SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
17 luglio 1997(1)
[234s«Trasporti marittimi Tassa sulle merci Maggiorazione all'importazione»[s
Nei procedimenti riuniti C-114/95 e C-115/95,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a
norma dell'art. 177 del Trattato CE, dall'Østre Landsret (Danimarca), nelle cause
dinanzi ad esso pendenti tra
Texaco A/S
e
Middelfart Havn,
Århus Havn,
Struer Havn,
Ålborg Havn,
Fredericia Havn,
Nørre Sundby Havn,
Hobro Havn,
Randers Havn,
Åbenrå Havn,
Esbjerg Havn,
Skagen Havn,
Thyborøn Havn,
e tra
Olieselskabet Danmark a.m.b.a.
e
Trafikministeriet,
Fredericia Kommune,
Køge Havn,
Odense Havnevæsen,
Holstebro-Struer Havn,
Vejle Havn,
Åbenrå Havn,
Ålborg Havnevæsen,
Århus Havnevæsen,
Frederikshavn Havn,
Esbjerg Havn,
domande vertenti sull'interpretazione degli artt. 9-13, 18-29, 84, 86, 90 e 95 del
Trattato CEE, del regolamento (CEE) del Consiglio 22 dicembre 1986, n. 4055, che
applica il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati
membri e tra Stati membri e paesi terzi (GU L 378, pag. 1), del regolamento
(CEE) del Consiglio 22 dicembre 1986, n. 4056, che determina le modalità di
applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato ai trasporti marittimi (GU L 378, pag.
4), e degli artt. 6 e 18 dell'accordo fra la Comunità economica europea e il Regno
di Svezia, firmato a Bruxelles il 22 luglio 1972, stipulato e approvato, in nome della
Comunità, col regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 2838 (GU
L 300, pag. 96),
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta dai signori G.F. Mancini, presidente di sezione, J.L. Murray e P.J.G.
Kapteyn (relatore),
avvocato generale: F.G. Jacobs
cancelliere: H. von Holstein, vicecancelliere
viste le osservazioni scritte presentate:
- per la società Texaco A/S, dall'avv. Jan-Erik Svensson, del foro di
Copenaghen;
- per i porti convenuti: Middelfart Havn, Århus Havn, Struer Havn, Ålborg
Havn, Fredericia Havn, Nørre Sundby Havn, Hobro Havn, Randers Havn,
Åbenrå Havn, Køge Havn, Odense Havnevæsen, Holstebro-Struer Havn,
Vejle Havn, Ålborg Havnevæsen e Århus Havnevæsen e per il comune
di Fredericia dall'avv. Per Magid, del foro di Copenaghen;
- per la società Olieselskabet Danmark a.m.b.a., dall'avv. Andreas Fischer, del
foro di Copenaghen;
- per il Trafikministeriet (ministero danese dei Trasporti), e per i porti
convenuti Esbjerg Havn, Skagen Havn, Thyborøn Havn e Frederikshavn
Havn dall'avv. Karsten Hagel-Sørensen, del foro di Copenaghen;
- per la Commissione delle Comunità europee, dai signori Hans Peter
Hartvig, consigliere giuridico, Anders Christian Jessen e Enrico Traversa,
membri del servizio giuridico, in qualità di agenti,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali della società Texaco A/S, rappresentata dall'avv. Jan-Erik Svensson, della società Olieselskabet Danmark a.m.b.a., rappresentata dall'avv.
Andreas Fischer, dei porti convenuti Middelfart Havn, Århus Havn, Struer Havn,
Ålborg Havn, Fredericia Havn, Nørre Sundby Havn, Hobro Havn, Randers Havn,
Åbenrå Havn, Køge Havn, Odense Havnevæsen, Holstebro-Struer Havn, Vejle
Havn, Ålborg Havnevæsen e Århus Havnevæsen e del comune di Fredericia,
rappresentati dagli avv. Per Magid e Jeppe Skadhauge, del foro di Copenaghen, del
Trafikministeriet, dei porti Esbjerg Havn, Skagen Havn, Thyborøn Havn e
Frederikshavn Havn, rappresentati dall'avv. Karsten Hagel-Sørensen, e della
Commissione, rappresentata dai signori Hans Peter Hartvig, Anders Christian
Jessen, Enrico Traversa e Richard Lyal, membro del servizio giuridico, in qualità
di agente, all'udienza del 9 gennaio 1997,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 27 febbraio
1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
- Con due ordinanze 24 marzo 1995, pervenute in cancelleria il 3 aprile seguente,
l'Østre Landsret ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE,
varie questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 9-13, 18-29, 84,
86, 90 e 95 del Trattato CEE, del regolamento (CEE) del Consiglio 22 dicembre
1986, n. 4055, che applica il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti
marittimi fra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi (GU L 378, pag. 1), del
regolamento (CEE) del Consiglio 22 dicembre 1986, n. 4056, che determina le
modalità di applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato ai trasporti marittimi (GU
L 378, pag. 4), e degli artt. 6 e 18 dell'accordo fra la Comunità economica europea
e il Regno di Svezia, firmato a Bruxelles il 22 luglio 1972, stipulato e approvato, in
nome della Comunità, col regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972,
n. 2838 (GU L 300, pag. 96, in prosieguo: l'«accordo CEE/Svezia»).
