Language of document : ECLI:EU:T:1999:335

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

16 dicembre 1999 (1)

«Trattato CECA - Ricorso di annullamento - Aiuti di Stato - Decisione che constata l'incompatibilità di aiuti e ordina la loro restituzione - Aiuti non notificati - Codice degli aiuti alla siderurgia applicabile - Diritti della difesa - Legittimo affidamento - Tassi di interesse applicabili - Motivazione»

Nella causa T-158/96,

Acciaierie di Bolzano SpA, società di diritto italiano, con sede in Bolzano (Italia), inizialmente con gli avv.ti Giulio Macrì, Bruno Nascimbene, del foro di Milano, e Massimo Condinanzi, del foro di Biella, in un secondo tempo con l'avv.Nascimbene, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'avv. Franco Colussi, 36, rue de Wiltz,

ricorrente,

sostenuta da

Falck SpA, società di diritto italiano, con sede in Milano (Italia), inizialmente con gli avv.ti Giulio Macrì e Franco Colussi, del foro di Milano, in un secondo tempo con gli avv.ti Macrì e Massimo Condinanzi, del foro di Biella, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'avv. Franco Colussi, 36, rue de Wiltz,

e

Repubblica italiana, rappresentata dal signor Umberto Colesanti, del servizio del contenzioso diplomatico, in qualità di agente, assistito dall'avvocato dello Stato Giacomo Aiello, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata d'Italia, 5, rue Marie-Adélaïde,

intervenienti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Enrico Traversa e Paul Nemitz, membri del servizio giuridico, e dal signor Enrico Altieri, giudice presso la Corte di Cassazione, in qualità di agenti, nonché, all'udienza, dall'avv. Tito Ballarino, del foro di Milano, con domicilio eletto presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda diretta all'annullamento della decisione della Commissione 17 luglio 1996, 96/617/CECA, relativa a taluni aiuti concessi dalla provincia autonoma di Bolzano (Italia) a favore dell'impresa Acciaierie di Bolzano (GU L 274, pag. 30),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione ampliata),

composto dai signori J.D. Cooke, presidente, e R. García-Valdecasas, dalla signora P. Lindh, e dai signori J. Pirrung e M. Vilaras, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 25 marzo 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Sfondo giuridico, fatti all'origine del ricorso e procedimento

Sfondo giuridico

1.
    L'art. 4 del Trattato CECA dispone quanto segue:

«Sono riconosciuti incompatibili con il mercato comune del carbone e dell'acciaio e, per conseguenza, sono aboliti e proibiti, alle condizioni previste dal presente trattato, nell'interno della Comunità:

(...)

c)    le sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati o gli oneri speciali imposti da essi, in qualunque forma».

2.
    L'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato CECA dispone:

«In tutti i casi non previsti dal presente trattato, nei quali una decisione o una raccomandazione della Commissione appaia necessaria per attuare, mentre è in funzione il mercato comune del carbone e dell'acciaio e conformemente alle disposizioni dell'articolo 5, uno degli scopi della Comunità, quali sono definiti agli articoli 2, 3 e 4, questa decisione o questa raccomandazione può essere presa con parere conforme del Consiglio deliberante all'unanimità e dopo consultazione del Comitato consultivo.

La stessa decisione o raccomandazione, presa nella medesima forma, determina eventualmente le sanzioni applicabili».

3.
    Al fine di rispondere alle esigenze della ristrutturazione del settore della siderurgia, la Commissione si è basata sulle disposizioni dell'art. 95 del Trattato per istituire, a partire dall'inizio degli anni '80, un regime comunitario che autorizza la concessione da parte dello Stato di aiuti alla siderurgia in taluni casi tassativamente enumerati. Tale regime ha costituito oggetto di adattamenti successivi, adottati al fine di far fronte alle difficoltà congiunturali dell'industria siderurgica. Le decisioni in seguito adottate al riguardo sono generalmente denominate «codici degli aiuti alla siderurgia».

4.
    La decisione della Commissione 1° febbraio 1980, n. 257/80/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti specifici alla siderurgia (GU L 29, pag. 5), costituisce il primo codice degli aiuti alla siderurgia. Esso era applicabile sino al 31 dicembre 1981. Esso è stato sostituito dalla decisione della Commissione 7 agosto 1981, n. 2320/81/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore dell'industria siderurgica (GU L 228, pag. 14), modificata dalla decisione della Commissione 19aprile 1985, n. 1018/85/CECA (GU L 110, pag. 5; in prosieguo: il «secondo codice»), applicabile sino al 31 dicembre 1985.

5.
    Il terzo codice degli aiuti alla siderurgia [decisione della Commissione 27 novembre 1985, n. 3484/85/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia (GU L 340, pag. 1; in prosieguo: il «terzo codice»)], era in vigore tra il 1° gennaio 1986 ed il 31 dicembre 1988. Il quarto codice degli aiuti alla siderurgia [decisione della Commissione 1° febbraio 1989, n. 322/89/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia (GU L 38, pag. 8)], era in vigore tra il 1° gennaio 1989 ed il 31 dicembre 1991.

6.
    Il quinto codice degli aiuti alla siderurgia, istituito dalla decisione della Commissione 27 novembre 1991, n. 3855/91/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia (GU L 362, pag. 57; in prosieguo: il «quinto codice»), era in vigore dal 1° gennaio 1992 al 31 dicembre 1996. Esso è stato sostituito, il 1° gennaio 1997, dalla decisione della Commissione 18 dicembre 1996, n. 2496/96/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia (GU L 338, pag. 42), che costituisce il sesto codice degli aiuti alla siderurgia.

Fatti all'origine della controversia

7.
    La ricorrente, l'Acciaierie di Bolzano (in prosieguo: l'«ACB»), è un'impresa che fabbrica prodotti d'acciaio speciale, che sono ricompresi sotto il numero di codice 4400 dell'allegato I del Trattato CECA e quindi nelle disposizioni del Trattato CECA. Fino al 31 luglio 1995, l'ACB era controllata dal gruppo siderurgico Falck SpA, società di diritto italiano (in prosieguo: la «Falck»). Tuttavia, a tale data, la società ricorrente è stata venduta alla società Valbruna Srl.

8.
    Con lettera 5 luglio 1982, la Commissione ha informato il governo italiano del fatto che aveva deciso di autorizzare il regime di aiuti regionali istituito dalla legge 8 settembre 1981, n. 25, della provincia autonoma di Bolzano, relativa a interventi finanziari nel settore industriale (in prosieguo la «legge provinciale n. 25/81»). In tale lettera, la Commissione sottolineava però che essa doveva pronunciarsi anche sull'applicazione settoriale della legge nazionale 12 agosto 1977, n. 675, concernente misure per il coordinamento della politica industriale, la ristrutturazione, la riconversione e lo sviluppo del settore (1/a) (in prosieguo: la «legge n. 675») applicabile in materia, e ch'essa si riservava quindi la facoltà di precisare le condizioni alle quali questo regime si sarebbe applicato alla provincia di Bolzano, in funzione della decisione ch'essa avrebbe adottato a livello nazionale. Essa precisava inoltre che le autorità di Bolzano dovevano rispettare integralmente la disciplina ed i codici comunitari concernenti la concessione di aiuti a favore della siderurgia.

9.
    L'art. 1 della decisione della Commissione 25 luglio 1990, 91/176/CECA, relativa ad aiuti concessi dalla provincia di Bolzano a favore delle Acciaierie di Bolzano (GU 1991, L 86, pag. 28; in prosieguo: la «decisione 91/176»), dispone:«L'abbuono d'interesse su un prestito [di 6 miliardi di LIT] concesso nel dicembre 1987 dalla provincia di Bolzano, [...] in applicazione della legge provinciale n. 25, dell'8 settembre 1981, costituisce un aiuto di Stato illegale perché attuato senza preventiva autorizzazione della Commissione, ed è inoltre incompatibile con il mercato comune ai sensi della decisione n. 3484/85/CECA [terzo codice]». In tale decisione, la Commissione non ha però richiesto il rimborso degli importi già versati, ma si è limitata ad ingiungere alle autorità della provincia di Bolzano di cessare l'applicazione dell'abbuono alle annualità del prestito controverso fino alla sua scadenza.

10.
    Al punto II, secondo comma, del preambolo a tale decisione, la Commissione ricorda che, il 25 maggio 1983, essa ha approvato, a norma del secondo codice, vari aiuti alla ristrutturazione di talune imprese del settore privato italiano dell'ordine di 40 miliardi di LIT, tra cui un importo di due miliardi di LIT a favore delle Acciaierie di Bolzano da accordare in base alla legge n. 675. In particolare, un progetto di miglioramento qualitativo dei prodotti del treno per vergella di Bolzano doveva fruire in tale contesto, tra l'altro, di un prestito agevolato di sei miliardi di LIT. Al punto II, terzo comma, della detta decisione, essa sottolinea tuttavia che il governo italiano ha fatto presente alla Commissione che, a motivo della struttura amministrativa italiana, che prevede un'ampia autonomia per le province di Trento e Bolzano, la legge nazionale n. 675 non era applicabile in questi territori e che nella provincia di Bolzano si applicava proprio la legge provinciale n. 25/81. Questo fatto avrebbe ritardato l'effettiva concessione dell'aiuto. La Commissione ne deduce, al punto III, secondo comma, della decisione, che l'aiuto approvato, poiché non è stato versato alla data imperativa prevista a tal fine dall'art. 2, n. 1, ultimo trattino, del secondo codice, cioè il 31 dicembre 1985, e non è stato nuovamente notificato o approvato dalla stessa conformemente al terzo codice, era divenuto illegittimo.

11.
    Il 21 dicembre 1994, in seguito ad una formale denuncia, la Commissione ha chiesto alle autorità italiane informazioni circa gli aiuti di cui aveva beneficiato la ricorrente. Il governo italiano ha risposto a tale richiesta con lettere 6 aprile e 2 maggio 1995.

12.
    Con lettera 1° agosto 1995, la Commissione ha informato il governo italiano della sua decisione di avviare il procedimento di cui all'art. 6, n. 4, del quinto codice e l'ha invitato a presentare le sue osservazioni. La decisione di avvio del procedimento è stata pubblicata il 22 dicembre 1995 sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (GU C 344, pag. 8; in prosieguo: la «decisione di avvio») e gli altri Stati membri nonchè i terzi interessati sono stati invitati a presentare le loro osservazioni.

13.
    Con lettera 18 gennaio 1996, la ricorrente, quale parte interessata, ha chiesto alla Commissione di essere consultata e sentita nell'ambito del procedimento avviato. Poiché a tale lettera non è stato dato riscontro, la ricorrente ha inviato allaCommissione una seconda lettera in data 28 marzo 1996, in cui chiedeva che le fosse indicato lo stato del procedimento e, in particolare, se la Commissione ritenesse di doverla sentire o di acquisire da essa informazioni.

14.
    L'associazione dei produttori di acciaio tedeschi, la Wirtschaftsvereinigung Stahl, e l'associazione dei produttori di acciaio britannici, The British Iron and Steel Producers Association, hanno comunicato le rispettive osservazioni alla Commissione con lettere 19 e 22 gennaio 1996. La Commissione ha trasmesso tali lettere alle autorità italiane con lettera 20 febbraio 1996.    

