Language of document : ECLI:EU:C:2006:594

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

21 settembre 2006 (*)

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Intese –Art. 81 CE – Accordi di distribuzione – Pratiche concordate – Notifica – Formulario A/B – Domanda di esenzione – Rigetto – Durata dell’esame del procedimento di notifica – Diritti della difesa – Presunzione d’innocenza – Denuncia – Infrazione – Divieto generale di vendite passive – Limitazione delle fonti di approvvigionamento – Motivi ed argomenti nuovi – Ammende – Orientamenti – Gravità dell’infrazione – Durata – Circostanze attenuanti – Impugnazione incidentale – Circostanze aggravanti»

Nel procedimento C‑167/04 P,

avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, proposto, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, il 5 aprile 2004,

JCB Service, rappresentata dai sigg. E. Morgan de Rivery e E. Friedel, avocats,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. A. Whelan, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W. A. Timmermans, presidente di sezione, dal sig. J. Makarczyk, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. P. Kūris e G. Arestis (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. F. G. Jacobs,

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 19 ottobre 2005,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 dicembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso d’impugnazione, la società JCB Service chiede l’annullamento totale o parziale della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 13 gennaio 2004, causa T‑67/01, JCB Service/Commissione (Racc. pag. II‑49; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui questo ha parzialmente accolto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione 21 dicembre 2000, 2002/190/CE, relativa ad un procedimento in forza dell’articolo 81 del Trattato CE (Caso COMP.F.1/35.918 – JCB) (GU 2002, L 69, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

2        L’art. 2 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU L 13, pag. 204; in prosieguo: il «regolamento n. 17»), prevede che la Commissione delle Comunità europee può accertare, su domanda delle imprese ed associazioni di imprese interessate, che, in base agli elementi a sua conoscenza, essa non ha motivo di intervenire, a norma dell’art. 81, n. 1, CE o dell’art. 82 CE, nei riguardi di un determinato accordo, una decisione o una pratica.

3        Ai sensi dell’art. 3, n. 1, dello stesso regolamento, se la Commissione constata, su domanda o d’ufficio, un’infrazione alle disposizioni dell’art. 81 CE o dell’art. 82 CE, può obbligare, mediante decisione, le imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata.

4        L’art. 4, n. 1, del regolamento n. 17 prevede che gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate, di cui all’articolo 81, n. 1, prima frase, CE, intervenuti dopo l’entrata in vigore di tale regolamento, e per i quali le imprese interessate intendono avvalersi dell’art. 81, n. 3, CE, devono essere notificati alla Commissione.

5        Ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, del regolamento della Commissione 3 maggio 1962, n. 27, primo regolamento d’applicazione del regolamento n. 17 adottato dal Consiglio in data 6 febbraio 1962 (Forma, contenuto ed altre modalità delle domande di notifica) (GU 1962, n. 35, pag. 1118), quale modificato dal regolamento (CEE) della Commissione 26 luglio 1968, n. 1133 (GU L 189, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 27»), le domande previste dall’art. 2 del regolamento n. 17 e concernenti l’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE nonché le notificazioni previste dall’art. 4 di quest’ultimo regolamento devono essere presentate per mezzo del formulario A/B e devono contenere i dati richiesti in tale formulario.

6        L’art. 15 del regolamento n. 17, relativo alle ammende, prevede quanto segue:

«(...)

2.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille unità di conto ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest’ultimo importo fino al 10 per cento del volume d’affari realizzato durante l’esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all’infrazione, quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettano una infrazione alle disposizioni dell’articolo [81], paragrafo 1, [CE] o dell’articolo [82 CE]

b)      non osservino un onere imposto in virtù dell’articolo 8, paragrafo 1.

Per determinare l’ammontare dell’ammenda, occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata.

(...)

5.       Le ammende previste al paragrafo 2, lettera a), non possono essere inflitte per comportamenti:

a)      posteriori alla notificazione alla Commissione ed anteriori alla decisione con la quale questa concede o rifiuta l’applicazione dell’articolo [81], paragrafo 3 [CE], nella misura in cui essi restano nei limiti dell’attività descritta nella notificazione (...)».

7        La comunicazione della Commissione 14 gennaio 1998, intitolata «Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 del trattato CECA» (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»), enuncia in particolare quanto segue:

«I principi indicati negli orientamenti (…) dovrebbero consentire di assicurare la trasparenza ed il carattere obiettivo delle decisioni della Commissione, di fronte sia alle imprese che alla Corte di giustizia, ponendo l’accento, nel contempo, sul margine discrezionale lasciato dal legislatore alla Commissione nella fissazione delle ammende, entro il limite del 10% del volume d’affari globale delle imprese. La Commissione intende tuttavia inquadrare tale margine in una linea politica coerente e non discriminatoria, che sia funzionale agli obiettivi perseguiti con la repressione delle infrazioni alle regole della concorrenza.

La nuova metodologia applicabile per la determinazione dell’ammontare dell’ammenda si baserà ormai sullo schema seguente, che consiste nella fissazione di un importo di base, al quale si applicano maggiorazioni in caso di circostanze aggravanti e riduzioni in caso di circostanze attenuanti».

8        Ai sensi del punto 1 degli orientamenti, l’importo di base è determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione, che sono i soli criteri indicati all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

9        In sede di valutazione della gravità dell’infrazione, questi stessi orientamenti dispongono che occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante.

10      Al riguardo, il punto 1, A, di detti orientamenti distingue le infrazioni in poco gravi, gravi e molto gravi. Nel caso di infrazioni molto gravi, lo stesso punto dichiara che si tratta essenzialmente di restrizioni orizzontali, quali «cartelli di prezzi» e di ripartizione dei mercati, o di altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno, ad esempio quelle miranti a compartimentare i mercati nazionali, o di abusi incontestabili di posizione dominante da parte di imprese in situazione di quasi-monopolio.

11      Relativamente alla durata dell’infrazione, al punto 1, B, degli orientamenti, è fatta una distinzione tra le infrazioni di breve durata – in generale per periodi inferiori a un anno –, che non comportano alcuna maggiorazione dell’ammenda di base, le infrazioni di media durata – in generale per periodi da uno a cinque anni – e quelle di lunga durata – in generale per periodi superiori a cinque anni –, per le quali la maggiorazione applicabile per ciascun anno può essere pari al 10% dell’ammenda applicabile in funzione della gravità dell’infrazione.

12      Il punto 2 di tali orientamenti prevede la maggiorazione dell’importo di base per circostanze aggravanti quali, in particolare, le misure di ritorsione nei confronti di altre imprese per fare «rispettare» le decisioni o le pratiche configuranti infrazione. La riduzione dell’importo di base per particolari circostanze attenuanti è a sua volta prevista al punto 3 di detti orientamenti.

 Fatti

13      La JCB Service è una società di diritto inglese, detenuta dalla società Transmission and Engineering Services Netherlands BV. Essa possiede e controlla direttamente o indirettamente le società del gruppo JCB, il quale conta 28 società, tra le quali figurano, in particolare, la JC Bamford Excavators, la JCB Sales, la JCB SA, la JCB Germany e la JCB Spain. Il gruppo JCB produce e commercializza macchine da costruzione, attrezzature per movimento terra e da costruzione, nonché macchine agricole e pezzi di ricambio relativi a tali diversi prodotti.

14      La rete distributiva del gruppo JCB è strutturata su base nazionale mediante una controllata per ogni Stato membro (Regno del Belgio, Repubblica federale tedesca, Regno di Spagna, Repubblica francese, Repubblica italiana e Regno dei Paesi Bassi) o un importatore esclusivo.

15      Nel mese di giugno 1973, due società del gruppo JCB (la JC Bamford Excavators e la JCB Sales) hanno notificato alla Commissione, per mezzo del formulario A/B, redatto in applicazione del regolamento n. 27, vari accordi standard di distribuzione, da stipularsi con i distributori o i rivenditori principali legati al gruppo. Tali accordi riguardavano alcuni Stati membri del mercato comune, ad eccezione della Repubblica francese. Alcune società del gruppo JCB hanno anche notificato alcuni accordi applicabili in altri Stati che, da allora, sono diventati Stati membri dell’Unione europea, ossia la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica d’Austria, la Repubblica portoghese, la Repubblica di Finlandia ed il Regno di Svezia, o dello Spazio economico europeo (SEE), ossia la Repubblica d’Islanda ed il Regno di Norvegia.

16      Gli accordi in questione sono stati registrati dai servizi della Commissione il 30 giugno 1973.

17      Con lettera del 27 ottobre 1975, la direzione generale (DG) «Concorrenza» della Commissione ha comunicato alla JCB Sales che gli accordi notificati contenevano numerose restrizioni contrarie alle disposizioni dell’art. 81 CE e ne ha chiesto la modifica. La Commissione ha focalizzato la sua attenzione sugli accordi relativi al mercato comune, precisando, per gli altri accordi, che essi non sembravano idonei a pregiudicare il commercio tra gli Stati membri.

18      In occasione di una riunione tenutasi il 18 dicembre 1975 tra i membri della DG «Concorrenza» e la JCB Service, quest’ultima aveva fornito versioni modificate degli accordi relativi al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e ad altri Stati membri del mercato comune all’epoca dei fatti, ad eccezione della Repubblica francese.

19      Con lettera del 13 gennaio 1976, la Commissione ha accusato ricevuta di tali nuove versioni e ha comunicato alla JCB Sales che talune incompatibilità precedentemente segnalate erano state risolte, mentre altre persistevano. Inoltre, essa chiedeva precisazioni in ordine a numerose clausole di tali accordi.

20      La JCB Sales ha risposto a tale richiesta con lettera dell’11 marzo 1976 e ha fornito informazioni dettagliate in ordine alle asserite residue incompatibilità indicate dalla Commissione nella sua lettera del 13 gennaio 1976.

21      Inoltre, in occasione di una riunione tenutasi il 18 marzo 1976, la JCB Service ha comunicato alla Commissione alcuni elementi d’informazione complementari senza però fornire una nuova versione degli accordi in questione.

22      Nella stessa data, la JCB Service ha anche trasmesso copia di un accordo da essa concluso con la sua controllata francese, la JCB SA, simile agli accordi già notificati.

23      Il fascicolo delle notifiche del gruppo JCB non ha subito evoluzioni fino al 6 marzo 1980, quando la JCB Sales ha inviato alla Commissione l’accordo standard concluso con i distributori del Regno Unito, il quale sostituiva gli accordi notificati tra il 1973 e il 1975, giunti a scadenza, e che conteneva, a parere di tale società, solamente modifiche secondarie.

24      Con lettera del 29 dicembre 1995, la JCB Sales ha inviato alla Commissione un altro accordo standard concluso con i distributori del Regno Unito, destinato a sostituire l’accordo notificato nel 1980.

25      I due accordi summenzionati non sono stati notificati alla Commissione per mezzo del formulario A/B e quest’ultima non ha reagito all’invio di tali accordi.

26      Una sentenza del Tribunal de commerce de Paris [Tribunale commerciale di Parigi] (Francia) dell’11 dicembre 1995 ha parzialmente respinto l’azione di concorrenza sleale introdotta il 28 novembre 1990 dalla JCB SA, controllata della JCB Service in Francia, che si dichiarava importatrice esclusiva dei prodotti del gruppo JCB in tale paese, contro la società Central Parts SA (in prosieguo: la «Central Parts»), che si procurava nel Regno Unito pezzi di ricambio di tale gruppo per rivenderli in Francia. La JCB SA aveva accusato la Central Parts di utilizzare abusivamente l’insegna «JCB» e la menzione «distributore autorizzato». In seguito tale sentenza è stata annullata da una sentenza della Cour d’appel de Paris [Corte d’appello di Parigi] (Francia) dell’8 aprile 1998, per la ragione che la Central Parts aveva commesso atti di concorrenza sleale verso la JCB SA.

27      Il 15 febbraio 1996, la Central Parts ha presentato alla Commissione una denuncia relativa alle pratiche commerciali attuate dalla società JCB Gran Bretagna nella distribuzione dei suoi prodotti.

28      Al fine di controllare e integrare le informazioni a sua disposizione, la Commissione ha effettuato un’ispezione nei locali della JCB Service, della sua controllata in Francia, la JCB SA, e di due dei suoi distributori nel Regno Unito, ossia la Gunn JCB Ltd, con sede in Altrincham, e la Watling JCB Ltd, con sede in Leicester, ai sensi dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17.

29      La Commissione ha inviato alla JCB Bamford Excavators una prima comunicazione degli addebiti il 24 marzo 1998, che non teneva conto della pertinenza della notifica degli accordi effettuata nel 1973, il che è stato rilevato dall’interessata il 6 luglio 1998 nelle sue osservazioni scritte in risposta alla comunicazione degli addebiti, e successivamente in occasione della sua audizione presso i servizi della Commissione, il 16 ottobre 1998.

30      Una seconda comunicazione degli addebiti, che teneva conto di tale notifica degli accordi nel 1973, è stata indirizzata alla JCB Service il 30 luglio 1999, cui la JCB Bamford Excavators ha risposto il 13 dicembre 1999 tramite dichiarazioni scritte, seguite da dichiarazioni orali in un’udienza tenutasi nel gennaio 2000.

 La decisione controversa e il procedimento dinanzi al Tribunale

31      Il 21 dicembre 2000, la Commissione ha adottato la decisione controversa. Dopo aver ricordato il quadro fattuale rilevante nel caso di specie, la Commissione si è pronunciata, innanzi tutto, sulla violazione dell’art. 81, n. 1, CE da parte della JCB Service e delle sue controllate (punti 137‑196 della decisione controversa).

32      Al riguardo, la Commissione ha esaminato se gli accordi controversi abbiano avuto per oggetto o per effetto quello di restringere o falsare il gioco della concorrenza. Dopo aver valutato l’oggetto e l’effetto restrittivo degli accordi e delle pratiche in questione nel loro insieme, la Commissione ha ritenuto che, nel caso di specie, esistesse una compartimentazione dei mercati nazionali ed una protezione territoriale assoluta. Considerata la posizione della JCB Service e delle sue controllate nei mercati rilevanti e la natura stessa delle restrizioni, comprendenti la compartimentazione dei mercati tra vari Stati membri attraverso una protezione territoriale assoluta e la fissazione dei prezzi, la Commissione ha dichiarato che la restrizione della concorrenza e i probabili effetti sul commercio tra Stati membri sono significativi.

33      In particolare, per quanto riguarda la questione se gli accordi controversi abbiano per oggetto o per effetto quello di restringere o falsare il gioco della concorrenza, la Commissione ha dichiarato, al punto 140 della decisione controversa, che la JCB Service e i suoi distributori ufficiali hanno messo in atto vari accordi o pratiche concordate aventi per oggetto o per effetto di restringere la concorrenza in diversi Stati membri, ai sensi dell’art. 81 CE. Detti accordi e pratiche configurano gli elementi di un più ampio accordo restrittivo della concorrenza, ai sensi di tale articolo, che disciplina la distribuzione delle macchine e dei pezzi di ricambio del gruppo JCB nella Comunità europea.