- Dette questioni sono sorte nell'ambito di due controversie fra rispettivamente la
Texaco A/S (in prosieguo: la «Texaco») e la Olieselskabet Danmark a.m.b.a. (in
prosieguo: la «Olieselskabet») due società a responsabilità limitata registrate in
Danimarca, che importano prodotti petroliferi raffinati quali gasolio e benzina
nonché, quanto alla Texaco, combustibili solidi e vari porti commerciali in merito
alla riscossione da parte di questi ultimi di una maggiorazione all'importazione,
nella misura del 40%, a carico delle merci importate dall'estero, fino al 31 marzo
1990, della tassa sulle merci che in Danimarca è riscossa su tutte le merci caricate,
scaricate, o imbarcate o sbarcate in altro modo nei porti commerciali danesi o nel
canale che consente l'accesso a detti porti.
- In Danimarca l'autorizzazione per creare un porto commerciale, vale a dire un
porto utilizzato per il trasporto commerciale di merci, di veicoli e di persone, è
rilasciata dal ministro dei Trasporti. A seconda del sistema di proprietà e di
controllo, si può effettuare una distinzione fra i porti gestiti dai comuni, che sono
enti amministrativi autonomi soggetti ad amministrazione comunale, il porto di
Copenaghen, che fruisce di un particolare regime giuridico, i porti statali, che
dipendono dal ministero dei Trasporti, e i porti privati, che sono gestiti dai loro
proprietari in conformità alle condizioni fissate nella corrispondente autorizzazione.
- Una parte delle entrate dei porti proviene dalle tasse versate dagli utenti per il loro
uso. Tasse su navi e su merci devono essere versate quindi per lo scalo nel porto,
nonché per l'imbarco e lo sbarco di merci, di veicoli o di persone. Imposte speciali
vengono richieste per l'uso di gru, di magazzini o di piazzuole.
- Quando vigeva la legge 12 maggio 1976, n. 239, sui porti commerciali (Lovtidende
A 1976, pag. 587), rimasta in vigore fino al 31 dicembre 1990, spettava al ministro
competente, ora il ministro dei Trasporti, fissare le aliquote delle tasse sulle navi
e sulle merci dopo averle negoziate con la direzione dei porti commerciali. Secondo
la prassi ministeriale, le aliquote delle tasse erano calcolate in base alla situazione
economica dei 22 porti commerciali provinciali più importanti in termini di volume
di traffico commerciale, e venivano fissate in modo da consentire ai porti di far
fronte alle loro spese di gestione e di manutenzione, nonché di garantire un livello
ragionevole di autofinanziamento dei necessari ampliamenti e ammodernamenti.
- Le tasse sulle navi e sulle merci erano riportate in un regolamento stabilito, per
ciascun porto, sulla base di un regolamento comune elaborato dal ministro
competente per tutti i porti commerciali.
- In forza della normativa vigente all'epoca dei fatti della causa principale, la tassa
sulle navi era dovuta per tutte le navi e le imbarcazioni nonché per i galleggianti
di ogni genere trovantisi nel porto o nel canale che ne consente l'accesso. Essa era
calcolata, secondo un importo fisso per tonnellata di stazza lorda (TSL) o per
tonnellata lorda (TL), per ogni scalo o come imposta mensile. Le navi al di sotto
delle 100 tonnellate TSL/TL venivano esentate dal versamento della tassa sulle
navi.
- La tassa sulle merci era dovuta per tutte le merci caricate, scaricate o imbarcate
o sbarcate in altro modo nel porto o nei canali per l'accesso al porto. Essa era
costituita da un certo importo per tonnellata. Esenzioni o tariffe speciali erano
contemplate per alcune merci. Ai termini della normativa in esame, la tassa sulle
merci doveva essere corrisposta dalla nave o dal suo agente locale prima della
partenza, ma era rispettivamente dovuta dal destinatario e dallo speditore delle
merci, sui quali poteva essere trasferita.
- Durante il periodo che rileva per la causa principale la tassa sulle merci riscossa
sulle merci importate dall'estero era maggiorata del 40%. Dall'ordinanza di rinvio
risulta che tale maggiorazione all'importazione del 40% era stata introdotta
nell'ambito di un adeguamento generale del livello delle tariffe dei porti effettuato
nel 1956 in base ad una relazione della Commissione delle tariffe dei porti e dei
ponti istituita nel 1954 dal ministero dei Lavori pubblici.
