Language of document : ECLI:EU:C:2023:481

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ATHANASIOS RANTOS

presentate il 15 giugno 2023 (1)

Causa C-755/21 P

Marián Kočner

contro

Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto

«Impugnazione – Regolamento (UE) 2016/794 – Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol) – Protezione dei dati personali – Articoli 49 e 50 – Responsabilità dell’Europol per trattamento non corretto dei dati personali – Considerando 57 – Natura della responsabilità – Procedimento penale avviato in Slovacchia nei confronti del ricorrente – Perizia realizzata dall’Europol ai fini dell’istruttoria – Estrazione di dati da telefoni cellulari e da una periferica USB appartenenti al ricorrente – Presunta divulgazione non autorizzata di tali dati da parte dell’Europol – Danno morale – Ricorso per risarcimento danni – Nesso di causalità»






I.      Introduzione

1.        Con la sua impugnazione, il sig. Marián Kočner (in prosieguo: il «ricorrente») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 29 settembre 2021, Kočner/Europol (T‑528/20, non pubblicata, in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2021:631), con la quale il Tribunale ha respinto il suo ricorso volto ad ottenere il risarcimento del danno morale che egli ritiene di avere subito a causa della violazione del suo diritto al rispetto della vita privata e familiare risultante, in sostanza, da operazioni di trattamento dei dati da parte dell’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol), nell’ambito di un’indagine penale avviata nei suoi confronti dalle autorità slovacche a seguito dell’omicidio di un giornalista e della sua fidanzata.

2.        La presente impugnazione offre alla Corte, per la prima volta, l’opportunità di pronunciarsi, tra l’altro, sulla natura della responsabilità extracontrattuale dell’Europol ai sensi degli articoli 49 e 50 del regolamento (UE) 2016/794 (2), interpretati alla luce del considerando 57 di detto regolamento e, più in particolare, sull’esistenza del regime speciale di responsabilità solidale tra l’Europol e lo Stato membro nel quale si è verificato un danno in conseguenza di un trattamento non corretto dei dati da parte dell’Europol o di tale Stato membro.

II.    Contesto normativo

3.        A termini dei considerando 56, 57 e 65 del regolamento Europol:

«(56)      È opportuno che Europol sia soggetta alle norme generali sulla responsabilità contrattuale ed extracontrattuale applicabili alle istituzioni, alle agenzie e agli organismi dell’Unione, ad eccezione delle norme sulla responsabilità per trattamento illecito dei dati.

(57)      Poiché per la persona interessata può non essere chiaro se il danno subito a seguito di un trattamento illecito dipenda dall’azione di Europol o di uno Stato membro, è opportuno che Europol e lo Stato membro in cui si è verificato il fatto generatore del danno rispondano in solido.

(...)

(65)      Poiché tratta dati che, includendo informazioni sensibili non classificate e informazioni classificate UE, richiedono una protezione particolare, Europol dovrebbe stabilire norme per la riservatezza e il trattamento di tali informazioni. Le disposizioni sulla protezione delle informazioni classificate UE dovrebbero essere coerenti con la decisione 2013/488/UE del Consiglio [(3)]».

4.        Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, di detto regolamento, l’Europol tratta solo informazioni fornite, in particolare, da Stati membri conformemente al loro diritto nazionale e all’articolo 7 del regolamento in parola. Ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo 17, l’Europol può direttamente reperire e trattare informazioni, inclusi dati personali, da fonti accessibili al pubblico, compresi Internet e i dati pubblici.

5.        L’articolo 32 del medesimo regolamento, intitolato «Sicurezza del trattamento», al paragrafo 1 così prevede:

«Europol mette in atto misure tecniche e organizzative adeguate per proteggere i dati personali dalla distruzione accidentale o illegale, dalla perdita accidentale, dalla comunicazione, modifica e accesso non autorizzati e da qualsiasi altra forma di trattamento non autorizzato».

6.        L’articolo 49 del regolamento Europol, intitolato «Disposizioni generali in materia di responsabilità e diritto al risarcimento», al paragrafo 3 enuncia quanto segue:

«Fatto salvo l’articolo 49 [(4)], in materia di responsabilità extracontrattuale Europol risarcisce, secondo i principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri, i danni causati dai suoi servizi o dal suo personale nell’esercizio delle loro funzioni».

7.        L’articolo 50 di detto regolamento, intitolato «Responsabilità per trattamento non corretto dei dati personali e diritto al risarcimento», così dispone:

«1.      La persona fisica che subisca un danno cagionato da un trattamento illecito dei dati ha il diritto di ottenere il risarcimento del danno da Europol, conformemente all’articolo 340 TFUE, o dallo Stato membro in cui si è verificato il fatto generatore del danno, conformemente al diritto nazionale. L’azione contro Europol è proposta dalle persone fisiche dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, mentre quella contro lo Stato membro è da esse proposta dinanzi all’autorità giurisdizionale competente di tale Stato membro.

2.      Qualsiasi controversia tra Europol e uno Stato membro in merito alla responsabilità finale del risarcimento corrisposto a una persona fisica ai sensi del paragrafo 1 è sottoposta al consiglio di amministrazione, che decide deliberando a maggioranza dei due terzi dei suoi membri, fatto salvo il diritto di impugnare tale decisione ai sensi dell’articolo 263 TFUE».

III. Fatti

8.        Nell’ambito di un’indagine svolta dalle autorità penali slovacche a seguito dell’omicidio, avvenuto in Slovacchia il 21 febbraio 2018, di un giornalista e della sua fidanzata, l’Europol, su richiesta della Národná kriminálna agentúra (Agenzia nazionale per la lotta contro la criminalità, Slovacchia, in prosieguo: la «NAKA»), ha preso in custodia, il 10 ottobre 2018, due telefoni cellulari che sarebbero appartenuti al ricorrente e, il 17 ottobre 2018, un supporto di memorizzazione USB.

9.        Per quanto riguarda i telefoni cellulari, il 21 giugno 2019 l’Europol ha comunicato alla NAKA le relazioni scientifiche finali riguardanti le operazioni effettuate su di essi. Detta comunicazione sarebbe stata preceduta, secondo l’Europol, prima dalla consegna alla NAKA di un disco rigido contenente i dati criptati estratti da tali telefoni, attestata da un verbale del 23 ottobre 2018 (in prosieguo: il «verbale del 23 ottobre 2018»), e poi dalla consegna dei telefoni in questione alla NAKA, certificata da un modulo di ricezione/consegna di prove del 13 febbraio 2019 (5).

10.      Alcuni articoli di stampa e una pubblicazione su un sito Internet nel maggio 2019 avrebbero messo a disposizione del pubblico informazioni relative al ricorrente provenienti da detti telefoni cellulari, ivi comprese trascrizioni di sue comunicazioni intime.

11.      Per quanto riguarda il supporto di memorizzazione USB, nella sua relazione del 13 gennaio 2019, trasmessa alla NAKA il 14 febbraio 2019, l’Europol ha indicato che il ricorrente era stato posto in stato di detenzione per un presunto reato finanziario dal 20 giugno 2018 e che il suo nome era, tra altri, direttamente collegato alle «cosiddette liste mafiose» e ai «Panama Papers» (6).

12.      Con lettera del 4 maggio 2020, il ricorrente ha chiesto all’Europol, sul fondamento dell’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento Europol, un risarcimento di EUR 100 000 per il danno morale che egli ritiene di avere subito a causa, da un lato, della pubblicazione sulla stampa e su Internet di dati personali e, in particolare, della pubblicazione delle trascrizioni di sue comunicazioni di carattere intimo e sessuale e, dall’altro, dell’inclusione del suo nome nelle «liste dei mafiosi», che sarebbe stata riportata dalla stampa a seguito di fughe di notizie riguardanti il fascicolo del procedimento penale nazionale relativo all’omicidio menzionato al paragrafo 8 delle presenti conclusioni.

13.      A seguito dell’indagine svolta dalle autorità penali slovacche, menzionata al paragrafo 8 delle presenti conclusioni, il ricorrente, perseguito per complicità in omicidio in qualità di mandante, è stato assolto in primo grado con una sentenza che è stata annullata dal Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca), il quale ha rinviato il procedimento in primo grado.

