CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
VERICA TRSTENJAK,
presentate l’8 settembre 2009 1(1)
Causa C‑215/08
E. Friz GmbH
contro
Carsten von der Heyden
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Germania)]
«Direttiva 85/577/CEE – Tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali – Ambito di applicazione – Adesione ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice (societas) – Recesso dal contratto – Efficacia ex nunc»
Indice
I – Introduzione
II – Contesto normativo
A – Diritto comunitario
B – Normativa nazionale
III – Situazione di fatto, procedimento a quo e domande di pronuncia pregiudiziale
IV – Procedimento dinanzi alla Corte
V – Argomenti delle parti
A – Ricevibilità
B – Prima questione pregiudiziale
C – Seconda questione pregiudiziale
VI – Valutazione dell’avvocato generale
A – Introduzione
B – Ricevibilità
C – Prima questione pregiudiziale
1. Nozioni fondamentali
a) Fondo immobiliare chiuso
b) Società semplice
2. Se l’adesione ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice ricada nella sfera di applicazione della direttiva 85/577
a) Presupposti per l’esistenza di un contratto ai sensi della direttiva 85/577
b) Eccezioni ai sensi dell’art. 3, n. 2, della direttiva 85/577
i) Contratti relativi ad immobili
ii) Contratti relativi a valori mobiliari
3. Ambito di applicazione dello HWiG tedesco
4. Soluzione proposta riguardo alla prima questione
D – Seconda questione pregiudiziale
1. Rilascio dell’informazione relativa al diritto di recesso
2. Analisi sotto il profilo giuridico sostanziale
3. Soluzione proposta riguardo alla seconda questione
E – Conclusione
VII – Conclusioni
I – Introduzione
1. Il presente procedimento, vertente sull’interpretazione della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (2) (in prosieguo: la «direttiva 85/577»), solleva due questioni giuridiche. Si tratta di stabilire, da un lato, se la direttiva 85/577 sia applicabile in caso di adesione ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice e, dall’altro, se le conseguenze giuridiche del recesso da un fondo di questo tipo si producano con efficacia ex tunc o ex nunc.
2. La particolarità della presente fattispecie consiste nel fatto che la problematica sollevata coinvolge due settori giuridici: quello delle norme sulla tutela dei consumatori e quello del diritto societario. In tale contesto la Corte dovrà tener conto, nella sua decisione, delle particolarità del contratto di società con cui si costituisce la società semplice e valutare se la direttiva 85/577, originariamente concepita per i contratti sinallagmatici, trovi applicazione anche nel caso in cui un nuovo socio aderisca alla società, diventando così parte del contratto societario. Al tempo stesso, le particolarità della società semplice, fondata sul principio della parità tra i soci, assumeranno rilievo nel valutare le conseguenze del recesso dalla società, dal momento che, qualora anche gli altri soci rivestano la qualità di consumatori ai sensi della direttiva 85/577, tutti devono essere tutelati, e non soltanto quello che esercita il recesso. Pertanto, nella presente fattispecie non sarà possibile basarsi ciecamente sull’interpretazione letterale delle disposizioni della detta direttiva, bensì sarà opportuno tener presente soprattutto la sua finalità, anche se così facendo ci allontaneremo dallo stretto significato letterale delle norme.
3. Sotto il profilo sostanziale, la presente controversia rientra nella più ampia problematica, sviluppatasi in Germania, degli investimenti in immobili di costruzione non recente, conosciuti con il nome di «Schrottimmobilien» (3) [immobili bidone]. L’investimento in tali immobili, che in Germania ha incontrato favore soprattutto a motivo di vantaggi fiscali, spesso non ha portato i risultati sperati, sicché gli investitori hanno cercato dei modi per porre termine al loro impegno finanziario, anche invocando le direttive comunitarie in materia di tutela dei consumatori. La Corte ha così già avuto modo di occuparsi di una problematica dai restroscena simili, ma implicante questioni giuridiche diverse, nelle cause Schulte (4) e Crailsheimer Volksbank (5). Nella causa Schulte essa ha espressamente statuito che il recesso del consumatore da un contratto concluso fuori dei locali commerciali del commerciante deve portare al ripristino dello status quo ante (6). Pertanto, nella presente causa occorrerà verificare se tale regola debba valere illimitatamente anche in caso di recesso del consumatore da un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice.
II – Contesto normativo
A – Diritto comunitario
4. L’art. 1, n. 1, della direttiva 85/577 così dispone:
«1. La presente direttiva si applica ai contratti stipulati tra un commerciante che fornisce beni o servizi e un consumatore:
(...)
– durante una visita del commerciante
i) al domicilio del consumatore o a quello di un altro consumatore;
(...)
qualora la visita non abbia luogo su espressa richiesta del consumatore».
5. L’art. 2 della direttiva 85/577 stabilisce quanto segue:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
– “consumatore”, la persona fisica che, per le transazioni disciplinate dalla presente direttiva, agisce per un uso che può considerarsi estraneo alla propria attività professionale;
– “commerciante”, la persona fisica o giuridica che, nel concludere la transazione in questione, agisce nell’ambito della propria attività commerciale o professionale, o la persona che agisce a nome o per conto di un commerciante».
6. L’art. 3, n. 2, della direttiva 85/577 stabilisce:
«2. La presente direttiva non si applica:
a) ai contratti per la costruzione, vendita e locazione di beni immobili e ai contratti relativi ad altri diritti concernenti beni immobili.
Rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva i contratti relativi alla fornitura di merci e alla loro incorporazione in beni immobili o i contratti relativi alla riparazione di beni immobili;
(...)».
7. L’art. 4 della direttiva 85/577 è così formulato:
«Il commerciante deve informare per iscritto il consumatore, nel caso di transazioni contemplate all’articolo 1, del suo diritto di rescindere il contratto entro i termini di cui all’articolo 5, nonché del nome e indirizzo della persona nei cui riguardi può essere esercitato tale diritto.
Detta informazione deve recare una data e menzionare gli elementi che permettono d’individuare il contratto. Essa è consegnata al consumatore:
a) al momento della stipulazione del contratto nel caso dell’articolo 1, paragrafo 1;
(...)
Gli Stati membri fanno sì che la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori qualora non venga fornita l’informazione di cui al presente articolo».
8. L’art. 5 della direttiva 85/577 ha il seguente tenore:
«1. Il consumatore ha il diritto di rescindere il proprio impegno indirizzando una comunicazione entro un termine di almeno (7) 7 giorni dal momento in cui ha ricevuto l’informazione di cui all’articolo 4, e secondo le modalità e condizioni prescritte dalla legislazione nazionale. Per l’osservanza del termine è sufficiente che la comunicazione sia inviata prima della scadenza del termine stesso.
2. Con l’invio della comunicazione il consumatore è liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto rescisso».
9. L’art. 7 della direttiva 85/577 così dispone:
«Qualora il consumatore eserciti il proprio diritto di rescissione, gli effetti giuridici del recesso sono disciplinati a norma della legislazione nazionale, in particolare per quanto riguarda il rimborso dei pagamenti relativi a beni o a prestazioni di servizi, nonché la restituzione di merci ricevute».
10. Ai sensi dell’art. 8 della direttiva 85/577:
«La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano in vigore disposizioni ancora più favorevoli in materia di tutela dei consumatori nel settore da essa disciplinato».
B – Normativa nazionale
11. La direttiva 85/577 è stata trasposta nell’ordinamento tedesco mediante la legge 16 gennaio 1986 disciplinante il recesso dai contratti conclusi a domicilio e da analoghi contratti (Gesetz über den Widerruf von Haustürgeschäften und ähnlichen Geschäften vom 16. Januar 1986 (8); in prosieguo: lo «HWiG»). Tale legge era ancora in vigore all’epoca dei fatti di causa, ma è stata abrogata a far data dal 1° gennaio 2002 dalla legge 26 novembre 2001 per la modernizzazione del diritto delle obbligazioni (Schuldrechtsmodernisierungsgesetz vom 26. November 2001 (9)).
12. L’art. 1, n. 1, dello HWiG così dispone:
«Qualora il cliente sia stato indotto ad effettuare una dichiarazione di volontà ai fini della conclusione di un contratto avente ad oggetto una prestazione a titolo oneroso:
1. a seguito di trattative orali svoltesi nel suo luogo di lavoro o nell’ambito del suo domicilio privato,
(...)
la detta dichiarazione di volontà ha effetto solo se il cliente non l’ha revocata per iscritto entro una settimana».
13. L’art. 3, n. 1, dello HWiG prevede quanto segue:
«In caso di recesso, ciascuna delle parti è tenuta a restituire all’altra la prestazione ricevuta. Il recesso non è escluso a causa del deterioramento o della perdita dell’oggetto o dell’impossibilità di altro genere di restituire l’oggetto ricevuto. Il cliente, laddove sia responsabile del deterioramento, della perdita o dell’impossibilità di altro genere, è tenuto a versare la differenza di valore o il valore dell’oggetto all’altra parte del contratto».