- Secondo detta commissione, l'aumento delle tariffe considerato necessario doveva
riguardare le tasse tanto sulle merci quanto sulle navi, ma doveva «essere
effettuato in modo tale che il suo obiettivo vale a dire l'incremento dell'entrate
dei porti non sia compromesso da un perdita totale o parziale del traffico nei
porti, a causa della preferenza del trasporto su strada o per ferrovia». Pertanto, la
commissione delle tariffe dei porti e dei ponti proponeva, per quanto riguarda le
tasse sulle merci, «di concentrarsi sul commercio con l'estero, poiché la maggior
parte delle merci importate o esportate viene di norma trasportata via mare e può
essere considerato quindi relativamente irrilevante il rischio che detto trasporto non
venga effettuato tramite porti solo a causa di un aumento della tassa sulle merci».
Detta commissione considerava inoltre che «il sistema più adeguato per ottenere
la maggiorazione di entrate tramite tasse sulle merci (è di aumentare) le stesse
tasse solo per quanto riguarda le merci importate», poiché la tassa che colpisce i
prodotti importati, ad esempio i fertilizzanti e i foraggi per il settore agricolo e le
materie prime per il settore industriale, è meno elevata di quella che colpisce i
prodotti finiti ed un aumento della tassa sulle importazioni avrebbe pertanto
un'influenza molto più limitata sui settori di attività interessati di un aumento delle
tasse sulle esportazioni. Infine, il rischio che il traffico interno possa disertare i
porti a favore del trasporto su strada ha indotto la Commissione delle tariffe dei
porti e dei ponti a proporre, da un lato, di esentare le navi di piccole dimensioni
dal previsto aumento delle tasse sulle navi e, dall'altro, di far fruire le navi fino a
100 tonnellate delle aliquote inferiori di regola concesse alle navi aventi una stazza
inferiore a 100 tonnellate.
- La maggiorazione all'importazione del 40% veniva abolita dal ministro del
Trasporti con effetto a partire dal 1° aprile 1990.
- I prodotti oggetto delle importazioni della Texaco e della Olieselskabet provengono
essenzialmente da paesi terzi con i quali la Comunità ha stipulato un accordo di
libero scambio, ma anche da altri Stati membri nonché da paesi terzi che non
erano legati da un accordo di libero scambio con la Comunità. Le importazioni di
cui trattasi giungono, nel caso della Texaco, nei porti di Middelfart, di Århus, di
Struer, di Esbjerg, di Ålborg, di Skagen, di Fredericia, di Nørre Sundby, di Hobro,
di Randers, di Åbenrå e di Thyborøn. I porti di Esbjerg, di Skagen e di Thyborøn
sono porti statali, mentre gli altri sono gestiti dai comuni. Quanto alla
Olieselskabet, le importazioni giungono nei porti di Fredericia, di Køge, di Odense,
di Holstebro-Struer, di Vejle, di Åbenrå, di Ålborg, di Århus, di Frederikshavn e
di Esbjerg. Gli ultimi due porti sono porti statali, mentre gli altri otto sono gestiti
dai comuni. Per tutte dette importazioni la Texaco e la Olieselskabet hanno dovuto
versare la tassa sulle merci in vigore, unitamente alla maggiorazione
all'importazione del 40%.
- Con ricorso depositato il 30 aprile 1993 dinanzi all'Østre Landsret, la Texaco
chiedeva che i porti considerati fossero condannati a rimborsarle la parte della
tassa sulle merci corrispondente alla maggiorazione all'importazione del 40% per
il periodo 1° maggio 1988-31 marzo 1990, per un totale di circa 3,2 milioni DKR.
- Con ricorso depositato il 25 giugno 1993 dinanzi allo stesso organo giurisdizionale,
la Olieselskabet chiedeva che i porti di cui trattasi fossero condannati, in solido con
il ministero dei Trasporti, a rimborsarle le maggiorazioni all'importazione riscosse
dal 1° gennaio 1988 al 1° aprile 1990, vale a dire circa 2,5 milioni DKR, e che gli
stessi fossero condannati a riconoscere che erano tenuti a rimborsare le
maggiorazioni riscosse dal 1° luglio 1977 al 31 dicembre 1987, periodo per cui non
era stato ancora possibile calcolare l'importo complessivo riscosso.
- A sostegno delle loro domande la Texaco e la Olieselskabet adducevano vari
argomenti relativi all'incompatibilità della maggiorazione all'importazione col diritto
comunitario, in particolare con gli artt. 9-13, 18-29, 86, 90 e 95 del Trattato e con
gli artt. 6 e 18 dell'accordo CEE/Svezia, nonché con i corrispondenti articoli
dell'accordo stipulato dalla Comunità con il Regno di Norvegia [v. regolamento
(CEE) del Consiglio 25 giugno 1973, n. 1691, relativo alla conclusione di un
accordo fra la Comunità economica europea e il Regno di Norvegia e che stabilisce
disposizioni per la sua applicazione (GU L 171, pag. 1)].
- I porti commerciali e il ministero dei Trasporti negavano l'incompatibilità della
maggiorazione all'importazione con detti articoli comunitari, sostenendo in
particolare che la maggiorazione in esame, poiché non avrebbe colpito le merci in
quanto tali, ma sarebbe stata riscossa come corrispettivo per servizi forniti dai porti,
doveva essere valutata alla luce dell'art. 84, n. 2, del Trattato CEE, relativo ai
trasporti, e del regolamento n. 4055/86.