IV.    Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

14.      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 agosto 2020, il ricorrente ha proposto un ricorso fondato sugli articoli 268 e 340 TFUE nonché sull’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento Europol e volto ad ottenere il risarcimento dei danni morali che egli ritiene di avere subito a causa dei comportamenti dell’Europol. Egli ha chiesto, rispettivamente, un risarcimento pari a EUR 50 000 per il danno morale che avrebbe subito a causa della divulgazione di dati personali (primo capo della domanda) e un risarcimento dello stesso importo per il danno morale che avrebbe subito a causa dell’inclusione nelle «liste dei mafiosi» (secondo capo della domanda).

15.      Il Tribunale ha respinto tale ricorso. Esso ha concluso, per quanto riguarda il primo capo della domanda, che il ricorrente non aveva fornito la prova di un nesso di causalità tra il danno asserito e il comportamento dell’Europol (7) e, per quanto riguarda il secondo capo della domanda, che il ricorrente non aveva fornito alcun elemento di prova idoneo a dimostrare che le «liste dei mafiosi» fossero state elaborate e conservate da un’istituzione dell’Unione e in particolare dall’Europol (8). Il Tribunale ha inoltre precisato, con riferimento ad entrambi i capi della domanda, che tali conclusioni non erano rimesse in discussione dal considerando 57 del regolamento Europol, né dall’articolo 49 o dall’articolo 50 di detto regolamento (9).

V.      Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

16.      L’8 dicembre 2021 il ricorrente ha proposto un’impugnazione avverso la sentenza impugnata. Egli chiede che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata e rinviare la causa dinanzi al Tribunale, nonché adottare una decisione sulle spese.

17.      L’Europol, sostenuta dalla Repubblica slovacca in qualità di interveniente, chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare il ricorrente alle spese.

VI.    Analisi

A.      Sull’impugnazione

18.      A sostegno della sua impugnazione, il ricorrente deduce sei motivi. I motivi dal primo al quarto riguardano il danno morale subito in conseguenza della divulgazione al pubblico di dati personali (primo capo della domanda in primo grado), mentre i motivi quinto e sesto riguardano il danno morale subito in conseguenza dell’inclusione del suo nome nelle «liste dei mafiosi» (secondo capo della domanda in primo grado) (10).

19.      L’Europol eccepisce, innanzitutto, l’irricevibilità dei motivi primo e quinto, questione che occorre subito esaminare.

1.      Sulla ricevibilità dei motivi primo e quinto, vertenti su errori relativi alla natura della responsabilità dell’Europol

20.      L’Europol sostiene, in sostanza, che il primo e il quinto motivo, vertenti sul fatto che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto laddove ha escluso la responsabilità solidale dell’Europol e dello Stato membro interessato per i danni subiti a causa di un trattamento illecito dei dati in conseguenza dell’azione dell’Europol o di tale Stato membro, sono stati sollevati, per la prima volta, nella fase della replica in primo grado. Si tratterebbe quindi di motivi nuovi dedotti in corso di causa e, di conseguenza, irricevibili (11).

21.      Il ricorrente ribatte di avere dedotto tali argomenti nel ricorso in primo grado, laddove ha fatto riferimento al considerando 57 del regolamento Europol nonché all’articolo 50, paragrafi 1 e 2, del medesimo regolamento.

22.      A questo proposito, rilevo che, nel ricorso, il ricorrente ha fatto valere la responsabilità dell’Europol ai sensi dell’articolo 49, paragrafo 3, e dell’articolo 50 del regolamento Europol nonché per rinvio al considerando 57 di detto regolamento, che egli ha richiamato integralmente. Nella replica, il ricorrente ha ulteriormente sostenuto tale argomento precisando che, se non fosse accertato che l’Europol era responsabile del comportamento contestato, essa sarebbe responsabile del danno cagionato in solido con lo Stato membro interessato.

23.      In tali circostanze, ritengo che il ricorrente abbia sollevato un motivo vertente, in sostanza, sulla responsabilità solidale dell’Europol nel ricorso in primo grado e che, pertanto, i motivi di impugnazione primo e quinto siano ricevibili.

2.      Sui motivi riguardanti il danno morale subito in conseguenza della divulgazione al pubblico di dati personali (primo capo della domanda in primo grado)

a)      Sul primo motivo, vertente su un errore di diritto nella qualificazione della responsabilità dell’Europol per trattamento non corretto dei dati personali

24.      Con il primo motivo, il ricorrente addebita al Tribunale, in sostanza, di avere escluso che l’Europol e lo Stato membro interessato fossero responsabili in solido dei danni derivanti da un trattamento illecito dei dati in violazione del carattere vincolante del considerando 57 del regolamento Europol.

25.      Il ricorrente, pur riconoscendo che il testo dell’articolo 50, paragrafi 1 e 2, del regolamento Europol non contiene una disposizione espressa che preveda la responsabilità solidale dell’Europol e dello Stato membro interessato, considera che siffatta responsabilità risulta comunque da detta disposizione, interpretata alla luce del considerando 57 del menzionato regolamento.

26.      A suo avviso, sotto un primo profilo, l’articolo 50, paragrafo 2, di tale regolamento, laddove prevede la risoluzione delle controversie tra l’Europol e lo Stato membro interessato, attraverso il consiglio di amministrazione dell’Europol, non potrebbe essere interpretato diversamente, salvo privare la disposizione in parola di ogni significato.

27.      Sotto un secondo profilo, l’esistenza di una responsabilità solidale dell’Europol nel caso di specie si baserebbe del pari sull’obiettivo della normativa in questione, che deriva in particolare dal considerando 57 del regolamento Europol e che consisterebbe nella maggiore protezione della parte danneggiata (12).

28.      Sotto un terzo profilo, i principi generali del diritto dell’Unione consentirebbero, in ogni caso, di dedurre una responsabilità solidale anche in assenza di norme espresse, alla luce dell’articolo 340 TFUE.

29.      L’Europol, sostenuta dalla Repubblica slovacca, sottolinea, in via preliminare, che la responsabilità solidale dell’Unione e dello Stato membro interessato nel caso in cui agiscano congiuntamente non è riconosciuta, in linea di principio, nell’ambito dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, ma richiede una menzione esplicita in tal senso da parte del legislatore dell’Unione.

30.      In primo luogo, l’articolo 50 del regolamento Europol non sarebbe applicabile al trattamento di dati in discussione nel caso di specie, in quanto si applicherebbe esclusivamente ai trattamenti di dati effettuati nell’ambito delle operazioni e dei compiti dell’Europol.

31.      In secondo luogo, tale disposizione si applicherebbe soltanto ai danni causati congiuntamente dall’Unione e da uno Stato membro e non potrebbe essere applicata in assenza di un comportamento illecito dell’Europol e senza che sia dimostrato un nesso di causalità.

32.      In terzo luogo, anzitutto, il considerando 57 di tale regolamento, pur facendo riferimento alla responsabilità solidale, non avrebbe valore vincolante e non si applicherebbe nel caso di specie. Inoltre, la nozione di responsabilità solidale presupporrebbe che più entità siano responsabili dello stesso pregiudizio e non che un’entità la cui responsabilità non è stata dimostrata debba pagare un risarcimento. Infine, il ricorrente non avrebbe nemmeno intentato un’azione per responsabilità nei confronti dello Stato membro interessato (13).

33.      Ricordo che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che l’articolo 49, paragrafo 3, e l’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento Europol si limitano a precisare che l’Europol deve risarcire i danni causati dai suoi servizi o dal suo personale nell’esercizio delle loro funzioni, conformemente alle condizioni stabilite dall’articolo 340 TFUE, e che la condizione relativa al nesso di causalità non era soddisfatta (14). A questo proposito, se il considerando 57 di tale regolamento prevedesse un meccanismo di solidarietà, esso non troverebbe né espressione né fondamento nelle disposizioni del suddetto regolamento (15).

34.      Per quanto riguarda la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, «[i]n materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni» (16). Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la responsabilità extracontrattuale dell’Unione ai sensi di tale disposizione richiede la compresenza di vari presupposti per quanto riguarda l’illegittimità del comportamento addebitato alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento e il danno invocato (17). Il carattere cumulativo di detti presupposti significa che, ove uno di essi non sia soddisfatto, la responsabilità extracontrattuale dell’Unione non può sorgere (18).

