Language of document : ECLI:EU:C:2019:1143

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 19 dicembre 2019 (1)

Causa C831/18 P

Commissione europea

contro

RQ

«Impugnazione – Articoli 11, lettera a), e 17 del Protocollo (n. 7) sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea – Funzione pubblica dell’Unione – Funzionari – Articolo 90, paragrafo 2, del regolamento n. 31 (CEE), 11 (CEEA) – Direttore generale dell’OLAF – Decisione della Commissione di revoca dell’immunità di un funzionario – Articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta – Diritto di essere ascoltato»






1.        La presente impugnazione, con la quale la Commissione europea impugna la decisione del Tribunale nella causa RQ/Commissione (2), solleva una serie di importanti questioni concernenti il diritto fondamentale di un funzionario delle istituzioni dell’Unione di essere ascoltato ai fini della propria difesa. Ci si chiede, in primo luogo, se la decisione di revocare l’immunità di un funzionario dell’Unione dalla giurisdizione penale nazionale sia un «atto che [gli] arrechi pregiudizio» ai sensi dello Statuto dei funzionari (3). In secondo luogo, ci si chiede quali fattori debbano essere presi in considerazione nel valutare se l’immunità di un funzionario debba essere revocata ai sensi del Protocollo (n. 7) sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea [in prosieguo: il «protocollo n. 7»]. In terzo luogo, ci si chiede se il diritto di essere ascoltato debba essere interpretato in connessione con il diritto ad una buona amministrazione sancito all’articolo 41, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

 Normativa

 Carta

2.        L’articolo 41, paragrafo 1, della Carta garantisce ad ogni persona il diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni dell’Unione. L’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), stabilisce che il diritto ad una buona amministrazione comprende «il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio».

3.        L’articolo 51, paragrafo 1, stabilisce che le disposizioni della Carta si applicano, inter alia, alle istituzioni dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Essi rispettano i diritti, osservano i principi della Carta e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze.

4.        Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, limitazioni all’esercizio dei diritti, quali il diritto ad una buona amministrazione, devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

 Protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dellUnione europea

5.        Le disposizioni applicabili ai funzionari (e agli altri agenti) dell’Unione europea sono stabilite nel capo V del protocollo n. 7. All’interno di tale capo, l’articolo 11, lettera a), stabilisce che i funzionari dell’Unione godono dell’immunità di giurisdizione per gli atti da loro compiuti in veste ufficiale.

6.        L’articolo 17 (parte del capo VII, rubricato «Disposizioni generali») prevede che i privilegi, le immunità e le agevolazioni sono concesse, inter alia, ai funzionari dell’Unione esclusivamente nell’interesse di quest’ultima. Ai sensi dell’articolo 17, secondo comma, ciascuna istituzione dell’Unione ha l’obbligo di togliere tale immunità ogniqualvolta essa reputi che ciò non sia contrario agli interessi dell’Unione.

7.        L’articolo 18 impone alle istituzioni dell’Unione di agire d’intesa con le autorità responsabili degli Stati membri interessati ai fini dell’applicazione del protocollo n. 7.

 Statuto dei funzionari

8.        L’articolo 23 dello Statuto dei funzionari prevede che i privilegi e le immunità di cui godono i funzionari sono attribuiti nell’esclusivo interesse dell’Unione. Fatte salve le disposizioni del protocollo n. 7, i funzionari non sono dispensati dall’adempimento dei loro obblighi privati, né dall’osservanza delle leggi e dei regolamenti di polizia in vigore. Ogni qualvolta sorga una questione relativa a tali privilegi e immunità, il funzionario interessato è tenuto a darne immediatamente comunicazione all’autorità che ha il potere di nomina.

9.        L’articolo 24 stabilisce che l’Unione presta assistenza ai funzionari, in particolare nei procedimenti a carico di persone di cui il funzionario è vittima a motivo della sua qualità e delle sue funzioni.

10.      L’articolo 90, paragrafo 2, è inserito nel titolo VII («Mezzi di ricorso») e stabilisce che un funzionario può presentare un reclamo avverso un atto che gli arrechi pregiudizio.

11.      Ai sensi dell’articolo 91, paragrafo 1, la Corte è competente a dirimere ogni controversia tra un funzionario e l’Unione circa la legalità di un atto che arrechi pregiudizio a tale funzionario ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2.

 Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013

12.      Il regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (4) prevede norme per lo svolgimento di indagini ai fini della tutela degli interessi finanziari dell’Unione (5). Nella lotta contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione, l’OLAF gode di piena autonomia rispetto alla Commissione ai fini dell’esercizio delle sue funzioni di indagine (6). Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, la Commissione nomina il direttore generale dell’OLAF. Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 3, il direttore generale adempie alle sue funzioni investigative e ai suoi obblighi di riferire in piena indipendenza rispetto, fra l’altro, a governi e istituzioni. Qualora il direttore generale ritenga che la Commissione abbia adottato una misura che comprometta la sua indipendenza, ne informa immediatamente il comitato di vigilanza e decide se presentare o meno ricorso contro la Commissione dinanzi alla Corte (7).

 Fatti

13.      Il contesto fattuale è riassunto ai punti da 1 a 6 della sentenza impugnata.

14.      I fatti emergono dalle stesse circostanze che hanno portato allo scandalo colloquialmente noto come «Dalligate» (8). Nel maggio 2012, la Swedish Match (fabbricante di un prodotto del tabacco noto come «snus») ha presentato una denuncia alla Commissione europea. La Swedish Match ha riportato gravi accuse concernenti un tentativo di corruzione in cui sarebbe stato coinvolto un uomo d’affari maltese, il sig. Zammit, il quale avrebbe avuto una conversazione telefonica con il segretario generale dello European Smokeless Tobacco Council (in prosieguo: l’«ESTOC»). La Swedish Match afferma che nel corso di tale conversazione telefonica, il sig. Zammit avrebbe formulato una richiesta di pagamento di «una somma di denaro molto elevata» quale contropartita dell’organizzazione di una riunione con il sig. John Dalli, membro della Commissione incaricato della salute e della protezione dei consumatori (che il sig. Zammit conosceva personalmente), utilizzando, dunque, il proprio ascendente su tale membro della Commissione per esercitare pressioni a vantaggio dell’industria del tabacco in sede di presentazione di proposte legislative.

15.      Il 25 maggio 2012 l’OLAF ha avviato l’indagine amministrativa OF/2012/0617 concernente tale denuncia. L’OLAF ha deciso di proseguire le proprie indagini chiedendo al segretario generale dell’ESTOC di avere una nuova conversazione telefonica con il sig. Zammit al fine di raccogliere ulteriori elementi di prova in merito alla denuncia del tentativo di corruzione. Il segretario generale dell’ESTOC ha confermato la sua disponibilità a collaborare con l’OLAF in tale iniziativa.

16.      Il 3 luglio 2012, il segretario generale dell’ESTOC ha telefonato al sig. Zammit dai locali dell’OLAF e tra di loro ha avuto luogo una seconda conversazione. La telefonata è stata effettuata con il consenso e in presenza di RQ, direttore generale dell’OLAF. Inoltre, l’OLAF ha registrato la conversazione.

17.      Il 15 ottobre 2012 l’OLAF ha adottato la sua relazione finale sull’indagine. In tale relazione esso ha fatto riferimento alla conversazione telefonica del 3 luglio 2012 tra il segretario generale dell’ESTOC e il sig. Zammit.

18.      Il 13 dicembre 2012, il sig. Dalli ha presentato una denuncia, con richiesta di costituzione di parte civile nell’eventuale conseguente procedimento, dinanzi ai giudici belgi. Nella sua denuncia, il sig. Dalli ha sollevato la questione dell’intercettazione telefonica, a suo parere illegale, da parte dell’OLAF, della conversazione telefonica del 3 luglio 2012 con il sig. Zammit.

19.      Il 19 marzo 2013 le autorità belghe hanno chiesto alla Commissione di consentire l’accesso alle registrazioni relative agli atti oggetto dell’indagine e di sollevare dal loro obbligo di riservatezza i funzionari che avevano partecipato all’indagine dell’OLAF. Il 21 novembre 2013 RQ, in qualità di direttore generale dell’OLAF, ha accettato di sollevare da tale obbligo i membri del gruppo di investigatori e il relativo capo unità.

20.      Con lettere rispettivamente del 21 novembre 2014 e del 6 febbraio 2015, le autorità belghe si sono rivolte alla Commissione per sollecitare la revoca dell’immunità dei dipendenti dell’OLAF interessati (tra cui RQ), al fine di accertare se avesse effettivamente avuto luogo un’intercettazione telefonica illegale della conversazione telefonica del sig. Zammit del 3 luglio 2012. A tal proposito, le autorità belghe intendevano procedere all’audizione dei dipendenti dell’OLAF in qualità di indagati.

21.      Con lettere del 19 dicembre 2014 e del 3 marzo 2015, la Commissione ha chiesto maggiori dettagli concernenti tale richiesta, al fine di decidere con piena cognizione di causa.

22.      Al momento in cui la procura federale belga ha preso in carico il fascicolo, la domanda di revoca di immunità è stata limitata a RQ. Con lettera del 23 giugno 2015 (in prosieguo: la «lettera del 23 giugno 2015»), il procuratore federale belga ha menzionato taluni elementi che, a suo parere, costituivano indizi di un’intercettazione telefonica illegale.

23.      Il 2 marzo 2016, la Commissione ha adottato la decisione C(2016) 1449 final, relativa ad una domanda di revoca di immunità di giurisdizione di RQ (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Con tale decisione, la Commissione ha revocato parzialmente l’immunità di giurisdizione di RQ, conformemente all’articolo 17, secondo comma, del protocollo n. 7 (9). La revoca è stata limitata alle contestazioni di fatto relative all’intercettazione della conversazione telefonica menzionata nella lettera del 23 giugno 2015. La Commissione ha respinto la domanda delle autorità belghe di revoca dell’immunità di RQ per quanto riguarda altre contestazioni.

24.      Nel marzo e nell’aprile 2016, la Commissione ha emesso dichiarazioni pubbliche con cui ribadiva che RQ continuava a godere della sua fiducia e a beneficiare della presunzione di innocenza. La Commissione ha altresì affermato che la decisione impugnata non pregiudicava né il funzionamento dell’OLAF né l’autorità di RQ nella sua qualità di direttore generale. Il 1o aprile 2016 la Commissione ha accolto la domanda di RQ concernente la presa a carico delle sue spese legali ai sensi dell’articolo 24 dello Statuto.

25.      Con lettera del 12 aprile 2016 la procura federale belga ha chiesto alla Commissione di sollevare RQ dal suo dovere di riservatezza per permettere alle autorità nazionali competenti di interrogarlo e ascoltarlo in qualità di indagato nel contesto del procedimento nazionale. La Commissione ha accolto tale richiesta con lettera del 28 aprile 2016.

26.      Il 10 giugno 2016, il ricorrente ha presentato un reclamo contro la decisione impugnata, conformemente all’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto. Il 5 ottobre 2016, tale reclamo è stato respinto dall’autorità che ha il potere di nomina della Commissione, con la decisione Ares (2016) 5814495.