- In subordine, i porti gestiti dai comuni sostenevano che, in caso d'incompatibilità
della maggiorazione col diritto comunitario, il ministero dei Trasporti, responsabile
della fissazione delle tasse, sarebbe stato tenuto a risarcirli di qualsiasi importo che
essi fossero condannati a rimborsare o a versare come risarcimento a causa delle
tasse fissate. A questo proposito i porti statali e il ministero dei Trasporti facevano
valere che non risulta direttamente dal diritto comunitario che uno Stato membroil quale abbia fissato o approvato una tassa di cui si è constatata l'incompatibilità
col diritto comunitario sia tenuto al rimborso. A loro avviso, spetterebbe al diritto
nazionale vigente e, pertanto, al giudice nazionale, risolvere in particolare la
questione se, nella specie, lo Stato sia tenuto a risarcire i porti gestiti dai comuni
per qualsiasi importo che questi potrebbero essere condannati a rimborsare.
- L'Østre Landsret ha deciso pertanto di sospendere il procedimento e di sottoporre
alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
Nella causa C-114/95:«1) Se la compatibilità con il diritto comunitario di una maggiorazione del 40%
di una tassa generale sulle merci che viene riscossa da uno Stato membro
all'atto dell'importazione di merci per nave da un altro Stato membro vada
esaminata
A: alla luce degli artt. 9-13 del Trattato, se del caso in collegamento con
gli artt. 18-29, nonché del regolamento n. 2658/87, adottato dal
Consiglio sulla base dei predetti articoli oppure
alla luce dell'art. 95 del Trattato;
oppure, ove si ritenga essere in presenza di servizi, per i quali si paga
un corrispettivo,
B: alla luce dell'art. 84 del Trattato e del regolamento del Consiglio n.
4055/86 sulla libera prestazione dei servizi oppure
alla luce degli artt. 90 e 86 del Trattato, relativi all'abuso di posizione
dominante, nel qual contesto si chiede se il regolamento del Consiglio
n. 4056/86 sia rilevante per valutare la compatibilità della
maggiorazione con il diritto comunitario.
2) Se la riscossione di una maggiorazione del 40% di una tassa generale sulle
merci all'atto dell'importazione di merci per nave da un altro Stato membro
sia compatibile con la(le) disposizione(i) comunitaria(e) risultante(i) dalla
soluzione della questione n. 1.
3) Se la soluzione della questione n. 2 rimanga invariata, qualora le merci
siano importate per nave in uno Stato membro da un paese terzo con cui
la Comunità economica europea abbia stipulato un accordo contenente
disposizioni come quelle di cui agli artt. 6 e 18 dell'accordo fra il Regno di
Svezia e la Comunità economica europea e se l'esame (di cui sopra) vada
effettuato sulla base di tale accordo (accordo di libero scambio).
4) Se la soluzione della questione n. 2 rimanga invariata, qualora le merci
siano importate in uno Stato membro direttamente da un paese terzo con
il quale la Comunità economica europea non abbia stipulato alcun accordo
(accordo di libero scambio)».
Nella causa C-115/95:
«1) Se la compatibilità con il diritto comunitario di una maggiorazione del 40%
di una tassa generale sulle merci che viene riscossa da uno Stato membro
all'atto dell'importazione di merci per nave da un altro Stato membro vada
esaminata
A: alla luce degli artt. 9-13 del Trattato, se del caso in collegamento con
gli artt. 18-29, nonché dei regolamenti nn. 950/68 e 2658/87, adottati
dal Consiglio sulla base dei predetti articoli oppure
alla luce dell'art. 95 del Trattato;
oppure
B: alla luce dell'art. 84 del Trattato e del regolamento del Consiglio n.
4055/86 sulla libera prestazione dei servizi oppure
alla luce degli artt. 90 e 86 del Trattato, relativi all'abuso di posizione
dominante, nel qual contesto si chiede se il regolamento del Consiglio
n. 4056/86 sia rilevante per valutare la compatibilità della
maggiorazione con il diritto comunitario.
2) Se la riscossione di una maggiorazione del 40% di una tassa generale sulle
merci all'atto dell'importazione di merci per nave da un altro Stato membro
sia compatibile con la(le) disposizione(i) comunitaria(e) risultante(i) dalla
soluzione della questione n. 1.
3) Se la soluzione della questione n. 2 rimanga invariata, qualora le merci
siano importate per nave in uno Stato membro da un paese terzo con cui
la Comunità economica europea abbia stipulato un accordo contenente
disposizioni come quelle di cui agli artt. 6 e 18 dell'accordo fra il Regno di
Svezia e la Comunità economica europea e se l'esame (di cui sopra) vada
effettuato sulla base di tale accordo (accordo di libero scambio).
4) Se la soluzione della questione n. 2 rimanga invariata, qualora le merci
siano importate in uno Stato membro direttamente da un paese terzo con
il quale la Comunità economica europea non abbia stipulato alcun accordo
(accordo di libero scambio).
