Language of document : ECLI:EU:T:2022:261

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

27 aprile 2022 (*)

«Responsabilità extracontrattuale – Cooperazione delle autorità di polizia e altri servizi di contrasto degli Stati membri – Lotta alla criminalità – Comunicazione di informazioni da Europol a uno Stato membro – Preteso trattamento illecito di dati – Regolamento (UE) 2016/794 – Articolo 50, paragrafo 1 – Danno morale»

Nella causa T‑436/21,

Leon Leonard Johan Veen, residente in Oss (Paesi Bassi), rappresentato da T. Lysina, avvocato,

ricorrente,

contro

Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol), rappresentata da A. Nunzi, in qualità di agente, assistito da G. Ziegenhorn e M. Kottmann, avvocati,

convenuta,


IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da J. Svenningsen (relatore), presidente, R. Barents e C. Mac Eochaidh, giudici,

cancelliere: E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento,

vista la mancata presentazione ad opera delle parti, nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, della domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale,

ha emanato la presente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 268 TFUE, il ricorrente, sig. Leon Leonard Johan Veen, chiede il risarcimento del danno che avrebbe subìto in seguito al trattamento illecito di suoi dati personali da parte dell’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol).

 Fatti

2        Nell’ambito dell’indagine conseguente a un sequestro di 1,5 tonnellate di metanfetamina, la polizia slovacca ha chiesto l’assistenza di Europol sul fondamento dell’articolo 3, paragrafo 1, e dell’articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b) e h), del regolamento (UE) 2016/794 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol) e sostituisce e abroga le decisioni del Consiglio 2009/371/GAI, 2009/934/GAI, 2009/935/GAI, 2009/936/GAI e 2009/968/GAI (GU 2016, L 135, pag. 53), informandola, in particolare, che il ricorrente era sospettato di essere coinvolto nel traffico di tale sostanza.

3        Sulla base di informazioni trasmesse dagli Stati membri e trattate a norma dell’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), dell’articolo 18, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettere a), c) e d), e dell’articolo 31 del regolamento 2016/794, Europol ha effettuato un’operazione di controllo incrociato a norma dell’articolo 18, paragrafo 2, lettera a), di detto regolamento e ha indi redatto una relazione (in prosieguo: la «relazione»).

4        La comunicazione della relazione, il cui livello di riservatezza era «Europol non classificato – Livello di protezione di base», è stata limitata alla Repubblica francese, al Regno dei Paesi Bassi, alla Repubblica slovacca e alla United States Drug Enforcement Administration (agenzia federale antidroga degli Stati Uniti d’America).

5        Nella relazione, redatta in inglese, il nome del ricorrente compare nel seguente paragrafo:

«Both, Leon Leonard Johan Veen and [A] came into noticed in several Dutch investigations concerning suspicious transactions. In addition, Leon Leonard Johan Veen had been reported also in a Swedish investigation concerning drugs trafficking and a Polish investigation concerning fraud» («Leon Leonard Johan Veen e [A] sono stati entrambi coinvolti in diverse indagini neerlandesi relative a transazioni sospette. Inoltre, Leon Leonard Johan Veen è stato anche segnalato nell’ambito di un’indagine svedese per traffico di droga e nell’ambito di un’indagine polacca per frode»).

 Conclusioni delle parti

6        Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        condannare Europol a versargli la somma di EUR 50 000;

–        condannare Europol alle spese.

7        Europol chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

8        Con il presente ricorso il ricorrente fa valere comportamenti dannosi da parte di Europol, derivanti da un trattamento illecito dei suoi dati, e chiede un risarcimento, per un importo di EUR 50 000, del danno morale risultante da tali comportamenti, sul fondamento degli articoli 268 e 340 TFUE nonché dell’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento 2016/794.

9        Ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento 2016/794, la persona fisica che subisca un danno da un trattamento illecito di dati ha il diritto di ottenere il risarcimento del danno da Europol, conformemente all’articolo 340 TFUE, o dallo Stato membro in cui si è verificato il fatto generatore del danno, conformemente al diritto nazionale.