 Decisione impugnata

27.      I considerando da 1 a 8 della decisione impugnata riportano il contesto fattuale della richiesta delle autorità belghe di revoca dell’immunità di RQ (10).

28.      Riassumo qui di seguito i motivi addotti dalla Commissione nell’adottare la decisione impugnata:

–        Era necessario accertarsi, ai sensi dell’articolo 17 del protocollo n. 7, che la revoca dell’immunità non arrecasse pregiudizio agli interessi dell’Unione europea e, più in particolare, all’indipendenza e al buon funzionamento delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione. Dalla giurisprudenza della Corte discende che questo è il solo criterio di merito che consente di negare la revoca dell’immunità. In caso contrario, l’immunità dovrebbe essere revocata sistematicamente, dato che il protocollo n. 7 non permette alle istituzioni dell’Unione di esercitare un controllo quanto alla fondatezza o al carattere equo del procedimento giurisdizionale nazionale sotteso alla domanda (11).

–        Nell’addivenire a una decisione, occorreva tener conto del contesto normativo molto specifico che regola le indagini dell’OLAF ai sensi del regolamento n. 883/2013. Il legislatore dell’Unione avrebbe affidato all’OLAF competenze d’indagine che quest’ultimo (pur essendo collegato alla Commissione) esercita in piena autonomia rispetto alla Commissione stessa. Tale contesto normativo particolare obbligherebbe la Commissione ad accertarsi che, accedendo alla domanda di revoca di immunità, essa non ostacoli l’indipendenza e il buon funzionamento dell’OLAF in quanto organo di indagine antifrode dell’Unione (12).

–        L’immunità del direttore generale dell’OLAF poteva essere revocata soltanto ove la Commissione fosse informata, con sufficiente chiarezza e precisione, delle ragioni per le quali le autorità belghe consideravano che le accuse formulate nei suoi confronti potessero, eventualmente, giustificare la sua audizione in qualità di imputato in un procedimento penale. Se tale non fosse il caso, ogni persona interessata da un’indagine dell’OLAF, formulando accuse manifestamente infondate contro il direttore generale di tale organo, potrebbe riuscire a paralizzare il funzionamento di quest’ultimo, il che sarebbe in contrasto con gli interessi dell’Unione (13).

–        Nella fattispecie, quanto alle accuse di intercettazioni telefoniche illegali, la Commissione ha ritenuto di disporre, a seguito della lettera del 23 giugno 2015, di indicazioni molto chiare e precise da cui risultava chiaramente che le autorità belghe potevano ragionevolmente, e comunque senza agire arbitrariamente o illegalmente, considerare che le accuse formulate contro RQ giustificavano la prosecuzione di un’indagine nei suoi confronti. In tale situazione, sarebbe stato contrario al principio di leale cooperazione con le autorità nazionali negare la revoca dell’immunità di RQ. A suo avviso, pertanto, la Commissione era tenuta ad accogliere la domanda di revoca di immunità per tali accuse (14).

–        Tuttavia, RQ continuava a beneficiare della presunzione di innocenza e la decisione di revocare la sua immunità non comportava alcun giudizio circa la fondatezza delle accuse a lui mosse né circa il carattere equo del procedimento nazionale intentato (15).

–        Infine, RQ aveva diritto di chiedere alla Commissione, sul fondamento dell’articolo 24, primo paragrafo, dello Statuto, un’assistenza giuridica comprensiva delle spese di causa e legali, nel caso in cui l’indagine condotta dalle autorità belghe nei suoi confronti conducesse a fasi processuali comportanti potenziali spese (16).

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

29.      Il 17 gennaio 2017, RQ ha presentato ricorso dinanzi al Tribunale per ottenere l’annullamento della decisione impugnata (17). RQ ha dedotto cinque motivi a sostegno del suo ricorso. Egli ha contestato: i) la violazione dell’articolo 23 dello Statuto e dell’articolo 17, secondo comma, del protocollo n. 7, nonché errori manifesti di valutazione in ordine alla revoca dell’immunità di giurisdizione; ii) violazione dell’articolo 24 dello Statuto e del dovere di sollecitudine; iii) violazione dell’obbligo di motivazione; iv) violazione del principio di tutela del legittimo affidamento; e v) violazione dei diritti della difesa.

30.      Inizialmente la Commissione ha sollevato due obiezioni alla ricevibilità del ricorso di RQ. In primo luogo, essa ha sostenuto che il nuovo ricorso era precluso dal fatto che un procedimento sulla stessa questione era già pendente dinanzi al Tribunale nella causa T‑251/16 (18). In secondo luogo, la Commissione ha sostenuto che la decisione impugnata non costituiva un atto che arreca pregiudizio a RQ. All’udienza dinanzi al Tribunale, la Commissione ha ritirato la sua prima eccezione di irricevibilità del ricorso di RQ.

31.      Come indicato nella sentenza impugnata, il Tribunale ha annullato la decisione impugnata e ha condannato la Commissione alle spese del procedimento. La Commissione contesta ora tale sentenza nella sua impugnazione dinanzi alla Corte.

 Impugnazione e procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

32.      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        respingere il ricorso di RQ per l’annullamento della decisione impugnata proposto dinanzi al Tribunale e statuire in via definitiva sulla questione, o, qualora la Corte ritenga che lo stato degli atti non le consenta di definire la controversia, rinviare la causa al Tribunale affinché si pronunci;

–        condannare RQ alle spese sostenute dalla Commissione in primo grado e in sede di impugnazione dinanzi alla Corte.

33.      Secondo la Commissione, la sentenza impugnata sarebbe viziata dagli errori di diritto esposti di seguito. In primo luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente statuito che la decisione impugnata costituisce un atto che arreca pregiudizio a RQ. In secondo luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato in senso molto ampio il diritto di essere ascoltato sancito all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta. In terzo luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto per quanto riguarda la qualificazione della condotta della Commissione nel caso di specie.

 Primo motivo: errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto e del significato dell’espressione «atto che le arrechi pregiudizio», nonché dell’articolo 17 del protocollo n. 7

34.      Con il primo motivo, la Commissione contesta la conclusione del Tribunale (ai punti da 36 a 45 della sentenza impugnata) secondo cui la decisione impugnata costituisce un atto che arreca pregiudizio a RQ.

 Sentenza impugnata

35.      Il Tribunale ha ricordato, anzitutto, che «(…) costituiscono atti recanti pregiudizio ad un funzionario provvedimenti che producono effetti giuridici vincolanti idonei a incidere in modo immediato e diretto sugli interessi dell’interessato, modificando in misura rilevante la situazione giuridica del medesimo» (19). Il protocollo n. 7 attribuisce alle persone alle quali si riferisce un diritto soggettivo di cui è assicurata la tutela mediante il sistema di mezzi di ricorso previsto dal Trattato. L’immunità di giurisdizione prevista dall’articolo 11 del protocollo n. 7 tutela i funzionari e gli agenti delle istituzioni dell’Unione contro azioni penali delle autorità degli Stati membri per atti da loro compiuti in veste ufficiale. Pertanto, una decisione di revocare l’immunità di un funzionario modifica la sua situazione giuridica. Sopprimendo tale tutela, essa ristabilisce il suo status di persona soggetta al diritto comune degli Stati membri e lo espone, quindi, senza che si rendano necessarie norme intermedie, a provvedimenti detentivi e azioni giudiziarie (20).

36.      Il potere discrezionale lasciato alle autorità nazionali, dopo la revoca dell’immunità, in merito alla riapertura o all’abbandono del procedimento penale avviato nei confronti di un funzionario o di un agente è ininfluente rispetto al pregiudizio diretto arrecato alla situazione giuridica di quest’ultimo. Pertanto, la decisione con cui la Commissione ha revocato l’immunità di giurisdizione di RQ ha costituito un atto recante pregiudizio nei confronti di quest’ultimo (21).

37.      Il Tribunale ha quindi proceduto a respingere tutti gli argomenti della Commissione volti a contestare tale conclusione. In primo luogo, ha respinto l’argomento della Commissione secondo cui la sentenza della Corte nella causa Humblet/Stato belga (22), relativa all’esenzione dei funzionari dell’Unione da ogni imposta nazionale sulle retribuzioni, sugli stipendi ed emolumenti [versati dall’allora Alta Autorità della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (in prosieguo: la «CECA»)], non avrebbe confermato che un funzionario possa agire in giudizio contro la decisione dell’istituzione di revocare la sua immunità. In secondo luogo, il Tribunale ha reputato carente in diritto l’argomento della Commissione secondo cui la precedente sentenza della Corte nella causa Mote/Parlamento (23) non poteva essere applicata per analogia, poiché tale causa riguardava i privilegi e le immunità di un membro del Parlamento europeo (in prosieguo: «eurodeputato») e non di un funzionario. In terzo luogo, il Tribunale ha respinto l’affermazione della Commissione secondo cui la sentenza dello sciolto Tribunale della funzione pubblica nella causa A e G/Commissione (24) doveva essere ignorata in quanto tale sentenza non era stata confermata dal Tribunale o dalla Corte (25).

38.      Il Tribunale ha pertanto respinto l’eccezione di irricevibilità della Commissione per i suddetti motivi (26).

 Argomenti delle parti

39.      La Commissione ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto in relazione agli aspetti esposti di seguito. Non esiste un filone di giurisprudenza consolidata che stabilisca se una decisione di revoca dell’immunità di un funzionario ai sensi del protocollo n. 7 costituisca un atto che gli arrechi pregiudizio. Non si può presumere che la Corte applichi il ragionamento utilizzato in una causa risalente, quale Humblet/Stato belga (27), che si distingue dal caso di RQ, nell’interpretazione degli articoli 90 e 91 dello Statuto. Le norme di cui all’articolo 9 del protocollo n. 7, che si applicano agli eurodeputati, offrono, in sostanza, una protezione più forte e di natura più personale rispetto a quella offerta a funzionari quali RQ. Pertanto, le decisioni citate nella sentenza impugnata riguardanti gli eurodeputati non sono pertinenti. Inoltre, il Tribunale si è erroneamente basato su una sentenza del Tribunale della funzione pubblica che non è decisiva, poiché non è stata confermata da una decisione del Tribunale o della Corte.

40.      La Commissione sostiene che la sentenza del Tribunale si basa su un’erronea interpretazione del diritto all’immunità in quanto diritto soggettivo e su un’errata interpretazione del testo dell’articolo 11 del protocollo n. 7. La formulazione di tale disposizione indica che l’immunità non è un diritto soggettivo del funzionario interessato. La posizione del funzionario è pregiudicata solo indirettamente in caso di revoca dell’immunità ai sensi dell’articolo 17 del protocollo n. 7: solo una condanna ha un impatto reale sulla posizione giuridica del funzionario. Lo scopo dell’immunità è quello di prevenire ostacoli al corretto funzionamento e all’indipendenza dell’Unione. Un atto che «arrechi pregiudizio» alla posizione di un funzionario è un atto che produce effetti giuridici vincolanti che incidono direttamente e immediatamente sugli interessi di quest’ultimo, modificando la sua situazione giuridica. La prassi normale della Commissione è quella di revocare sistematicamente l’immunità per non ostacolare i procedimenti nazionali. Così facendo, la Commissione mira a rispettare il principio di leale cooperazione. Per proteggere il funzionario interessato si applicano le normali garanzie, quali la presunzione d’innocenza, i diritti della difesa e le consuete garanzie procedurali. Qualora tale funzionario necessiti di un rimedio, la soluzione appropriata consiste nella contestazione, da parte sua, della validità della decisione controversa nell’ambito del procedimento nazionale e nella sottoposizione, da parte del giudice nazionale, di una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

41.      RQ sostiene che il primo motivo della Commissione dovrebbe essere respinto in quanto irricevibile o infondato.

42.      Lo scopo di un’impugnazione non è quello di riprodurre gli stessi motivi e argomenti che sono stati esaminati in primo grado. Eppure, nella sua impugnazione, la Commissione si limita a riproporre gli argomenti addotti in primo grado. Di conseguenza, il suo primo motivo dovrebbe essere respinto in quanto irricevibile.