III – Situazione di fatto, procedimento a quo e domande di pronuncia pregiudiziale
14. Il 23 luglio 1991 il sig. C. von der Heyden, a seguito di trattative svoltesi nella sua abitazione, ha aderito ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice. Le finalità di tale fondo immobiliare, composto di 46 soci, consistono nel ripristino, nell’ammodernamento e nell’amministrazione di un immobile sito in Berlino, Bergstrasse 9. L’amministratore di questo fondo immobiliare è la società E. Friz GmbH. Dall’esposizione dei fatti contenuta nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale non risulta con chiarezza se la società E. Friz GmbH sia essa stessa socia del fondo immobiliare suddetto.
15. Il 6 agosto 2002 il sig. C. von der Heyden ha esercitato, ai sensi dello HwiG, il recesso dal contratto (10) ovvero dal fondo immobiliare chiuso. La società E. Friz GmbH – nella sua veste di amministratore del fondo – ha allora chiesto al sig. von der Heyden il pagamento di un importo di EUR 16 319 a titolo di saldo negativo corrispondente alla differenza tra il valore del conferimento da lui versato al momento dell’adesione al fondo e la quota di perdite del fondo immobiliare a suo carico al momento del recesso dal contratto.
16. Il giudice di primo grado ha accolto tale domanda, ma il giudice di appello, su impugnazione del sig. C. von der Heyden, l’ha successivamente respinta. Il giudice del gravame ha affermato che l’esercizio, da parte del socio, del diritto di recesso non può comportare l’obbligo del socio medesimo di pagare alla società una somma qualsivoglia, in quanto ciò configurerebbe una violazione delle disposizioni della direttiva 85/577, in forza della quale in caso di recesso il consumatore è liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto.
17. Contro tale pronuncia del giudice di appello la società E. Friz GmbH ha proposto ricorso per cassazione dinanzi al Bundesgerichtshof (in prosieguo: il «giudice del rinvio»). Nella sua ordinanza di rinvio tale giudice afferma che, secondo la giurisprudenza nazionale, il socio che abbia aderito alla società a seguito di trattative condotte presso il suo domicilio e che poi receda dal contratto, non è liberato da tutte le corrispondenti obbligazioni contrattuali con effetto ex tunc, bensì tale recesso produce soltanto effetti ex nunc. La conseguenza di ciò è che il socio non ha un diritto automatico al rimborso del conferimento versato per l’adesione alla società, bensì si procede ad un calcolo, riferito alla data del recesso, della quota di utili della società che gli spetta ovvero della quota di perdite della società che egli deve rimborsare.
18. Dai principi sviluppati dalla detta giurisprudenza in merito alla cosiddetta «società invalida» (fehlerhafte Gesellschaft) risulta dunque che l’esercizio del diritto di recesso non determina come conseguenza il ripristino dello status quo ante. Pertanto, il giudice del rinvio si chiede se tale giurisprudenza sia in accordo con l’interpretazione della direttiva 85/577 fornita dalla Corte nella sentenza Schulte, nella quale essa ha statuito che l’esercizio del diritto di recesso previsto dall’art. 5, n. 1, di tale direttiva determina, ai sensi del n. 2 del medesimo articolo, la liberazione del consumatore da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto rescisso (11).
19. Sulla scorta di tali premesse, il giudice del rinvio, con ordinanza 5 maggio 2008, ha sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte le due seguenti questioni pregiudiziali (12):
«1) Se l’art. 1, n. 1, prima frase, della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, debba essere interpretato nel senso che nella sua sfera di applicazione ricade l’adesione di un consumatore ad una società di persone, ad una società commerciale di persone, ad un’associazione o ad una cooperativa, qualora lo scopo dell’adesione non consista in via prioritaria nel divenire socio della società, dell’associazione o della cooperativa, bensì – come spesso avviene soprattutto nel caso di partecipazione ad un fondo immobiliare chiuso – la partecipazione quale membro all’entità associativa rappresenti solo un modo diverso per investire capitali o per conseguire prestazioni che costituiscono tipicamente l’oggetto di contratti sinallagmatici.
2) Se l’art. 5, n. 2, della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, debba essere interpretato nel senso che esso osta ad un effetto giuridico (di creazione giurisprudenziale) stabilito a livello nazionale ai sensi dell’art. 7 di tale direttiva, in forza del quale un’adesione siffatta prestata da un consumatore a seguito di una vendita a domicilio non richiesta comporta, in caso di revoca dell’adesione, l’acquisto, da parte del consumatore che recede, di un diritto nei confronti della società, dell’associazione o della cooperativa al saldo di liquidazione del controvalore che gli spetta, calcolato alla data di perfezionamento dell’efficacia del recesso, ossia il consumatore riceve un importo corrispondente al valore della sua quota di partecipazione al momento dello scioglimento del rapporto, con la (possibile) conseguenza che egli, a causa delle vicende economiche della società, dell’associazione o della cooperativa, ottenga la restituzione di un importo inferiore al valore del suo conferimento ovvero, oltre a subire la perdita del conferimento effettuato, si trovi addirittura esposto, nei confronti delle entità associative suddette, ad obblighi di pagamento ulteriori, in quanto il saldo di liquidazione della sua quota presenta valore negativo».
IV – Procedimento dinanzi alla Corte
20. L’ordinanza di rinvio del 5 maggio 2008 è pervenuta alla Corte il 22 maggio successivo. Con lettera in data 10 marzo 2009 la Corte ha invitato il giudice del rinvio a chiarire se il sig. C. von der Heyden, al momento della sottoscrizione del contratto di adesione al fondo immobiliare, sia stato informato per iscritto, ai sensi dell’art. 4 della direttiva 85/577, del suo diritto di recedere dal contratto. Con lettera 19 marzo 2009 il giudice del rinvio ha risposto che nel procedimento nazionale il giudice di appello ha accertato, per un verso, che il sig. C. von der Heyden ha validamente esercitato il recesso dal contratto (13) e, per altro verso, che tale circostanza, come pure il fatto che il predetto ha prestato l’adesione al fondo presso il proprio domicilio, non erano controversi tra le parti. Nella sua risposta il giudice del rinvio afferma anche che, ai sensi delle norme processuali nazionali, tale accertamento è per esso vincolante e non può essere oggetto di verifica quanto alla sua esattezza.
21. Nella fase scritta del procedimento hanno presentato osservazioni il sig. C. von der Heyden, il governo tedesco e la Commissione. All’udienza del 18 giugno 2009 le parti hanno esposto le loro difese orali e risposto ai quesiti della Corte.
V – Argomenti delle parti
A – Ricevibilità
22. Per quanto riguarda la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, il sig. C. von der Heyden e il governo tedesco sostengono che le due questioni pregiudiziali non sono ricevibili nella parte in cui si riferiscono alle società commerciali di persone, alle associazioni e alle cooperative, in quanto entrambe presentano carattere ipotetico rispetto alle circostanze di fatto della causa. Le parti suddette sottolineano che le questioni pregiudiziali sono ricevibili unicamente nella parte in cui riguardano una situazione quale quella oggetto della causa principale, vale a dire l’adesione ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice.
B – Prima questione pregiudiziale
23. Riguardo alla fondatezza nel merito, il sig. C. von der Heyden sostiene che l’adesione del consumatore ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice ricade nella sfera di applicazione della direttiva 85/577, in quanto lo scopo principale di tale adesione non è di divenire socio, bensì di investire capitali in un fondo immobiliare. In tal caso il contratto di adesione potrebbe essere considerato quale contratto a titolo oneroso, in quanto la sua finalità consiste nell’investimento di capitali ovvero nell’«acquisto» di una partecipazione nel fondo suddetto. Pertanto sarebbe in tal senso possibile equiparare tale contratto di adesione ai contratti sinallagmatici.
24. Il sig. C. von der Heyden sostiene altresì che la direttiva 85/577 trova applicazione nella presente fattispecie anche a motivo del fatto che la finalità della società semplice di cui trattasi consiste nel ripristino, nell’ammodernamento e nell’amministrazione di un immobile, attività che costituiscono prestazioni di servizi nel senso di cui alla direttiva suddetta. Egli afferma inoltre che, anche se la Corte statuisse che nella specie non viene in questione né una fornitura di beni né una prestazione di servizi, la domanda di pronuncia pregiudiziale sarebbe giustificata, in quanto le norme nazionali tedesche che hanno trasposto la direttiva, applicandosi a tutti i contratti aventi ad oggetto una prestazione a titolo oneroso, hanno ampliato la sfera di applicazione della direttiva stessa. Infatti, l’art. 8 della direttiva 85/577 consente agli Stati membri di adottare o mantenere disposizioni più favorevoli in materia di tutela dei consumatori, e l’estensione della sfera di applicazione costituirebbe una normativa più favorevole in tal senso.
