 a 14 e 16 operati ai punti 513, 515, 516 e 518 della prima decisione, occorre sottolineare che i suddetti punti si inseriscono nella parte della prima decisione relativa agli effetti sul mercato delle pratiche restrittive e che dall’analisi del loro contenuto risulta che le tabelle ivi menzionate o si limitano a riprendere le cifre citate in tali punti, oppure non sono indispensabili ai fini della comprensione del ragionamento della Commissione riguardo agli effetti dell’intesa.

79      Alla luce delle considerazioni che precedono, la ricorrente non può affermare di essere stata sanzionata sulla base di un documento manifestamente incompleto.

80      Sotto un secondo profilo, va rammentato che il dispositivo e la motivazione di una decisione, che dev’essere obbligatoriamente motivata ai sensi dell’articolo 15 CA, costituiscono un tutto inscindibile, di modo che spetta soltanto al collegio dei membri della Commissione, in forza del principio di collegialità, adottare nel contempo l’uno e l’altra, così come spetta esclusivamente al collegio qualsiasi modifica della motivazione che non costituisca una correzione meramente ortografica o grammaticale (v., per analogia, sentenze della Corte del 15 giugno 1994, Commissione/BASF e a., C‑137/92 P, Racc. pag. I‑2555, punti da 66 a 68, e del Tribunale del 18 gennaio 2005, Confédération nationale du Crédit mutuel/Commissione, T‑93/02, Racc. pag. II‑143, punto 124).

81      Nel caso di specie, si deve considerare che l’assenza, in allegato alla prima decisione, delle tabelle menzionate al punto 55 supra, può comportare l’illegittimità di quest’ultima solo qualora un’assenza siffatta non abbia consentito al collegio dei membri della Commissione di sanzionare la condotta citata all’articolo 1 della prima decisione con piena cognizione di causa, vale a dire senza essere stata indotta in errore su un punto essenziale da inesattezze o omissioni (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 10 luglio 1991, RTE/Commissione, T‑69/89, Racc. pag. II‑485, punti da 23 a 25; del 27 novembre 1997, Kaysersberg/Commissione, T‑290/94, Racc. pag. II‑2137, punto 88; del 15 marzo 2000, Cimenteries CBR e a./Commissione, T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Racc. pag. II‑491, punto 742, e del 17 febbraio 2011, Zhejiang Xinshiji Foods e Hubei Xinshiji Foods/Consiglio, T‑122/09, non pubblicata nella Raccolta, punti 104 e 105).

82      Atteso che, indipendentemente dall’assenza delle tabelle citate, gli elementi su cui si basa la prima decisione sono sufficientemente riportati nel testo stesso di quest’ultima (v. punti da 60 a 79 supra), non si può affermare che il collegio dei membri della Commissione non aveva, al momento dell’adozione della prima decisione, una piena cognizione di causa degli elementi su cui si basava la misura. Ne consegue che il collegio ha sanzionato la condotta di cui all’articolo 1 della prima decisione con piena cognizione di causa. Una siffatta omissione, quindi, non è tale da aver viziato l’iter di adozione della prima decisione e da mettere quindi in discussione la liceità di quest’ultima.

83      Ne consegue che il presente motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo e terzo motivo, vertenti, l’uno, su una carenza di potere e sulla manifesta incompetenza della Commissione, anche per inesistenza di base giuridica della decisione impugnata, dovuta alla scadenza del Trattato CECA, e, l’altro, su un eccesso di potere e sulla violazione di legge a seguito del ricorso al regolamento n. 1/2003 per l’applicazione delle norme sulla concorrenza di cui al Trattato CECA

84      È opportuno esaminare congiuntamente il secondo motivo, vertente su una carenza di potere e sulla manifesta incompetenza della Commissione, anche per inesistenza di base giuridica della decisione impugnata, dovuta alla scadenza del Trattato CECA, e il terzo motivo, vertente su un eccesso di potere e sulla violazione di legge a seguito del ricorso al regolamento n. 1/2003 per l’applicazione delle norme sulla concorrenza di cui al Trattato CECA, i quali sollevano in sostanza la questione della competenza della Commissione ad adottare la decisione impugnata.

85      Il secondo motivo della ricorrente è suddiviso in tre parti.

86      Nell’ambito della prima parte, la ricorrente invoca l’incompatibilità della decisione impugnata con le norme del diritto internazionale e quelle del diritto dell’Unione. A giudizio della ricorrente, occorrerebbe muovere dall’assunto dell’estinzione, di natura automatica, durante il procedimento istruttorio, della norma incriminatrice e dell’ordinamento giuridico cui essa apparteneva. Mentre la Commissione concentrerebbe la sua analisi sui principi che disciplinano la successione delle leggi nel tempo, occorrerebbe determinare se la Commissione abbia conservato o meno, dopo il 23 luglio 2002, il potere di applicare l’articolo 65 CA o qualsiasi altra disposizione di tale Trattato. Ciò non si verificherebbe nella presente fattispecie, atteso che le norme istitutive dei differenti organi della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) ed attributive ad essi dei poteri nei confronti dei singoli e degli Stati per la gestione di essa si sono estinte. Sarebbero prive di rilevanza le considerazioni della Commissione relative, da una parte, alla presunta unicità dell’ordinamento giuridico comunitario all’interno del quale il Trattato CECA costituirebbe una lex specialis e, dall’altra, all’adozione del Trattato di fusione degli esecutivi in data 8 aprile 1965.

87      Per quanto riguarda l’unicità dell’ordinamento giuridico comunitario, l’articolo 305 CE stabilirebbe espressamente l’autonomia completa dei rispettivi campi di applicazione dei due Trattati e, in passato, la Commissione avrebbe chiaramente sostenuto la tesi dell’autonomia e della separazione dei Trattati. Ad ogni modo, l’esistenza di un ordinamento giuridico unico non potrebbe mutare la valutazione circa l’illegittimità assoluta dell’operato della Commissione. Sarebbe impossibile sostenere che una parte della normativa CECA e una parte della normativa della Comunità europea (CE) possano applicarsi ad una medesima fattispecie, né tantomeno che un organo del «sistema CE» possa applicare il diritto sostanziale del «sistema CECA». Le sentenze relative ai rapporti tra i Trattati CECA e CE non giungerebbero mai a ritenere intercambiabili le disposizioni dei due ordinamenti giuridici. Nella sentenza SP e a./Commissione, citata al punto 24 supra, il Tribunale avrebbe d’altronde confermato che la natura di lex specialis del Trattato CECA non può fungere da fondamento alla competenza della Commissione. Nel caso di specie, non si tratterebbe di determinare quali norme si applicheranno in futuro ai prodotti ex CECA, ma di comprendere come la Commissione abbia potuto applicare le disposizioni dell’ordinamento giuridico CECA, mentre queste erano venute meno con la scadenza del predetto Trattato.

88      Sarebbe altresì erronea la tesi della Commissione che tenta di giustificare il proprio operato in base alla fusione degli esecutivi del 1965, poiché l’unicità soggettiva della Commissione non risponderebbe affatto ad una logica di identità istituzionale o funzionale e non attenuerebbe l’autonomia dei tre trattati, il Trattato CE, il Trattato CECA e il Trattato CCEA.

89      Alla luce di quanto precede, sarebbe evidente che la Commissione, contrariamente a quanto da essa affermato nella lettera del 30 giugno 2008, non avrebbe avuto alcun potere di continuare il procedimento in esame e di prendere una decisione, fatta salva una diversa decisione da parte degli Stati membri. Il Trattato CECA sarebbe un vero accordo internazionale e le procedure di revisione di tale atto potrebbero essere solo quelle da esso previsto o, in mancanza, dalla volontà unanime degli Stati fondatori.

90      Nell’ambito della seconda parte, la ricorrente deduce che un’analisi sintetica della prassi degli organi comunitari stessi nella normativa adottata in settori diversi da quello della concorrenza, in previsione della scadenza del Trattato CECA, conferma la necessità assoluta di una misura appropriata da parte degli enti e degli organi competenti a definire l’indispensabile disciplina delle fattispecie transitorie che siano conformi ai principi che governano la successione tra Trattati. Una siffatta disciplina sarebbe stata adottata in settori quali le misure di difesa commerciale, la successione della CE negli accordi internazionali conclusi dalla CECA, il sistema di sorveglianza delle importazioni di carbone originario di paesi terzi, le statistiche comunitarie, il regime previsto per le attività finanziarie e i fondi CECA. Se ne potrebbe chiaramente desumere che la successione automatica della CE alla CECA non soltanto non costituisce un principio di carattere generale, ma non è neanche mai stata presa in considerazione dagli Stati membri e dalle istituzioni dell’Unione in situazioni che, ai loro occhi, erano di natura temporanea. Occorrerebbe aggiungere che l’impraticabilità di una successione automatica dei settori CECA nell’ambito del diritto della concorrenza, difatti, sarebbe stata riconosciuta dal comitato consultivo CECA in memoranda del 1995 e del 2000.

91      Nell’ambito della terza parte, la ricorrente sostiene che la base giuridica della decisione impugnata è una questione di diritto sostanziale e non una questione procedurale (v. il punto 359 della decisione impugnata). Sarebbe riduttivo sostenere che la scadenza di un trattato comunitario sia da trattarsi come una semplice questione di successione di un insieme di norme a un altro, nell’ambito del medesimo ordinamento giuridico. L’attribuzione della competenza investirebbe il fondamento stesso dell’azione amministrativa o giudiziaria, il che sarebbe stato confermato dal Tribunale nella sua sentenza SP e a./Commissione, citata al punto 24 supra (punti 117 e 118). Pertanto la Commissione avrebbe dovuto trarre la propria competenza ad applicare l’articolo 65 CA da un’espressa disposizione in vigore al momento dell’adozione della decisione. Tale potere non le sarebbe stato certamente conferito dal regolamento n. 1/2003, che non menziona l’articolo 65 CA.

92      Nell’ambito del terzo motivo, la ricorrente invoca la nullità della decisione impugnata in ragione della scelta della Commissione di ricorrere al regolamento n. 1/2003 per l’applicazione dell’articolo 65 CA. Il regolamento n. 1/2003 non costituirebbe la disciplina generale ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di intese o di abuso di posizione dominante, ma sarebbe stato previsto esclusivamente per l’applicazione degli articoli 81 CE e 82 CE. A tal riguardo, l’affermazione della Commissione secondo cui l’articolo 65 CA e l’articolo 81 CE sarebbero sostanzialmente simili sarebbe inconferente. Anzitutto, tale affermazione non inciderebbe sul quadro procedurale da adottare, poiché il regolamento n. 1/2003 non legittima la Commissione ad accertare le presunte infrazioni all’articolo 65 CA. Come rilevato dalla Commissione al punto 372 della decisione impugnata, poi, non sarebbero identici gli articoli 65 CA e 81 CE. Fondandosi sul regolamento n. 1/2003, la Commissione avrebbe violato il medesimo e commesso un eccesso di potere manifesto. Infine, la ricorrente sarebbe consapevole del recente orientamento del Tribunale nelle sentenze del 31 marzo 2009, ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione (T‑405/06, Racc. pag. II‑771) e del 1°luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione (T‑24/07, Racc. pag. II‑2309), che sembrerebbero confermare l’attuale competenza della Commissione ad adottare decisioni che applicano disposizioni rientranti nell’ambito di applicazione del Trattato CECA, compreso nell’ambito procedurale del Trattato CE. Tale giurisprudenza sarebbe tuttavia in contraddizione con i dati normativi ed istituzionali esposti nel secondo motivo.

 Sulla scelta della base giuridica della decisione impugnata

93      Va ricordato che i Trattati comunitari hanno instaurato un ordinamento giuridico di nuovo genere, a favore del quale gli Stati hanno limitato, in settori sempre più ampi, i loro poteri sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini (v., in tale senso, sentenze della Corte del 5 febbraio 1963, van Gend & Loos, 26/62, Racc. pag. 1 e del 15 luglio 1964, Costa, 6/64, Racc. pag. 1141, 1159; parere della Corte 1/91, del 14 dicembre 1991, Racc. pag. I‑6079, punto 21; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 70, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 63).

94      In tale ordinamento giuridico le istituzioni dispongono soltanto di competenze di attribuzione. Per questo motivo nel preambolo degli atti comunitari viene indicata la base giuridica che abilita l’istituzione di cui trattasi ad agire nel settore considerato. La scelta della base giuridica appropriata riveste, infatti, un’importanza di natura costituzionale (v. sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 71, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

95      Nel caso di specie, va constatato che il preambolo della decisione impugnata contiene riferimenti a disposizioni del Trattato CECA, ossia gli articoli 36 CA, 47 CA e 65 CA, ma anche la menzione del Trattato CE, del regolamento n. 17, in particolare del suo articolo 11, del regolamento n. 1/2003, ossia del suo articolo 7, paragrafo 1, del suo articolo 18 e del suo articolo 23, paragrafo 2, e quella del regolamento (CE) n. 2842/98 della Commissione, del 22 dicembre 1998, relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma dell’articolo [81 CE] e dell’articolo [82 CE] (GU L 354, pag. 18).

96      Si deve altresì rilevare che, nella motivazione della decisione impugnata, la Commissione ha indicato, al punto 1, che «[l]a presente decisione constata[va] un’infrazione dell’articolo 65, paragrafo 1 [CA] ed [era stata] adottata sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1/2003». Al punto 3 della decisione impugnata, la Commissione ha aggiunto che «[c]on la presente decisione, [… essa] irroga[va] ammende alle imprese destinatarie della stessa, sulla base dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003».

97      Al punto 350 della decisione impugnata, la Commissione ha quindi affermato di ritenere che «l’articolo 7, paragrafo 1 e l’articolo 23, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003 rappresenta[ssero] le basi giuridiche appropriate che l’autorizza[vano] ad adottare la presente decisione» e che, «[s]ulla base dell’articolo 7, paragrafo l, [essa …] constata[va] un’infrazione dell’articolo 65, paragrafo l [CA] e obbliga[va] le destinatarie della presente decisione a porvi fine, mentre sulla base dell’articolo 23, paragrafo 2 infligge[va] loro ammende» (v. anche il punto 361 della decisione impugnata).

98      In tale contesto, si deve ritenere che la decisione impugnata, con cui la Commissione ha accertato un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA ed inflitto alla ricorrente un’ammenda, ha la sua base giuridica, quanto all’accertamento dell’infrazione, nell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e, quanto all’imposizione dell’ammenda, nell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

 Sulla competenza della Commissione a constatare e a sanzionare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento n. 1/2003

99      In primo luogo, occorre ricordare che la disposizione che costituisce la base giuridica di un atto e legittima l’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto medesimo dev’essere in vigore al momento dell’adozione di quest’ultimo (sentenze della Corte del 4 aprile 2000, Commissione/Consiglio, C‑269/97, Racc. pag. I‑2257, punto 45; del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, Racc. pag. I‑2239, punto 75, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, Racc. pag. I‑2359, punto 88; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 118, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 74), il che incontestabilmente vale per l’articolo 7, paragrafo 1, e per l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, che costituiscono la base giuridica della decisione impugnata.

100    In secondo luogo, si deve sottolineare che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, i Trattati comunitari hanno istituito un ordinamento giuridico unico, nel cui contesto, come emerge dall’articolo 305, paragrafo 1, CE, il Trattato CECA costituiva un regime specifico, che derogava alle norme di carattere generale fissate dal Trattato CE (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 57, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

101    Il Trattato CECA costituiva quindi, ai sensi dell’articolo 305, paragrafo 1, CE, una lex specialis che derogava alla lex generalis rappresentata dal Trattato CE (sentenza della Corte del 24 ottobre 1985, Gerlach, 239/84, Racc. pag. 3507, punti da 9 a 11; parere della Corte 1/94, del 15 novembre 1994, Racc. pag. I‑5267, punti da 25 a 27; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 111, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 76, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punti 70 e 73).

102    Ne consegue che, per quel che riguarda il funzionamento del mercato comune, le norme del Trattato CECA e tutte le disposizioni adottate per la sua attuazione sono rimaste in vigore, nonostante l’entrata in vigore del Trattato CE (sentenze della Corte Gerlach, cit. al punto 101 supra, punto 9, e del 24 settembre 2002, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, C‑74/00 P e C‑75/00 P, Racc. pag. I‑7869, punto 100; sentenza ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 77, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punti 70 e 73).

103    Nondimeno, nei limiti in cui determinate questioni non fossero disciplinate dal Trattato CECA o da una regolamentazione adottata in forza di esso, il Trattato CE e le disposizioni emanate per la sua attuazione potevano essere applicati a prodotti rientranti nell’ambito CECA già prima della scadenza del relativo Trattato (sentenze della Corte del 15 dicembre 1987, Deutsche Babcock, 328/85, Racc. pag. 5119, punto 10, e Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, cit. al punto 102 supra, punto 100; sentenze del Tribunale del 25 ottobre 2007, Ferriere Nord/Commissione, T‑94/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 83, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 78, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punti 70 e 73).

104    In forza del suo articolo 97, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002. Di conseguenza, il 24 luglio 2002 l’ambito di applicazione del regime generale istituito dal Trattato CE si è esteso ai settori che erano inizialmente disciplinati dal Trattato CECA (sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 58, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 79, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 99 supra, punti 59 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punti 70 e 73).