43.      In subordine, la Commissione ha erroneamente affermato che la revoca dell’immunità non modifica la posizione giuridica del funzionario. Prima della revoca, egli è protetto giuridicamente e di fatto da qualsiasi procedimento nazionale. A seguito della revoca dell’immunità, tale protezione viene soppressa. Il fatto che la sentenza Humblet/Stato belga (28) sia stata pronunciata nel contesto del protocollo al trattato CECA non significa che essa non possa applicarsi alla presente causa. Analogamente, non ne consegue che la sentenza Mote/Parlamento (29) non possa essere applicata in via analogica. La sentenza nella causa A e G/Commissione (30) costituisce un buon punto di riferimento. La Commissione non ha impugnato tale decisione che, di conseguenza, è divenuta definitiva.

 Valutazione

44.      Con il suo primo motivo, la Commissione critica l’interpretazione del Tribunale tanto dell’articolo 90, paragrafo 2, quanto dell’articolo 91, paragrafo 1, dello Statuto. Sorge la questione se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, in particolare del significato dell’espressione «(…) atto che [gli] arrechi pregiudizio», concludendo quindi nel senso della ricevibilità del ricorso di RQ.

45.      Sia l’articolo 90, paragrafo 2, sia l’articolo 91, paragrafo 1 dello Statuto utilizzano tale espressione. Non esaminerò la seconda delle due disposizioni separatamente: le mie conclusioni concernenti l’articolo 90, paragrafo 2, devono essere intese come applicabili anche all’articolo 91, paragrafo 1, dello Statuto.

46.      Inizierò esaminando l’eccezione di irricevibilità sollevata da RQ.

47.      RQ afferma, correttamente, che l’oggetto dell’impugnazione avverso una decisione del Tribunale non consiste, semplicemente, nel riprodurre e ripetere nuovamente gli stessi motivi addotti in primo grado (31). Tuttavia, qualora un ricorrente contesti l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere discussi nuovamente nel corso di un’impugnazione.

48.      Nella sua impugnazione, la Commissione contesta l’interpretazione e l’applicazione, da parte del Tribunale, di principi che quest’ultimo ha ricavato dalla propria giurisprudenza e da quella dell’estinto Tribunale della funzione pubblica. La Commissione censura, inoltre, l’interpretazione da parte del Tribunale degli articoli 11, lettera a), e 17 del protocollo n. 7. Dunque, la Commissione contesta chiaramente la motivazione della sentenza impugnata, che spetta a questa Corte esaminare.

49.      Pertanto, respingo l’eccezione di irricevibilità sollevata da RQ.

50.      Quanto al merito, mi sembra pacifico che la decisione impugnata costituisca un «atto» ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto. Gli effetti giuridici di tale decisione sono consistiti nella revoca parziale dell’immunità di RQ da un procedimento d’indagine penale avviato dalle autorità nazionali presso i giudici belgi, immunità che gli sarebbe altrimenti concessa ai sensi dell’articolo 11, lettera a) del protocollo n. 7. La decisione impugnata è quindi un atto che ha prodotto effetti giuridici nei confronti di terzi (segnatamente le autorità belghe), poiché ha consentito loro di procedere nei confronti di RQ. I suoi effetti si sono così estesi al di là dei lavori interni della Commissione.

51.      Il punto essenziale della controversia tra le parti è se la decisione impugnata abbia arrecato pregiudizio a RQ ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto.

52.      Il punto di partenza dell’analisi è dettato da una giurisprudenza costante, secondo cui è necessario esaminare la formulazione, gli obiettivi, il contesto e la struttura dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto (32). Il significato ordinario e corrente dell’espressione «che [gli] arrechi pregiudizio» consiste nella possibilità di dimostrare che l’atto impugnato ha modificato in modo pregiudizievole la posizione giuridica del funzionario interessato.

53.      Respingo pertanto l’affermazione della Commissione secondo cui si dovrebbe considerare unicamente se la decisione impugnata sia pregiudizievole per il funzionamento dell’Unione stessa. L’articolo 90 ha lo scopo di consentire ai funzionari di impugnare le decisioni motivate che li pregiudicano. L’articolo 90, paragrafo 1, stabilisce che un funzionario può chiedere all’autorità competente che ha il potere di nomina di prendere una decisione a suo riguardo. L’espressione «a suo riguardo» indica che l’oggetto della decisione in questione è il funzionario stesso. L’articolo 90, paragrafo 2, consente quindi al funzionario di presentare un reclamo contro tale decisione, proprio perché la persona interessata (il funzionario) subisce le conseguenze giuridiche dell’atto. Osservo inoltre che, ai sensi dell’articolo 90, paragrafi 1 e 2, dello Statuto, la mancanza di risposta dell’autorità che ha il potere di nomina a un reclamo entro i termini previsti è considerata una decisione implicita che offre la possibilità, al funzionario interessato, di contestare l’omessa adozione di una decisione impugnabile da parte dell’autorità che ha il potere di nomina. In entrambi i casi, l’obiettivo principale è consentire al funzionario interessato dall’azione (o dall’inazione) dell’autorità che ha il potere di nomina di proporre un ricorso. Pertanto, l’interpretazione sostenuta dalla Commissione non può essere corretta.

54.      Mi sembra che sussista un nesso necessario tra l’immunità conferita dall’articolo 11, lettera a) del protocollo n. 7 e i compiti del funzionario in qualità di funzionario dell’Unione. Tale disposizione si riferisce espressamente agli atti compiuti dai funzionari dell’Unione in veste ufficiale. Ciò è dovuto al fatto che l’ambito di applicazione dell’immunità non è così ampio da coprire i funzionari quando agiscono a titolo puramente personale.

55.      Le autorità nazionali che intendono avviare un’indagine penale che coinvolge un funzionario dell’Unione o adottare ulteriori misure a seguito di tale indagine devono chiedere la revoca dell’immunità di tale funzionario e ottenere una decisione di accoglimento della richiesta. In mancanza di tale decisione, le suddette autorità non possono procedere contro il funzionario interessato. Le conseguenze di una decisione di revoca dell’immunità modificano quindi radicalmente la posizione del funzionario. Prima della revoca non è possibile intraprendere alcuna azione contro il funzionario interessato in relazione a un presunto reato. Tuttavia, a seguito della revoca dell’immunità, a carico del funzionario può essere avviato un procedimento penale a norma del diritto nazionale.

56.      Sarebbe artificioso, all’opposto, trattare la revoca come se non comportasse alcuna modifica giuridica della posizione del funzionario. Al contrario, si verifica un cambiamento significativo, che produce gravi conseguenze negative per il funzionario in questione. Egli sarà oggetto di un’indagine penale che, altrimenti, gli sarebbe stata risparmiata e potrà essere esposto ad accuse in sede penale, nonché al rischio di detenzione.

57.      La Commissione si basa sul testo dell’articolo 17 del protocollo n. 7 per affermare che l’immunità dall’azione penale in procedimenti nazionali non è concessa ai funzionari in forma di diritto soggettivo e ricorda che l’articolo 17, secondo comma, stabilisce le condizioni per la revoca della tutela dell’immunità conferita dall’articolo 11, lettera a), del protocollo n. 7. Così facendo, la Commissione confonde due questioni distinte. La questione se l’immunità debba o meno essere revocata è separata e distinta dalla questione se la decisione impugnata arrechi pregiudizio al funzionario interessato ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto. L’articolo 90, paragrafo 2, riguarda la natura dell’atto che il funzionario intende contestare, non la valutazione della correttezza della decisione stessa.

58.      Il punto chiave è che l’articolo 11, lettera a), del protocollo n. 7 prevede il beneficio diretto dell’immunità per i funzionari dell’Unione che agiscono in veste ufficiale. La decisione di revocare o sopprimere tale beneficio ha gravi conseguenze negative per il funzionario interessato e può pertanto essere impugnata ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto.

59.      Per determinare se la decisione impugnata produca effetti giuridici vincolanti occorre riferirsi alla sua sostanza e valutarne gli effetti in funzione di criteri obiettivi, come il contenuto, tenendo conto eventualmente del contesto in cui quest’ultimo è stato adottato nonché dei poteri dell’istituzione emanante (33).

60.      Nella presente causa, la decisione impugnata produce effetti giuridicamente vincolanti sia nei confronti di RQ che delle autorità nazionali. Gli effetti nei confronti di RQ sono chiari. L’immunità di cui beneficiava ai sensi dell’articolo 11, lettera a), del protocollo n. 7 è stata soppressa. Gli effetti giuridici nei confronti delle autorità belghe sono altrettanto evidenti. In assenza della decisione impugnata, esse non avrebbero potuto avviare un procedimento penale nei confronti di RQ. A seguito dell’adozione di tale decisione, il procedimento nazionale non è più stato ostacolato dall’immunità di RQ (34).

61.      Pertanto, respingo l’affermazione della Commissione secondo cui un atto quale la decisione impugnata è un mero atto preparatorio che non modifica la posizione giuridica del funzionario interessato. Poiché RQ ha cessato di beneficiare dell’immunità (totale) ai sensi del protocollo n. 7, le conseguenze derivanti da tale decisione hanno prodotto effetti diretti e immediati nei suoi confronti.

62.      Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’analisi della giurisprudenza effettuata dal Tribunale ai punti da 42 a 44 della sentenza impugnata.

63.      Il Tribunale ha esaminato, in primo luogo, la decisione della Corte nella causa Humblet/Stato belga (35). Il sig. Humblet era cittadino belga, impiegato in Lussemburgo come funzionario della CECA. A fini fiscali, egli era considerato domiciliato in Belgio (dove manteneva una residenza) e dove sua moglie percepiva un reddito. Il reddito della sig.ra Humblet era dichiarato in Belgio, Stato in cui era assoggettato ad imposta a nome del marito in qualità di capofamiglia, conformemente al diritto nazionale. Successivamente, le autorità belghe hanno modificato la loro prassi pregressa e hanno chiesto al sig. Humblet di dichiarare anche l’importo della sua retribuzione in qualità di funzionario CECA, che era esente da imposte ai sensi del Protocollo sui privilegi e sulle immunità del trattato CECA (in prosieguo: il «protocollo CECA»). Le autorità nazionali hanno emesso accertamenti stimati nei confronti del sig. Humblet per gli anni fiscali in questione, che egli ha poi impugnato. Alla luce dell’articolo 16 del protocollo CECA, il sig. Humblet si è considerato legittimato ad adire la Corte di giustizia.

