Language of document : ECLI:EU:C:2016:659

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate l’8 settembre 2016 (1)

Causa C‑133/15

H.C. Chavez Vilchez,

P. Pinas,

U. Nikolic,

X.V. Garcia Perez,

J. Uwituze,

I.O. Enowassam,

A.E. Guerrero Chavez,

Y.R.L. Wip

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Centrale Raad van Beroep (giudice d’appello competente in materia di pubblico impiego e sicurezza sociale, Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Articolo 20 TFUE – Diniego, in uno Stato membro, del diritto di soggiorno nei confronti di un cittadino di uno Stato terzo avente custodia effettiva del figlio in tenera età, cittadino di detto Stato membro – Presenza dell’altro genitore, cittadino di detto Stato, sul territorio dello stesso Stato – Obbligo, per il cittadino dello Stato terzo, di dimostrare l’incapacità dell’altro genitore di occuparsi del figlio, incapacità che imporrebbe al figlio di lasciare lo Stato di cui è cittadino in caso di diniego del diritto di soggiorno al genitore cittadino dello Stato terzo»


Indice


I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – Il diritto dell’Unione

1. Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

2. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

3. La direttiva 2004/38/CE

B – Il diritto olandese

III – Fatti all’origine delle controversie principali, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

IV – Analisi

A – Considerazioni preliminari

1. Il principio dell’interesse superiore del minore

2. L’eterogeneità delle situazioni oggetto delle controversie principali

3. La prassi degli organi amministrativi olandesi e le procedure previste dalla normativa sugli stranieri

B – Esame della situazione delle sig.re Chavez Vilchez e Wip e delle loro figlie dal punto di vista dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e della direttiva 2004/38

1. Sulla rilevanza dell’esercizio della libertà di circolazione da parte della figlia della sig.ra Chavez Vilchez

a) Breve panoramica della giurisprudenza in materia di applicabilità della direttiva 2004/38 nei casi in cui un cittadino dell’Unione, il quale si sia avvalso preliminarmente ed effettivamente della libertà di circolazione, si sposti verso lo Stato membro di cui sia cittadino

b) Sull’applicabilità dell’articolo 5 della direttiva 2004/38 quando un minore di tenera età, cittadino dell’Unione, il quale si sia avvalso preliminarmente ed effettivamente della propria libertà di circolazione, si sposta verso lo Stato membro del quale possiede la cittadinanza accompagnato da un ascendente cittadino di uno Stato terzo che esercita su di lui l’autorità genitoriale in via esclusiva

2. Sulla rilevanza dell’esercizio della libertà di circolazione da parte della figlia della sig.ra Wip

C – Esame, dal punto di vista dell’articolo 20 TFUE, delle posizioni dei minori che hanno sempre soggiornato nel proprio Stato membro in compagnia della madre affidataria della responsabilità genitoriale sui minori medesimi

1. La prima e la seconda questione pregiudiziale

a) La cittadinanza dell’Unione: lo status fondamentale dei cittadini dell’Unione

b) Sul carattere peculiare delle situazioni oggetto del procedimento principale

c) Sul rispetto del principio di proporzionalità e sul grado di dipendenza tra il genitore cittadino di uno Stato terzo e il figlio cittadino dell’Unione

d) Conclusione interlocutoria

2. Sulla terza questione pregiudiziale

V – Conclusione






I –    Introduzione

1.        Le questioni sollevate dal Centrale Raad van Beroep (giudice d’appello competente in materia di pubblico impiego e sicurezza sociale, Paesi Bassi) vertono essenzialmente sulla questione se l’articolo 20 TFUE osti a che uno Stato membro neghi il diritto di soggiorno a uno dei genitori, cittadino di uno Stato terzo, di un minore in tenera età, cittadino del suddetto Stato membro nel quale ha sempre soggiornato, anche ove detto genitore abbia la responsabilità genitoriale effettiva, nei casi in cui non risulti accertato che l’altro genitore, cittadino anch’esso di detto Stato membro, possa assumere la custodia effettiva del figlio.