10      Poiché il ricorrente ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso contro Europol, questo deve essere esaminato sul fondamento degli articoli 268 e 340 TFUE.

 Sulla ricevibilità

11      Europol ritiene che il ricorso sia irricevibile per mancanza di chiarezza e di precisione dell’istanza.

12      Ai sensi dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile alla procedura dinanzi al Tribunale ai sensi dell’articolo 53, primo comma, dello stesso Statuto, e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, l’istanza deve contenere l’oggetto della controversia, le conclusioni ed un’esposizione sommaria dei motivi invocati. Tali elementi devono essere sufficientemente chiari e precisi per consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia, è necessario, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano in modo coerente e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo stesso (v. ordinanza dell’11 marzo 2021, Techniplan/Commissione, T‑426/20, non pubblicata, EU:T:2021:129, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

13      Per essere conforme a tali requisiti di chiarezza e precisione, un ricorso inteso al risarcimento del danno asseritamente causato da un’istituzione dell’Unione europea deve contenere gli elementi, le prove o i mezzi di prova che consentano di identificare il comportamento che il ricorrente addebita all’istituzione, le ragioni per le quali egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno che asserisce di aver subìto, nonché il carattere e l’entità di tale danno (v., in tal senso, sentenza del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE, T‑79/13, EU:T:2015:756, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

14      Nel caso di specie, dall’atto introduttivo risulta che il ricorrente intende ottenere il risarcimento del danno che ritiene di aver subìto a causa di due comportamenti di Europol, vale a dire, da un lato, la menzione nella relazione di dati personali che lo riguardano (primo capo della domanda) e, dall’altro, l’inserimento da parte di Europol di tale relazione nel fascicolo del procedimento penale slovacco avviato a suo carico (secondo capo della domanda), versamento di cui egli deduce l’illiceità alla luce delle norme giuridiche che conferiscono diritti a un singolo, fra le quali le disposizioni volte a garantire il rispetto dei suoi dati personali.

15      Va pertanto rilevato che l’oggetto del ricorso e i motivi esposti dal ricorrente nell’atto introduttivo risultano sufficientemente comprensibili dal testo stesso di quest’ultimo. Tale osservazione è peraltro confermata dal fatto che Europol è stata in grado di rispondere ai suddetti motivi.

16      Per quanto riguarda, poi, l’argomentazione di Europol nel senso dell’irricevibilità per insufficienza delle prove fornite dal ricorrente in merito ai pretesi comportamenti illeciti e al preteso danno, occorre constatare che questioni del genere non rientrano nell’ambito della valutazione della ricevibilità della domanda di risarcimento, bensì in quello della valutazione della fondatezza (v., in tal senso, sentenza del 29 settembre 2021, Kočner/Europol, T‑528/20, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2021:631, punto 39).

17      Di conseguenza, si deve ritenere che il ricorso sia conforme ai requisiti di cui all’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura e che pertanto sia ricevibile.

 Nel merito

18      In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, in materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.

19      Da un lato, ne consegue che l’articolo 340, secondo comma, TFUE attribuisce al giudice dell’Unione soltanto la competenza a disporre il risarcimento dei danni cagionati dalle istituzioni dell’Unione o dai loro agenti nell’esercizio delle rispettive funzioni, vale a dire il risarcimento dei danni per i quali può sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione (ordinanza del 9 luglio 2019, Scaloni e Figini/Commissione, T‑158/18, non pubblicata, EU:T:2019:491, punto 19, e sentenza del 29 settembre 2021, Kočner/Europol, T‑528/20, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2021:631, punto 59).

20      Peraltro, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di «istituzione», ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, include non soltanto le istituzioni dell’Unione elencate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE, ma anche tutti gli organi e gli organismi dell’Unione istituiti dai Trattati ovvero in virtù di questi ultimi e destinati a contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione (v. sentenza del 16 dicembre 2020, Consiglio e a./K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, C‑598/18 P, C‑603/18 P e C‑604/18 P, EU:C:2020:1028, punto 80 e giurisprudenza ivi citata), comprese le agenzie dell’Unione, quindi anche Europol (v., in tal senso, sentenza del 29 settembre 2021, Kočner/Europol, T‑528/20, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2021:631, punto 60).