25. Il governo tedesco sostiene invece che la direttiva 85/577 non trova applicazione nel caso di specie. Esso sottolinea che la direttiva, ai sensi del suo art. 1, n. 1, si applica ai contratti stipulati tra un commerciante ed un consumatore, e dunque contempla soltanto i contratti bilaterali ovvero i contratti sinallagmatici in senso classico, ma non i contratti plurilaterali quale quello che viene in questione nella presente controversia. Il detto governo aggiunge poi che i soci di un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice sono spesso consumatori, ma la direttiva 85/577 non si applica ai contratti conclusi tra consumatori. A suo avviso, gli altri soci neppure effettuano, a favore del consumatore che aderisce al fondo, una fornitura di beni o una prestazione di servizi, poiché l’oggetto del contratto di società è il conseguimento dello scopo sociale. Inoltre, il contratto di adesione a un fondo immobiliare rientrerebbe nell’eccezione prevista dall’art. 3, n. 2, lett. a), primo comma, della direttiva 85/577, in quanto ricadrebbe tra i «contratti relativi ad altri diritti concernenti beni immobili», ai quali non si applica la detta direttiva. La finalità del fondo immobiliare in parola consiste infatti nel ripristino, nell’ammodernamento e nell’amministrazione di un immobile.
26. La Commissione sostiene che attraverso la conclusione del contratto di adesione di un consumatore ad un fondo immobiliare viene perfezionato un contratto ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/577 se, da un lato, tale adesione dà vita ad un rapporto contrattuale fra tale consumatore o investitore che aderisce al fondo e il promotore del fondo stesso e se, dall’altro, il contratto di società, oppure un contratto di altro tipo concluso tra il fondo immobiliare costituito in forma di società semplice ed il suo promotore, obbliga quest’ultimo a fornire al consumatore o all’investitore una prestazione rientrante nell’ambito della propria attività commerciale o professionale.
27. Al riguardo la Commissione chiarisce che tra il consumatore o l’investitore ed il promotore del fondo deve sussistere un rapporto contrattuale. Questo può essere diretto, se lo stesso promotore è socio del fondo, oppure indiretto, se il rapporto contrattuale intercorre tra il promotore e il fondo del quale è socio il consumatore o l’investitore. Inoltre, ad avviso della detta istituzione, il promotore del fondo deve obbligarsi nei confronti del consumatore a fornire un qualche servizio, ad esempio amministrare un immobile facente parte del patrimonio del fondo.
28. La Commissione sostiene anche che il contratto di adesione al fondo immobiliare chiuso non rientra nell’eccezione prevista dall’art. 3, n. 2, lett. a), primo comma, della direttiva 85/577, in forza del quale quest’ultima non si applica «ai contratti per la costruzione, vendita e locazione di beni immobili e ai contratti relativi ad altri diritti concernenti beni immobili». Essa sottolinea che tale eccezione si riferisce al tipo di servizio che il commerciante si obbliga a prestare nei confronti del consumatore, e che nella presente fattispecie tale servizio non consiste nella costruzione, nella vendita o nella locazione di immobili, bensì nell’amministrazione di un immobile allo scopo di procurare alla società entrate patrimoniali.
C – Seconda questione pregiudiziale
29. Il sig. C. von der Heyden e la Commissione propongono alla Corte di risolvere affermativamente la seconda questione. Essi rilevano che la Corte nella sentenza Schulte (14) ha statuito che, ai sensi dell’art. 5, n. 2, della direttiva 85/577, l’invio della comunicazione di recesso comporta la liberazione del consumatore da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto rescisso, il che implica il ripristino dello status quo ante tanto per il consumatore quanto per il commerciante. Osservano che, ai sensi dell’art. 7 della direttiva 85/577, gli effetti giuridici del recesso sono sì disciplinati dal diritto nazionale, ma gli Stati membri possono esercitare le proprie competenze soltanto in osservanza del diritto comunitario, in particolare delle disposizioni della detta direttiva, che vanno interpretate tenendo conto delle finalità di quest’ultima e con modalità che ne assicurino l’effet utile. Essi affermano dunque che il consumatore deve avere la possibilità di recedere dal contratto con effetto ex tunc, con la conseguenza che egli deve esser legittimato ad ottenere il rimborso del suo conferimento iniziale ed essere liberato da tutti gli obblighi derivanti dall’adesione al fondo immobiliare chiuso.
30. In proposito la Commissione aggiunge che è compito del legislatore nazionale trovare una soluzione rispettosa del diritto comunitario nel caso in cui il recesso del consumatore produca conseguenze svantaggiose per i restanti soci o per i creditori della società semplice. A suo avviso, il detto legislatore potrebbe ad esempio disporre che ad accollarsi la quota di spettanza del socio receduto sia il promotore della società.
31. Riguardo alla seconda questione pregiudiziale, il governo tedesco sottolinea che essa, tenuto conto della soluzione proposta per la prima questione, va risolta soltanto in via subordinata. Esso evidenzia che, ai sensi dell’art. 7 della direttiva 85/577, gli effetti giuridici del recesso sono disciplinati dal diritto nazionale. Aggiunge poi che la finalità della detta direttiva è sì di proteggere il consumatore dal rischio di concludere un contratto in maniera affrettata, ma non di tutelarlo in via generale dagli investimenti che si rivelino a posteriori economicamente svantaggiosi. Il legislatore nazionale può stabilire liberamente se ed in che misura il consumatore che recede dal contratto debba sopportare le eventuali conseguenze negative del recesso. Il detto governo giudica pertanto legittime le norme tedesche secondo cui il recesso non retroagisce con effetto al momento dell’adesione al fondo immobiliare (ex tunc), bensì produce soltanto effetti ex nunc.
VI – Valutazione dell’avvocato generale
A – Introduzione
32. Il presente caso è inquadrabile all’interno della problematica degli investimenti non riusciti in immobili di vecchia costruzione in Germania, nella quale già si collocavano i casi all’origine delle sentenze Schulte (15) e Crailsheimer Volksbank (16), entrambe vertenti sugli effetti giuridici del recesso da contratti di credito conclusi fuori dei locali commerciali. Nella presente controversia la Corte – diversamente che nelle citate cause Schulte e Crailsheimer Volksbank – dovrà affrontare questioni attinenti agli effetti giuridici del recesso da un contratto di società, ovvero da un fondo immobiliare costituito in forma di società semplice, l’adesione al quale sia stata prestata dal consumatore presso il suo domicilio.
33. I fondi immobiliari, che costituiscono una forma di investimento in beni immobili, hanno conquistato favore e notorietà in Germania agli inizi degli anni Ottanta, ma la loro diffusione risale agli inizi degli anni Novanta, dopo l’unificazione delle due Germanie (17). Dopo il 1998 hanno conosciuto un declino e molti investitori hanno perso i capitali investiti in tale settore (18). All’epoca del declino dei fondi immobiliari, numerosi investitori hanno esercitato il recesso e di conseguenza dinanzi ai tribunali si è accumulato un gran numero di cause con le quali gli amministratori dei fondi chiedevano agli investitori l’adempimento delle loro obbligazioni. La giurisprudenza tedesca ammette, qualora i consumatori abbiano prestato l’adesione al fondo presso il proprio domicilio o in altro luogo fuori dei locali commerciali, l’applicazione della normativa in materia di tutela dei consumatori nei contratti conclusi porta a porta, ma consente il recesso del consumatore soltanto con effetto ex nunc, il che significa che non necessariamente il consumatore si vede restituito l’intero importo investito nel fondo.
34. Il giudice del rinvio sottopone alla Corte due questioni pregiudiziali. Da un lato, esso chiede se all’adesione del consumatore ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice si applichino le disposizioni della direttiva 85/577. Dall’altro, desidera sapere se le disposizioni di tale direttiva ostino alla giurisprudenza tedesca in virtù della quale il consumatore può recedere dal fondo immobiliare chiuso soltanto con effetto ex nunc.
B – Ricevibilità
35. Occorre anzitutto verificare se – così come sostengono il sig. C. von der Heyden ed il governo tedesco – le due questioni pregiudiziali siano irricevibili nella parte in cui riguardano l’adesione ad una società commerciale di persone, ad un’associazione o ad una cooperativa. Ritengo che tale tesi debba essere condivisa.
36. Occorre ricordare che, nell’ambito di un procedimento ex art. 234 CE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la pertinenza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi (19).
37. Secondo una consolidata giurisprudenza, il rifiuto di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto comunitario non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (20).
38. Dall’esposizione dei fatti contenuta nell’ordinanza di rinvio risulta che nel caso di specie il consumatore ha prestato la propria adesione ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice. Ritengo pertanto che le questioni pregiudiziali non siano ricevibili nella parte in cui si riferiscono all’adesione a società commerciali di persone, ad associazioni o a cooperative.
39. Occorre altresì sottolineare che la prima questione si riferisce anche, in termini generali, all’adesione ad una società di persone. La società semplice è senza dubbio la forma più elementare di società di persone; tuttavia, il concetto di società di persone ha un significato più ampio, in quanto comprende la società semplice e le società commerciali di persone (21). Poiché la situazione di fatto riguarda esplicitamente soltanto l’adesione ad una società semplice, occorre esaminare le questioni pregiudiziali soltanto in riferimento all’ipotesi di adesione a questo tipo di società.
40. Stanti tali premesse, propongo alla Corte di dichiarare che le questioni sollevate sono ricevibili soltanto nella parte in cui si riferiscono all’adesione di un consumatore ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice.