35.      Per quanto riguarda, più in particolare, l’eventuale responsabilità solidale dell’Europol sul fondamento dell’articolo 50 del regolamento Europol, rilevo che, in linea di principio, la responsabilità solidale extracontrattuale implica che, qualora l’atto lesivo sia imputabile a più persone, esse sono tenute in solido al risarcimento del danno (19).

36.      Secondo una giurisprudenza parimenti costante della Corte, quando si interpreta una disposizione del diritto dell’Unione occorre tenere conto non soltanto della formulazione di quest’ultima, ma anche del suo contesto e degli obiettivi che persegue l’atto di cui fa parte. Inoltre, anche la genesi di una disposizione del diritto dell’Unione può fornire elementi rilevanti per la sua interpretazione (20).

37.      In primo luogo, per quanto riguarda la formulazione dell’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento Europol, tale disposizione prevede, in sostanza, che la persona fisica che subisca un danno cagionato da un trattamento illecito dei dati ha il diritto di ottenere il risarcimento del danno dall’Europol, conformemente all’articolo 340 TFUE (dinanzi al giudice dell’Unione), o dallo Stato membro in cui si è verificato il fatto generatore del danno, conformemente al diritto nazionale (dinanzi all’autorità giurisdizionale nazionale competente).

38.      Mi sembra che tale disposizione non conduca, solo sulla base della sua formulazione, ad un’interpretazione univoca quanto alla natura della responsabilità in questione.

39.      Infatti, da un lato, l’impiego dell’espressione «da (...) o» non è concludente a tale riguardo (21). Detta espressione potrebbe anche indicare che la responsabilità dell’Europol è alternativa a quella dello Stato membro interessato o che il soggetto danneggiato può rivolgersi indifferentemente all’istituzione interessata o allo Stato membro interessato per l’intero danno.

40.      Dall’altro lato, neppure il rinvio operato dalla medesima disposizione all’articolo 340 TFUE è concludente e, alla luce del rinvio effettuato da quest’ultima disposizione ai «principi generali comuni ai diritti degli Stati membri», comporta la necessità di un’interpretazione comparata, che effettuerò più avanti nel contesto dell’interpretazione teleologica della disposizione di cui trattasi (22).

41.      In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto in cui si inserisce l’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento Europol, rilevo, anzitutto, che il considerando 56 del regolamento Europol precisa che l’Europol è soggetta alle norme generali sulla responsabilità contrattuale ed extracontrattuale applicabili alle istituzioni, alle agenzie e agli organismi dell’Unione, «ad eccezione delle norme sulla responsabilità per trattamento illecito dei dati». Per quanto riguarda tale trattamento illecito dei dati, il considerando 57 di detto regolamento non potrebbe essere più chiaro nell’enunciare che «è opportuno che Europol e lo Stato membro in cui si è verificato il fatto generatore del danno rispondano in solido», per il motivo che «per la persona interessata può non essere chiaro se il danno subito a seguito di un trattamento illecito dipenda dall’azione di Europol o di uno Stato membro».

42.      È certamente vero che, come rammenta l’Europol, il preambolo di un atto dell’Unione non ha valore giuridico vincolante e non può essere fatto valere né per derogare alle disposizioni stesse dell’atto interessato né al fine di interpretare tali disposizioni in un senso manifestamente in contrasto con la loro formulazione (23). Tuttavia, al di là di questi limiti, i considerando costituiscono importanti elementi di interpretazione, che sono idonei a chiarire la volontà dell’autore di tale atto (24).

43.      Pertanto, dal momento che l’intenzione del legislatore dell’Unione, espressa inequivocabilmente al considerando 57 del regolamento Europol, di favorire il soggetto danneggiato introducendo la responsabilità solidale dell’Europol e dello Stato membro interessato non è in contrasto con la formulazione dell’articolo 50 di tale regolamento, ne traggo la conclusione che detto articolo può (e deve) essere interpretato alla luce del menzionato considerando.

44.      Tale conclusione è confermata dall’articolo 50, paragrafo 2, del regolamento Europol, secondo cui qualsiasi controversia tra quest’ultima e uno Stato membro in merito alla responsabilità finale del risarcimento corrisposto a una persona fisica ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 1, di detto regolamento è sottoposta al consiglio di amministrazione dell’Europol.

45.      Per quanto riguarda, poi, l’argomento dell’Europol secondo cui, in sostanza, le attività di prelievo e di decriptazione effettuate dalla stessa sui telefoni cellulari del ricorrente non rientrano nella nozione di «trattamento dei dati personali» ai sensi dell’articolo 50 del regolamento Europol, non vedo, e l’Europol non spiega, per quali ragioni le attività di decriptazione effettuate dall’Europol nel caso di specie non rientrerebbero nell’ambito della definizione di cui all’articolo 88, paragrafo 2, lettera a), TFUE, secondo la quale i compiti dell’Europol possono comprendere «la raccolta, l’archiviazione, il trattamento, l’analisi e lo scambio delle informazioni trasmesse, in particolare dalle autorità degli Stati membri o di paesi o organismi terzi» (25).

46.      In terzo luogo, mi sembra evidente che, tra gli obiettivi del regolamento Europol, quest’ultimo, come risulta dal suo considerando 57, miri a facilitare, attraverso la responsabilità solidale dell’Europol e dello Stato membro interessato, la presentazione di un ricorso per risarcimento da parte del soggetto danneggiato da un trattamento non corretto dei dati. Tale posizione è confermata dalla genesi della disposizione di cui trattasi nonché da un’interpretazione comparata della stessa alla luce dei principi generali comuni ai diritti degli Stati membri.

47.      A questo proposito, per quanto riguarda, anzitutto, la genesi dell’articolo 50 del regolamento Europol, rilevo che le formulazioni di detto articolo e del considerando 57 risultano, così come sono, dalla proposta iniziale della Commissione (26), il che rafforza l’interpretazione secondo cui l’articolo citato traspone l’intenzione del legislatore dell’Unione, espressa nel suddetto considerando, di introdurre una forma di responsabilità solidale dell’Europol e dello Stato membro interessato (27).

48.      Inoltre, contrariamente all’argomento sostenuto dall’Europol, l’applicazione di tale disposizione non può essere limitata alla situazione di pregiudizio causato congiuntamente dall’Unione e da uno Stato membro, dato che, in una situazione del genere, spetta, a mio avviso, al giudice competente determinare la rispettiva responsabilità delle entità o delle persone che hanno cagionato il danno (28).

49.      Per quanto riguarda, poi, l’interpretazione comparata dell’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento Europol, ricordo che, ai sensi di tale disposizione, il soggetto danneggiato può far valere la responsabilità dell’Europol «conformemente all’articolo 340 TFUE», il quale, al secondo comma, rinvia ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri (29).

50.      A questo proposito, mi sembra che vi sia una forma di convergenza degli ordinamenti giuridici degli Stati membri per quanto riguarda l’esistenza di una responsabilità solidale in situazioni nelle quali lo stesso danno sia imputabile a più persone (30). Peraltro, i principi di diritto europeo della responsabilità civile sono orientati nello stesso senso (31).

51.      Inoltre, rilevo che il meccanismo di responsabilità solidale non è estraneo al diritto dell’Unione in materia di trattamento dei dati, posto che, in particolare, l’articolo 82, paragrafo 4, del regolamento 2016/679 introduce una responsabilità siffatta quando più titolari siano coinvolti nello stesso trattamento (32).

52.      Tale conclusione non è rimessa in discussione dal principio giurisprudenziale secondo cui, in situazioni di responsabilità concorrente dell’Unione e di uno Stato membro, i singoli asseritamente lesi devono anzitutto adire i giudici nazionali (33). Infatti, se detto principio si applica a situazioni di responsabilità congiunta, la sua applicazione a situazioni di responsabilità solidale svuoterebbe quest’ultima di ogni effetto utile.

53.      In conclusione, ritengo che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto nell’escludere che l’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento Europol, interpretato alla luce del considerando 57 di tale regolamento, introduca un regime di responsabilità solidale dell’Europol e dello Stato membro interessato per i danni subiti a causa di un trattamento illecito dei dati in conseguenza dell’azione dell’Europol o di tale Stato membro.

54.      Propongo pertanto di accogliere il primo motivo di impugnazione.

55.      Di conseguenza, occorrerebbe annullare la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso qualsiasi nesso di causalità tra il danno asserito dal ricorrente e un eventuale comportamento dell’Europol per il solo motivo che, durante un certo periodo, sia l’Europol sia le autorità slovacche erano state in possesso dei dati contenuti nei telefoni cellulari in questione.