64.      Dinanzi al Tribunale, la Commissione ha sostenuto che la sentenza nella causa Humblet/Stato belga (36) non conferma che un funzionario dell’Unione possa proporre ricorso contro la decisione di un’istituzione di revocare la sua immunità. Il Tribunale ha respinto tale argomento e si è basato su tale sentenza a titolo orientativo.

65.      Mi sembra che il ragionamento della Corte sulle questioni di competenza e di procedura in tale sentenza fornisca effettivamente utili indicazioni in relazione al caso di RQ. In tale sede, la Corte ha stabilito che, pur non essendo competente ad annullare atti legislativi o amministrativi di uno degli Stati membri, la questione sollevata rientrava tuttavia nella sua competenza, poiché riguardava l’interpretazione e l’applicazione del protocollo CECA, in particolare dell’articolo 11, lettera b), dello stesso. Nella sua sentenza, la Corte ha reso le seguenti dichiarazioni, che sono particolarmente pertinenti.

«Gli autori del protocollo [CECA], sancendo all’art. 16 [del protocollo CECA] il diritto di ricorrere, hanno evidentemente inteso garantire il rispetto dei privilegi e delle immunità da esso previsti e ciò nell’interesse non solo della Comunità e delle sue istituzioni, ma anche delle persone cui i privilegi e le immunità sono stati concessi ed altresì nell’interesse degli Stati membri e delle loro amministrazioni che vanno tutelati contro interpretazioni troppo estensive di tali privilegi ed immunità.

(…)

Non va infatti trascurato che, se i privilegi e le immunità sono stati istituiti “nell’esclusivo interesse della Comunità”, essi sono stati espressamente concessi “ai funzionari delle istituzioni della Comunità (…)”.

Il fatto che i privilegi, le immunità e le agevolazioni sono previsti nel pubblico interesse comunitario, giustifica senza dubbio il potere attribuito all’Alta Autorità di determinare le categorie di funzionari cui essi si applicano (art. 12) od, ove occorra, di togliere l’immunità (art. 13, 2) comma), ma ciò non significa che tali privilegi siano accordati alla Comunità e non direttamente ai suoi dipendenti; tale interpretazione si evince del resto chiaramente dal tenore delle sovrarichiamate disposizioni» (37).

66.      È certamente vero che la formulazione dell’articolo 16 del protocollo CECA non si riflette nell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto. Ciò premesso, ci si chiede se sia corretta la decisione del Tribunale di applicare il ragionamento di cui alla causa Humblet/Stato belga (38), in via analogica, al caso di RQ.

67.      A mio parere sì.

68.      Secondo il Tribunale, dalla sentenza Humblet/Stato belga (39), discende che, sebbene i funzionari beneficino dell’immunità nell’esercizio delle loro funzioni (il che è considerato sinonimo di agire nell’interesse pubblico dell’Unione stessa), ciò non significa necessariamente che i privilegi e le immunità siano concessi all’Unione in quanto entità, e non direttamente al funzionario stesso. Su tale base, occorre quindi determinare se l’atto in questione arrechi pregiudizio al funzionario interessato.

69.      L’argomento della Commissione secondo cui, non riprendendo la formulazione dell’articolo 16 del protocollo CECA nello Statuto, il legislatore intendeva escludere la possibilità che i funzionari avanzassero tale pretesa, non è convincente.

70.      Il titolo VII dello Statuto è rubricato «Mezzi di ricorso». Ai sensi di tale titolo, il legislatore ha istituito una procedura definita e completa per l’impugnazione, da parte dei funzionari, delle decisioni che li riguardano. Poiché è stata ivi prevista una specifica procedura di reclamo, mi sembra che abbia maggiore forza l’argomento a contrario, vale a dire che il legislatore non ha avuto bisogno di prendere in prestito la formulazione dell’articolo 16 del protocollo CECA per creare il necessario diritto di ricorso. Ritengo pertanto che l’argomentazione della Commissione a tal proposito non possa essere accolta.

71.      Successivamente, la Commissione contesta il richiamo del Tribunale alle decisioni nelle cause Mote/Parlamento (40) e Gollnisch/Parlamento (41). Il Tribunale ha citato quest’ultima sentenza per sostenere la tesi secondo cui i privilegi e le immunità di cui al protocollo n. 7 conferiscono all’interessato un diritto individuale. Esso si è basato sulla prima sentenza (fondata sulla pronuncia Humblet/Stato belga (42)), a sostegno del suo ragionamento secondo cui i privilegi e le immunità sono concessi direttamente ai funzionari.

72.      Entrambe le cause riguardavano i privilegi e le immunità degli eurodeputati, che sono disciplinati agli articoli da 7 a 9 del capo III del protocollo n. 7. La formulazione di tali disposizioni non è identica a quella dell’articolo 11, lettera a), che stabilisce le norme applicabili ai funzionari dell’Unione. Tale circostanza non sorprende: i ruoli sono profondamente diversi. Tuttavia, la natura dell’immunità della persona interessata non è in discussione in questa sede. Non è quindi necessario confrontare le rispettive posizioni degli eurodeputati e dei funzionari. Si tratta piuttosto di stabilire se lo Statuto garantisca ai funzionari dell’Unione il ricorso a un rimedio in caso di revoca dell’immunità. In tale contesto, alla luce della mia conclusione secondo cui la decisione impugnata produce effettivamente conseguenze giuridiche dirette e immediate nei confronti di RQ, mi sembra che il Tribunale abbia correttamente applicato in via analogica il ragionamento di cui alle sentenze Mote/Parlamento (43) e Gollnisch/Parlamento (44).

73.      Infine, la Commissione contesta il fatto che il Tribunale si sia basato su quella che la Commissione definisce una decisione «isolata» dell’estinto Tribunale della funzione pubblica nella causa A e G/Commissione (45).

74.      Tale sentenza riguardava una delle varie controversie sorte a seguito dello scandalo che ha coinvolto Edith Cresson, ex membro della Commissione, vale a dire due ricorsi proposti contro la Commissione dall’ex «Chef de cabinet» della sig.ra Cresson. Data l’importanza della causa, il Tribunale della funzione pubblica si era riunito in seduta plenaria. Il tentativo della Commissione di liquidare la sentenza di cui a tale causa come insignificante e del tutto irrilevante appare pertanto inopportuno. Al punto 230 della sentenza nella causa A e G/Commissione (46), il Tribunale della funzione pubblica ha ribadito le dichiarazioni rese nelle cause Humblet/Stato belga (47) e Mote/Parlamento (48), secondo cui i funzionari sono direttamente interessati dalle decisioni di revoca dell’immunità prevista dall’articolo 11, lettera a), del protocollo n. 7. Pertanto, la sentenza A e G/Commissione (49) espone un ragionamento che è chiaramente pertinente alla presente causa.

75.      La Corte non può essere vincolata da tale sentenza, poiché non è tenuta ad adottare una particolare interpretazione dello Statuto. Parimenti, tuttavia, non vi è una ragione valida per cui il Tribunale o la Corte non possano applicare nella presente causa lo stesso ragionamento seguito dal Tribunale della funzione pubblica nella causa A e G/Commissione (50).

76.      Infine, la Commissione intende sostenere che il procedimento previsto all’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto non può essere utilizzato. La Commissione suggerisce che il rimedio appropriato per il funzionario sia quello di impugnare la decisione di revoca della sua immunità nel procedimento penale nazionale, spettando poi al giudice nazionale rivolgere alla Corte, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, questioni relative alla validità della misura controversa.

77.      Mi sembra che le osservazioni della Commissione in questa sede siano poco plausibili ed erronee.

78.      In primo luogo, secondo una giurisprudenza costante, i rinvii pregiudiziali per l’accertamento di validità possono riguardare solo gli atti dell’Unione giuridicamente vincolanti (51). La Commissione presenta due argomenti che sono reciprocamente incompatibili. Da un lato, essa sostiene che l’atto impugnato non produce effetti giuridici vincolanti diretti e immediati nei confronti del funzionario interessato, sicché quest’ultimo non potrebbe avvalersi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto. Dall’altro, essa sostiene che il medesimo atto potrebbe essere oggetto di un procedimento per l’accertamento di validità ai sensi dell’articolo 267 TFUE, il che presuppone che l’atto produca effettivamente effetti giuridici vincolanti che il funzionario interessato può voler contestare.

79.      In secondo luogo, anche se fosse possibile ignorare la contraddizione intrinseca nella posizione della Commissione, il procedimento di rinvio preliminare non sempre costituirebbe un rimedio completo, in quanto la possibilità di effettuare un rinvio varierebbe a seconda del procedimento nazionale in questione (52). Ricordo inoltre che, sebbene una parte possa chiedere al giudice nazionale di effettuare un rinvio a tale Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE, essa non può obbligare il giudice nazionale ad agire in tal senso.

80.      In terzo luogo, il procedimento di rinvio pregiudiziale è inteso esclusivamente ad assistere i giudici nazionali quando è necessaria una decisione autorevole sull’interpretazione o sulla validità del diritto dell’Unione ai fini della risoluzione della controversia di cui sono investiti. Tuttavia, nel momento in cui una decisione di revoca dell’immunità produce i suoi effetti (consentendo l’avvio di un’indagine penale nei confronti del funzionario dell’Unione in questione), mi sembra improbabile che vi possa essere un procedimento dinanzi a un giudice nazionale che fornisca il contesto adeguato per la proposizione di un rinvio pregiudiziale. Soltanto in una fase successiva, se o quando un organo giurisdizionale sia coinvolto nel procedimento penale avviato nei confronti di tale funzionario in qualità di imputato, il funzionario interessato avrebbe la possibilità di sollecitare un rinvio pregiudiziale alla Corte concernente la validità della decisione di revoca della sua immunità. Non mi sembra assurdo pensare che, in tale fase, il giudice nazionale possa ritenere che tale rinvio non sia più necessario ai fini della decisione del procedimento penale da esso presieduto.

81.      Per tutti questi motivi, ritengo che il primo motivo della Commissione sia infondato.

 Secondo motivo: erronea interpretazione dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta ed erronea interpretazione e applicazione dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE

82.      Con il secondo motivo, dedotto in via subordinata, la Commissione sostiene che il Tribunale abbia erroneamente dichiarato che, non ponderando gli interessi di RQ rispetto al desiderio delle autorità nazionali di tutelare il segreto istruttorio prima di decidere di revocare parzialmente l’immunità di tale funzionario, essa non ha rispettato il diritto di RQ di essere ascoltato.

 Sentenza impugnata

83.      Nei passaggi pertinenti della sentenza, il Tribunale afferma quanto segue:

«(…) in linea di massima, il fatto di non ascoltare la persona interessata prima di revocare la sua immunità è tale da garantire il segreto istruttorio.