15.
    Con lettera 27 marzo 1996, le autorità italiane hanno comunicato le loro osservazioni alla Commissione.

Decisione impugnata

16.
    Il 17 luglio 1996, la Commissione ha adottato la decisione 96/617/CECA, relativa a taluni aiuti concessi dalla provincia autonoma di Bolzano a favore dell'impresa Acciaierie di Bolzano (GU L 274, pag. 30; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

17.
    Il punto I, terzo comma, del preambolo alla decisione impugnata elenca gli interventi pubblici accordati alla ricorrente dalla provincia autonoma di Bolzano, in base alla legge provinciale n. 25/81, nel periodo 1982/1990, come segue:

-    con delibera n. 784 del 14 febbraio 1983:

    - mutuo di 5,6 miliardi di LIT;

    - contributo a fondo perduto di 8 miliardi di LIT;

-    con delibera n. 3082 del 1° luglio 1985:

    - mutuo di 12,941 miliardi di LIT;

-    con delibera n. 6346 del 3 dicembre 1985:

    - contributo a fondo perduto di 10,234 miliardi di LIT;

-    con delibera n. 7673 del 14 dicembre 1987:

    - mutuo di 6,321 miliardi di LIT;

-    con delibera n. 2429 del 2 maggio 1988:

    - contributo a fondo perduto di 3,75 miliardi di LIT;

-    con delibera n. 4158 del 4 luglio 1988:

    - mutuo di 987 Mio di LIT;

    - contributo a fondo perduto di 650 Mio di LIT.

18.
    Il medesimo punto del preambolo alla decisione impugnata precisa che gli aiuti in parola sono stati accordati, da un lato, sotto forma di mutui decennali al tasso del 3%, ossia inferiore di circa nove punti percentuali rispetto al normale tasso di mercato applicato in Italia all'epoca (circa 12%), per complessivi 25,849 miliardi di LIT (12,025 milioni di ECU) e, dall'altro, sotto forma di contributi a fondo perduto, ossia senza obbligo di restituzione, per complessivi 22,634 miliardi di LIT (10,5 milioni di ECU).

19.
    La Commissione ha ritenuto che gli aiuti accordati prima del 31 dicembre 1985, anche qualora fossero esaminati alla luce delle disposizioni del secondo codice, non potrebbero considerarsi compatibili col mercato comune. Essa ha ricordato in proposito che, secondo l'art. 2, n. 1, di tale codice, gli aiuti alla siderurgia potevano essere considerati compatibili col mercato comune a condizione, segnatamente, che l'impresa beneficiaria avesse avviato un programma di ristrutturazione idoneo a ripristinare la sua competitività ed a renderla finanziariamente efficiente senza aiuti in normali condizioni di mercato e che detto programma determinasse una riduzione globale della capacità produttiva dell'impresa. Orbene, nessuna di queste due condizioni era soddisfatta nel caso di specie.

20.
    In secondo luogo, la Commissione ha ricordato che il codice degli aiuti alla siderurgia vigente alla data di adozione della decisione elencava in modo tassativo le deroghe esistenti all'art. 4, lett. c), del Trattato CECA, cioè gli aiuti destinati a coprire le spese per progetti di ricerca e sviluppo nonché gli aiuti a favore della tutela dell'ambiente e gli aiuti per le chiusure. Essa ha concluso che tali deroghe non erano applicabili nel caso di specie.

21.
    La Commissione ha però tenuto conto, per gli interventi pubblici accordati anteriormente al 1° gennaio 1986, di determinate circostanze particolari che avevano potuto indurre in errore le autorità italiane quanto alle regole da osservare, all'epoca, per la notificazione degli aiuti in questione. Di conseguenza la Commissione non ha richiesto la restituzione degli aiuti accordati anteriormente al 1° gennaio 1986.

22.
    La decisione impugnata dispone:

«Articolo 1

Le misure di aiuto di cui ha beneficiato l'impresa Acciaierie di Bolzano in forza della legge provinciale n. 25/81 sono illegali non essendo state notificate prima dellaloro concessione. Tali misure sono incompatibili con il mercato comune in forza dell'articolo 4, lettera c), del trattato CECA.

Articolo 2

L'Italia procede, secondo le disposizioni della legislazione italiana applicabile alla riscossione dei crediti dello Stato, al recupero degli aiuti accordati dal 1° gennaio 1986 alle Acciaierie di Bolzano, in forza della legge provinciale n. 25/81, con delibere n. 7673 del 14 dicembre 1987, n. 2429 del 2 maggio 1988 e n. 4158 del 4 luglio 1988. Per sopprimere gli effetti risultanti da tali aiuti, il loro importo è maggiorato degli interessi che decorrono dal giorno del versamento degli aiuti fino alla data del rimborso. Il tasso di interesse applicabile è il tasso utilizzato dalla Commissione per il calcolo dell'equivalente sovvenzione netto degli aiuti a finalità regionale nel corso del periodo considerato.

(...)».

Procedimento

23.
    Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 12 ottobre 1996, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

24.
    Con istanze rispettivamente presentate in cancelleria il 17 e il 28 maggio 1997, la società Falck e la Repubblica italiana hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della ricorrente.

25.
    Tali domande sono state ammesse con ordinanza del presidente della Quarta Sezione ampliata l'11 luglio 1997.

26.
    Con memorie rispettivamente depositate il 25 settembre ed il 27 ottobre 1997, la Falck e la Repubblica italiana hanno presentato le loro osservazioni. La ricorrente e la Commissione hanno presentato le loro osservazioni su tali memorie d'intervento il 16 marzo 1998.

27.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione ampliata) ha deciso, da un lato, di adottare misure di organizzazione del procedimento invitando alcune parti a rispondere per iscritto a determinati quesiti e a produrre taluni documenti e, dall'altro, di passare alla fase orale.

28.
    Le parti sono state sentite nelle loro difese e hanno risposto ai quesiti del Tribunale all'udienza del 25 marzo 1999.

Conclusioni delle parti

29.
    L'ACB, ricorrente, chiede che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione impugnata;

-    in via subordinata, dichiarare insussistente l'obbligo di procedere al recupero e, di conseguenza, non dovuto il recupero degli aiuti concessi dopo il 1° gennaio 1986, quale previsto dall'art. 2 della decisione impugnata e, parimenti, non dovuti gli interessi di cui al medesimo art. 2;

-    condannare la Commissione alle spese.

30.
    La Falck e la Repubblica italiana, intervenienti, concludono nel medesimo senso della ricorrente ed invitano il Tribunale a condannare la convenuta all'integralità delle spese, comprese quelle relative all'intervento.

31.
    La Commissione, convenuta, conclude che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare la ricorrente alle spese.

Sulla ricevibilità dell'intervento

32.
    La Commissione, che in un primo tempo non si era opposta alla domanda d'intervento della Falck, ritiene, nelle sue osservazioni sulle memorie d'intervento, che la Falck non disponga più di un interesse ad intervenire diretto, concreto e giuridicamente rilevante. Di conseguenza, essa conclude che il Tribunale voglia dichiarare irricevibile la sua istanza d'intervento.

33.
    Orbene, se non è escluso che il Tribunale, dopo aver ammesso la Falck ad intervenire a sostegno delle conclusioni della ricorrente, proceda ad un riesame della ricevibilità del suo intervento (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 ottobre 1980, causa 138/79, Roquette Frères/Consiglio, Racc. pag. 3333), le circostanze del caso di specie non sono tali da imporre un riesame siffatto.

34.
    In effetti, da un lato, il fatto che la Falck non possedesse più la società ricorrente era noto al momento della presentazione della sua istanza d'intervento, senza che la Commissione avesse allora sollevato obiezioni al riguardo. Peraltro, l'ordinanza 11 luglio 1997 del presidente della Quarta Sezione ampliata che ammette l'intervento della Falck include una motivazione che tiene conto del fatto ch'essa non possiede più la società ricorrente. Infatti, secondo tale ordinanza:

«A sostegno dell'istanza la Falck SpA fa valere che all'epoca dei fatti all'origine della decisione della Commissione essa controllava direttamente la ricorrente la quale, a sua volta, beneficiava degli aiuti dichiarati incompatibili con il mercato comune della detta decisione. Il 31 luglio 1995 la Falck SpA e le Acciaierie Valbruna Srl avrebbero stipulato accordi per il trasferimento del capitale socialedella ricorrente. Qualora il presente ricorso non venisse accolto e, di conseguenza, in conformità alla decisione della Commissione si procedesse al recupero delle somme erogate come aiuti alla ricorrente, le Acciaierie Valbruna Srl o la ricorrente sarebbero autorizzate, in forza delle disposizioni dei suddetti accordi, a proporre un'azione di regresso nei confronti della Falck SpA (...)».

35.
    Non va quindi rimesso nuovamente in questione l'interesse ad intervenire della Falck.

Sulle conclusioni di annullamento

36.
    La ricorrente solleva sei motivi a sostegno delle sue conclusioni di annullamento, fondati sostanzialmente sulla violazione dei diritti della difesa, sull'applicazione retroattiva delle disposizioni comunitarie, sulla violazione dei principi di collaborazione leale, buona fede, tutela del legittimo affidamento e proporzionalità, su un errore di diritto nella valutazione della compatibilità degli aiuti col mercato comune dell'acciaio e su un'errata applicazione degli elementi di fatto, su un errore commesso nella fissazione del tasso d'interesse e, infine, sull'assenza di motivazione.

Sul primo motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa

Argomenti delle parti

37.
    La ricorrente afferma che essa, dal momento in cui era venuta a conoscenza della decisione di avvio del procedimento, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il 22 dicembre 1995, ha fatto presente alla Commissione, con lettere 18 gennaio e 28 marzo 1996, la necessità di essere consultata e sentita nell'ambito del procedimento. Tuttavia, rimaste senza replica le due lettere, solo per il tramite della decisione impugnata essa sarebbe venuta a conoscenza delle osservazioni presentate dal governo italiano e dalle due associazioni di produttori siderurgici. Nella replica, essa sottolinea che, nella lettera del 18 gennaio 1996, formulò espressamente la richiesta di partecipare alla procedura di modo che essa avrebbe disposto di un diritto di accesso al fascicolo.

38.
    Essa rileva che il rispetto delle prerogative della difesa esige che la persona a carico della quale la Commissione ha avviato un procedimento amministrativo dev'essere posta in grado, durante tale procedura, di manifestare efficacemente il proprio punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze addebitatele e sui documenti di cui si è servita la Commissione per suffragare le proprie asserzioni circa l'esistenza di una trasgressione del diritto comunitario (v., segnatamente, sentenza della Corte 10 luglio 1986, causa 234/84, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2263, punto 27).

39.
    Nel caso di specie, la violazione di tali principi sarebbe particolarmente evidente nella misura in cui essa, lungi dal rimanere inattiva, ha manifestato a due riprese il suo interesse a partecipare al procedimento.

40.
    La Commissione rileva che la ricorrente non ha chiesto di accedere al fascicolo. In effetti, nelle due lettere del 18 gennaio e del 28 marzo 1996, essa si limitava a chiedere di conoscere lo stato della procedura, nonché a manifestare la propria disponibilità a cooperare con la Commissione nell'ambito della sua istruttoria.

41.
    La Commissione non avrebbe peraltro posto in non cale i diritti processuali della ricorrente, poiché essa deve soltanto porre gli interessati nella condizione di presentare le loro osservazioni, al fine di poter disporre di ogni informazione necessaria per emettere la decisione (v. sentenza della Corte 12 luglio 1973, causa 70/72, Commissione/Germania, Racc. pag. 813, punto 19). A differenza dello Stato membro interessato, che è l'unico destinatario della decisione, ai terzi al procedimento non sono riconosciuti né l'accesso al fascicolo né il diritto di essere sentiti (v. sentenza della Corte 20 marzo 1984, causa 84/82, Germania/Commissione, Racc. pag. 1451, punto 13).

