Language of document : ECLI:EU:T:2022:279

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

11 maggio 2022 (*)

«Politica economica e monetaria – Vigilanza prudenziale sugli enti creditizi – Compiti specifici di vigilanza attribuiti alla BCE – Valutazione di acquisizioni di partecipazioni qualificate – Opposizione all’acquisizione di una partecipazione qualificata – Irretroattività – Autorità di cosa giudicata – Applicazione delle disposizioni nazionali di recepimento – Diritti della difesa – Diritto di accesso al fascicolo – Diritto di essere sentiti – Motivo nuovo – Primato del diritto dell’Unione – Diritto a una tutela giurisdizionale effettiva»

Nella causa T‑913/16,

Finanziaria d’investimento Fininvest SpA (Fininvest), con sede in Roma (Italia),

Silvio Berlusconi, residente in Roma,

rappresentati da R. Vaccarella, A. Di Porto, M. Carpinelli, A. Saccucci, B. Nascimbene, N. Ghedini e A. Baldaccini, avvocati,

ricorrenti,

contro

Banca centrale europea (BCE), rappresentata da C. Hernández Saseta e G. Buono, in qualità di agenti, assistiti da M. Lamandini, avvocato,

convenuta,

sostenuta da

Commissione europea, rappresentata da V. Di Bucci e A. Steiblytė, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione ECB/SSM/2016 –7LVZJ6XRIE7VNZ4UBX81/4 della BCE, del 25 ottobre 2016, con la quale la BCE ha negato l’autorizzazione all’acquisizione da parte della Fininvest e del sig. Silvio Berlusconi di una partecipazione nell’ente creditizio Banca Mediolanum SpA,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata),

composto da S. Papasavvas, presidente, E. Buttigieg, F. Schalin, M.J. Costeira (relatrice) e A. Kornezov, giudici,

cancelliere: M. Nuñez Ruiz, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 settembre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        La Finanziaria d’investimento Fininvest SpA (Fininvest) è una holding di diritto italiano di cui il sig. Silvio Berlusconi detiene il 61,21% tramite partecipazioni in quattro società di diritto italiano.

2        La Mediolanum era una società di partecipazione finanziaria mista quotata in borsa che, sino al 30 dicembre 2015, deteneva il 100% del capitale di Banca Mediolanum SpA.

3        La Fininvest deteneva il 30,1% del capitale sociale della Mediolanum e la Fin. Prog. Italia deteneva il 26,5% del capitale di tale società.

4        A seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo del 4 marzo 2014 n. 53 – Attuazione della direttiva 2011/89/UE, che modifica le direttive 98/78/CE, 2002/87/CE, 2006/48/CE e 2009/138/CE, per quanto concerne la vigilanza supplementare sulle imprese finanziarie appartenenti a un conglomerato finanziario (GURI n. 76, del 1° aprile 2014, pag. 1790), la Banca d’Italia ha avviato un procedimento per valutare i ricorrenti, la Fininvest e il sig. Berlusconi, nella loro qualità di azionisti qualificati di società di partecipazione finanziaria mista.

5        Con provvedimento del 7 ottobre 2014 la Banca d’Italia ha ritenuto che il sig. Berlusconi non soddisfacesse più il requisito di onorabilità richiesto dal decreto ministeriale del 18 marzo 1998 n. 144 – Regolamento recante norme per l’individuazione dei requisiti di onorabilità dei partecipanti al capitale sociale delle banche e fissazione della soglia rilevante (GURI n. 109 del 13 maggio 1998, pag. 101; in prosieguo: il «decreto ministeriale n. 144») per effetto della condanna definitiva alla pena della reclusione per il reato di frode fiscale a seguito della sentenza n. 35729/13 della Corte suprema di cassazione del 1° agosto 2013 (in prosieguo: la «decisione del 7 ottobre 2014»).

6        Per tale motivo, la Banca d’Italia ha, da un lato, ordinato la sospensione dei diritti di voto dei ricorrenti e la cessione delle loro partecipazioni eccedenti il 9,99% nella Mediolanum e, dall’altro, ha respinto la richiesta di autorizzazione presentata da questi ultimi allo scopo di detenere una partecipazione qualificata.

7        I ricorrenti hanno impugnato il provvedimento del 7 ottobre 2014 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) che, con sentenza del 5 giugno 2015, ha respinto il ricorso.

8        Il 30 dicembre 2015, al termine di un’operazione di fusione per incorporazione inversa, la Mediolanum è stata incorporata dalla sua controllata Banca Mediolanum.

9        Il 3 marzo 2016 il Consiglio di Stato (Italia) ha accolto l’appello proposto dai ricorrenti avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio e ha annullato il provvedimento del 7 ottobre 2014.

10      A seguito della fusione menzionata al precedente punto 8 e della sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016 menzionata al precedente punto 9, la Banca d’Italia e la Banca centrale europea (BCE) hanno considerato che fosse necessaria una nuova istanza di autorizzazione, relativa a tale partecipazione qualificata, conformemente agli articoli 22 e seguenti della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338) nonché agli articoli 19 e seguenti del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 – Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (GURI n. 230, del 30 settembre 1993, in prosieguo: il «TUB»), come modificato dal decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 72.

11      Con lettera del 14 luglio 2016 la Banca d’Italia ha invitato la Fininvest a presentare entro quindici giorni un’istanza per l’avvio di un procedimento autorizzativo di acquisto di una partecipazione qualificata. Non essendo stata presentata alcuna istanza entro il termine impartito, il 3 agosto 2016 la Banca d’Italia ha deciso di avviare d’ufficio un procedimento amministrativo nei confronti della Fininvest, all’esito del quale ha trasmesso alla BCE, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63), una proposta di decisione, datata 23 settembre 2016, contenente un giudizio negativo sull’onorabilità degli acquirenti della partecipazione in questione in Banca Mediolanum e in cui invitata la BCE ad opporsi all’acquisizione.

12      Con la sua decisione ECB/SSM/2016 – 7LVZJ6XRIE7VNZ4UBX81/4, del 25 ottobre 2016, la BCE si è opposta all’acquisizione, da parte dei ricorrenti, della partecipazione qualificata in Banca Mediolanum, in quanto essi non soddisfacevano il requisito dell’onorabilità e sussistevano seri dubbi in merito alla loro capacità di garantire in prospettiva futura una sana e prudente gestione di tale ente finanziario (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

13      In particolare, la BCE ha ritenuto, ai sensi degli articoli 19 e 25 del TUB e dell’articolo 1 del decreto ministeriale n. 144, di recepimento della direttiva 2013/36, che, tenuto conto del fatto che il sig. Berlusconi, azionista di maggioranza e proprietario effettivo della Fininvest, era l’acquirente indiretto della partecipazione in Banca Mediolanum e che era stato condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione per frode fiscale, il requisito dell’onorabilità imposto ai detentori di partecipazioni qualificate, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2013/36, come recepita, non era soddisfatto. Essa si è altresì fondata sul fatto che il sig. Berlusconi avrebbe commesso ulteriori irregolarità e avrebbe riportato ulteriori condanne, analogamente ad altri membri degli organi direttivi della Fininvest.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

14      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 dicembre 2016 i ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

15      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 aprile 2017 la Commissione europea ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della BCE.

16      Con lettera del 28 aprile 2017 i ricorrenti hanno presentato una domanda di sospensione del procedimento in applicazione dell’articolo 69, lettera a), del regolamento di procedura del Tribunale, sulla quale la BCE ha presentato le sue osservazioni.

17      Con decisione del 15 giugno 2017 il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha autorizzato la Commissione a intervenire a sostegno delle conclusioni della BCE. In pari data, ha deciso di non sospendere il procedimento.

18      Su proposta della Seconda Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rinviare la causa dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.

19      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato le parti a presentare le loro osservazioni sulle conseguenze che la sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023) potrebbe produrre sulla presente causa. Le parti hanno ottemperato a tale richiesta entro i termini impartiti.

20      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 gennaio 2019 i ricorrenti hanno dedotto motivi nuovi ai sensi dell’articolo 84 del regolamento di procedura, sui quali la BCE e la Commissione hanno formulato osservazioni.

21      Con decisione del Presidente del Tribunale del 7 maggio 2019 la presente causa è stata assegnata a un nuovo giudice relatore, nell’ambito della Seconda Sezione ampliata.

22      In seguito al decesso del giudice Berke il 1° agosto 2021, la presente causa è stata assegnata a una nuova giudice relatrice, nell’ambito della Nona Sezione ampliata, con decisione del Presidente del Tribunale del 12 agosto 2021.

23      Con decisione del presidente del Tribunale del 12 agosto 2021, un nuovo giudice a latere e presidente di sezione è stato designato per completare il collegio giudicante.

24      I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la BCE alle spese.

25      La BCE e la Commissione chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

III. In diritto

26      A sostegno del loro ricorso, i ricorrenti deducono dieci motivi.

27      Il primo motivo verte, in sostanza, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’articolo 5, paragrafo 2, e dell’articolo 13, paragrafo 2, TUE; dell’articolo 127, paragrafo 6, TFUE; dell’articolo 1, paragrafo 5, dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013; degli articoli 86 e 87 del regolamento (UE) n. 468/2014 della BCE, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la BCE e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (GU 2014, L 141, pag. 1), nonché degli articoli 22 e 23 della direttiva 2013/36; su un errore di diritto e uno sviamento di potere, in quanto la BCE avrebbe applicato tali disposizioni a persone che già detenevano una partecipazione qualificata. Il secondo motivo verte sull’eccezione d’illegittimità avverso la direttiva 2013/36 alla luce del principio di non retroattività degli atti di diritto derivato. Il terzo motivo verte su una violazione dei principi della certezza del diritto e dell’autorità di cosa giudicata formatasi sulla sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016. Il quarto motivo verte, in sostanza, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013, dell’articolo 23, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2013/36 e dei principi generali di legalità, certezza del diritto e prevedibilità. Il quinto motivo verte su un difetto di valutazione e di motivazione in cui è incorsa la BCE in relazione al criterio della probabile influenza del candidato acquirente sull’ente creditizio ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36. Il sesto motivo verte su una violazione del principio di proporzionalità e degli articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Il settimo motivo riguarda la violazione dei diritti della difesa e del diritto di accesso al fascicolo. L’ottavo motivo verte sull’eccezione d’illegittimità dell’articolo 31, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014, che prevede che gli interessati dispongono di un termine di tre giorni per presentare le loro osservazioni scritte sugli elementi su cui si basa la futura decisione della BCE. Il nono motivo verte, in sostanza, sull’illegittimità degli atti preparatori adottati dalla Banca d’Italia. Il decimo motivo verte sull’eccezione d’illegittimità degli articoli 4, paragrafo 3, e dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013, in quanto incompatibili con il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

 Sul primo motivo, vertente, in sostanza, su una violazione dellarticolo 4, paragrafo 1, dellarticolo 5, paragrafo 2, e dellarticolo 13, paragrafo 2, TUE; dellarticolo 127, paragrafo 6, TFUE; dellarticolo 1, paragrafo 5, dellarticolo 4, paragrafo 1, lettera c), e dellarticolo 15 del regolamento n. 1024/2013; degli articoli 86 e 87 del regolamento n. 468/2014 nonché degli articoli 22 e 23 della direttiva 2013/36, su un errore di diritto e su uno sviamento di potere

28      I ricorrenti sostengono, essenzialmente, che la decisione impugnata è contraria all’articolo 15, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013 e agli articoli 22 e 23 della direttiva 2013/36, nei limiti in cui la BCE ha qualificato la fusione per incorporazione della Mediolanum in Banca Mediolanum come acquisizione di una partecipazione qualificata ai sensi di tali disposizioni. Essi ritengono che dette disposizioni si applichino solo ai casi in cui vi sia un candidato acquirente e un progetto di acquisizione di una partecipazione qualificata e non ai casi in cui le persone fisiche o giuridiche interessate già detengano una partecipazione qualificata.

29      I ricorrenti sostengono altresì che, nel caso di specie, prima della fusione di cui trattasi, essi erano già formalmente e sostanzialmente proprietari delle partecipazioni qualificate in Banca Mediolanum e ne deducono che la BCE non avrebbe potuto attivare il procedimento sfociato nella decisione impugnata. Inoltre, i ricorrenti sostengono che le competenze attribuite alla BCE dai trattati e i compiti specifici ad essa affidati dal regolamento n. 1024/2013 e dal regolamento n. 468/2014 non le consentivano di svolgere una valutazione di una partecipazione qualificata già detenuta in un ente creditizio, ma unicamente di opporsi o non opporsi a una potenziale acquisizione.