56.      Ciò premesso, rilevo che, affinché l’Europol possa essere ritenuta responsabile in solido del danno asserito, occorre ancora accertare, in particolare, l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento asserito e tale danno (34). Infatti, l’esistenza di una responsabilità solidale presuppone che i diversi fatti generatori del danno siano tali da provocare il danno asserito, a prescindere da quale sia la violazione che ha costituito la causa immediata e determinante dell’evento (35).

57.      Orbene, è certamente vero che l’esistenza di tale nesso di causalità nel caso di specie costituisce il filo conduttore degli argomenti svolti nell’ambito dei motivi di impugnazione dal secondo al quarto e sesto.

58.      Tuttavia, dal momento che, nella sentenza impugnata, il Tribunale si è limitato, in sostanza, a pronunciarsi sull’assenza di un nesso di causalità «esclusivo» tra il comportamento dell’Europol e il danno asserito, e tale analisi non consente di valutare l’esistenza di un nesso di causalità come richiesto in una situazione di responsabilità solidale, ritengo che, qualora la Corte accettasse la mia proposta di accogliere il primo motivo, occorrerebbe annullare la sentenza impugnata e rinviare la causa al Tribunale, per quanto riguarda il primo capo della domanda in primo grado, affinché si pronunci sulla questione relativa al nesso di causalità nell’ambito della responsabilità solidale, nonché, se del caso, sulle altre condizioni alle quali è subordinata la responsabilità extracontrattuale dell’Unione e delle sue istituzioni o dei suoi organi (36).

59.      Tuttavia, per l’ipotesi in cui la Corte non condividesse la soluzione da me proposta, nel prosieguo esaminerò anche gli altri motivi di impugnazione (37).

b)      Sul secondo motivo, vertente su un errore nell’interpretazione del diritto nazionale che disciplina il contenuto di un fascicolo di indagine

60.      Con il secondo motivo, il ricorrente sostiene che, in violazione delle norme nazionali che specificano il contenuto di un fascicolo di indagine (38), il verbale del 23 ottobre 2018 non faceva parte del fascicolo di indagine che lo riguardava, il che ne pregiudicherebbe quindi l’attendibilità.

61.      Nella sentenza impugnata, il Tribunale si è basato sul verbale del 23 ottobre 2018 per concludere che, a decorrere da tale data, l’Europol non era l’unica entità in possesso dei dati contenuti nei telefoni cellulari di cui trattasi, in quanto anche le autorità slovacche disponevano di detti dati (39).

62.      In risposta alla contestazione del ricorrente in merito all’autenticità del verbale in parola, il Tribunale ha dichiarato che l’eventuale mancato inserimento di tale documento nel fascicolo di un procedimento penale non può, di per sé, avere conseguenze sulla sua autenticità e che il ricorrente non aveva sostenuto in alcun modo che il suddetto verbale fosse stato alterato (40).

63.      A questo proposito, mi sembra che l’argomento del ricorrente, per quanto attiene all’eventuale violazione delle norme nazionali relative al contenuto del fascicolo – che peraltro non riguardano l’autenticità dei documenti ivi contenuti – sia inoperante, in quanto non è sufficiente a dimostrare che il Tribunale abbia commesso un errore nella valutazione della validità del verbale del 23 ottobre 2018, né tanto meno che esso abbia snaturato tale elemento di prova omettendo di tenere conto della normativa nazionale fatta valere dal ricorrente in primo grado. Infatti, occorre distinguere tra, da un lato, l’eventuale non conformità di detto verbale alle norme nazionali relative al contenuto del fascicolo, che pregiudicherebbe, se del caso, la validità del menzionato verbale in quanto elemento di detto fascicolo (41), e, dall’altro, l’esistenza (e quindi l’autenticità) del medesimo verbale e il suo eventuale valore probatorio nell’ambito del presente procedimento.

64.      Analogamente, considerato il carattere manifestamente irrilevante della normativa nazionale invocata dal ricorrente al fine di inficiare il valore probatorio del verbale di cui trattasi, non può essere accolto l’argomento basato su una carenza di motivazione della sentenza impugnata a tale proposito, sollevato dal ricorrente.

65.      Propongo pertanto respingere il secondo motivo di impugnazione.

c)      Sul terzo motivo, vertente su errori di fatto nella valutazione del nesso di causalità, per quanto riguarda il primo capo della domanda in primo grado

66.      Con il terzo motivo, il ricorrente sostiene, in primo luogo, che dal verbale del 23 ottobre 2018 (la cui autenticità è peraltro contestata) costituisce solo prova della trasmissione di «risultati provvisori» sotto forma di acquisizioni e di estrazioni dei dati, il che non dimostra che siano state trasmesse anche le «comunicazioni» oggetto del presente procedimento (42).

67.      A questo proposito, rilevo che, al punto 68 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso che, alla data del suddetto verbale, l’Europol non era più l’unica entità detentrice dei dati controversi, i quali erano accessibili alle autorità slovacche a partire da tale data (43).

68.      Orbene, mi sembra che i dubbi sollevati dal ricorrente riguardo al contenuto esatto dei dati trasmessi dall’Europol alle autorità slovacche e il suo disaccordo rispetto all’interpretazione data dal Tribunale all’espressione «risultati preliminari» contenuta nel verbale del 23 ottobre 2018 non siano sufficienti a dimostrare l’esistenza di errori di fatto o di valutazione che comportino uno snaturamento degli elementi di prova da parte del Tribunale.

69.      In secondo luogo, il ricorrente deduce che il Tribunale non ha accertato che l’Europol non abbia mai avuto a sua disposizione le comunicazioni controverse in forma decriptata (44), che anche una fuga di dati in forma criptata avrebbe potuto causare il presunto danno, dopo la decriptazione da parte di un terzo non autorizzato (45), e che, nel caso di specie, la decriptazione sarebbe stata particolarmente facile in considerazione del fatto che l’Europol aveva già estratto i file con le relative password.

70.      Orbene, se è pur vero che non si può escludere, come afferma il ricorrente, che i dati controversi possano essere trapelati anche in forma criptata, il ricorrente non ha presentato alcun elemento o indizio tale da far supporre che una simile fuga di dati si sia verificata mentre i telefoni cellulari di cui trattasi erano a disposizione dell’Europol (46), né tanto meno che la valutazione del Tribunale, secondo la quale i dati criptati non sono stati all’origine della fuga delle comunicazioni controverse, sia viziata da uno snaturamento degli elementi di prova (47).

71.      In terzo luogo, il ricorrente ribadisce l’affermazione secondo cui il verbale del 23 ottobre 2018 sarebbe stato retrodatato, respinta dal Tribunale in quanto non corredata da alcun principio di prova (48), senza fornire ulteriori elementi dai quali possa dedursi che il Tribunale ha proceduto a uno snaturamento dei fatti (49).

72.      In quarto luogo, il ricorrente aggiunge che i telefoni cellulari in questione erano stati consegnati ai fini dell’acquisizione e dell’estrazione senza il previo consenso di un giudice o di un organo amministrativo indipendente, il che dimostrerebbe l’esistenza di un nesso di causalità.

73.      A questo proposito, mi è difficile immaginare come un’eventuale violazione delle norme in materia di acquisizione e di estrazione dei dati controversi possa, di per sé, dimostrare l’esistenza di un nesso fra detta acquisizione o estrazione e il fatto che tali dati sono diventati di pubblico dominio (50).

74.      Infatti, la circostanza che i dati controversi siano stati trasmessi dall’Europol alle autorità slovacche è sufficiente, a mio avviso, ad interrompere il nesso di causalità «esclusivo» tra la fuga di tali dati e il comportamento dell’Europol, indipendentemente dal fatto che anche quest’ultima disponesse di detti dati in forma criptata o decriptata e dal livello dell’eventuale decriptazione (51).

75.      Propongo pertanto di respingere il terzo motivo di impugnazione.

d)      Sul quarto motivo, vertente su una carenza di motivazione e su errori di diritto per quanto riguarda l’amministrazione della prova, sullo snaturamento degli elementi di prova e sulla violazione dei diritti della difesa

76.      Con la prima parte del quarto motivo, il ricorrente addebita al Tribunale di non avere motivato la sua conclusione secondo cui non si può ritenere che l’articolo 50, paragrafi 1 e 2, del regolamento Europol fondi una responsabilità solidale e di avere violato le norme in materia di onere della prova.