2.        Il giudice del rinvio osserva che, dalla prassi amministrativa olandese, emerge che la giurisprudenza risultante dalla sentenza Ruiz Zambrano (2) è interpretata in senso restrittivo al punto di ritenere che, ai sensi di tale giurisprudenza, la partenza dal territorio dell’Unione europea del genitore cittadino di uno Stato terzo non privi il figlio, cittadino dell’Unione, del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal suo status di cittadino dell’Unione. Secondo le competenti autorità olandesi, tale giurisprudenza è applicabile soltanto se il padre non è in grado di occuparsi del figlio, in quanto deceduto, in stato di detenzione, ricoverato in un istituto psichiatrico, incapace o irreperibile o se la sua domanda di affidamento del figlio, cittadino dell’Unione, è stata giudizialmente respinta.

3.        Nella menzionata sentenza, in cui la Corte ha stabilito che il diritto dell’Unione osta a provvedimenti nazionali che abbiano l’effetto di privare i cittadini dell’Unione del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal loro status di cittadini dell’Unione, si è certamente tenuto conto del principio dell’interesse superiore del minore. Il presente rinvio pregiudiziale consentirà, a mio avviso, alla Corte di soffermarsi in modo più evidente su tale principio.

II – Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

1.      Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

4.        L’articolo 20, paragrafo 1, TFUE, istituisce la cittadinanza dell’Unione e stabilisce che «chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro» è cittadino dell’Unione. Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), TFUE, i cittadini dell’Unione hanno il «diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri».

5.        L’articolo 21, paragrafo 1, TFUE aggiunge che il diritto di cui trattasi sussiste «fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi».

2.      La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

6.        L’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), rubricato «Rispetto della vita privata e della vita familiare», stabilisce che «[o]gni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni».

3.      La direttiva 2004/38/CE (3)

7.        L’articolo 5, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2004/38 dispone quanto segue:

«1.      Senza pregiudizio delle disposizioni applicabili ai controlli dei documenti di viaggio alle frontiere nazionali, gli Stati membri ammettono nel loro territorio il cittadino dell’Unione munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità, nonché i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, muniti di valido passaporto.

(…)

4.      Qualora il cittadino dell’Unione o il suo familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro sia sprovvisto dei documenti di viaggio o, eventualmente, dei visti necessari, lo Stato membro interessato concede, prima di procedere al respingimento, ogni possibile agevolazione affinché possa ottenere o far pervenire entro un periodo di tempo ragionevole i documenti necessari, oppure possa dimostrare o attestare con altri mezzi la qualifica di titolare del diritto di libera circolazione».

B –    Il diritto olandese

8.        L’articolo 1 del Vreemdelingenwet 2000 (legge del 2000 sugli stranieri, in prosieguo: la «legge sugli stranieri») dispone quanto segue:

«Ai sensi della presente legge e delle disposizioni adottate in base alla stessa, si intende per:

(…)

e)      cittadini comunitari:

1.      i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea che, in base al Trattato istitutivo della Comunità europea, sono autorizzati a fare ingresso e a soggiornare nel territorio di un altro Stato membro;

2.      i familiari delle persone di cui al punto 1 aventi la cittadinanza di un paese terzo e che, in forza di una decisione adottata in esecuzione del Trattato che istituisce la Comunità europea, sono autorizzati a fare ingresso e a soggiornare nel territorio di uno Stato membro;

(…)».

9.        L’articolo 8 della suddetta legge così dispone:

«Allo straniero è riconosciuto il diritto di soggiorno regolare nei Paesi Bassi solo se:

(…)

e)      cittadino comunitario, nei limiti in cui tale persona soggiorni nei Paesi Bassi in forza di un regime adottato a norma del Trattato istitutivo della Comunità europea o dell’Accordo sullo Spazio economico europeo;

f)      in attesa della decisione su una domanda di permesso di soggiorno (…), laddove, conformemente alle disposizioni della presente legge o adottate in forza della stessa ovvero in base a una decisione giurisdizionale, l’espulsione dello straniero dev’essere sospesa sino alla decisione su detta domanda;

g)      in attesa della decisione su una domanda di permesso di soggiorno (…) o di proroga della validità di un permesso di soggiorno, (…) o di una modifica del medesimo, laddove, conformemente alle disposizioni della presente legge o adottate in forza della stessa oppure in base a una decisione giurisdizionale, l’espulsione dello straniero dev’essere sospesa sino alla decisione su detta domanda;

h)      in attesa della decisione su un ricorso o un’impugnazione, mentre, conformemente alle disposizioni della presente legge o adottate in forza della stessa oppure in base a una decisione giurisdizionale, l’espulsione dello straniero dev’essere sospesa sino alla decisione su detto ricorso o impugnazione».