30      La BCE, sostenuta dalla Commissione, contesta tale argomentazione.

31      Al riguardo, occorre rilevare che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 1024/2013 prevede che la BCE ha competenza esclusiva nell’assolvimento del compito di «valutare le notifiche di acquisizione e di cessione di partecipazioni qualificate in enti creditizi, tranne nel caso della risoluzione di una crisi bancaria, e fatto salvo l’articolo 15» di detto regolamento.

32      L’articolo 15, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013 dispone, dal canto suo, che la BCE decide se vietare o meno l’acquisizione sulla base dei criteri di valutazione stabiliti dal pertinente diritto dell’Unione europea e conformemente alla procedura ed entro i termini per la valutazione ivi stabiliti.

33      Inoltre, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, prima frase, del regolamento n. 1024/2013, «ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento e allo scopo di assicurare standard elevati di vigilanza, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive».

34      Ne consegue che la BCE è tenuta, ai fini dell’assolvimento dei suoi compiti, ad applicare le disposizioni del regolamento n. 1024/2013 e le disposizioni del diritto nazionale di recepimento della direttiva 2013/36, lette alla luce di tale direttiva (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 24 aprile 2018, Caisse régionale de crédit agricole mutuel Alpes Provence e a./BCE, da T‑133/16 a T‑136/16, EU:T:2018:219, punti da 47 a 50).

35      La procedura di valutazione delle acquisizioni di partecipazioni qualificate è prevista dall’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013, dagli articoli da 85 a 87 del regolamento n. 468/2014 e dall’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2013/36. Tali disposizioni prevedono l’obbligo, per qualsiasi persona fisica o giuridica che abbia deciso di acquisire direttamente o indirettamente una partecipazione qualificata in un ente creditizio, o di aumentarla, di notificare, per iscritto prima dell’acquisizione, alle autorità competenti dell’ente creditizio nel quale intende acquisire o aumentare una partecipazione qualificata, l’entità prevista della partecipazione e le informazioni pertinenti specificate conformemente all’articolo 23, paragrafo 4 di tale direttiva.

36      L’articolo 19 del TUB, come modificato dal decreto legislativo n. 72, che ha recepito nell’ordinamento italiano il contenuto della direttiva 2013/36, attribuisce alla Banca d’Italia la competenza a rilasciare autorizzazioni all’acquisizione di partecipazioni qualificate in enti finanziari. L’articolo 19, comma 5, del TUB precisa inoltre che tali autorizzazioni sono rilasciate «quando ricorrono condizioni atte a garantire una gestione sana e prudente della banca, valutando la qualità del potenziale acquirente e la solidità finanziaria del progetto di acquisizione in base ai seguenti criteri: la reputazione del potenziale acquirente ai sensi dell’articolo 25» del TUB.

37      L’articolo 25, comma 1, del TUB, rubricato «Partecipanti al capitale», precisa che i titolari delle partecipazioni indicate all’articolo 19 del TUB devono possedere requisiti di onorabilità e soddisfare criteri di competenza e correttezza in modo da garantire la sana e prudente gestione della banca.

38      A titolo transitorio, l’articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 72 prevede che continuino ad applicarsi le disposizioni concernenti i requisiti di onorabilità dei titolari di partecipazioni in enti finanziari in vigore prima dell’adozione di tale decreto.

39      Le disposizioni in questione sono state inserite nel decreto ministeriale n. 144, il cui articolo 1 specifica le condanne che incidono negativamente sull’onorabilità della persona interessata e che comportano quindi il mancato rispetto del requisito richiesto.

40      L’articolo 2 del decreto ministeriale n. 144 dispone, in via transitoria, che, «[p]er i soggetti che partecipano al capitale di una banca alla data di entrata in vigore del presente regolamento la mancanza dei requisiti di cui all’articolo 1 non previsti dalla normativa previgente non rileva, se verificatasi antecedentemente alla data stessa, limitatamente alla partecipazione già detenuta».

41      Quanto alle società di partecipazione finanziaria mista, l’articolo 63 del TUB, adottato conformemente all’articolo 119 della direttiva 2013/36, ne ha assoggettato i soci qualificati agli stessi obblighi dei soci qualificati degli istituti bancari.

42      L’analisi del primo motivo implica che si valuti se, come sostengono i ricorrenti, la BCE abbia erroneamente considerato, ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 nonché della normativa italiana adottata per recepire tale disposizione, che essi avevano acquisito una partecipazione qualificata per effetto della fusione in questione e della sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016, che ha annullato, in particolare, la limitazione dell’esercizio dei diritti di voto connessi alla loro partecipazione e la cessione delle loro quote nella Mediolanum eccedenti il 9,99%.

43      Ai fini di tale esame, si deve, innanzitutto, interpretare la nozione di «acquisizione di una partecipazione qualificata» e, successivamente, valutare se la BCE abbia legittimamente qualificato l’operazione di fusione come acquisizione di una partecipazione qualificata ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, come recepito nel diritto nazionale.

 Sull’interpretazione della nozione di acquisizione di una partecipazione qualificata ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2013/36

44      In primo luogo, occorre rammentare che, secondo una costante giurisprudenza, tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza esigono che i termini in cui è formulata una disposizione di diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri al fine di determinare il suo senso e la sua portata, devono di norma ricevere, in tutta l’Unione, un’interpretazione autonoma e uniforme (v. sentenza del 5 dicembre 2013, Vapenik, C‑508/12, EU:C:2013:790, punto 23 e giurisprudenza ivi citata; sentenza dell’11 aprile 2019, Tarola, C‑483/17, EU:C:2019:309, punto 36).

45      L’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 e l’articolo 22 della direttiva 2013/36 non contengono alcun rinvio espresso alle normative degli Stati membri per determinare il senso e la portata della nozione di acquisizione di una partecipazione qualificata.

46      Certamente, l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013, prevede che, ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile da tale regolamento e allo scopo di assicurare standard elevati di vigilanza, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive. Laddove il pertinente diritto dell’Unione sia costituito da regolamenti e tali regolamenti concedano esplicitamente opzioni per gli Stati membri, la BCE applica anche la legislazione nazionale di esercizio di tali opzioni.

47      Tuttavia, se è vero che tale disposizione contiene un rinvio generale al diritto nazionale adottato per l’attuazione del pertinente diritto dell’Unione, essa non può essere intesa come un rinvio espresso, per l’interpretazione della nozione di acquisizione di una partecipazione qualificata, al diritto degli Stati membri ai sensi della giurisprudenza rammentata al precedente punto 44.

48      Infatti, se l’applicabilità della valutazione delle acquisizioni di partecipazioni qualificate dipendesse dall’interpretazione di tale nozione negli ordinamenti nazionali, l’obbligatorietà di tale valutazione sarebbe messa in discussione.

49      Ai fini dell’applicazione dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 22 della direttiva 2013/36, tale nozione deve quindi essere considerata una nozione autonoma del diritto dell’Unione, da interpretare in maniera uniforme sul territorio di tutti gli Stati membri (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 14 novembre 2019, State Street Bank International, C‑255/18, EU:C:2019:967, punto 33).

50      In secondo luogo, in assenza di una qualsivoglia definizione di tale nozione nel diritto dell’Unione, essa deve, secondo una giurisprudenza costante, essere determinata tenendo conto del contesto generale in cui è utilizzata e conformemente al suo senso abituale nel linguaggio corrente. Inoltre, nell’interpretare una nozione di diritto dell’Unione, si deve tener conto degli scopi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e del suo effetto utile (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2012, BLV Wohn- und Gewerbebau, C‑395/11, EU:C:2012:799, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

51      A tal riguardo, occorre rilevare che, nel senso corrente, la nozione di acquisizione di titoli o partecipazioni non si limita alle operazioni a pronti, ma può anche coprire vari tipi di operazioni, come le operazioni a termine o di opzione oppure operazioni di scambio di azioni con altre attività.

52      Per quanto riguarda poi il contesto in cui si inserisce la procedura di autorizzazione delle acquisizioni di una partecipazione qualificata e gli obiettivi che essa persegue, si deve ricordare che, come precisato al considerando 22 del regolamento n. 1024/2013, per assicurare che la proprietà di un ente creditizio rimanga idonea e solida sotto il profilo finanziario, è indispensabile valutare l’idoneità di qualsiasi nuovo proprietario prima che esso acquisti una quota di tali enti.

53      Inoltre, dal considerando 23 del regolamento n. 1024/2013 emerge che la solidità prudenziale di un ente creditizio presuppone il rispetto delle norme dell’Unione che gli impongono di detenere un dato livello di capitale a copertura dei rischi insiti nella sua attività, di limitare le esposizioni, di pubblicare le informazioni relative alla sua situazione finanziaria, di disporre di attività liquide sufficienti a superare le situazioni di stress sui mercati e di limitare la leva finanziaria. Orbene, il rispetto di tali regole dipende altresì strettamente dall’idoneità dei proprietari degli enti creditizi e di qualsiasi nuovo proprietario prima che esso acquisti una quota rilevante nell’ente creditizio.

54      Infine, l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 precisa che l’obiettivo della procedura di autorizzazione delle acquisizioni di partecipazioni qualificate in enti creditizi è garantire la gestione sana e prudente dell’ente cui si riferisce il progetto di acquisizione nonché l’idoneità del candidato acquirente e la solidità finanziaria del progetto di acquisizione considerato, tenendo conto della sua probabile influenza sull’ente creditizio.

55      Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, alla luce del contesto in cui si inserisce la procedura di autorizzazione delle acquisizioni di partecipazioni qualificate e degli obiettivi da essa perseguiti, tale nozione non può essere interpretata restrittivamente in modo da applicarsi solo ai casi di acquisizioni derivanti dall’acquisto di azioni sul mercato e da escludere altri tipi di operazioni che consentono a taluni soggetti di acquisire una partecipazione qualificata, come un concambio

56      Infatti, una siffatta interpretazione restrittiva avrebbe l’effetto di consentire di aggirare la procedura di valutazione, sottraendo al controllo della BCE alcuni modi di acquisizione di partecipazioni qualificate e, di conseguenza, l’effetto di mettere in discussione tali obiettivi.

57      Inoltre, dalla stessa formulazione dell’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 emerge che la procedura di valutazione dell’acquisizione di partecipazioni qualificate in un ente creditizio si applica sia alle acquisizioni dirette sia a quelle indirette. Pertanto, quando, nel corso di una data operazione, una partecipazione qualificata indiretta diventa diretta o quando il grado di controllo indiretto di tale partecipazione qualificata viene modificato, in particolare quando una partecipazione posseduta indirettamente attraverso due società diventa indirettamente posseduta attraverso una sola società, la detenzione stessa di una partecipazione qualificata viene modificata nella sua struttura giuridica, di modo che una siffatta operazione deve essere considerata come l’acquisizione di una partecipazione qualificata ai sensi di tale disposizione. Qualsiasi altra soluzione rischierebbe di mettere in discussione gli obiettivi della normativa dell’Unione rammentati ai precedenti punti da 52 a 56.

58      In terzo luogo, tenuto conto del tenore letterale dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 nonché degli articoli 22, paragrafo 1, e 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, del loro contesto e dei loro obiettivi, l’applicabilità della procedura di autorizzazione dell’acquisizione di una partecipazione qualificata a una determinata operazione non può essere subordinata ad una modifica della probabile influenza che gli acquirenti di partecipazioni qualificate possano esercitare sull’ente creditizio oggetto di tale operazione.

59      Infatti, dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, intitolato «Criteri di valutazione», emerge che la probabile influenza di un candidato acquirente sull’ente creditizio di cui trattasi rientra tra i fattori che devono essere presi in considerazione ai soli fini della valutazione dell’idoneità di tale candidato e della solidità finanziaria del progetto di acquisizione. Invece, tale fattore non è menzionato all’articolo 22, paragrafo 1, della stessa direttiva, che disciplina la notifica delle acquisizioni di una partecipazione qualificata. Pertanto, il suddetto fattore non è rilevante ai fini della qualificazione di una operazione come acquisizione di una partecipazione qualificata.

60      Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto, in sostanza, dai ricorrenti, l’applicabilità della procedura di autorizzazione dell’acquisizione di una partecipazione qualificata non è subordinata a una modifica della probabile influenza che il candidato acquirente è in grado di esercitare sull’ente creditizio.