77.      Orbene, dall’analisi effettuata ai paragrafi da 24 a 53 delle presenti conclusioni risulta che la motivazione del Tribunale ha consentito al ricorrente di comprendere le ragioni per le quali esso ha ritenuto che l’articolo 50 del regolamento Europol non fondasse una responsabilità solidale e di formulare i suoi argomenti contro di esse. Esso permette inoltre alla Corte, a mio avviso, di esercitare il suo controllo giurisdizionale.

78.      Con la seconda parte del quarto motivo, il ricorrente sostiene, in sostanza, che il Tribunale ha invertito l’onere della prova ponendo a suo carico in primo grado l’onere di dimostrare che fossero trapelate informazioni dai servizi dell’Europol.

79.      Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso che il ricorrente non aveva fornito la prova di un nesso di causalità tra il danno asserito e un eventuale comportamento dell’Europol e che ciò era sufficiente per escludere qualsiasi responsabilità di quest’ultima ai sensi dell’articolo 340 TFUE.

80.      Orbene, a mio avviso, la valutazione del Tribunale è stata effettuata, in linea di principio, correttamente, alla luce di una giurisprudenza costante secondo cui spetta alla parte che adduce la responsabilità extracontrattuale dell’Unione fornire prove concludenti dell’esistenza di un nesso sufficientemente diretto di causa ed effetto tra il comportamento dell’istituzione in questione e il danno asserito (52).

81.      Con la terza parte del quarto motivo, il ricorrente addebita al Tribunale di non avere preso in considerazione come elemento di prova il fascicolo di indagine penale nazionale che lo riguarda e il decreto del Ministero della Giustizia slovacco (53), che stabilisce il contenuto di tale fascicolo. In sostanza, il ricorrente ribadisce l’argomento dedotto nell’ambito del secondo motivo, secondo cui il verbale del 23 ottobre 2018 dovrebbe figurare nel fascicolo di indagine penale che lo riguarda, conformemente alle prescrizioni di tale decreto.

82.      A questo proposito, è sufficiente ricordare che, come ho rilevato nell’ambito dell’analisi del secondo motivo, l’argomento del ricorrente vertente sull’eventuale violazione delle norme nazionali relative al contenuto del fascicolo non è pertinente, in quanto un’eventuale carenza di conformità di detto verbale alle norme nazionali relative al contenuto del fascicolo non inficerebbe il valore probatorio del verbale in parola nel contesto del presente procedimento (54).

83.      Per quanto riguarda l’argomento secondo cui il fatto che l’Europol abbia allegato solo una fotografia del verbale del 23 ottobre 2018 dimostrerebbe che quest’ultima non disponeva di tale verbale e l’avrebbe ottenuto dalle autorità slovacche nell’ambito del procedimento giurisdizionale, è giocoforza constatare che si tratta, come chiarito dal ricorrente, di una «convinzione» del suo avvocato, che non è suffragata da alcun indizio o elemento o prova (55).

84.      Con la quarta parte del quarto motivo, il ricorrente addebita al Tribunale di avere violato i suoi diritti della difesa, per il motivo che egli non ha potuto esprimersi, all’udienza di discussione del 30 giugno 2021, sulla retrodatazione del verbale del 23 ottobre 2018. Senza precisarlo espressamente, egli sembra evocare una violazione del principio del contraddittorio.

85.      Tuttavia, il ricorrente non spiega quali siano gli argomenti e gli elementi che egli avrebbe potuto far valere se i suoi diritti della difesa fossero stati rispettati né che, in assenza della presunta violazione del principio del contraddittorio, i suoi argomenti avrebbero potuto modificare l’esito della controversia (56).

86.      Inoltre, ai punti da 74 a 78 della sentenza impugnata, il Tribunale si è pronunciato sugli argomenti del ricorrente relativi a tale presunta retrodatazione, osservando in particolare che detti argomenti non erano supportati da alcun principio di prova e che il ricorrente non aveva affermato, in fase di replica, che il verbale del 23 ottobre 2018 o la sua copia fossero stati alterati.

87.      Infatti, il ricorrente si limita a rilevare che si ignora, ad oggi, dove si trovi l’esemplare originale del verbale del 23 ottobre 2018, che esso non figura nel fascicolo giudiziario della causa da cui si presume provenga e che dai documenti di un altro procedimento penale risulta che esistono almeno due distinti esemplari di detto verbale.

88.      A questo proposito, occorre rilevare che, secondo il principio del libero apprezzamento della prova, sancito dalla giurisprudenza della Corte, la determinazione del valore probatorio degli elementi di prova è lasciata al potere discrezionale del Tribunale (57), fatto salvo lo snaturamento di tali elementi di prova, che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, deve emergere in modo manifesto dagli atti di causa, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (58), circostanza che non mi sembra ricorrere nel caso di specie.

89.      Propongo pertanto di respingere il quarto motivo di impugnazione.

3.      Sui motivi riguardanti il danno morale subito in conseguenza dell’inclusione del nome del ricorrente nelle «liste dei mafiosi» (secondo capo della domanda in primo grado)

a)      Sul quinto motivo, vertente su un errore di diritto nella qualificazione della responsabilità dell’Europol per trattamento non corretto dei dati personali

90.      Con il quinto motivo, che rinvia integralmente al primo motivo, il ricorrente addebita al Tribunale, in sostanza, di avere escluso che l’Europol e lo Stato membro interessato fossero responsabili in solido dei danni derivanti da un trattamento illecito dei dati, in violazione del carattere vincolante del considerando 57 del regolamento Europol.

91.      Come risulta dall’analisi relativa al primo motivo (59), il Tribunale è incorso in un errore di diritto in quanto ha escluso che l’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento Europol, interpretato alla luce del considerando 57 di detto regolamento, introduca un regime di responsabilità solidale tra l’Europol e lo Stato membro interessato per i danni subiti a causa di un trattamento illecito dei dati da parte dell’Europol o di tale Stato membro.

92.      Ciò premesso, osservo che, per quanto riguarda il secondo capo della domanda, il Tribunale ha concluso, al punto 102 della sentenza impugnata, che il ricorrente non aveva fornito alcun elemento di prova idoneo a dimostrare che le «liste dei mafiosi» nelle quali sarebbe stato incluso il suo nome siano state elaborate e conservate da un’istituzione dell’Unione e in particolare dall’Europol.

93.      A mio avviso, l’errore di diritto commesso dal Tribunale non è tale da rimettere in discussione questa constatazione, nella misura in cui essa non è rimessa in questione dagli argomenti dedotti nell’ambito del sesto motivo, come esporrò di seguito.

94.      In tali circostanze, propongo di respingere il quinto motivo di impugnazione in quanto inoperante.

b)      Sul sesto motivo, vertente su errori di fatto nella valutazione del nesso di causalità per quanto riguarda il secondo capo della domanda in primo grado

95.      Con il sesto motivo, il ricorrente sostiene, in sostanza, che nulla consentiva all’Europol di stabilire un nesso tra lui e le cosiddette «liste dei mafiosi».

96.      Tuttavia, come rilevato dal Tribunale, l’Europol, nella sua relazione del 13 gennaio 2019 (60), si è limitata ad indicare che il nome del ricorrente era, tra altri, «direttamente collegato alle cosiddette liste mafiose e ai Panama Papers», senza includerlo in alcuna lista, e aveva constatato che alcuni articoli di stampa precedenti a detta relazione avevano già menzionato possibili implicazioni mafiose del ricorrente (61).

97.      Questa conclusione non è rimessa in discussione dagli argomenti del ricorrente, che si limitano, in sostanza, a far valere che l’Europol non ha spiegato per quale motivo essa avesse stabilito un nesso tra il ricorrente e le «liste dei mafiosi» e che, con tale comportamento, essa aveva violato il principio di proporzionalità, dato che il «diritto di conservare le liste di mafiosi» non ha alcun fondamento nel diritto nazionale o dell’Unione.

