Language of document : ECLI:EU:T:2023:733

Edizione provvisoria

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

22 novembre 2023 (*)

«Unione economica e monetaria – Unione bancaria – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento (SRM) – Risoluzione del Banco Popular Español – Decisione del SRB (CRU) che rifiuta di concedere un indennizzo agli azionisti e ai creditori interessati dalle azioni di risoluzione – Valutazione della differenza di trattamento – Indipendenza del perito»

Nella causa T‑330/20,

ACMO Sàrl, con sede in Lussemburgo (Lussemburgo), e le altre ricorrenti i cui nomi figurano in allegato (1), rappresentate da T. Soames e I. Prodromou-Stamoudi, avvocati, e R. East, solicitor,

ricorrenti,

contro

Comitato di risoluzione unico [SRB (CRU)], rappresentato da M. Fernández Rupérez, A. Lapresta Bienz, L. Forestier e J. Rius Riu, in qualità di agenti, assistiti da H.-G. Kamann, F. Louis, V. Del Pozo Espinosa de los Monteros e L. Hesse, avvocati,

convenuto,

sostenuto da

Regno di Spagna, rappresentato da A. Gavela Llopis, in qualità di agente,

interveniente,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto, al momento della deliberazione, da M. van der Woude, presidente, G. De Baere (relatore), G. Steinfatt, K. Kecsmár e S. Kingston, giudici,

cancelliere: P. Nuñez Ruiz, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

vista la lettera, depositata presso la cancelleria del Tribunale il 23 gennaio 2023, con la quale PIMCO Dynamic Income Fund ha informato il Tribunale della sua qualità di avente causa a titolo universale di PIMCO Income Opportunity Fund e di PIMCO Dynamic Credit and Mortgage Income Fund,

vista la lettera, depositata presso la cancelleria del Tribunale il 13 novembre 2023, con la quale la Bybrook Capital Badminton Fund LP ha chiesto di essere sostituita alla Cairn Global Funds PLC e alla Cairn Special Opportunities Credit Master Fund Limited quale ricorrente nella presente causa, ed essendo state le altre parti messe in condizione di presentare le loro osservazioni,

vista la lettera, depositata presso la cancelleria del Tribunale il 16 novembre 2023, con la quale la PIMCO Global Cross-asset Opportunities Master Fund LDC ha chiesto di essere sostituita a PHFS series SPC - PHSF VII SP quale ricorrente nella presente causa, ed essendo state le altre parti messe in condizione di presentare le loro osservazioni,

in seguito all’udienza del 9 settembre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il loro ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, le ricorrenti, la ACMO Sàrl e le altre persone giuridiche i cui nomi figurano in allegato, chiedono l’annullamento della decisione SRB/EES/2020/52 del Comitato di risoluzione unico (SRB) del 17 marzo 2020, sulla necessità di concedere un indennizzo agli azionisti e ai creditori del Banco Popular Español, SA (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

I.      Fatti

2        Le ricorrenti sono fondi d’investimento che, prima dell’adozione di un programma di risoluzione per il Banco Popular Español, SA (in prosieguo: il «Banco Popular»), detenevano strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 e strumenti di capitale di classe 2 di quest’ultimo, alcuni dei quali tramite comparti, ad eccezione di uno di essi, subentrato nei diritti di un’entità che deteneva obbligazioni del Banco Popular.

3        Il 7 giugno 2017, la sessione esecutiva del SRB ha adottato la decisione SRB/EES/2017/08 concernente l’adozione di un programma di risoluzione per il Banco Popular (in prosieguo: il «programma di risoluzione»), sulla base del regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1).

4        Prima dell’adozione del programma di risoluzione, il 23 maggio 2017, a seguito di una procedura di gara, il SRB ha incaricato quale perito la società di revisione Deloitte Réviseurs d’Entreprises (in prosieguo: la «società incaricata della valutazione») nell’ambito della preparazione di un’eventuale risoluzione del Banco Popular. Alla società incaricata della valutazione è stato aggiudicato un contratto specifico a seguito di una gara nell’ambito di un contratto quadro multiplo di servizi che il SRB aveva stipulato con sei società di revisione, tra cui la società incaricata della valutazione. Conformemente al contratto specifico, il compito della società incaricata della valutazione comprendeva la realizzazione di una valutazione del Banco Popular prima di un’eventuale risoluzione nonché la valutazione della differenza di trattamento prevista all’articolo 20, paragrafi da 16 a 18, del regolamento n. 806/2014, successivamente a una potenziale risoluzione.

5        Il 5 giugno 2017, il SRB ha adottato una prima valutazione, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014, che era intesa ad orientare l’accertamento del soddisfacimento delle condizioni per la risoluzione, quali definite all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

6        Il 6 giugno 2017, la società incaricata della valutazione ha consegnato al SRB una seconda valutazione (in prosieguo: la «valutazione 2»), redatta ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014. La valutazione 2 aveva lo scopo di determinare il valore delle attività e delle passività del Banco Popular, di fornire una stima sul trattamento che gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza, nonché di orientare la decisione sulle azioni e i titoli di proprietà da cedere e l’accertamento, da parte del SRB, delle condizioni commerciali ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

7        Nel programma di risoluzione, il SRB, ritenendo soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, ha deciso di sottoporre il Banco Popular a una procedura di risoluzione. Il SRB ha deciso di svalutare e convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular ai sensi dell’articolo 21 del regolamento n. 806/2014 e di applicare lo strumento della vendita dell’attività d’impresa ai sensi dell’articolo 24 del medesimo regolamento, trasferendo le azioni a un acquirente.

8        Il SRB ha deciso di annullare il 100% delle azioni del Banco Popular, di convertire e svalutare l’intero valore nominale degli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 emessi dal Banco Popular e di convertire l’intero valore nominale degli strumenti di capitale di classe 2 emessi dal Banco Popular in «nuove azioni II». Al termine di una procedura di vendita trasparente e aperta realizzata dall’autorità di risoluzione spagnola, il Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria (FROB, Fondo di ristrutturazione bancaria ordinata, Spagna), le «nuove azioni II» sono state cedute al Banco Santander SA contro pagamento di un prezzo di acquisto di EUR 1. Successivamente, il Banco Santander è succeduto a titolo universale al Banco Popular, il 28 settembre 2018, nell’ambito di una fusione per incorporazione.

9        Il 7 giugno 2017, la Commissione europea ha adottato la decisione (UE) 2017/1246, che approva il programma di risoluzione per il Banco (GU 2017, L 178, pag. 15).

10      Il 14 giugno 2018, la società incaricata della valutazione ha trasmesso al SRB la valutazione della differenza di trattamento, prevista all’articolo 20, paragrafi da 16 a 18, del regolamento n. 806/2014, realizzata al fine di valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se l’ente soggetto a risoluzione fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza (in prosieguo: la «valutazione 3»). Il 31 luglio 2018, la società incaricata della valutazione ha inviato al SRB un addendum a tale valutazione, correggendo alcuni errori formali.

11      Nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha stimato il trattamento che gli azionisti e i creditori interessati avrebbero ricevuto se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza al momento in cui è stato adottato il programma di risoluzione. Essa ha proceduto a tale valutazione nel quadro di uno scenario di liquidazione applicando la Ley 22/2003, Concursal (legge 22/2003 sul fallimento), del 9 luglio 2003 (BOE n. 164, del 10 luglio 2003, pag. 26905).

12      La società incaricata della valutazione ha indicato che lo scenario ipotetico di liquidazione era stato preparato sulla base di informazioni finanziarie non sottoposte a revisione del 6 giugno 2017 o, se non disponibili, del 31 maggio 2017. Essa ha ritenuto che l’apertura di una procedura ordinaria di insolvenza per il Banco Popular il 7 giugno 2017 avrebbe portato a una liquidazione non pianificata. Al fine di valutare i valori di realizzazione delle attività, la società incaricata della valutazione ha preso in considerazione tre scenari temporali alternativi di liquidazione, di 18 mesi, di 3 anni e di 7 anni, ciascuno dei quali comprendeva una migliore e una peggiore ipotesi. Essa ha concluso che, in ciascuna di tali ipotesi, per gli azionisti interessati e i creditori subordinati non era da attendersi alcun recupero nell’ambito di una procedura ordinaria di insolvenza e che non esisteva quindi una differenza di trattamento rispetto al trattamento risultante dall’azione di risoluzione.

13      Il 6 agosto 2018, il SRB ha pubblicato sul suo sito Internet il proprio avviso del 2 agosto 2018 in merito alla decisione preliminare sulla necessità di concedere un indennizzo agli azionisti e ai creditori nei cui confronti sono state avviate le azioni di risoluzione delle crisi riguardanti il Banco Popular e all’avvio del procedimento relativo al diritto di essere ascoltati (SRB/EES/2018/132), nonché una versione non riservata della valutazione 3. Il 7 agosto 2018 è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea una comunicazione riguardante l’avviso del SRB (GU 2018, C 277 I, pag. 1).

14      Nella decisione preliminare, il SRB ha ritenuto che dalla valutazione 3 risultasse che non vi era differenza tra il trattamento effettivamente ricevuto dagli azionisti e dai creditori interessati a seguito della risoluzione del Banco Popular e quello che avrebbero ricevuto se quest’ultimo fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza alla data della risoluzione. Il SRB ha deciso, in via preliminare, di non essere tenuto a versare un indennizzo agli azionisti e ai creditori interessati in applicazione dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 806/2014.

15      Per poter prendere una decisione definitiva sulla necessità o meno di concedere un indennizzo agli azionisti e ai creditori interessati, il SRB li ha invitati a comunicargli il proprio interesse ad esercitare il diritto di essere ascoltati in merito alla decisione preliminare, conformemente all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

16      Il SRB ha indicato che il procedimento relativo al diritto di essere ascoltati si sarebbe svolto in due fasi.

17      In una prima fase, la fase di iscrizione, gli azionisti e i creditori interessati erano invitati a manifestare il proprio interesse ad esercitare il diritto di essere ascoltati mediante un modulo di iscrizione online dedicato entro il 14 settembre 2018. In seguito, il SRB doveva verificare se ciascuna parte che aveva manifestato il proprio interesse possedesse lo status di azionista o di creditore interessato. Gli azionisti e i creditori interessati dovevano fornire la prova della loro identità e la prova di essere in possesso, alla data del 6 giugno 2017, di uno o più strumenti di capitale del Banco Popular che erano stati svalutati o convertiti e ceduti nell’ambito della risoluzione.

18      In una seconda fase, la fase di consultazione, gli azionisti e i creditori interessati che avevano manifestato il loro interesse a esercitare il diritto di essere ascoltati durante la prima fase e il cui status era stato verificato dal SRB, potevano presentare le loro osservazioni sulla decisione preliminare a cui era allegata la valutazione 3.

19      Il 16 ottobre 2018, il SRB ha annunciato che gli azionisti e i creditori idonei sarebbero stati invitati a presentare le loro osservazioni scritte sulla decisione preliminare a partire dal 6 novembre 2018. Il 6 novembre 2018, il SRB ha inviato agli azionisti e ai creditori ammissibili un collegamento personale unico che dava accesso su Internet a un modulo che consentiva loro di presentare, entro il 26 novembre 2018, osservazioni sulla decisione preliminare nonché sulla versione non riservata della valutazione 3.

20      Al termine della fase di consultazione, il SRB ha esaminato le osservazioni pertinenti degli azionisti e dei creditori interessati relative alla decisione preliminare. Esso ha chiesto alla società incaricata della valutazione di fornirgli un documento contenente la sua valutazione delle osservazioni pertinenti relative alla valutazione 3 e di esaminare se la valutazione 3 fosse ancora valida alla luce di tali osservazioni.

21      Il 18 dicembre 2019, la società incaricata della valutazione ha fornito al SRB la sua valutazione intitolata «Documento esplicativo sulla valutazione della differenza di trattamento» (in prosieguo: il «documento esplicativo»). Nel documento esplicativo, la società incaricata della valutazione ha confermato che la strategia e i vari scenari ipotetici di liquidazione descritti nella valutazione 3, così come le metodologie seguite e le analisi condotte, restavano validi.

22      Il 17 marzo 2020, il SRB ha adottato la decisione impugnata. Un comunicato relativo a tale decisione è stato pubblicato il 20 marzo 2020 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2020, C 91, pag. 2).

23      Nella decisione impugnata, il SRB ha ritenuto che la società incaricata della valutazione fosse indipendente conformemente ai requisiti di cui all’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 e al capo IV regolamento delegato (UE) 2016/1075 della Commissione, del 23 marzo 2016, che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che precisano il contenuto dei piani di risanamento, dei piani di risoluzione e dei piani di risoluzione di gruppo, i criteri minimi che l’autorità competente deve valutare per quanto riguarda i piani di risanamento e i piani di risanamento di gruppo, le condizioni per il sostegno finanziario di gruppo, i requisiti per i periti indipendenti, il riconoscimento contrattuale dei poteri di svalutazione e di conversione, le procedure e il contenuto delle disposizioni in materia di notifica e dell’avviso di sospensione e il funzionamento operativo dei collegi di risoluzione (GU 2016, L 184, pag. 1).

24       Al titolo 5 «Valutazione 3» della decisione impugnata, il SRB ha riassunto il contenuto della valutazione 3 e ha ritenuto che essa fosse conforme al quadro giuridico applicabile e che fosse sufficientemente motivata e completa così da costituire il fondamento di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 806/2014. Esso ha ritenuto che la valutazione 3 valutasse gli elementi necessari previsti all’articolo 20, paragrafo 17, del regolamento n. 806/2014 e nel regolamento delegato (UE) 2018/344 della Commissione, del 14 novembre 2017, che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che precisano i criteri relativi alle metodologie per la valutazione della differenza di trattamento nell’ambito di una risoluzione (GU 2018, L 67, pag. 3).

25      Al punto 6 della decisione impugnata, il SRB ha illustrato le «[o]sservazioni presentate dagli azionisti e dai creditori interessati nonché [la] loro valutazione» Al titolo 6.1 «Valutazione della pertinenza» della decisione impugnata, il SRB ha spiegato che alcune di tali osservazioni, che non erano relative né alla sua decisione preliminare né alla valutazione 3, non erano pertinenti in quanto non rientravano nel procedimento relativo al diritto di essere ascoltati. Nel titolo 6.2 della decisione impugnata, esso ha proceduto all’«[e]same delle osservazioni pertinenti» trasmesse dagli azionisti e dai creditori interessati, relative all’indipendenza della società incaricata della valutazione e al contenuto della valutazione 3, raggruppate per tema.

26      Il SRB ha concluso che, dalla valutazione 3, letta congiuntamente al documento esplicativo e alle conclusioni enunciate nel titolo 6.2 della decisione impugnata, risultava che non esisteva alcuna differenza tra il trattamento di cui gli azionisti e creditori interessati erano stati effettivamente oggetto e quello che avrebbero ricevuto se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza alla data della risoluzione.

27      Di conseguenza, il SRB ha deciso che:

«Articolo 1

Valutazione

Al fine di determinare se debba essere concesso un indennizzo agli azionisti e ai creditori interessati dalle azioni di risoluzione effettuate nei confronti del Banco Popular, la valutazione della differenza di trattamento nell’ambito della risoluzione, prevista all’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014, è stabilita conformemente all’allegato I della presente decisione, in combinato disposto con il documento esplicativo di cui all’allegato II della presente decisione.

Articolo 2

Indennizzo

Gli azionisti e i creditori interessati dalle azioni di risoluzione effettuate nei confronti del Banco Popular non hanno diritto a un indennizzo del Fondo di risoluzione unico in applicazione dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 806/2014.

Articolo 3

Destinatario della decisione

Tale decisione è indirizzata al FROB, nella sua qualità di autorità di risoluzione nazionale, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 3, del regolamento n. 806/2014».

II.    Conclusioni delle parti

28      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare il SRB alle spese.

29      Il SRB chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile perché proposto in qualità di rappresentante o da ricorrenti che sono interessate solo tramite comparti;

–        in subordine e per le altre ricorrenti, respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

30      Il Regno di Spagna chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

III. In diritto

A.      Sulla ricevibilità

31      Il SRB sostiene che talune ricorrenti non hanno dimostrato la loro legittimazione ad agire. Esso ritiene che il ricorso debba essere respinto in quanto irricevibile perché proposto da alcune ricorrenti che agiscono in qualità di rappresentante, vale a dire in quanto gestore di fondi che detenevano obbligazioni del Banco Popular, e da altre ricorrenti interessate solo tramite i loro comparti, i quali detenevano strumenti di capitale del Banco Popular.

32      Occorre constatare che il SRB non eccepisce l’irricevibilità del ricorso per quanto riguarda tutte le ricorrenti.

33      A tale riguardo, dai documenti formali allegati all’atto introduttivo risulta che diverse ricorrenti detenevano effettivamente strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 o strumenti di capitale di classe 2 del Banco Popular alla data di adozione del programma di risoluzione. Si deve altresì rilevare che esse hanno inoltre partecipato al procedimento relativo al diritto di essere ascoltati.

34      Ne consegue che tali ricorrenti rientrano nella categoria degli azionisti e dei creditori interessati dalla risoluzione del Banco Popular. Esse sono quindi direttamente e individualmente interessate dalla decisione impugnata e sono legittimate ad agire per l’annullamento della decisione impugnata, circostanza che del resto il SRB non contesta.

35      Orbene, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, ovi si tratti di un unico ricorso, qualora almeno uno dei ricorrenti sia legittimato ad agire, non occorre esaminare la legittimazione ad agire degli altri ricorrenti (v., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2011, Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punto 37; v. altresì, in tal senso, sentenza del 24 ottobre 2019, EPSU e Goudriaan/Commissione, T‑310/18, EU:T:2019:757, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

36      Pertanto, non occorre esaminare l’eccezione di irricevibilità sollevata dal SRB vertente sul fatto che le ricorrenti che agiscono in qualità di rappresentante o per i loro comparti non sarebbero legittimate ad agire.

B.      Nel merito

37      A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti deducono tre motivi. Il primo motivo di ricorso verte su errori manifesti di valutazione in cui il SRB sarebbe incorso quando ha approvato la valutazione 3, riguardo alla valutazione della durata del periodo di insolvenza, dei crediti non deteriorati, dei crediti in sofferenza, delle attività immobiliari e dei rischi giuridici del Banco Popular. Il secondo motivo di ricorso, dedotto in subordine, verte su un errore manifesto di valutazione in cui il SRB sarebbe incorso nominando la società incaricata della valutazione come perito indipendente. Il terzo motivo di ricorso, anch’esso dedotto in subordine, verte sul fatto il SRB avrebbe impropriamente delegato alla società incaricata della valutazione i poteri decisionali conferitigli dal regolamento n. 806/2014.

1.      Osservazioni preliminari

a)      Sulloggetto del controllo esercitato dal Tribunale

38      Va osservato che la giurisprudenza ha circoscritto la portata del controllo esercitato dal Tribunale tanto in situazioni in cui l’atto impugnato è fondato su una valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico altamente complessi quanto nel caso di valutazioni economiche complesse.

39      Da un lato, per quanto riguarda situazioni nelle quali le autorità dell’Unione europea dispongono di un ampio potere discrezionale, segnatamente quanto alla valutazione di elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico altamente complessi per determinare la natura e l’ampiezza delle misure che esse adottano, il sindacato del giudice dell’Unione deve limitarsi ad esaminare se l’esercizio di un tale potere non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere o, ancora, se tali autorità non abbiano manifestamente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale. In un siffatto contesto, il giudice dell’Unione non può, infatti, sostituire la propria valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico a quella delle istituzioni cui il Trattato FUE ha assegnato in via esclusiva tale compito [v. sentenze del 21 luglio 2011, Etimine, C‑15/10, EU:C:2011:504, punto 60 e giurisprudenza ivi citata, e del 1º giugno 2022, Algebris (UK) e Anchorage Capital Group/Commissione, T‑570/17, EU:T:2022:314, punto 105 e giurisprudenza ivi citata].

40      Dall’altro lato, per quanto riguarda il controllo che i giudici dell’Unione esercitano sulle valutazioni economiche complesse effettuate dalle autorità dell’Unione, si tratta di un controllo ristretto che si limita necessariamente alla verifica dell’osservanza delle regole procedurali e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti nonché dell’assenza di errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere. Nell’ambito di tale controllo, non spetta dunque al giudice dell’Unione sostituire la propria valutazione economica a quella dell’autorità dell’Unione competente [v. sentenze del 2 settembre 2010, Commissione/Scott, C‑290/07 P, EU:C:2010:480, punto 66 e giurisprudenza ivi citata, e del 1º giugno 2022, Algebris (UK) e Anchorage Capital Group/Commissione, T‑570/17, EU:T:2022:314, punto 106 e giurisprudenza ivi citata].

41      Poiché le decisioni del SRB volte a stabilire se debba essere concesso un indennizzo agli azionisti e ai creditori interessati dalle azioni di risoluzione effettuate nei confronti di un’entità sono fondate su valutazioni economiche e tecniche altamente complesse, si deve ritenere che i principi risultanti dalla giurisprudenza menzionata ai precedenti punti 39 e 40 si applichino al controllo che il giudice è chiamato ad esercitare.

42      Orbene, benché sia riconosciuto al SRB un potere discrezionale in materia economica e tecnica, ciò non implica, tuttavia, che il giudice dell’Unione debba astenersi dal controllare l’interpretazione, fornita dal SRB, dei dati di natura economica su cui si basa la sua decisione. Infatti, come dichiarato dalla Corte, anche nel caso delle valutazioni complesse, il giudice dell’Unione deve verificare non soltanto l’esattezza materiale degli elementi di prova invocati, la loro affidabilità e la loro coerenza, ma anche controllare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per la valutazione di una situazione complessa e se essi siano idonei a corroborare le conclusioni che ne sono tratte [v. sentenze dell’11 novembre 2021, Autostrada Wielkopolska/Commissione e Polonia, C‑933/19 P, EU:C:2021:905, punto 117 e giurisprudenza ivi citata, e del 1º giugno 2022, Algebris (UK) e Anchorage Capital Group/Commissione, T‑570/17, EU:T:2022:314, punto 108 e giurisprudenza ivi citata].

43      A tale riguardo, per dimostrare che il SRB è incorso in un errore manifesto di valutazione nell’esame dei fatti, tale da giustificare l’annullamento del programma di risoluzione, gli elementi di prova forniti dal ricorrente devono essere sufficienti per privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerate in detto programma [v., per analogia, sentenze del 7 maggio 2020, BTB Holding Investments e Duferco Participations Holding/Commissione, C‑148/19 P, EU:C:2020:354, punto 72, e del 1º giugno 2022, Algebris (UK) e Anchorage Capital Group/Commissione, T‑570/17, EU:T:2022:314, punti 105 e 109, nonché giurisprudenza ivi citata].

44      Di conseguenza, il motivo vertente sull’errore manifesto di valutazione dev’essere respinto se, nonostante gli elementi dedotti dal ricorrente, la valutazione contestata può essere ammessa come vera o valida in ogni circostanza (v. sentenze del 27 settembre 2018, Spiegel-Verlag Rudolf Augstein e Sauga/BCE, T‑116/17, non pubblicata, EU:T:2018:614, punto 39 e giurisprudenza ivi citata, e del 25 novembre 2020, BMC/Impresa comune Clean Sky 2, T‑71/19, non pubblicata, EU:T:2020:567, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

45      Inoltre, da una costante giurisprudenza risulta che, quando le istituzioni dispongono di un potere discrezionale, il rispetto nei procedimenti amministrativi delle garanzie offerte dall’ordinamento giuridico dell’Unione è di importanza ancora più fondamentale. Tra queste garanzie offerte dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi figura in particolare il principio di buona amministrazione, sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali, al quale si ricollega l’obbligo per l’istituzione competente di esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie. Soltanto così il giudice dell’Unione sarà in grado di accertare se esistessero tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari per l’esercizio del potere discrezionale (v., in tal senso, sentenza del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, EU:C:1991:438, punto 14).

b)      Sulla ricevibilità degli elementi di prova prodotti in allegato alla replica

46      Nella controreplica, il SRB deduce che, in allegato alla replica, le ricorrenti hanno prodotto una seconda testimonianza di A e un addendum alla loro perizia che mirano a suffragare argomenti già esposti nell’atto introduttivo e che avrebbero quindi dovuto essere allegati a quest’ultimo. Le ricorrenti non avrebbero giustificato il ritardo nella produzione di tali nuovi elementi di prova, in violazione dell’articolo 85, paragrafi 1 e 2, del regolamento di procedura del Tribunale e questi ultimi sarebbero quindi irricevibili.