61      In quarto luogo, i ricorrenti sostengono che gli articoli 22 e 23 della direttiva 2013/36 devono essere interpretati restrittivamente, di modo che essi riguardano solo le potenziali acquisizioni di partecipazioni qualificate in enti creditizi. A loro avviso, i compiti specifici ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 6, TFUE trasferiti dal regolamento n. 1024/2013 alla BCE devono includere solo il compito di opporsi o non opporsi alle potenziali acquisizioni. Inoltre, l’attribuzione alla BCE del potere di valutare le notifiche di acquisizione di partecipazioni qualificate anche con riguardo ad enti creditizi meno significativi come Banca Mediolanum costituirebbe un’eccezione al criterio generale della significatività degli enti creditizi su cui si fonda il riparto di competenze tra la BCE e le autorità nazionali di vigilanza.

62      Tuttavia, gli obiettivi della procedura di valutazione delle acquisizioni di partecipazioni qualificate implicano che le disposizioni che prevedono tale procedura non devono essere interpretate restrittivamente.

63      Certamente, l’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 e l’articolo 22 della direttiva 2013/36 prevedono un controllo ex ante sulle acquisizioni di partecipazioni qualificate negli enti creditizi, motivo per cui la formulazione di tali disposizioni fa riferimento a un’acquisizione «proposta» o a un «progetto» di acquisizione e a un «candidato acquirente». Tuttavia, tali disposizioni non possono essere interpretate come non applicabili a operazioni che possono essere qualificate come acquisizione di una partecipazione qualificata per il solo fatto che una tale operazione sia già stata posta in essere, senza che gli acquirenti ne abbiano informato le autorità competenti e senza che abbiano atteso la loro autorizzazione. Infatti, un’interpretazione del genere priverebbe le suddette disposizioni di qualsiasi effetto utile e comprometterebbe l’obiettivo che perseguono.

64      Inoltre, dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), dall’articolo 6, paragrafo 4, e dall’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 emerge che il legislatore dell’Unione ha conferito alla BCE la competenza esclusiva a valutare l’acquisizione di partecipazioni qualificate in tutti gli enti creditizi. Tale competenza non può quindi essere considerata un’eccezione al criterio generale della significatività degli enti creditizi.

65      In quinto luogo, i ricorrenti sostengono che l’interpretazione degli articoli 22 e 23 della direttiva 2013/36 effettuata della BCE è contraria all’articolo 127, paragrafo 6, TFUE, che esclude la possibilità di attribuire a tale istituzione compiti di vigilanza prudenziale sulle società di assicurazione.

66      Tuttavia, gli obiettivi delle disposizioni in questione non potrebbero essere soddisfatti se il semplice fatto che un ente creditizio svolga anche attività assicurative avesse l’effetto di sottrarlo al controllo della BCE.

67      La procedura di valutazione in questione si applica quindi alle acquisizioni di partecipazioni qualificate in un ente creditizio, indipendentemente dal fatto che esso svolga anche attività assicurative, e la BCE non ha commesso alcun errore di diritto a questo riguardo.

 Sulla qualificazione della fusione per incorporazione della Mediolanum da parte di Banca Mediolanum come acquisizione di una partecipazione qualificata ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 e della normativa italiana risultante dal recepimento di tale disposizione

68      Occorre verificare se, come sostengono i ricorrenti, la BCE abbia erroneamente ritenuto che, a seguito della fusione per incorporazione della Mediolanum in Banca Mediolanum e della sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016, i ricorrenti avessero acquisito una partecipazione qualificata ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 nonché della normativa italiana risultante dal recepimento di tale disposizione.

69      A tal riguardo, è pacifico che la fusione per incorporazione della Mediolanum in Banca Mediolanum è consistita in un concambio con cui la Fininvest ha acquisito giuridicamente azioni di Banca Mediolanum laddove non ne possedeva prima della fusione.

70      Infatti, prima della fusione e della decisione del 7 ottobre 2014 con la quale la Banca d’Italia ha sospeso i diritti di voto dei ricorrenti e ha ordinato la cessione delle loro quote nella Mediolanum che eccedevano il 9,99%, la Fininvest e il sig. Berlusconi tramite quest’ultima disponevano del 30,16% delle quote della Mediolanum, che a sua volta deteneva il 100% delle quote di Banca Mediolanum.

71      Nella misura in cui la quota dei diritti di voto che potevano essere esercitati indirettamente, tramite la Mediolanum, dalla Fininvest era superiore alla soglia del 20% prevista dall’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, la Fininvest e, di conseguenza, il sig. Berlusconi detenevano indirettamente una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum, come da essi sostenuto.

72      In seguito alla decisione del 7 ottobre 2014 con cui la Banca d’Italia ha sospeso il diritto di voto dei ricorrenti, ha negato il rilascio di un’autorizzazione che permettesse loro di detenere una partecipazione qualificata nella Mediolanum e ha ordinato loro di cedere le loro quote nella Mediolanum eccedenti il 9,99%, la partecipazione indiretta dei ricorrenti non costituiva più una partecipazione qualificata.

73      A seguito della fusione per incorporazione della Mediolanum da parte di Banca Mediolanum, avvenuta il 30 dicembre 2015, la Fininvest è diventata titolare diretta del 9,99% delle azioni di Banca Mediolanum.

74      La Fininvest, che è l’acquirente principale nell’operazione in questione e di cui il sig. Berlusconi è l’azionista di maggioranza indiretto, non possedeva alcuna azione di Banca Mediolanum prima della fusione invertita, poi, a seguito di tale operazione, è divenuta proprietaria di azioni di Banca Mediolanum.

75      Pertanto, da un lato, la partecipazione indiretta della Fininvest in Banca Mediolanum è diventata una partecipazione diretta.

76      Dall’altro lato, dopo l’annullamento della decisione del 7 ottobre 2014 con la sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016, la Fininvest è diventata titolare diretta del 30,16% delle azioni di Banca Mediolanum.

77      Pertanto, come ritenuto dalla BCE nella decisione impugnata, la partecipazione indiretta della Fininvest in Banca Mediolanum è diventata, a seguito della fusione in questione e della sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016, una partecipazione diretta qualificata.

78      Avendo l’entità controllata dal sig. Berlusconi acquisito una partecipazione qualificata diretta in Banca Mediolanum, si deve considerare che anche la struttura giuridica della partecipazione qualificata indiretta del sig. Berlusconi in Banca Mediolanum è stata modificata.

79      Infatti, mentre il sig. Berlusconi deteneva una partecipazione indiretta in Banca Mediolanum, inizialmente attraverso la Fininvest e successivamente attraverso la Mediolanum, egli detiene ora una partecipazione indiretta in Banca Mediolanum unicamente attraverso la Fininvest.

80      Ne consegue che la fusione in questione ha avuto l’effetto, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016, di modificare la struttura giuridica della partecipazione qualificata dei ricorrenti in Banca Mediolanum e che, pertanto, la BCE ha correttamente qualificato tale operazione come acquisto di una partecipazione qualificata ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 22 della direttiva 2013/36, e ciò anche se l’importo della partecipazione qualificata dei ricorrenti non è stato modificato rispetto a quello di cui disponevano in precedenza attraverso la Mediolanum.

81      A tal riguardo, il fatto che i ricorrenti detenessero già una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum, il che confermerebbe l’esistenza di un patto parasociale stipulato tra la Fininvest e la Fin. Prog. Italia, che consentiva loro di controllare congiuntamente la Mediolanum e Banca Mediolanum prima della fusione in questione, e la stipula di un nuovo patto, sancito il 14 settembre 2016 a seguito della fusione in questione e che instaura nuovamente il controllo congiunto della Fininvest e della Fin. Prog. Italia su Banca Mediolanum, non è idoneo a dimostrare che la decisione impugnata abbia erroneamente ritenuto che i ricorrenti avessero acquisito una partecipazione qualificata, dato che tali patti non mettono in discussione il fatto che la struttura giuridica della partecipazione qualificata dei ricorrenti sia stata modificata.

82      In tali circostanze, anche l’argomento secondo cui la BCE avrebbe effettuato un controllo più di un anno dopo la fusione in violazione degli articoli 22 e 23 della direttiva 2013/36, che consentono solo una valutazione prospettica, deve essere respinto.

83      Da un lato, si deve rammentare che la procedura di controllo è stata avviata solo pochi mesi dopo la sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016, che ha avuto l’effetto di trasformare la partecipazione dei ricorrenti in Banca Mediolanum in una partecipazione qualificata.

84      Dall’altro lato, circostanza più decisiva, dal momento che la modifica della struttura giuridica della partecipazione qualificata dei ricorrenti risultante dalla fusione e dalla sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016 deve essere qualificata come un’acquisizione di una partecipazione qualificata in un ente creditizio soggetta all’autorizzazione prevista dall’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 e dall’articolo 22 della direttiva 2013/36, la realizzazione di tale operazione senza autorizzazione non può avere l’effetto di esimerne i ricorrenti.

85      Se così non fosse, ciò equivarrebbe a impedire alla BCE d’intervenire per il solo motivo che l’operazione di acquisizione è già avvenuta, il che sarebbe contrario allo scopo di tali disposizioni e al carattere obbligatorio della valutazione delle acquisizioni di partecipazioni qualificate in un ente creditizio (v. precedente punto 63).

86      Inoltre, i ricorrenti sostengono che, secondo la legislazione e la giurisprudenza nazionali, l’operazione di fusione non avrebbe comportato l’estinzione di un ente, né la creazione di un altro. Essi ne deducono che l’operazione di fusione non ha comportato l’acquisizione da parte loro di una nuova partecipazione in Banca Mediolanum.

87      Tuttavia, come emerge dai precedenti punti 48 e 49, la nozione di acquisizione di una partecipazione qualificata in un ente creditizio è una nozione autonoma che non può dipendere dalle qualifiche del diritto societario italiano. Pertanto, se è vero che il fatto generatore del controllo da parte della BCE è l’attuazione di un’operazione di fusione per incorporazione realizzata in forza del diritto italiano, gli effetti di una siffatta operazione devono essere valutati alla luce dei criteri derivanti dalla sola applicazione del diritto dell’Unione. Le parti non possono quindi basarsi sul fatto che l’applicazione del diritto italiano a tale riguardo porterebbe a sottrarre la fusione in questione alla procedura prevista dall’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 e dagli articoli 22 e 23 della direttiva 2013/36.

88      Inoltre, a prescindere dal fatto che l’operazione di fusione abbia comportato o meno l’estinzione di un ente e la creazione di un altro ente in forza del diritto italiano, tale operazione ha comportato, in ogni caso, una modifica della struttura giuridica della partecipazione dei ricorrenti.

89      Gli argomenti dei ricorrenti basati sul diritto italiano o sull’obbligo di interpretare il diritto italiano conformemente alle direttive sul diritto societario sono quindi inconferenti.

90      Ne consegue che gli argomenti dei ricorrenti, vertenti su una violazione degli articoli 22 e 23 della direttiva 2013/36; dell’articolo 1, paragrafo 5, dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013; degli articoli 86 e 87 del regolamento n. 468/2014, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, l’articolo 5, paragrafo 2, e l’articolo 13, paragrafo 2, TUE, e dell’articolo 127, paragrafo 6, TFUE, devono essere respinti.

 Sullo sviamento di potere

91      Per quanto riguarda, infine, la censura relativa ad uno sviamento di potere, occorre rammentare che, in forza della giurisprudenza, un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato per far fronte alle circostanze del caso di specie (sentenza del 10 marzo 2005, Spagna/Consiglio, C‑342/03, EU:C:2005:151, punto 64).

92      Tuttavia, i ricorrenti si limitano a menzionare uno sviamento di potere nel titolo del loro primo motivo, senza spiegare ulteriormente in che modo la decisione impugnata costituisca un siffatto sviamento e senza addurre alcun indizio oggettivo di un siffatto sviamento ai sensi della giurisprudenza rammentata al precedente punto 91.

93      Si deve quindi constatare che i ricorrenti non sono in grado di dimostrare che la BCE sia incorsa in uno sviamento di potere.

94      Di conseguenza, il primo motivo è infondato.

 Sul secondo motivo, vertente sullillegittimità, ai sensi dellarticolo 277 TFUE, della direttiva 2013/36

95      I ricorrenti sostengono che, qualora gli articoli 22 e 23 della direttiva 2013/36 dovessero essere interpretati nel senso che la loro sfera di applicazione ricomprende partecipazioni societarie acquisite da oltre vent’anni, detta direttiva sarebbe illegittima, dal momento che il legislatore dell’Unione avrebbe violato il principio di non retroattività degli atti di diritto derivato.

96      La BCE, sostenuta dalla Commissione, contesta tale argomentazione.

97      A tal riguardo, l’articolo 22 della direttiva 2013/36, intitolato «Notifica e valutazione dei progetti di acquisizione», stabilisce, in sostanza, che gli Stati membri prevedono che qualsiasi persona che abbia deciso di acquisire direttamente o indirettamente, una partecipazione qualificata in un ente creditizio notifichi tale decisione prima dell’acquisizione e per iscritto alle autorità competenti e che tale acquisizione può essere autorizzata solo se tale persona soddisfa i criteri di cui all’articolo 23 della direttiva in parola.