34      Tali elementi, che, secondo la Commissione, non è necessario definire con precisione come accordi o pratiche concordate poiché entrambi ricadono nel campo di applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, sono i seguenti:

–        divieti o restrizioni imposti ai distributori ufficiali del gruppo JCB di vendere al di fuori dei territori assegnati, e in particolare in altri Stati membri, comprese le vendite attive e passive a utilizzatori finali e a rivenditori, sia autorizzati sia non autorizzati;

–        imposizione di un contributo per l’assistenza tecnica sulle vendite effettuate dai distributori ufficiali al di fuori dei territori assegnati, e in particolare in altri Stati membri;

–        applicazione, almeno nel Regno Unito, del sistema di remunerazione denominato «sostegno commerciale alle vendite multiple» [«Multiple Deal Trading Support»], che subordina gli sconti ai distributori alla destinazione delle vendite e li limita alle vendite agli utilizzatori finali;

–        determinazione dei prezzi di rivendita o al dettaglio o degli sconti per i prodotti acquistati presso il gruppo JCB a scopo di rivendita dai distributori ufficiali di tale gruppo, e

–        obbligo per i distributori ufficiali di acquistare esclusivamente dal gruppo JCB tutte le macchine e i pezzi di ricambio destinati alla rivendita, impedendo, in particolare, gli acquisti presso distributori situati in altri Stati membri.

35      Quanto all’oggetto e all’effetto restrittivo dei vari elementi degli accordi nel loro insieme, la Commissione ha ritenuto, al punto 180 della decisione controversa, che il contesto delle differenze di prezzo e di profitto tra gli Stati membri per le macchine e i pezzi del gruppo JCB getta luce sull’interesse dello stesso e di alcuni dei suoi distributori ufficiali a compartimentare i mercati nazionali e a fissare i prezzi di rivendita o gli sconti all’interno del mercato comune, in modo da impedire agli acquirenti di avvantaggiarsi delle ampie differenze di prezzo nella Comunità.

36      Al punto 181 di tale decisione, la Commissione ha precisato che la combinazione delle restrizioni nell’accordo tra il gruppo JCB e i suoi distributori ufficiali ha costantemente per oggetto la compartimentazione dei mercati nazionali all’interno del mercato comune, allo scopo di garantire una protezione territoriale assoluta.

37      Al punto 182 della decisione controversa, la Commissione ha affermato che, per la loro stessa natura, gli accordi riguardanti gli sconti da applicare, nonché l’obiettivo di massimizzare i margini lordi concordato dal gruppo JCB e dai suoi distributori ufficiali britannici, falsano e armonizzano i prezzi di mercato in tutti i territori. A suo parere, lo stesso vale riguardo allo speciale sostegno finanziario offerto dal gruppo JCB in Francia ai distributori ufficiali in concorrenza con i rivenditori paralleli.

38      Peraltro, al punto 185 della decisione controversa, la Commissione ha rilevato che la disponibilità di un territorio quale condizione indispensabile, e quindi come restrizione, per divenire un distributore ufficiale del gruppo JCB non si collega direttamente alla qualità del servizio da prestare. Un distributore situato in un’area in cui è presente un distributore ufficiale del gruppo JCB che opera in modo del tutto soddisfacente per quest’ultimo non ha nessuna possibilità di diventare un distributore ufficiale di tale gruppo, a prescindere dai suoi meriti potenziali o reali. Come risultato di questa limitazione, il numero di distributori ufficiali e la concorrenza che ne deriva risultano quantitativamente limitati dalla condizione dell’assegnazione di un territorio. Tale limitazione nel sistema di distribuzione selettiva del gruppo JCB, che non è né di carattere qualitativo né stabilita in modo uniforme per tutti i potenziali rivenditori, potrebbe ricadere nell’ambito del divieto di cui all’art. 81, n. 1, CE.

39      Inoltre, ai sensi del punto 187 della decisione controversa, ai distributori ufficiali britannici, ai quali è impedita la vendita di macchine nuove a rivenditori non autorizzati, viene altresì chiesto il pagamento di un contributo per l’assistenza tecnica sulle vendite effettuate al di fuori del territorio. Tale contributo è inteso a mantenere gli standard di assistenza del gruppo JCB, compensando allo stesso tempo il costo affrontato dal distributore ufficiale locale per prestare l’assistenza relativamente ad una macchina che non ha venduto.

40      In queste circostanze, ai sensi del punto 188 della decisione controversa, il divieto relativo alle vendite dirette o indirette di macchine a rivenditori non autorizzati in altri Stati membri eccede l’obiettivo di garantire elevati standard di assistenza e ha per oggetto o per effetto di restringere il gioco della concorrenza.

41      Ai sensi del punto 189 della decisione controversa, gli effetti di compartimentazione del mercato causati dalla combinazione dell’esclusività territoriale, che restringe le vendite transnazionali, con le clausole selettive sono ulteriormente accresciuti da altre tre restrizioni, ossia, in primo luogo, un divieto o la restrizione delle forniture incrociate all’interno della rete ufficiale, in secondo luogo un contributo di assistenza imposto sulle vendite effettuate al di fuori del territorio assegnato e, in terzo luogo, il sistema di sostegno commerciale alle operazioni multiple nel Regno Unito.

42      In tale contesto, la Commissione ha, innanzi tutto, dichiarato, al punto 191 della decisione controversa, che gli oggetti e gli effetti restrittivi dei vari elementi dell’accordo si sostengono a vicenda nell’impedire o restringere le importazioni o le esportazioni all’interno e all’esterno della rete distributiva del gruppo JCB, al fine di garantire una protezione territoriale assoluta. La combinazione della distribuzione selettiva (vale a dire il divieto delle vendite a rivenditori non autorizzati), prevista negli accordi di distribuzione del gruppo JCB con, innanzi tutto, le tre suddette categorie di restrizioni, poi con le altre restrizioni che armonizzano artificiosamente i prezzi e gli sconti in diversi territori e, infine, con la protezione territoriale che limita le vendite passive, ha chiaramente l’obiettivo anticoncorrenziale di compartimentare i mercati nazionali della Comunità e ricade, quindi, nel campo di applicazione dell’art. 81, n. 1, CE.

43      In secondo luogo, la Commissione ha esaminato se le condizioni richieste dall’art. 81, n. 3, CE fossero soddisfatte e ha concluso che ciò non avveniva nel caso di specie (punti 197‑222 della decisione controversa).

44      In terzo luogo, dopo aver dichiarato di non disporre di prove del fatto che l’infrazione alle disposizioni dell’art. 81 CE è stata eliminata e dopo aver constatato che il gruppo JCB nega l’esistenza di tale infrazione, la Commissione ha ritenuto, al punto 224 della decisione controversa, che occorra chiedere al gruppo JCB di porre fine alla suddetta infrazione, ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 17.

45      Infine, la Commissione si è pronunciata sull’ammenda da comminare. Al riguardo, e prima di pronunciarsi su tale ammenda, la Commissione, al punto 228 della decisione controversa, ha constatato che solo gli accordi notificati con il formulario A/B, il 30 giugno 1973, erano stati debitamente notificati. Pertanto, a suo parere, gli altri accordi comunicati alla Commissione in assenza di tale formulario non possono essere presi in considerazione in sede di applicazione dell’art. 15, n. 5, del regolamento n. 17.

46      Per quanto riguarda l’ammontare dell’ammenda da infliggere, la Commissione ha ricordato, al punto 247 della decisione controversa, che occorre tenere conto della gravità e della durata dell’infrazione, ed eventualmente anche di circostanze aggravanti e attenuanti.

47      Al riguardo, per quanto riguarda, in primo luogo, la gravità dell’infrazione, la Commissione, al punto 251 della decisione controversa, ha ritenuto le infrazioni commesse «molto gravi» e, in forza di ciò, ha fissato l’importo dell’ammenda in EUR 25 milioni.

48      Per quanto riguarda poi la durata dell’infrazione, la Commissione, al punto 252 di tale decisione, ha dichiarato che le prove dimostrano che i diversi elementi dell’infrazione sono stati presenti tra il 1988 e il 1998.

49      In tale contesto, la Commissione ha quindi precisato, al punto 253 della decisione controversa, che il periodo di undici anni nel corso del quale è stato attuato almeno uno degli elementi di tali accordi e pratiche dev’essere considerato un periodo di lunga durata. Dunque, al punto 254 di tale decisione, essa ha concluso che l’importo di base dell’ammenda, risultante dalla gravità e dalla durata dell’infrazione, doveva essere fissato in EUR 38 750 000.

50      Infine, tenendo conto di una circostanza aggravante, ossia la sanzione pecuniaria inflitta a scopo di ritorsione contro un distributore per aver venduto prodotti fuori del territorio assegnatogli in esclusiva, la Commissione ha aumentato l’ammenda inflitta di EUR 864 000, precisando, al punto 257, che non vi sono circostanze attenuanti da prendere in considerazione. Quindi, l’importo totale dell’ammenda inflitta dalla Commissione, in forza dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, ammontava a EUR 39 614 000.

51      Alla luce di tali premesse, la decisione controversa dispone, in particolare, quanto segue:

«Articolo 1

JCB Service e le sue controllate hanno violato l’articolo 81 [CE] attuando con i distributori autorizzati accordi o pratiche concordate aventi per oggetto di restringere la concorrenza all’interno del mercato comune, allo scopo di compartimentare i mercati nazionali e di fornire una protezione assoluta nei territori esclusivi al di fuori dei quali si è impedito ai distributori autorizzati di effettuare vendite attive, e segnatamente ponendo in essere le seguenti pratiche:

a)       restrizioni sulle vendite passive da parte dei distributori autorizzati nel Regno Unito, in Irlanda, in Francia e in Italia, incluse le vendite a distributori non autorizzati, utilizzatori finali e distributori autorizzati situati al di fuori dei territori esclusivi e, in particolare, in altri Stati membri;

b)       restrizioni sulle fonti di approvvigionamento per quanto riguarda gli acquisti dei prodotti contrattuali da parte dei distributori autorizzati situati in Francia e in Italia, che impediscono le forniture incrociate tra distributori;

c)       fissazione degli sconti o dei prezzi di rivendita applicabile dai distributori autorizzati nel Regno Unito e in Francia;

d)       imposizione di contributi per l’assistenza tecnica sulle vendite in altri Stati membri effettuate da distributori autorizzati al di fuori dei territori esclusivi nel Regno Unito, su iniziativa di JC Bamford Excavators Ltd o altre società controllate di JCB Service e in base a formule da questi prefissate, facendo così dipendere la remunerazione dei distributori dalla destinazione geografica delle vendite;

e)       revoca degli sconti accordati a seconda che le vendite nel Regno Unito siano effettuate all’interno o all’esterno dei territori esclusivi o a seconda che i distributori autorizzati, nel territorio dei quali sono utilizzati i prodotti contrattuali, raggiungano un accordo con i distributori autorizzati che effettuano la vendita, facendo così dipendere la remunerazione dei distributori dalla destinazione geografica delle vendite.

Articolo 2

La domanda di esenzione presentata da JC Bamford Excavators Ltd il 30 giugno 1973 è respinta.

Articolo 3

JCB Service e le sue controllate sono tenute a porre fine alle infrazioni constatate all’articolo 1 in seguito alla notifica della presente decisione. Entro due mesi dalla notifica della presente decisione, JCB Service o le sue controllate, in particolare JC Bamford Excavators Ltd:

a)       informano i loro distributori autorizzati nella Comunità che è loro permesso praticare vendite passive a utilizzatori finali e distributori autorizzati;

b)       modificano gli accordi con i distributori autorizzati, consentendo le vendite passive a distributori non autorizzati all’interno dei territori esclusivi di altri distributori autorizzati, nonché le vendite attive e passive ai distributori non autorizzati nei loro territori, oppure autorizzando le vendite attive e passive da parte dei distributori autorizzati ad altri distributori autorizzati, utilizzatori finali o loro agenti debitamente nominati al di fuori dei loro territori esclusivi;

c)       modificano gli accordi con i distributori autorizzati in Italia e in Francia, consentendo gli acquisti di prodotti contrattuali presso altri distributori autorizzati nella Comunità e informano di conseguenza tutti i distributori autorizzati nella Comunità;

d)       informano i loro distributori autorizzati nella Comunità che le richieste, da parte delle controllate, di contributi di assistenza tecnica a carico dei distributori autorizzati, senza che si abbia la prova di un precedente disaccordo tra i distributori interessati, sono nulle e devono essere ignorate;

e)       informano i loro distributori autorizzati nel Regno Unito che gli sconti nel quadro del sistema “Multiple Deal Trade Support” sono concessi indipendentemente dal fatto che le vendite siano effettuate all’interno o all’esterno del territorio dei distributori o dalla conclusione di accordi con altri distributori al di fuori del territorio;

f)       inviano copie della corrispondenza di cui sopra e degli accordi modificati alla Commissione.

Articolo 4

Un’ammenda di 39 614 000 EUR è inflitta a JCB Service per le infrazioni di cui all’articolo 1, tranne che per le restrizioni sulle vendite a distributori non autorizzati effettuate nel Regno Unito, per le quali non si applica alcuna ammenda».

52      Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 marzo 2001 (causa T‑67/01), la JCB Service ha proposto, ai sensi dell’art. 230 CE, in via principale, una domanda di annullamento della decisione controversa e, in via subordinata, una domanda di annullamento parziale della medesima decisione e di concomitante riduzione dell’ammenda ad essa inflitta.

53      Con il punto 1 del dispositivo della sentenza impugnata, il Tribunale ha annullato gli artt. 1, lett. c)‑e), e 3, lett. d) ed e), della decisione controversa. Inoltre, ai sensi del punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata, l’importo dell’ammenda inflitta alla JCB Service dall’art. 4 di tale decisione è ricondotto a EUR 30 milioni. Infine, ai sensi del punto 4 di detto dispositivo, il ricorso della JCB Service è respinto per il resto.

 Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

54      Nel suo ricorso d’impugnazione, la JCB Service chiede che la Corte voglia:

–        annullare nella sua integralità la sentenza impugnata in quanto viola la normativa comunitaria attraverso la lesione dei diritti alla difesa della JCB Service;

–        annullare la sentenza impugnata nella parte in cui, da un lato, condanna una restrizione asseritamene generale delle vendite passive da parte dei distributori autorizzati stabiliti nel Regno Unito, in Irlanda, in Francia e in Italia, nonché la pretesa restrizione sulle fonti di approvvigionamento dei distributori situati in Francia e in Italia, che hanno impedito le forniture incrociate fra distributori, e, dall’altro, nella parte in cui infligge un’ammenda alla JCB Service per tali asserite infrazioni;

–        statuire definitivamente sulla causa T‑67/01 conformemente all’art. 61 dello Statuto della Corte di giustizia e, a tale titolo, annullare, in tutto o in parte, la decisione controversa e, nell’esercizio della sua piena competenza, annullare o ridurre l’ammenda di EUR 30 milioni inflitta dal Tribunale alla JCB Service nella sentenza impugnata;

–        conformemente all’art. 69 del regolamento di procedura, condannare la Commissione alle spese sia dinanzi al Tribunale che dinanzi alla Corte;

–        in subordine, nel caso in cui la Corte decida di non statuire sulla presente controversia, riservare le spese e rinviare la causa dinanzi al Tribunale per un riesame, in conformità alla sentenza della Corte.