21      Dall’altro lato, l’insorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, è subordinato al soddisfacimento di tre condizioni cumulative, vale a dire l’illegittimità del comportamento addebitato all’istituzione dell’Unione, l’effettiva esistenza del danno e la sussistenza di un nesso di causalità tra il comportamento di tale istituzione e il danno lamentato (sentenza del 16 dicembre 2020, Consiglio e a./K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, C‑598/18 P, C‑603/18 P e C‑604/18 P, EU:C:2020:1028, punto 79).

22      Poiché tali tre condizioni richieste per l’insorgere della responsabilità sono cumulative, l’assenza di una di esse è sufficiente per respingere un ricorso per risarcimento (sentenza del 25 febbraio 2021, Dalli/Commissione, C‑615/19 P, EU:C:2021:133, punto 42).

23      È alla luce dei principi summenzionati che occorre esaminare ciascuno dei due capi della domanda.

 Sul primo capo della domanda

24      Il ricorrente chiede il risarcimento del danno che ritiene di aver subìto a causa del carattere inesatto e non comprovato della notizia da parte di Europol, nella sua relazione, secondo cui egli sarebbe stato indagato in Svezia per traffico di droga e in Polonia per frode, mentre nessuna indagine che lo riguardi è in corso o è stata mai avviata in tali Stati.

25      La menzione di tali informazioni inesatte e non comprovate che lo riguardano costituirebbe un trattamento illecito di dati personali, che viola il suo diritto al rispetto della vita privata e familiare, il suo diritto alla protezione dei propri dati personali nonché il principio della presunzione d’innocenza, tutti garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Infatti, tali informazioni lo presenterebbero come una persona datasi al traffico di droga o alla frode.

26      Secondo il ricorrente, tale violazione sarebbe tanto più illecita in quanto egli non si è potuto esprimere sulle informazioni contenute nella relazione, quest’ultima non è stata preceduta da una decisione giudiziaria o da una decisione di un’autorità amministrativa indipendente ed Europol non disponeva di alcun elemento di prova che attestasse la veridicità delle informazioni che lo riguardavano.

27      Di conseguenza, egli avrebbe provato un senso di ingiustizia e sarebbe stato leso nell’onore, nella reputazione nonché nella vita privata, in particolare nelle relazioni con la compagna e col figlio.

28      Europol contesta gli argomenti del ricorrente.

29      Per quanto riguarda, in primo luogo, la condizione relativa all’illegittimità del comportamento addebitato a Europol, occorre rilevare che l’affermazione del ricorrente secondo cui la relazione avrebbe illegittimamente menzionato due indagini a suo carico in Svezia e in Polonia deriva da una lettura errata di tale relazione.

30      In effetti, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, il punto controverso di tale relazione, nonostante la sua formulazione non felice in lingua inglese e indipendentemente da come il ricorrente l’ha interpretato, enuncia non che il ricorrente sia oggetto di due indagini in Svezia e in Polonia, bensì soltanto che il suo nome è emerso nell’ambito di tali due indagini, così come si evince dai seguenti termini della relazione: «In addition, Leon Leonard Johan Veen had been reported also in a Swedish investigation concerning drugs trafficking and a Polish investigation concerning fraud» («Inoltre, Leon Leonard Johan Veen è stato anche segnalato nell’ambito di un’indagine svedese per traffico di droga e nell’ambito di un’indagine polacca per frode»). Peraltro, nel controricorso, Europol ha spiegato che, quando intende indicare, in una relazione indirizzata alle autorità di polizia nazionali, che una persona è o era sospettata nel corso di un’indagine, essa lo comunica in modo esplicito e inequivocabile, utilizzando in particolare espressioni quali «sospettato» o «indagato».

31      Pertanto, a torto il ricorrente accusa Europol di aver indicato illegittimamente, nella relazione, che egli sarebbe stato oggetto di due indagini in Svezia e in Polonia e di averlo quindi identificato come coinvolto in un traffico di droga o in una frode.