10.      L’articolo 10 della stessa legge così recita:

«1.      Lo straniero che non soggiorna legalmente non ha diritto a prestazioni, indennità e sussidi concessi in base a decisione di un organo amministrativo. Il primo periodo del presente paragrafo si applica per analogia alle esenzioni o alle autorizzazioni concesse per legge o per disposizione amministrativa di carattere generale.

2.      Deroghe al primo paragrafo sono consentite se il diritto riguarda l’istruzione, la prestazione di cure mediche indispensabili, la prevenzione di rischi per la salute pubblica o il patrocinio giuridico allo straniero.

3.      La concessione di prestazioni non dà diritto al soggiorno regolare».

11.      Il giudice del rinvio precisa che l’applicazione della legge sugli stranieri rientra nella responsabilità dello Staatsecretaris van Veiligheid en Justitie (Segretario di Stato alla Sicurezza e alla Giustizia, in prosieguo: il «Segretario di Stato»). L’Immigratie-en Naturalisatiedienst (servizio per l’immigrazione e la naturalizzazione, in prosieguo: l’«IND») è incaricato, inter alia, dell’attuazione della legge sugli stranieri esaminando tutte le domande di soggiorno e pronunciandosi sulle medesime in nome del Segretario di Stato (4).

12.      La Vreemdelingencirculaire 2000 (circolare del 2000 sugli stranieri, in prosieguo: la «circolare sugli stranieri») consiste in un insieme di direttive emesse dal Segretario di Stato. Tale circolare è accessibile a tutti e ciascuno può invocare le direttive ivi contenute. L’IND è tenuta a rispettare dette direttive in sede di esame delle domande di permesso di soggiorno rispetto alle quali essa è designata come autorità nazionale competente. Essa può discostarvisi soltanto in maniera motivata e in casi eccezionali ivi non contemplati.

13.      La circolare sugli stranieri, nel testo vigente all’epoca delle controversie principali, contiene, alla parte B, punto 2.2, le seguenti direttive:

«Uno straniero si trova in situazione di soggiorno regolare ai sensi della [legge sugli stranieri] laddove ricorrano tutte le seguenti condizioni:

–        lo straniero ha un figlio minorenne avente la cittadinanza olandese;

–        detto figlio è a carico dello straniero ed abita presso di lui, e

–        in caso di diniego del diritto di soggiorno allo straniero, il figlio deve seguire lo straniero e abbandonare il territorio dell’Unione europea.

In ogni caso, l’IND non presume che il figlio [il cui padre o madre sia straniero] debba seguire [il genitore straniero] e abbandonare il territorio dell’Unione europea qualora vi sia un altro genitore che soggiorni legalmente in forza [della legge sugli stranieri] o abbia la cittadinanza olandese e se detto genitore sia effettivamente in grado di assumere la custodia del figlio.

In ogni caso l’IND presume che l’altro genitore possa effettivamente assumere la custodia del figlio se:

–        l’altro genitore esercita la potestà genitoriale sul figlio, ovvero questa può essergli attribuita; e

–        l’altro genitore può avvalersi di aiuto e sostegno per la cura e l’educazione offerta dallo Stato o dalle organizzazioni sociali. Secondo l’IND, in tali prestazioni ricade anche il versamento di un’indennità a carico delle risorse generali dello Stato a cui in linea di massima hanno diritto i cittadini olandesi nei Paesi Bassi.

In ogni caso, l’IND presume che l’altro genitore non sia effettivamente in grado di assumere la custodia del figlio se questi:

–        si trova in stato di detenzione; o

–        dimostra che l’autorità genitoriale non può essergli riconosciuta».

14.      In forza della normativa olandese, per poter richiedere le prestazioni previste dalla legge sull’assistenza sociale o dalla legge generale relativa al regime degli assegni familiari i genitori cittadini di uno Stato terzo devono essere in possesso del diritto di soggiorno.