55      La Commissione, nella propria comparsa di risposta presentata il 23 giugno 2004, ai sensi dell’art. 115, n. 1, del regolamento di procedura, con cui propone anche un’impugnazione incidentale della sentenza impugnata, chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso d’impugnazione nella sua totalità;

–        annullare la sentenza impugnata nella parte in cui essa ha detratto dall’ammenda l’importo inflitto in forza della circostanza aggravante (EUR 864 000) e, quindi, aumentare l’ammenda fissata dalla sentenza impugnata dell’importo corrispondente;

–        condannare la JCB Service alle spese del procedimento.

56      Con lettera del 26 luglio 2004, la JCB Service ha, ai sensi dell’art. 117, n. 1, del regolamento di procedura, chiesto l’autorizzazione a depositare una replica.

57      Con decisione 5 agosto 2004, il presidente della Corte ha autorizzato il deposito di una memoria di replica, in cui la JCB Service ha mantenuto le sue conclusioni relativamente all’impugnazione principale e ha chiesto alla Corte di respingere l’impugnazione incidentale.

 Sull’impugnazione principale

58      A sostegno delle sue conclusioni dirette all’annullamento della sentenza impugnata, la JCB Service deduce tre motivi. Il primo motivo è relativo ad una violazione dei diritti della difesa, il secondo ad una violazione dell’art. 81 CE e l’ultimo ad una violazione dell’art. 15 del regolamento n. 17.

 Sul primo motivo

59      Tale primo motivo si suddivide in due parti. La JCB Service deduce, da un lato, l’eccessiva durata del procedimento svoltosi dinanzi alla Commissione, che avrebbe comportato una lesione dei diritti della difesa e, dall’altro, la violazione da parte del Tribunale del suo diritto alla presunzione d’innocenza. Ciascuna di queste due parti si articola in distinte censure.

 Sulla prima parte

60      Occorre rilevare che il Tribunale ha innanzi tutto ricordato, al punto 36 della sentenza impugnata, la giurisprudenza costante della Corte secondo cui il rispetto di un termine ragionevole nella gestione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza rappresenta un principio generale del diritto comunitario, del quale il giudice comunitario garantisce l’osservanza (v. sentenza 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. p. I‑8375, punti 167‑171).

61      Inoltre, prima di pronunciarsi sugli argomenti invocati dalla JCB Service, il Tribunale, al punto 37 della sentenza impugnata, ha operato una distinzione tra i due procedimenti amministrativi in questione, e cioè, da un lato, l’esame degli accordi notificati nel 1973, il cui esito è stato sancito dall’art. 2 della decisione controversa con il rigetto della domanda di esenzione, e, d’altro lato, l’istruzione della denuncia presentata nel 1996, il cui esito è sancito dagli altri articoli del dispositivo della decisione controversa, relativi all’infrazione.

62      Per quanto riguarda il procedimento che ha dato seguito alla notifica del 1973, il Tribunale ha dichiarato, al punto 38 della sentenza impugnata, che nel 1992 la Commissione ha classificato gli accordi notificati senza adottare alcuna decisione e che solo la risposta della JCB Bamford Excavators alla prima comunicazione degli addebiti ha condotto la Commissione a riesaminare tali accordi nell’ambito dell’istruzione della denuncia.

63      Allo stesso punto della sentenza impugnata, il Tribunale ha osservato che «la durata di 27 anni di tale procedimento viola l’obbligo, gravante sull’amministrazione, di prendere posizione e di chiudere un procedimento pendente entro un termine ragionevole», precisando, tuttavia, che «per quanto censurabile sia tale violazione, essa non ha potuto incidere né sulla legittimità del rigetto della domanda di esenzione, né sulla regolarità del procedimento di accertamento dell’infrazione».

64      In tale contesto, il Tribunale, al punto 40 della sentenza impugnata, ha dichiarato che, anche a supporla accertata, la violazione del principio del termine ragionevole giustificherebbe l’annullamento di una decisione assunta a seguito di un procedimento amministrativo in materia di concorrenza solo qualora essa comportasse anche una violazione dei diritti della difesa dell’impresa interessata. Infatti, quando non è dimostrato che un eccessivo lasso di tempo abbia pregiudicato la capacità delle imprese interessate di difendersi in modo efficace, il mancato rispetto del principio del termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo.

65      Al punto 42 della sentenza impugnata, il Tribunale ha anche affermato che la JCB Service non ha sostenuto che la lunga durata del procedimento avrebbe avuto come conseguenza una particolare irregolarità procedurale e che essa si è limitata ad affermare che il comportamento della Commissione rivelava una cattiva gestione del caso. Quindi, secondo il Tribunale, dal tempo trascorso a partire dalle notificazioni effettuate nel 1973 non potrebbe trarsi alcuna conseguenza ai fini dell’esame delle richieste di annullamento.

66      Quanto all’istruzione della denuncia presentata alla Commissione il 15 febbraio 1996, il Tribunale ha constatato, al punto 43 della sentenza impugnata, che la durata totale del procedimento, pari a 4 anni, 10 mesi e 6 giorni, non risulta eccessiva, tenuto conto della complessità della questione, che riguarda numerosi Stati membri e che ha ad oggetto cinque infrazioni, nonché della necessità di predisporre una seconda comunicazione degli addebiti.

67      Inoltre, al punto 45 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che la JCB Service non ha sostenuto che l’asserita inosservanza di un termine ragionevole da parte della Commissione nell’istruzione della denuncia abbia comportato, nel caso di specie, una violazione dei diritti della difesa. Il Tribunale ha aggiunto che, «[c]ome confermato all’udienza, la JCB Service si limita a sostenere che la durata del procedimento rivela la parzialità e la cattiva gestione del fascicolo da parte della Commissione e dimostra, perciò, l’illegittimità della decisione impugnata. Di conseguenza, senza che vi sia necessità di pronunciarsi in ordine alla durata, che si asserisce eccessiva, del periodo di istruzione della denuncia, è giocoforza rilevare che il motivo, come formulato, non è idoneo a condurre all’annullamento totale o parziale del dispositivo della decisione impugnata».

68      Infine, al punto 46 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso che il motivo dedotto dalla JCB Service è inidoneo ad incidere sulla legittimità della decisione controversa, sia con riferimento alla domanda di esenzione, sia con riferimento all’infrazione, e che dev’essere respinto in quanto inoperante.

69      Innanzi tutto, la JCB Service contesta al Tribunale di avere respinto il primo motivo dedotto a sostegno del ricorso proposto contro la decisione controversa e relativo all’inadempimento, da parte della Commissione, dell’obbligo di agire entro un termine ragionevole, senza essersi pronunciato sulla violazione dei diritti della difesa da essa, ciò non di meno, espressamente invocata. Essa sostiene, peraltro, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto laddove non ha tenuto conto del pregiudizio obiettivo arrecato ai diritti della difesa che risulterebbe, a suo parere, dalla mera constatazione della durata manifestamente eccessiva del procedimento nel suo insieme.

70      Al riguardo, occorre ricordare, come emerge dai punti 32 e 33 della sentenza impugnata, che la JCB Service ha sostenuto dinanzi al Tribunale che la Commissione è venuta meno all’obbligo ad essa incombente di agire entro un termine ragionevole, che deriva sia da un principio generale del diritto comunitario, sia dall’art. 6, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»). Secondo la JCB Service, gli accordi relativi al suo sistema di distribuzione erano stati notificati dal 30 giugno 1973 e la Commissione ha chiuso tale procedimento 27 anni più tardi con un rigetto della domanda di esenzione. Inoltre, secondo tale società, il procedimento d’infrazione avviato in seguito alla denuncia della Central Parts è durato circa cinque anni, durata questa parimenti irragionevole.

71      Occorre dichiarare che, contrariamente alla tesi sostenuta dalla JCB Service, questa ha, in maniera molto generica, invocato dinanzi al Tribunale una violazione dei suoi diritti della difesa derivante dalla durata asseritamente eccessiva dei due procedimenti amministrativi (notifica ed infrazione), senza però precisare in concreto in che modo la sua capacità di difendere la sua posizione sia stata lesa in ciascuna fase di uno o dell’altro procedimento.

72      In particolare, per quanto riguarda il procedimento di notifica, la JCB Service si è limitata a denunciare la durata eccessivamente lunga di tale procedimento. Al punto 39 della sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente affermato che una decisione assunta dalla Commissione a seguito della notificazione di un accordo non diviene illegittima per il semplice fatto di essere stata adottata oltre un termine ragionevole.

73      Peraltro, di per sé tale ritardo non è stato lesivo degli interessi della JCB Service. Infatti, dopo la notifica degli accordi nel 1973 e per tutto il periodo trascorso fino all’adozione della decisione controversa, la JCB Service ha beneficiato delle disposizioni dell’art. 15, n. 5, del regolamento n. 17.

74      Quanto alla parte della decisione controversa che ha constatato la violazione all’art. 81, n. 1, CE e ha inflitto un’ammenda alla JCB Service, occorre ricordare che il Tribunale ha messo in evidenza il fatto che la JCB Service si è limitata a sostenere la tesi secondo cui la durata del procedimento avrebbe rivelato la parzialità e la cattiva gestione del fascicolo da parte della Commissione e sarebbe quindi bastata a dimostrare l’illegittimità della decisione controversa.

75      È giocoforza constatare che il Tribunale ha potuto dare un fondamento al suo ragionamento senza incorrere in una violazione del diritto comunitario e senza snaturare gli argomenti addotti dalla JCB Service.

76      La JCB Service sostiene tuttavia di essere stata privata del suo diritto di far sanzionare la passività della Commissione nell’ambito di un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 232 CE e, ad ogni modo, di difendere la sua posizione contro qualsiasi tesi erronea della Commissione nell’ambito del contraddittorio instaurato tra il notificante e la Commissione nonché nell’ambito di quello instaurato nel procedimento d’infrazione.

77      Anche ammettendo che la JCB Service possa invocare detti argomenti dinanzi alla Corte, occorre precisare che il lungo periodo trascorso tra la notifica degli accordi nel 1973 e l’adozione della decisione controversa non può incidere sull’esercizio dei suoi diritti della difesa. Infatti, durante tale periodo, la JCB Service poteva, da un lato, presentare un ricorso per inadempimento contro la Commissione al fine che questa si pronunciasse sulla controversa domanda di esenzione e, dall’altro, notificare alla Commissione per mezzo del formulario A/B gli accordi o le pratiche in cui essa era coinvolta. Orbene, ciò non è avvenuto nel caso di specie.

78      Ne deriva che la JCB Service non può in nessun caso invocare la violazione dei suoi diritti della difesa nell’ambito del procedimento di notifica.

79      Quanto al procedimento d’infrazione, occorre rilevare che la JCB Service non ha addotto alcun argomento concreto per dimostrare la violazione dei suoi diritti della difesa nell’ambito della trattazione della denuncia della Central Parts da parte dei servizi della Commissione. Inoltre, la JCB Service non ha contestato dinanzi alla Corte i motivi per cui il Tribunale ha respinto la censura da essa sollevata relativamente ad una violazione da parte della Commissione del suo diritto di accedere ad alcuni documenti del fascicolo utili alla sua difesa.

80      Occorre quindi respingere tale argomento e dichiarare infondata la prima censura sollevata dalla JCB Service.

81      In secondo luogo, la JCB Service contesta al Tribunale di aver commesso un errore di valutazione non sanzionando la distinzione operata dalla Commissione nella decisione controversa tra il procedimento di notifica e il procedimento d’infrazione. Una tale distinzione sarebbe priva di fondamento e mirerebbe a negare l’impatto negativo che la durata eccessiva del processo decisionale ha avuto sulla totalità della causa in questione.

82      Occorre constatare che anche se, formalmente, la decisione controversa non opera alcuna distinzione tra il procedimento di notifica ed il procedimento d’infrazione, da tale decisione emerge chiaramente che la valutazione della Commissione verte separatamente sulla domanda d’esenzione e sul procedimento d’infrazione.

83      Innanzi tutto, per quanto riguarda la parte della decisione controversa relativa al rigetto della domanda d’esenzione del 1973, dai punti 197‑222 di tale decisione risulta chiaramente che, prima di respingere la domanda d’esenzione, la Commissione ha esaminato se tale domanda potesse essere accolta in forza dell’art. 81, n. 3, CE o dei regimi dei regolamenti adottati in applicazione di tale articolo, ossia i regolamenti (CEE) della Commissione 22 giugno 1983, n. 1983, relativo all’applicazione dell’articolo [81], paragrafo 3, del Trattato CEE a categorie di accordi di distribuzione esclusiva (GU L 173 pag. 1), (CE) della Commissione 28 giugno 1995, n. 1475, relativo all’applicazione dell’articolo [81], paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il relativo servizio di assistenza alla clientela (GU L 145, pag. 25; in prosieguo: il «regolamento n. 1475/95»), e (CE) della Commissione 22 dicembre 1999, n. 2790, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del Trattato CE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (GU L 336, pag. 21).

84      Lo stesso vale poi per quanto riguarda la parte della decisione controversa che constata l’infrazione. Infatti, come risulta dai punti 140‑170 della decisione controversa, la valutazione della Commissione si fonda senza ombra di dubbio su alcuni accordi della JCB Service o su clausole degli stessi che non siano stati oggetto di una regolare notifica, ossia una notifica per mezzo del formulario A/B previsto dal regolamento n. 27. Inoltre, dalla decisione controversa risulta che la Commissione ha tenuto conto dei comportamenti della JCB Service che non erano connessi agli accordi notificati nel 1973.

85      Tuttavia, al riguardo, la JCB Service ha sostenuto dinanzi al Tribunale e nell’ambito del presente procedimento che le successive modifiche degli accordi notificati nel 1973, ancorché comunicate alla Commissione senza il formulario A/B, dovevano, alla luce delle circostanze del caso di specie, essere prese in considerazione e beneficiare delle disposizioni dell’art. 15, n. 5, del regolamento n. 17.

86      Tale tesi dev’essere, in ogni caso, respinta. Infatti, occorre ricordare che l’utilizzo del suddetto formulario A/B è obbligatorio e costituisce un presupposto indispensabile per la validità della notifica (v. sentenza 29 ottobre 1980, cause riunite da 209/78 a 215/78 e 218/78, Van Landewyck e a./Commissione, Racc. pag. 3125, punti 61 e 62).