32      In ogni caso, la menzione nella relazione di Europol di informazioni personali relative a una persona il cui cognome o i cui dati personali sono stati raccolti o sono conservati da tale agenzia non può di per sé costituire un atto illecito tale da impegnare la responsabilità di quest’ultima.

33      Infatti, come risulta dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2016/794, in combinato disposto con i suoi considerando 12 e 13, Europol costituisce un punto nodale dello scambio di informazioni nel settore dell’intelligence criminale tra le autorità di contrasto degli Stati membri, volto a sostenere e potenziare l’azione delle autorità competenti degli Stati membri e la loro reciproca cooperazione nella prevenzione di alcune forme gravi di criminalità che interessano due o più Stati membri.

34      Al fine di conseguire tali obiettivi e conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento 2016/794, Europol ha segnatamente il compito di raccogliere, conservare, trattare, analizzare e scambiare informazioni, intelligence criminale compresa, nonché di comunicare senza indugio agli Stati membri qualsiasi informazione e i collegamenti tra reati che li riguardano, e tale comunicazione può anche presentare carattere obbligatorio ai sensi dell’articolo 22 di detto regolamento.

35      A tal fine, l’articolo 18, paragrafi 1 e 2, del regolamento 2016/794, in combinato disposto con i suoi considerando 24 e 25, autorizza Europol a trattare le informazioni, inclusi i dati personali, anche effettuando controlli incrociati diretti a identificare collegamenti o altri nessi pertinenti tra informazioni concernenti diverse categorie di persone.

36      Tuttavia, l’articolo 18, paragrafo 4, del regolamento 2016/794 impone a Europol di rispettare le garanzie in materia di protezione dei dati previste da tale regolamento. Come si evince dal capo VI del medesimo regolamento, intitolato «Garanzie in materia di protezione dei dati», nonché dal suo considerando 40, tale protezione presenta un carattere autonomo e adattato alla specificità del trattamento dei dati personali nel contesto dell’attività di contrasto, come consente la dichiarazione n. 21 relativa alla protezione dei dati personali nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale e della cooperazione di polizia allegata al TUE e al TFUE, che riconosce la specificità del trattamento dei dati personali nel contesto dell’attività di contrasto.

37      In tale contesto, l’articolo 38, paragrafi 2, 4, 5 e 7, del regolamento 2016/794, in combinato disposto con il suo considerando 47, specifica la ripartizione della responsabilità in materia di protezione dei dati personali tra Europol e gli Stati membri.

38      Europol è in particolare responsabile del rispetto dei principi generali in materia di protezione dei dati, di cui all’articolo 28 di detto regolamento, ma non del requisito dell’esattezza e dell’aggiornamento di tali dati, nonché di tutti i trattamenti di dati che effettua, ad eccezione di quelli derivanti dallo scambio bilaterale di dati tramite le sue strutture. Gli Stati membri sono, dal canto loro, responsabili della qualità dei dati personali che forniscono a Europol e della liceità del loro trasferimento.

39      Orbene, nel caso di specie, il ricorrente non fornisce alcun elemento che consenta di stabilire che, riguardo alla menzione del suo nome o dei suoi dati personali nella relazione, Europol abbia violato uno degli obblighi ad essa incombenti in forza del regolamento 2016/794 e di cui può essere ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 38 di detto regolamento, in combinato disposto con il suo articolo 50, paragrafo 1.

40      Al riguardo, il ricorrente non afferma né a fortiori dimostra che, effettuando un controllo incrociato delle informazioni di cui disponeva e che lo riguardavano, per poi trasmetterle in via riservata a un numero limitato di servizi di contrasto, Europol abbia agito al di fuori dell’ambito di applicazione del regolamento 2016/794, come definito all’articolo 18, paragrafo 5, o abbia ecceduto i poteri che le sono attribuiti in particolare dall’articolo 18, paragrafo 2, di detto regolamento.

41      Siccome il ricorrente lascia intendere che le informazioni che lo riguardano contenute nella relazione siano false, occorre rilevare che egli non ha mai sostenuto che il suo nome non fosse emerso nell’ambito di tali indagini.