47      Ai sensi dell’articolo 85, paragrafi 1 e 2, del regolamento di procedura, le prove e le offerte di prova sono presentate nell’ambito del primo scambio di memorie e le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova a sostegno delle loro argomentazioni in sede di replica e controreplica, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato.

48      Da un lato, occorre rilevare che le ricorrenti hanno prodotto, in allegato all’atto introduttivo, la testimonianza di un avvocato specializzato nel diritto fallimentare spagnolo, A, datata 28 maggio 2020, riguardante le questioni pertinenti attinenti al diritto e alle prassi in materia di insolvenza. Dall’altro lato, sempre in allegato all’atto introduttivo, le ricorrenti hanno prodotto una perizia, datata 28 maggio 2020, che mirava inizialmente ad esaminare le ipotesi e la metodologia utilizzate nella valutazione 3 a seguito del modulo trasmesso dal SRB nell’ambito del procedimento relativo al diritto di essere ascoltati e che è stata aggiornata a seguito dell’adozione della decisione impugnata e del documento esplicativo.

49      In allegato alla replica, le ricorrenti hanno prodotto una seconda testimonianza di A, del 9 aprile 2021, relativa a taluni aspetti del controricorso concernenti il diritto fallimentare spagnolo e un addendum alla loro perizia, datata 13 aprile 2021, redatta allo scopo di rispondere a taluni questioni sollevate nel controricorso del SRB.

50      A tale proposito, risulta dalla giurisprudenza che la prova contraria e l’ampliamento delle deduzioni istruttorie a seguito di una prova contraria della controparte nel suo controricorso non sono colpite dalla decadenza prevista dall’articolo 85, paragrafo 2, del regolamento di procedura. Tale disposizione riguarda infatti i mezzi di prova nuovi e dev’essere letta alla luce dell’articolo 92, paragrafo 7, del regolamento di procedura, il quale prevede espressamente che la prova contraria e l’ampliamento dei mezzi di prova sono riservati (v. sentenze del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, EU:C:1998:608, punto 72, e del 5 maggio 2021, CAM e Danske Fragtmænd/Commissione, T‑561/18, EU:T:2021:240, punto 102 e giurisprudenza ivi citata).

51      Poiché risulta espressamente da tali allegati che essi hanno lo scopo di sostenere argomenti diretti a contestare valutazioni contenute nel controricorso, si deve ritenere che essi siano ricevibili.

2.      Sul primo motivo di ricorso, vertente su errori manifesti di valutazione relativi alla valutazione della durata del periodo di insolvenza, dei crediti non deteriorati, dei crediti in sofferenza, delle attività immobiliari e dei rischi giuridici del Banco Popular

52      Con il primo motivo di ricorso, le ricorrenti affermano, in sostanza, che il SRB sarebbe incorso in errori manifesti di valutazione approvando la valutazione 3 e il documento esplicativo e che la società incaricata della valutazione sarebbe incorsa in errori manifesti di valutazione nell’applicazione dello scenario di liquidazione, per quanto riguarda la durata della procedura ipotetica di liquidazione e la valutazione di talune categorie di attività del Banco Popular. Tali errori avrebbero condotto a una sottovalutazione dei recuperi delle ricorrenti nell’ambito di un’ipotetica procedura di insolvenza del Banco Popular e, pertanto, a una violazione del loro diritto di proprietà.

53      Tale motivo di ricorso è suddiviso in cinque parti. Sotto un primo profilo, le ricorrenti deducono che il SRB e la società incaricata della valutazione sarebbero incorsi in errore per quanto riguarda la durata dello scenario di liquidazione ipotetico. Sotto un secondo profilo, esse sostengono che la valutazione dei crediti non deteriorati effettuata nella valutazione 3 si basa su ipotesi irragionevoli. Sotto un terzo profilo, esse contestano la strategia di cessione adottata dalla società incaricata della valutazione per il portafoglio di crediti in sofferenza del Banco Popular. Sotto un quarto profilo, esse sostengono che la stima, nella valutazione 3, del portafoglio immobiliare del Banco Popular presenta lacune e contraddizioni. Sotto un quinto profilo, esse contestano l’approccio adottato dalla società incaricata della valutazione in merito ai rischi giuridici.

54      In via preliminare, occorre ricordare che, nella decisione impugnata, il SRB ha rilevato che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 806/2014, la valutazione 3 doveva determinare se gli azionisti e i creditori interessati fossero stati trattati meno favorevolmente nell’ambito della risoluzione di quanto non lo sarebbero stati se il Banco Popular fosse stato «liquidato con procedura ordinaria di insolvenza». Esso ha rilevato, al pari della società incaricata della valutazione nel documento esplicativo (punto 5.1.5), che la Ley 11/2015 de recuperación y resolución de entidades de crédito y empresas de servicios de inversión (legge 11/2015 sul salvataggio e sulla risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di servizi di investimento), del 18 giugno 2015 (BOE n. 146, del 19 giugno 2015, pag. 50797), che recepisce la direttiva n. 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190), prevede specificamente che la valutazione della differenza di trattamento debba essere effettuata supponendo che l’entità sia entrata in una procedura di liquidazione.

55      A tale riguardo, il SRB ha rilevato che, conformemente alla valutazione 3, alla luce delle circostanze del caso di specie e, in particolare, dell’incapacità del Banco Popular di pagare i propri debiti in scadenza, l’apertura di una procedura ordinaria di insolvenza alla data della risoluzione avrebbe condotto a una liquidazione del Banco Popular, che avrebbe comportato una realizzazione accelerata delle attività, senza prezzo minimo vincolante, e il pagamento della realizzazione netta ai creditori conformemente alla gerarchia stabilita dalla legge 22/2003.

56      Nella decisione impugnata, il SRB ha ritenuto che la valutazione 3 fosse conforme al quadro normativo applicabile e che essa costituisse una base adeguata e sufficiente per adottare la decisione impugnata. Esso ha indicato di essersi basato sulla valutazione 3 e sul documento esplicativo, che sono allegati alla decisione impugnata e costituiscono parte integrante della sua motivazione.

57      Nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha considerato che, poiché l’autorizzazione bancaria del Banco Popular sarebbe stata revocata con la dichiarazione di insolvenza, obbligando così alla cessazione immediata delle attività e impedendo la vendita come impresa in attività, la liquidazione sarebbe iniziata immediatamente. Essa ha aggiunto che, secondo il programma di risoluzione, il 6 giugno 2017, la Banca centrale europea (BCE) aveva concluso che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto sulla base dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014. La società incaricata della valutazione ha precisato che, in tale contesto, la liquidazione era l’unico scenario di insolvenza ipotizzabile.

58      La società incaricata della valutazione ha indicato, in particolare, quanto segue:

«L’apertura di una procedura ordinaria di insolvenza per il Banco Popular il 7 giugno 2017 avrebbe comportato una liquidazione non pianificata. Quest’ultima è per sua natura distruttiva di valore, per ragioni quali: la cessazione improvvisa delle attività; la perdita di clientela; un processo inefficace di realizzazione delle attività nonché costi e reclami aggiuntivi (spesso importanti). Nel caso del [Banco Popular], la liquidazione in fallimento sarebbe un evento senza precedenti in Spagna, dato il suo status di sesta banca più grande e di attore principale in settori chiave quali il finanziamento ipotecario e i prestiti alle [piccole e medie imprese (PMI)] e alle piccole società».

59      Nel documento esplicativo, la società incaricata della valutazione ha spiegato che la valutazione 3 era per sua natura un esercizio ipotetico e prospettico, diretto a stimare il valore dei recuperi dei creditori del Banco Popular, per il quale era necessario adottare diversi scenari ipotetici. Essa ha precisato di aver fondato le sue ipotesi e le sue stime sulle informazioni fornite dal Banco Popular, che erano state analizzate e verificate, nonché su diverse informazioni pubbliche.

60      Conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 43, al fine di dimostrare che il SRB sia incorso in un errore manifesto di valutazione tale da giustificare l’annullamento della decisione impugnata, le ricorrenti devono fornire elementi di prova sufficienti idonei a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati in tale decisione.

61      Pertanto, il controllo del Tribunale si limita a verificare se il SRB sia incorso in errori manifesti di valutazione laddove ha approvato la valutazione 3, il che implica di verificare se la società incaricata della valutazione sia incorsa in errori manifesti nella valutazione 3 basandosi su ipotesi e stime che non erano plausibili. Per contro, il Tribunale non può sostituire la propria valutazione a quella del perito che ha effettuato la valutazione 3.

62      A tale riguardo, a più riprese, nel primo motivo di ricorso, le ricorrenti presentano l’analisi effettuata dai loro periti nella perizia allegata all’atto introduttivo a titolo di confronto con la valutazione 3, al fine di dimostrare che la valutazione delle attività del Banco Popular nell’ambito di una procedura di insolvenza, effettuata in tale perizia e fondata su ipotesi diverse da quelle considerate nella valutazione 3, avrebbe portato a recuperi più importanti per diverse categorie di attività.

63      Così, nell’ambito della seconda parte, le ricorrenti menzionano l’analisi relativa al recupero dei crediti non deteriorati nell’arco di un periodo di sette anni, contenuta nella loro perizia, indicando che tale analisi si basa su ipotesi diverse da quelle accolte nella valutazione 3. Nell’ambito della terza parte, le ricorrenti presentano l’analisi relativa al recupero dei crediti in sofferenza contenuta nella loro perizia. Esse indicano che, rispetto alla valutazione 3, la loro analisi si basa su un periodo più lungo, su un annullamento della riclassificazione dei crediti non deteriorati in crediti in sofferenza e su un tasso di rendimento interno (TRI) inferiore. Nell’ambito della quarta parte, le ricorrenti presentano l’analisi contenuta nella loro perizia riguardante i recuperi connessi alle attività immobiliari del Banco Popular, incluse le attività immobiliari indirettamente detenute, in ipotesi di cessione di tre e sette anni.

64      Occorre rilevare che la perizia allegata all’atto introduttivo è stata redatta allo scopo di rispondere ai quesiti posti nel modulo trasmesso dal SRB nell’ambito del procedimento relativo al diritto di essere ascoltati. Tale perizia non si limita a un’analisi critica della valutazione 3, ma propone la propria valutazione delle attività del Banco Popular in uno scenario di liquidazione ai fini del confronto con quella effettuata dalla società incaricata della valutazione.

65      Orbene, l’analisi effettuata in tale perizia è fondata su ipotesi diverse da quelle accolte nella valutazione 3 e si basa su tre scenari temporali di liquidazione di cinque, sette e dieci anni, quest’ultimo non previsto nella valutazione 3. In tale perizia, i periti delle ricorrenti presentano, in particolare, il risultato del confronto tra i propri calcoli e la valutazione effettuata dalla società incaricata della valutazione sulla base di uno scenario di insolvenza di sette anni. Essi affermano, inoltre, di non aver avuto accesso a tutte le informazioni di cui disponeva la società incaricata della valutazione.

66      Occorre ricordare che la valutazione 3 contiene valutazioni economiche e tecniche complesse. Per definizione, la valutazione delle diverse categorie di attività del Banco Popular nel caso di un’ipotetica procedura ordinaria di insolvenza si basa su ipotesi e contiene necessariamente stime basate sulle informazioni disponibili alla data della risoluzione.

67      Inoltre, l’unica ipotesi in cui le valutazioni sottese a una decisione adottata sulla base di fatti complessi possono essere esaminate dal Tribunale è quella in cui la parte ricorrente affermi che le valutazioni in punto di fatto controverse sono prive di plausibilità (sentenza del 25 novembre 2020, BMC/Impresa comune Clean Sky 2, T‑71/19, non pubblicata, EU:T:2020:567, punto 77).

68      In applicazione della giurisprudenza citata ai precedenti punti 43 e 44, le ricorrenti devono dimostrare che il SRB è incorso in un errore manifesto nella valutazione di fatti complessi tale da giustificare l’annullamento della decisione impugnata. Esse devono quindi fornire elementi di prova sufficienti a privare di plausibilità le stime delle diverse categorie di attività effettuate dalla società incaricata della valutazione nella valutazione 3.

69      Orbene, la circostanza che il risultato della stima del valore delle attività del Banco Popular nel caso di un’ipotetica procedura ordinaria di insolvenza contenuta nella perizia delle ricorrenti sia in disaccordo con le valutazioni contenute nella valutazione 3, al di fuori dell’ipotesi in cui le ricorrenti sostengano che tali valutazioni sono prive di plausibilità, rientra in una contestazione che va al di là del limitato controllo del Tribunale previsto dalla giurisprudenza menzionata ai precedenti punti 39 e 40 (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 25 novembre 2020, BMC/Impresa comune Clean Sky 2, T‑71/19, non pubblicata, EU:T:2020:567, punto 78).

70      Pertanto, la presentazione da parte delle ricorrenti, nelle diverse parti del primo motivo di ricorso, delle stime delle diverse categorie di attività del Banco Popular effettuate nella loro perizia non è di per sé idonea a privare di plausibilità la valutazione 3 né, quindi, a dimostrare che il SRB sia incorso in errori manifesti di valutazione.

71      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare il primo motivo di ricorso.

a)      Sulla prima parte, relativa alla durata dello scenario di liquidazione

72      Le ricorrenti sostengono che le ipotesi accolte dal SRB e dalla società incaricata della valutazione riguardo alla durata dello scenario di liquidazione del Banco Popular hanno condotto a una sottovalutazione dei recuperi e sono manifestamente errate. Con una prima censura, le ricorrenti affermano che tali ipotesi si basano su un’erronea comprensione dei principi che disciplinano la legge 22/2003. Con una seconda censura, basandosi su esempi di fallimenti bancari, esse addebitano alla società incaricata della valutazione di non aver previsto un periodo di liquidazione di oltre sette anni, che avrebbe portato a recuperi più consistenti.

73      Nella decisione impugnata, il SRB ha osservato quanto segue:

«[La società incaricata della valutazione] ha indicato che l’obiettivo ultimo del liquidatore sarebbe stato quello di realizzare le attività entro un termine ragionevole. A tale riguardo, [essa] ha esaminato una serie di scenari alternativi e di possibili strategie che un liquidatore avrebbe potuto applicare per massimizzare i recuperi per i creditori entro un lasso di tempo ragionevole. Tenendo conto del quadro normativo spagnolo, considerato nella valutazione 3, che prevede una fase di liquidazione della procedura di insolvenza della durata di un anno, al termine della quale ogni parte interessata può chiedere la sostituzione del liquidatore in caso di proroga indebita di tale fase, e della complessità della procedura di liquidazione ipotetica del [Banco Popular], [la società incaricata della valutazione] ha valutato tre scenari temporali alternativi, supponendo che periodi più lunghi avrebbero consentito recuperi più consistenti grazie a una cessione e a una liquidazione più ordinata delle attività: (i) un periodo di liquidazione di 18 mesi, (ii) un periodo di liquidazione di 3 anni e (iii) un periodo di liquidazione di 7 anni. [La società incaricata della valutazione] ha ritenuto che, per quanto riguarda il modo in cui i singoli creditori valutavano il piano di liquidazione, poteva essere importante sospendere il pagamento degli interessi dopo l’apertura della liquidazione. Ciò si basava sul fatto che i creditori di rango superiore potevano ritenere che fosse poco probabile che essi avrebbero ricevuto un indennizzo in caso di ritardo nel rimborso degli importi dovuti, mentre la sospensione del pagamento degli interessi avrebbe potuto andare a beneficio dei creditori di rango inferiore nella gerarchia dei creditori. In tale contesto, [la società incaricata della valutazione] ha considerato che sarebbe irragionevole esigere che i creditori attendano più di 7 anni dalla fine della liquidazione».

74      Il SRB ha altresì indicato che gli azionisti e i creditori interessati avevano presentato osservazioni durante la procedura relativa al diritto di essere ascoltati riguardo alla durata della liquidazione. Esso ha menzionato il fatto che, per ogni scenario temporale alternativo, la società incaricata della valutazione aveva preso in considerazione la strategia ottimale e il periodo di cessione che permettevano di massimizzare le realizzazioni per le diverse categorie di attività, in funzione della loro natura e della loro liquidità. Il SRB ha rilevato che, in proposito, secondo il documento esplicativo, il punto 2.2 della valutazione 3 indicava che, in applicazione della legge 22/2003, a seguito della riforma del 2015, un periodo di 18 mesi sarebbe stato il massimo effettivo per la liquidazione del Banco Popular. Tuttavia, tenuto conto della complessità della procedura di insolvenza ipotetica del Banco Popular e del fatto che un processo molto rapido avrebbe comportato problemi di capacità del mercato, prezzi al ribasso e bassi valori di realizzazione, la società incaricata della valutazione aveva altresì preso in considerazione due scenari di liquidazione più lunghi di quello di 18 mesi stabilito dalla legge 22/2003, ossia scenari di 3 e 7 anni. La società incaricata della valutazione aveva ritenuto che tali scenari aggiuntivi avrebbero consentito di liquidare le attività del Banco Popular in modo più efficace e con tassi di recupero più elevati che nello scenario di 18 mesi, rispettando al contempo il principio della restituzione del valore ai creditori entro un termine ragionevole. Essa ha ritenuto che un periodo di liquidazione più lungo dello scenario di 7 anni avrebbe comportato costi di liquidazione più elevati, costi di gestione e di manutenzione più elevati e avrebbe aumentato l’incertezza circa i livelli di realizzo degli attivi. Inoltre, la società incaricata della valutazione era dell’avviso che un periodo di liquidazione più lungo non sarebbe stato conforme alla logica della legge 22/2003 e agli interessi dei creditori chirografari di rango superiore. Il SRB ha concluso che la società incaricata della valutazione aveva effettuato una valutazione corretta della durata della liquidazione.

1)      Sulla prima censura, vertente su un’erronea comprensione della legge 22/2003

75      Le ricorrenti deducono, in sostanza, che le ipotesi riguardanti la durata degli scenari di liquidazione considerati nella valutazione 3 si fondano su tre errori di interpretazione della legge 22/2003.

76      In primo luogo, esse sostengono che, secondo la testimonianza di A, avvocato specializzato nel diritto fallimentare spagnolo, allegata all’atto introduttivo, in applicazione della legge 22/2003, la durata adeguata del periodo di liquidazione dipende unicamente dal criterio di massimizzazione dei recuperi nell’interesse dei creditori e che non vi è una limitazione temporale a priori della durata della procedura di insolvenza. Pur ammettendo che l’obiettivo della procedura di insolvenza sarebbe di massimizzare il valore degli attivi nell’interesse dei creditori, il SRB e la società incaricata della valutazione avrebbero erroneamente ritenuto che tale principio del diritto spagnolo obbligasse a verificare la «ragionevolezza» del periodo di liquidazione.

77      Nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha rilevato che, al momento della realizzazione degli attivi, la legge 22/2003 imponeva al liquidatore di agire con diligenza per ottenere il miglior valore alla luce delle circostanze, ma che non era tenuto a effettuare speculazioni su risultati incerti e che doveva tener conto del desiderio dei creditori di ricevere il rimborso delle somme dovute entro un termine ragionevole.

78      Nel documento esplicativo, in risposta alle osservazioni degli azionisti e dei creditori interessati secondo cui la durata degli scenari di liquidazione previsti nella valutazione 3 era troppo breve, la società incaricata della valutazione ha indicato che un periodo di liquidazione di oltre sette anni avrebbe inevitabilmente comportato costi di liquidazione, gestione e manutenzione più elevati e avrebbe aumentato l’incertezza per il liquidatore in termini di livelli di realizzazione delle attività. Essa ha ritenuto che un liquidatore non sarebbe disposto a effettuare speculazioni su eventuali punti positivi futuri altamente incerti.

79      La società incaricata della valutazione ha ritenuto che gli obiettivi della legge 22/2003 e la pressione dei creditori non avrebbero giustificato uno scenario più lungo di quello di sette anni. Sotto un primo profilo, essa ha rilevato che la legge 22/2003 fissava le regole di liquidazione delle attività della banca insolvente con l’obiettivo globale di ottenere il valore di realizzazione più elevato. Come stabilito da tale legge, il liquidatore era tenuto ad agire con diligenza per ottenere il miglior valore di realizzazione delle attività dell’entità nei parametri autorizzati dal quadro giuridico (compreso il tempo impartito per la liquidazione), ma non era tenuto a effettuare speculazioni su risultati incerti. Sotto un secondo profilo, ha indicato che la legge 22/2003 incoraggiava la vendita tempestiva delle attività dell’entità in liquidazione. Le modifiche apportate nel 2015 alla legge 22/2003 erano state concepite per accelerare le procedure di liquidazione ed evitare proroghe indefinite, che erano fonte di preoccupazione prima delle riforme. A tale riguardo, essa ha constatato che, a seguito di tale riforma del 2015, la legge 22/2003 aveva stabilito il diritto per i creditori di chiedere a un tribunale la sostituzione del liquidatore in caso di proroga ingiustificata della fase di liquidazione. Tale constatazione era particolarmente rilevante nel caso di un mercato che, all’inizio della liquidazione, era vasto e liquido. Sotto un terzo profilo, la società incaricata della valutazione ha osservato che i creditori avrebbero preteso che i loro crediti fossero rimborsati entro un termine ragionevole, in particolare quelli che occupavano un rango superiore nella gerarchia dei creditori. Ciò avverrebbe in particolare qualora, tenuto conto delle disposizioni della legge 22/2003 relative agli interessi sui crediti non garantiti (ossia quando gli interessi successivi alla liquidazione non sono esigibili), i creditori di rango superiore (compreso il sistema di garanzia dei depositi) abbiano poche possibilità di ricevere un indennizzo in caso di ritardo nel rimborso degli importi dovuti ed esercitino quindi pressione affinché la liquidazione si svolga in periodo più breve.

80      Anzitutto, occorre rilevare che, sebbene la massimizzazione dei recuperi costituisca l’obiettivo principale del liquidatore, esso non è il solo. In particolare, come sottolineato dal SRB e dal Regno di Spagna, il liquidatore deve prendere in considerazione anche altri obiettivi e ponderare diversi interessi.

81      Come rilevato dal SRB e dal Regno di Spagna, taluni creditori in funzione del loro rango nella gerarchia possono avere un interesse a una rapida conclusione della procedura di liquidazione. A tale riguardo, le ricorrenti non contestano il fatto che tale interesse risulti segnatamente dalla legge 22/2003, nella parte in cui prevede una sospensione degli interessi per i crediti chirografari, il che implica, come rilevato dal SRB, che i creditori di rango superiore non sono indennizzati per il ritardo nel pagamento degli importi dovuti.

82      Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la circostanza che la società incaricata della valutazione, bilanciando gli interessi delle diverse categorie di creditori, abbia ritenuto che uno scenario più lungo di quello di sette anni non fosse ipotizzabile, non mirava a favorire taluni gruppi di creditori, bensì a massimizzare i recuperi per l’insieme di questi ultimi.

83      Inoltre, per stabilire che la procedura di liquidazione doveva svolgersi entro un termine ragionevole, il SRB e la società incaricata della valutazione hanno tenuto conto del fatto che uno degli obiettivi della legge 22/2003 consisteva nell’evitare una durata eccessiva delle procedure di liquidazione.

84      A questo proposito, il considerando VII della legge 22/2003 prevede che «[l] a legge mira ad evitare il protrarsi eccessivo delle operazioni di liquidazione, imponendo a tal fine ai curatori fallimentari l’obbligo di presentare una relazione trimestrale sullo stato di avanzamento di tali operazioni, e fissa un termine di un anno per completarle, stabilendo, come sanzioni in caso di inadempimento, la revoca dei curatori fallimentari e la perdita del diritto al compenso».