98      È quindi chiaro che la sfera di applicazione degli articoli 22 e 23 della direttiva 2013/36 non ricomprende le acquisizioni di partecipazioni qualificate anteriori alla sua entrata in vigore e, di conseguenza, già detenute, ma solo le decisioni di acquisizione di partecipazioni qualificate previste dopo la sua entrata in vigore.

99      Ne consegue che il legislatore dell’Unione non ha violato il principio di non retroattività degli atti di diritto derivato.

100    Quanto alla parte di tale motivo che mira a mettere in discussione l’applicazione degli articoli 22 e 23 della direttiva 2013/36 alle situazioni come quelle del caso di specie, è sufficiente ricordare che una modifica della struttura giuridica di una partecipazione qualificata a seguito di una fusione in concambio di azioni e di una decisione giurisdizionale, quale, nel caso di specie, la sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016, con la quale la cessione delle quote eccedenti il 9,99% è stata annullata, deve essere qualificata come acquisizione di partecipazione qualificata ai sensi di dette disposizioni.

101    Di conseguenza, il secondo motivo è infondato.

 Sul terzo motivo, vertente, in sostanza, sulla violazione dei principi della certezza del diritto e dellautorità di cosa giudicata

102    I ricorrenti sostengono, essenzialmente, che la BCE ha violato il principio dell’autorità di cosa giudicata formatasi sulla sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016 e, di conseguenza, il principio della certezza del diritto.

103    La BCE, sostenuta dalla Commissione, contesta tale argomentazione.

104    A tal riguardo, si deve rammentare che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 1024/2013, in combinato disposto con l’articolo 15, paragrafo 3, di tale medesimo regolamento e con l’articolo 87 del regolamento n. 468/2014, la BCE ha competenza esclusiva, sotto il controllo dei giudici dell’Unione, a decidere se autorizzare, o meno, il progetto di acquisizione al termine della procedura prevista, in particolare, dall’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 nonché dagli articoli 85 e 86 del regolamento n. 468/2014.

105    La decisione di un giudice nazionale passata in giudicato non può quindi essere invocata per ostacolare l’esercizio della competenza esclusiva di un’istituzione dell’Unione (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 18 luglio 2007, Lucchini, C‑119/05, EU:C:2007:434, punti 62 e 63).

106    Di conseguenza, la legittimità della decisione impugnata adottata dalla BCE nell’esercizio della sua competenza esclusiva non può essere contestata invocando la sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016.

107    Ne consegue che gli argomenti vertenti su una violazione dell’autorità della cosa giudicata di tale sentenza e del principio della certezza del diritto che ne sarebbe il corollario devono essere respinti.

108    Di conseguenza, il terzo motivo è infondato.

 Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dellarticolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013; dellarticolo 23, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2013/36 e dei principi generali di legalità, certezza del diritto e prevedibilità

109    I ricorrenti sostengono che la decisione impugnata è stata adottata in violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 23, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2013/36, in quanto, in primo luogo, l’articolo 23, paragrafo 1, di tale direttiva non è stato recepito nell’ordinamento italiano; in secondo luogo, l’elenco di cui all’articolo 23, paragrafo 4, di detta direttiva non è stato pubblicato in Italia, come richiesto da tale disposizione e, in terzo luogo, gli orientamenti comuni per la valutazione prudenziale di acquisizioni e incrementi di partecipazioni qualificate in enti del settore finanziario, adottate dall’Autorità bancaria europea (ABE), dall’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) e dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) (in prosieguo: gli «orientamenti comuni del 2008»), applicati nella decisione impugnata, non sono loro opponibili.

110    La BCE, sostenuta dalla Commissione, contesta tale argomentazione.

 Sulla prima censura, vertente sul mancato recepimento dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 nell’ordinamento italiano

111    I ricorrenti sostengono, essenzialmente, che l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 non è stato recepito nell’ordinamento italiano e ne deducono che la BCE non poteva applicare i criteri indicati in tale articolo basandosi, ai fini dell’applicazione di detti criteri quali definiti nel diritto italiano, sul decreto ministeriale n. 144 e sul decreto ministeriale n. 675, del 27 luglio 2011, adottato dal Ministro dell’Economia in qualità di Presidente del Comitato interministeriale per il Credito ed il Risparmio (Italia), che sono anteriori alla direttiva.

112    La BCE avrebbe quindi commesso un errore di diritto applicando le disposizioni dei decreti ministeriali nn. 144 e 675, menzionati al precedente punto 111, che non recepirebbero la direttiva 2013/36.

113    A tale riguardo, si deve rammentare, in primo luogo, che, in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013, ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile da tale regolamento e allo scopo di assicurare standard elevati di vigilanza, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive.

114    In secondo luogo, occorre rilevare che, conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013, la BCE ha applicato, nella decisione impugnata, diverse disposizioni del diritto nazionale, tra cui in particolare gli articoli 19 e 25 del TUB in combinato disposto con il decreto ministeriale n. 144.

115    In terzo luogo, si deve rammentare che la direttiva 2013/36 è stata recepita nell’ordinamento italiano con l’adozione del decreto legislativo n. 72, che modifica il TUB.

116    Il TUB prevede, al suo articolo 19, che la Banca d’Italia rilascia l’autorizzazione all’acquisizione di una partecipazione qualificata in un ente creditizio quando ricorrono condizioni atte a garantire una gestione sana e prudente della banca, valutando la qualità del potenziale acquirente e la solidità finanziaria del progetto di acquisizione, in base, in particolare, al criterio relativo alla reputazione del potenziale acquirente.

117    Per quanto riguarda il criterio relativo alla reputazione, l’articolo 25 del TUB prevede che i requisiti di onorabilità e i criteri di competenza devono essere definiti da un decreto adottato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze.

118    Alla data di adozione della decisione impugnata, il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze che definisce i requisiti di onorabilità e i criteri di competenza, previsto dall’articolo 25 del TUB, non era stato adottato.

119    Tuttavia, l’articolo 2, paragrafo 8, del decreto legislativo n. 72 prevedeva che, fino all’entrata in vigore della disciplina attuativa emanata ai sensi dell’articolo 25 del TUB, detto articolo nella sua versione precedente nonché le modalità di applicazione relative a tale articolo, nella loro versione precedente, continuavano ad applicarsi.

120    Tale disciplina attuativa relativa all’articolo 25 del TUB era stata definita dalle disposizioni del decreto ministeriale n. 144, adottate in attuazione dell’articolo 25 del TUB nella sua versione applicabile a partire dal 1° gennaio 2004.

121    Il decreto ministeriale n. 144 prevedeva segnatamente, al suo articolo 1, che chiunque partecipava in una banca in misura superiore al cinque per cento del capitale rappresentato da azioni con diritto di voto non poteva esercitare il diritto di voto inerente alle azioni o quote eccedenti, in particolare qualora fosse stato condannato con sentenza irrevocabile, salvi gli effetti della riabilitazione, alla reclusione per un tempo non inferiore a un anno per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’ordine pubblico, contro l’economia pubblica ovvero per un delitto in materia tributaria.

122    Pertanto, ai fini del recepimento nel diritto italiano dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, il decreto legislativo n. 72 ha previsto che i requisiti di onorabilità che devono essere valutati ai sensi di tale articolo 23 fossero quelli definiti all’articolo 1 del decreto ministeriale n. 144 fino all’adozione del decreto previsto nella nuova versione dell’articolo 25 del TUB.

123    A tal riguardo, i ricorrenti sostengono che il decreto ministeriale n. 144 si limita a stabilire un elenco a numero chiuso di condanne che consentono di vietare l’esercizio del diritto di voto e non l’acquisizione di partecipazioni qualificate e, di conseguenza, non può essere considerato un atto di recepimento delle disposizioni in questione.

124    Tuttavia, è sufficiente osservare che, ai sensi del decreto legislativo n. 72, l’elenco delle condanne di cui all’articolo 1 del decreto ministeriale n. 144 definisce altresì i criteri che consentono di valutare l’onorabilità di un potenziale acquirente di partecipazioni qualificate in un ente creditizio.

125    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostengono ricorrenti, i criteri di cui all’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 sono stati recepiti nel diritto italiano.

126    La BCE non è quindi incorsa in un errore di diritto nell’applicare i criteri di cui all’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, come recepiti dagli articoli 19 e 25 del TUB, basandosi sul decreto ministeriale n. 144.

127    In quarto luogo, nella replica, i ricorrenti sostengono che l’automatismo previsto dal decreto ministeriale n. 144 tra una condanna e un divieto di acquisire una partecipazione qualificata in un ente creditizio è incompatibile con l’oggetto e la finalità della direttiva 2013/36 e con il principio di proporzionalità.

128    A tal riguardo, occorre rammentare che, ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

129    Tuttavia, un motivo che costituisce un ampliamento di un motivo dedotto precedentemente, esplicitamente o implicitamente, nel ricorso e che è strettamente connesso con questo deve essere dichiarato ricevibile.

130    Per essere considerato come un ampliamento di un motivo o di una censura formulati precedentemente, un nuovo argomento deve avere una connessione sufficientemente stretta con i motivi o le censure inizialmente esposti nel ricorso (sentenza del 16 dicembre 2010, AceaElectrabel Produzione/Commissione, C‑480/09 P, EU:C:2010:787, punto 111; v. anche, in tal senso, sentenza del 12 novembre 2009, SGL Carbon/Commissione, C‑564/08 P, non pubblicata, EU:C:2009:703, punti da 20 a 34)

131    Orbene, nel ricorso, i ricorrenti hanno sostenuto, essenzialmente, che l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 non era stato recepito nel diritto italiano.

132    L’argomento sollevato nella replica, secondo cui le disposizioni di recepimento della direttiva 2013/36 nell’ordinamento italiano sono incompatibili con l’oggetto e la finalità di tale direttiva e con il principio di proporzionalità possiede così un nesso sufficientemente stretto con gli argomenti del ricorso, in quanto mira anch’esso a criticare il recepimento nell’ordinamento italiano di detta direttiva. Tale argomento è quindi ricevibile.

133    Tuttavia, si deve rilevare che l’automatismo tra la condanna per un delitto di particolare gravità, come la condanna con sentenza irrevocabile alla pena della reclusione non inferiore a un anno per taluni delitti ben definiti, e la perdita dell’onorabilità che devono possedere gli azionisti degli enti creditizi è idonea a consentire di raggiungere l’obiettivo della direttiva 2013/36 di garantire che le persone che detengono partecipazioni qualificate in un ente creditizio siano sufficientemente onorabili.

134    Infatti, occorre constatare che titolari di partecipazioni qualificate in enti creditizi che siano stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’ordine pubblico, contro l’economia pubblica ovvero per un delitto in materia tributaria a pene detentive non inferiori a un anno potrebbero mettere a repentaglio la sana e prudente gestione di tali enti creditizi e, di conseguenza, pregiudicare il funzionamento regolare del sistema bancario.

135    Inoltre, occorre sottolineare che, secondo il diritto italiano, sono prese in considerazione solo le condanne pronunciate con sentenze irrevocabili e che solo alcuni delitti ben definiti e tali da mettere in discussione l’onorabilità di una persona sono considerati rilevanti ai fini della valutazione dell’onorabilità di un potenziale acquirente.

136    Pertanto, tenuto conto della gravità di siffatte condanne e della loro precisa definizione nell’ordinamento italiano, e contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, l’automatismo tra la condanna per un delitto di particolare gravità, quali i delitti previsti dall’ordinamento italiano, e la perdita dell’onorabilità che gli azionisti degli enti creditizi devono possedere, non è tale da mettere in discussione l’oggetto e la finalità della direttiva 2013/36 e non va oltre quanto necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti da detta normativa.

137    Tali argomenti dei ricorrenti devono quindi essere respinti.

138    In quinto luogo, i ricorrenti sostengono, nella replica, che la valutazione della BCE sulla condanna del sig. Berlusconi è errata alla luce del diritto nazionale, a motivo del fatto che è stato destinatario di un provvedimento che equivale a una riabilitazione.

139    Orbene, nel ricorso, i ricorrenti non hanno dedotto alcun motivo o argomento vertente su un errore di valutazione da parte della BCE relativo alla condanna del sig. Berlusconi e, in particolare, sulla mancata considerazione della decisione n. 2412/2015 del Tribunale di sorveglianza di Milano, in data 9 aprile 2015 e notificata il 14 aprile 2015, o della giurisprudenza della Corte suprema di cassazione, che equiparerebbe tale tipo di provvedimento a una riabilitazione ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto ministeriale n. 144.