5) Se, in base al diritto comunitario, uno Stato membro, che abbia istituito o
approvato una tassa incompatibile con le norme comunitarie, sia tenuto a
rimborsarla anche qualora il gettito della stessa sia andato a beneficio di
enti autonomi gestiti dai comuni.
6) Considerato che, in base alla giurisprudenza consolidata della Corte, il
rimborso di tasse riscosse in violazione del diritto comunitario deve avvenire
nel rispetto delle condizioni sostanziali e formali fissate dalla normativa
nazionale e che, come risulta dal punto 12 della sentenza nella causa 199/82,
San Giorgio, il diritto di ottenere il rimborso di tributi riscossi da uno Stato
membro in contrasto con le norme di diritto comunitario è la conseguenza
ed il complemento dei diritti riconosciuti ai singoli dalle norme comunitarie
che vietano le tasse d'effetto equivalente a dazi doganali o, secondo i casi,
l'applicazione discriminatoria di imposte interne, si domanda se la
giurisprudenza della Corte debba essere intesa nel senso che dal diritto
comunitario si ricava certo l'esistenza di un obbligo incondizionato di
rimborsare le tasse che, sulla base delle soluzioni fornite alle questioni da
1 a 4, risultino in contrasto con il diritto comunitario, ma che le condizioni
più dettagliate per il trattamento stesso della pretesa di rimborso dipendono
dalla pertinente legislazione nazionale nell'ambito di certi limiti fissati dalla
giurisprudenza della Corte.
7) Qualora si accerti che la maggiorazione del 40% della tassa generale sulle
merci è incompatibile con il diritto comunitario, termine con cui si
intendono anche gli accordi (di libero scambio) stipulati dalla Comunità, se
sia compatibile con tale diritto il fatto che un termine di decadenza fissato
dalla normativa nazionale con riferimento all'azione di rimborso decorra da
una data anteriore alla data in cui lo Stato membro interessato ha abrogato
la tassa contraria alle norme comunitarie».
- Con ordinanza 11 maggio 1995, il presidente della Corte ha deciso di riunire le due
cause ai fini della fase scritta e orale e della sentenza.
Sulle questioni prima e seconda
- Con le questioni prima e seconda, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice
nazionale chiede, da un lato, chiarimenti sulla nozione di tassa di effetto
equivalente a dazi doganali di cui agli artt. 9-13 del Trattato, nonché su quella di
imposizione interna discriminatoria di cui all'art. 95 del Trattato, con riguardo
all'imposizione da parte di uno Stato membro di una maggiorazione
all'importazione nella misura del 40%, in caso d'importazione di merci su navi
provenienti da un altro Stato membro, della tassa generale sulle merci riscossa sulle
merci caricate, scaricate, o imbarcate o sbarcate in altro modo nei porti del primo
Stato membro o nel canale che consente l'accesso a detti porti. Esso chiede,
dall'altro, se siffatta maggiorazione sia, se del caso, vietata in forza del regolamento
n. 4055/86 o degli artt. 90 e 86 del Trattato.
- Per quanto riguarda la prima parte di dette questioni, è sufficiente constatare come
dalla sentenza pronunciata questo stesso giorno, Haahr Petroleum (causa C-90/94,
non ancora pubblicata nella Raccolta), emerga che tanto la tassa generale sulle
merci quanto la maggiorazione all'importazione, che ne costituisce parte integrante,
rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 95 del Trattato e che quest'articolo
osta all'applicazione, da parte di uno Stato membro, di tale maggiorazione alle
merci importate per nave da un altro Stato membro.
- Essendo quindi la maggiorazione incompatibile con l'art. 95 del Trattato, non ci si
deve pronunciare sull'interpretazione del regolamento n. 4055/86 o degli artt. 90
e 86 del Trattato menzionati nella seconda parte delle questioni prima e seconda.
- Occorre pertanto risolvere le questioni prima e seconda dichiarando che l'art. 95
del Trattato osta a che uno Stato membro applichi, in caso di importazione per
nave di merci da un altro Stato membro, una maggiorazione del 40% alla tassa
generale sulle merci da cui sono gravate le merci caricate, scaricate, o imbarcate
o sbarcate in altro modo nei porti del primo Stato membro o nei canali d'accesso
a detti porti.
Sulle terze questioni
- Con le terze questioni il giudice nazionale chiede, in sostanza, se una
maggiorazione all'importazione, quale quella di cui trattasi nelle cause principali,
sia del pari incompatibile col diritto comunitario in quanto essa si applica a merci
importate da un paese terzo col quale la Comunità ha stipulato un accordo
contenente disposizioni analoghe agli artt. 6 e 18 dell'accordo CEE/Svezia.
- In forza dell'art. 6, n. 1, dell'accordo CEE/Svezia, «nessuna nuova tassa di effetto
equivalente a dei dazi doganali all'importazione è introdotta negli scambi tra la
Comunità e la Svezia». Detto articolo, al n. 3, prevede del pari l'abolizione per il
1° luglio 1977 delle vigenti tasse di effetto equivalente.