98.      Infatti, con tali argomenti, il ricorrente muove dalla premessa, non dimostrata, che l’Europol l’abbia effettivamente incluso in dette «liste di mafiosi», senza rimettere in discussione la conclusione del Tribunale contenuta nel punto 102 della sentenza impugnata, secondo cui egli non aveva fornito alcun elemento di prova idoneo a dimostrare che le «liste dei mafiosi» nelle quali sarebbe stato incluso il suo nome siano state elaborate e conservate da un’istituzione dell’Unione e, in particolare, dall’Europol.

99.      Propongo pertanto di respingere il sesto motivo di impugnazione e, di conseguenza, di respingere l’impugnazione per quanto riguarda i motivi vertenti sul secondo capo della domanda in primo grado.

B.      Sul ricorso in primo grado

100. Come risulta dall’analisi che precede, propongo di annullare la sentenza impugnata per quanto riguarda il primo capo della domanda in primo grado e di respingere l’impugnazione per quanto riguarda il secondo capo della domanda in primo grado.

101. A norma dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando quest’ultima annulla la decisione del Tribunale, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

102. Ritengo che tale ipotesi ricorra nel presente procedimento.

103. Infatti, sono dell’avviso che l’errore di diritto commesso dal Tribunale in quanto ha negato l’esistenza di una responsabilità solidale dell’Europol e dello Stato membro interessato per i danni subiti a causa di un trattamento illecito dei dati in conseguenza dell’azione dell’Europol o di tale Stato membro implichi una nuova valutazione fattuale del Tribunale relativa all’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento dell’Europol e il pregiudizio asserito dal ricorrente (62) e, se del caso, alle altre condizioni cui è subordinata la responsabilità extracontrattuale dell’Unione e delle sue istituzioni o dei suoi organi (63).

C.      Sulle spese

104. Dal momento che propongo di rinviare la causa dinanzi al Tribunale, occorre, conformemente all’articolo 137 del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di tale regolamento, riservare la decisione sulle spese delle parti relative al procedimento di impugnazione.

VII. Conclusione

105. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte:

–        di annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 29 settembre 2021, Kočner/Europol (T‑528/20, non pubblicata, EU:T:2021:631), per quanto riguarda il primo capo della domanda;

–        di rinviare la causa al Tribunale affinché statuisca nel merito sul primo capo della domanda;

–        di respingere l’impugnazione per il resto;

–        di riservare le spese.


1      Lingua originale: il francese.


2      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol) e sostituisce e abroga le decisioni del Consiglio 2009/371/GAI, 2009/934/GAI, 2009/935/GAI, 2009/936/GAI e 2009/968/GAI (GU 2016, L 135, pag. 53, in prosieguo: il «regolamento Europol»).


3      Decisione del Consiglio del 23 settembre 2013 sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (GU 2013, L 274, pag. 1).


4      Rilevo che il riferimento a tale articolo è probabilmente errato e andrebbe inteso come un rinvio all’articolo 50 del regolamento Europol, come risulta dalla proposta iniziale della Commissione europea [COM(2013) 173 final del 27 marzo 2013], nella quale l’articolo 51 (che corrisponde all’articolo 49 del regolamento Europol) rinviava all’articolo 52 (che corrisponde all’articolo 50 di detto regolamento).


5      Inoltre, il 1° aprile 2019 le autorità slovacche avrebbero utilizzato le informazioni contenute nei telefoni cellulari di cui trattasi nell’ambito di un procedimento penale nei confronti del ricorrente e, come risulterebbe da un verbale dei servizi di polizia slovacchi del 18 giugno 2019, questi ultimi avrebbero effettuato un’analisi dei dati contenuti in tali telefoni cellulari.


6      Sentenza impugnata, punto 10.


7      Sentenza impugnata, punto 91. Il Tribunale ha constatato, in primo luogo, che l’Europol non era l’unica entità in possesso dei dati contenuti nei telefoni cellulari in questione, dato che anche le autorità slovacche disponevano di tali dati (sentenza impugnata, punti 68 e 84), in secondo luogo, che l’Europol non ha mai avuto a sua disposizione le comunicazioni controverse in forma decriptata e intelligibile (sentenza impugnata, punto 86) e, in terzo luogo, che da un articolo di stampa risulterebbe che informazioni provenienti dal fascicolo di indagine nazionale sono state oggetto di una fuga di notizie (sentenza impugnata, punto 90).


8      Sentenza impugnata, punto 102.


9      Sentenza impugnata, punti da 92 a 95 e 105.


10      Più in particolare, i motivi primo e quinto riguardano l’eventuale esistenza di una responsabilità solidale dell’Europol e dello Stato membro interessato per i danni subiti a seguito di un trattamento illecito, ai sensi del considerando 57 del regolamento Europol, mentre i motivi dal secondo al quarto e sesto riguardano, in sostanza, la valutazione del nesso di causalità tra il pregiudizio asseritamente subito dal ricorrente e i comportamenti dell’Europol.


11      L’irricevibilità di questi motivi non è stata né eccepita dall’Europol nella controreplica in primo grado né esaminata d’ufficio dal Tribunale nella sentenza impugnata. Ciò precisato, l’assenza di discussione su tale questione in primo grado non impedirebbe alla Corte, se del caso, di rilevare che il Tribunale è incorso in un errore di diritto omettendo di sollevare detta eventuale irricevibilità in quanto eccezione di irricevibilità di ordine pubblico.


12      Ad avviso del ricorrente, peraltro, il principio secondo cui ogni legislatore agisce in modo razionale impedisce di attribuire a detta disposizione un significato diverso da quello risultante dal considerando 57. Questa conclusione sarebbe inoltre confermata dal fatto che, in vigenza della normativa precedente al regolamento Europol, lo Stato membro interessato era responsabile anche in situazioni nelle quali la responsabilità era parimenti a carico dell’Europol [ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della decisione 2009/371/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce l’Ufficio europeo di polizia (Europol) (GU 2009, L 121, pag. 37)]. Sarebbe incoerente presumere che il legislatore dell’Unione abbia abbandonato tale regime di responsabilità semplificata per un regime più sfavorevole al soggetto danneggiato, il quale dovrebbe attualmente individuare in anticipo l’entità responsabile del danno prima di poter agire in giudizio, il che sarebbe contrario all’obiettivo perseguito dalla normativa in parola.


13      Inoltre, il fatto, evocato dal ricorrente, che il legislatore dell’Unione abbia sostituito il precedente regime di responsabilità, secondo cui lo Stato interessato era l’unico responsabile anche in situazioni nelle quali la responsabilità era del pari a carico dell’Europol, non sosterrebbe la tesi del ricorrente secondo cui l’attuale regime non potrebbe essere più sfavorevole al soggetto danneggiato (v. nota 11 delle presenti conclusioni). Tale cambiamento legislativo sarebbe giustificato semplicemente dal fatto che, dopo le modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona, l’Europol è da ultimo soggetta alla giurisdizione della Corte.


14      Sentenza impugnata, punto 93.


15      Sentenza impugnata, punto 94.


16      In modo quasi identico, l’articolo 41, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione precisa che «[o]gni persona ha diritto al risarcimento da parte dell’Unione dei danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni, conformemente ai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri».


17      V. sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


18      Sentenza del 9 settembre 1999, Lucaccioni/Commissione (C‑257/98 P, EU:C:1999:402, punto 63), e ordinanza del 12 marzo 2020, EMB Consulting e a./BCE (C‑571/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:208, punto 29).


19      V., in particolare, articolo 9:101 dei Principi di diritto europeo della responsabilità civile dello European Group on Tort Law (EGTL) (Gruppo europeo sulla responsabilità civile) (tentativo di codificazione dei principi di diritto europeo della responsabilità civile in base all’esame comparato dei sistemi nazionali), consultabile al seguente indirizzo: http://www.egtl.org/PETLItalian.html. Per quanto riguarda la definizione della responsabilità solidale adottata dalla Corte (in materia contrattuale), v. sentenza del 18 maggio 2017, Latvijas Dzelzceļš (C‑154/16, EU:C:2017:392, punto 85), in cui la Corte ha sottolineato che dalla natura stessa della responsabilità solidale risulta che ciascun debitore è responsabile del pagamento dell’importo totale dell’obbligazione e che il creditore resta in linea di principio libero di esigere il pagamento di tale obbligazione da uno o da più debitori di sua scelta.