Giudizio del Tribunale

42.
    Il procedimento amministrativo in materia di aiuti è avviato solo nei confronti dello Stato membro interessato. Il beneficiario dell'aiuto, come la ricorrente, è ritenuto soltanto «interessato» in tale procedimento.

43.
    Infatti l'art. 6, n. 4, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia prevede che qualora la Commissione, «dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto non è compatibile con le disposizioni della presente decisione, informa lo Stato membro interessato della propria decisione».

44.
    Né dalla formulazione di tale articolo né da alcun'altra disposizione relativa agli aiuti di Stato, né dalla giurisprudenza comunitaria emerge che la Commissione sarebbe obbligata a sentire il beneficiario di fondi statali in merito alla valutazione in diritto che la stessa fa circa gli aiuti controversi.

45.
    In effetti, il beneficiario, lungi dal potersi valere dei diritti della difesa spettanti a coloro nei cui confronti è aperto un procedimento, dispone soltanto del diritto di essere associato al procedimento amministrativo in misura adeguata, tenuto conto delle circostanze del caso di specie (v., per analogia, sentenza del Tribunale 25 giugno 1998, cause riunite T-371/94 e T-394/94, British Airways e a. e British Midland Airways/Commissione, Racc. pag. II-2405, punto 60).

46.
    Nel caso di specie, la ricorrente è stata messa nella condizione di presentare le sue osservazioni sui fatti considerati e sulle valutazioni compiute dalla Commissione nella decisione di avviare il procedimento in questione, anche se essa non si è avvalsa di tale possibilità.

47.
    La Commissione non ha quindi violato alcun diritto processuale della ricorrente.

48.
    Ne deriva che il primo motivo va respinto.

Sul secondo motivo, fondato sull'applicazione retroattiva delle regole comunitarie

Argomenti delle parti

49.
    La ricorrente denuncia l'assenza di chiarezza della decisione impugnata in rapporto alla normativa applicabile. A suo avviso, tale decisione sembra essere stata adottata in forza del codice degli aiuti alla siderurgia vigente al momento della sua adozione, pur senza escludere l'applicazione del codice vigente al momento dell'erogazione dell'aiuto in questione. Non si sarebbero rispettate peraltro le valutazioni svolte nella decisione 91/176, che artificiosamente ha distinto il momento dell'erogazione da quello del versamento dell'aiuto.

50.
    Essa ritiene che l'applicazione nel caso di specie del codice vigente al momento dell'adozione della decisione impugnata sia in contrasto con i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto. Nel settore degli aiuti di Stato, tali principi limiterebbero l'azione della Commissione (v. sentenze della Corte 24 febbraio 1987, causa 310/85, Deufil/Commissione, Racc. pag. 901, punti 20 e ss., e 24 novembre 1987, causa 223/85, RSV/Commissione, Racc. pag. 4617, punti 15 e ss.). In effetti, il comportamento adottato dalla Commissione nel caso di specie avrebbe posto gli interessati in una posizione tale ch'essi non sarebbero stati in grado di determinare quale diritto fosse loro applicabile.

51.
    Emergerebbe dalla prassi amministrativa della Commissione che il codice applicabile era quello vigente al momento della concessione dell'aiuto, data a cui debbono valutarsi gli effetti dell'aiuto sul mercato comune.

52.
    Infine, la ricorrente si oppone alla tesi della Commissione secondo cui, da un lato, l'esercizio dei suoi poteri non sarebbe sottoposto ad alcuna limitazione temporale, quale un termine di prescrizione, e, dall'altro, il suo potere di verifica e di controllo sarebbe condizionato ovvero limitato dal periodo di vigenza della norma disciplinatrice del regime degli aiuti. Il sistema comunitario, che presenta le caratteristiche fondamentali di una «comunità di diritto», osterebbe a tale assunto (v., segnatamente, sentenza della Corte 23 aprile 1986, causa 294/83, Les Verts/Parlamento, Racc. pag. 1339).

53.
    La Repubblica italiana fa valere che la compatibilità col mercato comune di aiuti notificati è valutata con riguardo alla normativa vigente alla data in cui essi devono essere concessi. Conseguentemente, la valutazione a posteriori della compatibilità col mercato comune di aiuti non notificati dovrebbe effettuarsi, pur trattandosi di aiuti illegittimi, con riguardo alla normativa vigente al momento della loro concessione.

54.
    La Commissione nega di aver proceduto all'applicazione retroattiva di una nuova disciplina.

55.
    Essa sottolinea che il divieto degli aiuti enunciato dall'art. 4, lett. c), del Trattato CECA, a differenza di quello previsto dal Trattato CE, ha un carattere generale ed assoluto. I codici degli aiuti alla siderurgia istituirebbero, certo, deroghe all'art. 4, lett. c), del Trattato CECA introducendo la possibilità di ottenere, in determinati casi precisi e per periodi di tempo limitati, una specifica autorizzazione della Commissione. Tuttavia, tale autorizzazione sarebbe circoscritta all'ambito temporale in cui essa, per circostanze del tutto eccezionali, ha ritenuto di dover derogare alla regola del divieto assoluto.

56.
    Infatti, trascorso il periodo di applicabilità indicato dal codice, la Commissione perderebbe il potere di autorizzare, in deroga al divieto generale, un aiuto alla siderurgia. Il successivo esercizio di tale potere sarebbe condizionato all'emanazione di ulteriori provvedimenti di deroga cui essa dovrebbe conformarsi. Lo Stato membro che non ha ottemperato all'obbligo di notificazione nel termine stabilito dal codice non potrebbe quindi rivendicare l'esercizio di un potere di verifica della Commissione che si è estinto. Esso subirebbe quindi il rischio di una restrizione del regime di aiuti, o addirittura di un assoluto divieto degli stessi. Ammesso che la valutazione degli aiuti sia stata effettuata soltanto alla stregua delle disposizioni del quinto codice, non si tratterebbe affatto dell'applicazione retroattiva di regole non ancora vigenti al tempo dell'erogazione degli aiuti, ma semplicemente delle uniche norme che consentivano alla Commissione di derogare al divieto generale di aiuti alla siderurgia.

57.
    La Commissione confuta l'argomento della ricorrente secondo cui l'esercizio dei suoi poteri sarebbe soggetto ad un termine di prescrizione. All'udienza essa rileva in proposito che il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell'articolo 93 del Trattato CE (GU L 83, pag. 1), il cui art. 15, n. 1, dispone che i poteri della Commissione per quanto riguarda il recupero degli aiuti sono soggetti ad un periodo limite di 10 anni. Orbene, l'inesistenza, al momento dell'adozione della decisione impugnata, di regole di prescrizione significherebbe precisamente che non sussisteva all'epoca la condizione relativa alla prescrizione.

58.
    Infine, la Commissione contesta l'argomento della ricorrente secondo cui emergerebbe dalla sua prassi amministrativa che il codice applicabile dev'essere quello vigente al momento della concessione dell'aiuto. Norme non più applicabili al momento in cui essa adotta una decisione potrebbero essere rilevanti nel contesto dell'adozione di quest'ultima solo in presenza di particolari circostanze. In ogni caso, non sarebbe esatto considerare che la data del versamento di un aiuto incida sulle regole applicabili. All'udienza, la Commissione ha affermato che la decisione 91/176 faceva erroneamente supporre che di ciò si trattava.

Giudizio del Tribunale

59.
    Va ricordato che l'art. 4, lett. c), del Trattato CECA dispone che sono proibiti le sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati membri, in qualunque forma.

60.
    E' vero che, ai sensi dell'art. 95 del Trattato CECA, sono state adottate talune deroghe a tale divieto, tra cui segnatamente i codici degli aiuti alla siderurgia. Tuttavia, tali codici mirano soltanto ad autorizzare in generale, e a talune condizioni, deroghe al divieto degli aiuti a favore di determinate categorie di aiuti da esso elencate in modo tassativo. Gli aiuti che non rientrano nelle categorie che il codice esenta da detto divieto rimangono pertanto esclusivamente soggetti all'art. 4, lett. c), del Trattato (v. sentenza del Tribunale 24 ottobre 1997, causa T-239/94, EISA/Commissione, Racc. pag. II-1839, punto 72).

61.
    Peraltro, contrariamente alle disposizioni del Trattato CE relative agli aiuti di Stato, che autorizzano permanentemente la Commissione a statuire sulla loro compatibilità, le deroghe previste dai codici al principio del divieto assoluto degli aiuti sancito dall'art. 4, lett. c), del Trattato possono essere accordate solo per un periodo da essi predeterminato (v. sentenza del Tribunale 31 marzo 1998, causa T-129/96, Preussag Stahl/Commissione, Racc. pag. II-609, punto 43).

62.
    Ne consegue che, una volta scaduto il periodo di applicabilità previsto dal codice, la Commissione non ha più il potere di autorizzare, a norma delle deroghe previste, un aiuto alla siderurgia non notificato nel contesto dello stesso codice (v., in tal senso, sentenza della Corte 3 ottobre 1985, causa 214/83, Germania/Commissione, Racc. pag. 3053, punto 47).

63.
    Nel caso di specie, è certo che gli aiuti di cui trattasi non sono stati notificati.

64.
    In tale ipotesi, lo Stato membro che ha posto in non cale il suo obbligo di notifica non può esigere che la Commissione eserciti un controllo sulla compatibilità col mercato comune di un aiuto rispetto al codice abrogato. Del pari, uno Stato membro siffatto, che non ha osservato le condizioni formulate dal detto codice, non ha il diritto di far valere il principio di certezza del diritto onde fruire delle deroghe ivi menzionate (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 ottobre 1997, causa T-331/94, IPK/Commissione, Racc. pag. II-1665, punto 45).

65.
    Così è anche per la ricorrente. Essa non ha il diritto di esigere che la Commissione eserciti un controllo sulla compatibilità col mercato comune, rispetto ad un codice abrogato, degli aiuti accordati a suo favore. La Commissione ha infatti esercitato il suo controllo in conformità dell'unico codice che autorizza un esame siffatto. Giustamente afferma quindi la Commissione che, nel caso di specie, essa non ha affatto applicato retroattivamente regole non vigenti al momento della concessione degli aiuti di cui trattasi.

66.
    La ricorrente invoca ugualmente il principio di tutela del legittimo affidamento.

67.
    Va ricordato al riguardo che, in circostanze eccezionali, il beneficiario di un aiuto dichiarato illegittimo o incompatibile col mercato comune può invocare tale principio al fine di contestarne il recupero. Orbene, tale questione non è collegata col punto se quel codice fosse applicabile nella fattispecie e sarà esaminata nel contesto del terzo motivo.

68.
    Occorre pertanto concludere che la Commissione non era tenuta a riferirsi ai vecchi codici degli aiuti alla siderurgia. La circostanza che per soprammercato vi abbia fatto riferimento non può modificare tale situazione di diritto.

69.
    Peraltro, l'argomento della ricorrente diretto ad affermare che la decisione di recuperare gli aiuti fosse illegittima in ragione del fatto che la Commissione non aveva osservato un termine di prescrizione non può essere accolto. Infatti, al momento dell'adozione della decisione impugnata, non era stato fissato dal legislatore comunitario nessun termine di prescrizione in materia di azioni della Commissione riguardanti aiuti statali non notificati. Pertanto, la Commissione non era tenuta a rispettare un termine di prescrizione quando essa ha adottato la decisione in parola (v., segnatamente, sentenza del Tribunale 15 settembre 1998, cause riunite T-126/96 e T-127/96, BFM e EFIM/Commissione, Racc. pag. II-3437, punto 67).