C – Prima questione pregiudiziale
41. Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 1, n. 1, della direttiva 85/577 si applichi all’ipotesi di adesione di un consumatore ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice. Qui di seguito chiarirò anzitutto le nozioni di fondo immobiliare chiuso e di società semplice, per poi svolgere un’analisi sul punto se l’adesione ad un fondo siffatto rientri nella sfera di applicazione della direttiva 85/577.
1. Nozioni fondamentali
a) Fondo immobiliare chiuso
42. Il fondo immobiliare chiuso (geschlossener Immobilienfonds, fonds immobilier fermé, closed-end real estate fund) rappresenta una forma di investimento di capitali in beni immobili (22). L’attività di questo tipo di fondo consiste usualmente nella costruzione o nell’acquisto di uno o più immobili e, di norma, nella successiva dazione in godimento dei medesimi (23). Nondimeno, l’aspetto fondamentale di tale istituto non è l’investimento effettuato dai privati nell’immobile, bensì il fatto che gli investitori ricevono una quota del fondo (24). Infatti, con questo tipo di investimento di capitali gli investitori desiderano conseguire un utile ovvero ottenere vantaggi fiscali (25). Nel fondo immobiliare chiuso l’elemento caratteristico è costituito dal fatto che – a differenza di quello aperto – il numero degli investitori è limitato e l’importo dell’investimento è prestabilito. Una volta raccolti sufficienti capitali, questi vengono investiti; tuttavia, a partire da questo momento l’ingresso di nuovi investitori nel fondo non è più possibile (26).
43. In base alle norme tedesche, il fondo immobiliare chiuso viene di solito costituito in forma di società semplice o di società in accomandita semplice (27). Poiché nel presente caso il fondo immobiliare chiuso è stato costituito in forma di società semplice, procederò qui di seguito ad illustrare le caratteristiche fondamentali di quest’ultima, che assumeranno rilievo ai fini della soluzione del primo quesito pregiudiziale.
b) Società semplice
44. La società semplice (societas) è un istituto risalente al diritto romano e oggigiorno figura nell’ordinamento di numerosi Stati membri (28). Nella società semplice i soci, tramite il contratto di società, si obbligano ad adoperarsi per il raggiungimento di uno scopo comune. Gli elementi essenziali della società semplice sono dunque: un contratto di società concluso tra almeno due soci, uno scopo comune e i conferimenti dei soci. Qui di seguito esaminerò più in dettaglio ciascuno di tali elementi.
45. Per la nascita e l’esistenza della società è necessario che venga concluso un contratto di società tra almeno due o più soci (29). Il contratto di società viene concluso intuitu personae, il che significa che i soci sono personalmente obbligati e che, in linea di principio, il socio non può trasferire la propria quota nella società ad un’altra persona, salvo che il contratto di società stabilisca diversamente (30). In caso di recesso o morte del socio, la società in linea di principio cessa di esistere, salvo diversa disposizione del contratto di società (31); tuttavia, anche in ordine a tale punto la disciplina varia da uno Stato membro all’altro (32). Le cause di scioglimento della società sono disciplinate in modo diverso nei vari Stati membri. Le due cause di scioglimento più tipiche sono il conseguimento dell’oggetto sociale e il decorso del periodo per il quale la società è stata costituita. Tuttavia, come già indicato, in alcuni ordinamenti è previsto lo scioglimento della società anche per recesso o morte del socio ovvero per cause di altro tipo (33).
46. Con il contratto di società i soci si obbligano ad adoperarsi per il conseguimento dell’oggetto sociale. È dunque necessario che esista la affectio societatis, ossia la volontà dei soci di costituire una società per il conseguimento di una finalità comune (34). Tale oggetto sociale deve essere lecito (35). Esso può essere plurimo, ma valgono le limitazioni relative allo svolgimento dell’attività economica (36).
47. Per il conseguimento dell’oggetto sociale i soci devono contribuire alla società effettuando i conferimenti stabiliti dal contratto di società; tali conferimenti possono essere di varia natura, ma è importante che abbiano un valore patrimoniale, come ad esempio denaro, beni o servizi (37). Se il socio non effettua il conferimento dovuto, gli altri soci possono agire in giudizio per ottenerne l’adempimento (actio pro socio) (38).
48. Ai fini della presente controversia, è molto importante altresì chiarire quali diritti abbiano i soci sul patrimonio della società. Faccio presente che nei singoli Stati membri tale questione è disciplinata in vario modo (39). In Germania la dottrina sostiene che, secondo l’ordinamento tedesco, il patrimonio sociale costituisce un cosiddetto Gesamthandsvermögen (patrimonio collettivo, a mani riunite), il quale presenta due caratteristiche fondamentali: da un lato, tale patrimonio è distinto dal patrimonio personale dei soci e, dall’altro, il potere di disposizione su di esso è riservato agli organi della società (40). Tale patrimonio collettivo costituisce l’oggetto di una particolare forma di proprietà, il cosiddetto Gesamthandseigentum (proprietà a mani riunite). Da quando la giurisprudenza tedesca ha riconosciuto alla società semplice la capacità giuridica (41), nella letteratura e nella prassi in Germania si dibatte se i soci siano ancora titolari di un diritto di Gesamthandseigentum sul patrimonio sociale oppure se proprietaria di quest’ultimo sia la società stessa (42). Questo è senz’altro un punto che dovrà essere risolto dalla dottrina e dalla giurisprudenza tedesche, ma di cui sarà necessario tener conto in caso di eventuale applicazione dell’eccezione prevista dall’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 85/577.
2. Se l’adesione ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice ricada nella sfera di applicazione della direttiva 85/577
49. Nel presente procedimento è controverso se l’adesione del socio al fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice ricada nella sfera di applicazione della direttiva 85/577. Si tratta dunque di stabilire se tale direttiva, originariamente concepita in riferimento ai contratti sinallagmatici (contractus bilaterales aequales), si applichi ai contratti plurilaterali quale quello oggetto del caso di specie.
50. Occorre anzitutto sottolineare che la ratio della tutela apprestata al consumatore dalla direttiva 85/577 è di proteggere quest’ultimo dal rischio di decisioni affrettate che egli potrebbe prendere all’esterno dei locali commerciali del commerciante. In una situazione in cui è il commerciante ad assumere l’iniziativa per la conclusione di un contratto, trovandosi così il consumatore in una situazione caratterizzata da un elemento di sorpresa, deve essere garantita a quest’ultimo una particolare tutela, poiché egli non ha la possibilità di confrontare la qualità e il prezzo che gli vengono proposti con altre offerte (43). In considerazione del rischio che il consumatore prenda una decisione affrettata riguardo alla conclusione di un contratto, è necessario che, una volta concluso quest’ultimo, egli disponga di un periodo di ripensamento per valutare gli obblighi contrattualmente assunti e decidere se recedere dall’accordo stipulato entro un termine non inferiore a sette giorni, ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 85/577 (44). L’adesione ad un fondo immobiliare chiuso non costituisce un’eccezione al riguardo; anche in tal caso è possibile che il consumatore adotti una decisione affrettata, della quale poi si pentirà (45).
51. Nel presente procedimento la Corte dovrà però valutare non soltanto se il consumatore meriti tale tutela, ma anche e soprattutto se con l’adesione del socio al fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice sia stato concluso un contratto nel senso di cui all’art. 1, n. 1, della direttiva 85/577. Prima di procedere all’analisi sotto il profilo giuridico sostanziale, occorre chiarire a quale contratto si riferisca la questione pregiudiziale.
52. Nel presente procedimento il sig. C. von der Heyden ha inizialmente prestato la propria dichiarazione di adesione (Beitrittserklärung) al fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice. Effettuando tale dichiarazione, egli ha espresso soltanto la propria volontà di aderire al fondo ovvero di divenirne socio. Come risulta dalla dichiarazione in parola, la sua adesione è divenuta efficace soltanto quando è stata accettata per iscritto dall’amministratore della società. In quel momento tra il sig. C. von der Heyden e gli altri soci si è perfezionato un contratto di società ovvero il sig. C. von der Heyden è divenuto socio del fondo immobiliare chiuso. Pertanto, nel caso di specie, il contratto di società aveva natura di contratto plurilaterale tra i soci. Allorché il sig. C. von der Heyden è receduto dal contratto di società, ha cessato di essere socio del fondo immobiliare. Pertanto, la prima questione pregiudiziale mira a stabilire se la direttiva 85/577 si applichi al contratto di società concluso tra il sig. C. von der Heyden e gli altri soci.
53. Per l’esistenza di un contratto ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/577 devono risultare soddisfatti alcuni presupposti riguardanti le parti del contratto stesso nonché l’oggetto ed il luogo di conclusione di quest’ultimo. In primo luogo, una delle parti contrattuali deve essere un consumatore; in secondo luogo, l’altra parte del contratto deve essere un commerciante (46); in terzo luogo, l’oggetto del contratto deve essere la fornitura di un bene o la prestazione di un servizio; infine, in quarto luogo, il contratto deve essere concluso durante un’escursione organizzata dal commerciante al di fuori dei propri locali commerciali, oppure durante una visita del commerciante al domicilio del consumatore o a quello di un altro consumatore o sul posto di lavoro del consumatore, qualora la visita non abbia luogo su espressa richiesta del consumatore.