Tuttavia, si deve sottolineare che, se, in casi debitamente giustificati, un’autorità nazionale si oppone alla comunicazione all’interessato della motivazione circostanziata e completa alla base della domanda di revoca di immunità, facendo valere ragioni attinenti al segreto istruttorio, la Commissione, in collaborazione con le autorità nazionali, conformemente al principio di leale cooperazione, deve applicare misure dirette a conciliare, da un lato, le legittime considerazioni attinenti al segreto istruttorio e, dall’altro, la necessità di garantire adeguatamente al singolo il rispetto dei diritti fondamentali, come il diritto di essere ascoltato (…).

Infatti, dato che la Commissione è tenuta a rispettare il diritto di essere ascoltato quando adotta un atto che arreca pregiudizio, essa deve chiedersi con la massima attenzione in che modo possa conciliare il rispetto del detto diritto della persona interessata e le legittime considerazioni fatte valere dalle autorità nazionali. Tale ponderazione è ciò che consente di garantire nel contempo la tutela dei diritti che l’ordinamento giuridico dell’Unione conferisce ai funzionari e agli agenti dell’Unione e, pertanto, gli interessi dell’Unione, conformemente all’articolo 17, secondo comma, del protocollo n. 7, e lo svolgimento efficace e sereno dei procedimenti penali nazionali, nel rispetto del principio di leale cooperazione» (53).

 Argomenti delle parti

84.      La Commissione sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto affermando che è necessario effettuare un bilanciamento al fine di garantire la proporzionalità di qualsiasi decisione di revoca dell’immunità di un funzionario. Il Tribunale ha pertanto erroneamente ritenuto che la Commissione non aveva ponderato gli interessi di RQ nell’ambito di tale bilanciamento. Esigere che la Commissione effettui tale bilanciamento violerebbe il principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE. La prassi generale della Commissione è quella di rispettare le norme nazionali che impongono una condizione di stretta riservatezza legata al segreto istruttorio e, quindi, di revocare l’immunità senza prima sentire il funzionario interessato.

85.      RQ sostiene che il secondo motivo è irricevibile poiché la Commissione si limita a ripetere gli argomenti da essa dedotti in primo grado. In subordine, RQ sostiene che il secondo motivo dovrebbe essere respinto in quanto infondato.

 Valutazione

86.      I motivi per respingere l’eccezione di irricevibilità di RQ in relazione al primo motivo valgono anche per il secondo motivo (54). Di conseguenza, ritengo che il secondo motivo della Commissione sia ricevibile.

87.      Con il suo secondo motivo la Commissione contesta l’interpretazione del Tribunale, nella sentenza impugnata, concernente il rapporto tra il diritto di essere ascoltato, sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta e il principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE. Inizierò con l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta.

88.      La spiegazione relativa all’articolo 41 (55) conferma che tale disposizione «è basat[a] sull’esistenza dell’Unione in quanto comunità di diritto, le cui caratteristiche sono state sviluppate dalla giurisprudenza che ha consacrato segnatamente la buona amministrazione come principio generale di diritto» (56). Dunque, i principi generali, quali il diritto di essere ascoltato e i diritti della difesa sono alla base dell’articolo 41, paragrafi 1 e 2.

89.      Per quanto concerne il diritto di essere ascoltato, la Corte ha statuito che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione. Tale diritto è attualmente sancito negli articoli 47 e 48 della Carta, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonché del diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale. La Corte ha sempre affermato l’importanza del diritto al contraddittorio e la sua portata assai ampia nell’ordinamento giuridico dell’Unione. Dunque, la Corte ritiene che tale diritto si applichi a qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo (57).

90.      L’articolo 41, paragrafo 2, della Carta individua (in modo non esaustivo) tre aspetti del diritto ad una buona amministrazione: a) il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima dell’adozione di qualsiasi provvedimento individuale che le possa arrecare pregiudizio; b) il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale; e c) l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni. I tre aspetti così individuati sono chiaramente correlati tra loro. Se una decisione arrecherà pregiudizio a una persona, questa deve avere la possibilità di presentare le sue argomentazioni. A tal fine, essa necessita di accedere all’intero fascicolo, ad eccezione degli elementi in relazione ai quali possono essere legittimamente opposte la riservatezza o la segretezza. L’amministrazione deve inoltre rendere nota la motivazione della decisione adottata, in modo che la persona da essa pregiudicata possa valutare l’adeguatezza della motivazione dell’amministrazione e decidere se attivare o meno il controllo giurisdizionale di tale decisione presso l’organo giurisdizionale competente.

91.      Il diritto di essere ascoltato si impone quand’anche la normativa applicabile non preveda espressamente siffatta formalità. Come chiarito dalla Corte in un contesto diverso, tale diritto garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il suo punto di vista durante il procedimento amministrativo prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi. Esso implica anche che l’amministrazione competente presti tutta l’attenzione necessaria alle osservazioni della persona coinvolta esaminando, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e motivando sufficientemente la sua decisione. L’obbligo di motivare una decisione in modo sufficientemente dettagliato e concreto, al fine di consentire all’interessato di comprendere le ragioni del diniego opposto alla sua domanda, costituisce un corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa (58).

92.      La Commissione ha spiegato che la sua prassi attuale si basa sul presupposto che una decisione di revoca dell’immunità di un funzionario non costituisce un atto che gli arreca pregiudizio. Il procedimento di adozione della decisione in questione risulta essere il seguente. La decisione è presa da un membro della Commissione con il consenso del presidente. Il collegio dei commissari è responsabile di tutte le decisioni di questo tipo. Nell’ambito di tale procedura non esiste una disposizione sistematica che consenta al funzionario interessato di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione di revoca della sua immunità. Qualora le autorità nazionali competenti invochino il segreto istruttorio e chiedano alla Commissione di non informare il funzionario interessato della loro richiesta di revoca dell’immunità, la Commissione accoglie sistematicamente tale richiesta. In mancanza di tale richiesta, la Commissione informa il funzionario del fatto che la sua immunità sarà revocata, ma non procede ad ascoltarlo per quanto concerne la questione se debba mantenere la sua immunità.

93.      In relazione al primo motivo ho concluso che la decisione impugnata è una misura che arreca pregiudizio a RQ. Conseguentemente, ritengo che le premesse alla base della prassi della Commissione siano errate.

94.      L’articolo 41, paragrafo 1, della Carta attribuisce a «[o]gni persona» il diritto «a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni (…) dell’Unione». Come chiunque, i funzionari che lavorano nelle istituzioni dell’Unione possono quindi invocare il diritto ad una buona amministrazione. Nel caso di RQ, tale diritto fondamentale comportava necessariamente il diritto di essere ascoltato, ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, prima dell’adozione, da parte della Commissione, della decisione impugnata. Ritengo pertanto che il Tribunale abbia giustamente concluso che la Commissione era tenuta a rispettare i diritti della difesa di RQ.

95.      Ci si chiede se la Commissione abbia ponderato la violazione dei diritti fondamentali di RQ rispetto alla richiesta di segreto istruttorio. In altre parole, ci si chiede se la Commissione abbia effettuato una valutazione di proporzionalità, come previsto dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

96.      Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, sono ammesse limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà da essa sanciti purché tali limitazioni siano previste dalla legge, rispettino il contenuto essenziale di detti diritti e libertà e, nell’osservanza del principio di proporzionalità, siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione europea o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui (59).

97.      Nella presente causa, l’obiettivo di interesse pubblico o generale è l’indagine penale condotta dalle autorità belghe. Il Tribunale ha dichiarato che tali procedimenti sono previsti dal diritto nazionale (60). In quanto tali, essi rientrano nell’ambito di competenza delle autorità nazionali ed esulano chiaramente dall’ambito di competenza della Commissione.

98.      Nella presente causa, la limitazione discende dal fatto che il funzionario è stato privato del diritto di essere ascoltato. Nella sentenza impugnata il Tribunale ha esaminato la questione se la Commissione, prima di revocare l’immunità di RQ, avesse effettuato una valutazione di proporzionalità, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. Il Tribunale ha concluso che la Commissione non aveva valutato le ripercussioni nella sfera giuridica di RQ della violazione dei suoi diritti fondamentali rispetto agli eventuali vantaggi che potevano derivare dall’accoglimento della richiesta di segreto istruttorio da parte delle autorità nazionali.

99.      Tale conclusione del Tribunale è chiaramente corretta. La descrizione fornita dalla Commissione stessa della propria prassi concernente le richieste di revoca dell’immunità chiarisce che tale istituzione omette sistematicamente di concedere al funzionario interessato un’audizione prima dell’adozione della decisione concernente tale richiesta. Infatti, quando le autorità nazionali invocano il segreto istruttorio, la persona interessata potrebbe persino non essere informata del fatto che è stata presentata una richiesta (come è avvenuto nella fattispecie).

100. Secondo la Commissione, essa ha il solo obbligo di valutare se gli interessi dell’Unione europea possano essere lesi. Ciò significa che essa non deve tener conto degli interessi del funzionario. La conseguenza logica è che la Commissione non effettua una valutazione di proporzionalità in casi quale quello di RQ.

101. Mi sembra che tale approccio sia chiaramente in contrasto con i requisiti di cui all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. Una corretta valutazione della proporzionalità esige una valutazione degli interessi concorrenti. Nella presente causa, i tre protagonisti sono il funzionario interessato, l’autorità nazionale e l’Unione europea, i cui interessi (in particolare finanziari), devono essere salvaguardati. Nel procedere all’esame delle richieste di revoca dell’immunità la Commissione non tiene affatto conto del primo di questi protagonisti. Tuttavia, il presupposto del bilanciamento da effettuare ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta è che il funzionario ha il diritto di essere ascoltato. Lo scopo del bilanciamento da operare ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, è quindi quello di valutare se la limitazione richiesta a tale diritto (derivante dalla rivendicazione del segreto istruttorio invocato dalle autorità nazionali) sia giustificabile e proporzionata.

102. Tale bilanciamento comporta l’interpretazione e l’applicazione del diritto dell’Unione, segnatamente dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta e dell’articolo 17, secondo paragrafo, del protocollo n. 7, e deve essere effettuato dall’istituzione in questione. Nel caso in cui essa non effettui tale valutazione, non sarà in grado di dimostrare che la sua decisione di revoca dell’immunità è proporzionata

103. Ritengo pertanto che l’attuale prassi della Commissione, come è stata descritta alla Corte, non tenga conto di importanti diritti procedurali garantiti dalla Carta e sia in contrasto con gli obblighi di tale istituzione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, di rispettare i diritti e osservare i principi ivi sanciti, nonché di promuoverne l’applicazione.

104. La Commissione sostiene che, qualora la Corte dovesse giungere alla medesima conclusione e confermare la sentenza impugnata, tale decisione avrebbe conseguenze significative per l’amministrazione dell’Unione. In particolare, la Commissione dovrebbe modificare la sua prassi, finora costante, che è stata quella di revocare l’immunità e di rispettare le norme nazionali che impongono una condizione di rigoroso segreto istruttorio.

105. Il principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE impone all’Unione e agli Stati membri di assistersi «reciprocamente» nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati. Gli Stati membri «adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione». Tale principio genera quindi obblighi reciproci tra le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri, nonché tra gli Stati membri stessi.

106. La Commissione sostiene che, qualora fosse obbligata a valutare gli interessi dello Stato membro interessato rispetto a quelli del funzionario, essa sarebbe tenuta a sostituire la propria valutazione del procedimento penale interno a quella delle autorità nazionali, in violazione pertanto dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE.