87      È quindi a ragione che, al punto 41 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, per quanto riguarda la decisione che conclude nel senso dell’esistenza di un’infrazione, quest’ultima evita di fondarsi su elementi che siano stati oggetto di notificazione e mira a dimostrare che le pratiche contestate alla JCB Service si discostano dalle clausole degli accordi notificati. È sempre a ragione che esso ha concluso che il carattere risalente della notificazione degli accordi non può incidere sulla regolarità del procedimento d’infrazione, che si basa su elementi diversi da quelli notificati.

88      Infine, per quanto riguarda l’ammenda inflitta dalla Commissione alla JCB Service da tale decisione, in particolare, dai punti 227 e 228, emerge chiaramente che gli accordi del 1973, che sono stati notificati conformemente ai requisiti formali di cui al regolamento n. 27, sono stati esclusi dalla valutazione della Commissione ai fini della determinazione dell’ammontare dell’ammenda da infliggere.

89      Da quanto precede risulta che occorre respingere la seconda censura sollevata dalla JCB Service e, quindi, la prima parte del presente motivo.

 Sulla seconda parte

90      Occorre sottolineare che, al punto 50 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ricordato che il principio della presunzione d’innocenza fa parte dell’ordinamento giuridico comunitario e si applica alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza che riguardano le imprese e che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende (sentenze 8 luglio 1999, causa C‑199/92 P, Hüls/Commissione, Racc. pag. I‑4287, punti 149 e 150, nonché causa C‑235/92 P, Montecatini/Commissione, Racc. pag. I‑4539, punti 175 e 176).

91      Alla luce di tale giurisprudenza, al punto 53 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che il solo fatto che la Commissione abbia adottato in successione due comunicazioni degli addebiti non può essere sufficiente a dimostrare una violazione del principio della presunzione d’innocenza.

92      Nello stesso punto, il Tribunale ha aggiunto che una presunzione generale di colpevolezza dell’impresa in questione potrebbe essere eventualmente contestata alla Commissione solamente qualora gli accertamenti di fatto da essa svolti nella decisione non fossero supportati dagli elementi di prova da essa prodotti.

93      Orbene, tenuto conto dell’esistenza di una nota datata 16 maggio 1995 del direttore del servizio delle vendite, inviata ai dirigenti delle società del gruppo JCB, che precisa che il divieto di importazioni parallele è contrario alle decisioni della Commissione e alla giurisprudenza della Corte, il Tribunale, al punto 54 della sentenza impugnata, ha affermato che la JCB Service non può sostenere di aver ignorato le disposizioni del diritto comunitario della concorrenza, il che è dimostrato, del resto, dalla notificazione dei suoi accordi a partire dall’entrata del Regno Unito nella Comunità.

94      Nello stesso contesto, relativamente ad una lettera del 13 aprile 1995 della Berkeley JCB alla JCB Sales, il Tribunale ha dichiarato, al punto 55 della sentenza impugnata, che tale lettera menziona talune sollecitazioni di cui tale distributore avrebbe potuto essere oggetto sia da parte di utilizzatori finali che di agenti, aggiungendo che, anche a supporre che la Commissione abbia interpretato erroneamente tale parte di frase, dichiarando nella decisione impugnata che erano indicati utilizzatori finali all’estero e i loro agenti debitamente nominati, questa eventuale inesattezza non dimostrerebbe, in se stessa, un atteggiamento di parzialità, bensì rivelerebbe al massimo un’erronea comprensione del documento.

95      Inoltre, al punto 56 della sentenza impugnata, relativamente ad una sentenza della Cour d’appel de Paris dell’8 aprile 1998 e ad una sentenza del Tribunal de commerce de Nîmes (Francia) del 22 giugno 1999, il Tribunale ha dichiarato che il fatto che l’autore della denuncia in un procedimento di applicazione del regolamento n. 17 abbia potuto, eventualmente, tenere un comportamento censurabile, per il quale è stato condannato con decisione giurisdizionale, è privo di rilevanza per quanto riguarda l’esistenza delle infrazioni addebitate alla JCB Service, che sono, per di più, diverse.

96      Infine, relativamente alla registrazione di un colloquio intervenuto il 6 novembre 1996 nei locali del distributore autorizzato Watling JCB tra gli agenti della DG «Concorrenza» ed alcuni responsabili di tale distributore, il Tribunale ha affermato, al punto 58 della sentenza impugnata, che nella descrizione, che emerge da tale colloquio, dei rapporti tra il gruppo JCB e uno dei suoi distributori autorizzati, nessun elemento può essere chiaramente isolato come costitutivo di una prova, negativa o positiva, del fatto che le pratiche della rete distributiva rappresentassero un’infrazione. Secondo il Tribunale, non sembra possibile affermare che la Commissione abbia escluso il documento dall’esame degli elementi dell’infrazione al fine di eliminare una prova a favore.

97      La JCB Service sostiene che la sentenza impugnata ha leso il principio della presunzione d’innocenza, in base al quale ogni ragionevole dubbio circa le prove dev’essere risolto a favore della parte accusata. A tale proposito, il Tribunale avrebbe commesso alcuni manifesti errori di valutazione a causa dell’inadempimento dell’obbligo ad esso incombente di tenere conto di alcuni elementi di prova che la JCB Service aveva prodotto e di esaminarli, nell’ambito di altri elementi di prova, in modo da fondarsi su un fascicolo di indizi solidi, precisi e concordanti. Inoltre, il Tribunale sarebbe stato indotto ad ignorare o a sottovalutare indebitamente le prove che, secondo la JCB Service, confermerebbero la violazione da parte della Commissione del principio della presunzione d’innocenza.

98      In particolare, la JCB Service sostiene, innanzi tutto, che il fatto che la trattazione del fascicolo relativo al caso in esame abbia dato luogo a due comunicazioni degli addebiti è rivelatore della parzialità della Commissione e, pertanto, la violazione del principio della presunzione d’innocenza risulta fondata. In tale contesto, la JCB Service fa valere, in sostanza, l’erroneità dell’affermazione del Tribunale, al punto 53 della sentenza impugnata, secondo cui, di per sé, l’adozione da parte della Commissione di due successive comunicazioni degli addebiti non può bastare a provare la violazione del principio in questione.

99      Al riguardo, occorre rilevare che la formulazione di una comunicazione degli addebiti da parte della Commissione non può in alcun caso essere considerata una prova della presunzione della colpevolezza dell’impresa interessata. In caso contrario, l’avvio di un qualsiasi procedimento in materia sarebbe potenzialmente idoneo a violare il principio della presunzione d’innocenza.

100    Inoltre, occorre ricordare che la prima comunicazione degli addebiti non teneva conto della notifica effettuata nel 1973, il che è stato rilevato dalla JCB Service, il 6 luglio 1998, nelle sue osservazioni scritte in risposta a tale comunicazione e, successivamente, in occasione della sua audizione presso i servizi della Commissione, il 16 ottobre 1998. È quindi in tale contesto, e al fine di riparare alle omissioni della prima comunicazione, che la Commissione ha adottato, in seguito alle osservazioni della JCB Service, la seconda comunicazione degli addebiti.

101    Ne deriva che, contrariamente a quanto sostiene la JCB Service nel caso di specie, l’adozione delle due comunicazioni degli addebiti, l’una susseguente all’altra, nel contesto descritto al punto precedente, non può in nessun caso rappresentare un elemento costitutivo di una violazione del principio della presunzione d’innocenza.

102    Pertanto, occorre respingere la prima censura sollevata dalla JCB Service.

103    In secondo luogo, la JCB Service contesta al Tribunale di non sanzionare le valutazioni della Commissione fondate su documenti interni provenienti dalla JCB Service, quali la lettera del 13 aprile 1995 della Berkeley JCB alla JCB Sales, la nota del 16 maggio 1995 ed il verbale del colloquio con la Watling JCB, che ha avuto luogo il 6 novembre 1996. Secondo la JCB Service, la Commissione ha esaminato tali documenti con parzialità, trascurando gli elementi a favore e presumendo la sua colpevolezza.

104    In tale contesto, la JCB Service sostiene anche che è a torto che il Tribunale, così come la Commissione, ha disatteso o si è discostato da alcune decisioni dei giudici o delle autorità nazionali che erano rivelatrici della validità degli accordi conclusi dalla JCB Service nonché della loro esecuzione, ossia le decisioni della Cour d’appel de Paris 8 aprile 1998, del Tribunal de commerce de Nîmes 22 giugno 1999, del conseil français de la concurrence [ente francese per la concorrenza] 20 luglio 2001 e dell’autorità irlandese per la concorrenza 22 settembre 1994.

105    Occorre innanzi tutto constatare che la JCB Service, pur invocando formalmente errori di valutazione o di motivazione, cerca in realtà di mettere in discussione la valutazione dei fatti effettuata dal Tribunale, in particolare contestando il valore probatorio di alcuni fatti e documenti che hanno condotto quest’ultimo a concludere che la Commissione non è stata parziale nei suoi confronti.

106    A tale proposito, occorre ricordare che, ai sensi di una giurisprudenza costante, dagli artt. 225 CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia risulta che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Una volta che il Tribunale abbia accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’art. 225 CE, ad effettuare il controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto (v. sentenze 17 dicembre 1998, causa C‑185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. I‑8417, punto 23, e 6 aprile 2006, causa C‑551/03 P, General Motors/Commissione, Racc. pag. I‑3173, punto 51).

107    Inoltre, dalla giurisprudenza risulta che la Corte non è competente ad accertare i fatti, né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento di tali fatti. Infatti, una volta che tali prove sono state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto nonché le norme di procedura in materia di onere e di produzione della prova sono stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Questa valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al controllo della Corte (v. sentenze Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 24; 14 luglio 2005, causa C‑40/03 P, Rica Foods/Commissione, Racc. pag. I‑6811, punto 60; General Motors/Commissione, cit., punto 52, e 18 maggio 2006, causa C‑397/03 P, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. I‑4429, punto 85).

108    Occorre anche ricordare che un siffatto snaturamento deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione dei fatti né delle prove (sentenza General Motors/Commissione, cit., punto 54).

109    È giocoforza constatare che la valutazione del Tribunale, figurante ai punti 54‑59 della sentenza impugnata, costituisce una valutazione dei fatti che non può essere contestata nell’ambito di un procedimento d’impugnazione, poiché la JCB Service non ha dimostrato che il Tribunale avesse snaturato il contenuto degli elementi del fascicolo ad esso sottoposti. Infatti, il Tribunale si è limitato a valutare se il trattamento da parte della Commissione di tale prove potesse essere qualificato come parziale, per concludere che ciò non era possibile nel caso di specie.

110    Pertanto, tali primi argomenti addotti dalla JCB Service nell’ambito della seconda censura devono essere dichiarati irricevibili.

111    Sempre nell’ambito di tale censura, la JCB invoca anche una decisione del conseil français de la concurrence datata 20 luglio 2001 ed una decisione dell’autorità irlandese per la concorrenza datata 22 settembre 1994, che sarebbero ad essa favorevoli.

112    Per quanto riguarda la prima delle decisioni menzionate al punto precedente, anche supponendo che essa possa essere invocata nella fattispecie, è giocoforza constatare che essa è posteriore alla decisione controversa. Pertanto, essa non può, di per sé, mettere in discussione la legittimità della sentenza impugnata né la decisione controversa.

113    Quanto alla decisione di detta autorità irlandese per la concorrenza, occorre rilevare che essa non è stata invocata dinanzi al Tribunale nell’ambito di una violazione del principio della presunzione d’innocenza.

114    In tale contesto, il fatto di consentire ad una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo e degli argomenti che essa non aveva dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di ricorsi avverso decisioni del Tribunale di primo grado è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è pertanto limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi e degli argomenti discussi dinanzi al giudice di primo grado (v. sentenza 30 marzo 2000, causa C‑266/97 P, VBA/VGB e a., Racc. pag. I‑2135, punto 79).

115    Pertanto, le argomentazioni della JCB Service fondate sulla decisione dell’autorità irlandese per la concorrenza devono a loro volta essere dichiarate irricevibili.

116    Ne deriva che occorre dichiarare irricevibile la seconda censura sollevata dalla JCB Service.

117    Infine, la JCB Service sostiene che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha erroneamente sottovalutato alcune prove di una violazione del principio della presunzione d’innocenza, ossia un telefax del 2 giugno 1997 ed un memorandum del 26 gennaio 1996 del direttore marketing della JCB Sales.

118    Per quanto riguarda il memorandum del 26 gennaio 1996, occorre rilevare che, così come la decisione dell’autorità irlandese per la concorrenza, neanch’esso è stato invocato dinanzi al Tribunale nell’ambito della violazione del principio della presunzione d’innocenza e, quindi, come risulta dal punto 114 della presente sentenza, l’argomento relativo a tale memorandum dev’essere dichiarato irricevibile.

119    Quanto al telefax del 2 giugno 1997 inviato da un dipendente della DG «Concorrenza» ad un rappresentante della Central Parts, da cui emergeva l’asserita intenzione dei servizi della Commissione di raccogliere elementi a carico della JCB Service, occorre dichiarare che, ad ogni modo, le affermazioni relative a tale telefax non sono idonee a provare che il Tribunale abbia snaturato le prove ad esso sottoposte.

120    Al riguardo, occorre rilevare che detto telefax è stato inviato ad un rappresentante della parte denunciante, la Central Parts, il 2 giugno 1997, dunque più di cinque mesi dopo l’ispezione effettuata dai servizi della Commissione il 5 novembre 1996 nei locali delle società del gruppo JCB e dei suoi distributori autorizzati nel Regno Unito. In tali circostanze, il fatto che un dipendente della Commissione, che ha partecipato, a dire della JCB Service, all’istruzione della denuncia della Central Parts, possa esprimere un parere sull’archiviazione di tale denuncia o sull’avvio del procedimento d’infrazione non può permettere di concludere per un trattamento parziale del caso in esame da parte dei servizi della Commissione e, pertanto, per una violazione del principio della presunzione d’innocenza.

121    Dall’insieme delle considerazioni che precedono deriva che è a ragione che il Tribunale, al punto 60 della sentenza impugnata, ha concluso che dalla gestione del procedimento amministrativo non risulta che la Commissione abbia interpretato i documenti e i fatti in maniera tendenziosa o inattendibile, né che la stessa abbia tenuto un comportamento parziale nei confronti della ricorrente nel procedimento d’impugnazione.

122    Ne consegue che occorre respingere l’ultima censura sollevata dalla JCB Service e la seconda parte del presente motivo e che, di conseguenza, il primo motivo, nel suo insieme, dev’essere in parte dichiarato irricevibile e in parte respinto.

 Sul secondo motivo

123    Tale secondo motivo si suddivide in due parti. La JCB Service sostiene che il Tribunale, rifiutando di annullare la decisione controversa nella parte in cui questa respinge la domanda di esenzione presentata dalla JCB Service nel 1973, ha violato, da un lato, l’art. 81, n. 1, CE e, dall’altro, l’art. 81, n. 3, CE. Ciascuna di queste due parti si compone di diverse censure.