15.      Il 1o luglio 1998 è entrata in vigore la legge del 26 marzo 1998 che modifica la legge sugli stranieri e talune altre leggi al fine di subordinare il diritto degli stranieri ad ottenere prestazioni, sussidi, esenzioni e autorizzazioni dagli organi amministrativi al loro regolare soggiorno nei Paesi Bassi. Detta legge, denominata anche «legge di collegamento», ha introdotto nella normativa sulle prestazioni sociali l’obbligo per gli stranieri che non sono cittadini dell’Unione di ottenere un titolo di soggiorno rilasciato dall’autorità competente per poter essere assimilato a un cittadino olandese e, nella legge sugli assegni familiari, un requisito analogo per essere considerato in qualità di assicurato.

16.      La domanda di permesso di soggiorno dev’essere presentata all’IND, il quale si pronuncia sul diritto di soggiorno in nome del Segretario di Stato.

17.      Le richieste di assegni familiari in base alla legge sugli assegni familiari sono presentate alla Sociale verzekeringsbank (cassa di previdenza sociale dei Paesi Bassi; in prosieguo: la «SvB»).

18.      La domanda di assistenza in base alla legge sull’assistenza sociale devono essere presentate alla giunta del comune di residenza dell’interessato.

19.      L’articolo 11 della legge sull’assistenza sociale dispone quanto segue:

«1.      Ogni cittadino dei Paesi Bassi residente nei Paesi Bassi che, nel paese, si trovi o rischi di trovarsi in una situazione in cui non disponga dei mezzi necessari al proprio sostentamento ha diritto all’assistenza sociale accordata dalle autorità pubbliche.

2.      Al cittadino olandese di cui al primo paragrafo viene equiparato lo straniero residente nel paese che soggiorni legittimamente nei Paesi Bassi ai sensi dell’articolo 8, lettere da a) a e) e l), della [legge sugli stranieri], ad eccezione dei casi di cui all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE.

(…)».

20.      L’articolo 16 della legge di cui trattasi così dispone:

«1.      In deroga al presente paragrafo, la giunta [comunale], alla luce di tutte le circostanze, può concedere assistenza sociale a una persona che non ne ha diritto qualora circostanze molto gravi lo richiedano.

2.      Il primo paragrafo non si applica a stranieri diversi da quelli di cui all’articolo 11, paragrafi 2 e 3».

21.      L’articolo 6 della legge sugli assegni familiari così dispone:

«1.      Sono assicurati ai sensi delle presenti disposizioni:

a)      i residenti, nonché

b)      i non residenti che sono soggetti all’imposta sul reddito per effetto di attività di lavoro dipendente esercitate nei Paesi Bassi.

2.      Non sono assicurati gli stranieri che non soggiornano legittimamente nei Paesi Bassi, ai sensi dell’articolo 8, lettere da a) a e) e l), della [legge sugli stranieri]».

III – Fatti all’origine delle controversie principali, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

22.      Le otto controversie principali vertono su richieste di assistenza sociale (bijstandsuitkering) formulate sulla base della legge sull’assistenza sociale e/o su richieste di assegni familiari (kinderbijslag) a norma della legge sugli assegni familiari, presentate dalle ricorrenti.

23.      La sig.ra H.C. Chavez Vilchez, cittadina venezuelana, faceva ingresso nei Paesi Bassi nel 2007‑2008 con un visto turistico per far visita al sig. Koopman, cittadino olandese. Il 30 marzo 2009, dalla coppia nasceva una figlia, Angelina, che veniva riconosciuta dal sig. Koopman e che ha quindi acquisito la cittadinanza olandese. Tutti e tre hanno vissuto in Germania fino al 2011. Nel giugno 2011, il sig. Koopman obbligava la sig.ra Chavez Vilchez e la figlia a lasciare la loro abitazione. La sig.ra Chavez Vilchez e la figlia lasciavano la Germania e si presentavano quindi al centro di accoglienza del comune di Arnhem (Paesi Bassi) dove rimanevano per un certo periodo. La sig.ra Chavez Vilchez assumeva quindi la potestà genitoriale sulla figlia dichiarando che il sig. Koopman non contribuiva né alla sua educazione, né al suo mantenimento.

24.      La sig.ra Pinas, cittadina del Suriname, era titolare dal 2004 di un permesso di soggiorno successivamente revocatole nel 2006. Essa dimora ad Almere (Paesi Bassi) ed è madre di quattro bambini. Shine, una dei suoi figli, è nata il 23 dicembre 2009 dalla sua relazione con il sig. Mawny, cittadino olandese. La bambina è stata riconosciuta dal padre e ha quindi acquisito la cittadinanza olandese. La sig.ra Pinas e il sig. Mawny esercitano entrambi l’autorità genitoriale sulla figlia ma vivono separatamente e quest’ultimo non contribuisce al mantenimento della figlia. Padre e figlia sono in contatto, ma non è stato convenuto alcun programma di visite.