20      Sentenza del 16 marzo 2023, Towercast (C‑449/21, EU:C:2023:207, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


21      Lo stesso vale per altre versioni linguistiche di detta disposizione. Infatti, oltre alla versione in lingua francese, ossia la lingua originale delle presenti conclusioni [«soit d’Europol (...), soit de l’État membre»), v., in particolare, le versioni nelle lingue greca [«είτε εκ μέρους της Ευρωπόλ (...), είτε εκ μέρους του κράτους μέλους»], inglese [«either from Europol (...) or from the Member State»] e italiana [«da Europol (...) o dallo Stato membro»].


22      I due metodi sono strettamente connessi (v., in dottrina, Lenaerts, K. e Gutiérrez‑Fons, J. A., Les méthodes d’interprétation de la Cour de justice de l’Union européenne, Bruylant, Bruxelles, Bruylant, 2020, pag. 104).


23      V., in particolare, sentenza del 19 giugno 2014, Karen Millen Fashions (C‑345/13, EU:C:2014:2013, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


24      V. sentenza del 19 maggio 2022, Spetsializirana prokuratura (Processo a un imputato in fuga) (C‑569/20, EU:C:2022:401, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). V. altresì, a titolo informativo, Guida pratica comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione per la redazione dei testi legislativi dell’Unione europea, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2015. Secondo il titolo del punto 10 di tale documento, i considerando, in particolare, «motivano in modo conciso le norme essenziali dell’articolato».


25      Inoltre, il trattamento dei dati personali effettuato dall’Europol nel caso di specie potrebbe del pari rientrare nelle definizioni di «dati personali», «dati personali operativi» e «trattamento» previste all’articolo 3, punti 1, 2 e 3, del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU 2018, L 295, pag. 39). Se è vero che, secondo l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento 2018/1725, detto regolamento non si applica, in particolare, al trattamento dei dati personali operativi da parte dell’Europol finché il regolamento Europol non sarà stato adattato conformemente all’articolo 98 del primo regolamento, ritengo che, in assenza di definizioni ad hoc nel secondo regolamento, le definizioni in questione possano essere utilizzate, nel caso di specie, come parametri di interpretazione. Inoltre, le definizioni di «dati personali» e «trattamento» corrispondono a quelle contenute nell’articolo 4, punti 1 e 2, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU 2016, L 119, pag. 1, e rettifiche in GU 2016, L 314, pag. 72, GU 2018, L 127, pag. 2, e GU 2021, L 74, pag. 35), il quale, tuttavia, conformemente al suo articolo 2, paragrafo 2, lettera d), non si applica, in particolare, ai trattamenti di dati personali effettuati dalle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento o perseguimento di reati.


26      Infatti, il considerando 57 e l’articolo 50 del regolamento Europol corrispondono rispettivamente, in sostanza, al considerando 47 e all’articolo 52 della proposta iniziale della Commissione [COM(2013) 173 final del 27 marzo 2013].


27      Per contro, non condivido l’argomento del ricorrente, parimenti ispirato alla genesi legislativa del regolamento Europol, secondo cui detto regolamento non poteva limitarsi ad assicurare al soggetto danneggiato una protezione inferiore a quella garantita dalla normativa precedente (v. nota 11 delle presenti conclusioni). Infatti, trovo più convincente la posizione dell’Europol, secondo cui l’esistenza, nella normativa precedente, di una responsabilità esclusiva dello Stato membro interessato per qualsiasi danno derivante dalla conservazione o dal trattamento dei dati, anche per quanto riguarda l’azione dell’Europol, era motivata dal fatto che, all’epoca di tale regolamento (vale a dire prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona), l’azione dell’Europol non era soggetta alla giurisdizione del giudice dell’Unione.


28      Fermo restando che, come ricorda l’Europol, secondo la giurisprudenza, il giudice dell’Unione, prima di statuire, deve attendere che si sia prima pronunciato il giudice nazionale (v. sentenza del 14 luglio 1967, Kampffmeyer e a./Commissione, 5/66, 7/66, da 13/66 a 16/66 e da 18/66 a 24/66, non pubblicata, EU:C:1967:31, punto 344). Illustrerò più dettagliatamente questo punto alla nota 33 delle presenti conclusioni.


29      Analogamente, l’articolo 49 del regolamento Europol enuncia che quest’ultima risarcisce i danni causati dai suoi servizi o dal suo personale nell’esercizio delle loro funzioni «secondo i principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri».


30      A titolo d’esempio, cito l’articolo 840 del Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile tedesco), l’articolo 926 dell’Αστικού Κώδικα (codice civile greco) e l’articolo 2055 del codice civile italiano. Tale possibilità sembra essere presa in considerazione anche nei sistemi di common law (v. Van Dam, C., «Causation», European Tort Law, Oxford, 2013, pag. 331). V., parimenti in tal senso, articolo 1265 del progetto di riforma della responsabilità civile nell’ordinamento giuridico francese, nel quale, in ogni caso, sembra già esistere un obbligo di responsabilità solidale cosiddetta «in solidum» introdotto per via giurisdizionale (v., in dottrina, Ligüerre, C. G., «Responsabilité solidaire et canalisation de la responsabilité», Revue des contrats, n. 4, 2019, pag. 252).


31      Un principio siffatto è previsto, in particolare, all’articolo 9:101 dei Principi di diritto europeo della responsabilità civile (v. European Group on Tort Law, Principles of European Tort Law. Text and Commentary, SpringerWienNewYork, 2005, pag. 206).


32      Tale disposizione prevede che, qualora più titolari del trattamento o responsabili del trattamento oppure entrambi il titolare del trattamento e il responsabile del trattamento siano coinvolti nello stesso trattamento e siano responsabili dell’eventuale danno causato dal trattamento, ogni titolare del trattamento o responsabile del trattamento è responsabile in solido per l’intero ammontare del danno, al fine di garantire il risarcimento effettivo dell’interessato, e la persona che ha pagato l’intero risarcimento del danno ha il diritto, in forza dell’articolo 82, paragrafo 5, di tale regolamento, di reclamare dagli altri titolari la parte del risarcimento corrispondente alla loro parte di responsabilità per il danno. L’applicazione di tale disposizione è esclusa, nel caso di specie, in forza dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), di detto regolamento.


33      Più precisamente, in una giurisprudenza risalente agli anni ’60, il giudice dell’Unione ha dichiarato che, quando lo stesso danno è stato oggetto di due azioni di risarcimento, una diretta contro uno Stato membro dinanzi a un giudice nazionale, l’altra contro l’Unione dinanzi al giudice dell’Unione, può risultare necessario, prima di stabilire l’entità del danno di cui l’Unione sarà dichiarata responsabile, attendere che il giudice nazionale si pronunci sull’eventuale responsabilità dello Stato membro, al fine di evitare che, a causa di una divergenza di valutazione tra due giudici diversi, il ricorrente venga risarcito in misura insufficiente o eccessiva (v. sentenze del 14 luglio 967, Kampffmeyer e a./Commissione, 5/66, 7/66, da 13/66 a 16/66 e da 18/66 a 24/66, non pubblicata, EU:C:1967:31; del 30 novembre 1967, Becher/Commissione, 30/66, EU:C:1967:44, e del 13 dicembre 2006, É.R. e a./Consiglio e Commissione, T‑138/03, EU:T:2006:390, punto 42). In dottrina, v. Lenaerts, K., e a., EU Procedural Law, Oxford University Press, 2014, pagg. 506 e 507.


34      Anche in assenza di una nozione di nesso di causalità propria del diritto dell’Unione (v. Van Dam, C., European tort law, Oxford, 2013, pag. 321; Gutman, K., «The non-contractual liability of the European Union: principle, practice and promise», Research handbook on EU tort law, 2017, pagg. da 26 a 60, in particolare pag. 57), mi sembra che gli ordinamenti giuridici nazionali degli Stati membri richiedano tale elemento in materia di responsabilità solidale (v., in particolare, Infantino, M., e Ζervogianni, Ε., «Causation in European Tort Law», The American Journal of Comparative Law, Cambridge, 2017, pagg. 652 e 653).


35      A questo proposito, è giocoforza constatare che né l’articolo 340, secondo comma, TFUE né i principi relativi alla responsabilità solidale risultanti dai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri consentono di accertare la responsabilità di un’istituzione o di un organo dell’Unione in assenza di un nesso di causalità tra il comportamento di quest’ultimo e il presunto danno.