70.
    Ne consegue che il secondo motivo va respinto.

Sul terzo motivo, fondato sulla violazione dei principi di collaborazione leale, buona fede, tutela del legittimo affidamento e proporzionalità

Argomenti delle parti

71.
    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata va esaminata insieme con la decisione 91/176, essendo gli eventi ed elementi relativi a quest'ultima i medesimi oggetto della decisione impugnata. Essa sostiene che l'aiuto al centro di tale decisione è stato ritenuto incompatibile col mercato comune dell'acciaio soltanto perché il versamento del prestito costitutivo dell'aiuto era avvenuto in epoca successiva alla scadenza, il 31 dicembre 1985, del periodo di vigenza del secondo codice: un mero profilo formale avrebbe assunto, dunque, rilevanza sostanziale, perché l'aiuto in questione avrebbe dovuto essere esaminato a norma del terzo codice, entrato in vigore il 1° gennaio 1986.

72.
    La ricorrente rileva in secondo luogo che, nel 1982, aveva predisposto un piano di ristrutturazione nell'ambito della legge provinciale n. 25/81. Essa fa osservare che tale piano è stato approvato dalla Commissione nel 1983. Inoltre, la provincia di Bolzano avrebbe interrogato la Commissione circa la necessità di notificare o meno i progetti di aiuto rientranti nella legge provinciale n. 25/81. In mancanza di risposta, la provincia avrebbe ritenuto non dovuta la notifica. Tale posizione era a maggior ragione più comprensibile per il fatto che, da un lato, la lettera inviatadalla Commissione il 5 luglio 1982 al governo italiano indicava che essa si riservava «la facoltà di precisare le condizioni alle quali questo regime si applicherà alla provincia di Bolzano, in funzione della decisione che essa adotterà a livello nazionale», e che, dall'altro, la Commissione mai precisò tali condizioni.

73.
    La ricorrente aggiunge che, alla data dell'adozione della decisione 91/176, il 25 luglio 1990, tutte le delibere della provincia di Bolzano erano state adottate e gli aiuti concessi erano stati versati. Sarebbe anomalo che a quell'epoca le dette delibere, malgrado il tempo trascorso (cioè sette anni dalla prima e due anni dalla seconda), non fossero conosciute dalla Commissione né prese in considerazione da parte di quest'ultima.

74.
    Tenuto conto di tali circostanze, la Commissione avrebbe violato, in primo luogo, il principio di cooperazione leale [v. art. 86 del Trattato CECA, che corrisponderebbe sostanzialmente all'art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE)]. Essa, infatti, non avrebbe prestato la necessaria attività di collaborazione sancita dal Trattato CECA non solo omettendo di collaborare con le autorità nazionali, ma anche ritardando l'avvio del procedimento pur essendole noti i fatti che avrebbero dovuto sollecitarne l'inizio, e ritardando la definizione dello stesso accompagnata dall'adozione di una decisione negativa di incompatibilità.

75.
    In secondo luogo, essa avrebbe violato i principi di buona fede e di tutela del legittimo affidamento. In effetti, il comportamento della Commissione ed in particolare la lunghezza del procedimento avrebbero fatto sorgere il legittimo affidamento nelle autorità nazionali e nella ricorrente circa la legittimità degli aiuti controversi. Esse avrebbero agito secondo il principio di buona fede, non potendo ragionevolmente ritenere che la Commissione potesse contestare gli aiuti. Infatti, non solo quest'ultima nulla ebbe ad eccepire quando ne fu richiesta, ma, inoltre, per lungo tempo successivamente alla concessione degli aiuti, non aveva ritenuto necessario sollevare obiezioni (v. sentenze della Corte 15 gennaio 1986, causa 52/84, Commissione/Belgio, Racc. pag. 89, punto 16, e RSV/Commissione, già citata).

76.
    La Falck accoglie la tesi della ricorrente affermando che dagli atti processuali presentati da quest'ultima risulta come, una volta notificato il piano di ristrutturazione e non essendo intervenuta reazione alcuna da parte della Commissione (malgrado le sollecitazioni della provincia di Bolzano e del governo italiano), ben fosse legittimo l'affidamento della ricorrente circa la regolarità degli aiuti versati. Piano originario e piano integrativo di ristrutturazione si collocano in una indubbia continuità di progettazione e programmazione degli interventi. L'integrazione ed esecuzione di tale piano rispetto al regime «esistente» non necessiterebbero quindi di alcuna comunicazione o notifica, non trattandosi di aiuti «nuovi» (v. sentenza della Corte 9 agosto 1994, causa C-44/93, Namur-Les assurances du crédit, Racc. pag. I-3829).

77.
    In secondo luogo, la ricorrente sostiene di aver dato prova di diligenza nel verificare gli aiuti di cui a più riprese era stata beneficiaria. La Commissione non fornirebbe peraltro alcuna prova che dimostri che ciò non corrispondeva al vero. Pertanto, il legittimo affidamento e la buona fede della ricorrente dovrebbero ritenersi presunti.

78.
    La ricorrente sostiene poi che il decorso di un periodo così lungo tra la concessione degli aiuti e l'adozione della decisione impugnata trasforma il recupero degli aiuti in sanzione, non prevista dal diritto comunitario. Il recupero non perseguirebbe più lo scopo di ristabilire l'equilibrio del mercato e di rimuovere gli effetti distorsivi degli aiuti versati, dato che durante tale periodo di tempo sarebbero mutate le condizioni di mercato, nonché le situazioni di fatto ma anche di diritto. Potrebbe peraltro verificarsi la prescrizione secondo il diritto nazionale.

79.
    L'effetto di trasformazione del recupero in sanzione sarebbe rafforzato dal fatto che il recupero è gravato da interessi decorrenti dalla data di concessione degli aiuti e non da quella di adozione della decisione impugnata. Ciò contrasterebbe anche col principio di proporzionalità, poiché, anche nell'ipotesi in cui il recupero sia un atto dovuto, il sacrificio imposto alla ricorrente sarebbe eccessivo e quindi sproporzionato, date le circostanze della fattispecie.

80.
    Da ultimo, la ricorrente fa valere che motivi di equità, opportunità e giustizia, che avevano indotto la Commissione a non ordinare il recupero dei primi tre aiuti, avrebbero dovuto indurla anche a non chiedere il recupero degli ultimi tre. La sola considerazione del tempo trascorso, cioè tredici anni dalla prima delibera e otto dalla seconda, avrebbe dovuto condurre all'adozione di una diversa decisione da parte della Commissione.

81.
    La Commissione contesta gli argomenti che precedono. Essa rileva in particolare che, se, nel maggio 1983, aveva autorizzato, sulla base del secondo codice degli aiuti alla siderurgia, gli aiuti agli investimenti accordati alla ricorrente nell'ambito di un piano di ristrutturazione adottato conformemente alla legge provinciale n. 25/81 e notificato nel settembre 1980, tale decisione non poteva essere considerata come autorizzante l'erogazione di qualsiasi aiuto in attuazione del detto piano. Una specifica autorizzazione della Commissione sarebbe necessaria in ciascun caso.

82.
    D'altra parte, la decisione del 1983 della Commissione avrebbe fissato, come data ultima per l'erogazione dell'aiuto (un mutuo agevolato di 6,5 miliardi di LIT, con una differenza, rispetto al tasso di mercato, di 2 miliardi), il 31 dicembre 1985, pena l'incompatibilità con il mercato comune. L'erogazione tardiva del detto mutuo aveva, quindi, comportato l'emanazione della decisione 91/176, con la quale veniva dichiarata l'incompatibilità dell'aiuto col mercato comune. Ma, in considerazione della buona fede delle autorità italiane e delle difficoltà operative conseguenti alla ripartizione di competenze tra le autorità provinciali e nazionali, non se ne sarebbe disposta la restituzione. Si tratterebbe pertanto di una decisione a contenutonegativo, la quale non autorizzava alcun aiuto e che non creava alcun legittimo affidamento, per il futuro, in relazione ad altre misure di sostegno per cui facessero difetto le speciali circostanze che avevano giustificato la mancata disposizione di recupero.

Giudizio del Tribunale

83.
    Va anzitutto esaminato l'argomento della ricorrente relativo alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

84.
    Secondo la costante giurisprudenza, le imprese beneficiarie di un aiuto statale possono fare legittimo affidamento sulla regolarità dell'aiuto solamente qualora quest'ultimo sia stato concesso nel rispetto della procedura di cui un operatore economico diligente dev'essere in grado di accertarsi (v. sentenza della Corte 20 settembre 1990, causa C-5/89, Commissione/Germania, Racc. pag. I-3437, punto 14, e sentenza Preussag Stahl/Commissione, già citata, punto 77). Il beneficiario di un aiuto illegittimo può utilmente far valere tale principio solo in circostanze eccezionali che abbiano potuto legittimamente fondare il suo affidamento sulla regolarità di tale aiuto (v. sentenza della Corte 10 giugno 1993, causa C-183/91, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-3131, punto 18).

85.
    Nel caso di specie, il Tribunale ha dichiarato, al punto 63 supra, che gli aiuti di cui trattasi non sono stati notificati e, conseguentemente, gli stessi non sono stati concessi nell'osservanza del procedimento applicabile. La ricorrente non ha, d'altro canto, provato l'esistenza di una circostanza eccezionale che abbia potuto fondare il suo affidamento sulla regolarità degli aiuti.

86.
    Anzitutto, è certo che, dopo l'entrata in vigore del terzo codice, il 1° gennaio 1986, l'obbligo di notificare un intervento finanziario non era soggetto a condizioni. Infatti, l'art. 6 di tale codice prevedeva che la Commissione dovesse essere informata in tempo utile per presentare le proprie osservazioni su progetti diretti ad istituire o modificare aiuti nonché su qualsiasi altro progetto di interventi finanziari degli Stati membri, degli enti locali o degli organismi che utilizzano a tal fine risorse statali a vantaggio di imprese siderurgiche. Infine, tale articolo disponeva che tutti i casi concreti di applicazione degli aiuti dovevano essere notificati.

87.
    Ne deriva che la ricorrente non ha il diritto di sostenere che non era a conoscenza dell'obbligo in capo allo Stato di notificare i progetti concreti di aiuto che, successivamente al 1° gennaio 1986, s'iscrivessero nel suo piano di ristrutturazione, né che non occorresse informare la Commissione in merito allo sviluppo della ristrutturazione dell'impresa e segnatamente al programma complementare di ristrutturazione 26 giugno 1986.

88.
    Successivamente, va osservato che la Commissione ha indicato, nella lettera 5 luglio 1982, ch'essa doveva pronunciarsi sull'applicazione settoriale della legge n. 675 ech'essa si riservava la facoltà di precisare le condizioni alle quali questo regime si sarebbe applicato alla provincia di Bolzano, in funzione della decisione ch'essa avrebbe adottato a livello nazionale. In questa stessa lettera, la Commissione ha anche precisato che le autorità di Bolzano dovevano rispettare integralmente la disciplina ed i codici comunitari concernenti la concessione di aiuti a favore della siderurgia (v. punto 8 supra).

89.
    Per di più, nella decisione del 1983, la Commissione ha precisato che l'autorizzazione degli aiuti al centro di tale decisione era subordinata ai risultati di controlli da essa istituiti e, inoltre, che era escluso qualsiasi versamento di aiuti oltre la data del 31 dicembre 1984.