25.      La sig.ra Nikolic è giunta nei Paesi Bassi nel 2003 da uno dei paesi dell’ex Iugoslavia. La sua cittadinanza non è chiara, a causa della mancanza di documenti di identità. Secondo il giudice del rinvio, è forse cittadina croata. La domanda di permesso di soggiorno veniva respinta nel 2009. Il 26 gennaio 2010, dalla sua relazione con il sig. van de Pluijm, cittadino olandese, nasceva una figlia, Esther. La bambina è stata riconosciuta dal sig. van de Pluijm e possiede pertanto la cittadinanza olandese. La sig.ra Nikolic dimora ad Amsterdam ed esercita l’autorità genitoriale sulla figlia. Entrambe vivono in un centro di accoglienza del loro comune. La sig.ra Nikolic ha dichiarato di non poter vivere con il padre di sua figlia in quanto questi seguirebbe attualmente un programma di assistenza a domicilio.

26.      La sig.ra García Pérez, cittadina nicaraguense, è giunta nei Paesi Bassi nel 2001‑2002 dal Costa Rica accompagnata dal sig. Schwencke, cittadino olandese. Il 9 aprile 2008, dalla loro relazione nasceva una figlia, Angely. Quest’ultima è stata riconosciuta dal sig. Schwencke e ha quindi la cittadinanza olandese. La sig.ra García Pérez dimora ad Haarlem (Paesi Bassi) e ha la responsabilità genitoriale sulla figlia. Il sig. Schwencke non contribuisce al mantenimento di Angely e il suo domicilio attuale è ignoto. Dall’anagrafe risulta che egli è partito per il Costa Rica l’8 luglio 2009. La sig.ra García Pérez ha un secondo figlio di cui il sig. Schwencke non è padre. La famiglia vive in un centro di accoglienza del comune.

27.      La sig.ra Uwituze, cittadina del Ruanda, dava alla luce, il 12 dicembre 2011, una figlia, Habibatou. Il sig. Fofana, cittadino olandese, riconosceva la bambina, che possiede quindi la stessa cittadinanza del padre. Il sig. Fofana non contribuisce né al mantenimento, né all’educazione della figlia. Egli ha dichiarato di non potersene e di non volersene occupare. La sig.ra Uwituze dimora a ‘s‑Hertogenbosch (Paesi Bassi) e vive con sua figlia in un centro di accoglienza del comune.

28.      La sig.ra Wip, cittadina del Suriname, dava alla luce due figli, Shalomie, il 25 novembre 2009, e Joe, il 23 novembre 2012. Il sig. Panka e i figli hanno la cittadinanza olandese. Benché la relazione tra i due sia terminata, il sig. Panka ha contatti con i figli più volte la settimana. Egli beneficia sia dell’assistenza sociale sia di assegni familiari che versa alla sig.ra Wip, ma non contribuisce al mantenimento dei figli. La sig.ra Wip dimora ad Amsterdam.

29.      La sig.ra Enowassam, cittadina del Camerun, è giunta nei Paesi Bassi nel 1999. Dalla relazione con il sig. Arrey, cittadino olandese, nasceva il 2 maggio 2008 una figlia, Philomena. Il sig. Arrey ha riconosciuto Philomena, che possiede quindi la cittadinanza olandese. La sig.ra Enowassam e il sig. Arrey hanno la responsabilità genitoriale congiunta sulla figlia, ma vivono separati. Philomena è registrata come residente presso l’indirizzo del sig. Arrey ma dimora in realtà con la madre a L’Aia. Esse sono state accolte in una struttura di accoglienza del comune di L’Aia. Le modalità degli incontri tra il padre e la figlia sono state disciplinate. La bambina soggiorna presso il padre tre fine settimana al mese, e talvolta durante le vacanze. Il sig. Arrey versa EUR 200 al mese a titolo di assegno di mantenimento. L’uomo riceve inoltre assegni familiari che versa alla sig.ra Enowassam. Il sig. Arrey lavora a tempo pieno e ha dichiarato di non potersi occupare della figlia per tale ragione.