85      In aggiunta, l’articolo 153 della legge 22/2003 prevede la possibilità per ogni parte interessata di chiedere al giudice fallimentare la revoca dei curatori fallimentari e la nomina di nuovi curatori qualora la fase di liquidazione non si concluda un anno dopo la sua apertura.

86      Inoltre, come osservato dal Regno di Spagna, in un’ordinanza del 19 giugno 2015, lo Juzgado de lo Mercantil n. 6 Madrid (Tribunale di commercio n. 6 di Madrid, Spagna) ha ritenuto che la legge 22/2003 «in nessun caso stabili[va] in modo vincolante che la liquidazione dell’insolvenza d[ovesse] avere una durata massima di un anno, dal momento che risulta[va] chiaro dal testo della motivazione [Sezione VII] della legge [22/2003] e del suo articolo 153, che concede il potere di chiedere la revoca dei curatori negligenti, che la volontà e l’auspicio del legislatore erano che le operazioni di liquidazione non durassero più del necessario, essendo il periodo di un anno inizialmente considerato ragionevole per la loro attuazione e conclusione, anche per effettuare i pagamenti, il rendiconto e la conclusione della procedura fallimentare».

87      L’obiettivo di non prolungare indebitamente la procedura di liquidazione è stato confermato dalla modifica della legge 22/2003 prevista dalla Ley 25/2015 de mecanismo de segunda oportunidad, reducción de la carga financiera y otras medidas de orden social (legge 25/2015 sul meccanismo di seconda opportunità, sulla riduzione dell’onere finanziario e di altre misure sociali), del 28 luglio 2015 (BOE n. 180, del 29 luglio 2015, pag. 64479). La terza disposizione transitoria relativa alla tariffa dei compensi dei curatori fallimentari di cui alla legge 25/2015 prevede quanto segue:

«A partire dal tredicesimo mese successivo all’apertura della fase di liquidazione, il curatore fallimentare non percepisce alcun compenso, a meno che il giudice non decida, motivatamente e dopo aver sentito le parti, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, di prorogare tale termine. Le proroghe concordate sono trimestrali e non superano un totale di sei mesi».

88      In una sentenza del 23 giugno 2020, il Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) ha interpretato la terza disposizione transitoria della legge 25/2015, nel senso che essa disponeva, «in via generale, che il diritto al compenso del liquidatore durante la fase di liquidazione [era] limitato ai primi dodici mesi» e che «a decorrere dal tredicesimo mese egli non [aveva] il diritto di percepire onorari prelevati dalla massa, a meno che il giudice non lo autorizz[asse], in modo motivato e previa audizione delle parti, tenuto conto delle circostanze particolari del caso di specie». Il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha considerato che «tale disposizione [faceva] parte delle disposizioni di legge volte a garantire che la fase di liquidazione non duri troppo a lungo (articolo 152 della legge 22/2003)».

89      Ne risulta che l’interpretazione della legge 22/2003 da parte dei giudici spagnoli corrobora la valutazione della società incaricata della valutazione secondo cui la procedura di liquidazione deve essere realizzata entro un termine ragionevole.

90      Inoltre, per ritenere che la procedura di liquidazione non potesse durare oltre sette anni, il SRB e la società incaricata della valutazione hanno tenuto conto anche di altri fattori. Essi hanno in particolare rilevato che, a partire da una certa durata, i costi della procedura e le incertezze legate alla realizzazione delle attività non consentivano di garantire una massimizzazione dei recuperi. Come rilevato dal SRB, durate di liquidazione più lunghe comportano un livello accresciuto di incertezze circa le potenziali diminuzioni di valore e i rischi macroeconomici.

91      Come sottolineano il SRB e il Regno di Spagna, le ricorrenti non possono affermare che la presa in considerazione di una procedura di più lunga durata procuri necessariamente vantaggi e porti necessariamente a una massimizzazione dei recuperi.

92      Ne risulta, da un lato, che le ricorrenti non hanno dimostrato che l’obiettivo della procedura di liquidazione consistente nel massimizzare i recuperi dei creditori fosse incompatibile con la considerazione della società incaricata della valutazione secondo cui tale procedura deve essere realizzata entro un termine ragionevole. Dall’altro, esse non hanno dimostrato che tale valutazione derivasse da un’interpretazione erronea della normativa spagnola.

93      In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che il SRB e la società incaricata della valutazione hanno erroneamente ritenuto che l’articolo 153 della legge 22/2003, come modificato nel 2015, fissasse un periodo di un anno per la procedura di liquidazione. Esse addebitano alla società incaricata della valutazione di aver considerato che le disposizioni della legge 22/2003 relative alla retribuzione del liquidatore stabilissero un termine «massimo effettivo» di 18 mesi per la liquidazione del Banco Popular.

94      Nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha esposto di aver previsto uno scenario di liquidazione di 18 mesi, tenendo conto del fatto che, secondo la legge 22/2003, il liquidatore sarebbe stato retribuito solo per 12 mesi, con una possibile proroga di 6 mesi per le procedure complesse. Essa ha tuttavia ritenuto che le dimensioni della banca e la sua complessità avrebbero reso estremamente improbabile tale scenario.

95      Nel documento esplicativo, la società incaricata della valutazione ha ricordato quanto indicato nella valutazione 3, ossia che, in base al quadro normativo esistente ai sensi della legge 22/2003, a seguito della riforma del 2015, un periodo di 18 mesi sarebbe stato il massimo effettivo per la liquidazione del Banco Popular. Essa ha rilevato che l’obiettivo di tali modifiche era evitare di prolungare indefinitamente la procedura di liquidazione e che la legge 22/2003, come modificata, faceva della proroga ingiustificata della fase di liquidazione un motivo che giustificava la sostituzione del liquidatore. La società incaricata della valutazione ha tuttavia ricordato che, tenuto conto della complessità della procedura di insolvenza ipotetica del Banco Popular e del fatto che una procedura troppo rapida avrebbe comportato problemi di capacità del mercato, prezzi al ribasso e bassi recuperi, essa aveva preso in considerazione due scenari di liquidazione più lunghi di quello di 18 mesi previsto dalla legge 22/2003. Essa ha aggiunto che gli scenari aggiuntivi di 3 e 7 anni avrebbero consentito di liquidare le attività del Banco Popular in modo più efficace e con un tasso di recupero migliore rispetto allo scenario di 18 mesi, rispettando al contempo il principio della restituzione del valore ai creditori entro un termine ragionevole.

96      Pertanto, poiché la società incaricata della valutazione ha considerato lo scenario di liquidazione di 18 mesi altamente improbabile e ha quindi elaborato due altri scenari più lunghi, gli argomenti delle ricorrenti diretti a addebitare alla società incaricata della valutazione di aver interpretato erroneamente la legge 22/2003 nel senso che essa stabilisse un termine «massimo effettivo» di durata di liquidazione di 18 mesi sono inconferenti. Parimenti, neppure gli esempi citati nella testimonianza di A, di procedure di insolvenza avviate dopo il 2015 e da più di 3 anni, sono pertinenti.

97      In terzo luogo, le ricorrenti, basandosi sulla testimonianza di A, contestano, da un lato, la valutazione della società incaricata della valutazione, contenuta nel documento esplicativo, secondo cui taluni creditori di rango superiore agli azionisti e ai creditori interessati avrebbero potuto chiedere la revoca del liquidatore in caso di proroga indebita del periodo di liquidazione oltre un anno e, dall’altro, l’ipotesi secondo cui il liquidatore avrebbe anticipato siffatte azioni e accelerato la procedura.

98      Orbene, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti basandosi sulla testimonianza di A, le spiegazioni fornite dalla società incaricata della valutazione nel documento esplicativo non mirano a giustificare uno scenario di liquidazione «accelerata», bensì a giustificare il motivo per il quale la procedura di liquidazione non sarebbe durata più di sette anni.

99      Da un lato, dalla decisione impugnata, citata al precedente punto 73, risulta che il SRB ha indicato che, per quanto riguarda il modo in cui i diversi creditori valutavano il piano di liquidazione, la società incaricata della valutazione, nella valutazione 3, aveva tenuto conto del fatto che la sospensione del pagamento degli interessi successivi alla liquidazione poteva essere significativa, in quanto i creditori di rango superiore avrebbero ritenuto poco probabile che sarebbero stati indennizzati per i ritardi nel rimborso degli importi dovuti.

100    Pertanto, i diversi creditori del Banco Popular, in funzione della loro posizione nella gerarchia, potevano avere interessi divergenti quanto alla durata della procedura di liquidazione e non si può criticare la società incaricata della valutazione e il SRB per aver preso in considerazione tutti questi interessi.

101    Inoltre, tenuto conto del tenore della legge 22/2003, che prevede la possibilità di revocare il liquidatore in caso di proroga ingiustificata della liquidazione e del fatto che taluni creditori non hanno interesse a che la procedura si protragga, tale revoca costituisce un’eventualità che la società incaricata della valutazione poteva prendere in considerazione quando ha valutato la durata della procedura di liquidazione.

102    A tale riguardo, occorre rilevare che, nella testimonianza di A, sulla quale si basano le ricorrenti, quest’ultimo ha affermato che «pur dovendosi ritenere che taluni gruppi di creditori avrebbero esercitato pressioni sul liquidatore per accelerare il processo di liquidazione, altri gruppi di creditori, quali i detentori di crediti subordinati, sarebbero stati in grado di contrastare tale strategia» mediante un’azione di responsabilità contro il liquidatore. Egli ha aggiunto che considerava quindi «che [la società incaricata della valutazione] part[iva] dal presupposto che gli interessi e le ipotetiche azioni dei creditori di rango superiore avrebbero influenzato il liquidatore in misura maggiore rispetto agli interessi dei creditori di rango inferiore» e che non vedeva «alcun motivo di supporre che un liquidatore avrebbe favorito semplicemente uno specifico gruppo di creditori nell’elaborazione del piano di liquidazione rispetto all’altro, accelerando indebitamente la procedura di insolvenza e, di conseguenza, rinunciando potenzialmente ai recuperi per i titolari di crediti subordinati».

103    È sufficiente rilevare che la testimonianza di A costituisce una semplice opinione che non è idonea a mettere in discussione l’eventualità considerata dalla società incaricata della valutazione, ossia che taluni creditori avrebbero potuto ritenere che una durata della procedura di liquidazione superiore a sette anni fosse ingiustificata e avrebbero, pertanto, potuto essere indotti a chiedere la revoca del liquidatore al fine di ottenere un rimborso dei loro crediti entro un termine ragionevole.

104    Dall’altro lato, le ricorrenti non sollevano alcun argomento diretto a mettere in discussione gli altri elementi presi in considerazione dalla società incaricata della valutazione nella valutazione 3 e ricordati nel documento esplicativo, diretti a giustificare il fatto che la procedura di liquidazione non sarebbe durata più di sette anni, quali i costi di liquidazione, di gestione e di manutenzione più elevati, l’aumento dell’incertezza per il liquidatore in termini di livelli di realizzazione delle attività e il fatto che un liquidatore non sarebbe incline a effettuare speculazioni su eventuali punti positivi futuri altamente incerti.

105    Ne consegue che le ricorrenti non possono validamente sostenere che le ipotesi prese in considerazione dal SRB o dalla società incaricata della valutazione riguardo alla durata degli scenari di liquidazione si basavano su una comprensione erronea della legge 22/2003 e, pertanto, la prima censura deve essere respinta.

2)      Sulla seconda censura, vertente sulla mancata presa in considerazione di un periodo di liquidazione più lungo

106    Le ricorrenti sostengono che, secondo la testimonianza di A allegata all’atto introduttivo e il suo addendum allegato alla replica, una stima ragionevole della durata dell’insolvenza sarebbe pari o superiore a dieci anni e di almeno sette anni. Esse si basano inoltre sulle loro perizie, secondo le quali uno scenario di liquidazione decennale avrebbe portato a recuperi più elevati. Invocano esempi di insolvenze, menzionati nelle loro perizie e nella testimonianza di A, nei quali la durata della liquidazione del portafoglio di attività ha superato il periodo di liquidazione massimo di sette anni preso in considerazione dalla società incaricata della valutazione.

107    Occorre rilevare che l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 2018/344 prevede quanto segue:

«Nella determinazione dell’importo attualizzato dei flussi di cassa attesi con procedura ordinaria di insolvenza il perito tiene conto dei seguenti elementi:

a)      la disciplina fallimentare applicabile e le relative prassi vigenti nell’ordinamento interessato che possono incidere su fattori quali il periodo di cessione atteso o i tassi di recupero attesi;

(…)

c)      le informazioni su recenti casi di insolvenza di entità analoghe, ove disponibili e pertinenti».

108    Al considerando 121 della decisione impugnata, il SRB ha rilevato che alcuni azionisti e creditori interessati avevano fatto riferimento a precedenti casi di insolvenza in Spagna e in altri ordinamenti giuridici. Esso ha indicato che, nel documento esplicativo, la società incaricata della valutazione aveva osservato che, sebbene avesse tenuto conto, in una certa misura, della procedura di insolvenza del Banco de Madrid, le importanti modifiche apportate successivamente al diritto nazionale in materia di insolvenza (ad esempio, le modifiche aventi un’incidenza sulla durata di tali procedure) non consentivano un confronto con casi spagnoli precedenti. Inoltre, esso ha constatato che la società incaricata della valutazione aveva esaminato se altri casi di liquidazione in Europa potessero fornire un quadro generale dello scenario ipotetico di liquidazione. Tuttavia, a causa della mancanza di armonizzazione delle diverse legislazioni europee in materia di insolvenza, tale raffronto era stato considerato dalla società incaricata della valutazione come avente un valore soltanto limitato. Inoltre, il contesto macroeconomico, le operazioni, le attività e il patrimonio dell’entità potevano variare notevolmente da un caso all’altro e incidere sul risultato della valutazione nell’ambito di una procedura d’insolvenza. Il SRB ha ritenuto che la società incaricata della valutazione, conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, lettera c), del regolamento delegato 2018/344, avesse preso in considerazione informazioni su precedenti casi recenti di insolvenza di entità simili e avesse fornito una motivazione sufficiente quanto alla loro pertinenza.

109    A tale riguardo, occorre rilevare che gli esempi menzionati dalle ricorrenti e citati nelle loro perizie allegate all’atto introduttivo e alla replica non costituiscono termini di paragone pertinenti per la valutazione della durata dello scenario di liquidazione del Banco Popular.

110    Per quanto riguarda i casi di AFINSA Bienes Tangibles SA, Ploder Uicesa SA, Assignifia Infraestructruras SA e Essentium Grupo SL, menzionati nella testimonianza di A e nella perizia allegata all’atto introduttivo, le cui procedure di insolvenza sarebbero durate più di 18 mesi, è sufficiente constatare, al pari del SRB, che tali imprese non sono istituti bancari e che non si tratta quindi di esempi pertinenti.

111    Per quanto riguarda i casi di Northern Rock, Bradford & Bingley, Dexia SA, Heta Asset Resolution AG, SNS Bank o Banco Espírito Santo, occorre rilevare che essi non riguardano banche spagnole e che, pertanto, la loro procedura di insolvenza era disciplinata da disposizioni nazionali diverse da quelle applicabili alla situazione del Banco Popular.

112    Inoltre, i periti delle ricorrenti hanno indicato, nella loro perizia allegata all’atto introduttivo, che non esistevano casi di insolvenza di banche comparabili al Banco Popular in Spagna e che gli esempi della banca portoghese Banco Espírito Santo e della banca olandese SNS Bank si basavano su ipotetiche relazioni sull’insolvenza. Essi non possono quindi servire da esempio della prassi in materia di insolvenza in Spagna.

113    Inoltre, il SRB ha indicato che i casi della Sociedad de Gestión de Activos procedentes de la Reestructuración Bancaria (SAREB), di Heta Asset Resolution, Northern Rock, Bradford & Bingley e Dexia non riguardavano casi di insolvenza, come ammettono le ricorrenti nonché i loro periti nella loro perizia allegata alla replica.

114    A questo proposito, per quanto riguarda la SAREB, unico esempio di banca spagnola menzionato dalle ricorrenti, queste ultime non hanno contestato l’affermazione del SRB secondo cui la durata di quindici anni prevista ai fini della cessione ordinata delle attività corrispondeva a un periodo di ristrutturazione stabilito nell’ambito di un processo generale di ristrutturazione del settore bancario spagnolo e non a una durata di liquidazione.

115    Infine, le ricorrenti non spiegano in che misura la situazione dei diversi esempi da esse menzionati sarebbe paragonabile a quella del Banco Popular in termini, in particolare, di struttura dei portafogli di attività o di contesto macroeconomico.

116    Per quanto concerne il caso del Banco de Madrid, le ricorrenti sostengono che l’insolvenza di tale banca, che è più piccola e meno complessa del Banco Popular, durerebbe da più di sei anni e dimostrerebbe che uno scenario di dieci anni sarebbe appropriato.

117    A tale riguardo, nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha indicato di aver tenuto conto del caso del Banco de Madrid, che all’epoca era l’ultima procedura di insolvenza bancaria spagnola aperta, constatando al contempo che essa differiva dal caso del Banco Popular con riferimento al suo impatto sistemico. Essa ha altresì rilevato che la liquidazione del Banco de Madrid era anteriore a talune modifiche giuridiche importanti della legge 22/2003 che avrebbero avuto un impatto sullo scenario applicato al Banco Popular. Essa ha tuttavia esposto che tale precedente era utile per quanto riguarda la conferma della revoca dell’autorizzazione bancaria e per la valutazione di talune attività.

118    Infatti, come parimenti indicato dalla società incaricata della valutazione nel documento esplicativo, la procedura di insolvenza del Banco de Madrid era anteriore alla modifica della legge 22/2003 che aveva potenzialmente l’effetto di limitare la procedura di liquidazione a 18 mesi. Infatti, come indicato al precedente punto 87, l’adozione della legge 25/2015 mirava a non prorogare indebitamente la procedura di liquidazione prevedendo la possibilità di limitare la retribuzione del liquidatore a 18 mesi.

119    Inoltre, alla data di adozione della decisione impugnata, la procedura di liquidazione del Banco de Madrid, iniziata nel marzo 2015, durava da 5 anni e non contraddiceva quindi l’ipotesi di uno scenario di liquidazione massimo di sette anni. Infine, le ricorrenti non spiegano per quale motivo tale esempio dimostrerebbe che uno scenario di liquidazione del Banco Popular di dieci anni sarebbe appropriato.

120    Pertanto, gli esempi citati dalle ricorrenti non sono idonei a dimostrare che la presa in considerazione di una durata massima dello scenario di liquidazione del Banco Popular di sette anni fosse manifestamente erronea.

121    Inoltre, occorre altresì ricordare che dai precedenti punti da 66 a 70 risulta che il fatto che i periti delle ricorrenti abbiano proceduto alla propria valutazione della procedura di liquidazione del Banco Popular al fine di dimostrare che i recuperi sarebbero stati più consistenti su un periodo di dieci anni non è tale da privare di plausibilità le valutazioni effettuate nella valutazione 3.

122    Inoltre, l’affermazione di A, secondo la quale «a [suo] parere una stima ragionevole della durata dell’insolvenza sarebbe pari o superiore a 10 anni e di almeno 7 anni», costituisce una mera opinione che non è fondata su una valutazione concreta della situazione del Banco Popular.

123    Ne consegue che la seconda censura deve essere respinta.

124    Dall’analisi della prima parte risulta che le ricorrenti non hanno sollevato argomenti tali da privare di plausibilità le valutazioni della società incaricata della valutazione secondo le quali la durata massima della procedura di liquidazione del Banco Popular sarebbe stata di sette anni, tenuto conto in particolare dell’obiettivo di realizzare una liquidazione entro un termine ragionevole nonché delle incertezze indotte da una durata di liquidazione prolungata. Esse non hanno quindi dimostrato che il SRB sia incorso in un errore manifesto di valutazione nel basarsi su tali valutazioni nella decisione impugnata.

125    Pertanto, la prima parte dev’essere respinta.

b)      Sulla seconda parte, relativa alla determinazione dello scenario controfattuale

126    Le ricorrenti sostengono che le ipotesi accolte dalla società incaricata della valutazione e sulle quali il SRB si è basato nella decisione impugnata, riguardanti la valutazione del portafoglio di crediti non deteriorati del Banco Popular, sono manifestamente errate e hanno comportato una sottovalutazione sostanziale di tale portafoglio.

127    Tale parte si suddivide in quattro censure relative all’analisi effettuata dalla società incaricata della valutazione riguardante, in primo luogo, la riclassificazione dei crediti non deteriorati in crediti in sofferenza, in secondo luogo, le ipotesi di rimborso anticipato dei crediti non deteriorati, in terzo luogo, le nuove inadempienze nei pagamenti dei crediti non deteriorati e, in quarto luogo, il tasso di attualizzazione sulla vendita del residuo del portafoglio di crediti non deteriorati.

1)      Sulla prima censura, relativa alla riclassificazione dei crediti non deteriorati in crediti in sofferenza

128    Le ricorrenti ritengono che i motivi forniti dalla società incaricata della valutazione per giustificare la riclassificazione, nella valutazione 3, di EUR 1,1 miliardi di crediti non deteriorati in crediti in sofferenza siano manifestamente errati.

129    In primo luogo, esse sostengono che l’utilizzo del principio IFRS 9 [International Financial Reporting Standard (principio internazionale d’informativa finanziaria)] e della circular 4/2017 del Banco de España, a entidades de crédito, sobre normas de información financiera pública y reservada, y modelos de estados financieros [circolare 4/2017 della Banca di Spagna, agli enti creditizi, sulle regole di informativa finanziaria pubblica e riservata e sui modelli di dichiarazione finanziaria], del 27 novembre 2017 (BOE n. 296, del 6 dicembre 2017, pag. 119454) è inappropriato nel contesto di un’insolvenza e che la società incaricata della valutazione, per procedere alla riclassificazione dei crediti in sofferenza, ha applicato il principio IFRS 9 in modo troppo restrittivo. I criteri utilizzati dalla società incaricata della valutazione dei crediti non corrisponderebbero a quanto definito dal principio IFRS 9 come credito da classificare nella fase 3 e quindi da «svalutare» e far uscire dal gruppo dei crediti non deteriorati.

130    A tale riguardo, nella valutazione 3, per quanto concerne la riclassificazione dei crediti non deteriorati in crediti in sofferenza, la società incaricata della valutazione ha preso in considerazione i clienti che, nelle scritture contabili del Banco Popular, erano classificati nella fase 2 secondo il principio IFRS 9, ossia i clienti che presentavano un rischio elevato di inadempienza nei pagamenti, e ha poi applicato criteri oggettivi al fine di determinare quali fossero i contratti di prestito detenuti da tali clienti che potevano essere riclassificati in crediti in sofferenza, in particolare in caso di insolvenza della banca. La società incaricata della valutazione ha poi ritenuto che dovessero essere riclassificati in crediti in sofferenza i prestiti che erano già scoperti da più di 30 giorni e il cui importo residuo dovuto era superiore al livello delle garanzie fornite nonché i prestiti dei clienti che avevano già un contratto di prestito in stato di sofferenza quando o le garanzie fornite erano insufficienti o il contratto in stato di sofferenza era rilevante nel rapporto globale con la banca.

131    Pertanto, da ciò emerge che la società incaricata della valutazione non ha ritenuto che taluni crediti dovessero essere classificati nella fase 3 secondo i criteri previsti dal principio IFRS 9 e che non ha proceduto alla riclassificazione di taluni crediti non deteriorati in crediti in sofferenza in base a tale principio.

132    Inoltre, il fatto che la società incaricata della valutazione abbia indicato, nella valutazione 3, che il suo metodo era conforme alla circolare 4/2017 della Banca di Spagna non significa, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, che essa l’abbia applicata per procedere alla riclassificazione dei crediti non deteriorati in crediti in sofferenza.

133    Pertanto, l’argomento delle ricorrenti deve essere respinto nella parte in cui deriva da una lettura erronea della valutazione 3.