105    Se è pur vero che il passaggio dal quadro normativo del Trattato CECA a quello del Trattato CE ha comportato, a partire dal 24 luglio 2002, una modifica delle basi giuridiche, delle procedure e delle norme sostanziali applicabili, quest’ultima si inserisce tuttavia nel contesto dell’unità e della continuità dell’ordinamento giuridico comunitario e dei suoi obiettivi (sentenze del Tribunale del 12 settembre 2007, González y Díez/Commissione, T‑25/04, Racc. pag. II‑3121, punto 55; ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 59, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 80, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., citate al punto 99 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punti 71 e 73). Pertanto, la ricorrente fa valere a torto, a sostegno del suo secondo motivo, che l’unità dell’ordinamento giuridico dell’Unione o il rapporto di lex generalis-lex specialis dei Trattati CE e CECA siano privi di rilevanza per la valutazione della presunta illegittimità dell’operato della Commissione nella presente fattispecie.

106    A questo proposito va rilevato che l’istituzione e il mantenimento di un regime di libera concorrenza, nel cui ambito siano garantite le normali condizioni di concorrenza, e che sia in particolare all’origine delle norme in materia di aiuti di Stato e di intese tra imprese, costituiscono uno degli obiettivi essenziali sia del Trattato CE che del Trattato CECA (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 60, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 81 e giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 99 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punti 71 e 73).

107    In questo contesto, per quanto le norme dei Trattati CECA e CE che disciplinano la materia delle intese divergano in una certa misura, occorre sottolineare che le nozioni di accordo e di pratiche concordate sotto la vigenza dell’articolo 65, paragrafo 1, CA corrispondono a quelle di accordo e di pratiche concordate ai sensi dell’articolo 81 CE e che entrambe tali disposizioni vengono interpretate allo stesso modo dal giudice dell’Unione. Pertanto, il perseguimento dell’obiettivo di una concorrenza non falsata nei settori inizialmente rientranti nel mercato comune del carbone e dell’acciaio non subisce interruzione a seguito della scadenza del Trattato CECA, poiché questo obiettivo è parimenti perseguito nell’ambito del Trattato CE e dalla medesima istituzione, la Commissione, autorità amministrativa incaricata dell’attuazione e dello sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse generale della CE (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 61, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 82 e giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 99 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punti 71 e 73).

108    La continuità dell’ordinamento giuridico comunitario e degli obiettivi che presiedono al suo funzionamento richiede, pertanto, che la CE, in quanto subentrata alla CECA, e nel suo proprio quadro procedurale, assicuri, nei riguardi delle situazioni sorte sotto la vigenza del Trattato CECA, il rispetto dei diritti e degli obblighi che a suo tempo si imponevano sia agli Stati membri, sia pure ai singoli, in forza del Trattato CECA e delle disposizioni adottate per la sua applicazione. Tale esigenza si afferma a maggior ragione in quanto la distorsione della concorrenza risultante dal mancato rispetto delle norme in materia di intese può estendere i propri effetti nel tempo successivamente alla scadenza del Trattato CECA, nella vigenza del Trattato CE (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 63, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 83 e giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 99 supra, punti 62 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punti 72 e 73).

109    La Corte ha altresì ricordato che la successione dei Trattati CECA, CE e TFUE assicurava, al fine di garantire la libera concorrenza, che qualsiasi comportamento corrispondente alla fattispecie contemplata dall’articolo 65, paragrafo 1, CA, indipendentemente dal fatto che si fosse verificato prima o dopo il 23 luglio 2002, potesse essere sanzionato dalla Commissione e possa continuare ad esserlo (sentenze ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punti da 65 a 67 e 77, e ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 99 supra, punti da 55 a 57 e 65).

110    Inoltre, dalla giurisprudenza emerge, da un lato, che, conformemente ad un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le cui origini risalgono al diritto romano, qualora venga mutata la legge ed il legislatore non esprima una volontà contraria, è opportuno assicurare la continuità degli istituti giuridici e, dall’altro, che tale principio si applica alle modifiche del diritto primario dell’Unione (sentenze della Corte del 25 febbraio 1969, Klomp, 23/68, Racc. pag. 43, punto 13, e ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 99 supra, punto 63).

111    Orbene, non sussiste alcun indizio del fatto che il legislatore dell’Unione abbia inteso sottrarre i comportamenti collusivi vietati dal Trattato CECA all’applicazione di qualsivoglia sanzione successivamente alla scadenza di quest’ultimo (sentenza ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 99 supra, punto 64).

112    Infatti, da un lato, la Corte ha rilevato che il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri avevano affermato di essere disposti ad adottare tutte le misure necessarie per far fronte alle conseguenze derivanti dalla scadenza del suddetto Trattato. Dall’altro, la Corte ha sottolineato che la Commissione aveva precisato di dover sottoporre proposte di disposizioni transitorie solamente nel caso in cui tale passo fosse stato ritenuto necessario e che, alla luce dei principi generali di diritto applicabili, essa riteneva che nel settore del diritto delle intese non sussistesse una siffatta necessità (sentenza ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 99 supra, punto 75).

113    Ne consegue che la ricorrente non può trarre alcun valido argomento dall’assenza di disposizioni transitorie in materia (v., in tal senso, sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punto 76).

114    Ciò premesso, sarebbe contrario allo scopo e alla coerenza sistematica dei Trattati nonché incompatibile con la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione che la Commissione non fosse abilitata a garantire l’uniforme applicazione delle norme connesse al Trattato CECA che continuano a produrre effetti anche dopo la scadenza di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza della Corte del 18 luglio 2007, Lucchini, C‑119/05, Racc. pag. I‑6199, punto 41).

115    Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente nel suo secondo e nel suo terzo motivo, il regolamento n. 1/2003 e, più in particolare, il suo articolo 7, paragrafo 1, e il suo articolo 23, paragrafo 2, devono essere interpretati nel senso che essi consentono alla Commissione di accertare e di sanzionare, successivamente al 23 luglio 2002, le intese realizzate nei settori che ricadono nell’ambito di applicazione del Trattato CECA ratione materiae e ratione temporis, e questo benché le citate disposizioni di detto regolamento non menzionino espressamente l’articolo 65 CA (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 64, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 84 e giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 99 supra, punto 74, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punti 72, 73 e 87).

116    Si deve inoltre rilevare che l’applicazione, in seno all’ordinamento giuridico dell’Unione, delle norme del Trattato CE in un settore inizialmente regolato dal Trattato CECA deve avvenire nel rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo. A questo proposito, secondo costante giurisprudenza, benché le norme di procedura si ritengano generalmente applicabili a tutte le controversie pendenti al momento in cui entrano in vigore, altrettanto non vale per le norme sostanziali. Infatti, queste ultime devono essere interpretate, onde garantire il rispetto dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, nel senso che non riguardano situazioni maturate anteriormente alla loro entrata in vigore, salvo che emerga chiaramente dai loro termini, dalle loro finalità o dalla loro economia che si deve attribuire loro questo effetto (sentenze della Corte del 12 novembre 1981, Meridionale Industria Salumi e a., da 212/80 a 217/80, Racc. pag. 2735, punto 9, e del 10 febbraio 1982, Bout, 21/81, Racc. pag. 381, punto 13; sentenze del Tribunale del 19 febbraio 1998, Eyckeler & Malt/Commissione, T‑42/96, Racc. pag. II‑401, punto 55; ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 65, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 85, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punto 79).

117    In quest’ottica, per quanto riguarda la questione delle disposizioni sostanziali applicabili ad una situazione giuridica definitivamente maturata anteriormente alla scadenza del Trattato CECA, la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e i dettami dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle disposizioni sostanziali adottate in applicazione del Trattato CECA ai fatti rientranti nel loro ambito di applicazione ratione materiae e ratione temporis. La circostanza che, a causa della scadenza del Trattato CECA, il quadro normativo di cui trattasi non sia più in vigore al momento in cui viene compiuta la valutazione della situazione di fatto, non modifica tale considerazione, perché tale valutazione verte su una situazione giuridica definitivamente maturata in un’epoca in cui erano applicabili le disposizioni sostanziali adottate ai sensi del Trattato CECA (sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 66, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 86, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punto 79; v. altresì, in questo senso, sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 103 supra, punto 96).

118    Nel caso di specie, per quanto riguarda le norme di merito, si deve osservare che la decisione impugnata riguarda una situazione giuridica definitivamente acquisita anteriormente alla scadenza del Trattato CECA, il 23 luglio 2002, e che il periodo dell’infrazione è compreso tra il 6 dicembre 1989 e il 4 luglio 2000 (v. punto 37 supra). Mancando qualsiasi efficacia retroattiva al diritto sostanziale della concorrenza applicabile dal 24 luglio 2002, si deve rilevare che l’articolo 65, paragrafo 1, CA costituisce la norma sostanziale applicabile, e di fatto applicata, dalla Commissione nella decisione impugnata, fermo restando che proprio dalla natura di lex generalis del Trattato CE rispetto al Trattato CECA, sancita dall’articolo 305 CE, risulta che il regime specifico istituito dal Trattato CECA e dalle norme adottate per la sua applicazione è, in forza del principio lex specialis derogat legi generali, l’unico applicabile alle situazioni acquisite prima del 24 luglio 2002 (v., in tal senso, sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 92, punto 68, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 89, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 99 supra, punto 77, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punto 79).

119    Del resto, la decisione impugnata è stata adottata sul fondamento dell’articolo 7, paragrafo 1, e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, a seguito di un procedimento esperito in conformità dei regolamenti nn. 17 e 1/2003. Le disposizioni relative alla base giuridica e al procedimento seguito fino all’adozione della decisione impugnata rientrano nelle norme di procedura ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 116. Dal momento che la decisione impugnata è stata adottata successivamente alla scadenza del Trattato CECA, correttamente la Commissione ha applicato le disposizioni contenute nel regolamento n. 1/2003 (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 67, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 92 supra, punto 87 e giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 99 supra, punti 74 e 77, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 99 supra, punto 90).

120    Sulla base di tutte le considerazioni sopra svolte, il secondo e il terzo motivo devono essere respinti.

 Sul quarto motivo, vertente su un eccesso di potere e su un’erronea, contraddittoria ed inesatta applicazione del diritto a seguito della violazione delle norme procedurali previste dai regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004, con conseguente incompletezza, incoerenza ed illegittimità dell’intero procedimento seguito dalla Commissione

121    La ricorrente fa valere che, non compiendo alcun atto procedimentale successivamente all’annullamento della decisione del 2002, né inviando alle imprese coinvolte una nuova comunicazione degli addebiti, né consentendo lo svolgimento di una nuova audizione, la Commissione ha violato le disposizioni dei regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004. Ad avviso della ricorrente, tali violazioni sarebbero dovute alla volontà della Commissione di proseguire, dopo l’estinzione del Trattato CECA e delle sue norme di attuazione, il procedimento avviato in base alle norme procedurali del predetto Trattato, applicando le norme procedurali CE a partire dal 23 luglio 2002, rendendo il procedimento illegittimo ed incompleto alla luce di entrambi gli ordinamenti giuridici interessati.

122    In via preliminare si deve rilevare che, sebbene la ricorrente, nel titolo del suo motivo e al punto 110 del ricorso, invochi un’«[e]rronea, contraddittoria e falsa applicazione del diritto a seguito della violazione delle norme procedurali previste dal Regolamento (...) n. 1/2003 e dal Regolamento (...) n. 773/2004», nelle sue memorie si limita a sollevare formalmente una violazione, da un lato, dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, che prevede che la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri applichino le regole di concorrenza dell’Unione in stretta collaborazione, e, dall’altro, dell’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, che prevede che la Commissione inviti le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri a prendere parte all’audizione.

123    Dall’esame del suo motivo risulta tuttavia che essa rimprovera alla Commissione di non aver consentito alle parti di esercitare il loro diritto di difesa, segnatamente procedendo all’invio di una comunicazione degli addebiti e organizzando un’audizione finale, alla quale avrebbero dovuto partecipare le autorità degli Stati membri.

124    In primo luogo, la ricorrente sostiene che, dopo l’annullamento da parte del Tribunale della decisione del 2002, la Commissione avrebbe dovuto adottare una nuova comunicazione degli addebiti. Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione al punto 122 della decisione impugnata, la decisione del 2002 non sarebbe stata annullata per un semplice vizio di procedura, giacché la mancanza di base giuridica costituiva un vizio ben più radicale, in quanto riguardava il potere stesso dell’esecutivo di adottare l’atto. Tale vizio si estenderebbe parimenti alla comunicazione degli addebiti supplementari, adottata sullo stesso fondamento della decisione del 2002. Non sussisterebbe peraltro perfetta identità tra gli addebiti contestati nella decisione del 2002 e quelli contestati nella decisione impugnata.

125    Va ricordato che da costante giurisprudenza risulta che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento all’esito del quale possano essere inflitte sanzioni, specialmente ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale di diritto dell’Unione, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa. A tal riguardo, l’invio di una comunicazione degli addebiti costituisce una garanzia procedurale conforme al principio fondamentale del diritto dell’Unione che esige il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento. In forza di detto principio, in particolare, la comunicazione degli addebiti trasmessa dalla Commissione a un’impresa alla quale essa intenda infliggere una sanzione per violazione delle norme sulla concorrenza deve contenere gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova su cui si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico (sentenza della Corte del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, Racc. pag. I‑7415, punti da 26 a 28; v. altresì, in tale senso, sentenza della Corte del 3 settembre 2009, Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, Racc. pag. I‑7191, punti da 34 a 36 e giurisprudenza ivi citata).

126    Il rispetto dei diritti della difesa esige infatti che l’impresa interessata sia stata posta in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita infrazione nei suoi confronti (v. sentenza della Corte del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

127    Sebbene la comunicazione degli addebiti debba consentire agli interessati di prendere realmente atto dei comportamenti di cui la Commissione fa loro carico, tale obbligo è rispettato quando la decisione definitiva non ponga a carico degli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prenda in considerazione soltanto fatti sui quali gli interessati hanno avuto modo di esporre le proprie ragioni. Nessuna norma impedisce alla Commissione di comunicare alle parti in un procedimento in materia di concorrenza, dopo aver inviato la comunicazione degli addebiti, altri elementi pertinenti che la possano integrare, a partire dal momento in cui tali elementi non modificano le infrazioni addebitate alle imprese e in cui queste ultime hanno avuto la possibilità di esprimersi su tutti gli elementi addotti a loro carico (sentenza della Corte del 25 ottobre 1983, AEG-Telefunken/Commissione, 107/82, Racc. pag. 3151, punto 29; sentenze del Tribunale del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Racc. pag. II‑931, punto 497; del 20 marzo 2002, LR AF 1998/Commissione, T‑23/99, Racc. pag. II‑1705, punto 190; del 12 luglio 2011, Fuji Electric/Commissione, T‑132/07, Racc. pag. II‑4091, punto 238, e del 27 giugno 2012, Microsoft/Commissione, T‑167/08, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti da 182 a 186).

128    Inoltre, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’annullamento di un atto dell’Unione non incide necessariamente sugli atti preparatori, poiché, in linea di principio, il procedimento diretto a sostituire l’atto annullato può essere ripreso dal punto preciso in cui l’illegittimità si è verificata (sentenze della Corte del 12 novembre 1998, Spagna/Commissione, C‑415/96, Racc. pag. I‑6993, punti 31 e 32, e del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Racc. pag. I‑8375, punto 73; sentenza del Tribunale del 25 giugno 2010, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑66/01, Racc. pag. II‑2631, punto 125).

129    D’altra parte, secondo la giurisprudenza, quando, in seguito all’annullamento di una decisione in materia di concorrenza, la Commissione sceglie di rimediare alle illegittimità accertate e di adottare una decisione identica non viziata da tali illegittimità, quest’ultima decisione riguarda i medesimi addebiti in merito ai quali le imprese si sono già pronunciate (sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, punto 128 supra, punto 98).

130    Nel caso specifico, anzitutto, dato che la decisione del 2002 è stata annullata a causa del fatto che l’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA non era più in vigore il 23 luglio 2002 e che la Commissione non poteva più trarre da tali disposizioni, estinte al momento dell’adozione della suddetta decisione, alcuna competenza a constatare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA e ad infliggere ammende alle imprese che avrebbero partecipato a tale infrazione (v. punto 24 supra), l’esecuzione della sentenza SP e a./Commissione, citata al precedente punto 24, comportava l’obbligo della Commissione di riprendere il procedimento dal punto preciso in cui l’illegittimità si era verificata, ossia al momento dell’adozione della decisione del 2002. Quanto alle considerazioni svolte ai precedenti punti da 99 a 120, in questo contesto la ricorrente non può asserire che il vizio attenesse non alla scelta della procedura adottata, ma più radicalmente al potere dell’esecutivo comunitario di emanare un atto quale la decisione del 2002 dopo la scadenza del Trattato CECA.

131    Poi, la ricorrente non può asserire che la comunicazione degli addebiti supplementari non sia valida in quanto sarebbe stata adottata sulla stessa base della decisione del 2002, annullata dal Tribunale. Come giustamente rilevato dalla Commissione, la comunicazione degli addebiti supplementari è stata adottata sulla base dell’articolo 65 CA e del regolamento n. 17, e quest’ultimo era in vigore al momento dell’adozione di detta comunicazione (v. punti 22 e 119 supra).