54. Nel caso di specie occorre poi appurare se il contratto stipulato ricada sotto una delle eccezioni di cui all’art. 3, n. 2, della direttiva 85/577, segnatamente quelle ivi previste alla lettera a) – che esclude dall’ambito di applicazione della detta direttiva i contratti per la costruzione, vendita e locazione di beni immobili e i contratti relativi ad altri diritti concernenti beni immobili – oppure alla lettera e) – che sottrae all’applicazione della direttiva i contratti relativi a valori mobiliari.
a) Presupposti per l’esistenza di un contratto ai sensi della direttiva 85/577
55. A mio avviso, nella presente fattispecie, dei presupposti necessari per l’esistenza di un contratto ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/577 risultano soddisfatti il primo (qualità di consumatore di una delle parti), il terzo (fornitura di beni o servizi) e l’ultimo (conclusione al di fuori dei locali commerciali del commerciante), ma non il secondo (qualità di commerciante dell’altra parte del contratto).
56. Ai sensi dell’art. 2 della direttiva 85/577, per «consumatore» si intende «la persona fisica che, per le transazioni disciplinate dalla presente direttiva, agisce per un uso che può considerarsi estraneo alla propria attività professionale». Nella presente fattispecie, è incontestato che il sig. C. von der Heyden non ha agito nell’ambito della propria attività commerciale o professionale ed è dunque un consumatore ai sensi della direttiva 85/577 (47).
57. È del pari incontestato che il contratto di adesione al fondo immobiliare è stato concluso fuori dei locali commerciali del commerciante, dal momento che la stipulazione ha avuto luogo al domicilio del consumatore.
58. Inoltre, a mio avviso, l’adesione a un fondo immobiliare chiuso può essere fatta rientrare tra le forniture di beni. Vero è che nel presente caso non si tratta certo della fornitura di un bene nel senso proprio dei contratti di consumo classici, qual è ad esempio il contratto di vendita. Occorre però tener conto che l’oggetto del contratto è l’acquisizione di una quota del fondo suddetto, la quale è a mio avviso sussumibile nell’ampia nozione di fornitura di beni. Una simile interpretazione in senso ampio di tale nozione risulta peraltro in accordo con la giurisprudenza formatasi in materia, con la quale la Corte ha interpretato estensivamente la nozione di fornitura di beni o di prestazione di servizi e ha dunque ammesso un esteso ambito di applicazione della direttiva 85/577.
59. La Corte infatti, ad esempio nella sentenza Dietzinger (48), ha qualificato il contratto di fideiussione come contratto rientrante nella direttiva 85/577. Nella motivazione essa ha affermato che, fatte salve le eccezioni di cui all’art. 3, n. 2, la direttiva non limita la propria sfera di applicazione in funzione della natura dei beni o dei servizi che formano oggetto del contratto, purché tali beni o servizi siano destinati al consumo privato (49). Nella sentenza Travel-Vac (50) la Corte ha ammesso l’applicazione della direttiva 85/577 ai contratti aventi ad oggetto l’acquisto di un diritto d’uso a tempo parziale (time-share) su un immobile, qualora il contratto non verta soltanto sul diritto di godimento turnario del bene, ma comprenda anche la fornitura di servizi distinti, di valore superiore a quello di tale diritto di godimento (51). Nella sentenza Heininger (52) la Corte ha poi dichiarato la direttiva 85/577 applicabile ai contratti di credito. La Corte ha successivamente ribadito l’applicabilità della direttiva ai contratti di credito nelle sentenze Schulte (53), Crailsheimer Volksbank (54) e Hamilton (55).
60. Nella presente fattispecie è però dubbio il soddisfacimento del secondo presupposto per l’esistenza di un contratto ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/577, ossia se l’altra parte del contratto sia un commerciante ai sensi di tale direttiva.
61. A norma dell’art. 2 della direttiva 85/577, per «commerciante» si intende «la persona fisica o giuridica che, nel concludere la transazione in questione, agisce nell’ambito della propria attività commerciale o professionale, o la persona che agisce a nome o per conto di un commerciante» (56). Alla luce di tale definizione, occorre anzitutto appurare se nel caso di specie intervenga un commerciante ai sensi del detto art. 2.
62. Dalla dichiarazione di adesione con la quale il sig. C. von der Heyden è entrato a far parte del fondo immobiliare in questione consta che essa è stata sottoscritta dal predetto e dalla società Roland GmbH (57). Vicino alla sottoscrizione del sig. C. von der Heyden compare l’indicazione «firma socio» (Unterschrift Gesellschaftler), mentre accanto a quella della società Roland GmbH figura la dicitura «firma partner commerciale» (Unterschrift Vertriebspartner). Da tale dichiarazione di adesione emerge che con essa il sig. C. von der Heyden ha aderito alla società «Grundstücksgesellschaft Bergstr. 9» a partire dal momento in cui l’amministratore di quest’ultima ha accettato per iscritto la sua adesione. In tal modo egli è divenuto parte del contratto di società ovvero ha acquistato la qualità di socio della società semplice.
63. Occorre dunque verificare se nell’ambito del rapporto contrattuale intercorrente tra il consumatore che aderisce alla società e gli altri soci di questa (contratto di società) sia possibile individuare un commerciante ai sensi della direttiva 85/577.
64. Nell’ambito di tale rapporto contrattuale possono profilarsi, in linea teorica, tre possibilità.
65. La prima è che tutti i soci della società semplice siano consumatori. In tal caso è certo che la direttiva 85/577 non si applica a tale rapporto contrattuale, in quanto la definizione di «commerciante» di cui all’art. 2 della direttiva 85/577 esige che tale soggetto agisca nell’ambito della propria attività commerciale o professionale, ciò che non è possibile affermare in relazione ai soci che rivestono la qualità di consumatori. Inoltre, nel caso in cui anche gli altri soci siano consumatori, il diritto di beneficiare della tutela non spetta ad uno solo di essi, bensì a tutti. Infatti, il diritto comunitario in materia di tutela dei consumatori non si applica ai rapporti tra consumatori, ossia ai cosiddetti rapporti C2C (consumer to consumer), bensì unicamente ai rapporti tra commerciante e consumatore, vale a dire ai cosiddetti rapporti B2C (business to consumer) (58).
66. La seconda possibilità è che tutti gli altri soci della società semplice – escluso quindi il socio che recede dal contratto sulla base della direttiva 85/577 – siano commercianti ai sensi di tale direttiva. Se ad esempio, nel caso di specie, tutti gli altri soci della società semplice fossero persone fisiche o giuridiche la cui attività professionale consiste nella creazione di fondi immobiliari chiusi e nella vendita di quote a nuovi soci, sarebbe possibile fare leva su tale argomento ed affermare che in questo caso al rapporto contrattuale si applica la direttiva 85/577. Tuttavia, tale argomento non può aver valore nella presente fattispecie, dal momento che, come indicato dal giudice nazionale nella sua ordinanza di rinvio, nei fondi immobiliari chiusi costituiti in forma di società semplice anche gli altri soci sono di norma consumatori (59).
67. La terza possibilità è infine che alcuni soci della società semplice siano consumatori ed altri no. In tal caso, occorrerebbe accertare, per ciascun singolo socio non consumatore, se esso possa essere definito come commerciante ai sensi della direttiva 85/577. Tale compito spetta al giudice nazionale, ma la Corte può verificare in linea teorica se la detta direttiva sia applicabile qualora tale giudice accerti che soltanto alcuni soci sono qualificabili come commercianti ai sensi di quest’ultima. A mio avviso, in tale contesto non è possibile argomentare che, per il semplice fatto che alcuni soci sono commercianti ai sensi della direttiva 85/577, anche gli altri soci assumano tale qualifica di commerciante ai sensi della medesima direttiva. Una simile soluzione si porrebbe in contrasto con l’esigenza di tutelare tutti quei soci della società che sono consumatori. Allo stesso modo, la soluzione secondo cui, in caso di recesso del consumatore dal contratto di società, soltanto i soci aventi la qualità di commerciante ai sensi della direttiva 85/577 dovrebbero sopportare le conseguenze finanziarie di tale recesso, è difficilmente accettabile dal punto di vista del diritto societario. Infatti, il contratto di società è fondato sul principio della parità tra i soci, e nella specie il consumatore è receduto dal contratto che era stato concluso con tutti i soci, e non soltanto con quelli aventi la qualità di commerciante ai sensi della direttiva 85/577. Inoltre, occorre sottolineare che nella presente causa – pur spettando in definitiva al giudice nazionale compiere tale valutazione – dalla descrizione dei fatti contenuta nell’ordinanza di rinvio non consta che quei soci che non sono consumatori siano commercianti ai sensi della direttiva 85/577. Ritengo pertanto che nel presente caso non sia possibile applicare tale direttiva.