30.      La sig.ra Guerrero Chavez, cittadina venezuelana, è giunta nei Paesi Bassi il 24 ottobre 2007 per tornare in Venezuela il 2 novembre 2009. È rientrata nei Paesi Bassi nel gennaio 2011 e dimora attualmente a Shiedam (Paesi Bassi). Dalla sua relazione con il sig. Maas, cittadino olandese, nasceva, il 31 marzo 2011, Salamo. Il sig. Maas ha riconosciuto il figlio, che possiede pertanto la cittadinanza olandese. Il sig. Maas e la sig.ra Guerrero Chavez non hanno più una relazione e non convivono, ma la donna e Salamo dimorano presso il patrigno e il fratello del sig. Maas. Il sig. Maas ha contatti quasi quotidiani con il figlio ma non è disponibile ad occuparsene e contribuisce alle spese in maniera limitata. La sig.ra Guerrero Chavez si occupa quotidianamente del figlio e ne ha la custodia.

31.      Le domande di assistenza sociale e/o di assegni familiari delle ricorrenti sono state tutte respinte con le decisioni impugnate dei competenti organi amministrativi olandesi in quanto, secondo la normativa olandese, le ricorrenti non possiederebbero – a fronte del loro status sotto il profilo del diritto di soggiorno – alcun diritto a tali prestazioni. Infatti, in forza della normativa di cui trattasi, chi è privo di uno status legittimo in materia di soggiorno non è soggetto «avente diritto» (rechthebbende) o, rispettivamente, un «assicurato» (verzekerde) e non ha quindi diritto alla prestazione.

32.      Duranti i periodi oggetto dei provvedimenti di diniego delle richieste di prestazioni sopra indicate (5), le ricorrenti si sono viste respingere le loro domande di permesso di soggiorno ai sensi della legge sugli stranieri. All’epoca dei fatti alcune di esse soggiornavano legalmente nel periodo, sostanzialmente, di attesa della decisione sulla domanda di rilascio di un permesso di soggiorno. Le altre interessate, invece, nel periodo in questione (o, almeno, in parte di esso), non soggiornavano invece legalmente nei Paesi Bassi e avrebbero dovuto, motu proprio, lasciare il paese. Non sono state adottate misure di attuazione dell’espulsione. Le ricorrenti non erano autorizzate a svolgere attività lavorativa.

33.      Avverso le decisioni di diniego delle prestazioni richieste le ricorrenti proponevano quindi ricorso dinanzi al Centrale Raad van Beroep (giudice d’appello competente in materia di pubblico impiego e sicurezza sociale).

34.      Il giudice del rinvio si chiede se le ricorrenti, tutte cittadine di uno Stato terzo, possano, nei casi sopra descritti, quali madri di un bambino cittadino dell’Unione, trarre un diritto di soggiorno dall’articolo 20 TFUE. Il giudice medesimo ritiene che, in caso affermativo, le ricorrenti potrebbero avvalersi delle disposizioni della legge sull’assistenza sociale e della legge sugli assegni familiari che le assimilano ai cittadini olandesi per invocare un potenziale diritto alle prestazioni previste dalle menzionate leggi.

35.      A tal riguardo, il giudice del rinvio ritiene, sulla base delle sentenze Ruiz Zambrano (6) e Dereci e a. (7), che alle ricorrenti debba essere riconosciuto il diritto di soggiorno direttamente ex articolo 20 TFUE, scaturente dal diritto di soggiorno del figlio, atteso che questi si trova in una situazione analoga a quella descritta nelle sentenze richiamate supra. A suo avviso, occorre accertare se le circostanze siano tali per cui il figlio sarebbe, di fatto, costretto ad abbandonare il territorio dell’Unione nel caso in cui alla madre venisse negato il diritto di soggiorno. Il giudice del rinvio si chiede, infatti, nelle circostanze oggetto delle controversie principali, quale rilevanza debba essere riconosciuta, alla luce della giurisprudenza della Corte, al fatto che il padre cittadino dell’Unione soggiorni nei Paesi Bassi.