140    L’argomento vertente su un errore di valutazione da parte della BCE relativo alla condanna del sig. Berlusconi non costituisce pertanto un ampliamento di un argomento precedentemente esposto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del ricorso e avente con esso una stretta connessione.

141    Inoltre, dal momento che la decisione del Tribunale di sorveglianza di Milano menzionata al precedente punto 139 e la giurisprudenza addotta dai ricorrenti sono anteriori alla decisione impugnata, esse non possono essere considerate come elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento ai sensi dell’articolo 84 del regolamento di procedura.

142    Tale argomento è pertanto irricevibile.

143    Di conseguenza, la prima censura del quarto motivo dev’essere respinta.

 Sulla seconda censura, vertente sulla mancata pubblicazione, da parte dello Stato membro interessato, dell’elenco previsto dall’articolo 23, paragrafo 4, della direttiva 2013/36

144    I ricorrenti affermano, in sostanza, che, alla data di adozione della decisione impugnata, la pubblicazione dell’elenco delle informazioni necessarie per effettuare la valutazione di cui all’articolo 23, paragrafo 4, della direttiva 2013/36 non era stata effettuata in Italia. Pertanto, poiché tale elenco «costituisce un presidio irrinunciabile di certezza e di legalità», la decisione impugnata sarebbe viziata da una violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 23, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2013/36.

145    A tale riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, le autorità competenti valutano, al fine di garantire la gestione sana e prudente dell’ente creditizio cui si riferisce il progetto di acquisizione, l’idoneità del candidato acquirente e la solidità finanziaria del progetto di acquisizione.

146    Per consentire alle autorità competenti di effettuare detta valutazione, gli Stati membri pubblicano un elenco, previsto dall’articolo 23, paragrafo 4, della direttiva 2013/36, che specifica le informazioni necessarie per effettuare la valutazione e che devono essere comunicate alle autorità competenti al momento della notifica. Risulta così che tale elenco, pur avendo la funzione di specificare le informazioni necessarie che l’ente creditizio interessato deve fornire alle autorità nazionali per consentire loro di effettuare la suddetta valutazione, non è inteso a definire i criteri materiali di valutazione dell’onorabilità dei candidati acquirenti da parte delle autorità competenti.

147    A tal riguardo, occorre rilevare che i criteri di valutazione dell’onorabilità sono stati previamente definiti e pubblicati nell’ordinamento italiano dal decreto ministeriale n. 144, al quale rinvia l’articolo 25 del TUB, in combinato disposto con l’articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 72, di modo che i ricorrenti avrebbero dovuto conoscere detti criteri e, pertanto, erano in grado di far valere la loro posizione e di presentare le informazioni rilevanti al riguardo. Di conseguenza, i ricorrenti non possono lamentare una violazione dei principi della certezza del diritto e della prevedibilità.

148    Inoltre, i ricorrenti hanno avuto la possibilità di presentare le informazioni che ritenevano rilevanti, di modo che la mancata pubblicazione dell’elenco delle informazioni necessarie per effettuare la valutazione non ha impedito loro di trasmettere le informazioni che desideravano.

149    In tali circostanze, la mancata pubblicazione, da parte dello Stato membro interessato, dell’elenco delle informazioni necessarie per effettuare la valutazione non può incidere sulla legittimità della valutazione dell’onorabilità dei ricorrenti effettuata nella decisione impugnata.

150    La censura vertente sulla mancata pubblicazione dell’elenco delle informazioni necessarie per effettuare la valutazione è quindi inconferente.

 Sulla terza censura, vertente sull’inopponibilità degli orientamenti comuni del 2008 e della circolare del 1999 della Banca d’Italia

151    I ricorrenti addebitano alla BCE di aver applicato, ai fini della sua valutazione, gli orientamenti comuni del 2008 e la circolare del 1999 della Banca d’Italia e di aver preso in considerazione, in applicazione di tali atti, procedimenti giudiziari e amministrativi pendenti e sanzioni non definitive nei confronti del sig. Berlusconi e dei membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale della Fininvest al fine di valutare l’onorabilità dei ricorrenti.

152    Al riguardo, occorre rilevare che la decisione impugnata si fonda sul motivo secondo cui, ai sensi degli articoli 19 e 25 del TUB nonché dell’articolo 1 del decreto n. 144, che recepiscono la direttiva 2013/36, i ricorrenti non soddisfano il requisito dell’onorabilità a motivo della condanna definitiva del sig. Berlusconi a quattro anni di reclusione per frode fiscale.

153    La decisione impugnata si basa anche su altri motivi vertenti, in sostanza, sulla mancanza di onorabilità dei ricorrenti sulla base di criteri previsti dagli orientamenti comuni del 2008 e dalla circolare del 1999 della Banca d’Italia, in particolare sulle numerose condanne e irregolarità risultanti a carico del sig. Berlusconi, di un altro membro del consiglio di amministrazione e di un membro del collegio sindacale della Fininvest nonché della stessa Fininvest.

154    Sono questi motivi ad essere contestati dai ricorrenti nell’ambito della terza censura del quarto motivo.

155    Tuttavia, quando alcuni punti della motivazione sono, di per sé, idonei a giustificare in modo giuridicamente sufficiente una decisione, i vizi da cui potrebbero essere inficiati altri punti della motivazione dell’atto sono comunque ininfluenti sul suo dispositivo (sentenza del 15 gennaio 2015, Francia/Commissione, T‑1/12, EU:T:2015:17, punto 73).

156    Orbene, conformemente alla legislazione italiana applicabile, la condanna del sig. Berlusconi a una pena detentiva non inferiore a un anno per frode fiscale è sufficiente, di per sé, per concludere che egli non soddisfa il requisito di onorabilità.

157    Tale motivo, che non è stato contestato nel ricorso, è quindi sufficiente, di per sé, a giustificare in modo giuridicamente sufficiente la decisione impugnata.

158    Ne consegue che la censura vertente sull’inopponibilità degli orientamenti comuni del 2008 e della circolare del 1999 della Banca d’Italia è inconferente, dato che i vizi di cui potrebbero eventualmente essere inficiati i motivi della decisione impugnata, vertenti sull’applicazione degli orientamenti comuni del 2008 e della circolare del 1999 della Banca d’Italia, sarebbero comunque ininfluenti sul dispositivo della decisione impugnata.

159    La terza censura deve quindi essere respinta e, di conseguenza, il quarto motivo nella sua interezza.

 Sul quinto motivo, vertente su un difetto di valutazione e di motivazione in cui è incorsa la BCE in relazione al criterio della probabile influenza del candidato acquirente ai sensi dellarticolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36

160    I ricorrenti affermano che la BCE è incorsa, da un lato, in una violazione dell’obbligo di motivazione del criterio della probabile influenza su Banca Mediolanum a seguito della fusione in questione, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 e, dall’altro, in un errore manifesto di valutazione ritenendo che tale criterio fosse soddisfatto mentre, in sostanza, essi non eserciterebbero concretamente alcuna influenza su Banca Mediolanum.

161    La BCE, sostenuta dalla Commissione, contesta tale argomentazione.

162    A tale riguardo, occorre ricordare che dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 emerge che le autorità competenti devono valutare l’idoneità del candidato acquirente e la solidità finanziaria del progetto di acquisizione in conformità ai cinque criteri ivi enunciati, al fine di garantire la gestione sana e prudente dell’ente creditizio cui si riferisce il progetto di acquisizione e tenendo conto della probabile influenza del candidato acquirente su tale ente creditizio.

163    Ne risulta che, come ricordato al precedente punto 58, il criterio della probabile influenza di un candidato acquirente deve essere preso in considerazione ai fini della valutazione della sua qualità e non per qualificare un’acquisizione come acquisizione di una partecipazione qualificata.

164    Inoltre, la probabile influenza non è un criterio distinto che si aggiunga agli altri cinque criteri elencati all’articolo 23, paragrafo 1, lettere da a) a e), della direttiva 2013/36. Infatti, la menzione della probabile influenza figura nella frase che precede l’enunciazione dei criteri previsti da tale disposizione, che si limita a indicare che, quando valutano l’idoneità del candidato acquirente e la solidità finanziaria del progetto di acquisizione, le autorità competenti «ten[gono] conto» segnatamente della probabile influenza di detto candidato sull’ente creditizio in questione.

165    Orbene, occorre rilevare che l’impatto della considerazione della probabile influenza del candidato acquirente può variare a seconda del criterio specifico di valutazione. Pertanto, la valutazione del criterio relativo all’onorabilità del candidato acquirente, previsto dall’articolo 23, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2013/36, non può sfociare in un risultato diverso a seconda della portata della probabile influenza di tale candidato sull’ente creditizio in questione. Infatti, l’onorabilità del candidato acquirente non dipende dalla portata della sua probabile influenza su tale ente.

166    Pertanto, la BCE non era tenuta a esaminare l’influenza probabile del candidato acquirente sull’ente creditizio in questione al fine di valutare la sua onorabilità.

167    In tali circostanze, gli argomenti dei ricorrenti relativi all’assenza di significativi rapporti economici e finanziari tra la Fininvest e Banca Mediolanum nonché alle modalità di governance di Banca Mediolanum e ai presidi di controllo interno non possono dimostrare che la BCE sia incorsa in un errore manifesto di valutazione.

168    Inoltre, non si può contestare alla BCE una violazione dell’obbligo di motivazione del criterio di probabile influenza, poiché non era tenuta ad esaminarlo.

169    Di conseguenza, il quinto motivo di ricorso deve, in ogni caso, essere respinto.

 Sul sesto motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità e degli articoli 16 e 17 della Carta

170    I ricorrenti affermano, in sostanza, che la decisione impugnata è in contrasto col principio di proporzionalità e con gli articoli 16 e 17 della Carta, relativi al rispetto del diritto di proprietà e alla libertà di impresa, in quanto ha avuto come conseguenza, ai sensi dell’articolo 25 del TUB, l’alienazione forzosa delle partecipazioni eccedenti dei ricorrenti, il che equivale a un’espropriazione. Essi asseriscono che la BCE avrebbe dovuto prendere in considerazione tale effetto sproporzionato della decisione impugnata.

171    In effetti, essi indicano che, il 21 dicembre 2016, la Banca d’Italia ha comunicato alla Fininvest e al sig. Berlusconi l’avvio del procedimento per l’attuazione dell’obbligo, previsto dalla normativa italiana, di alienazione delle loro partecipazioni eccedenti a seguito della decisione impugnata.

172    A tal riguardo, occorre precisare, in primo luogo, che, ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, terzo comma, della direttiva 2013/36, in caso di acquisizione della partecipazione nonostante l’opposizione delle autorità competenti, gli Stati membri, indipendentemente da eventuali altre sanzioni che saranno adottate, prevedono la sospensione dall’esercizio dei relativi diritti di voto, la nullità o la possibilità di annullamento dei voti espressi.

173    In secondo luogo, si deve constatare che la decisione impugnata non contiene alcuna misura con cui la BCE ordini ai ricorrenti di alienare le quote eccedenti in loro possesso.

174    Poiché l’obbligo di alienare le quote eccedenti non è imposto dalla decisione impugnata, non si può contestare alla BCE la violazione per tale motivo del principio di proporzionalità e degli articoli 16 e 17 della Carta.

175    Inoltre, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1024/2013, la BCE, al fine di garantire l’assolvimento del suo compito di valutazione delle domande di partecipazione qualificata in un ente creditizio, deve applicare il diritto nazionale che recepisce la direttiva 2013/36.

176    Orbene, in forza del diritto italiano applicabile, la BCE non aveva alcun margine di discrezionalità. Infatti, dopo aver preso atto dell’esistenza di una condanna definitiva a carico del sig. Berlusconi alla pena di quattro anni di reclusione per frode fiscale, la BCE non poteva che constatare che, ai sensi dell’articolo 25 del TUB e dell’articolo 1 del decreto ministeriale n. 144, tale condanna implicava automaticamente che egli non potesse soddisfare il criterio di onorabilità.

177    Di conseguenza, la BCE non aveva altra scelta che respingere l’istanza dei ricorrenti di acquisire una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum e non le si può addebitare di aver violato il principio di proporzionalità (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 25 settembre 2015, VECCO e a./Commissione, T‑360/13, EU:T:2015:695, punto 73, e del 19 giugno 2018, Le Pen/Parlamento, T‑86/17, non pubblicata, EU:T:2018:357, punti da 198 a 202).