134    In secondo luogo, le ricorrenti affermano che, nel documento esplicativo, la società incaricata della valutazione, per giustificare le difficoltà di un mutuatario a rimborsare il credito, si è erroneamente basata sul congelamento dei capitali di quest’ultimo, ignorando, da un lato, il fatto che un mutuatario potrebbe avere conti in altre banche e, dall’altro, il funzionamento del sistema spagnolo di garanzia dei depositi. Il riferimento a «domande riconvenzionali» non specificate sarebbe una mera congettura. Esse sostengono che tali affermazioni sono vaghe e non suffragate e non consentono di giustificare la riclassificazione sostanziale dei crediti non deteriorati in crediti in sofferenza effettuata nella valutazione 3.

135    Nel documento esplicativo, in risposta alle osservazioni degli azionisti e dei creditori interessati volte a ottenere chiarimenti in merito alla riclassificazione di taluni crediti non deteriorati in crediti in sofferenza effettuata nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha fornito le seguenti spiegazioni:

«Come indicato nella [valutazione 3], un’insolvenza del Banco Popular avrebbe conseguenze considerevoli, anche per i mutuatari, e potrebbe comportare un aumento del livello di inadempienza nei pagamenti (ad esempio, i mutuatari che detengono anche conti correnti presso il Banco Popular potrebbero vedere congelati tali conti e non potrebbero accedere ai loro fondi, altri potrebbero presentare domande riconvenzionali per non effettuare o ritardare i rimborsi previsti). Tale aumento sarebbe concentrato sulle parti del portafoglio e/o sui mutuatari già in difficoltà, e sarebbe esacerbato dalle difficoltà a mantenere un atteggiamento proattivo nella gestione di tali crediti, tenuto conto della perturbazione delle operazioni e del personale del Banco Popular risultante dall’insolvenza. Sulla base della [sua] esperienza e del [suo] giudizio di perito, [essa ha ritenuto] che i mutuatari identificati come in fase 2 [secondo il principio IFRS 9] nei dati forniti present[assero] un rischio elevato di inadempienza nei pagamenti. Questa classificazione combinata con altri fattori (ad esempio le garanzie associate) determina[va]no la stima dell’aumento del livello di inadempienza e della riclassificazione. A tale riguardo, la situazione [era] diversa da un’analisi contabile in continuità di esercizio».

136    È sufficiente rilevare che le ricorrenti si limitano a sostenere che gli esempi forniti dalla società incaricata della valutazione di comportamenti che possono essere adottati, in caso di liquidazione del Banco Popular, da parte di mutuatari, non giustificano la portata della riclassificazione effettuata nella valutazione 3. Tali argomenti devono essere respinti in quanto inconferenti.

137    Infatti, le spiegazioni fornite nella valutazione 3 e nel documento esplicativo relativo alla riclassificazione dei crediti in sofferenza in crediti deteriorati non si basano su tali esempi. Le ricorrenti sembrano ignorare il fatto che la riclassificazione effettuata nella valutazione 3, menzionata al precedente punto 130, riguardava solo taluni prestiti detenuti da mutuatari che presentavano già rischi di inadempienza nei pagamenti. A tale riguardo, esse non sollevano argomenti diretti a contestare le valutazioni della società incaricata della valutazione relative alle conseguenze di una brusca cessazione delle attività della banca, da un lato, sull’aggravamento della situazione dei mutuatari che avevano già difficoltà a rimborsare i loro prestiti quando il Banco Popular era in attività e, dall’altro, sull’aumento del rischio di inadempienza nei pagamenti di prestiti che, a causa delle loro caratteristiche quali il basso livello delle relative garanzie, presentavano già rischi di mancato rimborso prima della liquidazione.

138    Ne consegue che le ricorrenti non possono validamente sostenere che il SRB avrebbe dovuto ritenere che la riclassificazione dei crediti non deteriorati in crediti in sofferenza effettuata nella valutazione 3 fosse manifestamente erronea. Pertanto, la prima censura dev’essere respinta.

2)      Sulla seconda censura, relativa alle ipotesi di rimborso anticipato dei crediti non deteriorati

139    Le ricorrenti affermano che la conclusione della società incaricata della valutazione nella valutazione 3, relativa alla riduzione delle dimensioni del portafoglio di crediti non deteriorati da EUR 59,5 miliardi a EUR 24,9 miliardi in 18 mesi, si basa su ipotesi di rimborso anticipato irrealistiche. Esse contestano tali ipotesi per quanto riguarda, da un lato, i crediti non deteriorati concessi alle imprese e, dall’altro, i crediti ipotecari non deteriorati.

140    In via preliminare, occorre rilevare che il confronto operato dalle ricorrenti tra i livelli di rimborso anticipato sul mercato spagnolo nel 2017 e le ipotesi prese in considerazione dalla società incaricata della valutazione non è pertinente. Infatti, poiché la valutazione 3 muove dall’ipotesi che il Banco Popular sarebbe stato messo in liquidazione, i livelli di rimborso anticipato per imprese in continuità di esercizio non sono comparabili.

i)      Sui crediti non deteriorati concessi alle imprese

141    Le ricorrenti contestano l’ipotesi accolta dalla società incaricata della valutazione secondo cui l’80,23% del portafoglio di crediti non deteriorati delle imprese clienti del Banco Popular sarebbe stato rimborsato anticipatamente entro un anno dall’insolvenza del Banco Popular. Tale ipotesi si fonderebbe sulla supposizione illogica e contraria alle caratteristiche del mercato spagnolo secondo cui i clienti professionali che necessitavano di una banca che fornisce servizi bancari commerciali sarebbero stati obbligati a rifinanziare i loro prestiti presso una nuova banca che potessero offrire tali servizi.

142    Sotto un primo profilo, le ricorrenti deducono che non esiste alcun legame tra un prestito e un conto corrente, che è inesatto affermare che un’impresa mutuataria abbia una sola relazione bancaria per tutte le sue esigenze e che si deve riconoscere un immobilismo dei mutuatari rispetto al cambiamento di banca. La società incaricata della valutazione lo avrebbe ammesso nel documento esplicativo e si sarebbe basata su dichiarazioni generali relative agli stretti rapporti delle banche spagnole con i loro clienti o alle strategie delle banche concorrenti, senza individuare quante imprese clienti del Banco Popular che avevano ottenuto prestiti beneficiassero di altre funzioni bancarie che avrebbero dovuto far migrare.

143    Nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha ritenuto che i tassi di rimborso anticipato potessero essere molto più elevati in uno scenario di liquidazione che nel caso di una banca in attività, dato che i clienti che ne avevano la possibilità erano in grado di migrare verso altri istituti finanziari e di rimborsare il loro debito nei confronti della banca, e che anche le altre grandi banche spagnole avrebbero cercato attivamente di attirare i migliori clienti della banca in liquidazione. Essa ha ritenuto che tale ipotesi fosse tanto più vera per le imprese clienti che, per la gestione delle loro attività quotidiane, dovevano basarsi su una banca pienamente operativa, in grado di proporre prodotti e servizi quali linee di credito rinnovabili, altri prelievi, una funzione di punto vendita e molti altri servizi che il Banco Popular non sarebbe stato in grado di continuare ad offrire dopo essere stato posto in liquidazione.

144    Essa ha altresì indicato di aver supposto che tutte le imprese clienti migrassero, ad eccezione delle imprese che erano nell’elenco di controllo, che non potevano rifinanziarsi presso un’altra banca, e delle società di promozione immobiliare per le quali le banche concorrenti avevano scarso interesse alla data della risoluzione.

145    Nel documento esplicativo, a seguito di osservazioni degli azionisti e dei creditori interessati secondo le quali le ipotesi di rimborso anticipato per i crediti non deteriorati sembravano troppo elevate, la società incaricata della valutazione ha indicato quanto segue:

«Inoltre, abbiamo constatato che il modello economico spagnolo dei servizi bancari al dettaglio si basa sull’instaurazione di stretti rapporti con i clienti. In tale scenario di liquidazione del Banco Popular, un gran numero di imprese clienti avvierebbero discussioni commerciali con altri fornitori bancari, nel corso delle quali l’entità alternativa sarebbe in una posizione propizia per captare i prestiti delle imprese clienti nonché le loro attività bancarie transattive. Per evitare ogni ambiguità, non si suppone un collegamento operativo tra i due prodotti. Tuttavia, supponiamo che le discussioni commerciali che ne deriverebbero coprirebbero tutte le esigenze bancarie del cliente (che si tratti di transazioni commerciali o di prestiti) e che l’altro fornitore vorrebbe acquisire il maggior numero possibile di nuove attività. Tali discussioni possono essere più facili quando esiste già un rapporto bancario (clienti multibancari). In particolare, le PMI e le imprese di franchising di fascia bassa del Banco Popular avrebbero rivestito, a nostro avviso, un interesse strategico per altre banche spagnole all’epoca, cosicché una strategia proattiva volta a acquisire i clienti del Banco Popular da parte di uno o più concorrenti sarebbe stata il risultato probabile di uno scenario di liquidazione. Per questo motivo, riteniamo che le ipotesi alla base dell’aumento del livello dei rimborsi anticipati dei prestiti, quali delineate nella [valutazione 3], siano ragionevoli».

146    Inoltre, in risposta a osservazioni di azionisti e creditori interessati, che suggerivano che l’inerzia del mutuatario avrebbe ridotto il livello di migrazione e che il comportamento dei clienti non è sempre razionale, la società incaricata della valutazione ha considerato che, pur potendo tale fattore ricorrere in una situazione di continuità operativa, la situazione era molto diversa in uno scenario di liquidazione. Essa ha ricordato che i clienti che dipendevano dal Banco Popular per servizi bancari transattivi sarebbero stati costretti a cambiare banca e, anche se non vi fosse stato un legame operativo, avrebbero probabilmente migrato i loro prestiti contemporaneamente per mantenere i livelli di servizio e per ragioni di comodità amministrativa.

147    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il fatto che la società incaricata della valutazione abbia ammesso l’assenza di un legame operativo tra un prestito e un conto corrente non mette in discussione la sua valutazione secondo cui le imprese clienti devono fare affidamento su una banca in grado di offrire loro una gamma completa di prodotti e servizi. Il fatto che il Banco Popular, a causa della sua liquidazione, non sarebbe più stato in grado di offrire loro tali servizi è un elemento idoneo a favorire la migrazione di tale clientela verso altre banche e quindi un rimborso anticipato dei loro prestiti.

148    In aggiunta, dalla valutazione 3 non risulta che la società incaricata della valutazione sia partita dall’ipotesi che un’impresa abbia un solo rapporto bancario per tutte le sue esigenze. Pertanto, le ricorrenti non possono sostenere che quest’ultima abbia ammesso il carattere erroneo della propria ipotesi quando ha riconosciuto l’esistenza di rapporti multibancari nel documento esplicativo in risposta a talune osservazioni. A tale riguardo, la società incaricata della valutazione ha ritenuto che il fatto che un cliente del Banco Popular avesse un conto presso un’altra banca potesse essere un elemento idoneo a facilitare l’acquisizione dei suoi prestiti da parte di tale altro fornitore e quindi il rimborso anticipato dei crediti non deteriorati.

149    Inoltre, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la società incaricata della valutazione non ha ammesso nel documento esplicativo l’immobilismo dei mutuatari rispetto al cambiamento di banca in un’ipotesi di liquidazione del Banco Popular.

150    Infine, poiché la società incaricata della valutazione ha chiaramente indicato quali fossero le categorie di imprese clienti che aveva escluso dalla sua ipotesi come non in grado di trasferire i loro prestiti, l’argomento diretto a addebitarle di non aver individuato quante imprese clienti che avevano ottenuto prestiti beneficiassero di altre funzioni bancarie non è pertinente.

151    Peraltro, le ricorrenti deducono, nella replica, che la società incaricata della valutazione ha posto gli «stretti rapporti bancari» come fattore determinante dei rimborsi anticipati al di sopra di tutte le altre considerazioni, ivi compresi i costi dei prestiti. A loro avviso, i clienti professionali, in particolare le PMI, privilegerebbero il costo del prestito rispetto alla natura del loro rapporto bancario.

152    È sufficiente constatare che tale argomento delle ricorrenti non prende in considerazione le conseguenze di una messa in liquidazione del Banco Popular, non solo sulla sua incapacità di fornire tutti i servizi bancari, ma anche sull’atteggiamento delle banche concorrenti. In particolare, la società incaricata della valutazione ha indicato, nel documento esplicativo, che una parte delle imprese clienti del Banco Popular, segnatamente le PMI, avrebbero rappresentato un interesse strategico per altre banche spagnole che avrebbero potuto attuare una strategia volta ad acquisire tali clienti in caso di liquidazione.

153    Pertanto, le ricorrenti non sollevano alcun argomento idoneo a dimostrare che l’esistenza di stretti rapporti dei clienti professionali spagnoli con la loro banca non costituiva un elemento pertinente che poteva essere preso in considerazione dalla società incaricata della valutazione. Gli argomenti delle ricorrenti non privano di plausibilità l’ipotesi, presa in considerazione dalla società incaricata della valutazione, secondo la quale, a seguito della liquidazione del Banco Popular, i clienti professionali che dovevano trasferire le loro operazioni commerciali verso un’altra banca avrebbero scelto di trasferire anche i loro prestiti, al fine di mantenere un rapporto che coprisse tutti i servizi bancari.

154    In secondo luogo, le ricorrenti deducono, in sostanza, un difetto di motivazione in quanto la società incaricata della valutazione non avrebbe fornito dati numerici relativi ai tassi di interesse relativi e agli oneri di risoluzione di cui ha tenuto conto.

155    Nel documento esplicativo, in risposta a osservazioni sui tassi di interesse relativi e sui costi di trasferimento, la società incaricata della valutazione ha precisato di aver tenuto conto, nella formulazione delle sue ipotesi di rimborso anticipato, del desiderio del cliente di migrare (in ragione, ad esempio, dei tassi di interesse relativi applicati presso il Banco Popular e altri fornitori), dei potenziali ostacoli (ad esempio, i costi di trasferimento) e dell’attrattiva del cliente per altre banche in sede di esame di un rifinanziamento dei prestiti del cliente (tenendo conto del profilo di rischio del mutuatario, della storia del credito, della segmentazione, della situazione finanziaria, ecc.). Essa ha indicato di aver esaminato i tassi di interesse relativi, confrontando il tasso d’interesse da pagare sulle consistenze dei prestiti (come indicato nei dati forniti) con i tassi di interesse applicati alle nuove operazioni analoghe alla data di risoluzione, e gli oneri di risoluzione, compreso l’esame di un campione di contratti, al fine di comprendere gli oneri di risoluzione previsti per ciascun contratto standard, nonché la misura dell’impatto della risoluzione di tale contratto.

156    È giocoforza constatare che tale motivazione è sufficiente per dimostrare che la società incaricata della valutazione ha effettivamente preso in considerazione, nella valutazione 3, i tassi di interesse applicati dal Banco Popular e dalle altre banche nonché i costi di trasferimento di un prestito. Tale spiegazione è conforme ai requisiti di cui all’articolo 6, lettera b), del regolamento delegato 2018/344, secondo cui la valutazione deve comprendere una spiegazione delle principali metodologie e ipotesi adottate e della sensibilità della valutazione a tali scelte. Non spettava alla società incaricata della valutazione specificare nella valutazione 3 tutti gli elementi e i dati numerici sui quali si era basata.

157    Ne consegue che le ricorrenti non hanno dedotto alcun argomento idoneo a privare di plausibilità l’ipotesi accolta dalla società incaricata della valutazione secondo cui l’80,23% del portafoglio di crediti non deteriorati delle imprese clienti del Banco Popular sarebbe stato oggetto di un rimborso anticipato.

ii)    Sui crediti ipotecari non deteriorati

158    Le ricorrenti affermano che l’ipotesi accolta dalla società incaricata della valutazione, secondo cui il 33,55% del portafoglio di crediti ipotecari non deteriorati del Banco Popular sarebbe stato rimborsato anticipatamente entro un termine di 18 mesi, si basa su generalizzazioni non comprovate.

159    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che i tassi ipotecari sul mercato spagnolo erano sensibilmente più elevati dei tassi dell’1 e dell’1,2% applicati dalla società incaricata della valutazione e si basano sulla loro perizia, che rinvia ai dati del Bollettino statistico della Banca di Spagna del luglio 2018 e a quelli della BCE pubblicati da Standard & Poor’s. Esse affermano che i clienti che pagavano un tasso di interesse pari o inferiore al 2% sul loro mutuo ipotecario, corrispondente al tasso di interesse di tali prestiti sul mercato spagnolo nel giugno 2017, non avevano alcun interesse a cambiare banca. Nel documento esplicativo, la società incaricata della valutazione non avrebbe contestato tali dati né la loro pertinenza, ma avrebbe introdotto una distinzione non pertinente tra i tassi di interesse sul mercato spagnolo nel giugno 2017 e i tassi d’interesse in vigore per tutta la durata dell’ipoteca.

160    Le ricorrenti contestano l’utilizzo dei tassi di interesse in vigore per tutta la durata dell’ipoteca, in quanto i clienti non deciderebbero di sottoscrivere un mutuo ipotecario sulla base di un tale tasso, ma unicamente sulla base del tasso iniziale disponibile sul mercato, e i tassi iniziali tenderebbero ad essere più bassi di un tasso medio per la durata del mutuo.

161    Nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha considerato che i clienti il cui rapporto tra il prestito e il valore del bene acquistato mediante tale prestito (in prosieguo: il «rapporto prestito/valore») è inferiore al 90% e che non figuravano nell’elenco di controllo o quelli la cui durata di scadenza del prestito restava superiore a 2 anni sarebbero stati più inclini a migrare. Essa ha stimato che i clienti con un rapporto prestito/valore inferiore all’80% avrebbero rimborsato il loro prestito anticipatamente se avessero pagato un tasso d’interesse pari o superiore all’1% e che i clienti con un rapporto prestito/valore compreso tra l’80% e il 90% avrebbero rimborsato il loro prestito anticipatamente se avessero pagato un tasso d’interesse pari o superiore all’1,2%.

162    Occorre rilevare che gli argomenti delle ricorrenti diretti a contestare la presa in considerazione dei tassi di interesse dell’1 e dell’1,2% sono già stati sollevati da taluni azionisti e creditori interessati nel corso del procedimento relativo al diritto di essere sentiti.

163    A tale riguardo, nel documento esplicativo, la società incaricata della valutazione ha indicato che i dati risultanti dal Bollettino statistico della Banca di Spagna del luglio 2018 e quelli della BCE pubblicati da Standard & Poor’s, invocati dagli azionisti e creditori interessati, erano diversi da quelli utilizzati nella valutazione 3, in quanto riflettevano solo il tasso iniziale dell’ipoteca.

164    La società incaricata della valutazione ha spiegato che i tassi ipotecari utilizzati nella valutazione 3 erano stati calcolati confrontando i tassi (fissi e variabili) del portafoglio del Banco Popular con quelli proposti alla data del 6 giugno 2017 dai principali fornitori di crediti ipotecari sul mercato spagnolo. Inoltre, ha precisato di aver preso in considerazione i tassi in vigore per l’intera durata del mutuo ipotecario (anziché per la sola durata iniziale), dato che i mutui ipotecari in Spagna hanno generalmente un tasso diverso all’inizio del mutuo rispetto al resto della durata del contratto. La società incaricata della valutazione ha rilevato che tali tassi erano stati calcolati facendo la media della percentuale dei mutui ipotecari sia variabili che fissi sul mercato spagnolo all’epoca e che tali ponderazioni erano state moltiplicate rispettivamente per l’offerta di tasso medio per i nuovi contratti di mutui ipotecari a tasso variabile e a tasso fisso.

165    Ne consegue che le ricorrenti non possono sostenere che la società incaricata della valutazione non ha contestato la pertinenza dei loro dati risultanti dal Bollettino statistico della Banca di Spagna del luglio 2018 e quelli della BCE pubblicati da Standard & Poor’s. Essa ha chiaramente indicato che, poiché tali dati non riflettevano il tasso d’interesse dell’ipoteca per tutta la durata del prestito, essi non erano stati presi in considerazione nella valutazione 3.

166    Inoltre, l’affermazione delle ricorrenti secondo cui i clienti prenderebbero in considerazione unicamente il tasso di interesse iniziale del mutuo e non quello applicabile per tutta la durata del mutuo ipotecario non si basa su alcun elemento concreto. Come rilevato dal SRB, tale affermazione è altresì contraddetta dall’argomento delle ricorrenti secondo cui i clienti tentano di «ottenere un tasso medio a lungo termine più basso».

167    Parimenti, l’affermazione delle ricorrenti secondo cui i tassi di interesse iniziali tenderebbero ad essere più bassi di un tasso medio sulla durata del prestito non si basa su alcun elemento di prova.

168    Ne consegue che gli argomenti delle ricorrenti consistono unicamente nell’avanzare le proprie ipotesi al fine di contraddire quelle utilizzate nella valutazione 3 e non possono privare di plausibilità la valutazione effettuata dalla società incaricata della valutazione. Peraltro, tali argomenti non prendono in considerazione gli altri elementi, quali il rapporto prestito/valore e la durata di scadenza del prestito, presi in considerazione dalla società incaricata della valutazione per stabilire quali fossero i crediti ipotecari non deteriorati che sarebbero stati oggetto di rimborso anticipato.

169    In secondo luogo, le ricorrenti contestano il parere della società incaricata della valutazione secondo cui gli oneri di rimborso anticipato di un mutuo ipotecario non costituivano un fattore rilevante e ritengono che essa abbia erroneamente escluso i costi connessi alla costituzione di un nuovo mutuo ipotecario.

170    Nel documento esplicativo, la società incaricata della valutazione ha indicato che, nell’elaborazione delle ipotesi di rimborso anticipato, aveva preso in considerazione tutti i fattori che potevano incidere sul processo di migrazione dei clienti verso un altro soggetto, tanto dal punto di vista dell’offerta, quali la qualità creditizia del cliente o la disponibilità delle garanzie, quanto dal punto di vista della domanda, ossia l’incidenza dei costi di annullamento dei mutui ipotecari detenuti presso il Banco Popular quanto dei costi connessi alla formalizzazione dei nuovi mutui ipotecari presso l’altro fornitore.

171    Essa ha ricordato la sua conclusione, contenuta nella valutazione 3, secondo la quale non esisteva alcun ostacolo a che un cliente trasferisse il suo mutuo ipotecario a un altro prestatore nonostante il fatto che taluni prestiti comportassero oneri di rimborso anticipato. Essa ha ritenuto che i clienti che detenevano depositi presso il Banco Popular avrebbero dovuto trovare un altro fornitore per tali depositi e che era probabile che tali fornitori avrebbero incentivato e semplificato il processo di spostamento dei loro altri prodotti. Di conseguenza, essa non ha considerato che tali spese dissuadessero i clienti dal trasferire il loro mutuo ipotecario. Essa era altresì dell’avviso che il liquidatore avrebbe potuto non essere in grado di far applicare gli oneri di rimborso anticipato qualora si fosse ritenuto che i clienti avrebbero dovuto cambiare fornitore, a causa delle difficoltà operative incontrate dal Banco Popular a seguito della liquidazione. Infine, essa ha valutato tali oneri in circa EUR 40 milioni per tutti i clienti che avrebbero lasciato il Banco Popular e non ha quindi incluso i relativi introiti.

172    Su quest’ultimo punto, la società incaricata della valutazione ha altresì indicato, nel documento esplicativo, di aver esaminato un campione di operazioni al fine di comprendere gli oneri di estinzione standard stipulati dal Banco Popular e di averne concluso che si collocavano nelle fasce di mercato.

173    Ne consegue che le ricorrenti non possono validamente sostenere che la società incaricata della valutazione non ha tenuto conto, nella sua valutazione delle ipotesi di rimborso anticipato dei crediti ipotecari non deteriorati, dei costi connessi alla migrazione di tali prestiti verso un’altra banca.