132    Infine, si deve sottolineare che, nel presente motivo, la ricorrente non fa valere che il contenuto degli addebiti mossi dalla Commissione sia stato modificato nella decisione impugnata rispetto al contenuto degli addebiti figuranti nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari, né contesta che, al momento dell’annullamento della decisione del 2002, gli atti preparatori compiuti dalla Commissione, e in particolare la comunicazione degli addebiti e la comunicazione degli addebiti supplementari, consentissero un’analisi esauriente del comportamento delle imprese coinvolte alla luce dell’articolo 65, paragrafo 1, CA.

133    Invece, la ricorrente si limita a rilevare presunte omissioni, nella decisione impugnata, rispetto alla decisione del 2002. A suo avviso, taluni passaggi della decisione del 2002 non figurerebbero più nei punti 171, 172 e 455 della decisione impugnata, sebbene essi stabiliscano l’impegno delle imprese coinvolte ad esportare una parte della produzione del tondo per cemento armato. La Commissione avrebbe pertanto omesso taluni elementi che indebolirebbero la sua tesi relativa all’estensione geografica nazionale del mercato. Ne conseguirebbe che non sussiste perfetta identità tra le censure di fatto oggetto della decisione del 2002 e quelle oggetto della decisione impugnata.

134    A questo riguardo, da un lato, si deve necessariamente constatare che le omissioni allegate riguardano dei punti della decisione impugnata che non sono relativi alla dimensione geografica del mercato di riferimento, bensì ai comportamenti delle imprese nel 1999. Dall’altro, l’impegno delle imprese di cui trattasi ad esportare una parte della loro produzione, talvolta in luogo delle fermate di produzione concordate, è menzionato in numerosi altri punti della decisione impugnata (v. in particolare i punti 183, 185, 190, 192, 197, 206, 207, 210, 246, 296, 328 e 375 della decisione impugnata) e, pertanto, le omissioni constatate dalla ricorrente, rispetto alle quali la Commissione afferma che sono dipese dal rispetto dei diritti della difesa di talune imprese, devono essere considerate estranee alla determinazione dell’estensione geografica del mercato di riferimento.

135    In ogni caso, simili omissioni nella decisione impugnata, quand’anche accertate, sono estranee a qualsiasi nuovo addebito, in quanto tale decisione non fa riferimento a comportamenti diversi da quelli rispetto ai quali le imprese hanno già potuto fornire chiarimenti (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, punto 128 supra, punto 103, e sentenza del Tribunale del 19 marzo 2003, CMA CGM e a./Commissione, T‑213/00, Racc. pag. II‑913, punto 114).

136    In secondo luogo, la ricorrente afferma che la Commissione ha violato i diritti della difesa delle imprese coinvolte non consentendo loro di discutere in contraddittorio con essa in merito alle modifiche operate rispetto alla decisione del 2002, in particolare procedendo all’invio di una nuova comunicazione degli addebiti e nell’ambito di un’audizione finale.

137    Va ricordato che, secondo l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004, «[l]a Commissione accorda alle parti cui è inviata la comunicazione degli addebiti la possibilità di sviluppare i propri argomenti nel corso di un’audizione orale, qualora lo richiedano nella loro proposta scritta». Si deve tuttavia necessariamente rilevare che le imprese interessate sono state invitate ad esporre oralmente le loro osservazioni alle audizioni del 13 giugno e del 30 settembre 2002, a seguito della comunicazione degli addebiti e della comunicazione degli addebiti supplementari (v. punti 118 e 119 della decisione impugnata). Dal momento che la Commissione non aveva l’obbligo di trasmettere alle imprese di cui trattasi una nuova comunicazione degli addebiti a seguito dell’annullamento della decisione del 2002, e in mancanza di nuovi addebiti, la Commissione non aveva l’obbligo di organizzare una nuova audizione da parte del consigliere-auditore.

138    La ricorrente non può sostenere al riguardo che, non procedendo all’invio di una comunicazione degli addebiti e non organizzando un’audizione finale di modo che le imprese coinvolte potessero pronunciarsi sulle valutazioni giuridiche della Commissione o sugli aspetti istituzionali, la Commissione abbia violato il principio del contraddittorio.

139    Come risulta dalla giurisprudenza, l’obbligo della Commissione nella fase della comunicazione degli addebiti si limita ad esporre le censure sollevate e ad esporre chiaramente i fatti su cui essa si basa nonché la qualificazione data loro, affinché i destinatari possano utilmente difendersi. La Commissione non è obbligata ad esporre le conclusioni che essa ha tratto dai fatti, dai documenti e dagli argomenti giuridici presentati (v. sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, JFE Engineering e a./Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, Racc. pag. II‑2501, punto 453 e la giurisprudenza ivi citata).

140    Come rilevato al precedente punto 129, la Corte ha inoltre già sottolineato che, quando, in seguito all’annullamento di una decisione in materia di concorrenza, la Commissione sceglie di rimediare all’illegittimità od alle illegittimità accertate e di adottare una decisione identica non viziata da tali illegittimità, quest’ultima decisione riguarda i medesimi addebiti in merito ai quali le imprese si sono già pronunciate.

141    Ne consegue che la Commissione, in seguito all’annullamento della decisione del 2002, non era obbligata a dare alle imprese interessate la possibilità di essere sentite su eventuali valutazioni giuridiche o aspetti istituzionali pertinenti, prima di adottare la decisione impugnata.

142    Ad ogni modo, deve peraltro sottolinearsi che, nella lettera del 30 giungo 2008, la Commissione aveva informato le imprese coinvolte della sua intenzione di riadottare la decisione del 2002 e le aveva avvertite del fatto che non vi sarebbe stata alcuna comunicazione degli addebiti supplementari, invitandole allo stesso tempo a presentare le loro osservazioni, come la ricorrente ha del resto fatto con lettera del 30 luglio 2008.

143    In terzo luogo, la ricorrente asserisce che la decisione impugnata è illegittima in quanto le autorità degli Stati membri non sarebbero state associate al procedimento, in violazione dell’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004. Poiché la partecipazione attiva delle autorità nazionali non era prevista dal regime del Trattato CECA, tali autorità non sarebbero mai state associate al procedimento prima del 23 luglio 2002 e, in particolare, esse non avrebbero partecipato alla prima audizione, nel corso della quale sarebbe stato discusso il merito della controversia. Così facendo, la Commissione avrebbe anche tradito lo spirito, se non la lettera, dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003. L’insanabile omissione sarebbe ancora più grave in un caso come quello della presente fattispecie, in cui le infrazioni si sarebbero svolte interamente all’interno di un unico e medesimo Stato membro e in cui il ricorso all’autorità nazionale sarebbe stato fondamentale per permettere alla Commissione di valutare correttamente il mercato considerato e i comportamenti di cui trattasi. La differenza di procedura su tale punto sarebbe una diretta conseguenza della differenza sostanziale tra l’articolo 65 CA e l’articolo 81 CE.

144    Occorre ricordare che il diritto delle imprese e associazioni di imprese interessate di far conoscere il loro punto di vista, in occasione della fase scritta e della fase orale del procedimento amministrativo sugli addebiti mossi dalla Commissione, costituisce un elemento essenziale dei diritti della difesa (sentenze della Corte del 21 settembre 1989, Hoechst/Commissione, 46/87 e 227/88, Racc. pag. 2859, punto 52, e del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 128 supra, punto 248).

145    Tuttavia, dato che, come risulta dalle considerazioni svolte ai punti da 124 a 141 supra, la Commissione non aveva l’obbligo di adottare una nuova comunicazione degli addebiti e le imprese interessate avevano già avuto la possibilità di essere sentite oralmente durante l’audizione del 13 giugno 2002, successiva alla comunicazione degli addebiti, e durante l’audizione del 30 settembre 2002, successiva alla comunicazione degli addebiti supplementari, la Commissione non era tenuta ad organizzare una nuova audizione.

146    A tale riguardo, sebbene, come sottolinea la ricorrente, gli Stati membri non abbiano partecipato all’audizione relativa al merito della controversia, si è ricordato al precedente punto 116 che l’applicazione, in seno all’ordinamento giuridico dell’Unione, delle norme del Trattato CE in un settore inizialmente regolato dal Trattato CECA deve avvenire nel rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo, dato che le norme di procedura si ritengono generalmente applicabili a tutte le controversie pendenti al momento in cui entrano in vigore. Orbene, le norme del Trattato CECA, a quell’epoca vigenti, ed in particolare l’articolo 36 CA, non prevedevano una partecipazione di questo tipo, contrariamente all’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004 (v. punto 13 supra).

147    Come evidenziato dalla Commissione all’udienza, quest’ultima ha nondimeno tenuto gli Stati membri ampiamente al corrente del procedimento, trasmettendo loro, prima dell’adozione della decisione del 2002, la comunicazione degli addebiti, la comunicazione degli addebiti supplementari, copie delle osservazioni scritte sulle due comunicazioni degli addebiti, una copia dello studio Lear (Laboratorio di Economia, Antitrust, Regolamentazione), intitolato «L’industria del tondo per cemento armato in Italia dal 1989 al 2000» (in prosieguo: lo «studio Lear»), commissionato dalle imprese Alfa, Feralpi, IRO, SP e Valsabbia, un sunto degli argomenti delle parti espressi nell’audizione e la registrazione di quest’ultima in inglese. La Commissione ha altresì trasmesso alle autorità nazionali garanti della concorrenza, in data 7 settembre 2009, le risposte alla lettera del 30 giugno 2008 fornite dalle imprese interessate.

148    Ne consegue che la mancata partecipazione, nel caso di specie, degli Stati membri all’audizione non può comportare né la violazione dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, che prevede che la Commissione e gli Stati membri applichino le regole di concorrenza in stretta collaborazione (v. punto 8 supra), né dell’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004.

149    Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, il motivo in esame dev’essere respinto.

 Sul quinto motivo, vertente su un eccesso di potere per difetto d’istruttoria e assenza di motivazione, con conseguente erroneità, contraddittorietà ed illogicità della definizione del mercato di cui trattasi nonché dei presupposti e degli effetti della presunta intesa

150    La ricorrente fa valere che la decisione impugnata deve essere annullata in quanto la Commissione non ha condotto un’istruttoria sufficiente in relazione all’estensione del mercato geografico, il che l’avrebbe portata a formulare conclusioni insufficientemente motivate ed erronee a tal riguardo, nonché in relazione ai presupposti e agli effetti dell’intesa.

 Sull’estensione del mercato geografico

151    La ricorrente ricorda che, per sostenere che il mercato rilevante è il territorio della Repubblica italiana, la Commissione si è basata, al punto 47 della decisione impugnata, sul livello estremamente basso delle importazioni in Italia, che sarebbe giustificato dalla mancanza di interesse economico a vendere tondi per cemento armato prodotti all’estero ai prezzi praticati in Italia.

152    Orbene, anzitutto dal paragrafo 50 della Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU 1997, C 372, pag. 5) risulterebbe che l’assenza di acquisti o di flussi commerciali transfrontalieri non indica necessariamente che il mercato abbia al massimo dimensione nazionale. La ricorrente avrebbe poi prodotto, nel corso del procedimento amministrativo, lo studio Lear, le cui conclusioni andrebbero chiaramente nel senso di un’estensione transfrontaliera del mercato geografico rilevante. I dati presentati alla Commissione e, in particolare, le osservazioni dell’associazione nazionale delle imprese presagomatrici (in prosieguo: l’«Ansfer»), inficerebbero altresì la tesi secondo cui costi di produzione sarebbero maggiori per i concorrenti esteri e confermerebbero che i prezzi del tondo per cemento armato erano inferiori a quelli applicati nel resto della Comunità. La Commissione non ne avrebbe tuttavia tratto le dovute conclusioni quanto alla natura transfrontaliera del mercato. Infine, la Commissione cadrebbe in contraddizione sostenendo che il mercato sia di dimensione geografica nazionale, affermando al contempo che l’intesa pregiudichi il commercio tra gli Stati membri. Secondo la ricorrente, la causa dell’assenza di consistenti importazioni dovrebbe essere maggiormente ricercata in condizioni di alterata concorrenza in altri mercati nazionali.

153    La ricorrente aggiunge che la Commissione non può fondarsi sulla giurisprudenza secondo cui, in materia di intese, non è necessario precisare l’ambito territoriale di riferimento. Da un lato, tale giurisprudenza non sarebbe applicabile nel caso di specie, poiché si riferirebbe alla prova dell’alterazione del commercio intracomunitario. Dall’altro, la mancata definizione del mercato si inserirebbe in un quadro più generale, caratterizzato da una mancanza di elementi probatori che rende inadeguato il complessivo impianto accusatorio che la Commissione avrebbe tentato di costruire.

154    In primo luogo, si deve respingere l’argomento della ricorrente vertente sull’assenza di motivazione della decisione impugnata, in quanto la definizione del mercato geografico di riferimento è stata motivata adeguatamente ai punti da 47 a 60 della decisione impugnata.

155    Infatti, ad esempio, ai punti 47 e 48 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato che, negli anni dal 1989 al 2000, il prodotto proveniente da altre zone geografiche ha rappresentato dallo 0 al 6% del totale delle vendite sul territorio italiano, di modo che i flussi di prodotto verso l’Italia erano stati pertanto molto limitati nel periodo considerato. Essa ha indicato che l’ostacolo maggiore alla vendita in Italia di un prodotto non proveniente dall’Italia doveva essere individuato in una strutturale mancanza di convenienza economica a vendere ai prezzi attuati in Italia il tondo per cemento armato fabbricato fuori d’Italia, il che spiegherebbe inoltre perché i flussi di prodotto considerati dalle imprese italiane come esercitanti una pressione concorrenziale siano unicamente quelli provenienti dalla Turchia e dai Paesi dell’Europa orientale, dove i costi di produzione più bassi permettono loro di essere competitivi rispetto ai prezzi praticati in Italia. La Commissione ha tuttavia considerato che, indipendentemente dal grado di adeguatezza e di esaustività della tesi sopra illustrata, era comunque certo che, a causa dei limitati flussi di prodotto proveniente da fuori d’Italia, il territorio della Repubblica italiana costituisse il mercato geografico rilevante del tondo per cemento armato nervato in barre o in rotoli. Ai punti da 49 a 59 della decisione impugnata, la Commissione ha risposto alle osservazioni delle imprese coinvolte circa la definizione del mercato geografico ed ha in particolare espresso la propria posizione sullo studio Lear e sulle dichiarazioni dell’Ansfer.

156    In secondo luogo, per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente che dimostrerebbero l’esistenza di errori nella definizione del mercato geografico, anzitutto si deve osservare, al pari della Commissione, che l’argomento della ricorrente fondato sul paragrafo 50 della Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza, secondo cui «l’assenza di acquisti o di flussi commerciali transfrontalieri non indica necessariamente che il mercato abbia al massimo dimensioni nazionali», non osta a che la Commissione giunga ad una simile conclusione qualora ritenga, in determinate circostanze di fatto, che il perimetro all’interno del quale si esercita la concorrenza tra le imprese abbia dimensioni nazionali. Va del resto sottolineato che il paragrafo 49 di detta comunicazione ricorda che, sebbene i flussi commerciali e soprattutto i fattori che ne spiegano la configurazione offrano informazioni utili per stabilire la delimitazione del mercato geografico, essi non sono, di per sé, decisivi a tal fine.

157    Poi, per quanto attiene allo studio Lear, le cui conclusioni deporrebbero chiaramente a favore di un’estensione transfrontaliera del mercato geografico pertinente, la ricorrente si limita ad affermare che la Commissione non abbia tratto da tale studio le necessarie conclusioni circa la natura sovranazionale del mercato e che essa «in particolare ha liquidato i risultati emersi, da un lato contestando parzialmente l’interpretazione delle evidenze di uno solo tra i numerosi test economici utilizzati nello studio, dall’altro affermando che, a prescindere da qualsiasi considerazione economica, i fatti confermavano la natura nazionale del mercato, considerata l’assenza di importazioni».

158    A tale riguardo, si deve necessariamente rilevare che la ricorrente non formula alcun argomento preciso allo scopo di inficiare le considerazioni della Commissione figuranti ai punti da 51 a 53 della decisione impugnata, secondo cui, da un lato, la teoria dei flussi prospettata dallo studio Lear era basata solo su affermazioni scolastiche, teorie economiche e non su considerazioni di fatto e, dall’altro, tale studio Lear applicherebbe il test di Elzinga e Hogarthy ai paesi dell’Unione, dal quale emergerebbe che solo l’Italia, tra tutti gli Stati membri, potrebbe costituire il mercato geografico rilevante. Del resto, un rinvio complessivo allo studio Lear non potrebbe neppure essere ammesso, dal momento che, da un lato, non potrebbe supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto, che devono figurare nel ricorso (sentenza della Corte del 31 marzo 1992, Commissione/Danimarca, C‑52/90, Racc. pag. I‑2187, punto 17; ordinanze del Tribunale del 29 novembre 1993, Koelman/Commissione, T‑56/92, Racc. pag. II‑1267, punto 21, e del 21 maggio 1999, Asia Motor France e a./Commissione, T‑154/98, Racc. pag. II‑1703, punto 49), e, dall’altro, non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono una funzione meramente probatoria e strumentale (sentenze del Tribunale del 7 novembre 1997, Cipeke/Commissione, T‑84/96, Racc. pag. II‑2081, punto 34, e del 21 marzo 2002, Joynson/Commissione, T‑231/99, Racc. pag. II‑2085, punto 154).