178    Pertanto, non si può nemmeno considerare che essa abbia arrecato un pregiudizio sproporzionato al diritto di proprietà e alla libertà di impresa sanciti degli articoli 16 e 17 della Carta.

179    Inoltre, per quanto attiene all’argomento secondo cui la BCE avrebbe dovuto prendere in considerazione l’adozione di una decisione di autorizzazione condizionata, è giocoforza constatare che esso è irrilevante, dal momento che nessuna disposizione del diritto dell’Unione o del diritto nazionale individuata dai ricorrenti prevede la possibilità che la BCE adotti una siffatta decisione (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 25 giugno 2015, CO Sociedad de Gestión y Participación e a., C‑18/14, EU:C:2015:419, punti 34, 37, 38 e 46).

180    Di conseguenza, il sesto motivo è infondato.

 Sul settimo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto di accesso al fascicolo

181    I ricorrenti sostengono, essenzialmente, che il rispetto dei loro diritti di difesa, previsti dall’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013 e dall’articolo 32, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014, non è stato garantito nell’ambito del procedimento che ha portato all’adozione della decisione impugnata.

182    La BCE, sostenuta dalla Commissione, contesta tale argomentazione.

183    In forza dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013, la BCE deve dare alle persone interessate dalla procedura di vigilanza prudenziale la possibilità di essere sentite prima di adottare decisioni e deve basare le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite.

184    Quanto all’articolo 32, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014, esso prevede che, a seguito dell’avvio di una procedura di vigilanza della BCE, le parti hanno diritto di accedere al fascicolo della BCE, fatto salvo l’interesse legittimo delle persone giuridiche e fisiche diverse dalla parte interessata alla tutela del segreto commerciale e precisa che tale diritto di accesso al fascicolo non si estende alle informazioni riservate.

185    In primo luogo, i ricorrenti affermano che l’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013 e l’articolo 32, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014 non sono stati rispettati, in quanto la Banca d’Italia ha consentito loro l’accesso ai documenti del suo fascicolo solo dal 14 settembre 2016, vale a dire alla data di scadenza del termine per il deposito delle prove che attestano che le condizioni di acquisizione di una partecipazione qualificata erano soddisfatte.

186    A tal riguardo, occorre rammentare che la procedura è stata avviata d’ufficio dalla Banca d’Italia con un comunicato del 3 agosto 2016. I ricorrenti sono stati invitati a produrre i documenti necessari al fine di dimostrare il possesso delle qualità richieste dalla normativa applicabile entro il 14 settembre 2016.

187    È proprio quel giorno che la Banca d’Italia ha concesso ai ricorrenti l’accesso al fascicolo. Il 6 ottobre 2016 la BCE ha notificato alla Fininvest e al sig. Berlusconi presso la Fininvest un progetto di decisione di non autorizzare l’acquisizione di una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum e ha indicato loro che disponevano di un termine di tre giorni, vale a dire fino all’11 ottobre 2016 al più tardi, per presentare le loro osservazioni.

188    L’accesso al fascicolo è stato quindi concesso ai ricorrenti da parte della Banca d’Italia più di tre settimane prima che fosse notificato loro il progetto di decisione e che gli venissero chieste le loro osservazioni su tale progetto ed essi sono stati posti in condizione di presentare osservazioni sugli addebiti che fondavano la decisione impugnata prima della sua adozione.

189    Nel caso di specie, la BCE ha quindi offerto ai ricorrenti la possibilità di essere sentiti prima dell’adozione della decisione impugnata, conformemente all’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013.

190    Inoltre, i ricorrenti hanno potuto accedere al fascicolo della BCE dopo l’avvio della procedura, conformemente all’articolo 32, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014.

191    Di conseguenza, essi non possono addebitare alla BCE di non aver agito conformemente a tali disposizioni.

192    Anche se l’argomento dedotto in giudizio dai ricorrenti dovesse essere inteso nel senso che l’accesso al fascicolo amministrativo era necessario per produrre, prima del termine ultimo del 14 settembre 2016, i documenti necessari per dimostrare che essi soddisfacevano le condizioni richieste dalla direttiva 2013/36, esso non può essere accolto. Infatti, nessuna disposizione del regolamento n. 468/2014 obbliga la BCE o la Banca d’Italia a concedere l’accesso al fascicolo prima del deposito di detti documenti. Inoltre, i ricorrenti non hanno spiegato perché fosse necessario un previo accesso al fascicolo affinché essi potessero produrre detti documenti.

193    In secondo luogo, occorre esaminare l’argomento secondo cui, negando ai ricorrenti l’accesso alla lettera della Banca d’Italia del 4 aprile 2016 e alla sua nota del 24 giugno 2016, la BCE avrebbe violato il loro diritto di accesso al fascicolo e i loro diritti di difesa. Secondo i ricorrenti, tali rifiuti avrebbero impedito loro di partecipare in modo effettivo al segmento nazionale del procedimento composto e di esercitare pienamente i loro diritti di difesa.

194    Si deve rammentare, a tal riguardo, che l’accesso alla lettera della Banca d’Italia del 4 aprile 2016 e alla nota della BCE del 24 giugno 2016 è stato negato in quanto si trattava di documenti riservati, poiché rientravano nelle comunicazioni interne nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 5, del regolamento n. 468/2014, il quale prevede che le informazioni riservate possono includere i documenti interni della BCE o di un’autorità nazionale competente e la corrispondenza tra la BCE e un’autorità nazionale competente o tra autorità nazionali competenti.

195    Orbene, i due documenti summenzionati sono il risultato di uno scambio tra la BCE e la Banca d’Italia sulle problematiche relative alla possibile acquisizione da parte dei ricorrenti di una partecipazione qualificata in Banca Mediolanum.

196    Inoltre, dal momento che il progetto di decisione della BCE e la decisione impugnata contenevano un’esposizione chiara ed esauriente dei motivi e degli addebiti contestati ai ricorrenti e che fondavano la decisione impugnata, che essi hanno potuto prendere posizione su tali motivi e tali addebiti e che la BCE ha esaminato in dettaglio tutti gli argomenti addotti dai ricorrenti, in particolare nell’allegato alla decisione impugnata, la mancata comunicazione di tali documenti interni scambiati in una fase precoce del procedimento non può essere considerata, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, come un impedimento al pieno esercizio dei loro diritti di difesa.

197    In tali circostanze, l’argomento secondo cui il rifiuto di accesso a tali documenti ha comportato una violazione dei diritti della difesa dei ricorrenti deve essere respinto.

198    I ricorrenti affermano poi che il diniego di accesso da parte della BCE non conteneva alcuna motivazione volta a giustificare la riservatezza e che quest’ultima avrebbe quindi applicato erroneamente l’articolo 32, paragrafi 1 e 5, del regolamento n. 468/2014.

199    Poiché la carenza di motivazione sollevata dai ricorrenti riguarda la lettera della BCE del 13 settembre 2016 e non la decisione impugnata, se il rifiuto di accesso opposto ai ricorrenti sia motivato o meno è una questione inconferente.

200    In tali circostanze, non si può rimproverare alla BCE di aver violato il suo obbligo di motivazione o l’articolo 32, paragrafi 1 e 5, del regolamento n. 468/2014.

201    Infine, i ricorrenti sostengono che l’accesso alla lettera della Banca d’Italia del 4 aprile 2016 era a maggior ragione giustificato in quanto tale lettera avrebbe fornito alla BCE una rappresentazione distorta del contenuto della sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016.

202    Tuttavia, anche supponendo che la lettera della Banca d’Italia del 4 aprile 2016 contenesse informazioni inesatte o incomplete, la possibilità concessa ai ricorrenti di presentare osservazioni sul progetto di decisione della BCE, che si basa sulle informazioni contenute in detta lettera, ha consentito loro proprio di integrare o contestare quelle contenute in detto progetto di decisione.

203    Alla luce di quanto precede, e dal momento che, in ogni caso, i ricorrenti sono stati informati della posizione della BCE in occasione della notifica del progetto di decisione il 6 ottobre 2016, i loro argomenti relativi a un diniego di accesso al fascicolo non sono idonei a dimostrare una violazione dei loro diritti di difesa.

204    In terzo luogo, i ricorrenti sostengono che il sig. Berlusconi non ha potuto presentare le sue osservazioni poiché il progetto di decisione gli è stato inviato all’indirizzo di residenza privata solo lo stesso giorno in cui scadeva il termine per la presentazione delle osservazioni. Inoltre, il termine per la presentazione delle osservazioni sarebbe stato troppo breve.

205    A tal riguardo, si deve sottolineare che l’impossibilità o la difficoltà di presentare osservazioni non incide sulla validità della decisione impugnata qualora il procedimento non avrebbe potuto avere un esito diverso senza l’irregolarità lamentata (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 105 e giurisprudenza ivi citata).

206    Inoltre, la Corte ha precisato che non si può obbligare un ricorrente che deduce la violazione dei suoi diritti della difesa a dimostrare che la decisione dell’istituzione dell’Unione interessata avrebbe avuto un contenuto differente, bensì solo che una simile ipotesi non è totalmente esclusa (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 106).

207    Orbene, i ricorrenti non hanno dedotto alcun argomento dinanzi al Tribunale idoneo a dimostrare che non si poteva escludere del tutto che la procedura avrebbe potuto condurre a un risultato diverso se il sig. Berlusconi fosse stato in grado di presentare osservazioni aggiuntive a quelle della Fininvest e si sono limitati a invocare, in astratto, una violazione del diritto di essere sentiti (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 112).

208    In quarto luogo, i ricorrenti censurano la BCE per aver rifiutato lo svolgimento di un’audizione, di cui giustificavano la tenuta con il fatto che essa avrebbe permesso loro di convincere la BCE a privilegiare la concessione di un’autorizzazione di acquisizione di una partecipazione qualificata condizionata.

209    A tale riguardo, ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014, la BCE, se lo ritiene opportuno, può concedere alle parti la possibilità di presentare osservazioni sui fatti, sugli addebiti e sui fondamenti giuridici pertinenti per la decisione di vigilanza della BCE nel corso di un incontro. Pertanto, la BCE dispone di un ampio margine discrezionale a tal riguardo.

210    Orbene, alla luce delle abbondanti osservazioni dei ricorrenti, riprodotte nella tabella riassuntiva allegata alla decisione impugnata, si deve ritenere che la BCE non sia incorsa in un errore manifesto di valutazione nel considerare che non fosse necessario tenere una siffatta audizione.

211    Inoltre, tenuto conto del mancato soddisfacimento del criterio di onorabilità, la BCE non aveva la possibilità di concedere un’autorizzazione di acquisizione condizionata. Di conseguenza, un’audizione dei ricorrenti su tale punto non sarebbe stata di alcuna utilità.

212    Pertanto, il settimo motivo è infondato.

 Sullottavo motivo, vertente sulleccezione dillegittimità dellarticolo 31, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014

213    I ricorrenti eccepiscono, ai sensi dell’articolo 277 TFUE, l’illegittimità dell’articolo 31, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014 per violazione dei diritti della difesa garantiti dall’articolo 41 della Carta e dei principi generali del diritto desumibili dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri.

214    Essi sostengono che il termine di tre giorni previsto dall’articolo 31, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014 per presentare osservazioni sul progetto di decisione non è tale da garantire il rispetto del principio del contraddittorio e l’esercizio effettivo del diritto di essere sentiti sui fatti e sugli addebiti che fondano le decisioni sulle acquisizioni di partecipazioni qualificate.

215    A tal riguardo, occorre ricordare che i diritti della difesa, tra i quali il diritto di essere sentiti, rientrano tra i diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione e sono sanciti dalla Carta (v., in tal senso, sentenze del 23 settembre 2015, Cerafogli/BCE, T‑114/13 P, EU:T:2015:678, punto 32 e giurisprudenza ivi citata, e del 5 ottobre 2016, ECDC/CJ, T‑395/15 P, non pubblicata, EU:T:2016:598, punto 53).

216    Il diritto di essere sentiti è tutelato non solo dagli articoli 47 e 48 della Carta, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa e il diritto a un processo equo nell’ambito di ogni procedimento giudiziario, ma anche dall’articolo 41 di quest’ultima, che garantisce il diritto a una buona amministrazione. L’articolo 41, paragrafo 2, della Carta prevede quindi che il diritto ad una buona amministrazione comprenda, in particolare, il diritto di ogni individuo di essere sentito prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli arrechi pregiudizio (v., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 2016, ECDC/CJ, T‑395/15 P, non pubblicata, EU:T:2016:598, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

217    Tale diritto richiede che qualsiasi soggetto nei cui confronti possa essere adottata una decisione che arreca pregiudizio sia messo in grado di far conoscere utilmente il proprio punto di vista riguardo agli elementi addebitatigli per fondare la decisione controversa (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 66, e del 19 gennaio 2016, Mitsubishi Electric/Commissione, T‑409/12, EU:T:2016:17, punto 38). A tal fine, esso deve beneficiare di un termine sufficiente (sentenza del 18 dicembre 2008, Sopropé, C‑349/07, EU:C:2008:746, punto 37).