90.
    Ne consegue che la Commissione non ha affatto emesso un'autorizzazione definitiva per tutti gli aiuti concessi nel contesto del regime generale di cui trattasi e che l'autorizzazione era limitata nel tempo. Alla luce di quanto precede, la mancata risposta della Commissione ad una lettera della provincia di Bolzano non può giustificare l'inosservanza dell'obbligo di notifica, tanto più che sono state modificate nel frattempo le condizioni di esenzione degli aiuti alla siderurgia.

91.
    Inoltre, il termine in cui la Commissione aveva il diritto di autorizzare un aiuto, in conformità del secondo codice, era il 31 dicembre 1985. Perciò gli aiuti versati successivamente al 1° gennaio 1986, di cui la Commissione ha chiesto la restituzione, non erano più coperti dal secondo codice, di modo che non poteva sussistere in capo alla ricorrente, in base allo stesso codice, un affidamento sulla loro legittimità.

92.
    Va ancora precisato, infine, che la decisione 91/176 constata che l'abbuono di interessi per un prestito accordato nel dicembre 1987 è un aiuto di Stato illegittimo, perché esso è stato attuato senza autorizzazione preliminare della Commissione e, inoltre, è incompatibile col mercato comune ai sensi del terzo codice. Non v'è quindi alcuna contraddizione fra tale decisione e la decisione impugnata, di modo che la ricorrente non ha il diritto di avvalersi di tale decisione al fine di provare l'esistenza del legittimo affidamento. Il fatto che la Commissione abbia considerato equo non ordinare la restituzione dell'aiuto di cui alla decisione 91/176, in ragione delle particolari circostanze ivi esposte, non può implicare ch'essa sia vincolata da siffatte considerazioni nell'esame della compatibilità degli aiuti col mercato comune nella presente fattispecie.

93.
    In secondo luogo, va respinto l'argomento della ricorrente secondo cui essa ha dato prova di diligenza. In effetti, va constatato che il solo elemento di prova da essa fornito al riguardo è una dichiarazione del 2 febbraio 1999 del suo direttore amministrativo, il signor Sergio Moresetti, da cui risulta che si erano stabiliti contatti tra quest'ultimo ed i funzionari di Bolzano. Orbene, prendendo contatto con le autorità locali, la ricorrente non si è affatto assicurata, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, che il procedimento di notifica fosse stato rispettato.

94.
    In terzo luogo, va dichiarato che la ricorrente, date le circostanze della fattispecie, non può far utilmente valere la violazione dei principi di collaborazione leale e di buona fede. Infatti, il controllo degli aiuti presuppone che gli Stati membri soddisfino il loro obbligo di notifica. Pertanto, la ricorrente non ha il diritto di fondarsi sul fatto che la Commissione non ha precedentemente scoperto l'esistenza di aiuti illegittimi. In caso contrario, le disposizioni del Trattato CECA relative agli aiuti di Stato sarebbero private di qualsiasi effetto utile. In ogni caso, l'asserzione secondo cui la Commissione avrebbe dovuto avere conoscenza dell'esistenza degli aiuti di cui trattasi non è suffragata da alcuna prova.

95.
    Secondo una costante giurisprudenza, il principio di proporzionalità esige che gli atti delle istituzioni comunitarie non vadano oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefisso, fermo restando che, qualora si presenti una scelta tra più misure appropriate, è necessario ricorrere alla meno restrittiva (v., ad esempio, le sentenze della Corte 17 maggio 1984, causa 15/83, Denkavit Nederland, Racc. pag. 2171, punto 25, e 11 luglio 1989, causa 265/87, Schräder, Racc. pag. 2237, punto 21).

96.
    Orbene, poiché la soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero è la logica conseguenza dell'accertamento della sua illegittimità (v. sentenze della Corte 21 marzo 1990, causa C-142/87, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-959, punto 66, 21 marzo 1991, causa C-305/89, Italia/Commissione, Racc. pag. I-1603, punto 41, e del Tribunale 8 giugno 1995, causa T-459/93, Siemens/Commissione, Racc. pag. II-1675, punto 96), una misura siffatta non può, in linea di principio, ritenersi un provvedimento sproporzionato rispetto alle finalità delle disposizioni del Trattato CECA in materia di aiuti di Stato. Ne discende del pari che un siffatto provvedimento, anche se posto in essere molto tempo dopo la concessione dell'aiuto, non può costituire una sanzione non prevista dal diritto comunitario.

97.
    Lo stesso vale per il recupero degli interessi. Dato che gli effetti utili del Trattato CECA sarebbero elusi se si permettesse alle imprese beneficiarie di trarre profitto dalla disponibilità di denaro durante il periodo compreso tra la concessione e l'effettiva restituzione degli aiuti (v., per analogia, sentenza del Tribunale 14 luglio 1995, causa T-275/94, CB/Commissione, Racc. pag. II-2169, punti 46-54), una decisione della Commissione sulla restituzione di aiuti illegittimi può legittimamente imporre la ripetizione di interessi sulle somme erogate al fine di sopprimere i vantaggi finanziari accessori ai detti aiuti (v. sentenza Siemens/Commissione, già citata, punto 97).

98.
    Inoltre, quanto alla determinazione della data a partire da cui gli interessi vanno calcolati, va dichiarato che gli interessi in parola rappresentano l'equivalente del vantaggio finanziario proveniente dalla messa a disposizione gratuita del capitale controverso per un dato periodo. Pertanto, la Commissione ha giustamente ritenuto che siffatti interessi dovessero correre dalla data di versamento degli aiuti (v. sentenza Siemens/Commissione, già citata, punto 101).

99.
    Risulta da quanto precede che il terzo motivo va respinto.

Sul quarto motivo, relativo ad un errore di diritto nella valutazione della compatibilità degli aiuti col mercato comune dell'acciaio e ad un'errata valutazione degli elementi di fatto

Argomenti delle parti

100.
    La ricorrente fa valere che la Commissione ha commesso un errore di diritto considerando che il Trattato CECA, diversamente dal Trattato CE, non prevede per la sua applicazione alcuna «incidenza sugli scambi intracomunitari». Tale condizione dovrebbe infatti necessariamente essere soddisfatta perché si possa dichiarare un aiuto incompatibile col mercato comune nell'ambito del Trattato CE. Poiché i due Trattati perseguono finalità comuni, sarebbe contrario allo spirito ed alla ratio del diritto comunitario interpretare le «norme CECA» come distinte e separate dalle «norme CE» (v. sentenze della Corte 13 giugno 1958, causa 9/56, Meroni/Alta Autorità, Racc. pag. 11, 22 ottobre 1987, causa 314/85, Foto-Frost, Racc. pag. 4199, e 22 febbraio 1990, causa C-221/88, Busseni, Racc. pag. I-495). La Commissione avrebbe quindi dovuto tener conto dell'ammontare e dell'intensità degli aiuti, della loro proporzione rispetto alle necessità effettive della ricorrente, del fatto che gli effetti degli aiuti non provocano una distorsione della concorrenza e non producono alterazioni alle condizioni degli scambi, nonché della conformità di tali effetti agli scopi comuni (v. art. 2 del secondo codice).

101.
    Peraltro, la Commissione non avrebbe tenuto conto del fatto che la ricorrente è stata ampiamente discriminata rispetto all'industria siderurgica pubblica, che ha sottoscritto aiuti ben più consistenti. Gli aiuti successivamente concessi dallo Stato alle industrie rappresenterebbero un insufficiente tentativo di ristabilire la parità di trattamento tra le due categorie di operatori, pure garantita dalla disciplina comunitaria.

102.
    La ricorrente, sostenuta dal governo italiano, invoca anche un'errata valutazione degli elementi di fatto. Essa fa valere al riguardo che gli investimenti effettuati erano destinati all'ottenimento di risparmi energetici, al miglioramento dell'ambiente, della sicurezza e delle condizioni di lavoro, a favorire la ricerca e lo sviluppo ed al miglioramento dell'efficienza aziendale, come emergerebbe dalle tabelle allegate al ricorso. Orbene, la Commissione avrebbe rifiutato di considerare tali investimenti come aiuti compatibili col mercato comune siderurgico, senza procedere ad un confronto fra l'investimento totale, l'investimento realizzato e l'investimento imputabile ad aiuto. Essa si sarebbe limitata ad affermare che la «maggior parte» degli investimenti per la ricerca e lo sviluppo «sembrano piuttosto» investimenti produttivi. La Commissione avrebbe commesso un errore di valutazione degli elementi di fatto ritenendo insufficienti gli elementi forniti, che provavano la destinazione degli investimenti alla ricerca ed allo sviluppo nonché alla salvaguardia dell'ambiente.

103.
    Allo scopo di dimostrare che gli aiuti ricevuti dalla ricorrente sono compatibili col mercato comune, l'interveniente Falck ha chiesto alla società Arthur Andersen di redigere un rapporto da produrre dinanzi al Tribunale (in prosieguo: il «rapporto Andersen»). Tale relazione dimostrerebbe che gli investimenti promossi dalla ricorrente sono, in gran parte, compatibili con i codici degli aiuti in quanto destinati a coprire le spese per la ricerca e lo sviluppo, la tutela dell'ambiente, il risparmio energetico, il miglioramento della qualità e/o delle tecniche dei prodotti, il ripristino della competitività e dell'efficienza finanziaria, anche a mezzo della riduzione dei costi di produzione.

104.
    In secondo luogo, la Falck afferma che la Commissione ha errato nel prendere in considerazione, e dichiarare incompatibili, aiuti che già aveva ritenuto «coperti» dalla decisione 91/176. Si tratterebbe segnatamente dell'aiuto di cui alla delibera 14 dicembre 1987, n. 7673 (6,321 miliardi di LIT) e di quello di cui alla delibera 4 luglio 1988, n. 4158 (987 milioni di LIT). Quest'ultimo aiuto, collegato per errore alla decisione del 1988, rientrerebbe in realtà nella decisione 14 dicembre 1987. La Falck sostiene, infine, che la delibera 2 maggio 1988, n. 2429, è stata esaminata in modo errato e conclude che, in definitiva, il possibile recupero degli aiuti avrebbe dovuto limitarsi a 4 400 milioni di LIT.

105.
    La Commissione contesta tutti gli argomenti in parola.

106.
    Essa nega, innanzi tutto, di avere commesso un errore nell'interpretazione del Trattato CECA. Essa ricorda, segnatamente, che, a differenza del Trattato CE, la disciplina CECA in materia di aiuti non contiene alcun riferimento all'alterazione degli scambi o alla distorsione della concorrenza, né consente alla Commissione alcun bilanciamento tra gli effetti traslativi della concorrenza e gli interessi della Comunità. Nel sistema del Trattato CECA, proprio in considerazione della particolare sensibilità del settore, la Commissione non disporrebbe dei margini di apprezzamento discrezionale che consentano di valutare in modo flessibile la compatibilità degli aiuti.

107.
    D'altro canto, la Commissione ritiene che la disparità di trattamento tra il settore privato ed il settore pubblico dell'industria siderurgica in Italia, quand'anche esistesse, non potrebbe esserle addebitata.

108.
    La Commissione nega di aver commesso un errore di valutazione degli aiuti in questione. Essa avrebbe accertato che gli aiuti non erano destinati a sostenere progetti di ricerca e sviluppo né di tutela dell'ambiente. In assenza di espressa previsione, sarebbe irrilevante affermare che gli aiuti erano destinati a favorire la realizzazione di risparmi energetici ed il miglioramento della qualità dei prodotti.