68. Occorre poi accertare se sia possibile considerare quale «commerciante» ai sensi della direttiva 85/577 il promotore o l’istitutore del fondo immobiliare chiuso (60). Per il fondo, il ruolo svolto dal promotore ovvero dall’istitutore riveste un’importanza chiave, in quanto questi crea l’organismo e poi si adopera per attirare dei soci, che vi investiranno dei capitali. Riguardo al promotore o all’istitutore possiamo certo affermare che il presupposto relativo all’agire nell’ambito di un’attività commerciale o professionale è soddisfatto; ciò malgrado, è dubbio se egli possa essere considerato quale commerciante ai sensi della direttiva 85/577. Il promotore certo «vende le quote» di partecipazione nel fondo, ma in tale contesto non percepisce l’intero importo investito dal consumatore. Per effetto dell’adesione del nuovo socio il promotore percepisce soltanto una provvigione (61), mentre la somma che il socio investe viene utilizzata per il conseguimento dell’oggetto sociale comune ai soci. Vero è che il promotore, in virtù di tale provvigione, ha interesse a che il consumatore aderisca al fondo, ma egli non riceve la somma investita.
69. Occorre riconoscere che la direttiva 85/577 non esige espressamente che il contratto di consumo sia un contratto a titolo oneroso. Tuttavia, a mio avviso, dall’economia sistematica della direttiva si può desumere che, nel caso in cui venga in questione un contratto a titolo oneroso, il commerciante deve ricevere il pagamento del consumatore. Infatti, ai sensi dell’art. 5, n. 2, della direttiva 85/577, per effetto del recesso il consumatore è liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto rescisso. Ciò significa che il commerciante deve restituire al consumatore la somma che questi gli ha versato (62). Poiché nella presente fattispecie il promotore riceve dal consumatore soltanto una provvigione, quest’ultimo potrebbe al massimo richiedere al primo la restituzione di tale importo.
70. Pertanto, a mio avviso, non è possibile trattare il promotore o l’istitutore del fondo alla stregua di un commerciante ai sensi della direttiva 85/577.
71. Allo stesso modo, non è qui possibile definire come «commerciante» ai sensi della direttiva neppure l’intermediario. Infatti, oltre al rapporto contrattuale tra i soci, esiste nella fattispecie anche quello tra il consumatore che aderisce alla società e l’intermediario. Il consumatore che aderisce al fondo prestando il consenso al suo domicilio si ritrova di solito dinanzi come interlocutore un intermediario che opera per tale società, il quale cerca di convincerlo ad aderirvi. Anche l’intermediario ha un indubbio interesse a convincere il consumatore ad aderire al fondo, dal momento che egli percepisce una provvigione proprio per l’adesione di nuovi soci al fondo immobiliare chiuso (63). Inoltre, l’intermediario è quello che si trova in contatto diretto con il consumatore e che, sulla base della procura conferitagli dalla società, ha l’obbligo di fornire chiarimenti a quest’ultimo in merito al suo diritto di recedere dal contratto.
72. Nel presente caso, l’intermediario potrebbe acquisire la qualità di «commerciante» ai sensi dell’art. 2 della direttiva 85/577 soltanto se «agisce a nome o per conto di un commerciante», vale a dire soltanto qualora sia possibile definire come «commerciante» il soggetto in nome o per conto del quale egli opera. Tuttavia, alla luce di quanto esposto sopra ai paragrafi 60‑70 delle presenti conclusioni, tale condizione non risulta soddisfatta nel caso di specie. Pertanto, non è a mio avviso possibile considerare l’intermediario quale «commerciante» ai sensi della direttiva 85/577.
b) Eccezioni ai sensi dell’art. 3, n. 2, della direttiva 85/577
73. Se ciò malgrado la Corte giudicherà che nella specie sussiste un contratto ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 85/577, occorrerà da ultimo risolvere l’ulteriore questione se tale contratto rientri in qualcuna delle eccezioni previste dall’art. 3, n. 2, della detta direttiva. In tale contesto occorrerà tener conto del principio generale secondo cui, come statuito dalla Corte nella sua giurisprudenza, le eccezioni vanno interpretate in senso stretto (64).
i) Contratti relativi ad immobili
74. Occorre anzitutto accertare se il contratto di cui trattasi ricada sotto l’eccezione prevista dall’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 85/577, il quale stabilisce, tra l’altro, che quest’ultima non si applica ai contratti relativi ad altri diritti concernenti beni immobili (65).
75. Nell’adesione ad un fondo immobiliare chiuso è essenziale che l’interessato riceva una quota di partecipazione in quest’ultimo (66). Pertanto, il contratto di società non ha come oggetto diretto e immediato l’acquisto di un qualche diritto reale o di obbligazione su un immobile, bensì l’acquisizione di una quota nella società o nel fondo. È dunque fuori discussione che il consumatore, aderendo al fondo immobiliare chiuso, non acquisisce direttamente alcun diritto su un immobile.
76. Occorre però esaminare se il consumatore, con l’acquisizione della quota nella società, divenga indirettamente titolare di diritti sull’immobile di proprietà della società, e se tale acquisizione indiretta di diritti sia sufficiente per rendere applicabile l’eccezione prevista dall’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva.
77. La dottrina tedesca sottolinea che, attraverso l’adesione alla società semplice, il consumatore acquisisce un cosiddetto Gesamthandseigentum (67) sul patrimonio di tale società. La particolarità di tale forma di proprietà consiste nel fatto che – diversamente dalla comproprietà – la quota del socio sul patrimonio non è determinata, e l’amministrazione del patrimonio è esercitata congiuntamente (68). Da quando la giurisprudenza tedesca ha riconosciuto alla società semplice la capacità giuridica, la dottrina in Germania dibatte sulla questione se sul patrimonio della società continui ad esistere un Gesamthandseigentum oppure se proprietaria del patrimonio sia la società stessa (69).
78. La risposta al quesito se anche dopo il riconoscimento della capacità giuridica della società semplice la proprietà del patrimonio della società spetti a tutti i soci (sotto forma di Gesamthandseigentum) oppure alla società stessa è a mio avviso essenziale per stabilire se l’eccezione prevista dall’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 85/577 si applichi all’adesione del consumatore ad un fondo immobiliare chiuso (70). Pertanto, la risposta al quesito relativo all’applicazione del diritto comunitario sarà in questo caso subordinata alla soluzione di questioni giuridiche di diritto nazionale, per le quali però la competenza può spettare soltanto al giudice nazionale. Nondimeno la Corte potrà, nell’ambito del procedimento pregiudiziale, fornire al detto giudice tutte le indicazioni che reputa necessarie ai fini della soluzione della questione oggetto del rinvio (71).
79. In tale contesto il giudice nazionale dovrà a mio avviso tener conto dei seguenti aspetti.
80. In primo luogo, se esso accerterà che i soci, malgrado la capacità giuridica della società, sono titolari di un diritto di Gesamthandseigentum sull’immobile di quest’ultima, tale elemento deporrà a favore del fatto che nella presente fattispecie è possibile applicare l’eccezione prevista dall’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 85/577, senza che rilevi il fatto che il consumatore acquisti dei diritti sull’immobile soltanto in via indiretta attraverso l’acquisizione della quota nella società. È certo vero che il Gesamthandseigentum presenta caratteristiche del tutto particolari, ma esso resta ciò malgrado una forma di proprietà. Pertanto, non vedo perché nella specie si dovrebbe arrivare ad una diversa conclusione soltanto per il fatto che si tratta di una forma particolare di proprietà con specifiche caratteristiche. In proposito, a mio avviso, non è convincente l’argomento secondo cui la finalità che spinge il consumatore ad acquisire una quota del fondo è l’investimento di capitali. È indubbio che la finalità del consumatore è di effettuare un investimento finanziario e/o di ottenere vantaggi fiscali, ma ciò non modifica in alcun modo il suo status di proprietario dell’immobile in questione in forma congiunta e indivisa con altri.
81. In secondo luogo, nel condurre la sua analisi il giudice nazionale dovrà verificare se il consumatore acquisisca diritti reali o di obbligazione di qualche tipo sull’immobile. A mio avviso, infatti, vi sono due ragioni per le quali è opportuno interpretare l’espressione «altri diritti concernenti beni immobili» di cui all’art. 3, n. 2, lett. a), della direttiva 85/577 come non limitata ai soli diritti reali. Da un lato, nulla nel testo della norma dimostra che l’eccezione da questa prevista valga soltanto per i diritti reali; al contrario, anche la locazione, pur non rientrando tra i diritti reali, è esclusa dall’ambito di applicazione della detta direttiva (72). Dall’altro, limitando l’applicabilità dell’eccezione ai soli diritti reali, manterremmo indebitamente assoggettati alle norme della direttiva i diritti di obbligazione relativi ad immobili, quali ad esempio il diritto di affitto (Pachtrecht) o il diritto di prelazione (Vorkaufsrecht). Invero, nel memorandum esplicativo della proposta di tale articolo della direttiva la Commissione ha menzionato, oltre alla vendita di immobili e al trasferimento di diritti di proprietà su abitazioni – che nella versione vigente della direttiva sono già compresi nella nozione di contratti per la vendita di immobili –, soltanto diritti reali, e precisamente l’ipoteca e la servitù di passaggio (73), ma ciò a solo titolo di esempio. È altresì vero che nella prassi gli «altri diritti concernenti beni immobili» saranno di norma diritti reali, ma non vedo per quali motivi già in sede interpretativa si dovrebbe limitare l’eccezione in questione a questa categoria di diritti. Pertanto, il giudice nazionale dovrà accertare nel caso di specie se il consumatore, per effetto dell’adesione al fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice, acquisisca diritti di obbligazione o reali di qualche tipo sull’immobile (74).
ii) Contratti relativi a valori mobiliari
82. Sebbene nessuna delle parti vi abbia fatto riferimento, va ancora esaminata la questione se l’adesione di un consumatore ad un fondo immobiliare chiuso possa essere esclusa dall’applicazione delle norme della direttiva 85/577 in virtù di un’interpretazione analogica dell’eccezione prevista dall’art. 3, n. 2, lett. e), di quest’ultima, il quale sottrae alla disciplina della direttiva i «contratti relativi ai valori mobiliari».