 Sulla prima parte

124    La JCB Service contesta al Tribunale di aver commesso un errore di diritto per quanto riguarda, da un lato, il primo elemento dell’infrazione enunciato nell’art. 1, lett. a), della decisione controversa e relativo alle restrizioni sulle vendite passive da parte dei distributori autorizzati del gruppo JCB nel Regno Unito, in Irlanda e in Francia, a distributori non autorizzati, utilizzatori finali o distributori situati al di fuori dei territori esclusivi, in particolare in altri Stati membri, e, dall’altro, il secondo elemento dell’infrazione enunciato nel medesimo articolo, lett. b), di tale decisione e relativo alle restrizioni sulle fonti di approvvigionamento imposte ai distributori autorizzati situati in Francia nonché in Italia e che vietano le forniture incrociate tra di essi.

–       Sul primo elemento dell’infrazione, relativo alle restrizioni sulle vendite passive da parte dei distributori autorizzati situati nel Regno Unito, in Irlanda e in Francia

125    Per quanto riguarda, innanzi tutto, il Regno Unito, il Tribunale ha rilevato, al punto 86 della sentenza impugnata, che gli accordi notificati relativi ai distributori e ai rivenditori principali dello Stato membro in questione contengono, nella loro versione modificata nel 1975, una clausola 4. Tale clausola, contenente un divieto di vendita ad agenti non autorizzati, non prevedeva un generale divieto di vendita a rivenditori finali né ad agenti autorizzati al di fuori del territorio concesso. Tuttavia, essa è stata interpretata dalla Commissione come implicante un generale divieto delle vendite al di fuori del territorio.

126    Al riguardo, e dopo aver esaminato, al punto 88 della sentenza impugnata, diversi documenti, ossia una lettera indirizzata il 26 ottobre 1992 dalla Watling JCB al segretario del Queen’s Award Office, una lettera della Berkeley JCB alla JCB Sales del 13 aprile 1995, une lettera del 21 novembre 1995 della TC Harrison JCB ed una lettera della Gunn JCB alla JCB Sales, il Tribunale ha dichiarato che i documenti in questione provavano, in maniera concordante, che i distributori hanno ritenuto che i loro accordi con il gruppo JCB li obbligassero a pratiche commerciali restrittive e hanno quindi adottato un comportamento corrispondente. Inoltre, il Tribunale ha precisato che, al di là del divieto di vendita ad agenti non autorizzati contenuto nella clausola 4 dell’accordo in questione, i distributori interessati si sono comportati come se fossero soggetti a un divieto più generale di vendita al di fuori del loro territorio, in particolare all’esportazione.

127    Alla luce di ciò, il Tribunale ha concluso, al punto 89 della sentenza impugnata, che nel Regno Unito sono state attuate pratiche restrittive diverse rispetto al contenuto degli accordi notificati e che risulta quindi provato il primo elemento dell’infrazione relativo alle restrizioni sulle vendite passive.

128    La JCB Service sostiene che, in seguito ad un’analisi dei fatti manifestamente erronea, il Tribunale ha commesso un errore di diritto sanzionando un obbligo imposto ad un distributore di non vendere prodotti all’ingrosso ai fini della loro rivendita a distributori non autorizzati, obbligo questo contenuto nella clausola 4 dell’accordo in esame.

129    Occorre innanzi tutto dichiarare che, con la sua censura, la JCB Service si limita a contestare nel suo insieme la valutazione dei fatti e delle prove effettuata dal Tribunale al punto 88 della sentenza impugnata, nonché la conclusione che questo ne ha tratto nel punto 89 della stessa sentenza. La JCB sostiene, in sostanza, che il Tribunale avrebbe dovuto giungere alla conclusione opposta, tenuto conto delle circostanze del caso di specie. Tuttavia, la JCB Service non adduce nessun argomento serio che consenta di dichiarare che il Tribunale ha snaturato il contenuto degli elementi del fascicolo ad esso sottoposti o che ha commesso un errore di diritto.

130    In tale contesto, e conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 106‑108 della presente sentenza, occorre dichiarare irricevibile il primo argomento della prima censura.

131    In secondo luogo, per quanto riguarda l’Irlanda, il Tribunale ha rilevato, al punto 90 della sentenza impugnata, che gli accordi standard notificati non contenevano clausole che vietassero le vendite all’ingrosso ad agenti non autorizzati analoghe a quelle esaminate per quanto concerne il Regno Unito, ma che l’accordo concluso dalla JCB Sales nel 1992 con la Earthmover Commercial Industrial (ECI) JCB, suo distributore per l’Irlanda, conteneva una clausola 4, relativa alle vendite all’ingrosso, analoga alle clausole 4 degli accordi relativi ai distributori ed ai rivenditori principali del Regno Unito. Ai sensi del medesimo punto della sentenza impugnata, l’accordo in questione non è stato notificato.

132    Al riguardo, e dopo aver esaminato vari documenti sui quali la Commissione ha fondato la sua decisione, ossia un fax della JCB Sales alla JCB SA del 31 gennaio 1995, ed altri due fax della ECI JCB alla JCB Sales del 31 gennaio e del 30 marzo 1995, il Tribunale ha dichiarato, al punto 92 della sentenza impugnata, che, nel contesto di clausole contrattuali identiche, nel caso di specie, a quelle vigenti per il Regno Unito, ma non notificate, gli elementi fattuali ad esso sottoposti, supportati dal comportamento generale di limitazione delle vendite fuori dal territorio nel resto della rete distributiva del gruppo JCB, sono atti a dar prova dell’elemento di infrazione, cioè le restrizioni imposte alle vendite passive al di fuori del territorio.

133    La JCB Service sostiene che, contrariamente a quanto risulta dai punti 90 e 91 della sentenza impugnata, la clausola 4 dell’accordo di distribuzione relativo all’Irlanda non viola l’art. 81 CE. Al riguardo essa fa valere che il divieto relativo alle vendite contenuto nell’accordo concluso nel 1992 con i distributori e i rivenditori in Irlanda è redatto in termini identici a quelli della clausola 4 contenuta nelle versioni degli accordi relativi al Regno Unito. Considerato che, al punto 86 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che tale clausola relativa agli accordi applicabili al Regno Unito non viola l’art. 81 CE, è privo di rilevanza il fatto che l’accordo relativo all’Irlanda, che contiene la stessa clausola, non sia stato notificato alla Commissione. Inoltre, la JCB Service sostiene che i documenti menzionati al punto 92 della sentenza impugnata sono stati analizzati in maniera manifestamente erronea dal Tribunale.

134    Occorre constastare, da un lato, che, contrariamente a quanto affermato dalla JCB Service, il Tribunale non ha dichiarato, al punto 86 della sentenza impugnata, che la clausola 4 delle versioni degli accordi con i distributori e i rivenditori nel Regno Unito non solleva alcun problema relativamente all’art. 81, n. 1, CE. Infatti, il Tribunale ha rilevato che, nonostante l’accordo applicabile al Regno Unito non comportasse un divieto generale di vendita, la clausola in questione è stata interpretata dai distributori come implicante un generale divieto delle vendite al di fuori del territorio.

135    Dall’altro, e sulla base della giurisprudenza citata al punto 86 della presente sentenza, occorre ricordare che, perché la notifica di un accordo sia valida ai sensi dell’art. 81 CE, essa deve essere effettuata per mezzo del formulario A/B. Nel caso di specie, è pacifico che l’accordo concluso nel 1992 dalla JCB Service e applicabile all’Irlanda non è mai stato notificato alla Commissione.

136    Ne deriva che il secondo argomento della prima censura sollevata dalla JCB Service è privo di ogni fondamento e deve pertanto essere respinto.

137    Quanto all’asserita erronea valutazione dei documenti esaminati dal Tribunale al punto 92 della sentenza impugnata, occorre dichiarare che, con la sua censura, la JCB Service contesta la valutazione dei fatti e delle prove effettuata dal Tribunale senza addurre alcun argomento che consenta di dichiarare che il Tribunale ha snaturato il contenuto degli elementi del fascicolo ad esso sottoposti o che ha commesso un errore di diritto.

138    In tale contesto e conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 106‑108 della presente sentenza, occorre dichiarare anche tale argomento irricevibile.

139    In terzo luogo, per quanto riguarda la Francia, il Tribunale ha rilevato, al punto 96 della sentenza impugnata, che l’accordo standard di concessione, datato 1991, contiene, all’art. 2, una clausola di esclusiva reciproca che vieta, in particolare, al concessionario di vendere, diffondere o promuovere direttamente o indirettamente i prodotti e i pezzi del gruppo JCB al di fuori del territorio assegnato. Ai sensi dello stesso punto della sentenza impugnata, tale accordo non notificato vieta le vendite attive e, nella sua stessa formulazione, contiene altresì un divieto di effettuare vendite passive al di fuori del territorio assegnato.

140    Dopo aver esaminato i documenti sui quali la Commissione si è fondata nella decisione controversa per dimostrare l’esistenza delle restrizioni addebitate, ossia un fax del 21 giugno 1988 della JCB SA ad un distributore autorizzato, una lettera del 10 gennaio 1995 della JCB SA alla società Philippe MPT ed una lettera del 31 gennaio 1996 indirizzata alla JCB SA dalla Pinault Équipement, il Tribunale ha affermato, al punto 98 della sentenza impugnata, che detti documenti confermano in gran parte le pratiche restrittive e di compartimentazione del mercato inscritte nell’accordo standard di concessione.

141    Al riguardo, la JCB Service sostiene che il Tribunale ha effettuato un’analisi manifestamente erronea dell’art. 2 dell’accordo relativo alla Francia, dichiarando che questo «vieta le vendite attive e, nella sua stessa formulazione, contiene altresì un divieto di effettuare vendite passive al di fuori del territorio assegnato». Inoltre, secondo la JCB Service, il Tribunale avrebbe invocato elementi probatori manifestamente irrilevanti ai fini della prova dell’asserita restrizione.

142    Occorre constatare che la decisione controversa non si fonda su un preteso divieto espresso figurante nell’accordo di concessione stesso, ma sull’effettiva applicazione che ne è stata fatta. Tale conclusione risulta dai punti 111‑114 della decisione controversa e, in particolare, dal punto 146 della stessa in cui la Commissione ha dichiarato che «l’accordo tra [il gruppo] JCB e i suoi distributori ufficiali, come viene di fatto applicato, impedisce o limita a tali distributori la vendita al di fuori dei territori loro assegnati».

143    In tale contesto, la validità della decisione controversa non può risultarne in alcun modo viziata. Ne consegue che l’argomento addotto nella fattispecie dalla JCB Service è inoperante ed esso deve quindi essere respinto.

144    Quanto agli argomenti della JCB Service secondo i quali il Tribunale avrebbe invocato alcune prove irrilevanti per l’esistenza dell’infrazione, ossia un fax del 21 giugno 1988 inviato dalla JCB SA ad un distributore ufficiale ed una lettera del 31 gennaio 1996 inviata dalla Pinault Équipement alla JCB SA, si rileva che la JCB Service contesta nuovamente le valutazioni di fatto operate dal Tribunale relativamente all’esistenza delle pratiche vietate senza dimostrare il minimo snaturamento delle prove.

145    Lo stesso vale per le esportazioni parallele in tutto il mercato geografico interessato, relativamente all’argomento in base al quale il Tribunale avrebbe, ai punti 106 e 107 della sentenza impugnata, valutato in maniera erronea alcuni documenti da esso esaminati, ossia una lettera del 2 giugno 1992, che la JCB Sales ha inviato alla Watling JCB, e due fax, dell’11 e del 15 maggio 1995, della controllata tedesca JCB Germany.

146    Infatti, al punto 107 della sentenza impugnata, il Tribunale, in maniera sovrana, ha dichiarato, senza incorrere in alcuno snaturamento, da un lato, che i documenti in questione dimostrano che la JCB Service persegue una politica di compartimentazione dei territori dei suoi distributori e dei mercati nazionali che la conduce a vietare, in via generale, qualsiasi vendita al di fuori del territorio, che si tratti o meno di esportazioni parallele, al di fuori della sua rete distributiva, e, dall’altro, che il comportamento di cui trattasi ha l’effetto di rinforzare le limitazioni imposte alle vendite passive.

147    Ne deriva che occorre respingere l’insieme degli argomenti addotti dalla JCB Service diretti a contestare il primo elemento dell’infrazione.

–       Sul secondo elemento dell’infrazione, relativo alle restrizioni sulle fonti di approvvigionamento dei distributori autorizzati situati in Francia e in Italia e ai divieti di forniture incrociate tra i distributori

148    Il Tribunale, al punto 112 della sentenza impugnata, ha rilevato che, per quanto riguarda la Francia, l’art. 2 dell’accordo standard di concessione impone, quale condizione essenziale di tale accordo, l’approvvigionamento di prodotti e di pezzi di ricambio del gruppo JCB esclusivamente presso la controllata francese, la JCB SA, e presso la JCB Service.

149    Secondo lo stesso punto, in Italia, l’art. 4 dell’accordo di distribuzione vieta ai distributori di vendere ovvero di essere coinvolti direttamente o indirettamente nella vendita di prodotti diversi da quelli del gruppo JCB, e l’art. 6 di tale accordo impone loro di rifornirsi di pezzi di ricambio e di altri prodotti di carattere sussidiario utilizzati per la riparazione dei prodotti del gruppo JCB esclusivamente presso la JCB SpA, salvo preliminare consenso scritto della JCB Service, nei casi considerati da tali due articoli.

150    Il Tribunale, dopo aver affermato che le clausole dei suddetti accordi hanno un oggetto restrittivo, ha esaminato, al punto 115 della sentenza impugnata, i documenti sui quali la Commissione si è fondata per constatare l’infrazione in Francia, ossia una lettera del 21 giugno 1996, indirizzata dalla JCB SA alla Sem‑Cedima, uno dei suoi distributori, ed un’altra lettera, del 10 febbraio 1999, di un distributore autorizzato in Francia. Secondo lo stesso punto della sentenza impugnata, tali documenti confermano l’esecuzione degli accordi e l’esistenza in Francia di restrizioni relative alle fonti di approvvigionamento degli agenti autorizzati del gruppo JCB.

151    Per quanto riguarda l’Italia, il Tribunale ha rilevato, al punto 116 della sentenza impugnata, che la Commissione non si è basata, ai fini della prova del secondo elemento d’infrazione, su prove diverse dalle clausole dell’accordo e che, a tale proposito, la JCB Service ha affermato che la Commissione non poteva sottoporla a sanzioni per clausole che non sarebbero state interpretate ed applicate in maniera rigorosa, senza verificare e dimostrare che esse fossero effettivamente attuate.