36.      In tale contesto, con sentenza del 16 marzo 2015, pervenuta alla cancelleria della Corte il 18 marzo 2015, il Centrale Raad van Beroep (giudice d’appello competente in materia di pubblico impiego e sicurezza sociale) ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osti a che uno Stato membro neghi il diritto di soggiorno nel proprio territorio a un cittadino di paese terzo cui sia stata affidata la custodia quotidiana ed effettiva del figlio minorenne, cittadino dello Stato medesimo.

2)      Se, ai fini della risposta a detta questione, sia rilevante la circostanza che il minore non sia totalmente dipendente, sotto i profili legale, finanziario ed affettivo, da detto genitore e che non sia inoltre escluso che l’altro genitore, cittadino dello Stato membro, possa effettivamente essere in grado di prendersi cura del minore medesimo.

3)      Se, in tal caso, il genitore cittadino di paese terzo debba fornire elementi convincenti atti a far ritenere che l’altro genitore non possa assumere la custodia del minore, cosicché quest’ultimo sarebbe costretto ad abbandonare il territorio dell’Unione nel caso in cui al genitore cittadino di paese terzo venisse negato il diritto di soggiorno».

37.      Su richiesta del giudice del rinvio, il presidente della Corte ha disposto che la presente causa sia decisa in via prioritaria ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura della Corte di giustizia.

38.      Hanno presentato osservazioni scritte le sig.re Chavez Vilchez e Wip, i governi olandese, belga, danese, lituano, polacco e del Regno Unito e la Commissione europea. Le sig.re Chavez Vilchez e Wip, i governi danese, francese, lituano, olandese, polacco, del Regno Unito e norvegese e la Commissione hanno presenziato all’udienza del 10 maggio 2016.

IV – Analisi

39.      Esaminerò, in via preliminare, le premesse sulla base delle quali il giudice del rinvio ha fondato la propria decisione di rinvio per poi soffermarmi sugli aspetti essenziali delle questioni sottoposte alla Corte.

A –    Considerazioni preliminari

40.      Va ricordato, anzitutto, che il giudice del rinvio è l’unico competente a conoscere e a valutare i fatti della controversia sottopostagli nonché a interpretare e ad applicare il diritto nazionale (8).

41.      Ciò premesso, procederò a un’analisi articolata su tre parti. In primis, farò riferimento al principio della preminenza dell’interesse superiore del minore. In secondo luogo, al fine di meglio comprendere le fattispecie oggetto della controversia principale, ne esaminerò le differenze. In terzo luogo, illustrerò il contesto nel quale si collocano le fattispecie medesime, esponendo le considerazioni del giudice del rinvio rispetto alla normativa e alla prassi amministrativa olandesi, nonché a seguito delle richieste di diritto di soggiorno delle ricorrenti nei procedimenti principali nell’ambito delle procedure previste al riguardo dalla normativa sui cittadini stranieri.

1.      Il principio dell’interesse superiore del minore

42.      Il primato dell’interesse superiore del minore è uno dei principi cardine dell’ordinamento giuridico dell’Unione (9).

43.      Da un lato, tutti gli Stati membri hanno ratificato la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, conclusa a New York il 20 novembre 1989 (in prosieguo: la «convenzione sui diritti del fanciullo») (10). In base all’articolo 3, paragrafo 1, della suddetta convenzione, «[i]n tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo dev’essere una considerazione preminente» (11). La Corte ha inoltre già riconosciuto che la Convenzione sui diritti del fanciullo è vincolante nei confronti di ogni singolo Stato membro e si annovera tra gli strumenti internazionali relativi alla tutela dei diritti fondamentali di cui essa tiene conto per l’applicazione dei principi generali del diritto dell’Unione (12).

44.      Dall’altro, l’articolo 3, paragrafo 3, TUE, che dispone, al suo primo comma, che «l’Unione instaura un mercato interno», prevede, nel suo secondo comma, che l’Unione «combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore». I diritti del minore sono inoltre sanciti nella Carta (13). Essa riconosce, al suo articolo 24, i minori come titolari di diritti, indipendenti e autonomi. L’articolo medesimo afferma che l’interesse superiore del minore dev’essere considerato preminente dalle autorità pubbliche e dalle istituzioni private (14).

45.      A questo proposito, la Corte ha ritenuto che il principio della preminenza dell’interesse superiore del minore sia la lente attraverso la quale devono essere lette le disposizioni del diritto dell’Unione (15).