109.
    Siffatta conclusione non sarebbe contraddetta dal rapporto Andersen. Al riguardo, essa rileva anzitutto che l'interveniente accetta il procedimento nello stato in cui questo si trova all'atto del suo intervento. Orbene, non risulterebbe che la ricorrente abbia richiesto una perizia per dare adeguato sostegno probatorio allasua argomentazione difensiva. Non sembra, d'altra parte, che l'esibizione del rapporto Andersen valga come «offerta di prova» ai sensi dell'art. 116, n. 4, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale. Tale rapporto, infatti, conterrebbe una serie di affermazioni apodittiche che pretendono di sostituirsi ad un accertamento spettante alla Commissione.

110.
    Infine, la Commissione contesta l'asserzione della Falck secondo cui il mutuo di 6,321 miliardi, del dicembre 1987, sarebbe già stato oggetto della decisione 91/176, nonché gli altri asseriti errori di valutazione fatti valere dalla Falck. Essa ritiene di aver esaminato correttamente tutti gli aiuti di cui alla decisione impugnata. La Commissione trova peraltro singolare che né la ricorrente, né il governo italiano abbiano mai, nelle more della procedura amministrativa, sollevato questa censura, benché tale elemento fosse oggetto anche della decisione di avvio del procedimento.

Giudizio del Tribunale    

111.
    Va esaminato in primo luogo l'argomento della ricorrente secondo cui la Commissione, nel considerare che il Trattato CECA non prevede ai fini della sua applicazione alcuna «incidenza sugli scambi intracomunitari», avrebbe commesso un errore di diritto.

112.
    In proposito va rilevato che l'art. 4, lett. c), del Trattato CECA vieta sovvenzioni o aiuti concessi dagli Stati «in qualunque forma». Poiché tale formulazione non figura alle lettere a), b) e d) del detto art. 4, tale disposizione conferisce un insolito carattere generale al divieto da essa sancito (sentenza della Corte 23 febbraio 1961, causa 30/59, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità, Racc. pag. 1, in particolare pag. 41).

113.
    Contrariamente all'art. 92, n. 1, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 87, n. 1, CE), tale divieto è generale ed incondizionato. Di conseguenza, gli aiuti rientranti nel Trattato CECA sono considerati incompatibili col mercato comune senza che occorra dimostrare o anche soltanto indagare se, in realtà, vi sia o rischi di prodursi un'alterazione delle condizioni della concorrenza (v. conclusioni dell'avvocato generale Lagrange nella sentenza De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità, già citata, Racc. pag. 58, in particolare pag. 74).

114.
    Ne consegue che la Commissione non ha commesso errore di diritto considerando che gli aiuti di cui trattasi rientrano nella sfera di applicazione del Trattato CECA senza aver preliminarmente verificato che essi abbiano un'«incidenza sugli scambi intracomunitari».

115.
    Va in secondo luogo esaminato l'argomento fondato sull'asserito errore commesso dalla Commissione nell'applicazione delle deroghe del quinto codice, le solederoghe al divieto degli aiuti previsto all'art. 4, lett. c), del Trattato CECA che quest'ultima era autorizzata ad applicare nel caso di specie (v. punto 68 supra).

116.
    Va preliminarmente rilevato al riguardo, da un lato, che è certo nel caso di specie che le misure controverse costituiscono aiuti che avrebbero dovuto essere notificati alla Commissione e, dall'altro, che questi ultimi sono stati concessi tra il 1983 ed il 1988, cioè otto-tredici anni prima dell'adozione della decisione impugnata. Alla luce di tali elementi, è evidente che la ricorrente, beneficiaria di tali aiuti, e il governo italiano si trovavano nella posizione migliore per raccogliere e verificare i dati necessari a dimostrare che gli aiuti rispondevano alle condizioni poste dal quinto codice. Inoltre, nella sua decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha sottolineato ch'essa aveva l'obbligo di esaminare gli aiuti di Stato con riguardo alle disposizioni ed ai criteri d'interpretazione applicabili alla data di adozione della decisione ed in funzione dei dati e delle informazioni disponibili in tale momento. Essa ha anche concluso che gli aiuti in questione dovrebbero essere esaminati sulla base del quinto codice.

117.
    Incombeva, di conseguenza, al governo italiano ed alla ricorrente di fornire, nel corso del procedimento amministrativo, gli elementi di prova idonei a dimostrare che gli aiuti di cui trattasi potevano fruire delle deroghe previste da tale codice (v., in questo senso, sentenza della Corte 28 aprile 1993, causa C-364/90, Italia/Commissione, Racc. pag. I-2097, punti 35 e 36).

118.
    Va poi ricordato che, ai sensi dell'art. 33, primo comma, seconda frase, del Trattato CECA, nell'esercizio della sua competenza a giudicare dei ricorsi d'annullamento proposti contro le decisioni e le raccomandazioni della Commissione, l'esame del giudice comunitario non può vertere sulla valutazione dello stato risultante da fatti o circostanze economiche in considerazione del quale sono state prese le dette decisioni o raccomandazioni, salvo che sia mossa accusa alla Commissione d'aver commesso uno sviamento di potere o di avere misconosciuto in modo patente le disposizioni del Trattato oppure ogni norma giuridica concernente la sua applicazione.

119.
    Al fine di stabilire se la Commissione abbia violato le disposizioni del Trattato CECA o il quinto codice degli aiuti in un modo così manifesto da giustificare l'annullamento della decisione controversa, gli elementi di prova addotti dalla ricorrente devono essere sufficienti a privare di plausibilità la valutazione dei fatti considerata nella decisione (v., per analogia, sentenza del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T-380/94, AIUFFASS e AKT/Commissione, Racc. pag. II-2169, punto 59).

120.
    Alla luce di tali considerazioni, vanno esaminati gli argomenti fondati sull'errore assertivamente commesso dalla Commissione nell'applicazione delle deroghe al quinto codice.

121.
    Nella misura in cui la ricorrente afferma di aver subito una grave discriminazione rispetto all'industria siderurgica pubblica, la quale avrebbe ottenuto aiuti ben più importanti, occorre respingere un argomento siffatto in quanto privo di pertinenza nel caso di specie. Infatti, pur supponendo che sussista in Italia una disparità di trattamento tra il settore privato ed il settore pubblico dell'industria siderurgica, essa non può incidere sulla valutazione ad opera della Commissione della legittimità di aiuti concessi da uno Stato membro in un caso particolare.

122.
    E' certamente vero che la Commissione ha semplicemente affermato, nella decisione impugnata, che la maggior parte delle spese d'investimento della ricorrente e gli aiuti corrispondenti non potevano fruire della deroga relativa alla ricerca ed allo sviluppo, ma sembravano invece costituire investimenti produttivi che non potevano, in quanto tali, profittare di alcuna deroga al divieto di cui all'art. 4, lett. c), del Trattato CECA, conformemente alle regole comunitarie in vigore nel settore degli aiuti di Stato alla ricerca ed allo sviluppo.

123.
    Tuttavia, questa stessa constatazione già figurava nella decisione di avvio del procedimento. Era quindi necessario che il governo italiano e la ricorrente presentassero osservazioni idonee ad infirmare tale constatazione, in mancanza delle quali essi dovevano aspettarsi che la stessa sarebbe effettivamente inserita dalla Commissione nella decisione finale.

124.
    Va al riguardo osservato che la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alla ricerca e allo sviluppo (GU 1986, C 83, pag. 2), cui il quinto codice fa riferimento, precisa che devono essere chiaramente indicati gli obiettivi da raggiungere attraverso un programma relativo alla ricerca ed allo sviluppo. Inoltre, tutte le varie categorie di costi che gli aiuti sono chiamati a ridurre devono essere specificati in forma tale da renderne possibile il calcolo del valore in rapporto ai costi (punto 4.31). Da tale testo risulta anche che tali aiuti verranno esaminati dalla Commissione con particolare attenzione, onde evitare che diventino l'equivalente di aiuti al funzionamento (punto 8.2).

125.
    Orbene, occorre constatare che, nel corso del procedimento amministrativo, il governo italiano si è limitato ad enunciare che gli aiuti concessi dalle delibere 14 dicembre 1987, n. 7673, 2 maggio 1988, n. 2429, e 4 luglio 1988, n. 4158, erano conformi alle disposizioni relative alla ricerca ed allo sviluppo, senza fornire spiegazioni che giustificassero l'applicazione di tale esenzione.

126.
    Ne deriva che la Commissione aveva il diritto, sulla base delle informazioni in suo possesso, integrate segnatamente dalla lettera del governo italiano 27 marzo 1996, di concludere che non v'erano elementi per dimostrare che gli aiuti controversi fossero idonei a fruire della deroga di cui al quinto codice relativa alla ricerca ed allo sviluppo.

127.
    Gli argomenti della ricorrente non possono rimettere in questione tale constatazione. Essa ha sostenuto, da un lato, che una gran parte degli aiuti concessi dopo il 1° gennaio 1986, benché illegittimi in quanto non erano mai stati notificati alla Commissione, dovevano considerarsi compatibili col mercato comune, poiché essi erano destinati ad investimenti effettuati specialmente nel settore della ricerca e dello sviluppo e, dall'altro, che l'importo degli investimenti per la ricerca e lo sviluppo era di circa 32 miliardi di LIT, cioè più della metà dell'importo totale degli aiuti concessi (55 miliardi di LIT). A sostegno di tale asserzione, la ricorrente si è limitata a produrre il suo bilancio, che effettua una ripartizione dei suoi investimenti la quale indica segnatamente investimenti destinati alla ricerca ed allo sviluppo.

128.
    Orbene, tali elementi non infirmano affatto la valutazione della Commissione secondo cui la maggior parte delle spese d'investimento della ricorrente relative alla ricerca ed allo sviluppo sembrano costituire investimenti produttivi che non possono, in quanto tali, fruire di alcuna deroga al divieto di cui all'art. 4, lett. c), del Trattato CECA.

129.
    La Commissione ha del pari constatato, nella decisione impugnata, che la ricorrente aveva effettuato spese d'investimento che hanno avuto ripercussioni nel settore della tutela dell'ambiente per un importo di circa 15 miliardi di LIT. Essa ha però sottolineato che le autorità italiane non erano pervenute a dimostrare che sussistessero i presupposti per l'applicazione dell'art. 3 del quinto codice.

130.
    La ricorrente fa valere, segnatamente, che la Commissione ha commesso un errore di valutazione degli elementi di fatto ritenendo insufficienti gli elementi forniti da essa e dal governo italiano.

131.
    Tuttavia, gli elementi forniti dal governo italiano in occasione del procedimento amministrativo non permettono di stabilire che fossero soddisfatte le condizioni di applicazione della deroga relativa alla tutela dell'ambiente. Infatti, nella sua lettera 27 marzo 1996, il governo italiano si è limitato a redigere un elenco degli atti normativi che sono stati attuati durante il periodo precedente alla concessione degli aiuti in materia di ambiente. Ciò non dimostra che gli investimenti realizzati avessero come scopo principale la salvaguardia dell'ambiente e dovessero permettere di rendere conformi alle nuove norme di tutela dell'ambiente le installazioni in servizio da almeno due anni prima dell'entrata in vigore delle medesime norme. Orbene, tali condizioni sono previste dall'art. 3 del quinto codice e sono state richiamate dalla Commissione nella sua decisione di avvio del procedimento, da cui emerge che le autorità italiane non avevano dimostrato, sino ad allora, che esse fossero soddisfatte.

132.
    La Commissione ha infine ritenuto che gli investimenti destinati alla realizzazione di risparmi energetici ed al miglioramento della qualità dei prodotti non potessero, in base al quinto codice, fruire di alcuna deroga alle disposizioni dell'art. 4, lett. c),del Trattato CECA. La ricorrente non ha fornito alcun elemento che contraddica siffatta constatazione della Commissione.