- In forza dell'art. 18, primo comma, dell'accordo CEE/Svezia, «le Parti contraenti
si astengono da ogni misura o pratica di carattere fiscale interno che stabilisca,
direttamente o indirettamente, una discriminazione tra i prodotti di una Parte
contraente e i prodotti similari originari dell'altra Parte contraente».
- Allo scopo di risolvere le questioni del giudice nazionale, va anzitutto rilevato come
dalla sentenza 16 luglio 1992, Legros e a. (causa C-163/90, Racc. pag. I-4625),
risulti che la nozione di «tassa di effetto equivalente a dei dazi doganali
all'importazione» figurante all'art. 6 dell'accordo CEE/Svezia dev'essere
interpretata allo stesso modo dell'identica nozione figurante agli artt. 9-13 del
Trattato.
- Occorre ricordare inoltre che, nelle sentenze 26 ottobre 1982, Kupferberg (causa
104/81, Racc. pag. 3641), e 1° luglio 1993, Metalsa (causa C-312/91, Racc. pag. I-3751), la Corte ha rilevato, a proposito di disposizioni identiche a quelle di cui
all'art. 18, primo comma, dell'accordo CEE/Svezia, che figuravano negli accordi
dello stesso tipo stipulati rispettivamente con la Repubblica portoghese e con la
Repubblica d'Austria, che le interpretazioni che erano state fornite dell'art. 95 del
Trattato non potevano essere trasposte, in forza di una mera analogia, nell'ambito
di un accordo di libero scambio, di modo che le pertinenti disposizioni di siffatto
accordo dovevano essere interpretate in funzione non solo dei loro termini, ma
anche dell'obiettivo che esse perseguivano nell'ambito del regime di libero scambio
istituito dall'accordo stesso.
- A questo proposito, si deve constatare che, proprio al pari degli accordi di libero
scambio di cui trattavasi nelle precitate sentenze Kupferberg e Metalsa, l'accordo
CEE/Svezia mira alla creazione di un regime di libero scambio nel cui ambito le
normative restrittive in materia commerciale sono eliminate per la parte essenziale
degli scambi commerciali concernenti i prodotti originari dei territori delle parti,
in particolare con la soppressione dei dazi doganali e delle tasse di effetto
equivalente nonché con l'eliminazione delle restrizioni quantitative e delle misure
d'effetto equivalente.
- Visto in tale contesto, l'art. 18 dell'accordo CEE/Svezia tende ad evitare che la
liberalizzazione degli scambi di merci ottenuta con la soppressione dei dazi
doganali e delle tasse d'effetto equivalente nonché delle restrizioni quantitative e
delle misure di effetto equivalente sia resa illusoria da prassi fiscali delle parti
contraenti. Come ha espressamente rilevato la Corte al punto 25 della precitata
sentenza Kupferberg, tale sarebbe il caso se al prodotto importato di una parte
venisse imposto un onere fiscale superiore a quello gravante sui prodotti nazionali
analoghi che esso incontra sul mercato di un'altra parte.
- Alla luce di siffatti obiettivi, e tenuto conto dei suoi termini, l'art. 18 dell'accordo
CEE/Svezia dev'essere interpretato pertanto nel senso che esso impone alle parti
contraenti un principio di non discriminazione in materia fiscale che è subordinato
al mero accertamento della similarità dei prodotti soggetti ad un determinato
regime tributario e che vieta le discriminazioni derivanti da ogni misura o pratica
che abbia un'incidenza diretta o indiretta sulla determinazione, sulle condizioni e
sulle modalità di riscossione delle imposte gravanti sulle merci dell'altra parte
contraente.
- Orbene, si deve rilevare che una tassa sulle merci la quale, come ha rilevato la
Corte ai punti 20-24 della precitata sentenza Haahr Petroleum, rientri in un sistema
generale di tributi interni che colpisce sistematicamente categorie di prodotti
secondo criteri oggettivi applicati indipendentemente dall'origine dei prodotti
costituisce una misura interna di natura fiscale ai sensi dell'art. 18 dell'accordo
CEE/Svezia e che l'applicazione solo per i prodotti importati di una maggiorazione
della tassa che si applica ai prodotti nazionali e importati è in contrasto col divieto
di discriminazione quale enunciato da detto articolo.
- Alla luce delle precedenti considerazioni, le terze questioni devono essere risolte
nel senso che una maggiorazione all'importazione, quale quella di cui trattasi nelle
cause principali, è del pari incompatibile col diritto comunitario se si applica a
merci importate da un paese terzo col quale la Comunità ha stipulato un accordo
contenente disposizioni analoghe all'art. 18 dell'accordo CEE/Svezia.
Sulle quarte questioni
- Con le quarte questioni il giudice nazionale chiede, in sostanza, se il diritto
comunitario osti del pari all'imposizione della detta maggiorazione all'importazione
se le merci sono importate in uno Stato membro direttamente da un paese terzo
col quale la Comunità non ha stipulato un accordo.