159    Inoltre, l’argomento della ricorrente secondo cui le osservazioni scritte dell’Ansfer inficerebbero del pari la tesi in base alla quale i costi di produzione sarebbero maggiori per i concorrenti esteri è inoperante, dal momento che la Commissione non si è fondata sui costi di produzione in Italia per definire l’estensione del mercato geografico. Infatti, al punto 50 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato che essa «aveva proposto l’ipotesi di costi di produzione più bassi in Italia, mentre le parti e lo studio Lear, confutando quest’ipotesi, hanno affermato che la causa va ricercata nei margini generalmente più bassi praticati in Italia[, il che] non inficia tuttavia la posizione della Commissione, secondo cui non è conveniente per gli altri Stati membri esportare tondo in Italia». Quanto alla dichiarazione dell’Ansfer secondo cui i prezzi del tondo per cemento armato in Italia sarebbero stati inferiori rispetto a quelli applicati nel resto della Comunità, anche supponendola dimostrata, sembra piuttosto indicare che il mercato italiano si distingua dalle aree geografiche vicine perché, in particolare, le condizioni di concorrenza vi differiscono in maniera apprezzabile.

160    Infine, la constatazione che l’intesa ha pregiudicato il commercio tra Stati membri non è, come sostenuto dalla ricorrente, in contraddizione con l’identificazione del mercato geografico rilevante con il territorio della Repubblica italiana. Infatti, da una giurisprudenza costante risulta che, perché una decisione, un accordo o un’intesa possano pregiudicare il commercio fra Stati membri, è necessario che, in base ad un complesso di elementi di diritto o di fatto, essi consentano di ritenere con un sufficiente grado di probabilità che gli stessi esercitino un’influenza diretta o indiretta, attuale o potenziale, sugli scambi tra Stati membri, in un modo tale da far temere che possano nuocere al conseguimento di un mercato unico fra Stati membri (sentenze della Corte del 30 giugno 1966, LTM, 56/65 Racc. pag. 337; del 29 ottobre 1980, Van Landewyck e a./Commissione, da 209/78 a 215/78 e 218/78, Racc. pag. 3125, punto 170, e del 17 luglio 1997, Ferriere Nord/Commissione, C‑219/95 P, Racc. pag. I‑4411, punto 20). Così, un impatto sugli scambi intracomunitari risulta, in generale, dalla combinazione di più fattori che di per sé non sarebbero necessariamente determinanti. Per verificare se un’intesa pregiudichi in modo significativo il commercio fra Stati membri è necessario esaminarla nel suo contesto economico e giuridico (sentenze della Corte del 23 novembre 2006, Asnef-Equifax e Administración del Estado, C‑238/05, Racc. pag. I‑11125, punto 35, e del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P, Racc. pag. I‑8681, punto 37).

161    In proposito la Corte ha già affermato che il fatto che un’intesa abbia per oggetto soltanto la distribuzione dei prodotti in un unico Stato membro non è sufficiente ad escludere che il commercio fra gli Stati membri possa essere pregiudicato. Infatti, un’intesa che si estenda a tutto il territorio di uno Stato membro ha, per sua natura, l’effetto di consolidare la compartimentazione nazionale, ostacolando così l’integrazione economica voluta dal Trattato CE (sentenze della Corte del 29 aprile 2004, British Sugar/Commissione, C‑359/01 P, Racc. pag. I‑4933, punto 28; Asnef-Equifax e Administración del Estado, cit. al punto 160 supra, punto 37, ed Erste Group Bank e a./Commissione, cit. al punto 160 supra, punto 38; sentenza del Tribunale del 13 luglio 2011, ThyssenKrupp Liften Ascenseurs/Commissione, T‑144/07, da T‑147/07 a T‑150/07 e T‑154/07, Racc. pag. II‑5129, punto 60).

162    In terzo luogo, la ricorrente afferma che la natura quantomeno comunitaria del mercato sarebbe dimostrata dall’assenza di barriere legislative e di spese di trasporto nonché dalla presenza di importanti esportazioni dall’Italia. La mancanza di rilevanti importazioni non può, pertanto, essere attribuita a motivi strutturali connessi alla dimensione nazionale del mercato, ma troverebbe la sua origine nelle condizioni di concorrenza alterate degli altri contesti nazionali. Tuttavia, dal momento che la ricorrente non contesta la mancanza di rilevanti importazioni in Italia e che la stessa premessa del suo argomento si fonda su presunte condizioni di concorrenza alterate in altri Stati membri, deve ritenersi che le condizioni della concorrenza differiscano in modo apprezzabile tra l’Italia e gli altri Stati membri, di modo che la natura quantomeno comunitaria del mercato non è dimostrata.

163    In quarto luogo, la ricorrente afferma che la Commissione ha ritenuto a torto che in materia di intese anticoncorrenziali non sia necessario definire l’ambito territoriale di riferimento. Si deve tuttavia considerare che la Commissione, fondandosi in via analogica sulla giurisprudenza elaborata nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 81 CE (v., per analogia, sentenze del Tribunale del 14 maggio 1998, Enso Española/Commissione, T‑348/94, Racc. pag. II‑1875, punto 232, e Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. al punto 81 supra, punti 1085 e 1086), ha giustamente ritenuto che, nell’ambito di applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, è allo scopo di determinare se l’intesa tenda direttamente o indirettamente a impedire, restringere o falsare il gioco normale della concorrenza nel mercato comune che occorre definire il mercato geografico, con la conseguenza che, nel caso in cui un’intesa tenda a falsare in modo sensibile la concorrenza, la definizione del mercato geografico non riveste un’importanza decisiva.

164    Alla luce di tutte le considerazioni sopra svolte, la prima parte del presente motivo deve essere respinta.

 Sul difetto d’istruttoria e di motivazione, per quanto concerne i presupposti e gli effetti dell’intesa

165    La ricorrente sostiene che lo studio Lear «affrontava altre tematiche» giungendo a conclusioni del tutto incompatibili con quanto affermato nella decisione definitiva.

166    Innanzitutto, in materia di fissazione dei prezzi, tale studio, al quale la ricorrente «(...) rimanda in ogni caso (...), per tutte le ulteriori valutazioni circa l’assenza di un’adeguata istruzione della causa, che rendesse coerente la conclusione del procedimento con l’evidenza dei dati raccolti e prodotti dalle parti», a suo avviso dimostrerebbe che i prezzi del tondo per cemento armato sono caratterizzati da una variabilità elevata e che le condizioni di prezzo prevalenti nel mercato del tondo dipenderebbero dalle variazioni dei costi dei fattori produttivi.

167    Poi, la Commissione non avrebbe risposto alle imprese di cui trattasi in merito alla natura puramente indicativa dei listini prezzi ad essa comunicati. La ricorrente avrebbe inviato alla Commissione, senza che essa effettuasse tutte le valutazioni del caso, un considerevole numero di fatture, da cui emergerebbe che il prezzo applicato era chiaramente differente rispetto a quello comunicato nei listini e quindi asseritamente concordato. A tal riguardo la Commissione avrebbe dovuto procedere a misure istruttorie per verificare la tesi dell’allineamento dei prezzi concordati.

168    Infine, la Commissione non avrebbe tenuto adeguatamente conto delle dichiarazioni dell’Ansfer, secondo cui il mercato italiano sarebbe sempre stato caratterizzato da una vivace concorrenza sui prezzi.

169    Ad ogni modo, di fronte ad una così cospicua massa di osservazioni, la Commissione avrebbe perlomeno dovuto motivare ampiamente la sua decisione.

170    In primo luogo, si deve respingere il generico rinvio operato dalla ricorrente allo studio Lear «per tutte le ulteriori valutazioni», per i motivi illustrati al precedente punto 158. Inoltre, la ricorrente non è in grado di spiegare i motivi per cui la presunta elevata variabilità dei prezzi del tondo per cemento armato sul mercato o la presunta incidenza delle variazioni del costo delle fatture di produzione sul prezzo del tondo per cemento armato dimostrerebbero un’insufficiente istruttoria sui «presupposti e gli effetti dell’intesa».

171    In secondo luogo, quanto alla presunta motivazione insufficiente della decisione impugnata, si deve rilevare che la Commissione ha dedicato il punto 6.3 di detta decisione agli effetti dell’intesa (punti da 512 a 524 della decisione impugnata) (v. altresì punto 30 supra). Dopo aver sottolineato che si trattava di un’intesa il cui obiettivo era di impedire, limitare o alterare il gioco normale della concorrenza, e che non era quindi necessario accertare che vi fossero stati effetti concreti sul mercato, essa ha rilevato che l’evoluzione dei prezzi reali totali non era ricostruibile in modo univoco. Tuttavia, la Commissione, prendendo come punti di riferimento i prezzi medi degli extra di dimensione di dicembre 1989-gennaio 1990 e maggio-giugno 2000, ha stimato un aumento del prezzo degli extra di almeno il 40% in termini reali, il che significa che, anche volendo considerare importanti riduzioni del prezzo base in termini reali, i dati non sembravano supportare la tesi dello studio Lear di una riduzione del prezzo totale del 32% in termini reali. La Commissione ha aggiunto che le informazioni di cui disponeva originavano dalle imprese stesse (punti da 512 a 514 della decisione impugnata).

172    Per quanto attiene agli aumenti degli extra di dimensione, la Commissione ha sottolineato che, dal 6 dicembre 1989 fino al 4 luglio 2000, sono stati decisi e posti in essere almeno 19 aumenti e che, per nove fra essi, era in possesso delle prove dirette relative agli accordi o pratiche concordate riguardanti detti aumenti. Tra il 1989 e il 2000 il livello dei prezzi degli extra di dimensione sarebbe stato moltiplicato per due. Inoltre, a parere della Commissione, ogni aumento di tali extra di dimensione, deciso dai principali produttori, ha avuto un effetto concreto sul mercato, perché adottato, più o meno rapidamente, anche da quei produttori che non hanno per primi partecipato all’iniziativa di aumento. Non è apparso quindi necessario prendere in esame l’effetto di ogni singola intesa relativa all’aumento dei prezzi degli extra di dimensione (punto 515 della decisione impugnata).

173    La Commissione ha anche ritenuto che gli accordi o pratiche concordate riguardanti la fissazione del prezzo base avessero avuto un effetto sul mercato e, al punto 516 decisione impugnata, ha indicato gli elementi da cui risultavano gli effetti dell’intesa sul mercato, richiamati segnatamente ai punti da 129 a 131, da 136 a 138, 140, 142, 143, 145, 153, 155, 156, 160, 167, 168, 174, 183, 187, 191, 192, 200, 210, 214, 215, 233, 241, 268, 276, da 280 a 300 e 302 della stessa decisione.

174    La Commissione ha fornito una descrizione degli effetti dell’intesa sulle condizioni di pagamento al punto 517 della decisione impugnata, che si riferisce segnatamente ai punti 164 e 165 di essa, mentre ha chiarito gli effetti dell’intesa sulla limitazione o sul controllo della produzione e delle vendite al punto 518 della decisione impugnata.

175    Ai punti 519 e 520 della decisione impugnata la Commissione ha affermato che la valutazione degli effetti concreti dell’intesa permetteva di concludere che essa aveva influenzato il prezzo di vendita praticato dai produttori di tondo per cemento armato in Italia, anche se non sempre quanto stabilito in seno all’intesa aveva immediatamente portato ai risultati sperati. Inoltre, possono esserci stati fenomeni di effetto ritardato. Secondo la Commissione, l’insufficiente incidenza di alcune iniziative riguardanti i prezzi aveva anche indotto le imprese in questione a combinarle con altre misure sui volumi o a modificare quelle prese sui prezzi, il che dimostra come i comportamenti nei quali si è concretizzata l’intesa fossero tutti destinati a raggiungere un unico e medesimo obiettivo, ossia l’aumento del prezzo. La Commissione ha sottolineato che le imprese di cui trattasi rappresentavano all’incirca il 21% del mercato italiano del tondo per cemento armato nel 1989, il 60% nel 1995 e all’incirca l’83% nel 2000, cosicché l’effetto sul mercato degli aumenti di prezzi concordati tra le imprese è stato crescente, tanto più che le iniziative prese in questa materia venivano fin dal 1989 successivamente comunicate all’insieme dei produttori di tondo per cemento armato. Infine, la Commissione ha aggiunto che la posizione delle parti secondo cui i comportamenti contestati non avessero avuto alcun effetto sul mercato non era conforme alle prove in suo possesso.

176    Alla luce di tali considerazioni, la censura della ricorrente, vertente sul presunto difetto di motivazione della decisione impugnata in merito agli effetti dell’intesa sul mercato, non può trovare accoglimento.

177    In terzo luogo, per quanto riguarda gli argomenti che dimostrerebbero carenze nell’istruttoria, la ricorrente afferma che la Commissione non ha fornito risposta alle parti in relazione alla natura meramente indicativa dei listini comunicatile e che essa ha fornito alla Commissione un considerevole numero di fatture, relative a vendite effettuate successivamente alle riunioni nel corso delle quali sarebbe stato fissato il prezzo che dimostrerebbero che il prezzo applicato differiva dal prezzo concordato. La pubblicazione dei listini corrisponderebbe ad un obbligo di legge e rappresentava unicamente una formalità.

178    Anzitutto si deve necessariamente rilevare che la Commissione ha risposto all’argomento della ricorrente vertente sulla presunta natura indicativa dei listini, quanto meno implicitamente, ai punti 481 e 492 della decisione impugnata. Inoltre, ai punti 494 e 495 della decisione impugnata la Commissione ha espressamente indicato che le parti avevano insistito sulla distinzione tra prezzi di listino e prezzi effettivamente applicati sul mercato, ma ha concluso che tale distinzione non risultava determinante. La Commissione ha altresì precisato quanto segue:

«(494) [… c]on l’eccezione di Feralpi ed Alfa (che hanno fornito prezzi medi), le altre imprese hanno fornito alla Commissione campioni di fatture relativi ai periodi in cui gli aumenti di prezzi erano decisi. Ora, sulla base di campioni non è possibile verificare che il prezzo medio praticato corrispondesse o divergesse da quello dei listini, non sapendo, per esempio, quali fatture corrispondono a clienti normali o preferenziali. Si può soltanto affermare che per quelle transazioni documentate il prezzo era divergente ma ciò non dimostra affatto che i prezzi praticati per l’insieme delle transazioni realizzate nei giorni o periodi successivi agli aumenti fossero realmente diversi da quelli dei listini.

(495)          Anche nei casi in cui sono stati forniti i prezzi medi non si può escludere che la divergenza fosse legata alla congiuntura del mercato (ad esempio pressione delle importazioni da paesi terzi, domanda stagionale, margine di negoziazione) o alla volontà di sfruttare l’intesa a proprio vantaggio (...)».

179    Poi, per quanto concerne la fondatezza dell’argomento della ricorrente, dalla giurisprudenza del Tribunale, rammentata al punto 481 della decisione impugnata, risulta che la circostanza che un’impresa non si adegui ai risultati delle riunioni aventi un oggetto manifestamente anticoncorrenziale non è atta a privarla della sua piena responsabilità per la partecipazione all’intesa, qualora essa non abbia preso pubblicamente le distanze dall’oggetto delle riunioni. Anche supponendo che il comportamento della ricorrente e degli altri produttori sul mercato, che avrebbero annunciato obiettivi di prezzo diversi, non siano stati conformi al comportamento convenuto, ciò non incide in alcun modo sulla loro responsabilità (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 14 maggio 1998, Sarrió/Commissione, T‑334/94, Racc. pag. II‑1439, punto 118, confermata in sede di impugnazione con la sentenza della Corte del 16 novembre 2000, Sarrió/Commissione, C‑291/98 P, Racc. pag. I‑9991, punti 43 e 49), dato che essi hanno semplicemente potuto tentare di utilizzare l’intesa a loro vantaggio (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 74, e la giurisprudenza ivi citata). La ricorrente non può affermare genericamente, nella replica, che «non vi è alcuna prova della partecipazione di IRO alle riunioni», atteso che la Commissione, al punto 559 della decisione impugnata, ha attestato la partecipazione della ricorrente a numerose riunioni, quanto meno a partire dal 1996 (v. anche il sesto motivo, infra). In ogni caso, ogniqualvolta, come nella presente fattispecie, la Commissione abbia fornito la prova dell’esistenza di un accordo, spetta all’impresa che vi ha partecipato fornire la prova di essersene dissociata, prova che deve dimostrare una volontà inequivocabile, e portata a conoscenza delle altre imprese partecipanti, di sottrarsi a tale accordo (v. sentenza del Tribunale del 27 settembre 2006, GlaxoSmithKline Services/Commissione, T‑168/01, Racc. pag. II‑2969, punto 86 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, il fatto di approvare tacitamente un’iniziativa illecita, senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto o denunciarla agli organi amministrativi, ha l’effetto di incoraggiare la continuazione dell’infrazione e ne pregiudica la scoperta. Tale complicità rappresenta una modalità passiva di partecipazione all’infrazione, idonea quindi a far sorgere la responsabilità dell’impresa nell’ambito di un unico accordo (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 126 supra, punto 84).