42      Anche supponendo che le suddette informazioni siano false, egli non ha in alcun modo dimostrato che la responsabilità di tale inesattezza sia di Europol. In effetti, come indicato al punto 38 supra, Europol non può essere ritenuta responsabile dell’eventuale inesattezza dei dati trasmessi da uno Stato membro. Orbene, il ricorrente non ha prodotto alcuna prova o elemento di prova che consenta quanto meno di figurarsi che Europol abbia modificato le informazioni trasmesse dalle autorità svedese e polacca.

43      Infine, nella parte in cui il ricorrente contesta a Europol di non averlo sentito prima di menzionare nella relazione dati personali che lo riguardavano o di aver trattato tali dati senza previa autorizzazione di un giudice o di un’autorità amministrativa indipendente, è sufficiente rilevare che siffatti obblighi non sono previsti dal regolamento 2016/794.

44      In particolare, imporre a Europol di sentire qualsiasi persona prima di menzionare dati personali che la riguardano in una relazione destinata unicamente ad autorità di polizia e a determinati servizi di contrasto potrebbe compromettere l’effetto utile del regolamento 2016/794 nonché l’azione di tali autorità e servizi che il regolamento è volto a sostenere e potenziare.

45      Anche gli argomenti basati sulla violazione degli articoli 7 e 8 e dell’articolo 48, paragrafo 1, della Carta, riguardanti rispettivamente il rispetto della vita privata e familiare, la protezione dei dati di carattere personale e la presunzione di innocenza, devono essere respinti.

46      Quanto alle censure relative alla violazione degli articoli 7 e 8 della Carta, occorre ricordare che l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta enuncia che eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà che quest’ultima riconosce devono essere previste dalla legge, il che implica, in particolare, che la base giuridica che consente l’ingerenza in tali diritti deve definire essa stessa la portata della limitazione dell’esercizio del diritto considerato e che la normativa recante una misura che consenta un’ingerenza siffatta deve prevedere regole chiare e precise che disciplinino la portata e l’applicazione della misura in questione e fissino requisiti minimi, di modo che le persone i cui dati personali siano stati trasferiti dispongano di garanzie sufficienti che consentano di proteggere efficacemente tali dati contro i rischi di abusi [v. sentenza del 24 febbraio 2022, Valsts ieņēmumu dienests (Trattamento di dati personali a fini fiscali), C‑175/20, EU:C:2022:124, punti 54 e 55 e giurisprudenza ivi citata].

47      Orbene, come indicato al considerando 76 del regolamento 2016/794, tale regolamento è stato elaborato segnatamente al fine di garantire il diritto alla protezione dei dati di carattere personale e il diritto al rispetto della vita privata, tutelati dagli articoli 8 e 7 della Carta, mentre si persegue l’obiettivo legittimo e necessario di lottare efficacemente contro la criminalità grave che interessa due o più Stati membri o che si estende anche oltre le frontiere esterne dell’Unione.

48      In tale contesto, e come risulta in particolare dal capo VI del regolamento 2016/794, letto in combinato disposto con il suo considerando 50, il legislatore dell’Unione ha elaborato regole chiare e precise sulla portata dei poteri conferiti a Europol, ha fissato requisiti minimi in materia di protezione dei dati personali per l’azione di quest’ultima e ha istituito strutture di controllo indipendenti, trasparenti e responsabili.

49      Di conseguenza, poiché il ricorrente non ha dimostrato che Europol sia venuta meno agli obblighi ad essa incombenti menzionando nella relazione dati personali che lo riguardano, non può essere constatata alcuna violazione degli articoli 7 e 8 della Carta a tal proposito.

50      Quanto alla censura relativa alla violazione dell’articolo 48, paragrafo 1, della Carta, sulla presunzione di innocenza, essa non è suffragata da alcuna argomentazione. Tale censura non soddisfa quindi i requisiti di cui all’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura ed è pertanto irricevibile.

51      Da quanto precede risulta che il ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un comportamento illecito da parte di Europol in relazione al primo capo della domanda.