107. Respingo tale argomento.

108. In primo luogo, ai punti 66 e 67 della sentenza impugnata, il Tribunale dichiara che la Commissione e le autorità nazionali devono collaborare al fine di trovare una soluzione che rispetti i diritti del funzionario garantiti dall’articolo 41, paragrafi 1 e 2, lettera a), della Carta. Tale cooperazione non esige che la Commissione invada il dominio delle autorità nazionali. In secondo luogo, la Commissione è tenuta a rispettare l’obbligo di garantire il diritto del funzionario di essere ascoltato. In terzo luogo, la Commissione è tenuta altresì a valutare gli interessi dell’Unione ai sensi dell’articolo 17 del protocollo n. 7. Le autorità nazionali hanno pertanto l’obbligo reciproco, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, di assistere la Commissione nell’esecuzione del compito di valutare le loro richieste di revoca dell’immunità in modo conforme agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell’Unione.

109. Conformemente al principio di leale cooperazione, qualora le autorità nazionali si oppongano alla divulgazione di informazioni circostanziate e complete al funzionario interessato, spetterà ad esse collaborare con la Commissione per stabilire in che modo le legittime preoccupazioni in materia di segreto istruttorio possano essere conciliate con gli obblighi della Commissione di rispettare i diritti procedurali del funzionario (61).

110. La Commissione sostiene che la procedura di revoca dell’immunità affonda le sue radici in una presunta violazione del diritto nazionale. Si tratta quindi di casi diversi da quelli in cui la Commissione avvia una procedura amministrativa nei confronti di un funzionario e i diritti di difesa del funzionario non sono attivati da tale procedura.

111. Non posso concordare con tale conclusione.

112. La questione che si pone alla Corte è quella di stabilire se i diritti di difesa di RQ siano stati rispettati allorché la Commissione ha adottato la decisione impugnata, che ha revocato l’immunità di cui egli godeva ai sensi dell’articolo 11, lettera a), del protocollo n. 7. L’interpretazione delle disposizioni di tale protocollo e dello Statuto, che prevedono un diritto di ricorso nei confronti della Commissione, è una questione di diritto dell’Unione. Il procedimento penale sottostante è una questione di diritto interno. Tuttavia, il procedimento nazionale non è in discussione, in quanto tale, in questa sede.

113. Infine, la Commissione sostiene che il bilanciamento menzionato dal Tribunale nella sentenza impugnata comporterebbe un dialogo approfondito con le autorità nazionali e che ciò ritarderebbe il procedimento penale.

114. Poiché non vi sono prove in tal senso dinanzi alla Corte, tale affermazione costituisce un’asserzione non comprovata. Anche se fosse vero che il necessario dialogo richiederebbe inevitabilmente del tempo, gli inconvenienti amministrativi non sono una ragione legittima per limitare i diritti fondamentali garantiti dalla Carta.

115. Ritengo pertanto che il secondo motivo sia infondato.

 Terzo motivo: errore di diritto consistente nell’omessa corretta qualificazione della condotta della Commissione

116. Con il terzo motivo (anch’esso dedotto in subordine), la Commissione sostiene, in sostanza, che il Tribunale è incorso in errore nel concludere che la Commissione non ha tenuto adeguatamente conto degli interessi di RQ nella valutazione del suo caso. Così facendo, essa contesta le statuizioni del Tribunale di cui ai punti da 69 a 72 della sentenza impugnata.

 Sentenza impugnata

117. Nella sua sentenza il Tribunale ha reso quattro dichiarazioni fondamentali. In primo luogo, esso ha osservato che il fascicolo del giudice nazionale non conteneva alcun elemento che indicasse che la Commissione aveva effettivamente ponderato gli interessi concorrenti. In secondo luogo, il Tribunale ha accertato il fatto che la Commissione non aveva chiesto alle autorità nazionali quali rischi potesse comportare l’audizione di RQ prima dell’adozione della sua decisione per la tutela del segreto istruttorio e, in definitiva, per il corretto svolgimento del procedimento penale. In terzo luogo, il Tribunale ha ritenuto che non vi fossero prove di un rischio reale che la tutela del segreto istruttorio fosse o potesse effettivamente essere compromessa dall’audizione di RQ (ad esempio, perché egli avrebbe potuto rendersi irreperibile o distruggere prove, o perché la sorpresa costituiva un elemento necessario per tale particolare indagine). Peraltro, esso ha rilevato che talune informazioni relative all’indagine erano già di dominio pubblico. In quarto luogo, il Tribunale ha statuito che il fatto che la Commissione avesse chiesto alle autorità belghe se fosse possibile ascoltare RQ in merito alle loro richieste di revoca della sua immunità (come confermato dalla corrispondenza allegata alla difesa) non era sufficiente per concludere che la Commissione avesse effettivamente e correttamente ponderato l’interesse di RQ ad essere ascoltato rispetto alla tutela del segreto istruttorio (62).

 Argomenti delle parti

118. Nella prima parte del suo terzo motivo, la Commissione sostiene che il Tribunale non poteva correttamente concludere, sulla base degli elementi di prova disponibili, che la Commissione non aveva valutato gli interessi di RQ prima di decidere di revocare la sua immunità. Nella seconda parte di tale motivo, la Commissione sostiene che RQ non ha dimostrato che, se fosse stato sentito, la decisione adottata sarebbe stata diversa (63).

119. RQ sostiene che il terzo motivo (o almeno la prima parte di esso) sia manifestamente irricevibile, poiché la Commissione mira in realtà ad ottenere un riesame dei fatti. In subordine, egli sostiene che la Commissione abbia interpretato erroneamente la sentenza impugnata e che il suo terzo motivo sia infondato.

 Valutazione

120. Ritengo che il terzo motivo sia ricevibile.

121. In sostanza, la Commissione sostiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto qualificando la condotta della Commissione nell’adottare la decisione impugnata come omissiva per non aver bilanciato la richiesta di segreto istruttorio da parte delle autorità belghe con il diritto di RQ di essere ascoltato. La Commissione afferma di aver inviato varie lettere alle autorità belghe per richiedere ulteriori dettagli in merito al segreto istruttorio e che l’immunità è stata parzialmente revocata solo dopo che le autorità nazionali hanno risposto a tali richieste. A suo avviso, ciò sarebbe sufficiente per dimostrare, in diritto, di aver provveduto al necessario bilanciamento.

122. La Commissione non tenta, quindi, di contestare gli accertamenti di fatto del Tribunale. Essa contesta, piuttosto, il fatto che il Tribunale abbia potuto correttamente e legittimamente concludere, sulla base di tali fatti, che la Commissione non aveva effettuato un bilanciamento. Tale questione costituisce, infatti, una questione di diritto soggetta al controllo della Corte (64). Esaminerò quindi gli argomenti di merito sollevati nell’ambito di tale motivo.

123. Al punto 5 della sentenza impugnata, il Tribunale rileva che la Commissione aveva chiesto informazioni più dettagliate alle autorità belghe prima di adottare la decisione impugnata. Al punto 10 della sentenza, il Tribunale fa riferimento al considerando 11 della decisione impugnata, in cui la Commissione ha dichiarato di poter revocare l’immunità di RQ solo ove informata con sufficiente chiarezza e precisione delle ragioni per le quali le autorità belghe avevano presentato la richiesta di revoca dell’immunità, sottolineando che, altrimenti, ogni persona interessata da un’indagine dell’OLAF, formulando accuse manifestamente infondate contro il direttore generale di tale organo, potrebbe riuscire a paralizzare il funzionamento di quest’ultimo, il che sarebbe in contrasto con gli interessi dell’Unione. Il Tribunale rileva che la Commissione ha poi dichiarato di aver ottenuto, a seguito della lettera del 23 giugno 2015, indicazioni molto chiare e precise da cui risultava che le autorità belghe potevano ragionevolmente, e comunque senza agire arbitrariamente o illegalmente, considerare che le accuse formulate contro RQ giustificavano la prosecuzione di indagini nei confronti dello stesso (65).

124. La Commissione ha opportunamente inserito nell’allegato A.1 del suo ricorso i documenti allegati alla sua difesa dinanzi al Tribunale. Tali documenti comprendono la lettera del 19 dicembre 2014 inviata dal segretario generale della Commissione al giudice istruttore, con la quale sono stati richiesti ulteriori dettagli sull’indagine nazionale (in prosieguo: la «lettera del 19 dicembre 2014»). Al paragrafo 2 (a pagina 2) di tale lettera, il segretario generale ha dichiarato che, alla luce dello status speciale di indipendenza dell’OLAF, la Commissione desiderava sentire il direttore generale dell’OLAF (RQ) prima di decidere se l’immunità dovesse essere revocata, al fine di poter valutare con piena cognizione di causa le implicazioni di un’eventuale revoca dell’immunità sull’indipendenza e sul funzionamento dell’OLAF e, dunque, sugli interessi dell’Unione. La Commissione ha quindi chiesto alle autorità belghe di specificare se fosse necessario tutelare la riservatezza delle indagini nei confronti di tutti i funzionari da esse interessati e se il direttore generale dell’OLAF potesse essere informato delle indagini.

125. Le autorità belghe hanno risposto con lettera del 6 febbraio 2015. In risposta al quesito della Commissione concernente la possibilità di informare RQ della richiesta di revoca dell’immunità, esse hanno affermato che, poiché i fatti del caso dimostravano che egli poteva essere sottoposto a un procedimento penale, la necessità di rispettare il principio del segreto istruttorio escludeva la possibilità di chiedere il suo parere in relazione alla richiesta di revoca dell’immunità. Per quanto mi è dato giudicare, questa risposta sembra formulata come una replica standard alla domanda se sia possibile rivelare al sospetto che è oggetto di indagini anziché una risposta specifica alla (diversa) questione se sia indispensabile rispettare il principio del segreto istruttorio nelle circostanze del caso specifico.

126. Con una nuova lettera del 3 marzo 2015, il segretario generale ha reiterato la richiesta di ulteriori informazioni presentata dalla Commissione. Il segretario generale ha altresì confermato che la Commissione «avrebbe rispettato» la richiesta delle autorità belghe di tutelare il segreto istruttorio (in prosieguo: la «lettera del 3 marzo 2015»).

127. Le affermazioni del Tribunale di cui ai punti da 69 a 72 della sentenza impugnata devono essere lette nell’ambito di tale più completa esposizione dei fatti e dei documenti contenuti nel fascicolo dinanzi a tale giudice.