180    Inoltre, dalla giurisprudenza risulta che l’articolo 65, paragrafo 1, CA vieta gli accordi che «tendano» a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza. Ne consegue che è vietato, ai sensi di detta disposizione, un accordo che abbia lo scopo di restringere la concorrenza, ma i cui effetti anticoncorrenziali non siano stati dimostrati. Atteso che la Commissione ha constatato, al punto 399 della decisione impugnata, che l’intesa aveva per oggetto la fissazione dei prezzi in funzione della quale era stata concordata anche la limitazione o il controllo della produzione e/o delle vendite, essa non era tenuta a provare l’esistenza di un effetto pregiudizievole sulla concorrenza per dimostrare che si era verificata una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA (sentenza della Corte del 2 ottobre 2003, Ensidesa/Commissione, C‑198/99 P, Racc. pag. I‑11111, punti 59 e 60, e sentenza del Tribunale dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, Racc. pag. II‑347, punto 277) (v. altresì punto 463 della decisione impugnata).

181    In quarto luogo, neanche l’argomento della ricorrente fondato sulle dichiarazioni dell’Ansfer, secondo cui il mercato italiano sarebbe stato caratterizzato sempre da una vivace concorrenza sui prezzi e da una concorrenza rivelatasi sempre autentica, può essere accolto, dal momento che, come sottolineato dalla Commissione al punto 524 della decisione impugnata, le dichiarazioni dell’Ansfer non potevano cancellare un dato di fatto incontrovertibile consistente in prove documentali dell’infrazione. Del resto la Commissione ha dichiarato, ai punti da 512 a 524 della decisione impugnata, ricordati ai precedenti punti da 171 a 175, che l’intesa aveva avuto effetti reali.

182    Da ciò consegue che la presente parte del motivo dev’essere respinta e con essa il quinto motivo nel suo insieme.

 Sul sesto motivo, vertente sulla violazione di legge per difetto d’istruttoria, nella parte in cui l’IRO è ritenuta responsabile di un’intesa anticoncorrenziale nel periodo 1989-1996, in mancanza di qualsiasi elemento probatorio

183    La ricorrente fa valere che la Commissione non ha fondato su alcun elemento probatorio la sua constatazione secondo cui l’IRO ha partecipato all’intesa tra il 1989 e il gennaio 1996. Pertanto, a torto la Commissione avrebbe desunto la partecipazione dell’IRO all’accordo del 6 dicembre 1989 e a quello dell’aprile 1992. A tal riguardo, non sussisterebbe alcuna prova, fino al 1996, della partecipazione dell’IRO a una riunione o a un accordo diretto a fissare i prezzi base o i prezzi dei supplementi di dimensione del tondo per cemento armato in Italia.

184    Essa sostiene in particolare che la Commissione le addebiti di aver partecipato all’intesa sui prezzi degli extra di dimensione a partire dal 6 dicembre 1989 fondandosi, da una parte, sul fatto che la stessa avrebbe ricevuto un fax da parte della Federacciai e, dall’altra, sulla comunicazione dell’IRO dei suoi listini di prezzo allineati sui prezzi emersi nel corso delle riunioni. In tal modo, la Commissione non potrebbe dimostrare sulla base delle prove da essa raccolte che l’IRO abbia partecipato alla riunione in questione, poiché il fax sarebbe stato inviato a tutte le imprese, ivi comprese quelle non aderenti alla Federacciai. Inoltre, per quanto riguarda l’accordo di aprile 1992 sul prezzo base, la Commissione si fonderebbe su un documento, non firmato e di incerta provenienza, che sarebbe privo di forza probatoria e che, quand’anche avesse formato oggetto di una discussione, non avrebbe mai trovato alcuna applicazione concreta.

185    Ai punti 465 e 466 della decisione impugnata, la Commissione avrebbe anzitutto ammesso che essa poteva individuare i partecipanti alle riunioni solamente a partire dal febbraio 1996. Non sarebbe stata versata agli atti nessuna prova della partecipazione dell’IRO alle riunioni organizzate al fine di fissare i prezzi, fino al 1996. Poi, la partecipazione della ricorrente all’intesa non può desumersi dalla ricezione di telefax della Federacciai, poiché tali documenti venivano di norma spediti a tutte le imprese del settore. A tal riguardo, la ricorrente non può essere ritenuta responsabile per avere asseritamente allineato i suoi prezzi ai prezzi concordati, poiché, primo, i listini prezzi non sarebbero stati rappresentativi dei prezzi sul mercato; secundo, l’analisi dei prezzi in possesso della Commissione mostrerebbe l’assenza di qualsiasi allineamento reale e deliberato; tertio, taluni aumenti avrebbero riguardato tutto il settore del tondo per cemento armato, ossia circa 50 imprese; quarto, le variazioni dei prezzi non sarebbero così simultanee come suggerito dalla Commissione; e, quinto, il tendenziale allineamento alle condizioni applicate dalla concorrenza costituirebbe un caso tipico di parallelismo di comportamento indotto dalla natura stessa del mercato. Inoltre, le comunicazioni della ricorrente alla Federacciai non avrebbero contenuto un riferimento ai prezzi, bensì alle quantità. Peraltro, le comunicazioni giungevano alle imprese tramite la loro associazione di categoria, circostanza atta ad indurre i destinatari dei telefax, estranei alla presunta intesa, a credere che tali comunicazioni facessero parte della politica di trasparenza delle condizioni contrattuali proprie del mercato interessato. Infine, i riferimenti operati dalla Commissione a precedenti decisioni o sentenze sarebbero privi di pertinenza.

186    Nella decisione impugnata la Commissione ha constatato che l’intesa praticata tra le imprese destinatarie di essa aveva avuto luogo nel periodo che va dal 1989 al 2000 e che aveva ad oggetto la fissazione dei prezzi, in funzione della quale era stata anche concordata la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite (punto 399 della decisione impugnata). Per quel che riguarda la fissazione dei prezzi, la Commissione ha rilevato che l’intesa si era articolata essenzialmente negli accordi o pratiche concordate relativi al prezzo base dal 15 aprile 1992 al 4 luglio 2000 (nonché, fino al 1995, negli accordi o pratiche concordate relativi ai termini di pagamento) e negli accordi o pratiche concordate relativi agli «extra» dal 6 dicembre 1989 al 1° giugno 2000 (punto 400 della decisione impugnata). Quanto ai comportamenti riguardanti la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite, la Commissione ha indicato che essi avevano avuto luogo dal 13 giugno 1995 al 23 maggio 2000 (punti 457 e 458 della decisione impugnata) e che tale parte dell’intesa era indissolubilmente legata alla fissazione del prezzo minimo, poiché il suo obiettivo era altresì l’aumento del prezzo (punti 449, 451, 452, 453, 454, 455, 456, 458, 462 e 507 della decisione impugnata).

187    La Commissione ha quindi concluso che i comportamenti rilevati costituissero un’infrazione unica, complessa e continuata che poteva essere qualificata come infrazione unica, concretizzata attraverso un comportamento continuato costituito sia da accordi che da pratiche concordate, tutti funzionali al medesimo disegno, vale a dire l’aumento dei prezzi del tondo per cemento armato (punti 436, 437, 442, 444, 458, 462, 507, 508 e 510 della decisione impugnata).

188    Per quanto riguarda la ricorrente, la Commissione ha affermato che era certo che la sua partecipazione all’intesa fosse durata almeno dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000. La Commissione ha quindi osservato che la ricorrente aveva aderito alla parte dell’intesa relativa alla fissazione dei prezzi degli «extra di dimensione» a partire dal 6 dicembre 1989 e che, quando l’oggetto dell’intesa si era esteso alla fissazione del prezzo base (inclusi, fino al 30 settembre 1995, i termini di pagamento), essa aveva da subito partecipato al sistema fondato sull’accordo dell’aprile 1992 (punti 559 e 606 della decisione impugnata).

189    In via preliminare occorre rammentare che l’articolo 65CA proibisce segnatamente tutti gli accordi tra imprese e tutti i sistemi concordati che tendano, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza e, in particolare, a fissare o determinare i prezzi, a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d’approvvigionamento (v. punto 3 supra).

190    La nozione di accordo ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA deriva dall’espressione, da parte delle imprese partecipanti, della volontà comune di comportarsi sul mercato in un determinato modo (v., quanto all’articolo 81, paragrafo 1, CE, sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, Racc. pag. I‑4125, punto 130; v., quanto all’articolo 65, paragrafo 1, CA, sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 180 supra, punto 262; v. altresì punto 403 della decisione impugnata).

191    Peraltro, come rilevato dalla Commissione ai punti 491 e 492 della decisione impugnata, la nozione di pratica concordata ai sensi di tale disposizione riguarda una forma di coordinamento tra imprese le quali, pur senza essersi spinte sino alla costituzione di un vero e proprio accordo, abbiano consapevolmente sostituito una reciproca cooperazione pratica ai rischi della concorrenza (sentenze della Corte del 16 dicembre 1975, Suiker Unie e a./Commissione, da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Racc. pag. 1663, punto 26; del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, C‑89/85, C‑104/85, C‑114/85, C‑116/85, C‑117/85 e da C‑125/85 a C‑129/85, Racc. pag. I‑1307, punto 63; Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 190 supra, punto 115, e dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C‑199/92 P, Racc. pag. I‑4287, punto 158; sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 180 supra, punto 266).

192    La Corte ha aggiunto che i criteri del coordinamento e della collaborazione dovevano essere intesi alla luce della concezione inerente alle norme del Trattato in materia di concorrenza, secondo la quale ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che egli intende seguire sul mercato comune (sentenze della Corte Suiker Unie e a./Commissione, cit. al punto 191 supra, punto 173; Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, cit. al punto 191 supra, punto 63; Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 190 supra, punto 116, e del 2 ottobre 2003, Corus UK/Commissione, C‑199/99 P, Racc. pag. I‑11177, punto 106).

193    Secondo questa stessa giurisprudenza, se è vero che la suddetta esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei loro concorrenti, essa vieta però rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti che possano influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, o rivelare a tale concorrente la condotta che essi hanno deciso o intendono seguire sul mercato quando tali contatti abbiano lo scopo o l’effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato di cui trattasi, tenuto conto della natura della merce e delle prestazioni fornite, dell’importanza e del numero delle imprese e del volume di detto mercato (sentenze Suiker Unie e a./Commissione, cit. al punto 191 supra, punto 174; Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 190 supra, punto 117; Hüls/Commissione, cit. al punto 191 supra, punto 160, e Corus UK/Commissione, cit. al punto 192 supra, punto 107).

194    Bisogna inoltre presumere, fatta salva la prova contraria il cui onere incombe agli operatori interessati, che le imprese partecipanti alla concertazione e che rimangono presenti sul mercato tengano conto degli scambi di informazioni con i loro concorrenti per decidere il proprio comportamento su tale mercato. Ciò a maggior ragione allorché la concertazione ha luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 190 supra, punto 121; v. anche, in tal senso, sentenza Hüls/Commissione, cit. al punto 191 supra, punto 162).

195    Occorre peraltro ricordare che il paragone tra la nozione di accordo e quella di pratica concordata dimostra che, dal punto di vista soggettivo, esse ricomprendono forme di collusione che condividono la stessa natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme con cui si manifestano (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 190 supra, punto 131).

196    Si deve infine rammentare che, per dimostrare l’esistenza di un’infrazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, è necessario che la Commissione deduca prove serie, precise e concordanti. Tuttavia, non occorre che ogni singola prova dedotta da quest’ultima debba necessariamente rispondere a tali criteri con riguardo ad ogni singolo elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso di indizi addotti dall’istituzione, complessivamente valutati, risponda a tale esigenza (v., in tal senso, sentenza della Corte del 1° luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, Racc. pag. I‑6375, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

197    Pertanto, anche ammesso che nessuno dei singoli elementi dell’infrazione di cui è causa costituisca, isolatamente considerato, un accordo o una pratica concertata vietati dall’articolo 65, paragrafo 1, CA, tale conclusione non impedisce che gli elementi stessi, complessivamente considerati, costituiscano un accordo o una pratica di tal genere (v., in tal senso, sentenza Knauf Gips/Commissione, cit. al punto 196 supra, punto 48).

198    Infatti, come la Corte ha già avuto modo di affermare, poiché sono noti tanto il divieto di partecipare a pratiche e accordi anticoncorrenziali quanto le sanzioni che possono essere irrogate ai contravventori, di norma le attività derivanti da tali pratiche e accordi si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete, spesso in un paese terzo, e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Anche se la Commissione scopre documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, come i resoconti di una riunione, questi ultimi sono di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostituire taluni dettagli per via di deduzioni. Nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale deve essere comprovata da un certo numero di coincidenze e di indizi che, considerati insieme, possono costituire, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle norme sulla concorrenza (sentenza Knauf Gips/Commissione, cit. al punto 196 supra, punto 49; v. altresì, in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 126 supra, punti da 55 a 57).

199    In primo luogo, la ricorrente afferma che non vi è alcuna prova che essa abbia partecipato ad un’intesa diretta a fissare i prezzi base o quelli degli extra di dimensione dal 6 dicembre 1989 al 1996, poiché la Commissione ha ammesso, ai punti 465 e 466 della decisione impugnata, di poter identificare i partecipanti alle riunioni soltanto a partire dal 1996. Per dimostrare la sua mancata partecipazione all’intesa, la ricorrente afferma che non vi sono prove della sua partecipazione alla riunione del 6 dicembre 1989 e che essa non ha partecipato all’accordo di aprile 1992.

200    Anzitutto la ricorrente sostiene che la Commissione non può dimostrare, sulla base delle prove raccolte, che essa abbia partecipato alla riunione del 6 dicembre 1989, giacché il fax che attesta tale riunione sarebbe stato inviato a tutte le imprese, comprese quelle non aderenti alla Federacciai.

201    Occorre sottolineare, per quanto riguarda la fissazione dei prezzi degli extra di dimensione, che dagli atti emerge che la prima riunione delle imprese produttrici di tondo per cemento armato in Italia, di cui la Commissione sia venuta a conoscenza, si è tenuta il 6 dicembre 1989 e che, durante tale riunione, i partecipanti hanno deciso all’unanimità di aumentare, in una data convenuta, gli extra legati al diametro per il tondo per cemento armato, in barre e in rotoli, destinato al mercato italiano. A sostegno di tale asserzione, la Commissione si è fondata su un fax della Federacciai dello stesso giorno della riunione, inviato a tutte le imprese produttrici di tondo per cemento armato in Italia, con cui essa ha comunicato le conclusioni di tale riunione, ricordando gli aumenti concordati e precisandone la data in cui dovevano essere applicati, ossia l’11 dicembre 1989. Orbene, anche qualora la ricorrente non avesse partecipato a detta riunione, occorre rilevare che dal punto 127 della decisione impugnata risulta che la ricorrente ha modificato i prezzi dei suoi extra conformemente alle decisioni menzionate nel fax del 6 dicembre 1989.

202    Inoltre, sebbene la ricorrente si fondi esplicitamente solo sulla sua mancata partecipazione alla riunione del 6 dicembre 1989, si deve sottolineare che essa nelle sue memorie non contesta di rientrare nel novero delle imprese che hanno modificato a più riprese, e in modo quasi identico, gli extra di dimensione il 21 marzo e il 2 aprile 1990, il 1° e il 20 agosto 1990, il 17 gennaio e il 1° febbraio 1991 e il 1° e il 28 agosto 1991 (punto 128 della decisione impugnata). Essa non contesta neanche di essere stata altresì destinataria: a) della comunicazione della Federacciai del 25 gennaio 1993 (punto 135 della decisione impugnata) ed aver conseguentemente modificato i prezzi corrispondenti (punto 136 della decisione impugnata); b) della comunicazione della Federacciai del 1° aprile 1993 ed avere conseguentemente adeguato i suoi prezzi (punto 137 della decisione impugnata); c) della comunicazione della Federacciai del 7 febbraio 1994 (punto 138 della decisione impugnata) e aver adottato gli aumenti considerati alla data convenuta (punto 139 della decisione impugnata); d) della comunicazione della Federacciai del 30 agosto 1994 (punto 140 della decisione impugnata) e aver modificato conseguentemente i propri prezzi (punto 141 della decisione impugnata), ed e) della comunicazione del 22 febbraio 1995 (punto 149 della decisione impugnata), che essa ha applicato lo stesso giorno (punto 150 della decisione impugnata) (v. altresì il punto 439 della decisione impugnata).

203    Considerati gli elementi summenzionati e la giurisprudenza ricordata ai precedenti punti da 192 a 194, la ricorrente non può affermare che la Commissione avrebbe dovuto provare la sua partecipazione alla riunione del 6 dicembre 1989. Ne consegue che la Commissione ha correttamente ritenuto che la ricorrente avesse iniziato a partecipare all’intesa relativa alla fissazione dei prezzi degli extra di dimensione in tale data, anche in difetto di prova di partecipazione a detta riunione.

204    Poi, la ricorrente afferma che, per dimostrare l’accordo sul prezzo base che sarebbe entrato in vigore in aprile 1992, la Commissione si è fondata su un documento, non firmato e di incerta provenienza, che sarebbe privo di forza probatoria e che, quand’anche avesse formato oggetto di una discussione, non avrebbe mai trovato alcuna applicazione concreta.

205    Da tale documento risulta che si tratta di un progetto di accordo tra 19 imprese produttrici di tondo per cemento armato in Italia, tra cui figura la ricorrente, che aveva il principale obiettivo di obbligare le parti a rispettare i prezzi minimi di vendita del tondo per cemento armato nel mercato italiano ivi considerati. Il progetto d’accordo che, secondo il suo articolo 2, doveva entrare in vigore il 13 aprile 1992, giungere a termine il 30 luglio 1992 ed essere rinnovato dalle parti con cadenza trimestrale, conteneva, oltre a prezzi minimi, disposizioni relative ai termini di pagamento o ai controlli.