174    Peraltro, le ricorrenti si limitano a sostenere che le spiegazioni fornite dalla società incaricata della valutazione per ignorare gli oneri di rimborso anticipato sono superficiali e che essa non ha fornito alcuna spiegazione circa l’esclusione dei costi connessi alla costituzione di un nuovo prestito. Esse ritengono che la spiegazione fondata sulle misure incentivanti delle banche concorrenti sia puramente speculativa, che il liquidatore non avrebbe rinunciato al recupero degli oneri di rimborso anticipato e che, sebbene l’importo di EUR 40 milioni non fosse significativo a livello globale, l’esame dovesse essere effettuato a livello individuale.

175    È sufficiente constatare che le spiegazioni della società incaricata della valutazione erano dirette a dimostrare non tanto che le spese connesse alla migrazione dei crediti ipotecari non deteriorati verso un’altra banca non dovessero essere prese in considerazione, quanto piuttosto che esse non erano dissuasive. Gli argomenti delle ricorrenti si basano su semplici affermazioni che non dimostrano un carattere manifestamente erroneo delle ipotesi prese in considerazione dalla società incaricata della valutazione.

176    Ne consegue che le ricorrenti non hanno dedotto alcun argomento idoneo a privare di plausibilità l’ipotesi accolta dalla società incaricata della valutazione secondo cui il 33,55% del portafoglio di crediti ipotecari non deteriorati del Banco Popular sarebbe stato oggetto di un rimborso anticipato.

177    Dall’analisi della seconda censura risulta che le ricorrenti non hanno dimostrato che il SRB sia incorso in un errore manifesto nel considerare, nella decisione impugnata, che la società incaricata della valutazione «aveva fornito argomenti adeguati sulla base delle sue ipotesi riguardanti l’aumento del livello di rimborso anticipato» dei crediti non deteriorati nel documento esplicativo. Pertanto, la seconda censura dev’essere respinta.

3)      Sulla terza censura, relativa alle restanti nuove inadempienze nei pagamenti dei crediti non deteriorati

178    Le ricorrenti affermano di non contestare il metodo di calcolo dei recuperi attesi dalla liquidazione dei restanti crediti non deteriorati, vale a dire i prestiti rimanenti nel portafoglio al netto di quelli riclassificati come crediti in sofferenza e di quelli risultanti dalle ipotesi di rimborso anticipato, e che esse approvano il fatto che alcuni di tali crediti sarebbero entrati in sofferenza nel corso della loro durata di vita. Tuttavia, esse sostengono che la società incaricata della valutazione non ha fornito alcun fondamento all’ipotesi, figurante nella valutazione 3, secondo la quale vi sarebbe stato un «aumento significativo» delle nuove inadempienze nei pagamenti in caso di insolvenza.

179    Le ricorrenti fanno riferimento a un estratto di una tabella, contenuta nella valutazione 3, contenente una sintesi della strategia di realizzazione delle attività del Banco Popular applicata dalla società incaricata della valutazione secondo cui «[i]l portafoglio di crediti non deteriorati sarà liquidato entro la fine del periodo di liquidazione, tenuto conto del loro rendimento, di un aumento significativo del tasso di rimborso anticipato e delle nuove inadempienze, cui seguirà la vendita finale del portafoglio restante».

180    Ne risulta che la società incaricata della valutazione ha menzionato un aumento significativo del tasso di rimborso anticipato dei crediti non deteriorati e non delle nuove inadempienze dei crediti in sofferenza restanti.

181    Pertanto, è sufficiente rilevare, al pari del SRB, che tale argomento delle ricorrenti si basa su una lettura erronea della valutazione 3.

182    Di conseguenza, la terza censura dev’essere respinta.

4)      Sulla quarta censura, relativa al tasso di attualizzazione sulla vendita del residuo del portafoglio di crediti non deteriorati

183    Le ricorrenti rilevano che, nell’ambito dello scenario ipotetico di liquidazione di sette anni, la società incaricata della valutazione ha applicato un tasso di attualizzazione sulla vendita del residuo del portafoglio di crediti non deteriorati (il «rump») compreso tra il 5,1% per la migliore ipotesi e il 6,1% per la peggiore ipotesi, senza spiegare tale differenza dell’1%.

184    Nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha indicato che il tasso di attualizzazione utilizzato alla fine del periodo di liquidazione in ciascuno scenario rifletteva i tassi di rendimento richiesti sul mercato spagnolo per ciascuna categoria di attività sulla base del profilo di rischio previsto al momento della liquidazione, il che richiedeva adeguamenti. La società incaricata della valutazione ha menzionato gli elementi sui quali si era basata per procedere a tali adeguamenti. Essa ha spiegato che i diversi tassi di attualizzazione utilizzati nei diversi scenari di liquidazione riflettevano l’evoluzione della combinazione delle diverse categorie di attività del portafoglio e dei loro rispettivi tassi di attualizzazione presunti.

185    Orbene, è sufficiente constatare che tali spiegazioni, non contestate dalle ricorrenti, sono sufficienti a giustificare la presa in considerazione di un diverso tasso di attualizzazione sulla vendita del residuo del portafoglio di crediti non deteriorati, distinto per la migliore e la peggiore ipotesi in ogni scenario temporale alternativo.

186    Peraltro, per quanto riguarda il rinvio effettuato dalle ricorrenti alla loro perizia, nella quale si ipotizza un tasso di attualizzazione massimo del 5%, occorre ricordare che dai precedenti punti da 66 a 70 risulta che un confronto con l’analisi effettuata nella perizia delle ricorrenti non è pertinente al fine di determinare se la società incaricata della valutazione sia incorsa in errori manifesti di valutazione nella valutazione 3.

187    Ne consegue che la quarta censura dev’essere respinta.

188    Dall’analisi della seconda parte risulta che le ricorrenti non hanno dedotto argomenti tali da privare di plausibilità le valutazioni della società incaricata della valutazione relative alla valutazione del portafoglio di crediti non deteriorati del Banco Popular. Esse non hanno quindi dimostrato che il SRB sia incorso in un errore manifesto di valutazione nel basarsi su tali valutazioni nella decisione impugnata.

189    Pertanto, la seconda parte dev’essere respinta.

c)      Sulla terza parte, relativa alla valutazione dei crediti in sofferenza

190    Le ricorrenti sostengono che la stima del recupero dei crediti in sofferenza nella valutazione 3 si basa su ipotesi incoerenti e infondate ed è inconciliabile con i dati di riferimento, il che avrebbe portato a una sottovalutazione di tale recupero.

191    In primo luogo, le ricorrenti contestano l’ipotesi accolta nella valutazione 3 secondo cui tutti i crediti in sofferenza sarebbero stati venduti entro 18 mesi dalla liquidazione. Esse sostengono che il portafoglio di crediti in sofferenza garantiti consiste principalmente in crediti garantiti da attività immobiliari e che pertanto il suo valore è determinato dal valore dell’attività immobiliare sottostante. Nella valutazione 3, pur ammettendo che il criterio principale di valutazione dei crediti in sofferenza garantiti è il recupero degli importi derivanti dalla vendita delle attività rilevate, la società incaricata della valutazione avrebbe seguito un approccio incoerente prendendo come ipotesi un periodo di cessione ottimale diverso per i crediti in sofferenza e per le attività immobiliari.

192    Nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha indicato che la strategia di liquidazione prevista consisteva nel vendere quanto prima il portafoglio di crediti in sofferenza al fine di evitare un ulteriore deterioramento della situazione della banca e tenuto conto dell’«appetito» del mercato spagnolo per tali attività e che ciò era in linea con l’esperienza acquisita nell’ambito di altre liquidazioni bancarie. Essa ha stimato che i crediti in sofferenza sarebbero stati venduti nel dicembre 2018, ossia circa 18 mesi dopo la data della risoluzione, nei tre scenari alternativi, di 18 mesi, di 3 anni e di 7 anni.

193    A seguito di osservazioni degli azionisti e dei creditori interessati nell’ambito del procedimento relativo al diritto di essere ascoltati, i quali affermavano che un termine più lungo di cessione dei crediti in sofferenza avrebbe consentito di ottenere un ricavato della vendita più elevato, la società incaricata della valutazione ha indicato, nel documento esplicativo, che l’ipotesi che il Banco Popular conservasse prestiti in sofferenza per un periodo più lungo era stata presa in considerazione in sede di elaborazione della valutazione 3. Tuttavia, essa ha ribadito che un calendario di cessione del portafoglio dei crediti in sofferenza su un periodo di 18 mesi restava il più appropriato.

194    A tale riguardo, la società incaricata della valutazione ha considerato che, su un periodo più lungo, sarebbero stati incerti recuperi più consistenti, mentre i costi connessi al mantenimento del gruppo di lavoro impegnato nella liquidazione (tenuto conto del rischio legato all’uscita del personale chiave, che avrebbe aumentato il livello di inefficienza potenziale), nonché altri fattori quali la reticenza dei mutuatari inadempienti ad avviare discussioni con una banca insolvente, erano più certi. Inoltre, la società incaricata della valutazione ha indicato che un periodo più lungo avrebbe fatto aumentare anche il rischio macroeconomico, in particolare a causa dell’esistenza di un mercato attivo per i crediti in sofferenza nella seconda metà del 2017 e ha ritenuto poco probabile che un liquidatore intendesse effettuare speculazioni sul fatto che condizioni favorevoli perdurassero per un lungo periodo (in particolare in un contesto di dislocamento macroeconomico potenzialmente rilevante che avrebbe potuto far seguito alla liquidazione del Banco Popular). Ha pertanto concluso che una vendita a breve termine era alla fine più vantaggiosa e non avrebbe causato problemi di capacità per l’acquirente tali da incidere sul livello di realizzazioni completate.

195    Nella decisione impugnata, il SRB ha menzionato tali spiegazioni della società incaricata della valutazione e le ha approvate.

196    Inoltre, occorre rilevare che, nel documento esplicativo, la società incaricata della valutazione ha spiegato che, per quanto riguarda la metodologia adottata nella valutazione 3, aveva adottato uno scenario dinamico, definito come un metodo che fissa diversi momenti di realizzazione nel corso della liquidazione e che stabilisce poi un valore delle attività in funzione, in particolare, del momento della realizzazione. In tal senso, essa ha indicato che, per ciascuno degli scenari temporali alternativi, aveva preso in considerazione la strategia e il termine di cessione ottimali per massimizzare la realizzazione delle diverse categorie di attività, in funzione della loro natura sottostante e della loro liquidità.

197    Orbene, le ricorrenti non sollevano alcun argomento idoneo a mettere in discussione tale conclusione.

198    Pertanto, sebbene il 66,6% del portafoglio di crediti in sofferenza del Banco Popular fosse garantito da attività immobiliari, tali crediti e le attività immobiliari non appartengono alla stessa categoria di attività e la loro cessione nell’ambito di una liquidazione non risponde alla medesima strategia.

199    Il fatto che il valore dei crediti in sofferenza garantiti dipenda dal valore delle garanzie immobiliari costituisce certamente il principale fattore della loro valutazione. Tuttavia, esso non è rilevante ai fini della questione di determinare quale sia il termine più appropriato per massimizzare il recupero di tali crediti.

200    Pertanto, le ricorrenti non possono sostenere che esiste un’incoerenza nel fatto di aver tenuto conto di un termine di cessione diverso per i crediti in sofferenza e per le attività immobiliari.

201    Le ricorrenti non deducono alcun argomento idoneo a mettere in discussione le spiegazioni fornite nel documento esplicativo, menzionate al precedente punto 194, che indicano le ragioni per le quali la massimizzazione del recupero di tali crediti implicava la loro rapida cessione dopo l’inizio della liquidazione.

202    Infatti, le ricorrenti, per sostenere che un termine di cessione più lungo avrebbe consentito recuperi più elevati, si limitano a rilevare asserite differenze nell’approccio della società incaricata della valutazione tra la cessione del portafoglio di crediti in sofferenza e quella delle attività immobiliari riguardante i rischi macroeconomici o a indicare che i loro periti hanno un’opinione diversa sui costi di mantenimento del portafoglio di crediti in sofferenza e sulla reticenza dei mutuatari inadempienti a negoziare. Orbene, né il confronto con la valutazione delle attività immobiliari né quello con le valutazioni contenute nella loro perizia sono tali da dimostrare l’esistenza di un errore manifesto di valutazione che in cui la società incaricata della valutazione sarebbe incorsa riguardo alla presa in considerazione di un termine di cessione di 18 mesi.

203    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che la stima del recupero dei crediti in sofferenza non concorda con i dati di riferimento. Esse affermano che il tasso di rendimento interno (TRI) del 16% preso in considerazione nella valutazione 3 è indebitamente elevato, il che avrebbe avuto la conseguenza di far abbassare il prezzo del portafoglio di crediti in sofferenza.

204    Esse deducono che la società incaricata della valutazione avrebbe scartato i dati reali di mercato relativi al TRI, basandosi sulla «qualità inferiore» della procedura di cessione e sull’incapacità del liquidatore di «fornire dichiarazioni e garanzie». Tali affermazioni presupporrebbero che la liquidazione sarebbe stata mal gestita dal liquidatore in violazione delle prescrizioni della legge 22/2003. Inoltre, studi di mercato effettuati dai loro periti mostrerebbero che la mancanza di dichiarazioni e di garanzie avrebbe un impatto limitato sul TRI.

205    Nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha indicato quanto segue:

«TRI: abbiamo ipotizzato che gli investitori in difficoltà interessati a questo tipo di portafoglio [di crediti in sofferenza garantiti] richiederebbero TRI compresi tra il 16% nell’ipotesi elevata e il 20% nell’ipotesi inferiore, che sono superiori a quanto osservato sul mercato a causa del fatto che una vendita di un portafoglio di crediti in sofferenza in uno scenario di liquidazione dovrebbe tener conto:

–        di una qualità inferiore prevista dei processi e delle informazioni fornite ai potenziali acquirenti;

–        dell’incapacità del venditore (il liquidatore) di fornire dichiarazioni e garanzie nel contratto di compravendita».

206    Da un lato, è sufficiente rilevare che la società incaricata della valutazione non ha affermato che la mancanza di informazioni fosse imputabile al liquidatore o che presupponesse la minima mancanza nella gestione da parte di quest’ultimo. Dall’altro lato, le ricorrenti si limitano a riprendere un’opinione dei loro periti a seguito di asseriti studi di mercato che essi avrebbero effettuato, senza che sia menzionata alcuna precisazione quanto alla natura di tali studi o al loro risultato. Pertanto, tali argomenti devono essere respinti.

207    Inoltre, come rilevato dal SRB, i dati reali di mercato non possono servire da dati di riferimento nell’ambito di una procedura ipotetica di insolvenza e richiedono adeguamenti al fine di tener conto delle difficoltà, in particolare amministrative, connesse alla liquidazione.

208    Ne consegue che le ricorrenti non hanno dimostrato che il SRB e la società incaricata della valutazione siano incorsi in un errore manifesto di valutazione per quanto riguarda la valutazione dei crediti in sofferenza.

209    Dall’analisi della terza parte risulta che le ricorrenti non hanno dedotto argomenti tali da privare di plausibilità le valutazioni della società incaricata della valutazione relative alla valutazione del portafoglio di crediti in sofferenza del Banco Popular. Esse non hanno quindi dimostrato che il SRB sia incorso in un errore manifesto di valutazione nel basarsi su tali valutazioni nella decisione impugnata.

210    Di conseguenza, la terza parte dev’essere respinta.

d)      Sulla quarta parte, relativa alla valutazione dello scenario controfattuale

211    Le ricorrenti sostengono che la valutazione delle attività immobiliari indirettamente detenute dal Banco Popular effettuata dalla società incaricata della valutazione si basa su ipotesi incoerenti e che il SRB è incorso in errori manifesti di valutazione che hanno condotto a una sottovalutazione dei recuperi relativi a tali attività.

212    Esse affermano che l’ipotesi accolta dalla società incaricata della valutazione secondo cui le attività immobiliari indirettamente detenute dal Banco Popular, ossia tramite le società figlie immobiliari, sarebbero state cedute entro un termine accelerato di 18 mesi indipendentemente dallo scenario di liquidazione previsto è in contraddizione con la sua valutazione riguardante le attività immobiliari detenute direttamente dal Banco Popular, la cui cessione sarebbe stata scaglionata su tutta la durata del periodo di liquidazione al fine di massimizzare i recuperi.

213    Esse sostengono altresì che la società incaricata della valutazione non avrebbe quantificato, e il SRB non avrebbe previsto, i recuperi realizzabili su un periodo di cessione più lungo corrispondente a quello preso in considerazione per le attività immobiliari direttamente detenute dal Banco Popular. Basandosi sulla loro perizia, esse contestano i motivi addotti dalla società incaricata della valutazione, nel documento esplicativo, per i quali essa ha ritenuto che un periodo di cessione più lungo per le controllate immobiliari non avrebbe consentito di massimizzare i recuperi.

214    Nella decisione impugnata, il SRB ha rilevato che taluni azionisti e creditori interessati avevano sostenuto, nel corso della procedura relativa al diritto di essere ascoltati, che la strategia di liquidazione proposta dalla società incaricata della valutazione per le società figlie immobiliari era inappropriata e incompatibile con le informazioni contenute nella valutazione 3 relative alle attività immobiliari direttamente detenute dal Banco Popular. Essi hanno affermato che i risultati sarebbero stati massimizzati grazie a una cessione ordinata delle attività durante tutto il periodo di liquidazione e che il periodo di 18 mesi era stato inutilmente accelerato, il che avrebbe comportato una significativa sottovalutazione dei recuperi.

215    Il SRB ha indicato che, come illustrato nel documento esplicativo, per le società figlie immobiliari, la società incaricata della valutazione aveva ritenuto che le vendite in attività delle società figlie immobiliari nei primi 18 mesi della liquidazione costituissero la strategia di realizzazione ottimale. Il SRB ha rilevato che il fatto di considerare le società figlie immobiliari come imprese in attività e non come semplici proprietarie di beni immobili consentiva la realizzazione di tali società figlie, dopo la loro vendita, in modo più rapido e più ordinato, senza che i prezzi degli immobili ne risentissero e senza una saturazione della capacità del mercato. Esso ha aggiunto che, sebbene la società incaricata della valutazione avesse preso in considerazione altre strategie, ivi compresa l’eventualità di consentire al Banco Popular di conservare le entità e stabilire esso stesso il valore delle attività o scaglionare le cessioni su un periodo più lungo, tali strategie avrebbero comportato un processo più complesso e ad alta intensità di capitale, nonché costi e rischi supplementari che il liquidatore sarebbe stato restio ad accettare, senza la certezza di ottenere recuperi più elevati.

216    A tale riguardo, nel documento esplicativo, la società incaricata della valutazione ha precisato i motivi per i quali non aveva adottato, nella valutazione 3, una strategia di cessione delle società figlie immobiliari per un periodo più lungo. La società incaricata della valutazione ha esposto quanto segue:

«[I]n sede di elaborazione [della valutazione 3], abbiamo preso in considerazione altre strategie, ivi compresa l’eventualità di consentire al Banco Popular di conservare le entità e calcolare esso stesso le attività su un periodo più lungo o scaglionare le cessioni su un periodo più lungo; tuttavia, si tratterebbe di un processo potenzialmente più impegnativo in termini di capitale e più complesso da gestire, in particolare tenuto conto della liquidazione del Banco Popular. Più precisamente, in attesa di cessioni di attività, le entità potrebbero aver bisogno di finanziamenti, inoltre, nel contesto del dissesto del Banco Popular e del potenziale impatto macroeconomico sul valore delle attività, una siffatta strategia esporrebbe il liquidatore a un rischio supplementare (anche da un punto di vista operativo) che, a nostro avviso, il liquidatore sarebbe restio ad accettare. Inoltre, tenuto conto dei costi e dei rischi aggiuntivi, abbiamo ritenuto che un periodo più lungo per la vendita di tali entità potrebbe avere un impatto negativo sull’importo realizzabile, considerando il potenziale impatto del processo di liquidazione della società madre sulla gestione di tali entità. Inoltre, la mancata vendita delle società figlie immobiliari entro la fine del calendario di liquidazione comporterebbe costi di liquidazione più elevati, costi di gestione e manutenzione più elevati e non necessariamente maggiori recuperi».

217    Ne consegue che la società incaricata della valutazione ha spiegato che, poiché aveva previsto la cessione delle società figlie immobiliari del Banco Popular in quanto imprese in continuità di esercizio e non come attività immobiliari indirettamente detenute, una cessione per un periodo più lungo di 18 mesi non consentiva una massimizzazione dei recuperi.

218    A tale riguardo, le ricorrenti affermano che le giustificazioni addotte dalla società incaricata della valutazione si applicavano tanto alle attività immobiliari indirettamente detenute dal Banco Popular quanto a quelle direttamente detenute da quest’ultimo. Esse contestano la conclusione secondo cui la gestione delle attività immobiliari indirettamente detenute avrebbe comportato costi supplementari, in quanto, secondo i loro periti, il liquidatore avrebbe beneficiato della competenza delle società figlie immobiliari che l’avrebbero aiutato a gestire il rischio connesso alle attività immobiliari. Esse indicano di ignorare quali fossero le esigenze di finanziamento specifiche menzionate dalla società incaricata della valutazione.

219    Occorre rilevare che tali argomenti non sono sufficienti a mettere in discussione le spiegazioni fornite dal SRB e dalla società incaricata della valutazione secondo le quali una cessione, su un periodo più lungo, delle società figlie immobiliari in quanto attività immobiliari indirettamente detenute avrebbe aumentato i costi, tanto quelli connessi al funzionamento di tali società figlie quanto quelli della liquidazione, nonché i rischi, tenuto conto in particolare del rischio di saturazione del mercato immobiliare, e non consentiva quindi una massimizzazione dei recuperi.

220    Inoltre, gli argomenti delle ricorrenti non consentono di dimostrare che la società incaricata della valutazione sia incorsa in un errore manifesto di valutazione nel considerare la cessione delle società figlie immobiliari del Banco Popular come imprese in attività. Il fatto che, secondo la loro perizia, fosse concepibile un’altra strategia, ossia la cessione di tali società figlie quali beni immobili indirettamente detenuti, non è sufficiente a privare di plausibilità l’ipotesi accolta dalla società incaricata della valutazione.

221    A tale riguardo, occorre ricordare che, come indicato ai precedenti punti 196 e 197, le ricorrenti non contestano la metodologia di valutazione adottata dalla società incaricata della valutazione, secondo la quale essa ha preso in considerazione la strategia e il termine di cessione ottimali per massimizzare le realizzazioni delle diverse categorie di attività, in funzione della loro natura sottostante e della loro liquidità.

222    Pertanto, le ricorrenti non possono validamente sostenere che la presa in considerazione di durate di cessioni diverse per due categorie di attività diverse, ossia le società figlie immobiliari in continuità di esercizio e le attività immobiliari direttamente detenute dal Banco Popular, sarebbe contraddittoria.

223    Inoltre, poiché la società incaricata della valutazione ha giustificato le ragioni per le quali una cessione delle società figlie immobiliari in quanto attività immobiliari indirettamente detenute non consentiva di ottenere recuperi più elevati, le ricorrenti le addebitano erroneamente di non aver quantificato i recuperi risultanti da una siffatta ipotesi.

224    Infine, occorre rilevare che gli argomenti delle ricorrenti nonché la perizia su cui si basano, volti a dimostrare che la società incaricata della valutazione avrebbe dovuto prevedere un periodo di cessione più lungo, si fondano sull’ipotesi di una cessione delle società figlie immobiliari in quanto attività immobiliari indirettamente detenute dal Banco Popular. Tali argomenti non sono quindi idonei a mettere in discussione la valutazione della società incaricata della valutazione relativa alla durata della cessione delle società figlie immobiliari in quanto imprese in continuità di esercizio.

225    A tale riguardo, occorre rilevare che le ricorrenti non sostengono che, nell’ipotesi di una cessione delle società figlie immobiliari del Banco Popular in quanto imprese in attività, la presa in considerazione di un periodo di cessione di 18 mesi sia errata.

226    Ne consegue che le ricorrenti non hanno sollevato argomenti tali da privare di plausibilità le valutazioni della società incaricata della valutazione relative alla valutazione delle società figlie immobiliari del Banco Popular. Esse non hanno quindi dimostrato che il SRB sia incorso in un errore manifesto di valutazione nel basarsi su tali valutazioni nella decisione impugnata.