128. Sulla base di tali elementi, ritengo che il Tribunale potesse legittimamente concludere che la Commissione aveva effettivamente chiesto chiarimenti alle autorità belghe sulla natura delle accuse a carico di RQ, non da ultimo a causa della sua posizione speciale di direttore generale dell’OLAF all’epoca dei fatti. Tuttavia, fondamentalmente, esigere tali chiarimenti non equivale a garantire il rispetto del diritto di RQ di essere ascoltato. Inoltre, attraverso le richieste formulate, la Commissione non ha inteso sollecitare le informazioni necessarie per poter decidere come bilanciare gli interessi concorrenti in gioco. Pertanto, il Tribunale ha ritenuto, a mio avviso correttamente, che, formulando tali richieste, la Commissione non ha inteso accertare se vi fossero rischi (un impatto lesivo sui diritti fondamentali di RQ) connessi a una decisione di non informare RQ delle accuse a suo carico e di non consentirgli di presentare osservazioni prima di adottare una decisione di revoca della sua immunità o, di converso, un rischio per lo svolgimento delle indagini delle autorità belghe qualora RQ ne venisse informato e potesse presentare osservazioni (66). Invece, la Commissione ha semplicemente confermato, nella lettera del 3 marzo 2015, che avrebbe rispettato la richiesta ordinaria di segreto istruttorio da parte delle autorità belghe. Il resto del processo di controllo riguardava unicamente la questione se le autorità belghe potessero ragionevolmente ritenere che le accuse a carico di RQ giustificassero un’indagine nei suoi confronti.

129. L’omessa valutazione di tali possibili rischi da parte della Commissione e la mancata effettuazione di un bilanciamento tra gli interessi del segreto istruttorio e il diritto fondamentale concorrente di RQ di essere ascoltato sono al centro della sentenza del Tribunale.

130. Il Tribunale ha correttamente ammesso (al punto 71 della sentenza impugnata) che in alcuni casi è perfettamente opportuno non comunicare la richiesta di revoca dell’immunità all’interessato prima di decidere in merito a tale richiesta. Ciò comprende i casi in cui sussiste un rischio reale che tale persona possa ostacolare il procedimento nazionale con la fuga o la distruzione di prove, o in cui la sorpresa è un elemento necessario nell’indagine. Tuttavia, nulla nel fascicolo dinanzi al Tribunale indicava che le autorità belghe avessero avanzato siffatti argomenti nel caso di specie.

131. Il Tribunale ha inoltre rilevato che alcune informazioni relative all’indagine in corso erano già di dominio pubblico. Non posso che concordare. Dalla ricostruzione del contesto fattuale di cui ai punti da 1 a 6 della sentenza impugnata emerge chiaramente che lo scandalo che ha coinvolto l’ex membro della Commissione John Dalli (che ha costituito il punto di partenza della catena di eventi che ha condotto al caso RQ) era già stato oggetto di un’avida attenzione da parte della stampa.

132. Infine, il Tribunale ha dichiarato (al punto 72 della sentenza impugnata) che il fatto che la Commissione avesse interpellato le autorità belghe in merito alla possibilità di ascoltare il ricorrente sulle domande di revoca di immunità (il che è effettivamente confermato dalla corrispondenza prodotta in allegato al controricorso della Commissione), non era sufficiente per ritenere che la Commissione avesse correttamente ponderato l’interesse di RQ ad esercitare il suo diritto di essere ascoltato rispetto alla richiesta delle autorità belghe di tutelare il segreto istruttorio. Ancora una volta, concordo con la valutazione del Tribunale e con la logica ad essa sottesa. Una domanda (contenuta nella lettera del 19 dicembre 2014) volta a stabilire se la Commissione potesse ricevere le osservazioni di RQ nell’ambito del processo decisionale, seguita dalla conferma che la Commissione avrebbe rispettato il desiderio delle autorità belghe di tutelare il segreto istruttorio (nella lettera del 3 marzo 2015), non equivale, nel complesso, a una valutazione della questione se, in tale caso particolare, il segreto istruttorio dovesse essere bilanciato con il diritto fondamentale di RQ di essere ascoltato e prevalere su tale diritto. Tratterò tale punto nel prosieguo (67).

133. Il Tribunale ha concluso (al punto 74 della sentenza impugnata) che l’omissione di tale bilanciamento da parte della Commissione ha violato il requisito di proporzionalità di cui all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, poiché la Commissione ha ecceduto quanto necessario per conseguire l’obiettivo della tutela del segreto istruttorio e non ha rispettato il contenuto essenziale del diritto di essere ascoltato sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta. Concordo con tale conclusione.

134. Pertanto, ritengo che la prima parte del terzo motivo sia infondata.

135. La seconda parte del terzo motivo pone una questione più complessa, ossia se il funzionario che invoca il diritto di essere ascoltato debba dimostrare che la decisione sulla revoca dell’immunità sarebbe stata diversa se egli avesse potuto esercitare tale diritto.

136. La Commissione sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto allorché ha ritenuto (al punto 76 della sentenza impugnata) che non si poteva escludere che il contenuto della decisione impugnata sarebbe stato diverso «ove la Commissione avesse messo [RQ] in grado di far conoscere utilmente il suo punto di vista quanto alla revoca della sua immunità di giurisdizione e, più in particolare, come rileva [RQ] nei suoi atti scritti, il suo punto di vista quanto all’interesse dell’Unione e quanto alla salvaguardia della sua necessaria indipendenza quale funzionario che ricopriva il posto di direttore generale dell’OLAF».

137. La Corte ha costantemente affermato che il rispetto dei diritti della difesa riveste importanza capitale nei procedimenti che conducono all’adozione di un atto che arrechi pregiudizio all’interessato (68). Tale persona non può essere obbligata a dimostrare che la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto differente, bensì solo che tale ipotesi non va totalmente esclusa in quanto la ricorrente avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza dell’irregolarità procedurale (69).

138. Una decisione più recente del Tribunale in un contesto molto diverso afferma, tuttavia, che una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere ascoltato, determina l’annullamento dell’atto impugnato solo se, in assenza di tale irregolarità, il procedimento avrebbe condotto ad un risultato diverso (70). Il caso del sig. Makhlouf riguardava l’adozione di misure restrittive nei suoi confronti. In sede di impugnazione, la Corte ha rilevato che egli non aveva indicato, nel procedimento di primo grado, quali argomenti avrebbe presentato al Consiglio per contestare la pertinenza o il valore probatorio dei documenti che quest’ultimo gli aveva comunicato. Di conseguenza, essa ha respinto la sua obiezione secondo cui non era stato invitato a presentare le sue osservazioni su tali documenti.

139. In primo luogo, tale causa è chiaramente distinguibile dalla presente, poiché il sig. Makhlouf era stato informato del procedimento che lo riguardava e gli era stato concesso l’accesso ai documenti di cui il Consiglio aveva tenuto conto nel decidere di adottare misure restrittive nei suoi confronti. Tuttavia, non era stato accertato, in alcuna fase di tale procedimento, che il sig. Makhlouf avesse esercitato i suoi diritti di difesa nel contestare tali documenti. Di converso, RQ non è stato informato della richiesta di revoca della sua immunità prima dell’adozione della corrispondente decisione (71). Egli non ha quindi avuto l’opportunità di presentare osservazioni nel contesto del procedimento amministrativo sfociato in tale decisione, né in qualità di funzionario né in qualità di direttore generale dell’OLAF (72).

140. In secondo luogo, al punto 52 della sentenza Makhlouf/Consiglio (73), la Corte cita il criterio ordinario, stabilito nella sua giurisprudenza costante, che ho descritto supra, al paragrafo 137 (74). La Corte ha proseguito interpretando il diritto di essere ascoltato, nelle circostanze specifiche di tale causa, in modo molto restrittivo. Non ritengo che, nelle circostanze assai differenti della causa in esame, tale interpretazione e applicazione molto più rigorose siano appropriate.

141. Si pone la questione di quale prova dovrebbe essere richiesta a un funzionario come RQ per ottenere una decisione ai sensi della quale la violazione dei suoi diritti della difesa comporta l’annullamento dell’atto che gli arreca pregiudizio.

142. Non mi sembra opportuno che la Corte ponga eccessivi requisiti. A mio avviso, i fattori rilevanti saranno necessariamente diversi a seconda delle specifiche circostanze del singolo caso.

143. Il punto 76 della sentenza impugnata può, a mio avviso, essere interpretato in due modi. Da un lato, esso può essere interpretato nel senso che, prima di adottare la decisione impugnata, era necessario tener conto del punto di vista di RQ in merito agli interessi dell’Unione e alla tutela della sua necessaria indipendenza in qualità di funzionario esercitante le funzioni di direttore generale dell’OLAF. Dall’altro lato, è possibile interpretare le affermazioni del Tribunale nel senso che «(…) non è interamente esclusa» l’ipotesi che, se a RQ fosse stata data la possibilità di essere ascoltato, la Commissione avrebbe potuto conoscere la sua opinione in merito alle conseguenze per il buon funzionamento dell’OLAF di una decisione di revoca dell’immunità. Tali informazioni avrebbero potuto essere comunicate spontaneamente da RQ o avrebbero potuto essere fornite in risposta a quesiti eventualmente rivolti dalla Commissione a RQ nel corso del procedimento amministrativo.

144. Nelle sue osservazioni scritte, RQ sottolinea giustamente che, in qualità di funzionario esercente le funzioni di direttore generale dell’OLAF, egli avrebbe desiderato far conoscere il suo punto di vista in merito agli interessi dell’Unione e alla tutela della necessaria indipendenza della persona che esercita tali funzioni specifiche. Ritengo sia quasi ovvio che «non potrebbe essere interamente esclusa» l’ipotesi che le sue osservazioni (necessariamente informate, in virtù della sua esperienza di effettivo servizio nel ruolo di direttore generale dell’OLAF) potrebbero aver avuto un effetto sulla decisione finale adottata in merito alla revoca dell’immunità. La tesi contraria impone di presumere che i responsabili della decisione della Commissione avrebbero semplicemente chiuso le orecchie a qualsiasi argomentazione avanzata da RQ.

145. Sono riluttante a formulare un’ipotesi così screditante sul processo decisionale della Commissione. Fortunatamente, nel presente procedimento, ciò non è necessario. La lettera del 19 dicembre 2014 ha chiarito alle autorità belghe che la Commissione desiderava ascoltare RQ, non per rispettare il suo diritto fondamentale di essere ascoltato, bensì perché la Commissione desiderava essere in grado di «valutare con piena cognizione di causa le implicazioni di tale revoca dell’immunità sull’indipendenza e sul funzionamento dell’OLAF e quindi sugli interessi dell’Unione europea» (75). Pertanto, il Tribunale era in possesso di una chiara prova che la Commissione stessa riteneva che il punto di vista di RQ sarebbe stato pertinente e importante per giungere ad una decisione corretta sulla revoca dell’immunità. In tale contesto, mi sembra logicamente impossibile non concludere nel senso che il rispetto del diritto di RQ di essere ascoltato avrebbe potuto, molto plausibilmente, influire sull’esito del procedimento amministrativo e, quindi, sulla decisione finale adottata in merito alla revoca dell’immunità. Tuttavia, non ne consegue che la persona interessata debba dimostrare che la decisione in questione sarebbe stata diversa se il suo diritto di essere ascoltata fosse stato rispettato.