206    Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui non vi sarebbero elementi atti a provare che il suddetto progetto sia stato attuato, dal fascicolo, e in particolare dal protocollo di adesione prodotto dalla Commissione e citato al punto 130 della decisione impugnata, risulta che otto imprese che non avevano preso parte all’accordo intendevano aderire, «allo spirito ed alle condizioni dell’accordo in essere» fra alcuni produttori di tondo per cemento armato per tutto il periodo di validità di tale accordo. Come rilevato dalla Commissione al punto 478 della decisione impugnata, il protocollo di adesione faceva riferimento anche al fatto che «l’accettazione riguarda anche l’ultimo prezzo base deciso per giugno ([ITL]/Kg 235) e le variazioni che saranno decise successivamente da tutti i produttori aderenti». Alla luce di tali considerazioni, gli argomenti della ricorrente secondo cui detto progetto sarebbe privo di valore probatorio dal momento che risulterebbe non firmato e incompleto o dato che talune disposizioni dell’accordo a quanto pare non sarebbero state attuate, in particolare per la mancata indicazione della società di revisione contabile che avrebbe dovuto controllare il rispetto dell’accordo, sono privi di pertinenza. Da un lato, secondo una costante giurisprudenza, la nozione di accordo è incentrata sull’esistenza, tra almeno due parti, di una comune volontà, il cui modo di manifestarsi non è rilevante purché sia fedele espressione della volontà delle parti stesse (v., per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 81 CE, sentenza del Tribunale del 9 luglio 2009, Peugeot e Peugeot Nederland/Commissione, T‑450/05, Racc. pag. II‑2533, punto 170 e giurisprudenza ivi citata). Dall’altro, essendo noti il divieto di partecipare a pratiche e accordi anticoncorrenziali nonché le sanzioni che possono essere irrogate ai contravventori, di norma la documentazione ad essi relativa è ridotta al minimo (v. punto 198 supra).

207    In secondo luogo, la ricorrente afferma che non può desumersi la sua partecipazione all’intesa per aver la stessa ricevuto dei fax dalla propria associazione di categoria, poiché tali documenti venivano di norma spediti a tutte le imprese del settore e, pertanto, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare la sua partecipazione alle riunioni, nel corso delle quali il prezzo veniva fissato dai presenti. Orbene, siffatta dimostrazione sarebbe del tutto mancata sino al 1996. Un simile argomento deve essere tuttavia parimenti respinto, per i motivi illustrati ai precedenti punti da 201 a 203.

208    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che non è giustificato infliggerle un’ammenda perché ha comunicato in alcune occasioni alla Federacciai le quantità di tondo per cemento armato prodotte o vendute, giacché tali comunicazioni non contenevano alcun riferimento al prezzo. In proposito si deve necessariamente constatare, come sottolineato dalla Commissione al punto 559 della decisione impugnata, che le informazioni comunicate alla Federacciai dovevano consentire a quest’ultima di gestire l’intesa in modo efficace, e ciò non poteva essere ignorato dalla ricorrente. Infatti, le richieste indirizzate alle imprese coinvolte dalla Federacciai affinché le trasmettessero i dati relativi alle consegne nei mercati italiano ed esteri venivano generalmente formulate nei fax che informavano dette imprese, tra cui l’IRO, degli aumenti di prezzo, che fissavano le date delle riunioni successive e specificavano talvolta che gli stessi fax dovevano essere distrutti dopo ricezione (v. segnatamente i punti 143, 144, 147 e da 171 a 176 della decisione impugnata, che la ricorrente ha affermato di non contestare all’udienza). Il suo argomento relativo alla presunta legittima comunicazione di dati, quindi, non può essere accolto.

209    In quarto luogo, la ricorrente contesta di essersi allineata ai prezzi decisi nelle riunioni e da lei appresi attraverso la ricezione di comunicazioni della Federacciai.

210    Sotto un primo profilo, essa afferma che i listini pubblicati non sarebbero stati rappresentativi dei prezzi applicati sul mercato. Come risulterebbe dalle fatture prodotte nel corso del procedimento amministrativo, l’IRO avrebbe applicato altri prezzi rispetto ai prezzi pubblicati, e questi ultimi potevano costituire tutt’al più un riferimento di tendenza.

211    Quanto alle fatture prodotte dalla ricorrente, si deve osservare che non possono costituire la prova del fatto che essa non abbia tenuto conto delle informazioni scambiate con gli altri operatori, giacché, come indicato correttamente dalla Commissione al punto 494 della decisione impugnata, sulla base di campioni non è possibile verificare che il prezzo medio praticato corrisponda a quello deciso nell’ambito dell’impresa o diverga da esso, non sapendo, per esempio, quali fatture corrispondano a clienti normali o preferenziali. Si può soltanto affermare, quindi, che per quelle transazioni documentate il prezzo era divergente, ma ciò non dimostra affatto che il prezzo praticato per l’insieme delle transazioni realizzate nei giorni o periodi successivi agli aumenti fossero stati diversi da quelli decisi dall’intesa. Inoltre, come già rilevato al precedente punto 179, la ricorrente ha potuto semplicemente tentare di utilizzare l’intesa a proprio vantaggio.

212    Sotto un secondo profilo, la ricorrente fa valere che dall’analisi dei prezzi in possesso della Commissione emergerebbe l’assenza di un reale e deciso allineamento, considerato che in un mercato caratterizzato da un numero di produttori relativamente poco ampio, dalla trasparenza dei prezzi, dalla totale omogeneità del prodotto, dall’essenzialità di tale prodotto e da una clientela composta da operatori professionali, il prezzo tende naturalmente ad allinearsi. Questa sarebbe anche la ragione per cui differenze anche esigue di prezzo sarebbero sintomi di concorrenza e di assenza di collusione. Del resto, le variazioni dei prezzi non sarebbero così simultanee come la Commissione suggerirebbe, dato che sussisterebbero scarti di alcuni giorni.

213    Un simile argomento deve essere respinto, in quanto, nel caso di specie, l’allineamento al rialzo dei prezzi degli extra di dimensione è il frutto di un comune accordo talora tacito, talora esplicito, a non farsi concorrenza (punto 440 della decisione impugnata) e che, dal 6 dicembre 1989 fino al 2000, sono stati decisi e posti in essere almeno 19 aumenti (punto 439 della decisione impugnata). Pertanto, la tesi di un allineamento intelligente a seguito dell’iniziativa di un produttore importante non può essere accolta, in quanto la Commissione ha fornito la prova di concertazioni in materia di aumento dei supplementi di prezzo e del fatto che esisteva un comune convincimento riguardante il presupposto secondo cui gli extra dovessero comunque essere uniformi tra i produttori (punti 441, 489 e nota a piè di pagina n. 542 della decisione impugnata). Peraltro, come la Commissione ha giustamente sottolineato al punto 440 della decisione impugnata, qualora l’allineamento dei prezzi degli extra di dimensione fosse stato il frutto del normale andamento del mercato, riuscirebbe difficile comprendere perché le parti abbiano avvertito l’esigenza di riunirsi regolarmente per accordarsi su tali aumenti.

214    Sotto un terzo profilo, alcuni aumenti asseritamente concordati avrebbero riguardato tutti i produttori di tondo per cemento armato, di cui molti non avrebbero aderito alla Federacciai, di modo che tutte le imprese del settore avrebbero preso parte all’intesa, il che costituirebbe una soluzione estrema alla quale la Commissione non giungerebbe. Si deve tuttavia affermare che la ricorrente non può trarre valido argomento dal fatto che altre imprese, parimenti destinatarie delle comunicazioni della Federacciai, non siano state perseguite. Come la Commissione ha precisato al punto 551 della decisione impugnata, le imprese coinvolte nel presente procedimento sono le più importanti del settore e quelle nei confronti delle quali le indagini hanno permesso di raccogliere le maggiori prove. Orbene, dalle considerazioni che precedono risulta che la Commissione ha raccolto prove sufficienti per giustificare addebiti nei confronti della ricorrente.

215    Sotto un quarto profilo, la ricorrente sottolinea che il tendenziale allineamento alle condizioni applicate dalla concorrenza costituisce un tipico caso di parallelismo di comportamenti indotto dalla stessa natura del mercato, avendo la pubblicità obbligatoria prevista dall’articolo 60, paragrafo 2, CA proprio lo scopo di consentire alle imprese di conoscere esattamente i prezzi praticati dai concorrenti, in modo di potervisi eventualmente allineare. Di fronte a tale panorama di trasparenza istituzionalizzata, l’allineamento al prezzo comunicato non può in alcun modo costituire la prova della partecipazione a un’intesa volta alla fissazione del prezzo. Inoltre, le informazioni sui prezzi di vendita sarebbero state comunque disponibili, in virtù dell’obbligo di comunicazione dei listini.

216    Si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la pubblicità obbligatoria dei prezzi prevista dall’articolo 60, paragrafo 2, CA aveva lo scopo, anzitutto, di impedire, per quanto possibile, le pratiche vietate, quindi, di permettere agli acquirenti di essere esattamente informati sui prezzi e di partecipare altresì all’accertamento delle discriminazioni e, infine, di consentire alle imprese di conoscere esattamente i prezzi praticati dai concorrenti, in modo da potervisi eventualmente allineare (v. sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 180 supra, punto 308 e giurisprudenza ivi citata).

217    È anche giurisprudenza costante che i prezzi che compaiono nei listini devono essere stabiliti per ciascuna impresa in maniera indipendente, senza accordo, sia pur tacito, tra esse. In particolare, il fatto che le disposizioni dell’articolo 60 CA tendano a limitare la concorrenza non impedisce l’applicazione del divieto delle intese previsto all’articolo 65, paragrafo 1, CA. Peraltro, l’articolo 60 CA non prevede alcun contatto tra le imprese, precedente alla pubblicazione dei listini, ai fini di una reciproca informazione sui loro futuri prezzi. Orbene, poiché detti contatti impediscono che tali listini siano fissati in modo indipendente, essi possono falsare il gioco normale della concorrenza, ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA (v. sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 180 supra, punti 312 e 313 e giurisprudenza ivi citata).

218    Dal momento che l’allineamento dei prezzi della ricorrente era il risultato di una concertazione preventiva e non già della pubblicazione di detti prezzi, essa non può fondare un argomento, per sottrarsi alla responsabilità della sua partecipazione all’intesa, sul fatto che il parallelismo dei comportamenti, che comunque non sarebbe dimostrato, potrebbe essere spiegato già alla luce delle condizioni normali del mercato.

219    Sotto un quinto profilo, la ricorrente sottolinea che l’origine delle comunicazioni, che le giungevano tramite la sua associazione professionale, e la natura dei dati, presentati in forma aggregata nonché relativi ad informazioni altrimenti note o da pubblicare entro breve tempo, erano idonee ad indurre i destinatari dei fax, estranei alla presunta intesa, a credere che tali comunicazioni fossero oggetto della politica di trasparenza delle condizioni contrattuali propria del mercato in esame, di modo che le imprese di cui trattasi avevano potuto giudicare tali dati forniti dalla Federacciai come indicazioni tendenziali del mercato.

220    Neanche tale argomento merita di essere accolto. Anzitutto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, e come risulta dal fascicolo, i dati comunicati alle imprese dalla Federacciai non lo erano in forma aggregata, ma in forma dettagliata. Poi, tali dati non potevano neppure essere interpretati come indicazioni tendenziali del mercato, giacché taluni fax indicavano date precise per gli aumenti che vi venivano menzionati. Infine, la ricorrente non poteva nutrire alcun dubbio ragionevole circa il carattere illecito del suo comportamento, posto che talune sue comunicazioni recavano l’indicazione «da distruggere dopo presa visione» (v., a tale riguardo, segnatamente i punti 160, 161, 164, 425, 588 e 596 della decisione impugnata).

221    Alla luce delle considerazioni che precedono, il sesto motivo dev’essere respinto.

 Sul settimo motivo, vertente sulla violazione dei principi di parità di trattamento, legittimo affidamento, proporzionalità ed adeguatezza nella determinazione dell’importo della sanzione

222    La ricorrente sostiene, in via subordinata, che la decisione impugnata deve essere riformata nella parte relativa all’importo dell’ammenda, per violazione dei principi di parità di trattamento, legittimo affidamento, proporzionalità ed adeguatezza, poiché la Commissione non avrebbe tenuto conto di numerosi elementi costitutivi di circostanze attenuanti e le avrebbe inflitto un’ammenda totalmente sproporzionata alla luce della circostanze di fatto della causa e delle sue dimensioni.

 Osservazioni preliminari

223    Occorre rammentare che da una costante giurisprudenza risulta che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende. Tale metodo, delimitato dagli orientamenti del 1998, prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, cit. al punto 125 supra, punto 112 e giurisprudenza ivi citata).

224    La gravità delle infrazioni al diritto della concorrenza dell’Unione dev’essere accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali le circostanze proprie del caso di specie, il contesto in cui questo si inserisce e l’efficacia dissuasiva delle ammende, e ciò senza che a tal fine sia stato redatto un elenco vincolante o tassativo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (sentenze della Corte del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑510/06 P, Racc. pag. I‑1843, punto 72, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 125 supra, punto 54).

225    Come si è illustrato al precedente punto 33, nel caso di specie la Commissione ha determinato l’importo delle ammende applicando il metodo definito negli orientamenti del 1998.

226    Gli orientamenti del 1998, anche se non possono essere qualificati come norme giuridiche che l’amministrazione deve rispettare in ogni caso, enunciano pur sempre una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui l’amministrazione non può discostarsi, in un’ipotesi specifica, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (v. sentenza della Corte del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 209 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale dell’8 ottobre 2008, Carbone-Lorraine/Commissione, T‑73/04, Racc. pag. II‑2661, punto 70).

227    Adottando siffatte norme di comportamento ed annunciando, con la loro pubblicazione, che da quel momento in avanti esse verranno applicate ai casi a cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena essere sanzionata, eventualmente, per violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 226 supra, punto 211 e giurisprudenza ivi citata; sentenza Carbone-Lorraine/Commissione, cit. al punto 226 supra, punto 71).

228    Inoltre, gli orientamenti del 1998 stabiliscono, in modo generale e astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’ammontare delle ammende e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto nei confronti delle imprese (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 226 supra, punti 211 e 213).

229    Secondo il metodo definito negli orientamenti del 1998, la determinazione dell’importo delle ammende obbedisce ad uno schema che si basa sulla fissazione di un importo di base al quale si applicano maggiorazioni per tener conto delle circostanze aggravanti e diminuzioni per tener conto delle circostanze attenuanti.

230    Secondo il punto 1 degli orientamenti del 1998, l’importo di base viene determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione.

231    Per quanto attiene alla valutazione della gravità dell’infrazione, gli orientamenti del 1998 affermano, al punto 1 A, primo e secondo comma, quanto segue:

«[P]er valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante.

Le infrazioni saranno pertanto classificate in tre categorie, in modo tale da distinguere tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi».

232    Dagli orientamenti del 1998 discende che le infrazioni poco gravi, ad esempio, possono consistere in «restrizioni, per lo più verticali, intese a limitare gli scambi, ma il cui impatto sul mercato resta circoscritto e che riguardano inoltre una parte sostanziale ma relativamente ristretta del mercato comunitario» (punto 1 A, secondo comma, primo trattino, degli orientamenti del 1998). Quanto alle infrazioni gravi, la Commissione precisa che «trattasi per lo più di restrizioni orizzontali o verticali della medesima natura che nel caso [delle infrazioni poco gravi], ma applicate in maniera più rigorosa, il cui impatto sul mercato è più vasto e che sono atte a produrre effetti su ampie zone del mercato comune». Essa osserva inoltre che «può trattarsi (…) di abusi di posizione dominante» (punto 1 A, secondo comma, secondo trattino, degli orientamenti del 1998). Per quanto riguarda le infrazioni molto gravi, la Commissione precisa che trattasi «essenzialmente di restrizioni orizzontali, quali “cartelli di prezzi” e di ripartizione dei mercati, o di altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno, ad esempio quelle miranti a compartimentare i mercati nazionali, o di abusi incontestabili di posizione dominante da parte di imprese in situazione di quasi-monopolio» (punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

233    La Commissione precisa altresì che, da un lato, nell’ambito di ciascuna di tali categorie, ed in particolare per le categorie di infrazioni gravi e molto gravi, la forcella di sanzioni previste consentirà di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse e, dall’altro, è necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e occorrerà fissare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, terzo e quarto comma, degli orientamenti del 1998).

234    Secondo gli orientamenti del 1998, per le infrazioni «molto gravi», l’importo di partenza delle ammende applicabile supera EUR 20 milioni; per le infrazioni «gravi», può variare tra EUR 1 e 20 milioni; infine, per le infrazioni «poco gravi», l’importo di partenza delle ammende applicabile è compreso tra EUR 1 000 e 1 milione (punto 1 A, secondo comma, dal primo al terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

235    Per quanto riguarda la durata dell’infrazione, secondo il punto 1 B degli orientamenti del 1998, essa dovrebbe essere presa in considerazione così da distinguere tra:

–        infrazioni di breve durata (in generale per periodi inferiori a 1 anno): nessuna maggiorazione;

–        infrazioni di media durata (in generale per periodi da 1 a 5 anni): la maggiorazione può arrivare fino al 50% dell’ammenda applicabile in funzione della gravità dell’infrazione;

–        infrazioni di lunga durata (in generale per periodi superiori a 5 anni): la maggiorazione applicabile per ciascun anno può essere pari al 10% dell’ammenda applicabile in funzione della gravità dell’infrazione.