227    Di conseguenza, la quarta parte dev’essere respinta.

e)      Sulla quinta parte, relativa alla valutazione dei rischi giuridici

228    Le ricorrenti affermano che la stima dei rischi giuridici, nella valutazione 3, compresa in una forbice molto ampia che va da EUR 1,8 miliardi nella migliore ipotesi a EUR 3,5 miliardi nella peggiore ipotesi, risulta da errori di diritto ed errori manifesti di valutazione e ha comportato una sopravvalutazione arbitraria degli accantonamenti per rischi giuridici nonché una diminuzione del livello dei recuperi.

229    Nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha illustrato il suo approccio generale alla valutazione dei rischi giuridici. Essa ha indicato di aver verificato i rendiconti finanziari del Banco Popular ed esaminato, insieme ai legali interni della banca, se le stime avessero dovuto essere rivedute o se fossero potuti sorgere reclami supplementari in caso di liquidazione della banca. Ha spiegato di aver ricalcolato i rischi giuridici contenuti nei rendiconti finanziari utilizzando le proprie ipotesi sulla base delle informazioni fornite dalla banca e tenendo conto, se del caso, della giurisprudenza esistente. Essa ha osservato che la dichiarazione di insolvenza non impediva alle parti di presentare nuovi reclami e che, in effetti, la sua esperienza in altre situazioni dimostrava che, in uno scenario di liquidazione, i clienti, i creditori o gli azionisti cercavano di massimizzare le loro prospettive di recupero. Essa ha altresì precisato che, come per qualsiasi procedimento giudiziario, non era possibile prevedere in che modo i giudici avrebbero considerato i reclami ricevuti, in particolare quelli che all’epoca erano puramente ipotetici. In tali circostanze, essa ha ritenuto che la sua analisi potesse costituire una valutazione prudente delle potenziali alee giuridiche ai fini della valutazione.

230    Per quanto riguarda la metodologia e le ipotesi utilizzate, la società incaricata della valutazione ha spiegato di aver supposto che le principali alee giuridiche fossero incluse nei rendiconti finanziari del Banco Popular e di aver esaminato le ipotesi formulate dalla banca e ricalcolato l’importo che poteva essere richiesto. Ha precisato di aver incluso nella sua analisi il rischio relativo ai reclami relativi agli aumenti di capitale in uno scenario di liquidazione, sulla base delle sue conoscenze del settore.

231    La società incaricata della valutazione ha poi spiegato il metodo da essa utilizzato per valutare ciascuna categoria di rischi giuridici, vale a dire le clausole di tasso minimo dei mutui ipotecari, le obbligazioni obbligatoriamente convertibili, gli oneri legati ai mutui ipotecari, gli aumenti di capitale del Banco Popular del 2012 e del 2016 e le garanzie di sviluppo immobiliare.

232    In primo luogo, le ricorrenti deducono che l’approccio della società incaricata della valutazione non sarebbe conforme al diritto spagnolo. Esse sostengono, basandosi sulla testimonianza di A allegata all’atto introduttivo, che, nell’ambito di una procedura ordinaria di insolvenza in applicazione del diritto spagnolo, il liquidatore non costituisce generalmente accantonamenti per i reclami in corso o i potenziali reclami nei confronti dell’entità in liquidazione. Il diritto spagnolo eviterebbe al liquidatore di effettuare speculazioni sull’esito dei reclami che non si sono concretizzati, per non arrecare pregiudizio ai creditori esistenti. Il liquidatore potrebbe, in via eccezionale, accantonare il valore di un reclamo pendente già registrato qualora ritenga molto probabile che avrà esito positivo, ma, conformemente al suo obbligo di massimizzare i recuperi per i creditori esistenti, non valuterebbe i reclami non ancora registrati.

233    A tale riguardo, è sufficiente constatare che tale argomento delle ricorrenti si basa su semplici affermazioni del loro testimone, A, che non menziona esplicitamente alcuna disposizione della legislazione spagnola.

234    Inoltre, come rilevato dal SRB, l’articolo 87, paragrafo 4, della legge 22/2003 dispone quanto segue:

«Qualora il giudice fallimentare ritenga probabile la condizione risolutiva o la conferma dell’eventuale credito, egli può, su domanda di una parte, adottare i provvedimenti conservativi di costituzione di accantonamenti sulla massa, di costituzione di cauzioni ad opera delle parti e di ogni altro provvedimento che ritenga opportuno in ciascun caso di specie».

235    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la legge 22/2003 non limita la possibilità per il liquidatore di prendere in considerazione reclami nel caso eccezionale in cui ritenga che sia «molto probabile» che essi pervengano.

236    In secondo luogo, le ricorrenti affermano che la società incaricata della valutazione ha ricalcolato l’importo degli accantonamenti per rischi giuridici già previsto nei rendiconti finanziari del Banco Popular sulla base non dei reclami già registrati, bensì della sua esperienza o delle proprie ipotesi. Non si tratterebbe di una motivazione sufficiente per escludere i rendiconti finanziari del Banco Popular. Sebbene la società incaricata della valutazione avesse indicato nella valutazione 2 che un parere giuridico era necessario per valutare le possibilità di successo dei reclami, nulla indicherebbe nella valutazione 3 che essa abbia ottenuto un siffatto parere.

237    Sotto un primo profilo, occorre rilevare, al pari del SRB nella decisione impugnata, che la società incaricata della valutazione ha indicato, nella valutazione 3 e nel documento esplicativo, di aver consultato il servizio giuridico del Banco Popular ed esaminato con esso se le stime contenute nei rendiconti finanziari della banca dovessero essere rivedute o se sarebbero potuti sorgere reclami supplementari in caso di liquidazione.

238    Inoltre, dalla valutazione 3 risulta che la società incaricata della valutazione si è basata sulla normativa spagnola applicabile per procedere alla valutazione. Orbene, le ricorrenti non contestano che la società incaricata della valutazione possedesse le competenze richieste per effettuare efficacemente la valutazione 3 ai sensi dell’articolo 38, punto 1, del regolamento delegato 2016/1075, il che include competenze giuridiche.

239    Pertanto, le ricorrenti non possono sostenere che un parere giuridico supplementare era necessario per la realizzazione della valutazione 3.

240    Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda il fatto che le stime della società incaricata della valutazione si discostavano dal livello degli accantonamenti contenuti nel bilancio del Banco Popular, il SRB ha rilevato, nella decisione impugnata, che dal documento esplicativo risultava che i criteri contabili applicati dal Banco Popular per il calcolo degli accantonamenti per rischi giuridici sulla base di una continuità di esercizio non si applicavano nell’ambito di una procedura di insolvenza.

241    A questo proposito, la società incaricata della valutazione ha illustrato, nel documento esplicativo, che i criteri contabili applicati dal Banco Popular per il calcolo degli accantonamenti per rischi giuridici, al di fuori della procedura di insolvenza, sarebbero diversi da quelli applicati per il calcolo da effettuare nell’ambito di uno scenario di liquidazione e che i criteri contabili non si applicavano in caso di insolvenza. Inoltre, essa ha indicato che la costituzione di un accantonamento contabile non comportava diritti specifici all’interno della gerarchia dei creditori in caso di liquidazione e non attribuiva a tali creditori la preferenza per recuperare un qualsivoglia importo. Essa ha aggiunto che, di conseguenza, i livelli degli accantonamenti calcolati dal Banco Popular nei suoi rendiconti finanziari sarebbero stati probabilmente diversi, dato che i livelli degli accantonamenti del Banco Popular non riflettevano uno scenario di liquidazione.

242    Inoltre, la società incaricata della valutazione ha altresì indicato che l’apertura di una procedura ordinaria di insolvenza avrebbe potuto condurre a reclami supplementari che potevano essere avviati da creditori che desiderassero massimizzare i loro recuperi prima della fine della liquidazione.

243    Ne consegue che la società incaricata della valutazione ha sufficientemente motivato la ragione per cui si era discostata dai rendiconti finanziari del Banco Popular e si era basata sulle proprie stime per valutare i rischi giuridici nell’ambito di uno scenario di liquidazione nella valutazione 3.

244    Nella replica, le ricorrenti sostengono che la società incaricata della valutazione non ha suffragato la sua affermazione secondo cui le stime dei rischi giuridici sarebbero state più elevate nel caso di un’insolvenza che nel caso di un’impresa in attività. Secondo i loro periti, si dovrebbe prevedere che la stima sarebbe inferiore in caso di insolvenza.

245    È sufficiente constatare che, oltre alla spiegazione menzionata al precedente punto 242, la società incaricata della valutazione aveva indicato nella valutazione 3 che le procedure di liquidazione davano generalmente luogo a controversie importanti e a reclami fondati su ipotesi difficili da prevedere. Come indicato al precedente punto 229, essa ha spiegato che, in base alla sua esperienza, in uno scenario di liquidazione potevano sorgere reclami supplementari potenzialmente significativi e fino ad allora imprevisti, allo scopo di massimizzare le prospettive di recupero.

246    Inoltre, nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha fornito spiegazioni specifiche sul rischio di aumento dei reclami per ciascuna categoria di rischi giuridici. Ad esempio, per quanto riguarda le clausole di tasso minimo dei mutui ipotecari, ha tenuto conto dell’entrata in vigore, nel 2018, di una nuova normativa in materia di tutela dei consumatori.

247    Ne risulta che la società incaricata della valutazione ha sufficientemente motivato la ragione per la quale aveva stimato accantonamenti per rischi giuridici più elevati nella valutazione 3 rispetto a quelli risultanti dai rendiconti finanziari del Banco Popular.

248    In terzo luogo, le ricorrenti contestano le stime degli accantonamenti per rischi giuridici relative agli aumenti di capitale del Banco Popular nel 2012 e nel 2016.

249    Nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione ha ricordato che il Banco Popular aveva proceduto a due aumenti di capitale, nel novembre 2012 e nel maggio 2016, ciascuno per EUR 2,5 miliardi. Essa ha rilevato che la causa Bankia costituiva un precedente per quanto riguarda il modo in cui gli azionisti avrebbero potuto dedurre eventuali errori o omissioni nel prospetto iniziale di raccolta di capitali come fondamento di un reclamo che, se accolto, avrebbe consentito all’azionista di ottenere il risarcimento dei danni dalla banca. Per stimare i potenziali reclami, essa ha spiegato di aver segnatamente preso in considerazione, da un lato, il tempo trascorso, precisando che il termine di prescrizione relativo all’aumento di capitale del 2012 non era scaduto e, dall’altro, il profilo degli investitori basandosi sulle informazioni pubbliche disponibili e sulla struttura azionaria fornita dal Banco Popular.

250    Nella decisione impugnata, il SRB ha rilevato che taluni azionisti e creditori interessati avevano formulato osservazioni, secondo le quali i reclami relativi all’aumento di capitale del 2012 erano molto poco probabili tenuto conto del tempo trascorso. Esso ha indicato che, nel documento esplicativo, la società incaricata della valutazione aveva considerato che, anche se erano potenzialmente meno probabili dei reclami relativi all’aumento di capitale del 2016, la possibilità di tali reclami non poteva essere totalmente esclusa. In particolare, secondo la società incaricata della valutazione, potevano essere presentati reclami relativi all’aumento di capitale del 2012 del Banco Popular in relazione a eventuali errori o omissioni nel prospetto iniziale di aumento di capitale e tale possibilità non aveva potuto essere esclusa per il fatto che il termine di prescrizione non era ancora scaduto. Il SRB ha indicato che, di conseguenza, la società incaricata della valutazione aveva concluso che, sebbene i reclami relativi all’aumento di capitale del 2012 fossero molto poco probabili tenuto conto del tempo trascorso, essi non potevano essere esclusi.

251    Occorre rilevare che, nel documento esplicativo, la società incaricata della valutazione ha precisato di aver supposto che tali reclami sarebbero stati pari a zero quando ha stabilito la migliore ipotesi riguardante la valutazione degli accantonamenti per rischi giuridici.

252    Sotto un primo profilo, per quanto riguarda i rischi giuridici connessi all’aumento di capitale del 2016, le ricorrenti indicano che i loro periti hanno valutato che un accantonamento equo, prudente e ragionevole ammontava a EUR 1,1 miliardi sulla base della stima effettuata da Ernst & Young per conto della Bankia e di quella effettuata dal Banco Santander.

253    È sufficiente constatare che, in applicazione dei precedenti punti da 67 a 70, tale argomento con cui le ricorrenti si limitano a rinviare al calcolo effettuato nella loro perizia non è pertinente per dimostrare l’esistenza di un errore manifesto di valutazione nella valutazione 3.

254    Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda i rischi giuridici connessi all’aumento di capitale del 2012, le ricorrenti ritengono che, nella migliore come nella peggiore ipotesi, il loro importo dovrebbe essere pari a zero, dato che i reclami erano molto poco probabili tenuto conto del tempo trascorso e che, secondo la testimonianza di A, un liquidatore non sarebbe autorizzato ad accantonare siffatti crediti.

255    A tale riguardo, è sufficiente ricordare che dai precedenti punti 234 e 235 risulta che il liquidatore ha la possibilità di tener conto degli eventuali crediti e che tale argomento è già stato respinto.

256    Le ricorrenti non deducono argomenti idonei a mettere in discussione le spiegazioni fornite dalla società incaricata della valutazione e approvate dal SRB, citate al precedente punto 250, tali da giustificare il fatto che i reclami relativi all’aumento di capitale del 2012 sarebbero potuti sorgere anche dopo la liquidazione del Banco Popular.

257    A tale riguardo, il fatto, rilevato dalle ricorrenti, che la società incaricata della valutazione abbia ammesso, nel documento esplicativo, che la possibilità di reclami connessi all’aumento di capitale del 2012 era meno probabile che per quello del 2016 non è sufficiente per mettere in discussione la plausibilità dell’ipotesi accolta da quest’ultima secondo cui i reclami relativi all’aumento di capitale del 2012 non potevano essere totalmente esclusi.

258    Peraltro, le ricorrenti non possono sostenere che l’importo dell’accantonamento per rischi giuridici relativo all’aumento di capitale del 2012, preso in considerazione nella valutazione 3 nella peggiore ipotesi, fosse sostanziale e manifestamente erroneo, confrontando l’importo totale degli accantonamenti per rischi giuridici della migliore e della peggiore ipotesi contenuti nella valutazione 3. Infatti, tale importo totale include la valutazione di tutte le categorie di rischi giuridici menzionate al precedente punto 231.

259    Pertanto, le ricorrenti non hanno sollevato alcun argomento tale da privare di plausibilità la stima della società incaricata della valutazione secondo cui l’importo degli accantonamenti per rischi giuridici relativi all’aumento di capitale del 2012 poteva non essere pari a zero nella peggiore ipotesi.

260    In quarto luogo, per la prima volta nella replica, le ricorrenti sostengono che, secondo i rendiconti finanziari del Banco Santander del 2020, l’accantonamento riguardante le clausole di tasso minimo eseguito dal Banco Popular nei suoi rendiconti finanziari era corretto e che l’aumento di tale accantonamento effettuato dalla società incaricata della valutazione non era giustificato.

261    È sufficiente constatare, al pari del SRB, che tale argomento relativo alle clausole di tasso minimo è stato sollevato per la prima volta in fase di replica e che, non costituendo esso un ampliamento di un motivo esposto nel ricorso e non avendo le ricorrenti addotto alcun elemento di diritto o di fatto emerso durante il procedimento, detto argomento è irricevibile in applicazione dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura. In ogni caso, tale argomento fondato su elementi di fatto che si sono verificati successivamente alla decisione impugnata non può mettere in discussione la plausibilità delle ipotesi accolte dalla società incaricata della valutazione nella valutazione 3.

262    Inoltre, le ricorrenti chiedono al Tribunale di adottare mezzi istruttori per esigere dal SRB che esso consenta al Tribunale di verificare il fascicolo e di porre in essere garanzie adeguate per consentire al loro rappresentante di esaminarlo.

263    Orbene, occorre ricordare al riguardo che, per consentire al Tribunale di valutare l’utilità di misure di organizzazione del procedimento, la parte che ne fa domanda deve identificare i documenti sollecitati e fornire al Tribunale almeno un minimo di elementi idonei ad accreditare l’utilità di tali documenti per le esigenze del giudizio (v. sentenze del 28 luglio 2011, Diputación Foral de Vizcaya e a./Commissione, da C‑474/09 P a C‑476/09 P, non pubblicata, EU:C:2011:522, punto 92 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 marzo 2019, Hércules Club de Fútbol/Commissione, T‑766/16, EU:T:2019:173, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

264    È sufficiente rilevare che le ricorrenti non precisano quali siano le informazioni di cui chiedono la produzione né quale sarebbe la loro utilità. Si deve ritenere che la domanda delle ricorrenti non sia sufficientemente precisa e che pertanto non debba essere accolta.

265    Ne consegue che le ricorrenti non hanno sollevato argomenti tali da privare di plausibilità le valutazioni della società incaricata della valutazione relative alla valutazione dei rischi giuridici. Esse non hanno quindi dimostrato che il SRB sia incorso in un errore manifesto di valutazione nel basarsi su tali valutazioni nella decisione impugnata.

266    Di conseguenza, la quinta parte dev’essere respinta.

267    A conclusione del primo motivo di ricorso, le ricorrenti deducono una violazione del loro diritto di proprietà. Esse sostengono che dai loro argomenti esposti nelle cinque parti di tale motivo di ricorso risulta che la conclusione della decisione impugnata, secondo la quale nessun indennizzo è loro dovuto, non equivale a un equo indennizzo. Secondo le prove che esse avrebbero fornito, esse avrebbero ricevuto, in una procedura ordinaria di insolvenza, un recupero integrale, o almeno una parte sostanziale, dell’importo delle loro obbligazioni.

268    Poiché le cinque parti del primo motivo di ricorso sono state respinte, è sufficiente constatare che le ricorrenti non hanno dimostrato che il SRB sia incorso in un errore manifesto di valutazione nel decidere di non concedere loro alcun indennizzo. Esse non possono quindi validamente sostenere che tale decisione viola il loro diritto di proprietà.

269    Ne consegue che il primo motivo di ricorso dev’essere respinto.

3.      Sul secondo motivo di ricorso, vertente sul fatto che il SRB sarebbe incorso in un errore manifesto di valutazione nominando la società incaricata della valutazione come perito indipendente

270    Le ricorrenti sostengono che il SRB è incorso in un errore manifesto di valutazione o in un errore di diritto nominando la società incaricata della valutazione per effettuare la valutazione 3 in violazione dell’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014. Sotto un primo profilo, esse sostengono che il SRB non avrebbe esaminato l’indipendenza della società incaricata della valutazione. Sotto un secondo profilo, esse ritengono che, in ogni caso, la società incaricata della valutazione non sarebbe stata un perito indipendente ai sensi dell’articolo 38 del regolamento delegato 2016/1075.

a)      Sulla prima parte, vertente sul fatto che il SRB non avrebbe esaminato lindipendenza della società incaricata della valutazione

271    Le ricorrenti affermano che il SRB ha delegato alla stessa società incaricata della valutazione il compito di verificare se quest’ultima fosse indipendente, in violazione dell’articolo 41 del regolamento delegato 2016/1075. Il SRB non avrebbe fornito dettagli sulle verifiche di conflitto interno che aveva chiesto alla società incaricata della valutazione, né sulle garanzie sufficienti che la società incaricata della valutazione avrebbe applicato, né sulle norme professionali che quest’ultima avrebbe seguito, né sulla sorveglianza che avrebbe esercitato per assicurarsi che non sorgesse alcun interesse rilevante, effettivo o potenziale, che potesse influenzare o essere ragionevolmente percepito come tale da influenzare il giudizio della società incaricata della valutazione nella procedura.

272    In applicazione dell’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014, il SRB provvede a che persona indipendente di cui al paragrafo 1 di tale articolo, ossia una persona indipendente da qualsiasi autorità pubblica, compresi il SRB e l’autorità nazionale di risoluzione, nonché dall’entità interessata, effettui una valutazione.

273    Nel corso della procedura di gara che ha portato all’aggiudicazione alla società incaricata della valutazione del contratto specifico menzionato al precedente punto 4, quest’ultima ha fornito al SRB, il 18 maggio 2017, una dichiarazione di assenza di conflitto di interessi con il Banco Popular. Il 22 maggio 2017, la società incaricata della valutazione ha fornito una dichiarazione di assenza di conflitto di interessi contenuta nella sua «proposta di prestazione di servizi di consulenza e di assistenza relativa alla valutazione economica e finanziaria nell’ambito del lotto 2 (SRB/OP/1/2015)» nella quale menzionava i servizi che aveva fornito al Banco Popular.

274    Il 23 maggio 2017, alla data della sua nomina come perito, essa ha altresì presentato una dichiarazione relativa alla sua indipendenza conformemente al regolamento delegato 2016/1075, nella quale ha indicato, in particolare, di essere a conoscenza dei requisiti di legge e che misure appropriate erano state adottate, quando erano necessarie, per garantire che né essa né alcun membro del gruppo di lavoro proposto per l’esecuzione del contratto specifico avessero un interesse rilevante come definito all’articolo 41 del regolamento delegato 2016/1075. Si è impegnata a mettere in atto tutte le misure necessarie per garantire che i servizi forniti in futuro alle altre parti non avrebbero compromesso la sua indipendenza. Essa ha rilevato che qualsiasi aggiunta di nuovi membri al suo gruppo di lavoro sarebbe stata soggetta al rispetto dei requisiti di indipendenza nonché all’approvazione del SRB.

275    Dopo la sua nomina come perito, il 21 settembre 2017 e l’11 aprile 2019, la società incaricata della valutazione ha fornito ulteriori dichiarazioni in merito alla sua indipendenza a seguito dell’aggiunta di nuovi membri al gruppo che lavorava sulla valutazione 3.

276    Inoltre, il 18 dicembre 2019, su richiesta del SRB a seguito delle osservazioni degli azionisti e dei creditori interessati nell’ambito del procedimento relativo al diritto di essere ascoltati, la società incaricata della valutazione ha prodotto una nuova dichiarazione di assenza di conflitto di interessi. Essa ha confermato che, il 15 novembre 2019, tenuto conto dei suoi sistemi e dei suoi controlli, era ed era stata indipendente ai fini della valutazione 3 e che non era a conoscenza di conflitti con altri lavori da essa effettuati, né di conflitti individuali. Ha indicato, in particolare, i servizi che aveva fornito al Banco Santander e ha precisato che non esisteva alcun nesso tra tali servizi e quelli forniti al SRB per la realizzazione della valutazione 3 o del documento esplicativo. Essa ha aggiunto di non aver fornito servizi relativi alla valutazione o all’informativa finanziaria delle attività e delle passività oggetto della valutazione 3.

277    Nella decisione impugnata, il SRB ha ritenuto che la società incaricata della valutazione fosse indipendente, conformemente ai requisiti di cui all’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 e al capo IV del regolamento delegato 2016/1075. Esso ha rilevato che la società incaricata della valutazione era stata selezionata nell’ambito di una procedura di gara, al termine della quale il SRB ha ritenuto che essa possedesse le qualifiche, l’esperienza, le competenze, le conoscenze e le risorse necessarie per effettuare la valutazione 3, senza ricorrere indebitamente ad alcuna autorità pubblica pertinente o al Banco Popular, conformemente ai requisiti di cui all’articolo 38, punto 1, e all’articolo 39 del regolamento delegato 2016/1075. Il SRB ha ritenuto che la società incaricata della valutazione, tenuto conto della natura, della portata e della complessità della valutazione da effettuare, disponesse delle risorse umane e tecniche adeguate per realizzare la valutazione 3, conformemente all’articolo 39, paragrafo 2, del regolamento delegato 2016/1075.

278    Inoltre, il SRB ha considerato che la società incaricata della valutazione era un’entità giuridica indipendente dalle autorità pubbliche e dal Banco Popular e, a tale riguardo, che era totalmente indipendente dal SRB e non era stata incaricata dei lavori contabili annuali del Banco Popular.