83. A mio avviso, non è possibile applicare tale eccezione nel caso di specie.
84. La direttiva 85/577 non reca invero alcuna definizione della nozione di «valori mobiliari», ma alcuni spunti per precisare quest’ultima possono essere tratti da altri testi normativi comunitari, come ad esempio la direttiva 93/22/CEE, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari (75), che annovera sotto tale denominazione tre categorie di valori siffatti, e precisamente: 1) le azioni ed altri valori assimilabili ad azioni; 2) le obbligazioni ed altri titoli di credito negoziabili sul mercato dei capitali, nonché 3) qualsiasi altro valore normalmente negoziato che permetta di acquisire tali valori mobiliari mediante sottoscrizione o scambio o che comporti un pagamento in contanti, esclusi i mezzi di pagamento (76). Vediamo dunque che tra i valori mobiliari possiamo ricomprendere soltanto quelli negoziati sul mercato dei capitali (77). Tuttavia, l’acquisizione di quote in un fondo immobiliare chiuso non costituisce una negoziazione sul mercato dei capitali, sicché tali quote non possono essere equiparate a valori mobiliari.
3. Ambito di applicazione dello HWiG tedesco
85. Occorre da ultimo esaminare l’argomento dedotto dal rappresentante del sig. C. von der Heyden, secondo cui l’ambito di applicazione dello HWiG tedesco è più ampio di quello della direttiva 85/577 e la Germania ha dunque adottato norme più favorevoli in materia di tutela dei consumatori ai sensi dell’art. 8 della direttiva 85/577.
86. A questo proposito, occorre rilevare che lo HWiG tedesco si applica a qualsiasi contratto concluso avente ad oggetto una prestazione a titolo oneroso. Pertanto, l’ambito di applicazione di tale legge è più ampio di quello della direttiva 85/577 sotto due profili. Da un lato, la legge suddetta non esige che l’oggetto del contratto sia una fornitura di beni o una prestazione dei servizi e, dall’altro, essa non richiede che una delle parti contrattuali sia un commerciante. Di conseguenza, sotto entrambi gli aspetti, la sfera di applicazione di tale legge è più estesa di quella della direttiva 85/577, ciò che consente di comprendere per quale motivo la giurisprudenza tedesca applichi le norme dello HWiG all’ipotesi di adesione di un consumatore ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice (78).
87. Contrariamente a quanto ritenuto dal rappresentante del sig. C. von der Heyden, a mio avviso non ci troviamo qui in presenza di una fattispecie di esercizio della facoltà concessa agli Stati membri dall’art. 8 della direttiva 85/577. Infatti, tale norma consente agli Stati membri di adottare o mantenere in vigore disposizioni ancora più favorevoli in materia di tutela dei consumatori nel settore disciplinato dalla detta direttiva (79). Se però la legislazione nazionale si applica ad ambiti non rientranti in quello disciplinato dalla direttiva 85/577, non è a mio avviso possibile fare riferimento all’art. 8 di quest’ultima.
88. Ciò nonostante, desidero attirare l’attenzione sulla recente sentenza pronunciata nella causa Moteurs Leroy Somer (80), nella quale la Corte ha statuito, in riferimento alla direttiva 85/374/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (81), che tale direttiva non osta a che la legislazione nazionale abbia un ambito di applicazione più esteso della direttiva medesima. Infatti, la direttiva 85/374 disciplina fattispecie nelle quali viene chiesto il risarcimento del danno cagionato ad una cosa destinata ad un uso personale, ma, secondo la detta pronuncia della Corte nella causa Moteurs Leroy Somer, la direttiva in questione non osta a una normativa nazionale in forza della quale il danneggiato può richiedere un risarcimento del danno cagionato ad una cosa destinata ad un uso professionale. A mio avviso, anche nella presente fattispecie è possibile giungere ad una conclusione analoga a quella raggiunta nella sentenza Moteurs Leroy Somer. Ciò significa che il legislatore tedesco può prevedere che lo HWiG, che ha trasposto nell’ordinamento nazionale la direttiva 85/577, si applichi anche a situazioni di fatto non disciplinate da quest’ultima, e dunque anche all’adesione di un consumatore ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice.
4. Soluzione proposta riguardo alla prima questione
89. Suggerisco che la Corte voglia risolvere la prima questione pregiudiziale dichiarando che l’art. 1, n. 1, della direttiva 85/577 va interpretato nel senso che non si applica all’ipotesi di adesione di un consumatore ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice.
D – Seconda questione pregiudiziale
90. La seconda questione pregiudiziale deve essere in parte riformulata, a motivo della sua parziale irricevibilità (82) nonché del fatto che non può essere risolta sulla base dell’art. 7 (83) della direttiva 85/577 cui fa riferimento il giudice del rinvio nel suo quesito (84).
91. La seconda questione va dunque intesa nel senso che con essa il giudice del rinvio chiede se l’art. 5, n. 2, della direttiva 85/577 vada interpretato nel senso che osta ad una disciplina nazionale, di creazione giurisprudenziale, secondo cui il consumatore, in caso di recesso da un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice, è titolare nei confronti di quest’ultimo di un diritto al pagamento del saldo di liquidazione della sua quota di partecipazione, calcolato al momento dello scioglimento del rapporto (ex nunc), con la possibile conseguenza che all’atto del recesso al detto consumatore venga restituito un importo inferiore a quello da lui conferito nel fondo ovvero che egli si veda esposto all’obbligo di pagare una quota delle perdite del fondo stesso. Si tratta dunque di una questione vertente sul punto se la direttiva 85/577 osti a che i principi enunciati dalla giurisprudenza tedesca per disciplinare l’istituto della cosiddetta «società invalida» (fehlerhafte Gesellschaft) vengano applicati all’ipotesi del recesso di un consumatore da un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice (85).
92. Vista la proposta di risolvere la prima questione pregiudiziale dichiarando la direttiva 85/577 non applicabile nel caso di specie, non è in linea di principio necessario risolvere la seconda questione (86). Ciò malgrado, è opportuno svolgere una breve analisi riguardo a tale seconda questione, cui la Corte potrà fare riferimento qualora risolvesse la prima in modo diverso da quello proposto nelle presenti conclusioni.
1. Rilascio dell’informazione relativa al diritto di recesso
93. Occorre anzitutto premettere che nel caso di specie non è chiaro se il consumatore sia stato informato del suo diritto di recedere dal contratto. Il diritto di recesso del consumatore è assoggettato ad un limite di tempo (87) ed egli può, sulla base della direttiva 85/577 ovvero delle norme che traspongono quest’ultima nell’ordinamento nazionale, esercitarlo dopo la scadenza di tale termine soltanto qualora non sia stato informato dell’esistenza del diritto medesimo (88). Come già indicato al paragrafo 20 delle presenti conclusioni, al giudice del rinvio è stato posto un quesito volto a chiarire tale punto, ma esso non ha potuto darvi risposta a motivo del carattere vincolante dell’accertamento dei fatti compiuto dal giudice del precedente grado di giudizio. Inoltre, il giudice del rinvio ha affermato che tra le parti non vi è contestazione sul fatto che il consumatore ha validamente esercitato il recesso ai sensi dello HWiG, che ha trasposto la direttiva 85/577 nell’ordinamento nazionale. Tale quesito è stato sottoposto anche alle parti in occasione dell’udienza, ma esse non hanno fornito una risposta inequivoca; il rappresentante del sig. C. von der Heyden ha affermato di non avere informazioni al riguardo, mentre la Commissione ha sostenuto che sul punto è possibile fare congetture soltanto implicitamente sulla base del fatto che nel caso di specie al consumatore è stato reso possibile l’esercizio del recesso dal contratto.
94. Occorre sottolineare che, nell’ambito di un procedimento ex art. 234 CE, basato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale. Tuttavia, al fine di dare a quest’ultimo una soluzione utile, la Corte può, in uno spirito di cooperazione con i giudici nazionali, fornirgli tutte le indicazioni che reputa necessarie (89). Per tale motivo, nel presente procedimento la Corte dovrà partire dal presupposto che il consumatore non sia stato informato in merito al suo diritto di recedere dal contratto, ma l’esattezza di tale premessa dovrà essere verificata dal giudice nazionale nell’ambito delle sue competenze.