236    Conformemente agli orientamenti del 1998, all’importo di base si applicano maggiorazioni per tener conto delle circostanze aggravanti e riduzioni per tener conto delle circostanze attenuanti.

237    Per quanto concerne queste ultime, il punto 3 degli orientamenti del 1998 prevede che l’importo di base delle ammende possa essere ridotto per circostanze attenuanti particolari quali, ad esempio:

–        ruolo esclusivamente passivo o emulativo nella realizzazione dell’infrazione;

–        non applicazione di fatto degli accordi o delle pratiche illecite;

–        aver posto fine alle attività illecite sin dai primi interventi della Commissione (in particolare allo stadio degli accertamenti);

–        esistenza di un dubbio ragionevole dell’impresa circa il carattere di infrazione del comportamento restrittivo della concorrenza;

–        infrazioni commesse per negligenza e non intenzionalmente;

–        collaborazione effettiva dell’impresa alla procedura, al di là del campo di applicazione della comunicazione del 18 luglio 1996 sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende;

–        altro.

238    Da ultimo, come la Corte ha ricordato nelle sue sentenze dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione (C‑389/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 129) e KME e a./Commissione (C‑272/09 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 102), il giudice dell’Unione ha il compito di effettuare il controllo di legittimità ad esso incombente sulla base degli elementi prodotti dal ricorrente a sostegno dei motivi invocati. In occasione di tale controllo, il giudice non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione, né per quanto riguarda la scelta degli elementi presi in considerazione in sede di applicazione dei criteri indicati negli orientamenti del 1998, né per quanto riguarda la valutazione di tali elementi, al fine di rinunciare a esercitare un controllo approfondito tanto in fatto quanto in diritto.

239    È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare i presenti ricorsi.

 Sull’esistenza di circostanze attenuanti e sulla violazione del principio del legittimo affidamento

240    La ricorrente fa valere che la Commissione non ha tenuto conto di numerosi elementi che costituirebbero chiaramente delle circostanze attenuanti.

241    In primo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione, come ha fatto in passato, avrebbe dovuto tener conto della situazione generale del mercato del tondo per cemento armato in Italia, che avrebbe conosciuto un periodo di crisi, in special modo negli anni dal 1995 al 2000, caratterizzato da perdite in termini di produzione e di numero di imprese sul mercato, ed una stagnazione, o comunque una diminuzione dei prezzi. Pertanto, l’intesa non avrebbe mirato all’innalzamento dei prezzi, ma a limitare per quanto possibile le conseguenze della situazione di crisi che aveva portato alla chiusura di numerose imprese e che minacciava di portare al fallimento tutte le imprese del settore.

242    Un simile argomento deve essere respinto. Da giurisprudenza costante risulta che la Commissione non è tenuta a considerare quale circostanza attenuante la situazione finanziaria negativa del settore di cui trattasi (v. sentenza del Tribunale del 29 aprile 2004, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Racc. pag. II‑1181, punto 345 e giurisprudenza ivi citata; sentenze del Tribunale del 29 novembre 2005, Heubach/Commissione, T‑64/02, Racc. pag. II‑5137, punto 139, e del 19 maggio 2010, Wieland-Werke e a./Commissione, T‑11/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 227). Si è infatti rilevato che, generalmente, i cartelli nascono nel momento in cui un settore incontra delle difficoltà. Se si dovesse quindi seguire il ragionamento della ricorrente, l’importo dell’ammenda dovrebbe essere ridotto nella quasi totalità dei casi di cartelli (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 14 dicembre 2006, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Racc. pag. II‑5169, punto 510; del 12 settembre 2007, Prym e Prym Consumer/Commissione, T‑30/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 207, e del 5 ottobre 2011, Transcatab/Commissione, T‑39/06, Racc. pag. II‑6831, punto 352).

243    È certamente vero che, nella prassi decisionale della Commissione, situazioni di crisi strutturale sono state talvolta considerate come circostanze attenuanti. Tuttavia, secondo la giurisprudenza citata al punto precedente, la presa in considerazione, da parte della Commissione, in casi precedenti, della situazione economica del settore come circostanza attenuante non implica che tale istituzione debba necessariamente continuare a osservare tale prassi (sentenze del 12 settembre 2007, Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 242 supra, punto 208; Wieland-Werke e a./Commissione, cit. al punto 242 supra, punto 227, e Transcatab, cit. al punto 242 supra, punto 353).

244    Infatti, risulta da una giurisprudenza costante che la prassi decisionale della Commissione non può fungere da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza, il quale è unicamente costituito dal regolamento n. 1/2003 (v. sentenza della Corte del 7 giugno 2007, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, C‑76/06 P, Racc. pag. I‑4405, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

245    Ad ogni modo, si deve evidenziare che al punto 64 della decisione impugnata la Commissione ha asserito di essere consapevole del contesto economico nell’Unione del settore dell’acciaio e del tondo per cemento armato in particolare. Al punto 68 della decisione impugnata la Commissione ha inoltre affermato, senza essere contraddetta dalla ricorrente, in relazione alle condizioni di crisi manifesta nel settore siderurgico, che il tondo per cemento armato, che non rientra più nell’ambito di applicazione del sistema di quote dal 1° gennaio 1986, era stato escluso dal «regime di sorveglianza», in ragione del fatto che il tondo per cemento armato era prodotto per più dell’80% da piccole imprese a bassi costi che non conoscono normalmente difficoltà. L’argomento della ricorrente fondato sulla presunta grave crisi economica che avrebbe caratterizzato il mercato italiano del tondo per cemento armato non può quindi essere accolto.

246    In secondo luogo, la ricorrente afferma che l’andamento dei prezzi prova che non vi siano stati effetti significativi sul mercato, poiché la tendenziale diminuzione del prezzo complessivo del tondo dimostra che il preteso cartello non ha prodotto alcun risultato concreto e non ha arrecato pregiudizio ai consumatori, il che emergerebbe incontestabilmente dalla dichiarazione dell’Ansfer. Gli orientamenti del 1998 espressamente qualificherebbero come circostanza attenuante la «non applicazione di fatto degli accordi o delle pratiche illecite». La Commissione avrebbe del resto in passato considerato che, in simili circostanze, l’infrazione dovesse essere qualificata solo come «grave». Secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe trascurato una circostanza attenuante d’importanza significativa, relativa all’assenza di ulteriori profitti per le imprese partecipanti.

247    Anzitutto, anche supponendo che, con il suo argomento, la ricorrente intenda contestare la fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda a titolo della gravità, un simile argomento deve essere respinto.

248    Occorre infatti ricordare che, se l’impatto dell’infrazione è un elemento da prendere in considerazione per valutare la gravità della stessa, si tratta di un criterio che si accompagna ad altri, quali la natura propria dell’infrazione e l’ampiezza del mercato geografico. Del pari, il punto 1 A, primo comma, degli orientamenti del 1998 precisa che tale impatto è da prendersi in considerazione solo qualora esso sia misurabile (sentenze della Corte del 9 luglio 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑511/06 P, Racc. pag. I‑5843, punto 125, e del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 125 supra, punto 74).

249    Per quanto concerne le intese orizzontali sui prezzi o di ripartizione dei mercati, risulta altresì dagli orientamenti del 1998 che dette intese possono essere qualificate come infrazioni molto gravi sul solo fondamento della loro stessa natura, senza che la Commissione sia tenuta a dimostrare un impatto concreto dell’infrazione sul mercato. In tale ipotesi, l’impatto concreto dell’infrazione costituisce solo uno tra vari fattori che, se misurabile, può consentire alla Commissione di aumentare l’importo di partenza dell’ammenda oltre l’importo minimo applicabile di EUR 20 milioni (sentenza del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 125 supra, punto 75).

250    A tal riguardo, si deve constatare che dal sistema delle sanzioni per la violazione delle norme sulla concorrenza dell’Unione, quale delineato dal regolamento n. 1/2003 ed interpretato dalla giurisprudenza, risulta che le intese meritano, a causa della loro natura, le ammende più severe. Il loro eventuale impatto concreto sul mercato – e segnatamente sapere in che misura la restrizione della concorrenza abbia determinato un prezzo di mercato superiore a quello che si sarebbe imposto nell’ipotesi di assenza del cartello – non costituisce un criterio decisivo per la fissazione del livello delle ammende. Occorre aggiungere che dagli orientamenti del 1998 risulta che gli accordi o le pratiche concordate i quali, come nel caso di specie, sono diretti in particolare a determinare i prezzi possano, sul solo fondamento della loro stessa natura, essere qualificati come «molto gravi», senza che occorra circostanziare tali comportamenti in funzione di un’incidenza o di un’estensione geografica particolari. Tale conclusione è corroborata dal fatto che, mentre la descrizione delle infrazioni «gravi» menziona espressamente l’impatto sul mercato e gli effetti su ampie zone del mercato comune, quella delle infrazioni «molto gravi», viceversa, non indica alcuna necessità di un concreto impatto sul mercato, né di spiegamento degli effetti in una zona geografica particolare (v. sentenza del Tribunale del 6 maggio 2009, KME Germany e a./Commissione, T‑127/04, Racc. pag. II‑1167, punti 65 e 66 e giurisprudenza ivi citata).

251    Nel caso in esame, l’intesa di cui trattasi aveva per oggetto la fissazione dei prezzi, attuata in modi differenti, in particolare ricorrendo alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite e, pertanto, poteva essere qualificata come infrazione molto grave senza che la Commissione fosse tenuta a dimostrare un impatto concreto della stessa sul mercato.

252    Poi, non può riconoscersi alla ricorrente alcuna circostanza attenuante per il fatto della presunta mancanza di effetti dell’intesa sul mercato.

253    Occorre in proposito ricordare che la circostanza attenuante prevista al punto 3, secondo trattino, degli orientamenti del 1998, relativa alla mancata applicazione degli accordi o delle pratiche illecite, è fondata sul comportamento individuale di ciascuna impresa. Ne discende che, ai fini della valutazione di detta circostanza attenuante, occorre prendere in considerazione non già gli effetti risultanti dall’infrazione nel suo complesso, di cui si deve tenere conto per valutare l’impatto concreto di un’infrazione sul mercato ai fini della valutazione della sua gravità (punto 1 A, primo comma, degli orientamenti del 1998), bensì il comportamento individuale di ciascuna impresa, onde esaminare la gravità relativa della sua partecipazione all’infrazione (sentenze del Tribunale del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, Racc. pag. II‑4407, punto 384, e Transcatab/Commissione, cit. al punto 242 supra, punto 273). Orbene, la ricorrente non presenta il minimo argomento in tal senso e, pertanto, non le va riconosciuto il beneficio di detta circostanza attenuante.

254    In ogni caso, l’argomento della ricorrente relativo all’andamento dei prezzi che, a suo avviso, dimostrerebbe l’assenza di effetti del cartello e l’assenza di un pregiudizio per i consumatori, è privo di fondamento.

255    Oltre alle considerazioni svolte a tale proposito nell’ambito del quinto motivo, si deve rilevare, da una parte, che la Commissione, prendendo come punti di riferimento i prezzi medi degli extra di dimensione di dicembre 1989‑gennaio 1990 e maggio‑giugno 2000, ha stimato un aumento del prezzo degli extra di almeno il 40% in termini reali. Ciò significa che, anche volendo considerare importanti riduzioni del prezzo base in termini reali, i dati non sembravano supportare la tesi dello studio Lear, prodotto dalla ricorrente, di una riduzione del prezzo totale del 32% in termini reali (punto 413 della decisione impugnata). Orbene, la ricorrente non fornisce elementi che possano rimettere in discussione tale constatazione.

256    Dall’altra parte, l’aumento dei prezzi sul mercato, quanto meno nel corso di determinati periodi dell’infrazione, risulta dalle dichiarazioni dei produttori coinvolti. Così, un documento interno della Lucchini di gennaio 1996, citato al punto 185 della decisione impugnata, si riferisce ad un «leggero incremento dei prezzi di vendita»; nel rapporto mensile della Lucchini-SP di dicembre 1998, citato al punto 259 della decisione impugnata, si indica che «l’accordo tra produttori ha fortemente contribuito ad innalzare il prezzo di vendita»; il rapporto interno della Lucchini-SP di febbraio 1999, citato al punto 268 della decisione impugnata e prodotto dalla Commissione, osserva che «l’accordo tra produttori sta contribuendo ad una sostanziale tenuta dei prezzi indipendentemente dal mercato che è caratterizzato da una domanda normale, non particolarmente vivace»; infine, in un documento della Leali del 10 novembre 1999, citato al punto 276 della decisione impugnata e prodotto dalla Commissione, si afferma in particolare che «[l]’accordo raggiunto ha consentito di stabilizzare i prezzi di vendita in corso di anno, ed i produttori hanno potuto beneficiare della situazione dei costi della materia prima, incrementando il margine lordo di oltre 50 ITL il Kg». Alla luce di tali elementi, eventuali dichiarazioni dell’Ansfer a questo riguardo, che oltretutto la ricorrente non precisa né nell’atto di ricorso né all’udienza, non possono fornire la prova dell’assenza di effetti sul mercato o dell’assenza di pregiudizio per i consumatori.

257    In terzo luogo, la ricorrente invoca la limitata portata degli accordi e dei potenziali effetti di essi, per il fatto che tale portata ha riguardato unicamente il territorio italiano. Tale circostanza avrebbe indotto la Commissione, nella sua prassi decisionale, a considerare intese sui prezzi soltanto «gravi».

258    Come ricordato al precedente punto 231, secondo gli orientamenti del 1998 l’estensione del mercato geografico viene presa in considerazione nella valutazione del carattere di gravità dell’infrazione.

259    In proposito, va rammentato che dalla giurisprudenza risulta che l’estensione del mercato geografico costituisce solo uno dei tre criteri rilevanti, ai sensi degli orientamenti del 1998, ai fini della valutazione globale della gravità dell’infrazione. Tra tali criteri interdipendenti, la natura dell’infrazione svolge un ruolo preminente. Invece, l’estensione del mercato geografico non è un criterio autonomo nel senso che solo infrazioni concernenti la maggior parte degli Stati membri potrebbero essere qualificate come «molto gravi». Né il Trattato CE, né il regolamento n. 17, né il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti del 1998, né la giurisprudenza consentono di ritenere che solo restrizioni geograficamente molto estese possano essere qualificate come tali (v., in tal senso, sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 242 supra, punto 311 e giurisprudenza ivi citata). Di conseguenza, correttamente la Commissione ha ritenuto che la limitazione degli effetti dell’intesa al solo mercato italiano non fosse tale da giustificare la qualificazione dell’infrazione come «grave».

260    Ad ogni modo, in base al punto 599 della decisione impugnata, per la determinazione dell’importo di base dell’ammenda la Commissione ha espressamente tenuto conto del fatto che l’intesa concerneva un mercato nazionale che era soggetto, all’epoca dei fatti, alla particolare normativa del trattato CECA e di cui le imprese destinatarie della decisione detenevano, nel primo periodo dell’infrazione, una quota limitata.

261    In quarto luogo, la ricorrente adduce un argomento fondato sul fatto che la particolarità del settore dell’acciaio, caratterizzato da un regime di concorrenza attenuato dalle disposizioni sulla trasparenza dei prezzi, non è stato correttamente valutato in sede di fissazione dell’importo delle ammende. Infatti, il riconoscimento e l’ammissione di un regime di concorrenza attenuato sarebbe apparso chiaro alle imprese quando la Comunità era intervenuta in passato disciplinando prezzi e produzione in periodi di crisi, di modo che le imprese potevano aver reputato che il loro comportamento fosse legittimo. Un simile argomento deve essere tuttavia respinto, per i motivi illustrati ai precedenti punti da 215 a 218.

262    La ricorrente non può neppure invocare un presunto affidamento legittimo nella liceità del suo comportamento, per il fatto che le riunioni e le iniziative sarebbero state gestite e organizzate sin dagli inizi dalla Federacciai, per il fatto che essa non avrebbe disposto di un ufficio legale o ancora per l’assenza di una normativa nazionale in materia di concorrenza nei primi anni dell’intesa.

263    Per quanto riguarda l’assenza di normativa nazionale in materia di concorrenza in Italia nei primi anni dell’intesa, è sufficiente constatare che tanto il trattato CECA quanto il regolamento n. 17, conformemente al suo articolo 24, erano applicabili in tutti gli Stati membri per tutta la durata dell’infrazione. Anche supponendo che la ricorrente non abbia disposto di un ufficio legale e non abbia giudicato utile conseguire un qualche parere giuridico, essa non poteva nutrire alcun ragionevole dubbio sul carattere illecito del suo comportamento, nonostante l’intesa fosse gestita dalla Federacciai, dato che talune comunicazioni di quest’ultima recavano l’indicazione «da distruggere dopo presa visione» (v. punto 220 supra).