146. Più in generale, il principio fondamentale alla base dei diritti della difesa e, in particolare, del diritto di essere ascoltato è la necessità di garantire l’equità del procedimento. Per stabilire se l’interessato sia stato privato dell’opportunità di fornire informazioni pertinenti prima dell’adozione di una decisione che gli arreca pregiudizio, mi sembra che i criteri essenziali siano i seguenti: i) il fatto che le informazioni che desiderava presentare sarebbero state pertinenti; e ii) il fatto che la sua situazione giuridica si modifichi in senso negativo in caso di adozione dell’atto. Non ritengo che all’interessato debba essere richiesto di dimostrare nulla in più di ciò. Rilevo, inoltre, che il diritto di essere ascoltato è strettamente legato all’obbligo dell’amministrazione di motivare le proprie decisioni, sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta. Salvo che l’amministrazione tenga pienamente conto di tutti gli elementi rilevanti ai fini della decisione da adottare, è probabile che essa venga meno a tale obbligo.

147. Ritengo pertanto che la seconda parte del terzo motivo non possa essere accolta e che, di conseguenza, il terzo motivo sia infondato.

 Sulle spese

148. Conformemente agli articoli 138, paragrafo 1, e 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la Commissione, quale parte soccombente nella presente impugnazione, dovrebbe sopportare le spese del procedimento.

 Conclusione

149. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di:

–        respingere l’impugnazione e

–        condannare la Commissione alle spese.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Sentenza del 24 ottobre 2018, T‑29/17, EU:T:2018:717 (in prosieguo: la «sentenza impugnata»).


3      Regolamento n. 31 (C.E.E.), n. 11 (C.E.E.A.) relativo allo statuto dei funzionari e al regime applicabile agli altri agenti della Comunità Economica Europea e della Comunità Europea dell’Energia Atomica (GU 1962, P 45, pag. 1385) come modificato, da ultimo, dal regolamento (UE) n. 423/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 (GU 2014, L 129, pag. 12) (in prosieguo: lo «Statuto»).


4      Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU 2013, L 248, pag. 1).


5      Considerando da 1 a 4.


6      Articolo 1, v. anche considerando 3.


7      Il compito del comitato di vigilanza è di controllare regolarmente l’esecuzione della funzione di indagine da parte dell’OLAF al fine di rafforzare la sua l’indipendenza nell’esercizio effettivo delle competenze conferitegli in virtù del regolamento n. 883/2013 (articolo 15).


8      Il sig. John Dalli è stato nominato membro maltese della Commissione per il periodo dal 10 febbraio 2010 al 31 ottobre 2014. Egli ha prestato servizio in seno alla Commissione di cui José Manuel Durão Barroso era presidente (in prosieguo: il «presidente Barroso»). Il 24 dicembre 2012 il sig. Dalli ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale (chiedendo l’annullamento della decisione orale di cessazione dell’incarico del sig. Dalli in qualità di membro della Commissione che il presidente Barroso avrebbe adottato il 16 ottobre 2012). Tale procedimento è sfociato nella sentenza del 12 maggio 2015, Dalli/Commissione, T‑562/12, EU:T:2015:270). Le circostanze della presunta corruzione in relazione a una proposta della Commissione di regolamentazione dell’industria del tabacco sono emerse dalle stesse fonti che hanno condotto all’indagine che, a sua volta, ha dato luogo al presente procedimento.


9      V. supra, paragrafo 6.


10      V. supra, paragrafi da 13 a 24.


11      Considerando 9.


12      Considerando 10.


13      Considerando 11.


14      Considerando 13.


15      Considerando 14.


16      Considerando 15.


17      Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 maggio 2016, RQ ha avviato un procedimento parallelo impugnando la decisione impugnata nell’ambito del procedimento specifico di cui all’articolo 17, paragrafo 3, del regolamento n. 883/2013, in qualità di direttore generale dell’OLAF. Tale ricorso si fonda sul fatto che la decisione impugnata è viziata da un errore di diritto, poiché pone in discussione la sua indipendenza. Tale causa (T‑251/16) è sospesa in attesa dell’esito del presente procedimento. RQ ha inoltre avviato un procedimento sommario (causa T‑251/16 R), chiedendo la sospensione della decisione impugnata nella misura in cui ha revocato la sua immunità. Il Tribunale ha respinto tale domanda con ordinanza del 20 luglio 2016.


18      V. supra, nota 17.


19      Punto 36 della sentenza impugnata.


20      Punti da 36 a 38 della sentenza impugnata.


21      Punti 39 e 40 della sentenza impugnata.


22      Sentenza del 16 dicembre 1960, 6/60‑IMM, EU:C:1960:48.


23      Sentenza del 15 ottobre 2008, T‑345/05, EU:T:2008:440.


24      Sentenza del 13 gennaio 2010, F‑124/05 e F‑96/06, EU:F:2010:2.


25      Punti da 42 a 44 della sentenza impugnata.


26      Punto 45 della sentenza impugnata.


27      Sentenza del 16 dicembre 1960, 6/60‑IMM, EU:C:1960:48.


28      Sentenza del 16 dicembre 1960, 6/60‑IMM, EU:C:1960:48.


29      Sentenza del 15 ottobre 2008, T‑345/05, EU:T:2008:440.


30      Sentenza del 13 gennaio 2010, F‑124/05 e F‑96/06, EU:F:2010:2.


31      Sentenza del 12 settembre 2006, Reynolds Tobacco e a./Commissione, C‑131/03 P, EU:C:2006:541, punti 49 e 50 e giurisprudenza ivi citata.


32      Sentenza del 22 novembre 2012, Probst, C‑119/12, EU:C:2012:748, punto 20.


33      Sentenza del 20 febbraio 2018, Belgio/Commissione, C‑16/16 P, EU:C:2018:79, punto 32 e giurisprudenza ivi citata.


34      V. supra, paragrafo 56.


35      Sentenza del 16 dicembre 1960, 6/60‑IMM, EU:C:1960:48.


36      Sentenza del 16 dicembre 1960, 6/60‑IMM, EU:C:1960:48.


37      Sentenza del 16 dicembre 1960, Humblet/Stato belga, 6/60‑IMM, EU:C:1960:48, pag. 570, il corsivo è mio.


38      Sentenza del 16 dicembre 1960, 6/60‑IMM, EU:C:1960:48.


39      Sentenza del 16 dicembre 1960, 6/60‑IMM, EU:C:1960:48.


40      Sentenza del 15 ottobre 2008, T‑345/05, EU:T:2008:440.


41      Sentenza del 17 gennaio 2013, T‑346/11 e T‑347/11, EU:T:2013:23.


42      Sentenza del 16 dicembre 1960, 6/60‑IMM, EU:C:1960:48.


43      Sentenza del 15 ottobre 2008, T‑345/05, EU:T:2008:440.


44      Sentenza del 17 gennaio 2013, T‑346/11 e T‑347/11, EU:T:2013:23.


45      Sentenza del 13 gennaio 2010, F‑124/05 e F‑96/06, EU:F:2010:2.


46      Sentenza del 13 gennaio 2010, F‑124/05 e F‑96/06, EU:F:2010:2.


47      Sentenza del 16 dicembre 1960, 6/60‑IMM, EU:C:1960:48.


48      Sentenza del 15 ottobre 2008, T‑345/05, EU:T:2008:440.


49      Sentenza del 13 gennaio 2010, F‑124/05 e F‑96/06, EU:F:2010:2.


50      Sentenza del 13 gennaio 2010, F‑124/05 e F‑96/06, EU:F:2010:2.


51      Sentenza del 22 ottobre 1987, Foto‑Frost, 314/85, EU:C:1987:452, punti 14 e 16.


52      V., ad esempio, le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, C‑50/00 P, EU:C:2002:197, paragrafi da 61 a 65.


53      V., rispettivamente, punti da 65 a 67 della sentenza impugnata.


54      V. supra, paragrafi da 44 a 49.


55      Le spiegazioni sulla Carta sono contenute nelle Spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17).


56      Le spiegazioni citano, tra l’altro, la sentenza del 18 ottobre 1989, Orkem/Commissione, 374/87, EU:C:1989:387 (v., in relazione al diritto di essere ascoltato, punto 25 e giurisprudenza ivi citata). Per quanto concerne la portata generale del dovere di tenere in considerazione l’interesse dei funzionari e il principio di buona amministrazione, v. sentenza del 31 marzo 1992, Burban/Parlamento, C‑255/90 P, EU:C:1992:153, punto 7 e giurisprudenza ivi citata.


57      Sentenza del 22 novembre 2012, M., C‑277/11, EU:C:2012:744, punti da 81 a 85 e giurisprudenza ivi citata.


58      Sentenza del 22 novembre 2012, M., C‑277/11, EU:C:2012:744, punti da 86 a 88 e giurisprudenza ivi citata.


59      V. le conclusioni dello scomparso avvocato generale Bot, stimato amico e collega, nella causa ZZ, C‑300/11, EU:C:2012:563, paragrafo 65.


60      Il Tribunale descrive il contesto giuridico nazionale pertinente ai punti 61 e 62 della sentenza impugnata.


61      V., per analogia, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 57 e giurisprudenza ivi citata.


62      Punti da 69 a 72 della sentenza impugnata.


63      Infra, paragrafi da 135 a 147.


64      Sentenza del 16 giugno 2016, SKW Stahl-Metallurgie e SKW Stahl-Metallurgie Holding/Commissione, C‑154/14 P, EU:C:2016:445 punto 37 e giurisprudenza ivi citata.


65      La decisione impugnata è stata presentata al Tribunale come allegato A.1 del ricorso di RQ. Il considerando 4 di tale decisione precisa che, con lettera del 3 marzo 2015, la Commissione ha informato il giudice istruttore di aver bisogno di maggiori dettagli in merito alle accuse a carico di RQ. In tale lettera la Commissione ha dichiarato che, una volta ricevute le informazioni richieste, avrebbe adottato una decisione tesa a raggiungere un equilibrio tra il suo obbligo di leale cooperazione con le autorità belghe e la necessità di tutelare gli interessi dell’Unione. Cfr. infra, paragrafo 128.


66      Punti 69 e 70 della sentenza impugnata.


67      V. infra, paragrafo 145.


68      Sentenza del 27 giugno 1991, Al-Jubail Fertilizer/Consiglio, C‑49/88, EU:C:1991:276, punto 15. V. anche sentenza del 1o ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, C‑141/08 P, EU:C:2009:598, punto 93 e giurisprudenza ivi citata.


69      Sentenza del 1o ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, C‑141/08 P, EU:C:2009:598, punto 94 e giurisprudenza ivi citata.


70      Sentenza del 14 giugno 2018, Makhlouf/Consiglio, C‑458/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:441, punto 42 e giurisprudenza ivi citata, nonché punto 43. Tale sentenza è stata pronunciata da una sezione di tre giudici, senza l’ausilio delle conclusioni dell’avvocato generale e la sezione stessa non l’ha ritenuta di importanza sufficiente da esigerne la traduzione in tutte le lingue e la pubblicazione.


71      V. supra, paragrafi da 126 a 128.


72      Ricordo che, in veste di direttore generale dell’OLAF, RQ ha proposto un ricorso contro la Commissione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 3, del regolamento n. 883/2013: causa T‑251/16 (v. supra, nota 16).


73      Sentenza del 14 giugno 2018, C‑458/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:441.


74      L’autorità citata è la sentenza del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics, C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041 che fa riferimento alla sentenza del 1o ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, C‑141/08 P, EU:C:2009:598, punto 94 e giurisprudenza ivi citata.


75      Tale lettera è menzionata supra, al paragrafo 126.