218    Secondo la giurisprudenza della Corte, i diritti fondamentali, come il rispetto dei diritti della difesa, non si configurano come prerogative assolute, ma possono essere soggetti a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente agli obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura in questione e non costituiscano, alla luce dello scopo perseguito, un intervento sproporzionato e intollerabile che minerebbe la sostanza stessa dei diritti così garantiti (sentenze del 18 marzo 2010, Alassini e a., da C‑317/08 a C‑320/08, EU:C:2010:146, punto 63; del 10 settembre 2013, G. e R., C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 33, e del 26 settembre 2013, Texdata Software, C‑418/11, EU:C:2013:588, punto 84).

219    Per quanto riguarda il diritto di essere sentiti nei procedimenti di vigilanza, l’articolo 31 del regolamento n. 468/2014 prevede che, prima che la BCE possa adottare una decisione di vigilanza che possa arrecare pregiudizio ad una parte, deve essere garantita a quest’ultima la possibilità di presentare alla BCE per iscritto, osservazioni sui fatti, sugli addebiti e sui fondamenti giuridici relativi alla decisione di vigilanza della BCE. Ai sensi di tale articolo, se lo ritiene opportuno, la BCE può anche concedere alle parti la possibilità di presentare le loro osservazioni nel corso di un incontro.

220    All’articolo 31 del regolamento n. 468/2014 si precisa anche che la notifica attraverso la quale la BCE offre alla parte la possibilità di presentare le proprie osservazioni indica il contenuto sostanziale della decisione di vigilanza della BCE che si intenderebbe adottare, nonché i fatti rilevanti, gli addebiti e i fondamenti giuridici sui quali la BCE intende basarla.

221    L’articolo 31, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014 prevede poi che il termine per la presentazione delle osservazioni scritte è, in linea di principio, di due settimane e che, in particolare nelle situazioni di cui agli articoli 14 e 15 del regolamento n. 1024/2013, tale termine è ridotto a tre giorni lavorativi. Su domanda della parte interessata, la BCE può, se necessario, prorogare tali termini.

222    Pertanto, dal combinato disposto dell’articolo 31, paragrafo 3, terzo comma, del regolamento n. 468/2014 e dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 risulta che il candidato acquirente di una partecipazione qualificata ha la possibilità di presentare le proprie osservazioni scritte entro tre giorni dal ricevimento di un documento che espone i fatti e gli addebiti sui quali la BCE intende fondare la sua decisione.

223    Inoltre, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, spetta ai candidati acquirenti di una partecipazione qualificata notificare alle autorità competenti il loro progetto di acquisizione e le informazioni pertinenti relative a tale acquisizione, in modo che la BCE possa adottare la propria decisione sulla base degli elementi presentati dal richiedente.

224    Da tali disposizioni risulta che diversi mezzi consentono, nell’ambito di una procedura di vigilanza come quella di cui trattasi nella presente causa, di garantire il rispetto del diritto delle parti interessate di essere sentite.

225    In primo luogo, le parti interessate sono obbligate a presentare gli elementi e gli argomenti relativi a un’istanza di autorizzazione di una partecipazione qualificata al momento della presentazione della loro istanza.

226    Nella loro istanza di autorizzazione ad acquisire una partecipazione qualificata, le persone interessate possono quindi già presentare tutti gli elementi necessari alla valutazione della loro istanza.

227    In secondo luogo, la notifica con cui la BCE deve concedere alle parti la possibilità di presentare le loro osservazioni scritte deve indicare il contenuto sostanziale della decisione che si intenderebbe adottare, i fatti, gli addebiti e i fondamenti giuridici rilevanti sui quali la BCE intende basarla. Tale notifica concede alla parte interessata anche la possibilità di far conoscere utilmente il suo punto di vista sugli elementi di cui non avrebbe avuto conoscenza, ma anche su tutti gli elementi addebitategli per fondare la decisione controversa, e di presentare argomenti. Tale possibilità può anche essere utilizzata dalla BCE per prendere in considerazione qualsiasi obiezione che le parti interessate avrebbero presentato nel corso della procedura amministrativa e per approfondire tutti gli elementi di fatto e di diritto utilizzati come fondamento della decisione finale.

228    In terzo luogo, nel caso in cui la BCE intendesse basare la propria decisione su considerazioni di fatto o di diritto di cui il richiedente non era a conoscenza o su prove diverse da quelle da esso fornite, il rispetto del diritto di essere sentiti può essere garantito grazie alla possibilità, di cui dispone la BCE, di organizzare un incontro.

229    Tale possibilità può anche essere utilizzata, del resto, per approfondire questioni o obiezioni sollevate dall’interessato al momento della presentazione della sua istanza di autorizzazione ad acquisire una partecipazione qualificata e su tutti gli elementi che possono essere addebitati a suo carico per fondare la decisione controversa.

230    Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la brevità del termine previsto per la presentazione di osservazioni sul progetto di decisione, valutata alla luce delle svariate modalità procedurali che consentono alle parti interessate di esprimere il loro punto di vista sugli elementi destinati a fondare la decisione impugnata, non può essere considerata in contrasto col diritto di essere sentiti. Ciò vale a maggior ragione in quanto, se del caso, tale termine può essere prorogato dalla BCE su richiesta della parte interessata.

231    Infatti, posto che esistono diverse modalità procedurali che possono consentire alle parti interessate di essere sentite, tra cui la presentazione della loro domanda di autorizzazione ad acquisire una partecipazione qualificata e la possibilità di organizzare un incontro, il loro diritto di presentare osservazioni sul progetto di decisione sembra essere complementare rispetto a tali possibilità e il termine di tre giorni per la presentazione di dette osservazioni – che può, se del caso, essere prolungato – deve, di conseguenza, essere ritenuto sufficiente.

232    Inoltre, alla BCE incombe utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per garantire concretamente il rispetto del diritto di essere sentiti, circostanza che spetterà al Tribunale verificare in ogni data situazione.

233    A tal riguardo, si deve altresì sottolineare, in ogni caso, che la limitazione del diritto di essere sentiti derivante dalla brevità del termine concesso per presentare osservazioni ai sensi dell’articolo 31 del regolamento n. 468/2014 persegue obiettivi di interesse generale, non va oltre quanto necessario per raggiungere tali obiettivi e non costituisce, alla luce dello scopo perseguito e delle altre modalità procedurali disponibili, un intervento sproporzionato e intollerabile che viola tale diritto ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 218.

234    Infatti, l’inquadramento del procedimento entro termini ridotti risponde alla necessità di non ritardare l’adozione di una decisione sul progetto di acquisizione di una partecipazione qualificata in un ente creditizio, la quale può avere conseguenze finanziarie significative.

235    Inoltre, l’articolo 22, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2013/36 prevede che la procedura di valutazione debba concludersi entro 60 giorni lavorativi. Tale disposizione figurava già nella direttiva 2007/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che modifica la direttiva 92/49/CEE del Consiglio e le direttive 2002/83/CE, 2004/39/CE, 2005/68/CE e 2006/48/CE per quanto riguarda le regole procedurali e i criteri per la valutazione prudenziale di acquisizioni e incrementi di partecipazioni nel settore finanziario (GU 2007, L 247, pag. 1), il cui considerando 7 giustificava la fissazione di un periodo di valutazione della durata massima di 60 giorni con la necessità di garantire la chiarezza e la prevedibilità di detta procedura di valutazione.

236    Di conseguenza, si deve respingere l’eccezione di illegittimità dell’articolo 31 del regolamento n. 468/2014 per il motivo che tale articolo, in combinato disposto con le altre disposizioni che disciplinano la procedura di autorizzazione delle partecipazioni qualificate e che consentono alle parti interessate di presentare utilmente il loro punto di vista, non viola il diritto di essere sentiti degli interessati e, di conseguenza, si deve respingere l’ottavo motivo.

 Sul nono motivo, vertente sullillegittimità degli atti preparatori adottati dalla Banca dItalia

237    Il nono motivo sollevato nel corso del procedimento è suddiviso in sei parti vertenti, rispettivamente: la prima, sulla violazione da parte della Banca d’Italia del principio dell’autorità di cosa giudicata formatasi sulla sentenza del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016; la seconda, sulla carenza/eccesso di potere della Banca d’Italia; la terza, sulla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di buona amministrazione; la quarta, sulla violazione del diritto di difesa, del principio del contraddittorio e del diritto all’equo procedimento; la quinta, sulla violazione del principio della certezza del diritto e dell’inopponibilità ai singoli di atti non pubblicati o non tradotti; la sesta, sulla violazione dei principi di proporzionalità, di legalità e di ragionevolezza.

238    I ricorrenti sostengono che gli atti preparatori adottati dalla Banca d’Italia presentano vizi tali da comportare l’illegittimità della decisione impugnata.

239    La BCE, sostenuta dalla Commissione, contesta tale argomentazione.

240    Con tale motivo, i ricorrenti sostengono che gli atti preparatori adottati dalla Banca d’Italia, in particolare il provvedimento di avvio del procedimento e la proposta di decisione sottoposta alla BCE, presentano vizi tali da comportare l’illegittimità della decisione impugnata.

241    Tale motivo è stato sollevato a seguito della sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023).

242    Nella sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023), la Corte ha dichiarato, da un lato, che l’articolo 263 TFUE doveva essere interpretato nel senso che esso ostava a che gli organi giurisdizionali nazionali esercitassero un controllo di legittimità sugli atti di avvio, preparatori o di proposta non vincolante adottati dalle autorità nazionali competenti nell’ambito della procedura prevista agli articoli 22 e 23 della direttiva 2013/36, all’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), e all’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013 nonché agli articoli da 85 a 87 del regolamento n. 468/2014 (si veda dispositivo di detta sentenza).

243    Nella sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest, (C‑219/17, EU:C:2018:1023), la Corte ha ritenuto, da un lato, che in un tal caso di specie, in cui il diritto dell’Unione non intendeva instaurare una ripartizione di competenze, l’una nazionale, l’altra dell’Unione, che avrebbero avuto oggetti distinti, bensì consacrava, tutt’al contrario, il potere decisionale esclusivo di un’istituzione dell’Unione, spettasse al giudice dell’Unione, a titolo della sua competenza esclusiva per il controllo di legittimità sugli atti dell’Unione ai sensi dell’articolo 263 TFUE, statuire sulla legittimità della decisione finale adottata dall’istituzione dell’Unione di cui trattasi ed esaminare, affinché fosse garantita una tutela giurisdizionale effettiva agli interessati, gli eventuali vizi degli atti preparatori o delle proposte provenienti dalle autorità nazionali di natura tale da inficiare la validità di detta decisione finale (si veda punto 44 e dispositivo di tale sentenza).

244    Dal momento che tale motivo è stato presentato successivamente alla presentazione del ricorso, si deve verificare se, come sostengono la BCE e la Commissione, tale nuovo motivo debba essere considerato irricevibile.

245    I ricorrenti affermano, per giustificare la ricevibilità di tale motivo, che esso presenta una stretta connessione con i motivi e gli argomenti del ricorso e che la sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023) è un elemento di diritto emerso nel corso del procedimento.

246    In primo luogo, occorre rilevare che, nel ricorso, i ricorrenti non sollevano alcun motivo o argomento relativo all’illegittimità degli atti preparatori adottati dalla Banca d’Italia.

247    Inoltre, nei limiti in cui i motivi del ricorso miravano a dimostrare l’illegittimità della decisione impugnata, non si può considerare che questo nuovo motivo, che si riferisce agli atti preparatori della Banca d’Italia, presenti una connessione sufficientemente stretta con detti motivi, poiché questi ultimi si riferivano esclusivamente a un atto di diritto dell’Unione e avevano, di conseguenza, un oggetto diverso.

248    Inoltre, il fatto di aver incluso negli allegati del ricorso gli atti dei ricorsi di diritto nazionale contro gli atti preparatori della Banca d’Italia non può essere sufficiente per ritenere che tale motivo, che persegue lo stesso scopo di tali ricorsi di diritto nazionale, fosse già stato sollevato nella fase del ricorso.