152    Come già affermato, il Tribunale ha dichiarato, al punto 117 della sentenza impugnata, che il fatto che talune clausole restrittive della concorrenza non siano state interpretate ed applicate in maniera rigorosa è irrilevante per quanto riguarda la prova della presunta infrazione. Al medesimo punto, richiamando la giurisprudenza della Corte, il Tribunale ha aggiunto che l’assenza di qualsiasi analisi degli effetti dell’accordo nella decisione controversa non rappresenta quindi, in quanto tale, un vizio di tale decisione, dovendosi precisare che l’oggetto e l’effetto anticoncorrenziale di un accordo sono presi in considerazione in maniera alternativa e non cumulativa.

153    È alla luce di tali circostanze che il Tribunale ha concluso, al punto 118 della sentenza impugnata, che la Commissione ha giustamente ritenuto provato l’elemento dell’infrazione relativo alle restrizioni sulle fonti di approvvigionamento per quanto riguarda gli acquisti di prodotti contrattuali da parte dei concessionari operanti in Francia e in Italia.

154    Al riguardo, la JCB Service afferma che il Tribunale ha commesso un errore di diritto commettendo una violazione della normativa comunitaria applicabile, ossia del regolamento n. 1983/83 e del regolamento della Commissione 22 marzo 1967, n. 67/67/CEE, relativo all’applicazione dell’articolo [81], paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi di distribuzione esclusiva (GU 1967, n. 57, pag. 849). Infatti, l’esenzione per categoria potrebbe essere accordata ai sensi dei regolamenti nn. 67/67 e 1983/83.

155    Occorre ricordare che la JCB Service ha sostenuto dinanzi al Tribunale che l’addebito secondo cui gli accordi introdurrebbero restrizioni sulle fonti di approvvigionamento dei distributori autorizzati in Francia e in Italia, obbligando questi ultimi a rifornirsi unicamente presso la controllata nazionale della JCB Service e vietando loro di effettuare forniture incrociate tra distributori autorizzati, deriva da un’erronea interpretazione degli accordi da parte della Commissione, in quanto l’obiettivo delle clausole controverse sarebbe solamente quello di garantire che i distributori commercializzino esclusivamente prodotti del gruppo JCB. Inoltre, la JCB Service ha sostenuto che la Commissione non ha verificato se le clausole contestate fossero effettivamente applicate.

156    È giocoforza constatare che gli argomenti avanzati dalla JCB Service a sostegno del suo motivo dinanzi alla Corte sono nuovi e quindi irricevibili. Infatti, occorre ricordare, come indicato al punto 114 della presente sentenza, che, nell’ambito di un ricorso d’impugnazione, la competenza della Corte è limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi e degli argomenti discussi dinanzi al giudice di primo grado.

157    Dall’insieme delle precedenti considerazioni deriva che occorre respingere gli argomenti della JCB Service diretti a contestare il secondo elemento dell’infrazione e che, pertanto, la prima parte del secondo motivo dev’essere in parte dichiarata irricevibile e in parte respinta.

 Sulla seconda parte

158    Il Tribunale ha rilevato, innanzi tutto, al punto 160 della sentenza impugnata, che dalla decisione controversa emerge che la Commissione ha respinto la domanda d’esenzione presentata nel 1973 in quanto l’esame di tale domanda richiedeva una valutazione d’insieme del sistema distributivo del gruppo JCB, che sarebbe stata impossibile tenuto conto del carattere parziale delle notificazioni, nonché in quanto gli accordi e le pratiche del gruppo JCB contenevano restrizioni alla concorrenza e non soddisfacevano le condizioni cumulative richieste dall’art. 81, n. 3, CE, per essere oggetto di un’esenzione. Secondo il Tribunale, tale domanda aveva solamente ad oggetto l’accordo standard relativo all’Irlanda, alla Svezia e alle isole Anglo‑Normanne e proveniva dalla JCB Sales.

159    Ciò precisato, il Tribunale ha affermato, al punto 161 della sentenza impugnata, che le parti hanno dibattuto dinanzi ad esso la questione generale se il sistema distributivo del gruppo JCB potesse essere oggetto di una decisione ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE e che tale questione era affrontata ai punti 201‑222 della decisione controversa.

160    Esso ha aggiunto, tuttavia, che un’esenzione avrebbe potuto essere comunque concessa solamente per l’accordo regolarmente notificato per il quale essa era stata richiesta e che, a tale proposito, la domanda della JCB Service mirava ad ottenere l’annullamento dell’art. 2 della decisione controversa, che respinge la domanda formulata nel 1973. Secondo il Tribunale, è solo con riferimento all’accordo citato al punto 160 della sentenza impugnata che dev’essere valutata la fondatezza della domanda di esenzione, senza che sia necessario, per il Tribunale, verificare se una tale esenzione avrebbe potuto essere concessa per tutti gli accordi inviati dal gruppo JCB alla Commissione.

161    In secondo luogo, dopo aver constatato, al punto 164 della sentenza impugnata, che l’accordo in questione non poteva rientrare nel regime di esenzione per categoria previsto dal regolamento (CEE) della Commissione 12 dicembre 1984, n. 123, relativo all’applicazione dell’articolo [81], paragrafo 3, del Trattato CEE a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il servizio di assistenza alla clientela (GU 1985, L 15, pag. 16; in prosieguo: il «regolamento n. 123/85»), quale sostituito dal regolamento n. 1475/95, il Tribunale ha esaminato se l’accordo in questione poteva essere oggetto di un’esenzione individuale ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE.

162    Al riguardo, il Tribunale ha dichiarato, al punto 165 della sentenza impugnata, che una tale possibilità era prevista nel caso in cui gli accordi ovvero le pratiche in questione contribuissero a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva, evitando di imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi, ed evitando di dare a talune imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi. Inoltre, nello stesso punto della sentenza impugnata, esso ha precisato che, nella decisione controversa, la Commissione ha ritenuto che la combinazione della selettività e dell’esclusività proprie del sistema distributivo del gruppo JCB comportasse un cumulo di restrizioni non indispensabili, senza che tali limitazioni fossero controbilanciate da effetti benefici, in particolare per i consumatori.

163    Orbene, secondo il punto 166 della sentenza impugnata, la JCB Service si limita ad affermare in maniera generica che gli accordi di distribuzione presentavano i requisiti richiesti per la concessione di un’esenzione, senza precisare quali vantaggi fossero connessi all’accordo in questione affinché questo potesse essere oggetto di una simile decisione. Inoltre, ai sensi dello stesso punto della sentenza impugnata, la JCB Service si limita ad affermare che tale accordo non è sfavorevole per i consumatori e che la Commissione non dà prova che da esso non derivino taluni vantaggi, tuttavia essa non specifica in alcun modo i vantaggi e le giustificazioni delle restrizioni attuate.

164    Infine, quanto alle decisioni della Commissione che accordano esenzioni individuali nei casi di sistemi distributivi che combinano l’esclusività e la selettività, e che sono invocate dalla JCB Service a sostegno del suo motivo di ricorso, ossia le decisioni della Commissione 13 dicembre 1974, 75/73/CEE, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo [81] del Trattato CEE (IV/14.650 – Bayerische Motoren‑Werke AG) (GU 1975, L 29, pag. 1; in prosieguo: la «decisione BMW»), e 27 novembre 1985, 85/559/CEE, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo [81] del Trattato CEE (IV/30.846 – Ivoclar) (GU L 369, pag. 1; in prosieguo: la «decisione Ivoclar»), nonché la comunicazione della Commissione 93/C 275/03 a norma dell’art. 19, paragrafo 3, del regolamento n. 17 del Consiglio nel caso IV/34.084 – Sony España SA (GU 1993, C 275, pag. 3), il Tribunale ha affermato, al punto 167 della sentenza impugnata, che le soluzioni adottate in tali casi non erano estendibili al sistema distributivo del gruppo JCB.

165    Infatti, ai sensi dello stesso punto della sentenza impugnata, nel caso della decisione BMW, le vendite attive al di fuori del territorio non erano vietate, né a fortiori le vendite passive e le forniture in seno alla rete. Peraltro, per quanto concerne il sistema distributivo della Ivoclar, è stato successivamente chiesto all’interessata di scegliere tra un modello esclusivo e un modello selettivo. Infine, la Sony España SA presentava un unico elemento restrittivo comune al sistema distributivo del gruppo JCB.

166    Alla luce delle suddette considerazioni, il Tribunale ha concluso, al punto 168 della sentenza impugnata, che la JCB Service non ha dimostrato che il suo accordo potesse rientrare nel regime di esenzione per categoria previsto dal regolamento n. 123/85, sostituito dal regolamento n. 1475/95, né che esso potesse essere oggetto di una decisione di esenzione individuale ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE.

167    La JCB Service sostiene, innanzi tutto, che il Tribunale ha commesso un manifesto errore di valutazione dell’ambito di applicazione dell’esenzione individuale richiesta, limitando, come emerge dal punto 161 della sentenza impugnata, l’esame della domanda di esenzione ad uno solo degli accordi notificati.

168    Occorre rilevare che, dopo aver precisato, ai punti 197‑200, che nessuna esenzione per categoria poteva essere accordata in forza dei regolamenti nn. 1983/83, 1475/95 e 2790/1999, la Commissione ha, in seguito, esaminato se, ai sensi dell’art. 4, n. 1, del regolamento n. 17, essa potesse concedere un’esenzione individuale ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE.

169    Dopo aver ricordato, al punto 202 della decisione controversa, che non poteva essere presa alcuna decisione ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE riguardo agli accordi restrittivi o alle pratiche concordate che non fossero stati validamente notificati, la Commissione ha esaminato, ai punti 207‑220 di tale decisione, se le condizioni cumulative di cui all’articolo summenzionato fossero soddisfatte per quanto riguardava gli accordi o le pratiche concordate reali.

170    Avendo constatato, al punto 221 della decisione controversa, che nella fattispecie ciò non avveniva, la Commissione ha concluso, al punto seguente, che nessuna esenzione individuale poteva essere concessa, neppure qualora la JCB Service avesse notificato i suoi accordi quali effettivamente applicati.

171    Da quanto precede risulta che, relativamente all’applicazione dell’art. 81, n. 3, CE, la Commissione ha esaminato l’insieme degli accordi o delle pratiche concordate reali. Il Tribunale non ha messo in discussione la valutazione della Commissione al riguardo. In tale contesto, si deve respingere l’argomento relativo alla menzione, ai punti 160 e 161 della sentenza impugnata, del solo accordo concernente l’Irlanda, la Svezia e le isole Anglo‑Normanne.

172    Da quanto precede risulta che la prima censura sollevata dalla JCB Service deve essere respinta.

173    La JCB Service rileva, in secondo luogo, una contraddizione nella sentenza impugnata relativamente al rigetto della sua domanda di esenzione.

174    Infatti, da un lato, il Tribunale avrebbe dichiarato, rispettivamente ai punti 133, 145 e 154 della sentenza impugnata, che le tre infrazioni seguenti non erano provate:

–        la fissazione degli sconti o dei prezzi di rivendita applicabili dai distributori autorizzati nel Regno Unito e in Francia;

–        l’imposizione di contributi per l’assistenza tecnica sulle vendite effettuate da distributori autorizzati situati nel Regno Unito verso altri Stati membri, secondo tariffari imposti dalla JCB Service, e

–        la revoca del sostegno commerciale alle operazioni multiple per gli agenti del Regno Unito in caso di vendite esterne, facendo dipendere la remunerazione dei concessionari dalla destinazione geografica delle vendite.

175    Dall’altro, il Tribunale avrebbe inoltre avallato il rigetto della domanda di esenzione, fondandosi, nella sentenza impugnata, sui punti 201‑222 della decisione controversa, punti che, secondo la JCB Service, riguarderebbero tali tre elementi dell’infrazione.

176    Si rileva che, ai punti 160‑169 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato, senza metterla in discussione, la fondatezza dell’analisi svolta dalla Commissione riguardo al rigetto della domanda di esenzione individuale della JCB Service.

177    Al riguardo, occorre constatare, innanzi tutto, che, al punto 209 della decisione controversa, la Commissione ha fatto riferimento al fatto che la combinazione dell’esclusività territoriale con il divieto di vendere a distributori non autorizzati, possibili concorrenti dei distributori ufficiali, nonché con l’acquisto esclusivo dei ricambi per i distributori ufficiali, impedisce o restringe lo sviluppo del mercato della manutenzione, della riparazione e della fornitura di pezzi di ricambio in condizioni ottimali di sicurezza, mercato distinto da quello della vendita di macchine nuove. Allo stesso punto, essa ha aggiunto che, riguardo al potere di mercato locale di cui gode un distributore ufficiale in relazione alle forniture urgenti, la suddetta combinazione pesa assai più dei benefici attesi per il consumatore, tenendo conto, in particolare, della consistente quota di mercato detenuta dalla JCB Service per le terne.

178    Ai punti 214 e 215 della decisione controversa, la Commissione ha poi dichiarato che, in un sistema di distribuzione esclusiva, le vendite passive devono essere permesse per evitare che gli svantaggi per la concorrenza superino i benefici e che, all’interno del mercato comune, la combinazione dell’esclusività territoriale, della restrizione sulle vendite attive e passive nonché della distribuzione selettiva nella rete del gruppo JCB non può essere considerata indispensabile al miglioramento della distribuzione delle macchine per la costruzione e il movimento terra, in riferimento alle quali il gruppo JCB detiene per le terne una quota di mercato nella Comunità del 45%. In particolare, la Commissione ha precisato che, contrariamente agli autoveicoli, tali macchine sono, per la maggior parte, utilizzate in aree geografiche limitate e non viaggiano su lunghe distanze e in diverse località.

179    Infine, al punto 218, la Commissione non ha ritenuto indispensabile al miglioramento della distribuzione, con i benefici di elevati standard di sicurezza per gli utilizzatori, limitare ai distributori autorizzati o agli utilizzatori finali la fornitura di macchine e pezzi di ricambio del gruppo JCB, né assegnare territori esclusivi al di fuori dei quali le vendite attive e, a fortiori, passive non sono possibili.

180    Ne deriva che, in sede di esame delle condizioni cumulative di cui all’art. 81, n. 3, CE, la Commissione ha comunque fatto riferimento agli elementi costitutivi dei primi due elementi dell’infrazione prevista dall’art. 1 della decisione controversa. In tali circostanze, non può essere invocata nessuna contraddizione per mettere in discussione il rigetto della domanda di esenzione.

181    Pertanto, la seconda censura sollevata dalla JCB Service deve essere a sua volta respinta.

182    La JCB Service sostiene, in terzo luogo, che il Tribunale ha commesso un errore di valutazione affermando, al punto 166 della sentenza impugnata, che essa non aveva precisato i vantaggi specifici connessi ai suoi accordi di distribuzione. Al riguardo, essa sostiene che i vantaggi in questione sono già stati analizzati ai punti 207 e 208 della decisione controversa e che il Tribunale ha manifestamente sottovalutato tale elemento.

183    Occorre innanzi tutto rilevare che l’affermazione del Tribunale al punto 166 della sentenza impugnata, secondo cui la JCB Service non precisa quali vantaggi specifici fossero connessi all’accordo in questione affinché questo potesse essere oggetto di una decisione d’esenzione, è erronea.