133.
    Occorre esaminare, in terzo luogo, gli argomenti fondati sulla perizia depositata dalla Falck. Va preliminarmente constatato al riguardo che la Falck, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, non è andata oltre lo stato del procedimento nel senso definito all'art. 116, n. 3, del regolamento di procedura.

134.
    Occorre nondimeno constatare che il rapporto Andersen, intitolato «Rapporto sulle procedure di verifica svolte e concordate sul prospetto di analisi degli investimenti per il periodo 1° gennaio 1986 - 30 giugno 1988», comporta, in realtà, una verifica puramente contabile di una tabella prodotta dalla Falck e riprendente taluni investimenti. La società Arthur Andersen non ha quindi analizzato gli investimenti in quanto tali. In particolare, essa non ha verificato se fossero tali da essere liberati dal divieto di cui all'art. 4, lett. c), del Trattato CECA ai sensi del quinto codice.

135.
    Occorre precisare in proposito che il fatto che le spese di acquisto di materiale siano iscritte in bilancio conformemente alla legislazione nazionale e che vi siano descritte come investimenti per la ricerca e sviluppo o altro non dimostra da solo che gli aiuti in questione siano idonei ad essere esonerati ai sensi del Trattato CECA. Infatti, la concessione di deroghe all'art. 4, lett. c), del Trattato CECA presuppone un esame che implica valutazioni da effettuarsi da parte della Commissione in un contesto comunitario (v., per analogia, sentenza della Corte 17 settembre 1980, causa 730/79, Philip Morris/Commissione, Racc. pag. 2671, punto 24, e sentenza Siemens/Commissione, già citata, punto 53).

136.
    Ne consegue che il rapporto Andersen non ha fornito elementi diretti a provare che gli investimenti controversi sono tali da essere esonerati dal divieto previsto all'art. 4, lett. c), del Trattato CECA e, conseguentemente, che tale rapporto non permette di disattendere le constatazioni effettuate più sopra, secondo cui la Commissione non ha commesso un errore manifesto di valutazione concludendo che gli aiuti di cui trattasi non sono di natura tale da fruire delle deroghe previste dal quinto codice.

137.
    Trattandosi, in quarto luogo, degli argomenti invocati dalla Falck, fondati su errori di valutazione nel senso che, da un lato, la Commissione non avrebbe dovuto chiedere il recupero dell'aiuto di cui alla decisione del 1987 per il fatto che tale aiuto era coperto dalla decisione 91/176 e, dall'altro, che la Commissione non ha valutato correttamente gli aiuti di cui alle delibere del 1988, va rilevato che l'enumerazione di tutti gli aiuti messi in questione nella presente causa figurava già nella decisione di avvio del procedimento e, pertanto, la Falck è stata invitata in tale fase a presentare le sue critiche.

138.
    Peraltro, il governo italiano, sia nelle lettere 6 aprile e 2 maggio 1995 in risposta alla richiesta di informazione della Commissione, sia nella lettera 27 marzo 1996,successiva alla decisione di avvio del procedimento, ha fatto riferimento alle delibere 14 dicembre 1987, n. 7673, 2 maggio 1988, n. 2429, e 4 luglio 1988, n. 4158, senza fornire la minima indicazione secondo cui l'aiuto al centro della decisione 1987 sarebbe già stato coperto dalla decisione 91/176, né far risultare che non sarebbero stati correttamente valutati gli aiuti di cui alle delibere del 1988. Nella lettera 27 marzo 1996 (pag. 4), il governo italiano ha persino riconosciuto che si poteva legittimamente recuperare una parte degli aiuti considerati da tali decisioni affermando che:

«Gli elementi di contestazione appropriatamente avanzati, e sui quali dovrebbe essere effettuato un approfondimento, riguardano soltanto gli interventi della Provincia Autonoma di Bolzano effettuati successivamente all'anno 1985 e che sono riconducibili rispettivamente alle delibere n. 7673 del 14 dicembre 1987, n. 2429, del 2 maggio 1988 e n. 4158 del 4 luglio 1988, con un beneficio complessivo, avuto riguardo alla differenza tra interessi tra tasso di riferimento e tasso del 3%, per i mutui, per un totale di miliardi 8,704».

139.
    La critica della Falck non è quindi pertinente, nella misura in cui spetta al Tribunale verificare se la Commissione si sia fondata su fatti materiali esatti e se questi ultimi non siano stati valutati in modo manifestamente erroneo in base alla situazione esistente al momento in cui l'atto impugnato è stato adottato ed alla luce dei soli elementi di cui la Commissione disponeva in quel momento (v. sentenze del Tribunale 22 gennaio 1997, causa T-115/94, Opel Austria/Consiglio, Racc. pag. II-39, punto 87, e British Airways e a. e British Midland Airways/Commissione, già citata, punto 81).

140.
    Non occorre pertanto prendere in considerazione gli argomenti della Falck fondati su asseriti errori di valutazione degli aiuti al centro delle decisioni del 1987 e del 1988.

141.
    Va aggiunto che, pur supponendo che la Falck abbia ragione nell'affermare che l'aiuto di cui alla decisione del 1987 fosse già coperto dalla decisione 91/176, ciò non toglie che, nella decisione 91/176, la Commissione ha preso le mosse dal fatto che un prestito di 6 miliardi di LIT, benché approvato nel 1983, è stato versato solo nel 1987 e, a causa del susseguirsi dei codici degli aiuti alla siderurgia, è divenuto incompatibile in occasione della sua attribuzione. Tuttavia, risulta dalle asserzioni della Falck che la delibera 14 dicembre 1987, n. 7673, ha concesso aiuti e che tale delibera è stata riconosciuta con un atto ricognitivo il 10 marzo 1988. L'argomento della Falck fa quindi supporre che la «concessione» dell'aiuto nel 1987 di cui alla decisione 91/176 era, in realtà, una nuova decisione autonoma e, pertanto, che tale aiuto non è divenuto incompatibile unicamente a causa del ritardo accumulato per la sua attribuzione. Una tesi siffatta induce a pensare che la Commissione non fosse correttamente informata al momento dell'adozione della decisione 91/176 e, conseguentemente, non può essere utilmente addotta dalla Falck a sostegno delle conclusioni della ricorrente nel presente procedimento.

142.
    Risulta da quanto precede che il quarto motivo va disatteso.

Sul quinto motivo, fondato su un errore di diritto commesso nella fissazione del tasso d'interesse

Argomenti delle parti

143.
    La ricorrente sostiene che il tasso d'interesse fissato dalla Commissione è, da un lato, indeterminabile e, dall'altro, privo di base legale.

144.
    Essa rileva che la decisione che ordina il recupero di un aiuto illegittimo può imporre la ripetizione di interessi sulle somme erogate al solo fine di sopprimere i vantaggi finanziari accessori a detti aiuti e tale ripetizione dev'essere strettamente proporzionale ai benefici di cui l'impresa interessata ha illegittimamente goduto (v. sentenza Siemens/Commissione, già citata, punti 95 e ss.). Così, la Commissione avrebbe dovuto fissare gli interessi considerando le disposizioni di diritto nazionale ovvero fondandosi sul tasso di mercato che, in difetto degli aiuti, la ricorrente avrebbe dovuto corrispondere.

145.
    Nella replica, essa sostiene che la Commissione non può prevedere obblighi sulla base di una comunicazione che non è atto tipico né vincolante ex artt. 14, 15 e 33 Trattato CECA. Sarebbe comunque contraddittorio rifarsi, da un lato, in via analogica, a criteri comunitari e, dall'altro, rinviare all'ordinamento nazionale. Una cooperazione fra il sistema comunitario ed il sistema nazionale esigerebbe che, in mancanza di una norma comunitaria, siano lasciate al giudice nazionale la determinazione e l'applicazione degli interessi da corrispondere, in conformità della normativa nazionale.

146.
    Infine, in seguito ad un quesito scritto del Tribunale, la ricorrente ha segnalato che il tasso che avrebbe dovuto essere applicato è quello ch'essa avrebbe potuto ottenere all'epoca in Germania. Dato ch'essa all'epoca era molto attiva in Germania, il mercato tedesco sarebbe il mercato effettivo di riferimento.

147.
    La Commissione sottolinea come gli interessi nel contesto degli aiuti regionali corrispondano al costo del denaro nel paese membro nel periodo considerato, come stabilito nella comunicazione della Commissione 21 dicembre 1978 sui regimi di aiuti a finalità regionale (GU 1979, C 31, pag. 9; in prosieguo: la «comunicazione sugli aiuti regionali»). L'allegato della detta comunicazione fisserebbe le modalità di applicazione dei principi di coordinamento dei regimi di aiuti a finalità regionale. Conformemente al punto 14 di tale allegato, il tasso di riferimento applicabile all'Italia sarebbe costituito dal «tasso medio di riferimento applicabile ai pagamenti da parte dell'amministrazione centrale del contributo in conto interessi agli istituti di credito». La bontà del criterio applicato sarebbe stata riconosciuta dalle stesse autorità italiane, che, nella richiesta di rimborso degli aiuti,hanno quantificato gli interessi basandosi sui tassi comunicati dalla Banca d'Italia per i diversi periodi in questione.

Giudizio del Tribunale

148.
    Per costante giurisprudenza, in assenza di disposizioni comunitarie sulla procedura di recupero delle somme indebitamente erogate, la ripetizione degli aiuti irregolarmente concessi va effettuata secondo le modalità previste dal diritto nazionale. Tuttavia l'applicazione del diritto nazionale non deve ledere la portata e l'efficacia del diritto comunitario. In altri termini, l'applicazione delle disposizioni nazionali non deve rendere praticamente impossibile la ripetizione delle somme irregolarmente concesse ed al contempo non dev'essere discriminatoria rispetto a casi analoghi retti unicamente dalla normativa nazionale (v. sentenze della Corte 21 settembre 1983, cause riunite 205/82-215/82, Deutsche Milchkontor e a., Racc. pag. 2633, punti 18-25, e 2 febbraio 1989, causa 94/87, Commissione/Germania, Racc. pag. 175, punto 12, e sentenza Siemens/Commissione, già citata, punto 82).

149.
    Peraltro, il recupero di un aiuto di Stato incompatibile col mercato comune è diretto al ripristino della situazione precedente, il che presuppone che siano stati soppressi tutti i vantaggi finanziari derivanti dall'aiuto aventi conseguenze anticoncorrenziali sul mercato comune. Ne consegue che una decisione della Commissione sulla restituzione di aiuti illegittimi può imporre il recupero di interessi sulle somme erogate al fine di sopprimere i vantaggi finanziari accessori a detti aiuti (v. sentenza Siemens/Commissione, già citata, punto 97).

150.
    Orbene, il fatto di non reclamare, in occasione del recupero, gli interessi sulle somme illegittimamente erogate equivarrebbe a conservare, a favore dell'impresa destinataria di tali somme, vantaggi finanziari dovuti alla concessione dell'aiuto illegittimo, vantaggi consistenti nella concessione di un prestito senza interessi. Trattasi quindi di un aiuto che, come tale, falsa o minaccia di falsare la concorrenza (v. sentenza Siemens/Commissione, già citata, punto 98).

151.
    Tuttavia, il recupero degli interessi può essere effettuato solo per compensare i vantaggi finanziari che effettivamente discendono dall'attribuzione degli aiuti al beneficiario e dev'essere proporzionale a questi ultimi (v. sentenza Siemens/Commissione, già citata, punto 99).