249    Infatti, non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale (sentenze del 7 novembre 1997, Cipeke/Commissione, T‑84/96, EU:T:1997:174, punto 34, e del 21 marzo 2002, Joynson/Commissione, T‑231/99, EU:T:2002:84, punto 154).

250    In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che la sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023), deve essere considerata come un elemento di diritto emerso durante il procedimento e che dovrebbe quindi giustificare la produzione di nuovi motivi, ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

251    A tal riguardo, dalla giurisprudenza discende che una sentenza che ha unicamente confermato una situazione giuridica di cui il ricorrente era a conoscenza nel momento in cui ha proposto il suo ricorso non può essere considerata un elemento che consente la deduzione di un motivo nuovo (v., in tal senso, sentenze del 14 ottobre 2014, Buono e a./Commissione, C‑12/13 P e C‑13/13 P, EU:C:2014:2284, punti 58 e 60, e del 20 settembre 2018, Spagna/Commissione, C‑114/17 P, EU:C:2018:753, punto 39).

252    Orbene, secondo una giurisprudenza consolidata, una sentenza pronunciata su rinvio pregiudiziale ha valore non costitutivo bensì puramente dichiarativo, con la conseguenza che i suoi effetti risalgono, in linea di principio, alla data di entrata in vigore della norma interpretata (v. sentenza dell’8 settembre 2011, Q-Beef e Bosschaert, C‑89/10 e C‑96/10, EU:C:2011:555, punto 48 e giurisprudenza citata).

253    Si può sottolineare, a tal riguardo, che la Corte non ha deciso di limitare nel tempo gli effetti della sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023), di modo che tale giurisprudenza consolidata è pienamente applicabile.

254    Ne consegue che gli effetti discendenti dall’interpretazione dell’articolo 263 TFUE fornita dalla Corte nella sentenza del 19 dicembre 2018 Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023), risalgono alla data di entrata in vigore di tale articolo.

255    Nello stesso senso, il Tribunale ha già statuito che una sentenza pronunciata durante il procedimento non poteva essere richiamata come se fosse un elemento nuovo, poiché tale sentenza dava, in linea di principio, solo un’interpretazione ex tunc del diritto dell’Unione (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 27 febbraio 1997, FFSA e a./Commissione, T‑106/95, EU:T:1997:23, punto 57).

256    Si deve pertanto considerare che l’interpretazione fornita dalla Corte era nota ai ricorrenti nel momento in cui hanno presentato il loro ricorso, in virtù del principio secondo cui la legge non ammette ignoranza (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 1989, Binder, 161/88, EU:C:1989:312, punto 19, e ordinanza del 22 giugno 2009, Nijs/Corte dei conti, T‑371/08 P, EU:T:2009:215, punto 28).

257    In tali circostanze, la sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023) non può essere considerata un elemento di diritto emerso durante il procedimento ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

258    Di conseguenza, il nono motivo deve essere respinto in quanto irricevibile.

 Sul decimo motivo, vertente sulleccezione di illegittimità, ai sensi dellarticolo 277 TFUE, dellarticolo 4, paragrafo 3, e dellarticolo 15 del regolamento n. 1024/2013

259    Con il decimo motivo, dedotto nel corso del procedimento, i ricorrenti sollevano un’eccezione d’illegittimità dell’articolo 4, paragrafo 3, e dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013, in quanto il rinvio operato al diritto nazionale da tali articoli e la competenza esclusiva del giudice dell’Unione a sindacare la legittimità degli atti nazionali preparatori che risulta dalla sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023), sfocerebbero in una violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

260    Secondo i ricorrenti, in sostanza, il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva sarebbe violato, poiché tale sistema impedirebbe il controllo in concreto della legittimità costituzionale degli atti preparatori nazionali, previsto dal diritto costituzionale italiano, per i quali il giudice dell’Unione non sarebbe competente. Tali atti sarebbero quindi sottratti a qualsivoglia controllo di legittimità costituzionale, e ciò in quanto il giudice dell’Unione non potrebbe controllare la loro conformità con la Costituzione italiana e non potrebbe adire la Corte costituzionale (Italia) a tal fine.

261    La BCE, sostenuta dalla Commissione, contesta tale argomentazione.

262    Dal momento che tale motivo è stato presentato successivamente alla proposizione del ricorso, si deve verificare se, come sostengono la BCE e la Commissione, tale nuovo motivo debba essere considerato irricevibile.

263    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’esistenza di un nesso sufficientemente stretto tra tale motivo e i motivi o argomenti del ricorso, si deve constatare che il ricorso non contiene alcun motivo o argomento vertente sull’illegittimità dell’articolo 4, paragrafo 3, e dell’articolo 15 del regolamento n. 1024/2013.

264    Nei limiti in cui solo l’ottavo motivo consisteva in un’eccezione di illegittimità e riguardava l’articolo 31, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014, non si può ritenere che tale nuovo motivo, che si riferisce ad altri articoli, abbia una connessione sufficientemente stretta con i motivi del ricorso.

265    In secondo luogo, per i motivi invocati ai precedenti punti da 251 a 257, la sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023), non può essere considerata un elemento di diritto emerso durante il procedimento ai sensi dell’articolo 84 del regolamento di procedura.

266    Di conseguenza, il decimo motivo deve essere respinto in quanto irricevibile.

 Sulle nuove offerte di prova dei ricorrenti e della BCE

267    In via preliminare, occorre rammentare che l’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura dispone che «[i]n via eccezionale, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento o prima della decisione del Tribunale di statuire senza fase orale, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato».

268    In primo luogo, il 17 luglio 2021, i ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di versare agli atti il ricorso del sig. Berlusconi dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»), registrato con il numero 8683/14, del 28 dicembre 2013, la lettera della Corte EDU del 3 maggio 2021 che comunica tale ricorso al governo italiano nonché un’esposizione dei fatti e quesiti relativi a tale causa da parte della Corte EDU del 17 maggio 2021.

269    Essi hanno giustificato la produzione di tali elementi di prova, in sostanza, con il nesso tra la decisione impugnata, che si basa, in particolare, sulla condanna del sig. Berlusconi per il reato di frode fiscale, e tale ricorso dinanzi alla Corte EDU, il cui scopo è quello di contestare la procedura che ha portato a tale condanna.

270    Interrogati in sede di udienza, la BCE e la Commissione non si sono opposte al versamento di tali elementi nel fascicolo.

271    A tale proposito, si deve constatare, in primo luogo, che il ricorso del sig. Berlusconi dinanzi alla Corte EDU, registrato con il numero 8683/14, del 28 dicembre 2013, è anteriore alla proposizione del presente ricorso e che i ricorrenti non adducono alcun elemento per giustificare il ritardo nella presentazione di tale documento.

272    Tale documento deve quindi essere respinto in quanto irricevibile.

273    Dall’altro lato, la lettera della Corte EDU del 3 maggio 2021 che comunica il ricorso al governo italiano, nonché l’esposizione dei fatti e dei quesiti relativi a tale causa da parte della Corte EDU del 17 maggio 2021 sono successivi alla fine della fase scritta del procedimento, cosicché il ritardo nella loro presentazione può essere considerato giustificato.

274    Tali elementi devono quindi essere considerati ricevibili.

275    Tuttavia, come emerge dai precedenti punti da 138 a 142, i ricorrenti non hanno sollevato alcun motivo nel ricorso diretto a contestare la valutazione della condanna in questione da parte della BCE.

276    Ne consegue che tali elementi sono irrilevanti ai fini del presente ricorso.

277    In secondo luogo, il 17 luglio 2021, i ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di versare agli atti la sentenza della Corte suprema di cassazione n. 10355/2021, del 9 marzo 2021, che rigetta il loro ricorso avverso la sentenza del Consiglio di Stato del 3 maggio 2019, in cui tale giudice ha dichiarato inammissibili le azioni di ottemperanza della sentenza n. 882 del Consiglio di Stato del 3 marzo 2016, in applicazione della sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023).

278    Interrogate all’udienza, la BCE e la Commissione non si sono opposte al versamento agli atti della sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023).

279    Dal momento che tale sentenza è successiva alla data di fine della fase scritta del procedimento, si deve ritenere che la sua produzione tardiva da parte dei ricorrenti sia giustificata e, di conseguenza, che tale documento è ammissibile.

280    Tuttavia, i ricorrenti non presentano alcuna spiegazione o argomento in grado di dimostrare il nesso tra la sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest (C‑219/17, EU:C:2018:1023), e i motivi sollevati nell’ambito del presente ricorso. Inoltre, tale sentenza non suffraga nessuno degli argomenti o dei motivi dei ricorrenti.

281    Esso è quindi irrilevante ai fini del presente ricorso.

282    In terzo luogo, il 6 agosto 2021, i ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di versare agli atti il ricorso del sig. Berlusconi dinanzi alla Corte EDU, registrato con il numero 23554/14, del 13 marzo 2014; la lettera della Corte EDU del 3 maggio 2021 che comunica il ricorso al governo italiano; un’esposizione dei fatti e quesiti relativi a tale causa da parte della Corte EDU, del 6 aprile 2021, e il controricorso del 26 luglio 2021 presentato dal governo italiano in tale causa.

283    Essi hanno giustificato la produzione di tali elementi di prova attraverso lo stretto legame tra il presente ricorso e tale causa dinanzi alla Corte EDU, che riguarda una controversia civile in cui i ricorrenti sarebbero stati, in sostanza, indebitamente dichiarati civilmente responsabili di atti di corruzione, benché il sig. Berlusconi fosse stato assolto in sede penale per tali atti.

284    Interrogati in sede di udienza, la BCE e la Commissione non si sono opposte al versamento agli atti di tali elementi.

285    A questo riguardo, si deve constatare, da un lato, che il ricorso del sig. Berlusconi dinanzi alla Corte EDU, registrato con il numero 23554/14, del 13 marzo 2014, è anteriore alla proposizione del presente ricorso e che i ricorrenti non adducono alcun elemento per giustificare il ritardo nella presentazione di tale documento.

286    Tale documento deve quindi essere respinto in quanto inammissibile.

287    D’altra parte, la lettera della Corte EDU del 3 maggio 2021 che comunica il ricorso al governo italiano, un’esposizione dei fatti e quesiti relativi a tale causa da parte della Corte EDU del 6 aprile 2021, e il controricorso presentato il 26 luglio 2021 dal governo italiano in tale causa sono successivi alla fine della fase scritta del procedimento, cosicché il ritardo nella loro presentazione è giustificato.

288    Tali elementi devono quindi essere considerati ricevibili.

289    Tuttavia, i ricorrenti non hanno sollevato alcun motivo nel ricorso diretto a contestare la valutazione di tale controversia civile da parte della BCE.

290    Ne consegue che tali elementi sono irrilevanti ai fini del presente ricorso.

291    In quarto luogo, il 10 settembre 2021, la BCE ha chiesto al Tribunale di versare agli atti la sentenza della Corte suprema di Cassazione n. 21970/21 del 30 luglio 2021, in quanto tale sentenza confermava, in sostanza, la sua interpretazione degli effetti di una fusione nel diritto italiano.

292    Interrogati all’udienza, i ricorrenti non si sono opposti al versamento agli atti della sentenza della Corte suprema di cassazione n. 21970/21 del 30 luglio 2021.

293    Nel caso di specie, dal momento che la sentenza della Corte suprema di cassazione n. 21970/21, del 30 luglio 2021, è successiva alla data di fine della fase scritta del procedimento, si deve ritenere che la sua produzione tardiva da parte della BCE sia giustificata e, di conseguenza, che tale nuova offerta di prova sia ammissibile.

294    Tuttavia, come emerge dai precedenti punti da 87 a 89, ai fini dell’applicazione degli articoli 22 e 23 della direttiva 2013/36, gli effetti della fusione in questione devono essere interpretati conformemente al diritto dell’Unione.

295    Ne consegue che la sentenza della Corte suprema di cassazione n. 21970/21 del 30 luglio 2021 è irrilevante ai fini del presente ricorso.

296    Di conseguenza, il ricorso deve essere respinto nella sua interezza.

IV.    Sulle spese

297    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché i ricorrenti sono rimasti soccombenti, devono essere condannati alle spese sostenute dalla BCE, conformemente alla domanda di quest’ultima.

298    Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni che sono intervenuti nella causa restano a loro carico. Pertanto, la Commissione si farà carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Finanziaria d’investimento Fininvest SpA (Fininvest) e il sig. Silvio Berlusconi si faranno carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Banca centrale europea (BCE).

3)      La Commissione europea si farà carico delle proprie spese.

Papasavvas

Buttigieg

Schalin

Costeira

 

Kornezov

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 maggio 2022.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

S. Papasavvas


*      Lingua processuale: l’italiano.