279    Infine, il SRB ha rilevato che, per quanto riguarda l’assenza di interessi rilevanti in comune o in conflitto, attuali o potenziali, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento delegato 2016/1075, la società incaricata della valutazione aveva effettuato una verifica interna alla luce degli standard professionali applicabili. Tenuto conto dell’esito di tale verifica, la società incaricata della valutazione aveva ritenuto di non avere alcun conflitto di interessi per quanto riguarda la sua nomina come perito indipendente. A questo proposito, il SRB ha menzionato le diverse dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi fornite dalla società incaricata della valutazione nel corso della procedura di gara e dopo la sua nomina, dirette a garantire la sua indipendenza e quella dei membri dei suoi gruppi di lavoro, in particolare di quello incaricato di realizzare la valutazione 3.

280    Tenuto conto di tali dichiarazioni e delle assicurazioni fornite dalla società incaricata della valutazione, il SRB ha ritenuto che quest’ultima presentasse garanzie sufficienti per evitare qualsiasi interesse rilevante effettivo o potenziale in comune o in conflitto con un’autorità pubblica pertinente o con il Banco Popular. Esso ha concluso che la società incaricata della valutazione era indipendente, conformemente ai requisiti di cui all’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014 e degli articoli da 39 a 41 del regolamento delegato 2016/1075.

281    Inoltre, nel titolo 6.2.1 «Osservazioni relative all’indipendenza del perito» della decisione impugnata, il SRB ha risposto specificamente alle osservazioni degli azionisti e dei creditori interessati relative all’assenza d’indipendenza della società incaricata della valutazione nei suoi confronti, nei confronti del Banco Santander e del Banco Popular e al fatto che essa avesse effettuato la valutazione 2. Tale titolo della decisione impugnata contiene il ragionamento dettagliato del SRB in cui esso spiega che la società incaricata della valutazione, al momento della sua nomina e durante lo svolgimento della valutazione 3, non aveva un interesse rilevante effettivo o potenziale in comune o in conflitto ai sensi dell’articolo 41 del regolamento delegato 2016/1075.

282    Pertanto, dalla decisione impugnata risulta che il SRB ha esaminato le diverse dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi trasmesse dalla società incaricata della valutazione menzionate ai precedenti punti da 273 a 276, le quali contenevano in particolare una descrizione dei servizi forniti dalla società incaricata della valutazione al Banco Popular e al Banco Santander. Inoltre, dalla dichiarazione di assenza di conflitto di interessi del 18 dicembre 2019 emerge che quest’ultima era stata prodotta dalla società incaricata della valutazione su richiesta del SRB a seguito di talune osservazioni degli azionisti e dei creditori interessati al fine di fornire informazioni complementari in merito all’esistenza di un eventuale conflitto di interessi riguardo ai servizi forniti al Banco Santander.

283    Ne consegue che, per tutta la durata della procedura relativa alla risoluzione del Banco Popular, il SRB ha garantito, come era tenuto a fare, che la società incaricata della valutazione rispettasse i requisiti di indipendenza e, in particolare, quelli relativi all’assenza di conflitto di interessi previsti all’articolo 41 del regolamento delegato 2016/1075.

284    Inoltre, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la decisione impugnata conteneva informazioni sufficienti per conoscere secondo quali requisiti e modalità il SRB aveva verificato l’indipendenza del perito.

285    A tale riguardo, le ricorrenti chiedono al Tribunale di adottare una misura istruttoria affinché il SRB o la società incaricata della valutazione forniscano informazioni per comprendere i rapporti della società incaricata della valutazione con il Banco Popular e il Banco Santander.

286    Basti ricordare che, per quanto riguarda le domande di misure di organizzazione del procedimento o di mezzi istruttori presentate da una parte di una controversia, il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito [v. sentenze del 4 marzo 2021, Liaño Reig/CRU, C‑947/19 P, EU:C:2021:172, punto 98 e giurisprudenza ivi citata, e del 1º giugno 2022, Algebris (UK) e Anchorage Capital Group/Commissione, T‑570/17, EU:T:2022:314, punto 435 e giurisprudenza ivi citata].

287    Orbene, poiché il SRB ha fornito in allegato al controricorso le dichiarazioni della società incaricata della valutazione citate ai precedenti punti da 273 a 276, nelle quali la società incaricata della valutazione descrive i servizi da esso forniti al Banco Popular e al Banco Santander, la misura istruttoria richiesta dalle ricorrenti non è necessaria.

288    Pertanto, la prima parte dev’essere respinta.

b)      Sulla seconda parte, vertente sul fatto che la società incaricata della valutazione non sarebbe stata indipendente ai sensi dellarticolo 38 del regolamento delegato 2016/1075

289    Le ricorrenti sostengono, che, tenuto conto degli elementi di cui all’articolo 41, paragrafo 4, lettere a) e c), del regolamento delegato 2016/1075, la società incaricata della valutazione non soddisfaceva le condizioni affinché di potesse ritenere che essa non aveva alcun interesse rilevante, effettivo o potenziale, in comune o in conflitto con un’autorità pubblica pertinente o con l’entità pertinente per tre ragioni relative ai rapporti della società incaricata della valutazione con il Banco Popular, ai servizi resi al Banco Santander e al fatto che essa aveva realizzato la valutazione 2.

290    A tale riguardo, le norme in materia di indipendenza dei periti sono precisate nel capo IV del regolamento delegato 2016/1075, il cui articolo 38 così dispone:

«Può essere nominata come perito una persona fisica o giuridica. Il perito si considera indipendente da qualsiasi autorità pubblica pertinente e dall’entità pertinente qualora siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

1)      il perito possiede le qualifiche, l’esperienza, le capacità, le conoscenze e le risorse necessarie ed è in grado di effettuare la valutazione in modo efficace senza ricorrere indebitamente ad alcuna autorità pubblica pertinente né all’entità pertinente a norma dell’articolo 39;

2)      il perito è giuridicamente separato dalle autorità pubbliche pertinenti e dall’entità pertinente conformemente all’articolo 40:

3)      il perito non ha interessi rilevanti in comune o in conflitto ai sensi dell’articolo 41».

291    L’articolo 41 del regolamento delegato 2016/1075, relativo agli interessi rilevanti in comune o in conflitto, prevede quanto segue:

«1.      Il perito indipendente non ha alcun interesse rilevante, effettivo o potenziale, in comune o in conflitto con alcuna autorità pubblica pertinente né con l’entità pertinente.

2.      Ai fini del paragrafo 1, un interesse effettivo o potenziale è considerato rilevante laddove, a giudizio dell’autorità che ha il potere di nomina o di un’altra autorità cui sia conferito il potere di svolgere tale compito nello Stato membro in questione, esso possa influenzare, o essere ragionevolmente percepito come tale da influenzare, il giudizio del perito indipendente nell’esecuzione della valutazione.

3.      Ai fini del paragrafo 1 si considerano pertinenti gli interessi in comune o in conflitto con almeno le seguenti parti:

a)      l’alta dirigenza e i membri dell’organo di amministrazione dell’entità pertinente;

b)      le persone fisiche o giuridiche che controllano l’entità pertinente o hanno in essa una partecipazione qualificata;

c)      i creditori che l’autorità che ha il potere di nomina o un’altra autorità cui sia conferito il potere di svolgere tale compito nello Stato membro in questione individua come significativi sulla base degli elementi a sua disposizione;

d)      ciascuna entità del gruppo.

4.      Ai fini del paragrafo 1 si considerano pertinenti almeno i seguenti elementi:

a)      la fornitura da parte del perito indipendente di servizi, compresa la prestazione di servizi in passato, all’entità pertinente e alle persone di cui al paragrafo 3, e in particolare il legame tra tali servizi e gli elementi pertinenti per la valutazione;

b)      i rapporti personali e finanziari tra il perito indipendente e l’entità pertinente e le persone di cui al paragrafo 3;

c)      gli investimenti o altri interessi finanziari rilevanti del perito indipendente;

d)      in relazione alle persone giuridiche, qualsiasi separazione strutturale o altro meccanismo da mettere in atto per affrontare minacce all’indipendenza quali casi di autoriesame, interesse personale, esercizio del patrocinio legale, familiarità, fiducia eccessiva o intimidazione, compresi meccanismi per differenziare tra i membri del personale che possono essere coinvolti nella valutazione e gli altri membri del personale.

(...)».

292    In via preliminare, occorre precisare che le ricorrenti non contestano la circostanza che le condizioni previste all’articolo 38, punti 1 e 2, del regolamento delegato 2016/1075 fossero soddisfatte dalla società incaricata della valutazione, ossia che quest’ultima possedesse le qualifiche, l’esperienza, le competenze, le conoscenze e le risorse necessarie per effettuare la valutazione 3 in modo efficace e che fosse giuridicamente separata dalle autorità pubbliche pertinenti e dal Banco Popular.

293    Esse non sostengono neppure che la società incaricata della valutazione avesse alcun interesse rilevante, effettivo o potenziale, in comune o in conflitto con l’autorità pubblica pertinente, ossia il SRB.

1)      Sulla prima censura, relativa ai legami tra la società incaricata della valutazione e il Banco Popular

294    Le ricorrenti sostengono che la società incaricata della valutazione non era indipendente dal Banco Popular, in quanto sembra aver fornito a quest’ultimo servizi tra il 2012 e il 2016, compresi servizi rilevanti per la valutazione 3. Il SRB non avrebbe tenuto conto dell’esistenza di conflitti di interessi rilevanti tra la società incaricata della valutazione e il Banco Popular, in violazione dell’articolo 41, paragrafo 4, del regolamento delegato 2016/1075.

295    Sotto un primo profilo, le ricorrenti sostengono che la società incaricata della valutazione sarebbe stata il revisore dei conti del Banco Popular nel 2012.

296    A tale riguardo, da un lato, è sufficiente constatare che risulta chiaramente dalle informazioni contenute nel sito Internet della Comisión nacional del mercado de valores (CNMV, Commissione nazionale del mercato dei valori mobiliari, Spagna), menzionate dal SRB, che la società incaricata della valutazione non è stata il revisore dei conti del Banco Popular tra il 1991 e il 2017.

297    Dall’altro lato, l’argomento delle ricorrenti si basa su una lettura erronea del documento della Banca di Spagna del 28 settembre 2012 intitolato «Proceso de recapitalización y reestructuración bancaria» (processo di ricapitalizzazione e di ristrutturazione bancaria) che esse producono in allegato all’atto introduttivo.

298    Infatti, la tabella estratta da tale documento non indica che la società incaricata della valutazione fosse il revisore dei conti del Banco Popular nel 2012, circostanza che le ricorrenti hanno ammesso in udienza. Da tale documento risulta che la Banca di Spagna ha affidato alla società incaricata della valutazione lavori relativi all’esame contabile del portafoglio crediti e delle attività sequestrate o ricevute in pagamento di debiti del Banco Popular e di altre tre banche, nell’ambito della valutazione indipendente del settore bancario spagnolo effettuata nel 2012.

299    Inoltre, occorre rilevare che, nella sua dichiarazione di assenza di conflitto di interessi del 22 maggio 2017, menzionata al precedente punto 273, la società incaricata della valutazione ha specificato di non essere il revisore dei conti del Banco Popular.

300    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la società incaricata della valutazione non ha fornito servizi di revisione dei conti al Banco Popular.

301    Sotto un secondo profilo, le ricorrenti affermano che, nel 2015, la società incaricata della valutazione avrebbe consigliato il Banco Popular sulla vendita della Popular Banca Privada, SA (in prosieguo: la «Banca Privada»). Esse si basano su un estratto del documento di registrazione del Banco Popular del 2015, secondo il quale «[N]el novembre 2015, [il Banco] Popular aveva incaricato [la società incaricata della valutazione] di vendere il 40% della sua società figlia Banca Privada» e secondo il quale «[a]lla data di tale documento, non [era] stata effettuata alcuna vendita e la percentuale iniziale p[oteva] essere diversa».

302    A tale riguardo, occorre rilevare che, nella sua dichiarazione di assenza di conflitto di interessi menzionata al precedente punto 273, la società incaricata della valutazione ha indicato di aver fornito un sostegno in materia di valutazione e di transazione al Banco Popular, ma che tali servizi non costituivano un conflitto di interessi in quanto riguardavano o un’assistenza sulla vendita di attività o di imprese che non facevano più parte della banca, o un sostegno a operazioni di acquisto e di vendita per operazioni non significative che non hanno avuto luogo o che non avevano valore materiale.

303    È sufficiente constatare che dalla valutazione 3 risulta che, alla data della risoluzione, Banca Privada era una società figlia detenuta dal Banco Popular e che l’operazione menzionata dalle ricorrenti non aveva avuto luogo nel 2015.

304    Sotto un terzo profilo, le ricorrenti rilevano che, secondo un articolo di stampa, il Banco Popular aveva affidato alla società incaricata della valutazione nel 2016 una consulenza sull’attuazione di nuove norme regolamentari, ossia la circolare 4/2017 della Banca di Spagna e il principio IFRS 9, di cui esse contestano l’utilizzo nella valutazione 3. Siffatti servizi sarebbero previsti al considerando 40 e all’articolo 41, paragrafo 4, del regolamento delegato 2016/1075.

305    Le ricorrenti si basano su un articolo di El Mundo, del 13 febbraio 2018, intitolato «[La società incaricata della valutazione] consigliava Angel Ron nel 2016 sulla politica contabile del Banco Popular» ([la società incaricata della valutazione] advised Angel Ron in 2016 on Banco Popular’s accounting policy), da cui risulta che alla società incaricata della valutazione, nel 2016, erano state affidate dal Banco Popular consulenze tecniche sulle conseguenze dell’entrata in vigore del principio IFRS 9 sulle nuove disposizioni regolamentari applicabili a partire dal 1º gennaio 2018.

306    Occorre rilevare che dal medesimo articolo risulta che la società incaricata della valutazione ha comunicato che non aveva mai lavorato su un qualsivoglia aspetto degli accantonamenti registrati dal Banco Popular e che si trattava di consulenze sul modo in cui la banca doveva adeguarsi a una nuova normativa entrata in vigore il 1º gennaio 2018.

307    Le ricorrenti non forniscono alcun elemento idoneo a mettere in discussione tali affermazioni della società incaricata della valutazione riguardanti la natura dei servizi forniti al Banco Popular nell’ambito dell’attuazione del principio IFRS 9.

308    Pertanto, le ricorrenti non hanno dimostrato che i servizi forniti dalla società incaricata della valutazione al Banco Popular, tanto nell’ambito del progetto di vendita di Banca Privada quanto in quello dell’attuazione del principio IFRS 9, fossero collegati agli elementi rilevanti ai fini della valutazione 3, ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato 2016/1075. Le ricorrenti non spiegano in che misura tali servizi resi in passato dalla società incaricata della valutazione al Banco Popular avrebbero potuto influenzare il giudizio del perito nella realizzazione della valutazione 3 e quindi idonei a dimostrare l’esistenza di un interesse rilevante, effettivo o potenziale, in comune o in conflitto con il Banco Popular, ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, del medesimo regolamento delegato.

309    Ne deriva che la prima censura dev’essere respinta.

2)      Sulla seconda censura, relativa ai legami tra la società incaricata della valutazione e il Banco Santander

310    Le ricorrenti affermano che la società incaricata della valutazione aveva fornito servizi di contabilità al Banco Santander dal 2002 al 2016 ed era il principale revisore dei conti del gruppo Santander nel 2015. Esse sostengono che, contrariamente a quanto indicato dal SRB nella decisione impugnata, il fatto che la società incaricata della valutazione abbia potuto essere indipendente il 23 maggio 2017, data in cui il SRB le ha affidato la funzione di perito, non è pertinente ai fini della valutazione 3. Sebbene il SRB non potesse prevedere la partecipazione del Banco Santander alla procedura di risoluzione nel maggio 2017, avrebbe dovuto prendere in considerazione tale fattore nel giugno 2017 quando ha affidato alla società incaricata della valutazione la realizzazione della valutazione 3. Il SRB avrebbe altresì dovuto tener conto dei servizi forniti dalla società incaricata della valutazione al Banco Santander a seguito della risoluzione del Banco Popular al momento dell’integrazione di quest’ultimo nel gruppo Santander.

311    Esse ritengono che i servizi forniti dalla società incaricata della valutazione al Banco Santander siano pertinenti alla luce dell’articolo 41, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato 2016/1075, che riguarda la prestazione di servizi preliminari a un’entità che possiede l’entità interessata dalla risoluzione.

312    A tale riguardo, occorre rilevare che, nel corso del procedimento relativo al diritto di essere ascoltati, taluni azionisti e creditori interessati hanno presentato osservazioni in merito all’indipendenza della società incaricata della valutazione, che sarebbe stata compromessa dal fatto che quest’ultima aveva fornito servizi al Banco Santander prima dell’adozione del programma di risoluzione del Banco Popular.

313    Sotto un primo profilo, nella decisione impugnata, in risposta a tali osservazioni, il SRB ha considerato che i servizi di revisione forniti al Banco Santander dalla società incaricata della valutazione non dovessero essere presi in considerazione nella valutazione dell’indipendenza da esso effettuata al momento della nomina di quest’ultima il 23 maggio 2017, in quanto tale valutazione era stata effettuata nei confronti del Banco Popular. Il SRB ha indicato che, a tale data, la valutazione dell’indipendenza della società incaricata della valutazione nei confronti dei potenziali acquirenti non era stata effettuata in quanto, da un lato, essa non era prevista dal quadro normativo e, dall’altro, la procedura di valutazione era una procedura diversa dalla procedura di vendita che determinava l’acquirente. In particolare, la società incaricata della valutazione non aveva avuto accesso alle informazioni relative ai nomi dei potenziali acquirenti o all’identità dell’acquirente prima dell’adozione del programma di risoluzione.

314    Il SRB ha ritenuto che, tenuto conto della portata e dello scopo della valutazione 3, i servizi di revisione forniti in passato al Banco Santander dalla società incaricata della valutazione non interferissero con l’indipendenza di quest’ultima per quanto riguarda la realizzazione della valutazione 3 e non creassero un interesse rilevante effettivo o potenziale in comune o in conflitto, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento delegato 2016/1075. In particolare, esso ha rilevato che la valutazione 3 riguardava unicamente le attività e le passività del Banco Popular prima della sua vendita al Banco Santander e non quelle del Banco Santander.

315    Sotto un secondo profilo, il SRB ha considerato i servizi relativi all’integrazione forniti al Banco Santander dalla società incaricata della valutazione non dimostrassero interessi rilevanti in comune o in conflitto ai sensi dell’articolo 41, paragrafi 2 e 4, del regolamento delegato 2016/1075, con un soggetto pertinente ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 3, del medesimo regolamento delegato.

316    Da un lato, il SRB ha ritenuto che, tenuto conto della portata e dell’obiettivo della valutazione 3, i servizi forniti dalla società incaricata della valutazione dopo la data della risoluzione riguardante un’impresa in continuità di esercizio non avrebbero potuto incidere sulla valutazione 3 e sugli elementi in essa contenuti. Inoltre, esso ha rilevato che la valutazione 3 non avrebbe potuto incidere sulla posizione del Banco Popular o del Banco Santander, in quanto essa si limitava a stabilire se agli azionisti e ai creditori interessati dovesse essere concesso un indennizzo tramite il Fondo di risoluzione unico (SRF).

317    Dall’altro lato, il SRB ha considerato che, in ogni caso, dopo l’adozione del programma di risoluzione, la società incaricata della valutazione aveva fornito garanzie supplementari al fine di garantire che i servizi forniti al Banco Santander non potessero dar luogo a interessi rilevanti in comune o in conflitto, effettivi o potenziali. Il SRB ha rilevato che, nella sua dichiarazione del 18 dicembre 2019, la società incaricata della valutazione aveva confermato che nessun servizio fornito al Banco Santander era collegato alla valutazione delle attività o delle passività oggetto della valutazione 3, né all’informativa finanziaria che le riguardava. Inoltre, esso ha indicato che la società incaricata della valutazione aveva confermato che non vi era alcun flusso di informazioni tra il lavoro di valutazione effettuato e altri progetti, tenuto conto delle misure di protezione attuate e dei suoi protocolli di riservatezza.

318    In particolare, per quanto riguarda i servizi relativi all’integrazione del Banco Popular, il SRB ha indicato che la società incaricata della valutazione aveva sufficientemente precisato che, sebbene avesse fornito servizi di consulenza al Banco Santander, questi ultimi non erano connessi ai servizi forniti al SRB, non riguardavano alcuna questione relativa ai servizi di valutazione forniti al SRB e non comprendevano neppure servizi di valutazione o giuridici connessi al Banco Popular.

319    A questo proposito, va notato che, nella sua dichiarazione di assenza di conflitto di interessi del 18 dicembre 2019, menzionata al precedente punto 276, la società incaricata della valutazione ha indicato che non vi era alcun legame tra i servizi da essa forniti al Banco Santander e la valutazione 3 o il documento esplicativo.

320    In applicazione dell’articolo 41, paragrafo 4, lettera a), del regolamento delegato 2016/1075, al fine di accertare l’esistenza di un interesse rilevante, effettivo o potenziale, in comune o in conflitto ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo, si considera pertinente la prestazione di servizi, anche in passato, da parte del perito indipendente all’entità pertinente e alle persone di cui al paragrafo 3, e in particolare il legame tra tali servizi e gli elementi pertinenti per la valutazione.

321    Orbene, occorre rilevare che le ricorrenti non deducono alcun argomento diretto a mettere in discussione la valutazione del SRB relativa all’assenza di un nesso, da un lato, tra i servizi di revisione e i servizi relativi all’integrazione del Banco Popular forniti al Banco Santander dalla società incaricata della valutazione e, dall’altro lato, gli elementi pertinenti per la valutazione 3, la quale riguardava unicamente la valutazione del Banco Popular e non quella del Banco Santander.

322    Le ricorrenti non spiegano in che modo tali servizi avrebbero potuto influenzare o essere ragionevolmente percepiti come tali da influenzare il giudizio della società incaricata della valutazione nella realizzazione della valutazione 3, ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, del regolamento delegato 2016/1075.

323    Inoltre, le ricorrenti sostengono che la società incaricata della valutazione avrebbe avuto un interesse finanziario significativo a che il Banco Santander fosse soddisfatto di una valutazione negativa del Banco Popular. Esse ritengono che il fatto che l’indennizzo venga versato dal SRF e non dal Banco Santander non terrebbe conto del fatto che, se i procedimenti pendenti dinanzi al Tribunale diretti all’annullamento del programma di risoluzione dovessero avere successo, il Banco Santander potrebbe essere costretto a pagare un prezzo più elevato per il Banco Popular. Sarebbe quindi stato nell’interesse del Banco Santander che la valutazione 3 non rivelasse un valore dei recuperi del Banco Popular in caso di insolvenza più elevato di quello indicato nella valutazione 2.

324    Nella decisione impugnata, il SRB ha rilevato che, alla luce dell’obiettivo della valutazione 3, che è quello di stabilire se gli azionisti e i creditori interessati avrebbero ricevuto un trattamento migliore nell’ambito di un’ipotetica procedura ordinaria di insolvenza, quest’ultima non avrebbe potuto avere effetti sulla vendita del Banco Popular e non avrebbe potuto incidere sulla posizione del Banco Santander. Il SRB ha considerato che la valutazione 3 aveva effetto solo nei suoi confronti, in quanto avrebbe dovuto pagare un indennizzo, tramite il SRF, in caso di differenza di trattamento.

325    Occorre rilevare che le ricorrenti non sostengono che il risultato della valutazione 3 incida sulla legalità e legittimità della decisione di sottoporre il Banco Popular a risoluzione o sul risultato di tale risoluzione, ossia la sua vendita al Banco Santander.

326    Inoltre, va ricordato che la valutazione 2 aveva un oggetto diverso da quello della valutazione 3, ossia stimare il valore del Banco Popular nel suo complesso per un eventuale acquirente nell’ambito dell’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa. Pertanto, la stima del valore delle attività del Banco Popular nell’ambito di un’ipotetica procedura ordinaria di insolvenza effettuata nella valutazione 3 non è idonea a mettere in discussione la valutazione effettuata nella valutazione 2.