36      V. paragrafo 34 delle presenti conclusioni.


37      Pur rilevando che, qualora la Corte seguisse la mia proposta di accogliere il primo motivo, i motivi primo, secondo, terzo e quarto sarebbero inoperanti e il Tribunale dovrebbe in ogni caso rivedere la propria valutazione relativa alla sussistenza del nesso di causalità.


38      Norme contenute nel decreto del Ministero della Giustizia slovacco n. 618/2005.


39      V. sentenza impugnata, punti 68 e 84. Il Tribunale ha valutato il valore probatorio di tale documento sulla base del principio del libero apprezzamento della prova e alla luce degli elementi evocati nella sua giurisprudenza (vale a dire sentenza del 13 dicembre 2018, 2018, Iran Insurance/Consiglio, T‑558/15, EU:T:2018:945, punti 153 e 154 e giurisprudenza ivi citata) (v. sentenza impugnata, punto 80), constatando che il verbale di cui trattasi indicava con precisione i documenti e i dati trasmessi dall’agente dell’Europol a quello della NAKA, il fascicolo cui erano associati i documenti e i dati, la modalità di trasmissione degli stessi, la qualità degli agenti in questione nonché la data e l’ora della trasmissione (v. sentenza impugnata, punti da 79 a 81).


40      V. sentenza impugnata, segnatamente, punti 71 e 77. Inoltre, il Tribunale ha rilevato che il medesimo verbale era presentato su carta intestata ufficiale della NAKA, faceva riferimento a un fascicolo identificato ed era stato datato e firmato da un agente della NAKA identificato nominativamente, il quale indicava di ricevere il disco rigido in questione da un agente, del pari identificato nominativamente, dell’Europol (punto 76 della sentenza impugnata), circostanze che non sono contestate dal ricorrente.


41      Rilevo, inoltre, che la Repubblica slovacca, nella sua memoria di intervento, confuta l’argomento del ricorrente secondo cui il verbale di cui trattasi avrebbe dovuto far parte del fascicolo di indagine ai sensi della normativa nazionale, precisando che, conformemente a quest’ultima normativa, alcuni documenti del procedimento non sono inclusi nel fascicolo di indagine originale ma sono conservati in un altro esemplare di tale fascicolo.


42      Il ricorrente aggiunge che non è pertinente al riguardo neppure la restituzione dei telefoni cellulari, menzionata al punto 67 della sentenza impugnata, in quanto devono essere presi in considerazione non già tali telefoni cellulari, bensì i dati in essi contenuti. Inoltre, il fatto che la procura slovacca disponesse delle comunicazioni controverse fin dal 1° aprile 2019 non implicherebbe che la divulgazione di detti dati provenga da queste ultime.


43      Ciò sarebbe stato confermato dal fatto, ricordato dal ricorrente, che le autorità penali slovacche avevano utilizzato i dati controversi il 1° aprile 2019.


44      A questo proposito, il ricorrente contesta la conclusione del Tribunale, basata sulla testimonianza di un agente dell’Europol dinanzi a un giudice penale slovacco (v. sentenza impugnata, punto 82), secondo la quale l’Europol si sarebbe limitata «all’acquisizione e all’estrazione» dei dati dai telefoni cellulari in forma criptata, che le autorità slovacche avrebbero decriptato (v. sentenza impugnata, punto 87). Secondo il ricorrente, siffatte operazioni di acquisizione e di estrazione effettuate dall’Europol comportavano lo scaricamento di file e delle password associate, il che avrebbe facilmente consentito a chiunque di decriptare i dati in questione.


45      A questo proposito, il ricorrente deduce anche un motivo vertente su una carenza di motivazione, in quanto il Tribunale non avrebbe spiegato perché dati che hanno potuto trapelare in forma criptata non avrebbero potuto essere decriptati da un terzo. Mi sembra tuttavia che, nel caso di specie, il Tribunale abbia spiegato in modo giuridicamente sufficiente che considerava che l’Europol non era responsabile in quanto non aveva avuto a disposizione le comunicazioni controverse in forma decriptata e la questione se tale affermazione sia fondata è una questione relativa alla fondatezza della motivazione.


46      L’argomento del ricorrente rimane quindi circoscritto all’ambito della speculazione. Inoltre, lo stesso ricorrente riconosce che è difficile stabilire se la responsabilità del danno sia a carico dell’Europol o dello Stato membro interessato e, per tale motivo, invoca la responsabilità solidale di queste due entità (v. motivi di impugnazione primo e quinto).


47      Occorre precisare che, qualora fosse dimostrato che l’Europol non ha mai avuto a sua disposizione le comunicazioni controverse in forma decriptata, ciò costituirebbe un forte indizio dell’assenza di un nesso di causalità «non esclusivo» tra il comportamento dell’Europol e il pregiudizio asserito, il che potrebbe indurre ad escludere l’esistenza di tale nesso di causalità anche nell’ambito della responsabilità solidale dell’Europol. Tuttavia, si tratta, a mio avviso, di una valutazione fattuale che dovrebbe essere effettuata subito dal Tribunale.


48      Sentenza impugnata, punti 74 e 75.


49      Il ricorrente non spiega in che modo l’estrazione dei dati dai due telefoni cellulari in questione sia stata effettuata successivamente al verbale del 23 ottobre 2018, né peraltro sostiene di aver fatto valere questa presunta alterazione dinanzi a un giudice penale. Analogamente, il fatto che la convenuta abbia presentato soltanto una fotografia del verbale del 23 ottobre 2018 non è sufficiente a dimostrare che quest’ultimo sia stato retrodatato, né a fortiori a dimostrare che il Tribunale, omettendo di concludere in questo senso, abbia snaturato tale elemento di prova.


50      V. anche paragrafo 63 delle presenti conclusioni.


51      Infatti, sulla base della condivisione dei dati di cui trattasi tra l’Europol e le autorità slovacche, non può essere dimostrato che la sola Europol disponesse dei telefoni cellulari in questione e delle trascrizioni in essi contenute, come stabilito dal Tribunale ai punti 64 e 65 della sentenza impugnata.


52      V., in particolare, sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio (C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punto 62 e giurisprudenza ivi citata). Tale conclusione, che riguarda una valutazione di carattere generale dell’onere della prova del nesso di causalità come applicato in qualsiasi azione di risarcimento danni, non pregiudica la valutazione relativa alla natura della responsabilità dell’Europol, effettuata nell’ambito dei motivi primo e quinto. Infatti, qualora la Corte concludesse, come da me proposto ai paragrafi da 24 a 54 delle presenti conclusioni, che l’Europol è soggetta, nel caso di specie, ad una responsabilità solidale con lo Stato membro interessato, ne conseguirebbe che il Tribunale, pur applicando uno standard probatorio erroneo (esigendo la prova di un nesso di causalità «esclusivo» fra il trattamento dei dati dell’Europol e il danno asserito), ha correttamente posto a carico del ricorrente in primo grado l’onere della prova relativa al nesso di causalità.


53      Sebbene il ricorrente non lo specifichi, egli si riferisce probabilmente al decreto n. 618/2005, citato nell’ambito del secondo motivo.


54      V. paragrafo 63 delle presenti conclusioni.


55      Lo stesso vale per l’affermazione del ricorrente secondo la quale il contenuto del verbale di cui trattasi sarebbe stato alterato, il che non è dimostrato da alcun indizio a sostegno (v. nota 49 delle presenti conclusioni).


56      V., in tal senso, ordinanza del 29 ottobre 2004, Ripa di Meana/Parlamento (C‑360/02 P, EU:C:2004:690, punto 36).


57      V., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2020, EKETA/Commissione (C‑273/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:852, punto 69).


58      V. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 86 e giurisprudenza ivi citata).


59      V. paragrafi da 33 a 53 delle presenti conclusioni.


60      V. paragrafo 11 delle presenti conclusioni.


61      Sentenza impugnata, punto 107.


62      Infatti, come ho precisato ai paragrafi da 56 a 58 delle presenti conclusioni, l’esistenza di una responsabilità solidale non presuppone la sussistenza di un nesso di causalità «esclusivo» tra il comportamento di una delle persone responsabili e il presunto pregiudizio conformemente alle norme comuni (come esaminato dal Tribunale nel caso di specie), bensì che i diversi fatti generatori del danno siano tali da produrre il danno asserito.


63      V. paragrafo 34 delle presenti conclusioni.