2. Analisi sotto il profilo giuridico sostanziale
95. Se nella presente controversia la Corte giudicasse, riguardo alla prima questione pregiudiziale, che la direttiva 85/577 trova applicazione al caso di specie, ciò avrebbe come conseguenza, ai sensi dell’art. 5, n. 2, di tale direttiva, che «il consumatore è liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto rescisso». Ciò significherebbe che dovrebbe essergli restituito l’intero importo che ha conferito nel fondo. Ne conseguirebbe che nel caso di specie, in caso di perdite sofferte dal fondo, gli altri soci dovrebbero sopportare l’onere finanziario connesso alla restituzione dell’importo suddetto al consumatore receduto.
96. Va chiarito anzitutto quale sia, ai fini del presente procedimento, il significato dell’art. 7 della direttiva 85/577, il quale stabilisce che «[q]ualora il consumatore eserciti il proprio diritto di rescissione, gli effetti giuridici del recesso sono disciplinati a norma della legislazione nazionale, in particolare per quanto riguarda il rimborso dei pagamenti relativi a beni o a prestazioni di servizi, nonché la restituzione di merci ricevute». Tale norma non conferisce agli Stati membri il potere generale di modificare a piacimento l’effetto giuridico previsto dall’art. 5, n. 2, della medesima direttiva, bensì conferisce loro unicamente la facoltà di decidere i tempi e le modalità di restituzione delle prestazioni adempiute in base al contratto da cui il consumatore è receduto (90). Per tale motivo, la norma suddetta non è di per sé sufficiente per giustificare un recesso del consumatore dal fondo con effetto ex tunc.
97. Nel presente procedimento assumerà dunque rilievo decisivo l’interpretazione dell’art. 5, n. 2, della direttiva 85/577. Il testo di tale disposizione è inequivoco: il consumatore deve essere liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto rescisso. Anche la giurisprudenza relativa all’interpretazione di tale disposizione è chiara: nella sentenza Schulte la Corte ha infatti statuito che il recesso del consumatore dal contratto concluso fuori dei locali commerciali del commerciante deve comportare il ripristino dello status quo ante (91).
98. Ciò malgrado, la soluzione che attribuisce al consumatore la facoltà di recedere dal fondo con effetto ex tunc sarebbe in contrasto con la finalità della detta direttiva. Per tale motivo, nell’affrontare la seconda questione pregiudiziale, occorrerà prendere le mosse da un’interpretazione teleologica dell’art. 5, n. 2, della direttiva 85/577 e statuire sul quesito dichiarando che tale disposizione non osta ad una disciplina nazionale, di creazione giurisprudenziale, in virtù della quale il consumatore, in caso di recesso da un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice, è titolare nei confronti di quest’ultimo di un diritto al pagamento del saldo di liquidazione della sua quota di partecipazione, calcolato al momento dello scioglimento del rapporto (ex nunc), con la possibile conseguenza che all’atto del recesso al detto consumatore venga restituito un importo inferiore a quello da lui conferito nel fondo ovvero che egli si veda esposto all’obbligo di pagare una quota delle perdite del fondo stesso. A sostegno di tale conclusione militano vari argomenti.
99. Il primo e decisivo argomento a sostegno di tale tesi è fornito dal fatto che, in linea di principio, anche gli altri soci del fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice sono consumatori (92). La direttiva 85/577 offre al consumatore una tutela nei confronti del commerciante, ma non nei confronti degli altri consumatori. Se nel presente caso ammettessimo che un consumatore possa uscire dal fondo immobiliare chiuso con effetto ex tunc, riconosceremmo a questi una tutela effettiva, ma allo stesso tempo la negheremmo completamente agli altri consumatori che continuano a far parte del fondo. Pertanto, risulterebbe tutelato soltanto quel consumatore che per primo decidesse di recedere dal fondo, mentre gli altri non soltanto non beneficerebbero di tale tutela, bensì, in virtù della protezione concessa a quel consumatore receduto, vedrebbero la propria posizione addirittura peggiorare (93). Pertanto, a mio avviso, non è ammissibile il recesso di un consumatore da un fondo immobiliare chiuso con effetto ex tunc.
100. In secondo luogo, occorre considerare che la finalità della direttiva 85/577 è di proteggere il consumatore dal rischio di conclusione affrettata di un contratto fuori dei locali commerciali del commerciante, ma non dai pericoli connessi agli investimenti di capitali. Al pari di altre forme di investimento di capitali, gli investimenti nei fondi immobiliari chiusi sono rischiosi; tale rischio può risolversi per l’investitore in un utile o in una perdita. Qualora il consumatore receda dal fondo dopo che questo abbia ottenuto un utile, egli ha diritto alla quota che gli spetta su tale utile, e viceversa, in caso di perdite del fondo, il consumatore che recede deve pagare una quota di tali perdite. Il consumatore deve sopportare personalmente il rischio di tale investimento di capitali, così come personalmente gode dell’eventuale utile ottenuto dalla società. Pertanto, il riconoscimento di una facoltà di recesso con effetto ex tunc a favore del consumatore che non sia stato informato del suo diritto di recesso porterebbe ad una situazione assurda, in quanto a costui verrebbe garantito un trattamento finanziariamente più vantaggioso rispetto a quello del consumatore che sia stato regolarmente informato del suo diritto di recedere dal contratto e soggiaccia dunque a limiti di tempo per l’esercizio di quest’ultimo.
101. In terzo luogo, ai fini dell’analisi della presente fattispecie non è privo di importanza il fatto che il consumatore sia receduto dal fondo immobiliare chiuso dopo undici anni. Come già indicato al paragrafo 94 delle presenti conclusioni, in tale contesto occorre partire dal presupposto che ciò sia stato possibile perché il consumatore non è stato informato del suo diritto di recesso. Dobbiamo però tener conto del fatto che la ratio della tutela accordata al consumatore è parzialmente diversa a seconda che venga in questione la sua facoltà di recedere dal contratto entro un termine di almeno sette giorni immediatamente successivi alla conclusione del contratto oppure quella di recedere anche dopo un periodo di tempo più lungo, in virtù della proroga del termine suddetto determinata dal mancato rilascio a suo favore dell’informazione sul diritto di recesso che gli spetta.
102. La ratio della facoltà concessa al consumatore di recedere dal contratto immediatamente dopo la sua conclusione è di proteggerlo da decisioni affrettate (94). Pertanto, è necessario che il consumatore possa, entro un termine relativamente breve dopo la conclusione del contratto, valutare le obbligazioni derivanti da quest’ultimo e decidere se esercitare il recesso. Invece, la facoltà del consumatore di recedere in un momento successivo a tale termine, a motivo del mancato ricevimento dell’informazione relativa al diritto di recesso, è fondata su due ragioni parzialmente diverse. Da un lato, la facoltà suddetta mira a consentire al consumatore l’efficace attuazione dei propri diritti; dall’altro, consentendo al consumatore di recedere dal contratto senza limiti di tempo qualora egli non sia stato informato in merito al diritto di recesso, si costringono in qualche modo i commercianti a informare in futuro i consumatori in merito all’esistenza di tale diritto (95). Potremmo dire che tale prolungamento del termine per l’esercizio del recesso dal contratto configura una sorta di punizione nei confronti del commerciante che non abbia fornito al consumatore chiarimenti in merito al suo diritto di recesso. Tuttavia, nella presente fattispecie, tale carattere punitivo del prolungamento del termine per l’esercizio del recesso andrebbe a colpire ingiustamente altri consumatori aventi la qualità di soci del fondo immobiliare di cui trattasi.
3. Soluzione proposta riguardo alla seconda questione
103. Per i motivi sopra esposti, suggerisco che la Corte – ove risolga la prima questione pregiudiziale dichiarando la direttiva 85/577 applicabile all’ipotesi di adesione di un consumatore ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice – voglia rispondere alla seconda questione statuendo come segue: l’art. 5, n. 2, della direttiva 85/577 va interpretato nel senso che non osta ad una disciplina nazionale, di creazione giurisprudenziale, in virtù della quale il consumatore, in caso di recesso da un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice, è titolare nei confronti di quest’ultimo di un diritto al pagamento del saldo di liquidazione della sua quota di partecipazione, calcolato al momento dello scioglimento del rapporto (ex nunc), con la possibile conseguenza che all’atto del recesso al detto consumatore venga restituito un importo inferiore a quello da lui conferito nel fondo ovvero che egli si veda esposto all’obbligo di pagare una quota delle perdite del fondo stesso.
E – Conclusione
104. Occorre riconoscere che la soluzione proposta al paragrafo precedente riguardo alla seconda questione pregiudiziale configura un’eccezione all’art. 5, n. 2, della direttiva 85/577. Per tale motivo è opportuno in sede di conclusione richiamare la risposta suggerita per il primo quesito pregiudiziale e sottolineare che la soluzione più corretta è quella di dichiarare la direttiva 85/577 non applicabile all’ipotesi di adesione di un consumatore ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice.
VII – Conclusioni
105. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, propongo che la Corte voglia risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dal Bundesgerichtshof dichiarando quanto segue:
L’art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, va interpretato nel senso che esso non si applica all’ipotesi di adesione di un consumatore ad un fondo immobiliare chiuso costituito in forma di società semplice.