- A questo proposito si deve innanzi tutto ricordare che, secondo la giurisprudenza
della Corte, l'art. 95 del Trattato si applica soltanto alle merci provenienti dagli
Stati membri e, eventualmente, alla merci originarie di paesi terzi che si trovano
in libera pratica negli Stati membri. Ne consegue che quest'articolo non si applica
ai prodotti importati direttamente dai paesi terzi (v., in particolare, sentenza 13
luglio 1994, causa C-130/92, OTO, Racc. pag. I-3281, punto 18).
- Occorre inoltre rilevare che il Trattato non contiene, per gli scambi con i paesi
terzi, per quanto attiene ai tributi interni, una norma analoga all'art. 95 (sentenze10 ottobre 1978, causa 148/77, Hansen, Racc. pag. 1787, punto 23, e OTO, già
citata, punto 20).
- Di conseguenza, le quarte questioni devono essere risolte nel senso che il diritto
comunitario non osta all'imposizione, da parte di uno Stato membro, di una
maggiorazione all'importazione, quale quella di cui trattasi nelle cause principali,
su merci importate direttamente da un paese terzo col quale la Comunità non ha
stipulato un accordo.
Sulla quinta questione nella causa C-115/95
- Con tale questione il giudice nazionale desidera accertare se il diritto comunitario
esiga che uno Stato membro che ha istituito o approvato una tassa incompatibile
col diritto comunitario sia tenuto a rimborsarla, anche qualora il gettito della tassa
sia stato destinato ad enti autonomi gestiti dai comuni.
- A questo proposito occorre anzitutto rilevare come il fatto che un tributo o un
onere sia riscosso da un ente di diritto pubblico diverso dallo Stato o a suo
vantaggio, e costituisca una tassa speciale o abbia una specifica destinazione, non
può sottrarlo alla sfera di applicazione dell'art. 95 del Trattato (v. sentenza 22
marzo 1977, causa 74/76, Iannelli e Volpi, Racc. pag. 557, punto 19) né,
eventualmente, al divieto enunciato da detto articolo.
- Occorre inoltre ricordare che il diritto di ottenere il rimborso di tributi percepiti da
uno Stato membro in violazione delle norme del diritto comunitario è la
conseguenza e il complemento dei diritti riconosciuti ai singoli dalle norme
comunitarie che vietano siffatti tribuiti. Lo Stato membro è pertanto tenuto, in
linea di principio, a rimborsare i tributi percepiti in violazione del diritto
comunitario (sentenza 14 gennaio 1997, cause C-192/95-C-218/95, Comateb e a.,
Racc. pag. I-165, punto 20).
- Tuttavia, la Corte ha altresì costantemente dichiarato che, in mancanza di disciplina
comunitaria in materia, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato
membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi
giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle
norme di diritto comunitario aventi effetto diretto. Tuttavia, dette modalità non
possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura
interna, né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio
dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (v., in particolare,
sentenza 14 dicembre 1995, causa C-312/93, Peterbroeck, Racc. pag. I-4599, punto
12, e giurisprudenza ivi citata).
- Di conseguenza, in un caso come quello considerato dal giudice nazionale, spetta
all'ordinamento giuridico interno, fatte salve le due precitate condizioni, stabilire
se l'azione di ripetizione dell'indebito debba essere esperita contro l'ente autonomo
gestito dal comune a favore del quale è stato destinato il gettito della tassa, oppure
contro lo Stato che ha istituito o approvato la tassa o, eventualmente,
congiuntamente contro ambedue le autorità.
- Si deve risolvere pertanto la quinta questione nel senso che, qualora una tassa
incompatibile col diritto comunitario sia stata istituita o approvata da uno Stato
membro, questo è tenuto, in via di principio, a rimborsare le tasse riscosse in
violazione del diritto comunitario. Qualora il gettito della tassa sia stato destinato
ad enti autonomi gestiti dai comuni, il diritto comunitario non osta a che l'azione
diretta al rimborso di dette tasse sia diretta contro questi ultimi enti, purché le
modalità di tale azione non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi
analoghi di natura interna e non rendano praticamente impossibile o
eccessivamente difficile il rimborso delle tasse indebitamente versate.
Sulle questioni sesta e settima nella causa C-115/95
- Con le questioni sesta e settima, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice
nazionale chiede, in sostanza, se il diritto comunitario comporti un obbligo
incondizionato di rimborsare tasse riscosse in violazione dell'art. 95 del Trattato o
di una disposizione analoga all'art. 18 dell'accordo CEE/Svezia e, in particolare, se
esso osti a che il termine di prescrizione nazionale in vigore per una domanda di
rimborso di siffatte tasse cominci a decorrere da una data anteriore a quella in cui
tali tasse sono state abrogate.