184    Infatti, come risulta dal punto 207 della decisione controversa, la Commissione riconosce che alcuni dei benefici comuni a certe categorie di accordi di distribuzione, come la distribuzione esclusiva, l’acquisto e la distribuzione esclusivi di autoveicoli, possono essere derivati dagli accordi di distribuzione del gruppo JCB, che di fatto combinano disposizioni presenti in tali tre categorie.

185    Inoltre, al punto 208 della decisione controversa, la Commissione ha in particolare dichiarato che si può ritenere che gli utilizzatori ottengano una congrua parte dei benefici oggettivi già delineati e che è una preoccupazione legittima selezionare i distributori in base alla loro capacità di fornire standard elevati di assistenza agli acquirenti dei prodotti del gruppo JCB.

186    Tuttavia, occorre ricordare che, ai sensi della giurisprudenza, anche se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale risulta una violazione del diritto comunitario, ma il dispositivo della medesima sentenza appare fondato per altri motivi di diritto, il ricorso avverso tale sentenza dev’essere respinto (sentenza 2 dicembre 2004, causa C‑226/03 P, José Martí Peix/Commissione, Racc. pag. I‑11421, punto 29).

187    Al riguardo, occorre ricordare che, ai sensi della giurisprudenza, perché una domanda di esenzione individuale possa essere accolta ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE, le condizioni enunciate dall’articolo in questione devono essere cumulativamente soddisfatte (v. ordinanza 25 marzo 1996, causa C‑137/95 P, SPO e a./Commissione, Racc. pag. I‑1611, punto 34).

188    Orbene, indipendentemente dalla fondatezza della pretesa della JCB Service nel caso di specie, questa non dimostra, con i suoi altri argomenti, che l’affermazione contenuta nel punto 221 della decisione controversa, secondo cui le condizioni cumulative per l’applicazione dell’art. 81, n. 3, CE non sono soddisfatte nel caso di specie, sia erronea e che, pertanto, avallando la posizione della Commissione al riguardo, il Tribunale abbia commesso un errore di diritto.

189    Ne deriva che occorre anche respingere la terza censura sollevata dalla ricorrente nel procedimento d’impugnazione.

190    In quarto luogo, la JCB Service sostiene che, al punto 167 della sentenza impugnata, il Tribunale ha interpretato in maniera erronea le norme relative alle esenzioni. Infatti, non esisterebbero restrizioni alle vendite passive, ancorché i principi sanciti nei casi che hanno dato luogo alle decisioni BMW e Ivoclar avrebbero dovuto essere applicati per analogia al caso di specie e, pertanto, essi avrebbero dovuto bastare ai fini della concessione dell’esenzione richiesta.

191    Occorre dichiarare che, con la sua censura, la JCB Service si limita a contestare la valutazione dei fatti operata dal Tribunale sostenendo che, sulla base delle citate decisioni BMW e Ivoclar, quest’ultimo avrebbe dovuto giungere alla conclusione opposta a quella figurante al punto 167 della sentenza impugnata. Tuttavia, a tale proposito, la JCB Service non adduce alcun argomento che permetta di concludere che il Tribunale è incorso in uno snaturamento dei fatti o ha commesso nel caso di specie un errore di diritto.

192    In tali circostanze e ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 106‑108 della presente sentenza, occorre dichiarare irricevibile la quarta censura sollevata dalla JCB Service.

193    Da quanto precede deriva che occorre anche respingere la seconda parte del secondo motivo e che, nel suo insieme, quest’ultimo dev’essere in parte dichiarato irricevibile e in parte respinto.

 Sul terzo motivo

194    Tale terzo motivo si suddivide in due parti. Ciascuna di tali parti si compone a sua volta di distinte censure. La JCB Service sostiene che il Tribunale ha violato l’art. 15 del regolamento n. 17 e, al riguardo, deduce, da un lato, la violazione di alcuni principi fondamentali e, dall’altro, la violazione delle norme relative alla determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta.

 Sulla prima parte

195    Innanzi tutto, al punto 167 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione non poteva, senza violare le disposizioni dell’art. 15, n. 5, lett. a), del regolamento n. 17, infliggere un’ammenda alla JCB Service in ragione degli accordi notificati nel 1973 e nel 1975. A suo parere, al riguardo, la legittimità della decisione controversa doveva essere esaminata unicamente con riferimento agli elementi dell’infrazione interessati dalla notificazione e che il Tribunale ritiene dimostrati. Si tratta, da un lato, del primo elemento dell’infrazione relativo alle restrizioni imposte alle vendite passive di cui all’art. 1, lett. a), della decisione controversa, che sono connesse agli accordi notificati per il Regno Unito e che si riferiscono alla clausola 4 di detti accordi, e, dall’altro, del secondo elemento dell’infrazione relativo alle limitazioni delle fonti d’approvvigionamento, di cui all’art. 1, lett. b), della decisione controversa, che, secondo il Tribunale, non è stato oggetto di notificazione.

196    In tale contesto, il Tribunale, al punto 177 della sentenza impugnata, ha dichiarato che la clausola 4 è stata applicata in maniera diversa dal suo stesso disposto, in quanto la sua portata è stata estesa in modo da ricomprendere un divieto generale per i distributori di vendere al di fuori del loro territorio, in particolare all’esportazione. Esso ha anche affermato che, poiché le pratiche che hanno dato luogo all’applicazione di un’ammenda non rimangono nei limiti delle clausole degli accordi notificati, le disposizioni dell’art. 15, n. 5, lett. a), del regolamento n. 17 non risultano violate.

197    Al riguardo, la JCB Service sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto in quanto, esaminando la questione dell’ammenda, esso non ha tenuto in debito conto la violazione, da un lato, del principio di buon andamento dell’amministrazione alla luce dell’obbligo della Commissione di adottare una decisione entro un termine ragionevole, e, dall’altro, del legittimo affidamento della JCB Service. Infatti, la lettera del 13 gennaio 1976 della Commissione nonché le decisioni delle autorità e dei giudici nazionali avrebbero indotto la JCB Service a credere che esistesse una seria possibilità che gli accordi controversi beneficiassero dell’esenzione richiesta e, pertanto, che essa sfuggisse ad un’eventuale ammenda.

198    Per quanto riguarda, da un lato, la violazione del principio di buon andamento dell’amministrazione alla luce dell’obbligo incombente alla Commissione di adottare una decisione entro un termine ragionevole, occorre dichiarare che, con tale censura, la JCB Service contesta in sostanza al Tribunale di non aver sanzionato il fatto che la Commissione ha imposto un’ammenda nel caso di specie, senza tenere conto del fatto che la decisione controversa è stata adottata al di là di un termine ragionevole.

199    Orbene, come affermato ai punti 77‑79 della presente sentenza, la JCB Service non può, in ogni caso, richiedere, nella fattispecie, l’annullamento della decisione controversa a causa dell’adozione della stessa al di là di un termine ragionevole, mancando una violazione dei diritti della difesa. Pertanto, tale prima censura dev’essere respinta.

200    Per quanto riguarda, dall’altro, la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, occorre precisare che, con la sua censura, la JCB Service chiede in sostanza di beneficiare delle disposizioni dell’art. 15, n. 5, lett. a), del regolamento n. 17. Orbene, una tale asserzione va respinta in quanto manifestamente infondata, trattandosi di accordi non regolarmente notificati.

201    In secondo luogo, e in risposta all’argomento della JCB Service secondo cui l’ammenda inflitta sarebbe sproporzionata, in particolare in confronto alle ammende inflitte in base alla stessa procedura ad imprese quali la Volkswagen AG e l’Opel Nederland BV [decisioni della Commissione 28 gennaio 1998, 98/273/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [81] del Trattato CE (IV/35.733 - VW) (GU L 124, pag. 60), e 20 settembre 2000, 2001/146/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 del Trattato CE (Caso COMP/36.653 – Opel) (GU 2001, L 59, pag. 1)], il Tribunale ha dichiarato, al punto 187 della sentenza impugnata, che, indipendentemente dalle comparazioni alle quali la Commissione ha ritenuto utile fare riferimento per determinare l’ammontare dell’ammenda inflitta alla JCB Service, tali elementi possono avere un carattere meramente indicativo, considerata l’assenza di identità tra gli elementi di fatto caratterizzanti tali casi, quali i mercati, i prodotti, i paesi, le imprese e i periodi interessati.

202    Di conseguenza, al punto 189 della stessa sentenza, esso ne ha tratto la conclusione che il fatto che l’importo delle ammende inflitte alla Volkswagen AG, all’Opel Nederland BV e alla JCB Service corrisponda a percentuali diverse dei rispettivi fatturati non indica, nel caso di specie, un trattamento discriminatorio nei confronti della ricorrente nel procedimento d’impugnazione.

203    A tale proposito, la JCB Service sostiene, tuttavia, che il Tribunale ha violato il principio della parità di trattamento non rispondendo al suo argomento secondo cui l’ammenda era sproporzionata in confronto alle ammende inflitte in circostanze simili a quelle delle decisioni Volkswagen AG e Opel Nederland BV.

204    Occorre innanzi tutto dichiarare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla JCB Service nel caso di specie, il Tribunale ha chiaramente risposto alle sue affermazioni ai punti 187 e 189 della sentenza impugnata.

205    Inoltre, occorre tenere conto del fatto che, con i suoi argomenti, la JCB Service non mira a mettere in discussione la costante giurisprudenza della Corte secondo cui la precedente prassi decisionale della Commissione non funge da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza e che decisioni relative ad altri casi hanno un carattere indicativo dell’esistenza di discriminazioni.

206    Da quanto precede deriva che occorre respingere le censure sollevate in secondo luogo dalla JCB Service e, dunque, la prima parte del presente motivo.

 Sulla seconda parte

207    Occorre ricordare, in via preliminare, che, ai sensi della giurisprudenza della Corte, gli orientamenti, pur non potendo essere qualificati come norme giuridiche alla cui osservanza l’amministrazione è comunque tenuta, essi enunciano tuttavia una norma di comportamento indicativa della prassi da seguire, dalla quale l’amministrazione non può discostarsi, in un caso specifico, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (sentenza 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 209).

208    Adottando siffatte norme di comportamento ed annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in avanti applicate ai casi a cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commission, cit., punto 211).

209    Inoltre, occorre ricordare che, ai sensi della stessa giurisprudenza, gli orientamenti stabiliscono, in modo generale ed astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’ammontare delle ammende inflitte ai sensi dell’art. 15 del regolamento n. 17. Tali orientamenti, per la cui redazione la Commissione ha, in particolare, applicato criteri sanciti dalla giurisprudenza della Corte, garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto nei confronti delle imprese (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 213).

210    È alla luce di tale giurisprudenza che occorre esaminare gli argomenti addotti dalla JCB Service diretti a dimostrare che è a torto che il Tribunale non ha sanzionato l’asserita violazione degli orientamenti da parte della Commissione.

211    Per quanto riguarda, innanzi tutto, la gravità dell’infrazione, occorre precisare che in tutte le versioni linguistiche, ad eccezione della versione inglese, in cui figura il termine «gravi» per le infrazioni in questione, secondo il punto 182 della sentenza impugnata, dette infrazioni possono essere considerate «assai gravi» a causa dei rischi che comportano per il buon funzionamento del mercato interno, in particolare a causa della compartimentazione dei mercati nazionali che hanno ad oggetto e per effetto, ed esse giustificano quindi di per sé sole un’ammenda elevata. Secondo il punto seguente della stessa sentenza, la JCB Service è un’impresa relativamente importante all’interno della Comunità e nel settore di cui trattasi e, quindi, la Commissione non ha commesso alcun errore nella sua valutazione dell’impatto dell’infrazione sui mercati nazionali interessati al fine di determinare l’ammontare dell’ammenda.

212    Per quanto riguarda, poi, la durata dell’infrazione, dal punto 184 della sentenza impugnata emerge che essa ha coperto un periodo di dieci anni. A tale proposito il Tribunale, al punto 185 della sentenza impugnata, ha precisato che «[i] due elementi dell’infrazione sono stati presenti simultaneamente nel corso della metà di tale periodo. La JCB Service ha inoltre sottolineato che tutti gli elementi dell’infrazione – ridotti al numero di due – si sono trovati riuniti solamente per un periodo di cinque anni. Tuttavia, le limitazioni imposte alle esportazioni, che costituiscono il primo elemento dell’infrazione e che sono alla base del sistema distributivo [del gruppo] JCB, rivestono un’importanza preminente, e da esse derivano logicamente le limitazioni delle fonti di approvvigionamento, che costituiscono il secondo elemento dell’infrazione. (…) [D]ato il carattere preminente del primo elemento dell’infrazione, che si riferisce ad un aspetto centrale del sistema distributivo [del gruppo] JCB, non si può ritenere che la durata dell’infrazione avrebbe dovuto essere ridotta a meno di dieci anni».

213    Per quanto riguarda, infine, il fatto che la Commissione ha rifiutato di prendere in considerazione particolari circostanze attenuanti, secondo il punto 190 della sentenza impugnata, la JCB Service non può validamente sostenere che l’assenza di formale presa di posizione della Commissione in ordine ai suoi accordi valesse quale «implicita approvazione», in quanto un tale approccio è estraneo al diritto comunitario della concorrenza.

214    Inoltre, ai sensi dello stesso punto della sentenza impugnata, la JCB Service non può nemmeno avvalersi di una decisione dell’autorità irlandese per la concorrenza, né della sentenza della Cour d’appel de Paris, entrambe già citate. Del pari, secondo il Tribunale, poiché il rigetto della domanda di esenzione della JCB Service è stato considerato fondato, non può essere riconosciuta nel caso di specie alcuna circostanza attenuante basata su una pretesa compatibilità del sistema distributivo del gruppo JCB con le norme comunitarie in materia di concorrenza.

215    Innanzi tutto, la JCB Service sostiene in sostanza che il Tribunale ha giudicato a torto, al punto 182 della sentenza impugnata, che le due forme di pratiche anticoncorrenziali constatate nel caso di specie giustificano di per sé sole un’ammenda elevata a titolo di infrazioni «assai gravi». Infatti, indipendentemente dalla loro qualifica formale nella decisione controversa, le pratiche in questione non possono essere considerate come infrazioni «assai gravi» a causa della loro natura e del loro impatto effettivo sul mercato.

216    Contrariamente a quanto sostiene la JCB Service, le infrazioni constatate rientrano, in maniera manifesta, tra le infrazioni qualificate come «molto gravi» ai sensi del punto 1, A, degli orientamenti e sono quindi idonee ad essere sanzionate con un’ammenda configurabile per tale tipo di infrazione.