327    Infine, ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 4, ultimo comma, della direttiva 2014/59, ove ciò sia necessario per tutelare gli interessi dei terzi in buona fede che hanno acquistato azioni di un ente soggetto a risoluzione in virtù del ricorso agli strumenti di risoluzione, l’annullamento di una decisione di un’autorità di risoluzione lascia impregiudicati i successivi atti amministrativi o transazioni conclusi dall’autorità di risoluzione interessata e basati sulla sua decisione annullata.

328    Ne deriva che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, l’eventuale annullamento della decisione di risoluzione non può comportare una modifica delle condizioni della vendita del Banco Popular al Banco Santander. Di conseguenza, in ogni caso, la vendita del Banco Popular al Banco Santander al prezzo di EUR 1 non può essere messa in discussione e il risultato della valutazione 3 è irrilevante al riguardo.

329    Peraltro, in udienza, le ricorrenti hanno menzionato l’impatto che l’annullamento della decisione impugnata potrebbe avere su ricorsi in materia penale proposti dinanzi ai giudici spagnoli.

330    A tale riguardo, basti osservare che la Corte ha dichiarato che, tanto l’azione di responsabilità quanto l’azione di nullità portano ad esigere che l’ente creditizio o l’impresa di investimento sottoposti alla procedura di risoluzione, ovvero il successore di tali entità, risarcisca gli azionisti delle perdite subite in conseguenza dell’esercizio, da parte di un’autorità di risoluzione, del potere di svalutazione e di conversione riguardo a passività di tale ente o di tale impresa, ovvero portano ad esigere che queste entità procedano al rimborso integrale delle somme investite in occasione della sottoscrizione di azioni che sono state svalutate a causa di detta procedura di risoluzione. Simili azioni metterebbero in discussione tutta la valutazione sulla quale è fondata la decisione di risoluzione in quanto la composizione del capitale fa parte dei dati oggettivi di tale valutazione. Come rilevato dall’avvocato generale Richard de la Tour ai paragrafi 82 e 95 delle sue conclusioni, la procedura stessa di risoluzione nonché gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2014/59 sarebbero quindi vanificati [sentenza del 5 maggio 2022, Banco Santander (Risoluzione bancaria Banco Popular), C‑410/20, EU:C:2022:351, punto 43].

331    Pertanto, poiché la valutazione 3, indipendentemente dal suo risultato, non poteva incidere sulla situazione del Banco Santander, le ricorrenti sostengono a torto che la società incaricata della valutazione avrebbe avuto un interesse a favorirlo.

332    Ne consegue le ricorrenti non hanno dimostrato che il SRB sia incorso in un errore manifesto nel ritenere che i servizi forniti dalla società incaricata della valutazione al Banco Santander non dimostravano l’esistenza di interessi rilevanti, effettivi o potenziali, che potessero influenzare o essere ragionevolmente percepiti come tali da influenzare il suo giudizio, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento delegato 2016/1075.

333    La seconda censura deve quindi essere respinta.

3)      Sulla terza censura, relativa al fatto che la società incaricata della valutazione aveva effettuato la valutazione 2

334    Le ricorrenti affermano che la precedente partecipazione della società incaricata della valutazione al processo di risoluzione ha potuto influenzare il suo giudizio. La valutazione 3 sembrerebbe essere stata concepita per giungere a una conclusione conforme alla valutazione della differenza di trattamento contenuta nella valutazione 2. Esse ritengono che il SRB avesse la possibilità di nominare un altro perito.

335    Si deve rilevare che tale censura riguarda la seconda parte della valutazione 2, che contiene una simulazione di uno scenario di liquidazione ed è volta, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 9, del regolamento n. 806/2014, a stimare il trattamento che ciascuna classe di azionisti e creditori si sarebbe atteso se l’entità interessata dall’azione di risoluzione fosse stata liquidata con procedura ordinaria di insolvenza ai sensi della legge spagnola.

336    Anzitutto, occorre osservare che nessuna disposizione del regolamento n. 806/2014 né del regolamento delegato 2016/1075 osta esplicitamente a che le valutazioni 2 e 3 siano realizzate dallo stesso perito.

337    Inoltre, dalla decisione impugnata emerge che, nel corso del procedimento relativo al diritto di essere ascoltati, taluni azionisti e creditori interessati hanno presentato osservazioni in merito all’indipendenza della società incaricata della valutazione, che sarebbe stata compromessa dal fatto che quest’ultima aveva effettuato tanto la valutazione 2 quanto la valutazione 3. Il SRB ha rilevato che alcuni di essi sostenevano che la società incaricata della valutazione cercava di confermare le conclusioni dell’analisi del principio secondo cui nessun creditore è più svantaggiato, che aveva effettuato nella valutazione 2.

338    Il SRB ha indicato che le valutazioni 2 e 3 erano state realizzate per obiettivi diversi e dunque secondo approcci diversi. La valutazione 2 mirava, in applicazione dell’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, a chiarire l’azione di risoluzione stimando il valore economico delle attività e passività del Banco Popular alla data della risoluzione, mentre la valutazione 3 mirava a valutare il trattamento degli azionisti e dei creditori interessati nell’ambito di un’ipotetica procedura di insolvenza, ossia nei confronti di un’impresa in cessazione di attività, conformemente all’articolo 20, paragrafo 18, lettera a), del medesimo regolamento.

339    Il SRB ha rilevato che il quadro normativo non gli impediva di nominare il medesimo perito per realizzare diverse valutazioni per la stessa risoluzione e che una siffatta nomina non pregiudicava di per sé l’indipendenza del perito.

340    Il SRB ha indicato che, mentre la stima ex ante del trattamento che gli azionisti e i creditori interessati avrebbero ricevuto in un’ipotetica procedura di insolvenza, inclusa nella valutazione 2, era stata realizzata entro un termine specifico e si basava sulle informazioni di cui disponeva la società incaricata della valutazione prima della risoluzione, ossia principalmente quelle disponibili al 31 marzo 2017, la valutazione 3 si basava su informazioni più precise alla data del 6 giugno 2017, alla data di chiusura delle attività, quando queste erano disponibili. Il SRB ha ritenuto che, tenuto conto delle diverse informazioni sulle quali si basavano tali valutazioni, nonché della loro diversa finalità, la società incaricata della valutazione potesse senz’altro giungere a conclusioni diverse.

341    Nella decisione impugnata, il SRB ha altresì sottolineato che, nel quadro giuridico applicabile, veniva riconosciuto il fatto che la stima provvisoria del trattamento che gli azionisti e i creditori interessati si sarebbero attesi se l’entità fosse stata liquidata nell’ambito della valutazione 2 non poteva essere altrettanto precisa di quella contenuta nella valutazione 3 per diversi motivi, ossia, in particolare, i vincoli di tempo e la mancanza di dati sufficientemente vicini alla data della risoluzione nell’ambito della valutazione 2. Per questo, secondo l’articolo 20, paragrafo 9, del regolamento n. 806/2014, la valutazione 2 includerebbe una «stima» di tale trattamento, mentre, secondo l’articolo 20, paragrafo 17, del medesimo regolamento, la valutazione 3 deve «accertare» quest’ultimo. Il SRB ha indicato che il solo fatto che la stima provvisoria contenuta nella valutazione 2 e quella contenuta nella valutazione 3 avessero risultati simili, ma si basassero su ipotesi diverse, non poteva essere considerato di per sé una prova sufficiente del fatto che la valutazione 3 non sia stata effettuata conformemente ai requisiti di legge.

342    Inoltre, da un lato, occorre rilevare che, nella valutazione 2, la società incaricata della valutazione ha espresso numerose riserve quanto all’affidabilità della simulazione dello scenario di liquidazione ivi contenuta.

343    A tale riguardo, nella valutazione 2, la società incaricata della valutazione ha precisato che non disponeva di tutte le informazioni necessarie, né del tempo sufficiente, per procedere a una stima che non fosse meramente indicativa in tale fase. Ha più volte affermato che la simulazione dello scenario di liquidazione si basava su numerose incertezze e che, una volta che fossero disponibili informazioni più precise, sarebbe stata in grado di perfezionare le sue ipotesi e di preparare uno scenario di liquidazione più «solido» e più affidabile.

344    Le ricorrenti non possono quindi sostenere che la società incaricata della valutazione non fosse indipendente per il motivo che si sarebbe ritenuta vincolata dalle conclusioni della valutazione 2.

345    Dall’altro lato, nella valutazione 2, la simulazione di uno scenario di liquidazione del Banco Popular era fondata sui dati disponibili al 31 marzo 2017 e prevedeva uno scenario di tre anni. Nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione si è basata sulle informazioni finanziarie non sottoposte a revisione alla data del 6 giugno 2017 o, se non erano disponibili, su quelle del 31 maggio 2017, per stabilire tre distinti scenari temporali di liquidazione.

346    Così, nella valutazione 3, la società incaricata della valutazione non si è limitata a confermare il risultato della simulazione figurante nella valutazione 2.

347    A tale riguardo, ad esempio, nella valutazione 2, il totale della realizzazione delle attività del Banco Popular per i creditori, nel caso di uno scenario di liquidazione di tre anni, è stato stimato tra EUR 120,9 miliardi per la migliore ipotesi ed EUR 116,5 miliardi per la peggiore ipotesi. Nella valutazione 3, per lo scenario di liquidazione triennale, la valutazione delle attività ha portato a un risultato diverso, ossia EUR 101,546 miliardi per la migliore ipotesi ed EUR 97,593 miliardi per la peggiore ipotesi.

348    Il solo fatto che la società incaricata della valutazione sia giunta alla medesima conclusione, vale a dire che gli azionisti e i creditori interessati non avrebbero ottenuto alcun recupero in caso di liquidazione del Banco Popular, non può essere sufficiente a dimostrare che essa si sia ritenuta vincolata dalla propria valutazione effettuata nella valutazione 2 quando ha effettuato la valutazione 3.

349    Ne consegue che l’argomento delle ricorrenti secondo cui la società incaricata della valutazione avrebbe cercato, nella valutazione 3, di confermare la valutazione 2 è contraddetto dal contenuto di tali valutazioni.

350    Ne consegue che le ricorrenti non hanno dimostrato che il SRB abbia ritenuto a torto che il fatto che la società incaricata della valutazione avesse effettuato la valutazione 2 non mettesse in discussione la sua indipendenza ai fini della realizzazione della valutazione 3 e della sua nomina come perito indipendente. A questo proposito, l’argomento secondo cui il SRB avrebbe potuto nominare un altro perito è inconferente.

351    Di conseguenza, la terza censura dev’essere respinta.

352    Dall’analisi della seconda parte risulta che le ricorrenti non hanno dedotto argomenti idonei a mettere in discussione la conclusione del SRB secondo la quale la società incaricata della valutazione era indipendente ai sensi degli articoli 38 e 41 del regolamento delegato 2016/1075.

353    Ne consegue che occorre respingere la seconda parte e, pertanto, il secondo motivo di ricorso nel suo insieme.

4.      Sul terzo motivo, vertente sul fatto che il SRB avrebbe impropriamente delegato alla società di valutazione i poteri decisionali che gli sono stati conferiti dal regolamento n. 806/2014

354    Le ricorrenti affermano che la decisione impugnata, che implica un ampio potere discrezionale quanto all’indennizzo degli azionisti e dei creditori interessati dalla decisione di risoluzione, è stata adottata dal SRB sulla base della valutazione 3 realizzata da un’entità privata. Esse sostengono che, nella decisione impugnata, il SRB si sarebbe limitato a riassumere la valutazione 3 e il documento esplicativo, ossia gli aspetti essenziali dell’esercizio del potere di indennizzarle o meno. La delega, alla società incaricata della valutazione, della valutazione di tutte le questioni relative alla valutazione, senza esame dei dati sottostanti né delle osservazioni degli azionisti e dei creditori interessati e senza verifica delle ipotesi manifestamente incoerenti precisate nel primo motivo di ricorso, sarebbe contraria al principio sancito dalla sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7).

355    Le ricorrenti deducono che il SRB non ha fornito alcuna prova di aver effettuato un esame che non fosse solo superficiale della valutazione 3 e che esso avrebbe esaminato unicamente il documento esplicativo redatto dalla società incaricata della valutazione e non le osservazioni degli azionisti e dei creditori interessati relativi alla valutazione 3. Il SRB non si sarebbe discostato dalla valutazione 3 e la decisione sul riconoscimento o meno agli azionisti e ai creditori lesi di un diritto a un indennizzo sarebbe stata adottata dalla società incaricata della valutazione, che avrebbe esercitato il potere decisionale del SRB. Esse ritengono che il principio sancito dalla sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), si applichi quando i poteri del SRB, anche qualora si tratti di poteri di esecuzione chiaramente definiti, sono delegati alla società incaricata della valutazione senza un’adeguata supervisione del SRB.

356    In via preliminare, va osservato che i Trattati non contengono alcuna disposizione che preveda l’attribuzione di competenze a un organo o a un’agenzia dell’Unione. Così, le agenzie non vengono menzionate né nell’articolo 290 TFUE, che permette di delegare alla Commissione il potere decisionale con atto legislativo, né nell’articolo 291 TFUE, che conferisce poteri di attuazione agli Stati membri, alla Commissione ed in alcune circostanze limitate, al Consiglio (conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Regno Unito/Parlamento e Consiglio, C‑270/12, EU:C:2013:562, paragrafo 75).

357    È stata dunque la giurisprudenza, segnatamente con la sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), ad aver stabilito i principi in materia di delega di poteri e, successivamente, con la sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑270/12, EU:C:2014:18), ad aver applicato tali principi al caso in cui il legislatore dell’Unione abbia conferito poteri a un’agenzia.

358    Al punto 41 della sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑270/12, EU:C:2014:18), la Corte ha osservato che, nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), essa aveva essenzialmente sottolineato che le conseguenze scaturenti da una delega di poteri sono molto diverse a seconda che essa riguardasse, da un lato, poteri di esecuzione nettamente circoscritti e il cui esercizio, per tale ragione, era soggetto a un controllo rigoroso in base a criteri oggettivi stabiliti dall’autorità delegante, oppure, dall’altro, un «potere discrezionale che comporti una ampia libertà di valutazione ed atto ad esprimere, con l’uso che ne [veniva] fatto, una politica economica vera e propria».

359    La Corte ha aggiunto di aver anche precisato, nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), che una delega del primo tipo non poteva modificare in modo notevole le conseguenze derivanti dall’esercizio dei poteri che essa attribuiva, mentre una delega del secondo tipo, con il sostituire gli apprezzamenti dell’autorità delegata a quelli dell’autorità delegante, determinava un «vero e proprio spostamento di responsabilità». Per quanto concerne la fattispecie oggetto della citata sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), la Corte ha pertanto dichiarato che la delega di poteri conferita dall’Alta Autorità agli organismi interessati mediante la decisione n. 14‑55 del 26 marzo 1955, che istituisce un meccanismo finanziario suscettibile di assicurare l’approvvigionamento regolare di rottame del mercato comune (GU 1955, n. 8, pag. 685), consentiva loro una «libertà di apprezzamento tale da concretarsi in un vero potere discrezionale» e non poteva quindi ritenersi compatibile con «quanto il trattato prescrive» (sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio, C‑270/12, EU:C:2014:18, punto 42).

360    Da tale giurisprudenza discende che il regolamento n. 806/2014 può conferire al SRB poteri di esecuzione nettamente circoscritti e il cui esercizio, per tale ragione, è soggetto a un controllo rigoroso in base a criteri oggettivi, ma che non può attribuirgli competenze che implichino un potere discrezionale, in quale comporti un’ampia libertà di apprezzamento.

361    Orbene, occorre rilevare che, nel caso di specie, le ricorrenti non sollevano un’eccezione di illegittimità del regolamento n. 806/2014. Esse non sostengono che il SRB, in quanto agenzia dell’Unione, abbia esercitato un potere discrezionale che avrebbe dovuto essere esercitato da un’istituzione dell’Unione. Le ricorrenti non affermano neppure che i poteri di esecuzione del SRB non siano chiaramente circoscritti nel regolamento n. 806/2014 o che il SRB abbia violato il regolamento n. 806/2014 per aver agito al di fuori dei poteri ad esso conferiti da tale regolamento.

362    Ne consegue che gli argomenti delle ricorrenti diretti ad addebitare al SRB di aver conferito un potere decisionale alla società incaricata della valutazione non possono dimostrare una violazione dei principi relativi alla delega di potere sanciti nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7).

363    Inoltre, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui il SRB avrebbe delegato alla società incaricata della valutazione il suo potere decisionale, anzitutto, occorre ricordare che la decisione di non concedere un indennizzo agli azionisti e ai creditori interessati è stata adottata dal SRB e non dalla società incaricata della valutazione.

364    In aggiunta, l’articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 806/2014 prevede espressamente che il SRB, al fine di decidere se gli azionisti e i creditori interessati possano beneficiare di un indennizzo, debba basarsi sui risultati di una valutazione indipendente prevista all’articolo 20, paragrafo 16, del medesimo regolamento. Inoltre, il contenuto di questa valutazione è inquadrato dall’articolo 20, paragrafi 17 e 18, del regolamento n. 806/2014 e i criteri per il metodo di valutazione della differenza di trattamento sono definiti nel regolamento delegato 2018/344.

365    Pertanto, ai sensi del Regolamento 806/2014, gli aspetti economici e tecnici della valutazione del trattamento che gli azionisti e i creditori interessati avrebbero ricevuto se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza dovevano essere valutati da un perito indipendente e non dallo stesso SRB. Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il fatto che il SRB abbia affidato alla società incaricata della valutazione la realizzazione della valutazione 3 non può essere interpretato come una delega del suo potere di adottare la decisione.

366    Infine, il SRB, prima di adottare una decisione relativa a un eventuale indennizzo degli azionisti e dei creditori interessati, deve verificare che la valutazione effettuata dal perito indipendente rispetti i requisiti del regolamento n. 806/2014 e del regolamento delegato 2018/344 e, altresì, che tale perito soddisfi i requisiti di indipendenza previsti dal regolamento delegato 2016/1075.

367    A tale riguardo, da un lato, occorre rilevare che il fatto che il SRB abbia approvato le conclusioni della valutazione 3 non può essere interpretato come un’assenza di controllo da parte di quest’ultimo del rispetto dei requisiti ai quali il perito indipendente deve conformarsi quando effettua la sua valutazione.

368    Dall’altro lato, l’argomento delle ricorrenti secondo cui il SRB si sarebbe limitato a riassumere la valutazione 3 e il documento esplicativo e secondo il quale esso non avrebbe esaminato i commenti degli azionisti e dei creditori interessati relativi alla valutazione 3 è contraddetto dal contenuto della decisione impugnata.

369    Infatti, nel titolo 4 della decisione impugnata, il SRB ha valutato l’indipendenza della società incaricata della valutazione alla luce dei requisiti di cui all’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 e del capo IV del regolamento delegato 2016/1075 e, nel titolo 6.2.1 della decisione impugnata, ha risposto alle «[o]sservazioni relative all’indipendenza del perito».

370    Nel titolo 5 «Valutazione 3» della decisione impugnata, il SRB, dopo aver riassunto il contenuto della valutazione 3, ha ritenuto che quest’ultima soddisfacesse i requisiti del quadro giuridico applicabile, in particolare quelli previsti dall’articolo 20, paragrafo 17, del regolamento n. 806/2014 e dall’articolo 3, dall’articolo 4, paragrafi da 1 a 5, nonché dall’articolo 6, lettere a) e b), del regolamento delegato 2018/344, e che essa fosse sufficientemente motivata e comprensibile da costituire il fondamento di una decisione ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 806/2014.

371    Nel titolo 6.2.2 della decisione impugnata, il SRB ha risposto alle «[o]sservazioni relative al contenuto della valutazione 3» e riguardanti, in particolare, le informazioni e le ipotesi utilizzate nella valutazione 3 nonché lo scenario di liquidazione e la metodologia presi in considerazione dalla società incaricata della valutazione. Per quanto riguarda la valutazione delle diverse categorie di attività effettuata nella valutazione 3, il SRB ha esaminato se essa fosse ancora valida alla luce delle osservazioni degli azionisti e dei creditori interessati e del documento esplicativo.

372    Da quanto precede risulta che le ricorrenti sostengono erroneamente che il SRB avrebbe indebitamente delegato alla società incaricata della valutazione i poteri decisionali conferitigli dal regolamento n. 806/2014.

373    Ne consegue che occorre respingere il terzo motivo di ricorso e, pertanto, il ricorso nel suo insieme.

IV.    Sulle spese

374    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le ricorrenti sono rimaste soccombenti, occorre condannarle a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dal SRB, conformemente alle domande di quest’ultimo.

375    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. Il Regno di Spagna si farà pertanto carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La Bybrook Capital Badminton Fund LP è autorizzata a sostituirsi, quale ricorrente, alla Cairn Global Funds PLC e alla Cairn Special Opportunities Credit Master Fund Limited.

2)      La PIMCO Global Cross-asset Opportunities Master Fund LDC è autorizzata a sostituirsi, quale ricorrente, a PHFS series SPC - PHSF VII SP.

3)      Il respinto è respinto.

4)      La ACMO Sàrl e le altre ricorrenti i cui nomi figurano in allegato sono condannate a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dal Comitato di risoluzione unico (SRB).

5)      Il Regno di Spagna si farà carico delle proprie spese.

van der Woude

De Baere

Steinfatt

Kecsmár

 

      Kingston

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 22 novembre 2023.

Firme


Indice


I. Fatti

II. Conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulla ricevibilità

B. Nel merito

1. Osservazioni preliminari

a) Sull’oggetto del controllo esercitato dal Tribunale

b) Sulla ricevibilità degli elementi di prova prodotti in allegato alla replica

2. Sul primo motivo di ricorso, vertente su errori manifesti di valutazione relativi alla valutazione della durata del periodo di insolvenza, dei crediti non deteriorati, dei crediti in sofferenza, delle attività immobiliari e dei rischi giuridici del Banco Popular

a) Sulla prima parte, relativa alla durata dello scenario di liquidazione

1) Sulla prima censura, vertente su un’erronea comprensione della legge 22/2003

2) Sulla seconda censura, vertente sulla mancata presa in considerazione di un periodo di liquidazione più lungo

b) Sulla seconda parte, relativa alla determinazione dello scenario controfattuale

1) Sulla prima censura, relativa alla riclassificazione dei crediti non deteriorati in crediti in sofferenza

2) Sulla seconda censura, relativa alle ipotesi di rimborso anticipato dei crediti non deteriorati

i) Sui crediti non deteriorati concessi alle imprese

ii) Sui crediti ipotecari non deteriorati

3) Sulla terza censura, relativa alle restanti nuove inadempienze nei pagamenti dei crediti non deteriorati

4) Sulla quarta censura, relativa al tasso di attualizzazione sulla vendita del residuo del portafoglio di crediti non deteriorati

c) Sulla terza parte, relativa alla valutazione dei crediti in sofferenza

d) Sulla quarta parte, relativa alla valutazione dello scenario controfattuale

e) Sulla quinta parte, relativa alla valutazione dei rischi giuridici

3. Sul secondo motivo di ricorso, vertente sul fatto che il SRB sarebbe incorso in un errore manifesto di valutazione nominando la società incaricata della valutazione come perito indipendente

a) Sulla prima parte, vertente sul fatto che il SRB non avrebbe esaminato l’indipendenza della società incaricata della valutazione

b) Sulla seconda parte, vertente sul fatto che la società incaricata della valutazione non sarebbe stata indipendente ai sensi dell’articolo 38 del regolamento delegato 2016/1075

1) Sulla prima censura, relativa ai legami tra la società incaricata della valutazione e il Banco Popular

2) Sulla seconda censura, relativa ai legami tra la società incaricata della valutazione e il Banco Santander

3) Sulla terza censura, relativa al fatto che la società incaricata della valutazione aveva effettuato la valutazione 2

4. Sul terzo motivo, vertente sul fatto che il SRB avrebbe impropriamente delegato alla società di valutazione i poteri decisionali che gli sono stati conferiti dal regolamento n. 806/2014

IV. Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.


1      L’elenco delle altre ricorrenti è allegato unicamente alla versione notificata alle parti.