- A questo proposito, si deve anzitutto rilevare come in particolare dalla sentenza 9
novembre 1983, San Giorgio (causa 199/82, Racc. pag. 3595, punto 12), ricordata
dal giudice nazionale, emerga che, anche se il diritto di ottenere il rimborso di
tributi riscossi da uno Stato membro in contrasto con le norme del diritto
comunitario è la conseguenza ed il complemento del diritto riconosciuto ai singoli
dalle norme comunitarie che vietano siffatte tasse, il loro rimborso può essere
richiesto, allo stato attuale del diritto comunitario, solo alle condizioni, di merito
e di forma, stabilite dalla varie legislazioni nazionali in materia; tuttavia tali
condizioni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano analoghe
impugnazioni di diritto nazionale, né rendere praticamente impossibile o
eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dal diritto comunitario.
- Occorre inoltre ricordare che, al punto 48 della precitata sentenza Haahr
Petroleum, la Corte ha affermato che la fissazione di ragionevoli termini di ricorso
a pena di decadenza, che costituisce l'applicazione del principio fondamentale della
certezza del diritto, soddisfa le due summenzionate condizioni e non si può
considerare in particolare che essa renda praticamente impossibile o
eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dal diritto comunitario, anche
se, per definizione, lo spirare di detti termini comporta il rigetto, totale o parziale,
dell'azione esperita.
- La sentenza 25 luglio 1991, Emmott (causa C-208/90, Racc. pag. I-4269), non è atta
a inficiare tale considerazione.
- Infatti, al punto 17 di detta sentenza, la Corte ha espressamente ricordato il
principio secondo il quale la fissazione di un ragionevole termine di ricorso a pena
di decadenza soddisfa le condizioni stabilite dalla precitata giurisprudenza. Soltanto
a causa del carattere particolare delle direttive e tenuto conto delle circostanze
proprie della causa di cui trattavasi essa ha considerato, al punto 23, che, fino al
momento della loro trasposizione corretta nel diritto nazionale, lo Stato membro
inadempiente non può eccepire la tardività di un'azione giudiziaria avviata nei suoi
confronti da un singolo al fine della tutela dei diritti conferitigli dalle disposizioni
della direttiva, di modo che un termine di ricorso di diritto nazionale può
cominciare a decorrere soltanto da detto momento.
- Non essendo basate le domande di rimborso considerate dalle questioni del giudice
nazionale sull'effetto diretto di una norma di una direttiva non correttamente
trasposta nel diritto nazionale, ma su quello di una disposizione del Trattato o di
un accordo di libero scambio quale l'accordo CEE/Svezia, occorre risolvere le
questioni sesta e settima nel senso che il diritto comunitario non osta a che il
termine di prescrizione nazionale che si applica a una domanda di rimborso di
tasse riscosse in violazione dell'art. 95 del Trattato o di una disposizione analoga
all'art. 18 dell'accordo CEE/Svezia cominci a decorrere da una data anteriore a
quella in cui dette tasse sono state abrogate.
Sulle spese
- Le spese sostenute dalla Commissione delle Comunità europee, che ha presentato
osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti
nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato
dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,LA CORTE (Sesta Sezione),
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall'Østre Landsret, con due ordinanze
24 marzo 1995, dichiara:
- L'art. 95 del Trattato osta a che uno Stato membro applichi, in caso di
importazione per nave di merci da un altro Stato membro, una
maggiorazione del 40% alla tassa generale sulle merci da cui sono gravate
le merci caricate, scaricate, o imbarcate o sbarcate in altro modo nei porti
del primo Stato membro o nei canali d'accesso a detti porti.
- Siffatta maggiorazione all'importazione è del pari incompatibile col diritto
comunitario se si applica a merci importate da un paese terzo col quale la
Comunità ha stipulato un accordo contenente disposizioni analoghe all'art.
18 dell'accordo stipulato tra la Comunità economica europea e il Regno di
Svezia, firmato a Bruxelles il 22 luglio 1972, concluso e approvato, in nome
della Comunità, col regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972,
n. 2838.
- Il diritto comunitario non osta all'imposizione, da parte di uno Stato
membro, della detta maggiorazione all'importazione su merci importate
direttamente da un paese terzo col quale la Comunità non stipulato un
accordo.
- Qualora una tassa incompatibile col diritto comunitario sia stata istituita
o approvata da uno Stato membro, questo è tenuto, in via di principio, a
rimborsare le tasse riscosse in violazione del diritto comunitario. Qualora
il gettito della tassa sia stato destinato ad enti autonomi gestiti dai comuni,
il diritto comunitario non osta a che l'azione diretta al rimborso di dette
tasse sia diretta contro questi ultimi enti, purché le modalità di tale azione
non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di
natura interna e non rendano praticamente impossibile o eccessivamente
difficile il rimborso delle tasse indebitamente versate.
- Il diritto comunitario non osta a che il termine di prescrizione nazionale
che si applica ad una domanda di rimborso di tasse riscosse in violazione
dell'art. 95 del Trattato o di una disposizione analoga all'art. 18
dell'accordo stipulato fra la Comunità economica europea e il Regno di
Svezia cominci a decorrere da una data anteriore a quella in cui dette tasse
sono state abrogate.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 luglio 1997.
Il cancelliere
Il presidente della Sesta Sezione
R. Grass
G.F. Mancini
1: Lingua processuale: il danese.