217    Al riguardo, occorre ricordare che, ai sensi del punto 248 della decisione controversa, gli accordi di distribuzione che, come quelli della JCB Service, hanno per oggetto la compartimentazione dei mercati nazionali all’interno del mercato comune mediante una serie di restrizioni della concorrenza mettono a rischio il corretto funzionamento del mercato unico, vanificano uno dei principali obiettivi della Comunità e da decenni sono considerati come violazioni dell’art. 81 CE nella prassi decisionale e nella giurisprudenza.

218    Ai sensi dei punti 249 e 250 della decisione controversa, la Commissione ha dichiarato che l’attuazione di tali restrizioni è sicuramente evidente riguardo ai distributori, per lo meno in vari Stati membri che costituiscono una parte sostanziale del mercato comune, che la JCB è una grande impresa, con notevole potere in alcuni dei mercati dei prodotti e dei mercati geografici interessati, e che essa ha un’effettiva capacità di causare, con il suo comportamento, danni significativi ad altri operatori a valle e possiede le infrastrutture che dovevano consentirle di sapere che la sua condotta costituisce una violazione dell’art. 81 CE.

219    È in tale contesto che la Commissione ha concluso, al punto 251 della decisione controversa, che le infrazioni commesse dalla JCB Service sono «molto gravi» e, in considerazione di tale gravità, devono dar luogo a un’ammenda dell’importo di EUR 25 milioni.

220    Ne consegue che è a ragione che il Tribunale non ha sanzionato la Commissione per aver applicato per le infrazioni in questione un’ammenda corrispondente ad infrazioni qualificate come «assai gravi».

221    Quanto alla circostanza che, al punto 182 della versione inglese della sentenza impugnata, il Tribunale fa riferimento ad infrazioni «gravi» anziché «assai gravi», occorre precisare che si tratta di una mera svista. Infatti, oltre al fatto che l’espressione «assai gravi» figura in tutte le altre versioni linguistiche della sentenza impugnata, si rileva che l’utilizzo del termine «grave» è privo di importanza nel caso di specie in quanto dal punto 182 della sentenza impugnata emerge senza alcuna ombra di dubbio che si tratta di infrazioni «molto gravi» ai sensi del punto 1, A, degli orientamenti, che giustificano un’ammenda elevata.

222    In secondo luogo, la JCB Service sostiene che, fissando in dieci anni la durata dell’infrazione, il Tribunale ha effettuato, così come la Commissione, una valutazione scorretta di tale durata. Infatti, sarebbe necessario valutare la durata della pratica illecita in questione tenendo conto della colpa della Commissione, che ha indotto la JCB Service a credere legittimamente che la sua rete di distribuzione non costituisse una violazione delle norme sulla concorrenza. In un contesto del genere, considerato che la durata di una pratica illecita è un fattore che giustifica un aumento dell’ammontare dell’ammenda, la durata delle pratiche constatate non dovrebbe essere considerata un fattore di cui tenere conto al fine di aumentare l’importo di un’ammenda che resta ingiustificata.

223    Tale argomento è del tutto irrilevante. Occorre ricordare che la valutazione della Commissione relativamente alla durata dell’infrazione constatata riguarda accordi e pratiche non notificati. In tale contesto, la JCB Service non può, in alcun caso, fondare le sue argomentazioni su accordi non notificati secondo le forme richieste dalla giurisprudenza, per contestare la fondatezza della valutazione operata dalla Commissione relativamente alla durata dell’infrazione alla luce degli orientamenti.

224    Su tale punto, la JCB Service sostiene che non esiste alcun elemento di prova atto ad avallare la tesi secondo cui le asserite infrazioni sono state commesse per un periodo di dieci anni. Infatti, alla luce dei documenti esaminati relativi ai due elementi dell’infrazione giudicati come provati nella sentenza impugnata, che risalgono al 1992, il Tribunale non può concludere che il periodo d’infrazione fosse iniziato nel 1988, né dichiarare, al punto 184 della sentenza impugnata, che «la Commissione ha rilevato taluni fatti connessi ai due elementi dell’infrazione che risultano provati» e che [«d]al fascicolo risultano elementi di prova, che sono stati precedentemente esaminati, per il periodo globale considerato», senza prendere effettivamente in esame gli elementi di prova.

225    Occorre dichiarare che, con la sua censura, la JCB Service si limita a contestare, in sostanza, al Tribunale di non prendere in considerazione né menzionare tutti gli elementi di prova che permettono di dimostrare la durata dell’infrazione. Tuttavia, essa non prova che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto al punto 184 della sentenza impugnata allorché esso avalla le dichiarazioni della Commissione relativamente alla durata dell’infrazione. Infatti, la JCB Service non ha addotto alcun argomento per dimostrare che la valutazione operata dalla Commissione al riguardo si discosta dal punto 1, B, degli orientamenti. Pertanto tale argomento dev’essere respinto.

226    Infine, la JCB Service sostiene che il Tribunale non ha sanzionato il fatto che la Commissione non abbia riconosciuto nel caso di specie l’esistenza di circostanze attenuanti ai sensi del punto 3 degli orientamenti. Innanzi tutto, il ricorso a pratiche asseritamente illecite non sarebbe stato una scelta deliberata della JCB Service, ma una conseguenza della negligenza e della cattiva amministrazione da parte della Commissione. Inoltre, la JCB Service non avrebbe fatto ricorso in Italia alla pratica illecita contestatale. Infine, la lettera del 16 maggio 1995, citata al punto 93 della presente sentenza, costituirebbe una circostanza attenuante particolare e non una circostanza aggravante.

227    Quanto alla prima censura summenzionata, si deve rilevare che la JCB Service fonda il suo ragionamento sul fatto che il ritardo della Commissione relativamente alla sua domanda di esenzione ha prodotto alcuni effetti sul procedimento di infrazione avviato dalla Commissione per accordi e pratiche non notificati. Di conseguenza, a suo parere, tale elemento dovrebbe essere considerato una circostanza attenuante particolare in sede di determinazione dell’importo finale dell’ammenda.

228    È giocoforza constatare che la JCB Service tenta nuovamente di stabilire un nesso procedurale tra gli accordi notificati e gli accordi non notificati al fine di contestare la fondatezza della decisione della Commissione relativamente all’importo dell’ammenda inflitta. Orbene, un tale nesso è manifestamente assente e, pertanto, esso non può, in alcun caso, giustificare l’esistenza di una circostanza attenuante ai sensi del punto 3 degli orientamenti.

229    Per quanto riguarda la seconda censura summenzionata, occorre ricordare che, al punto 103 della sentenza impugnata, al quale rinvia anche il punto 117 della stessa sentenza, il Tribunale ha giudicato che «[in ogni caso], qualunque sia l’attuazione pratica degli accordi, l’art. 81, n. 1, CE vieta l’esistenza stessa, all’interno di contratti di distribuzione, di clausole che abbiano ad oggetto o per effetto di limitare le vendite. Queste ultime rappresentano una limitazione della concorrenza, sanzionabile ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, in quanto possono pregiudicare il commercio tra gli Stati membri (…). Il fatto che una clausola di un accordo mirante a restringere la concorrenza non sia stata applicata dai contraenti non è sufficiente a sottrarla all’ambito di applicazione dell’art. 81, n. 1, CE».

230    Ne deriva che, contrariamente a quanto sostiene la JCB Service, il Tribunale non ha mai dichiarato nella sentenza impugnata che essa non aveva fatto ricorso in Italia alla pratica illecita. Invece, esso si è limitato a menzionare le affermazioni della JCB Service per trarne una diversa conclusione. In tale contesto, occorre anche respingere tale seconda censura sollevata dalla JCB Service.

231    Quanto alla terza censura summenzionata, si deve ricordare che la lettera del 16 maggio 1995 precisa che il divieto delle importazioni parallele sarebbe contrario alle decisioni della Commissione ed alla giurisprudenza della Corte. Si tratta quindi di un elemento che dimostra che la JCB Service era cosciente del fatto che il suo comportamento era contrario all’art. 81 CE e, quindi, esso non può essere considerato una circostanza attenuante particolare.

232    Dall’insieme delle precedenti considerazioni risulta che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto o di valutazione al punto 190 della sentenza impugnata avallando la posizione della Commissione secondo cui, ai fini del calcolo dell’ammenda, non occorre tenere conto di circostanze attenuanti particolari.

233    Si deve quindi respingere la seconda parte del terzo motivo e quest’ultimo nel suo insieme e, quindi, respingere le domande dirette all’annullamento della sentenza impugnata, considerato che nessun motivo è stato accolto.

234    Poiché le altre domande del ricorso d’impugnazione sono state presentate per il caso in cui la Corte annulli la sentenza impugnata, occorre respingere l’impugnazione principale nel suo insieme.

 Sull’impugnazione incidentale

235    La Commissione sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto per quanto riguarda l’interpretazione dell’art. 15, n. 5, del regolamento n. 17, non applicando, ai fini del calcolo dell’ammenda, la circostanza aggravante descritta nella decisione controversa, ossia le misure di ritorsione adottate dalla JCB Service nei confronti di un distributore che aveva violato l’art. 4 dell’accordo di distribuzione per il Regno Unito (divieto di vendite a distributori non autorizzati). In particolare, la Commissione ritiene che si trattasse di una circostanza aggravante non sulla base della clausola 4 notificata, ma in quanto il carattere restrittivo di tale articolo era rafforzato dalle sanzioni pecuniarie.

236    Al riguardo, occorre ricordare che, al punto 191 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione ha riconosciuto talune circostanze aggravanti, considerando tale la sanzione pecuniaria inflitta dalla JCB Service alla Gunn JCB per la violazione della clausola 4, qualificata come «misura di ritorsione» e che essa ha quindi aumentato di EUR 864 000 l’importo dell’ammenda inflitta. Esso ha anche rilevato che non è contestato che la Gunn JCB abbia tenuto un comportamento contrario ai suoi obblighi contrattuali e che essa abbia percepito senza giusto motivo un sostegno commerciale per le operazioni multiple e, infine, che la JCB Service abbia sanzionato la violazione di una clausola contrattuale. Tuttavia, il Tribunale ha precisato che una clausola, a prescindere dalla sua liceità o illiceità, deve beneficiare dell’immunità da ammenda risultante dall’art. 15, n. 5, del regolamento n. 17, allorché essa figura in un accordo notificato.

237    In tale contesto, il Tribunale, al punto 192 della sentenza impugnata, ha dichiarato che la Commissione non poteva legittimamente infliggere un’ammenda per un’azione qualificata come circostanza aggravante ma connessa all’applicazione di una clausola di un accordo regolarmente notificato. La Commissione non poteva quindi aumentare l’importo dell’ammenda per tener conto delle asserite circostanze aggravanti.

238    La JCB Service sostiene che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto. Innanzi tutto, il risarcimento richiesto dalla JCB Service ad uno dei suoi distributori sarebbe stato una sanzione adottata in forza di detta clausola e non in applicazione di una disposizione non notificata. Inoltre, la domanda di risarcimento sarebbe stata anche necessaria allo scopo di assicurare la validità dell’accordo di distribuzione selettiva e di evitare discriminazioni illegali fra i distributori. Infine, la domanda in esame sarebbe stata impropriamente descritta dalla Commissione come una «misura di ritorsione», considerata una circostanza aggravante poiché, ai sensi degli orientamenti per il calcolo delle ammende, costituiscono «misure di ritorsione» le misure che vengono adottate nei confronti di «altre imprese per fare “rispettare” [le decisioni o] le pratiche configuranti infrazione».

239    Occorre ricordare che, al punto 40 della decisione controversa, la Commissione ha dichiarato che «[n]ei due formulari A/B compilati per il Regno Unito, è stato chiesto a JCB di fornire informazioni sui contenuti dell’accordo o della pratica concordata e, più in particolare, alla sezione II, punto 3, lettera f), sulle (…) sanzioni che potrebbero essere adottate contro le imprese partecipanti (clausola penale, espulsione, rifiuto di fornitura ecc.). In entrambi i moduli, la risposta fornita è stata “No”. Tale risposta non è stata fornita per negligenza o meccanicamente. Nel formulario A/B allegato all’accordo notificato per la Danimarca il 30 giugno 1973, è stata indicata una penale di 250 sterline o tre volte i prezzi dei pezzi di ricambio acquistati da fonti diverse da JCB».

240    Le dichiarazioni che precedono non sono state né contestate dalla JCB Service nell’ambito del presente procedimento né messe in discussione dinanzi al Tribunale. In tale contesto, si deve ritenere che, tenuto conto della risposta «no» nella sezione II, punto 3, lett. f), del formulario A/B relativamente alle sanzioni che potrebbero essere adottate contro le imprese partecipanti all’intesa per il Regno Unito, la JCB Service aveva notificato alla Commissione la sua intenzione di non prevedere sanzioni del genere.

241    Pertanto, la risposta «no» nella suddetta sezione del formulario A/B implica che le sanzioni imposte ai distributori situati nel Regno Unito derivavano dai limiti dell’attività descritta nella notificazione e, quindi, contrariamente a quanto dichiarato nel punto 191 della sentenza impugnata, le sanzioni in questione non potevano beneficiare dell’immunità da ammenda risultante dall’art. 15, n. 5, del regolamento n. 17.

242    Ne deriva che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, ai punti 191 e 192 della sentenza impugnata, dichiarando che la Commissione non poteva infliggere un’ammenda di EUR 864 000 per un’azione qualificata come circostanza aggravante e che questa non poteva aumentare l’importo dell’ammenda per tener conto delle asserite circostanze aggravanti.

243    Da quanto precede discende che l’impugnazione incidentale deve essere accolta per quanto riguarda i punti 191 e 192 della sentenza impugnata nonché il punto 2 del suo dispositivo.

244    Ai sensi dell’art. 61 dello Statuto della Corte di giustizia, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la sentenza del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo. Poiché lo stato degli atti lo consente, va statuito definitivamente sull’importo dell’ammenda inflitta alla JCB Service, fissandolo in EUR 30 864 000.

 Sulle spese

245    Conformemente all’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta in quanto infondata o quando l’impugnazione è fondata e la Corte stessa decide in via definitiva la controversia, essa statuisce sulle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, primo comma, di tale regolamento, che si applica al procedimento di impugnazione ai sensi dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

246    Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la JCB Service, rimasta soccombente, va condannata alle spese relative all’impugnazione principale. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della JCB Service alle spese dell’impugnazione incidentale, occorre condannare la JCB Service a sopportare anche dette spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso d’impugnazione è respinto.

2)      L’impugnazione incidentale della Commissione delle Comunità europee è accolta.

3)      Il punto 2 del dispositivo della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 13 gennaio 2004, causa T‑67/01, JCB Service/Commissione, è annullato.

4)      L’importo dell’ammenda inflitta alla JCB Service dall’art. 4 della decisione della Commissione 21 dicembre 2000, 2002/190/CE, relativa ad un procedimento in forza dell’articolo 81 del Trattato CE (Caso COMP.F.1/35.918 – JCB), è fissato in EUR 30 864 000.

5)      La JCB Service sopporta la totalità delle spese del presente procedimento.

Firme


* Lingua processuale: l'inglese.