52      Per quanto riguarda, in secondo luogo e in ogni caso, le condizioni relative all’effettiva esistenza del danno lamentato e alla sussistenza di un nesso di causalità tra tale danno e il comportamento di Europol, occorre rilevare che il ricorrente si è limitato a sostenere che la relazione era «accessibile» al procuratore, all’autorità inquirente, al giudice nazionale e alle parti del procedimento, che egli peraltro non identifica.

53      Orbene, non avendo dimostrato che il regime di riservatezza al quale Europol aveva assoggettato la relazione sia stato violato o che persone diverse da quelle cui egli stesso si riferisce vi abbiano avuto accesso, il ricorrente non può fondatamente sostenere che la menzione nella suddetta relazione di dati personali che lo riguardavano abbia arrecato pregiudizio alla sua reputazione o al suo onore.

54      Per ragioni analoghe e in assenza di prove a sostegno della sua censura, il ricorrente non ha neppure dimostrato che la menzione di tali medesimi dati nella relazione abbia influito sul suo rapporto con la compagna e con il figlio, i quali, alla luce degli elementi presentati al Tribunale, non hanno avuto accesso alla suddetta relazione.

55      Da quanto precede risulta che il primo capo della domanda di risarcimento deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo capo della domanda

56      Il ricorrente chiede il risarcimento del danno che ritiene di aver subìto a causa dell’inserimento, da parte di Europol, della relazione nel fascicolo del procedimento penale slovacco a suo carico, in quanto anche tale inserimento gli avrebbe provocato un senso di ingiustizia e lo avrebbe leso nell’onore, nella reputazione e nel diritto alla vita familiare.

57      Europol contesta gli argomenti del ricorrente, sostenendo in particolare di non aver inserito la relazione nel fascicolo del procedimento penale in questione.

58      A tale proposito occorre notare che il ricorrente non ha prodotto alcuna prova, né almeno un elemento di prova, che permetta di dimostrare che l’inserimento della relazione nel fascicolo sia stato effettivamente eseguito da Europol, e non dalle autorità di contrasto slovacche.

59      Inoltre, dal punto 17 del ricorso risulta esplicitamente che, secondo il ricorrente stesso, Europol ha trasmesso la relazione alle autorità di polizia slovacche.

60      Questa constatazione è ulteriormente suffragata dalla logica del regolamento 2016/794 e dal compito assegnato a Europol nel sistema di cooperazione nell’attività di contrasto istituito dal medesimo regolamento.

61      Risulta infatti dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento 2016/794 che Europol ha il compito di sostenere e potenziare le azioni delle autorità competenti degli Stati membri, definite all’articolo 2, lettera a), di detto regolamento come «tutte le autorità di polizia e gli altri servizi degli Stati membri incaricati dell’applicazione della legge e preposti alla prevenzione e alla lotta contro la criminalità in forza del diritto nazionale».

62      Pertanto, contrariamente a quanto asserito dal ricorrente e alla luce degli elementi di prova da lui forniti al Tribunale, l’inserimento della relazione nel fascicolo del procedimento penale slovacco a suo carico non può considerarsi effettuato da Europol.

63      Di conseguenza, il danno allegatamente derivante dall’inserimento della relazione nel fascicolo del procedimento penale non è imputabile a Europol.

64      Da tutte le considerazioni che precedono risulta che il secondo capo della domanda di risarcimento deve essere respinto in quanto infondato, così come il ricorso nel suo insieme, senza che sia necessario pronunciarsi sulle offerte di prova formulate dal ricorrente e sulle sue richieste di misure di organizzazione del procedimento e di mezzi istruttori e, in particolare, sulla loro ricevibilità, nella misura in cui il Tribunale si ritiene sufficientemente edotto dagli atti del fascicolo di causa per statuire sul ricorso.

 Sulle spese

65      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il ricorrente, in quanto soccombente, è condannato alle spese conformemente alle conclusioni di Europol.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il sig. Leon Leonard Johan Veen è condannato alle spese.

Svenningsen

Barents

Mac Eochaidh

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 aprile 2022.

Firme


*      Lingua processuale: lo slovacco.