264    In quinto luogo, la ricorrente afferma che la parte principale dell’intesa ha avuto ad oggetto la fissazione dei prezzi degli extra di dimensione, i quali avrebbero un ruolo particolare nella determinazione del prezzo finale. Tale componente sarebbe stato proprio introdotta allo scopo di semplificare le negoziazioni contrattuali e di facilitare il confronto con le offerte concorrenti. Siffatta pratica sarebbe incontestabile e non sarebbe lesiva della concorrenza, atteso che questa sarebbe assicurata dal prezzo base. La maggior parte dei prodotti siderurgici verrebbe commercializzata con prezzi base maggiorati di extra di dimensione, il che spiegherebbe che all’aumento del prezzo degli extra abbia corrisposto una altrettanto sensibile diminuzione del prezzo base.

265    Un simile argomento è tuttavia contraddetto dalle considerazioni svolte dalla Commissione al punto 515 della decisione impugnata, che non sono contestate dalla ricorrente, secondo cui, negli anni 1989-1990, gli extra di dimensione avevano un valore corrispondente a circa i due terzi del prezzo base, mentre negli anni 1999-2000, il prezzo di questi extra poteva ammontare anche a più del doppio del prezzo base. Orbene, dato che il prezzo totale del tondo è composto dalla somma del prezzo base e del prezzo dell’extra di dimensione, e posto che quest’ultimo è visto come estraneo ad ogni concorrenza o come non negoziabile, e quindi immune da ogni incertezza, l’aumento dell’extra, soprattutto se a scapito del prezzo base, si traduce in una riduzione della variabilità del prezzo totale e, quindi, in una riduzione del margine di incertezza di detto prezzo (v. punti 490 e 515 della decisione impugnata). Si deve pertanto ritenere, al pari della Commissione (punto 523 della decisione impugnata), che, nel periodo di durata dell’intesa, una parte sempre crescente del prezzo totale sia stata sottratta a qualunque gioco della concorrenza. In ogni caso, la fissazione del prezzo base è stata parimenti oggetto dell’intesa, quantomeno tra il 15 aprile 1992 e il 4 luglio 2000. Ne consegue che la ricorrente non può validamente sostenere che l’intesa sulla fissazione dei prezzi degli extra di dimensione non abbia avuto effetti sulla concorrenza.

266    In sesto luogo, la ricorrente sostiene di aver avuto un ruolo passivo o esclusivamente emulativo nella realizzazione dell’infrazione e che la Commissione, per tale motivo, le avrebbe dovuto riconoscere il beneficio di una circostanza attenuante. La ricorrente afferma di essere una piccola impresa, e che la quota di mercato di cui disponeva nel mercato italiano del tondo per cemento armato durante il periodo di durata dell’infrazione sarebbe stata inferiore al 5% e che il tondo per cemento armato costituirebbe oltre il 90% della sua produzione. Di fronte a concorrenti forti, con attività diversificate e risorse superiori, essa non avrebbe avuto altra scelta che adattarsi alle decisioni prese o uscire dal mercato.

267    Conformemente al punto 3 degli orientamenti del 1998, il ruolo esclusivamente passivo o emulativo di un’impresa nella realizzazione dell’infrazione costituisce, qualora dimostrato, una circostanza attenuante, con la precisazione che tale ruolo passivo implica l’adozione da parte dell’impresa interessata di un «basso profilo», vale a dire la mancanza di una partecipazione attiva all’elaborazione del o degli accordi anticoncorrenziali. Tra gli elementi atti a evidenziare il ruolo passivo di un’impresa all’interno di un’intesa, possono essere presi in considerazione il carattere notevolmente più sporadico delle sue partecipazioni alle riunioni rispetto ai membri ordinari dell’intesa, come anche il suo ingresso tardivo sul mercato che ha costituito oggetto dell’infrazione, indipendentemente dalla durata della sua partecipazione ad essa, o anche l’esistenza di dichiarazioni espresse in tal senso provenienti da rappresentanti di imprese terze che hanno partecipato all’infrazione (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 9 luglio 2003, Cheil Jedang/Commissione, T‑220/00, Racc. pag. II‑2473, punti 167 e 168; del 29 novembre 2005, Union Pigments/Commissione, T‑62/02, Racc. pag. II‑5057, punto 126, e del 30 settembre 2009, Arkema/Commissione, T‑168/05, non pubblicata nella Raccolta, punti 148 e 149).

268    Orbene, si deve rilevare che dal punto 559 della decisione impugnata e dai punti ivi citati risulta che la ricorrente non ha avuto un ruolo esclusivamente passivo o emulativo, dal momento che ha, tra l’altro, comunicato a più riprese informazioni riservate utili per una gestione efficace dell’intesa, che ha ricevuto i ringraziamenti della Leali per la «collaborazione e disponibilità manifestata nel corso del 1996 per mantenere una situazione di mercato ordinata» (punto 202 della decisione impugnata), che ha partecipato attivamente alle decisioni relative alla fissazione del prezzo base (punti 210 e 214 della decisione impugnata) e che ha partecipato a tutti gli interventi e iniziative di controllo della KPMG (punti 217 e da 223 a 244 della decisione impugnata).

269    La ricorrente non può neanche sostenere di aver subito l’intesa al solo scopo di assicurare la propria sopravvivenza. Infatti, la ricorrente non menziona affatto eventuali pressioni o minacce di ritorsione di cui sarebbe stata vittima. Inoltre, dalla giurisprudenza risulta che, indipendentemente dalla loro entità, le pressioni esercitate da talune imprese e dirette ad indurre altre imprese a partecipare a un’infrazione al diritto della concorrenza non esimono l’impresa in questione dalla sua responsabilità per l’infrazione commessa, non modificano affatto la gravità dell’intesa e non possono rappresentare una circostanza attenuante ai fini del calcolo dell’importo delle ammende, dato che l’impresa in questione avrebbe potuto segnalare tali pressioni alle autorità competenti e presentare una denuncia dinanzi ad esse (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 226 supra, punti 369 e 370; sentenze del Tribunale Union Pigments/Commissione, cit. al punto 267 supra, punto 63, e del 5 ottobre 2011, Romana Tabacchi/Commissione, T‑11/06, Racc. pag. II‑6681, punto 212).

270    Da tutte le considerazioni sopra svolte risulta che la ricorrente non ha diritto a beneficiare di alcuna circostanza attenuante e che quindi la presente parte del motivo deve essere respinta.

 Sulla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di congruità nella determinazione dell’importo della sanzione

271    In primo luogo, la ricorrente fa valere che la Commissione non ha attribuito sufficiente importanza alle sue dimensioni, il che emergerebbe con evidenza da un raffronto tra le ammende inflitte alle diverse imprese implicate nel procedimento, e, così facendo, ha violato i principi di parità di trattamento e di proporzionalità.

272    Infatti, l’importo dell’ammenda inflitta all’IRO corrisponderebbe all’1,4% del suo fatturato, mentre l’importo delle ammende delle imprese sanzionate più pesantemente corrisponderebbe allo 0,3% e allo 0,5% dei rispettivi fatturati. L’importo dell’ammenda inflitta all’IRO sarebbe quindi circa di cinque volte superiore a quello dell’ammenda inflitta all’impresa più importante e tre volte superiore all’importo dell’ammenda inflitta all’impresa seconda in dimensioni. L’importo delle ammende di altre imprese partecipanti alla presunta intesa sarebbe stato dell’ordine dell’1% del loro fatturato, ossia molto meno del valore percentuale della sanzione inflitta alla ricorrente. Peraltro, il numero di addetti delle due imprese maggiori sarebbe stato rispettivamente di oltre 100 volte e di circa 50 volte superiore a quello delle persone che lavorano presso la IRO, che avrebbe solo 200 addetti e si situerebbe al di sotto del limite di 250 dipendenti previsto dalla nozione di «piccole e medie imprese».

273    Secondo giurisprudenza costante, la Commissione, non essendo obbligata ad effettuare il calcolo dell’importo dell’ammenda partendo da importi basati sul fatturato delle imprese in questione, non è tenuta neppure a garantire, nel caso in cui delle ammende vengano inflitte a più imprese implicate in una medesima infrazione, che gli importi finali delle ammende alle quali conduce il suo calcolo per le imprese coinvolte rendano conto di qualsiasi differenza tra queste ultime quanto al loro fatturato complessivo o al loro fatturato sul mercato del prodotto in questione (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 226 supra, punto 312; sentenze del Tribunale del 20 marzo 2002, Dansk Rørindustri/Commissione, T‑21/99, Racc. pag. II‑1681, punto 202; del 28 aprile 2010, Gütermann e Zwicky/Commissione, T‑456/05 e T‑457/05, Racc. pag. II‑1443, punto 279, e del 17 maggio 2013, MRI/Commissione, T‑154/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 264).

274    A tale riguardo va precisato che l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e l’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 non impongono neppure che, qualora vengano inflitte ammende a più imprese implicate in una medesima infrazione, l’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa di dimensioni piccole o medie non superi, in termini di percentuale del fatturato, quello delle ammende inflitte alle imprese più grandi. Infatti, risulta da dette disposizioni che, per determinare l’importo dell’ammenda, tanto per le imprese di dimensioni piccole o medie quanto per le imprese di dimensioni superiori, occorre considerare la gravità e la durata dell’infrazione. Qualora la Commissione infligga, alle imprese implicate in una medesima infrazione, ammende giustificate, per ciascuna di esse, in rapporto alla gravità e alla durata dell’infrazione, non può addebitarsi a detta istituzione il fatto che, per talune di queste imprese, l’importo dell’ammenda sia superiore, in proporzione al fatturato, a quello di altre imprese (sentenze del 20 marzo 2002, Dansk Rørindustri/Commissione, cit. al punto 273 supra, punto 202; Gütermann/Commissione, cit. al punto 273 supra, punto 280, e MRI/Commissione, cit. al punto 273 supra, punto 264).

275    La Commissione, quindi, non è tenuta a ridurre l’importo delle ammende qualora le imprese coinvolte siano piccole e medie imprese. Le dimensioni dell’impresa, infatti, sono già prese in considerazione nel limite massimo stabilito dall’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dall’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 nonché dalle disposizioni degli orientamenti (sentenza del Tribunale del 5 dicembre 2006, Westfalen Gassen Nederland/Commissione, T‑303/02, Racc. pag. II‑4567, punto 174). A parte tali considerazioni relative alle dimensioni, non vi è alcuna ragione di trattare le piccole e medie imprese diversamente dalle altre imprese. Il fatto che le imprese coinvolte siano piccole e medie imprese non le esonera dal loro dovere di rispettare le regole di concorrenza (sentenze Gütermann/Commissione, cit. al punto 273 supra, punto 281, e MRI/Commissione, cit. al punto 273 supra, punto 264).

276    Di conseguenza, la ricorrente a torto fa valere che la Commissione non abbia assegnato alle sue dimensioni sufficiente importanza e, così facendo, abbia violato i principi di parità di trattamento e di proporzionalità.

277    In secondo luogo, la ricorrente afferma che una sanzione particolarmente gravosa, quale quella inflittale, avrebbe certamente effetti controproducenti sul mercato dal punto di vista concorrenziale, poiché porterebbe senza dubbio alla messa in liquidazione di più imprese, causando così una diminuzione effettiva della concorrenza.

278    A tale riguardo la ricorrente non spiega i motivi per cui l’imposizione di ammende da parte della Commissione nella decisione impugnata comporterebbe siffatta messa in liquidazione, tanto più che, come essa stessa afferma nell’atto di ricorso, l’importo delle ammende inflitte nella decisione impugnata rappresenterebbe soltanto rispettivamente lo 0,3% e lo 0,5% del fatturato delle due imprese condannate più pesantemente e l’1,4% del suo fatturato nel 2008. In ogni caso, secondo la giurisprudenza, il fatto che un provvedimento assunto da un’autorità dell’Unione cagioni il fallimento ovvero la liquidazione di una determinata impresa non è vietato, in quanto tale, dal diritto dell’Unione. Infatti, la liquidazione di un’impresa nella sua forma giuridica attuale può certo pregiudicare gli interessi finanziari dei proprietari, degli azionisti o dei detentori di quote, ma ciò non significa che gli elementi personali, materiali e immateriali da cui l’impresa è costituita perdano anch’essi il loro valore (v. sentenze Union Pigments/Commissione, cit. al punto 267 supra, punto 177, e Heubach/Commissione, cit. al punto 242 supra, punto 163 e giurisprudenza ivi citata).

279    In terzo luogo, la ricorrente sottolinea che l’IRO ha informato la Commissione del ridimensionamento della propria attività nel corso del 2009, con lettere del 6 luglio 2009 e del 23 settembre 2009, di cui essa non avrebbe tenuto conto. In tal modo, l’IRO avrebbe informato la Commissione della forte contrazione dell’attività, che avrebbe comportato una riduzione del fatturato del 60% tra il 2008 e il 2009. Orbene, in virtù del punto 5, lettera b), degli orientamenti del 1998, la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione taluni elementi obiettivi quali il contesto economico specifico, le caratteristiche proprie delle imprese in questione nonché la loro capacità contributiva reale in un contesto sociale particolare, adeguando di conseguenza gli importi delle ammende.

280    Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la Commissione non è tenuta, in sede di determinazione dell’ammontare dell’ammenda, a prendere in considerazione la situazione finanziaria di passività di un’impresa, dal momento che il riconoscimento di un tale obbligo procurerebbe un vantaggio concorrenziale ingiustificato alle imprese meno idonee alle condizioni del mercato (sentenze della Corte dell’8 novembre 1983, IAZ International Belgium e a./Commissione, da 96/82 a 102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, Racc. pag. 3369, punti 54 e 55; del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 226 supra, punto 327, e del 29 giugno 2006, SGL Carbon/Commissione, C‑308/04 P, Racc. pag. I‑5977, punto 105; sentenze Union Pigments/Commissione, cit. al punto 267 supra, punto 175, e Heubach/Commissione, cit. al punto 242 supra, punto 161).

281    Occorre parimenti rilevare che tale giurisprudenza non è affatto rimessa in discussione dal punto 5, lettera b), degli orientamenti del 1998, ai sensi del quale occorre prendere in considerazione la capacità contributiva reale di un’impresa. Infatti, tale capacità può essere rilevante soltanto in un «contesto sociale particolare», costituito dalle conseguenze che il pagamento dell’ammenda comporterebbe, in particolare, in termini di aumento della disoccupazione o di deterioramento dei settori economici a monte e a valle dell’impresa in questione (sentenza SGL Carbon/Commissione, cit. al punto 280 supra, punto 106; sentenze Union Pigments/Commissione, cit. al punto 267 supra, punto 174, e Heubach/Commissione, cit. al punto 242 supra, punto 162).

282    Orbene, la ricorrente non ha dedotto alcun elemento tale da fondare l’esistenza di un siffatto contesto.

283    Ne consegue che la presente parte del motivo deve essere respinta e con essa il settimo motivo.

284    In considerazione di tutto quanto precede, occorre respingere in toto le conclusioni dirette all’annullamento. Inoltre, per quanto riguarda la domanda presentata in via subordinata ed intesa alla modifica dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, non sussistono, segnatamente alla luce delle suesposte considerazioni, i presupposti perché il Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, accolga tale domanda.

 Sulle spese

285    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

286    Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese del presente procedimento.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Industrie Riunite Odolesi SpA (IRO) è condannata alle spese.

Martins Ribeiro

Berardis

Popescu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 dicembre 2014.

Firme


Indice


Contesto normativo

Disposizioni del Trattato CECA

Disposizioni del trattato CE

Regolamento (CE) n. 1/2003

Regolamento n. 773/2004

Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

Oggetto della controversia

Presentazione della ricorrente e fatti della controversia

Prima decisione

Sviluppi successivi alla notifica della prima decisione

Decisione di modifica

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sul primo motivo, vertente su un eccesso di potere e sulla violazione di legge da parte della Commissione, per incompletezza della decisione adottata in forma collegiale

Sul secondo e terzo motivo, vertenti, l’uno, su una carenza di potere e sulla manifesta incompetenza della Commissione, anche per inesistenza di base giuridica della decisione impugnata, dovuta alla scadenza del Trattato CECA, e, l’altro, su un eccesso di potere e sulla violazione di legge a seguito del ricorso al regolamento n. 1/2003 per l’applicazione delle norme sulla concorrenza di cui al Trattato CECA

Sulla scelta della base giuridica della decisione impugnata

Sulla competenza della Commissione a constatare e a sanzionare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento n. 1/2003

Sul quarto motivo, vertente su un eccesso di potere e su un’erronea, contraddittoria ed inesatta applicazione del diritto a seguito della violazione delle norme procedurali previste dai regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004, con conseguente incompletezza, incoerenza ed illegittimità dell’intero procedimento seguito dalla Commissione

Sul quinto motivo, vertente su un eccesso di potere per difetto d’istruttoria e assenza di motivazione, con conseguente erroneità, contraddittorietà ed illogicità della definizione del mercato di cui trattasi nonché dei presupposti e degli effetti della presunta intesa

Sull’estensione del mercato geografico

Sul difetto d’istruttoria e di motivazione, per quanto concerne i presupposti e gli effetti dell’intesa

Sul sesto motivo, vertente sulla violazione di legge per difetto d’istruttoria, nella parte in cui l’IRO è ritenuta responsabile di un’intesa anticoncorrenziale nel periodo 1989-1996, in mancanza di qualsiasi elemento probatorio

Sul settimo motivo, vertente sulla violazione dei principi di parità di trattamento, legittimo affidamento, proporzionalità ed adeguatezza nella determinazione dell’importo della sanzione

Osservazioni preliminari

Sull’esistenza di circostanze attenuanti e sulla violazione del principio del legittimo affidamento

Sulla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di congruità nella determinazione dell’importo della sanzione

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.