152.
    Proprio alla luce di tali considerazioni va esaminato l'argomento della ricorrente secondo cui la Commissione ha commesso un errore nel fissare il tasso d'interesse nella fattispecie.

153.
    L'art. 2 della decisione impugnata dispone:

«L'Italia procede, secondo le disposizioni della legislazione italiana applicabile alla riscossione dei crediti dello Stato, al recupero degli aiuti accordati dal 1° gennaio 1986 alle Acciaierie di Bolzano. (...) Per sopprimere gli effetti risultanti da tali aiuti,il loro importo è maggiorato degli interessi che decorrono dal giorno del versamento degli aiuti fino alla data del rimborso. Il tasso di interesse applicabile è il tasso utilizzato dalla Commissione per il calcolo dell'equivalente sovvenzione netto degli aiuti a finalità regionale nel corso del periodo considerato».

154.
    Poiché la ricorrente ha fruito di un vantaggio disponendo gratuitamente di una certa somma per un periodo determinato, il pagamento degli interessi che le è imposto soddisfa l'esigenza di sopprimere un vantaggio finanziario che è accessorio in rapporto all'ammontare degli aiuti inizialmente erogati.

155.
    Occorre rilevare che, benché la decisione impugnata faccia supporre che il tasso d'interesse applicabile al fine di sopprimere tale vantaggio è direttamente fissato dalla Commissione, ciò non toglie che, in realtà, il tasso preso in considerazione è il tasso medio di riferimento applicabile ai pagamenti da parte dell'amministrazione centrale del contributo in conto interessi agli istituti di crediti in Italia. Infatti, la menzione, nella decisione impugnata, del «tasso utilizzato dalla Commissione per il calcolo dell'equivalente sovvenzione netto degli aiuti a finalità regionale» trova la sua origine nella comunicazione sugli aiuti regionali. Ai sensi del punto 14 dell'allegato alla detta comunicazione, il tasso di riferimento applicabile all'Italia è costituito dal «tasso medio di riferimento applicabile ai pagamenti da parte dell'amministrazione centrale del contributo in conto interessi agli istituti di credito». E' comunque pacifico che il tasso applicabile nel caso di specie è stato calcolato sulla base di informazioni provenienti dalla Banca d'Italia.

156.
    In tale situazione, la Commissione non ha fissato le modalità di esecuzione dell'obbligo dello Stato di esigere gli interessi, poiché il procedimento di recupero delle somme indebitamente versate era comunque retto dal diritto nazionale. Il riferimento al tasso d'interesse applicabile per il calcolo dell'equivalente sovvenzione netto degli aiuti a finalità regionale in Italia permette soltanto di garantire che si applichi un tasso che rappresenti l'equivalente del vantaggio finanziario proveniente dalla messa a disposizione gratuita del capitale controverso, pur rispettando le condizioni praticate sul mercato italiano ed i principi di diritto italiano relativi al recupero degli importi indebitamente versati.

157.
    Di conseguenza, la Commissione aveva il diritto di imporre al governo italiano di utilizzare il tasso d'interesse applicabile per il calcolo dell'equivalente sovvenzione netto degli aiuti a finalità regionale.

158.
    Infine, quanto all'asserzione della ricorrente secondo cui il mercato tedesco sarebbe il mercato effettivo di riferimento, va rilevato che la legittimità di una decisione in materia di aiuti dev'essere valutata alla luce degli elementi d'informazione di cui la Commissione disponeva al momento della sua adozione (v. punto 139 supra).

159.
    Orbene, nel caso di specie, la ricorrente è stata invitata a presentare le sue osservazioni sui fatti in questione e sulle valutazioni compiute dalla Commissionenella decisione di avvio del procedimento. In quest'ultima decisione, la Commissione ha indicato che la ricorrente aveva fruito di interventi pubblici sotto forma di prestiti della durata di dieci anni ad un tasso inferiore di circa il 10% al tasso di mercato. Risultava dunque con chiarezza alla ricorrente che la Commissione si era fondata sul tasso di mercato in Italia per calcolare l'importo degli aiuti di cui trattasi. E' pertanto legittimo che la Commissione abbia fatto riferimento al tasso del mercato italiano anche quanto al recupero degli aiuti.

160.
    Dato quanto precede, poiché la ricorrente non ha comunicato alla Commissione osservazioni al riguardo, essa non può addebitarle il fatto di non aver preso in considerazione la possibilità di utilizzare il mercato tedesco quale mercato di riferimento.

161.
    In ogni caso, la ricorrente non ha dimostrato col suo argomento che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione facendo riferimento al tasso del mercato italiano per quanto riguarda il recupero degli aiuti controversi.

162.
    Ne deriva che il quinto motivo dev'essere respinto.

Sul sesto motivo, fondato sull'assenza di motivazione

Argomenti delle parti

163.
    La ricorrente fa valere che la decisione impugnata non contiene alcuna motivazione che spieghi perché la Commissione ha considerato come scriminante per la restituzione degli aiuti la data del 31 dicembre 1985, corrispondente alla fine del periodo di applicabilità del secondo codice, né perché essa ha ritenuto che il quinto codice fosse applicabile alle delibere nn. 7673, 2429 e 4158 della provincia di Bolzano.

164.
    Inoltre, la Commissione avrebbe individuato il tasso d'interesse con formulazione criptica e senza motivare in alcun modo circa la congruità del tasso rispetto ai vantaggi di cui essa avrebbe goduto.

165.
    La Commissione ritiene che la data del 31 dicembre 1985 non sia stata scelta in modo arbitrario, in quanto corrisponde al giorno precedente all'entrata in vigore, il 1° gennaio 1986, del terzo codice, il che emergerebbe chiaramente dalla decisione impugnata. Il detto codice prevederebbe espressamente l'obbligatorietà della notifica per qualunque intervento pubblico a sostegno delle imprese siderurgiche, il che spiegherebbe come, sempre in un quadro di complessiva illegittimità e incompatibilità, a partire da tale data essa abbia considerato prive di pregio le ragioni addotte dalle autorità italiane a sostegno dell'affermata buona fede dell'amministrazione provinciale e dell'impresa, e conseguentemente ritenuto che le misure di aiuto dovessero essere restituite. Quanto al criterio usato per la quantificazione degli interessi, la Commissione rileva che, in difetto di una specifica disciplina, si è ritenuto di applicare quella dettata per gli aiuti regionali. Nessunanorma o principio imporrebbero che la loro determinazione sia rimessa al giudice nazionale.

Giudizio del Tribunale

166.
    Va ricordato che l'art. 5, secondo comma, quarto trattino, del Trattato CECA prevede, segnatamente, che la Comunità «rende pubblici i motivi della sua azione». L'art. 15, primo comma, del detto Trattato precisa che «le decisioni, le raccomandazioni e i pareri della Commissione sono motivati e fanno riferimento ai pareri obbligatoriamente richiesti».

167.
    Secondo la costante giurisprudenza, la motivazione dev'essere adeguata alla natura dell'atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l'iter logico seguito dall'istituzione da cui promana l'atto, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo. Non si richiede che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti. Essa dev'essere valutata non solo alla luce del tenore dell'atto, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia considerata (v. sentenze della Corte 29 febbraio 1996, causa C-56/93, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-723, punto 86, e del Tribunale 22 ottobre 1996, causa T-266/94, Skibsværftsforeningen e altri/Commissione, Racc. pag. II-1399, punto 230).

168.
    Nel caso di specie, risulta chiaramente dalla decisione impugnata che la data del 31 dicembre 1985 è stata scelta in ragione dell'entrata in vigore del terzo codice che prevede espressamente l'obbligatorietà della notifica preliminare di qualsiasi aiuto accordato alle imprese siderurgiche. Non esiste quindi sul punto alcuna assenza di motivazione.

169.
    Se è ovvio che la Commissione non ha indicato, nella decisione impugnata, i motivi per cui essa ha applicato il quinto codice, essa ha tuttavia precisato che «la questione sollevata dalle autorità italiane circa la determinazione del regime giuridico applicabile agli aiuti in oggetto, e in particolare a quelli concessi prima del 1985, non è determinante nella presente fattispecie. Infatti, anche volendo applicare le disposizioni della decisione n. 2320/81 [il secondo codice] agli aiuti concessi prima del 31 dicembre 1985, questi non potrebbero ugualmente essere considerati compatibili con tali disposizioni tenuto conto delle condizioni ivi previste».

170.
    Inoltre, nella decisione di avvio del procedimento, si è precisato che «la Commissione ritiene di essere tenuta a valutare gli aiuti di Stato - siano essi aiuti individuali o regimi di aiuto - sulla base delle disposizioni e dei criteri di interpretazione applicabili al momento in cui adotta la sua decisione. Ne consegue che gli aiuti in causa devono essere esaminati in base al codice degli aiuti alla siderurgia attualmente in vigore, vale a dire alla decisione n. 3855/91 [il quinto codice]».

171.
    Poiché la decisione impugnata dev'essere valutata non solo alla luce del tenore dell'atto, ma anche del suo contesto, è chiaro che la Commissione ha adottato la decisione sul fondamento del quinto codice.

172.
    Risulta anche dalla decisione impugnata che «il tasso di interesse applicabile è il tasso utilizzato dalla Commissione per il calcolo dell'equivalente sovvenzione netto degli aiuti a finalità regionale nel corso del periodo considerato».

173.
    Tale maniera di calcolare il tasso è prevista dalla comunicazione sugli aiuti regionali, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Inoltre, la decisione di avvio dispone: «La restituzione dell'aiuto illegale comprende il pagamento degli interessi calcolati al tasso stabilito per la valutazione degli aiuti regionali, a decorrere dal giorno in cui l'aiuto è stato erogato all'impresa beneficiaria, e ciò al fine di eliminare qualsiasi vantaggio possa derivare all'impresa dall'erogazione illegale dell'aiuto».

174.
    Alla luce di quanto precede, la Commissione non era tenuta a specificare le sue valutazioni relative al tasso applicabile nella decisione impugnata, al fine di dare alla ricorrente la possibilità di esaminarne la fondatezza.

175.
    Ne consegue che la Commissione ha esposto in maniera sufficiente e completa gli elementi di fatto e di diritto che hanno svolto un ruolo fondamentale nell'adozione della decisione impugnata. Tale decisione ha quindi fornito le indicazioni necessarie alla ricorrente e permesso al giudice comunitario di esercitare il suo controllo.

176.
    Conseguentemente, il sesto motivo dev'essere respinto.

177.
    Emerge da quanto precede che il ricorso dev'essere respinto nella sua integralità.

Sulle spese

178.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente nelle sue conclusioni e la Commissione ha fatto domanda in tal senso, occorre condannare la ricorrente alle spese sostenute dalla Commissione medesima.

179.
    In conformità dell'art. 87, n. 4, del regolamento di procedura, la Repubblica italiana, parte interveniente nella causa, sopporterà le proprie spese.

180.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 4, terzo comma, del regolamento di procedura, il Tribunale può ordinare che una parte interveniente diversa dagli Stati membri, dagli Stati parti contraenti dell'Accordo SEE, dalle istituzioni e dall'Autorità di vigilanza AELS sopporti le proprie spese.

181.
    Nella fattispecie, occorre condannare la Falck, interveniente a sostegno della ricorrente, a sopportare le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente sopporterà le proprie spese nonché le spese della Commissione.

3)    Ciascuna parte interveniente sopporterà le proprie spese.

Cooke

García-Valdecasas
Lindh

Pirrung

Vilaras

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 dicembre 1999.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J.D. Cooke


1: Lingua processuale: l'italiano.