46.      Più precisamente, per quanto attiene alla cittadinanza dell’Unione e agli articoli 20 e 21 TFUE, l’interpretazione della Corte ha permesso un’applicazione coerente delle disposizioni del Trattato e del diritto derivato (16). Mi sembra importante sottolineare, in particolare, che la Corte ha già avuto modo di dichiarare che «il [minore cittadino dell’Unione] può avvalersi dei diritti di libera circolazione e di soggiorno garantiti dal diritto [dell’Unione]. L’idoneità di un cittadino di uno Stato membro ad essere titolare dei diritti garantiti dal Trattato e dal diritto derivato in materia di libera circolazione delle persone non può essere subordinata alla condizione che l’interessato abbia raggiunto l’età richiesta per avere la capacità giuridica di esercitare, egli stesso, i detti diritti» (17).

47.      Tale principio costituirà il punto di partenza del mio esame.

2.      L’eterogeneità delle situazioni oggetto delle controversie principali

48.      Occorre precisare, in limine, che, nell’esaminare le fattispecie oggetto delle controversie principali, risalta la loro evidente assenza di omogeneità.

49.      Certamente, come emerge dalla decisione di rinvio, le otto ricorrenti sono cittadine di Stati terzi, prive di un valido permesso di soggiorno (18) e madri di almeno un figlio in tenera età (da tre a sette anni) avente la cittadinanza dell’Unione e residente nel proprio Stato membro, nel caso di specie, i Paesi Bassi. Detti minori sono stati tutti riconosciuti dal rispettivo padre, cittadino olandese, ma vivono con la madre che di loro si occupa quotidianamente ed effettivamente. In ciascuno dei casi il padre non viveva, o non viveva più, in famiglia con il figlio e la madre durante il periodo oggetto del provvedimento di rigetto delle richieste di prestazioni di cui trattasi.

50.      Al di là delle suddette analogie, le fattispecie in esame presentano talune specificità di cui occorre tener conto.

51.      Così, per quanto attiene, anzitutto, alla posizione dei padri, cittadini olandesi, e al contributo da essi prestato al mantenimento dei loro figli e alla loro custodia, dalla decisione di rinvio risulta che i contatti tra figli e padri erano talvolta frequenti (19), talvolta rari o addirittura assenti (20). Infatti, in un caso, il padre era irreperibile (21) e, in un altro, seguiva un percorso di assistenza a domicilio (22). In tre casi, il padre contribuiva alle spese di mantenimento del figlio (23), mentre negli altri non veniva versato alcun contributo (24). In due casi su otto, la responsabilità genitoriale era riconosciuta congiuntamente ai due genitori (25) mentre, negli altri casi, essa era esercitata effettivamente e quotidianamente dalla sola madre (26). In un singolo caso la madre, pur avendo la responsabilità genitoriale effettiva sul figlio, viveva con quest’ultimo presso il patrigno e il fratello del padre (27). In circa la metà dei casi, i figli abitavano con la madre in strutture di accoglienza (28).

52.      Per quanto attiene poi allo status sul territorio dell’Unione delle ricorrenti nel procedimento principale, dalla decisione di rinvio emerge anche che il 17 maggio 2011 la sig.ra Pinas ha ottenuto un permesso di soggiorno nei Paesi Bassi a tempo determinato. Inoltre, i rappresentanti delle sig.re Wip e Chavez Vilchez e il governo olandese hanno indicato all’udienza che il loro soggiorno è attualmente regolare. La sig.ra Wip ha infatti di recente ottenuto un permesso di soggiorno in Belgio dove essa lavora e risiede con la figlia (29), mentre alla sig.ra Chavez Vilchez è stato concesso, sulla base dell’articolo 8 della CEDU, un permesso di soggiorno nei Paesi Bassi ed essa svolge attività lavorativa in Belgio.

53.      Infine, quanto alla posizione particolare delle figlie rispettivamente delle sig.re Chavez Vilchez e Wip, occorre sottolineare che sembra che esse si siano entrambe avvalse del loro diritto di libera circolazione.

54.      Tornerò più avanti sulla rilevanza di detti aspetti ai fini delle controversie principali.

3.      La prassi degli organi amministrativi olandesi e le procedure previste dalla normativa sugli stranieri

55.      Per quanto attiene, in primis, alla prassi degli organi amministrativi, il giudice del rinvio fa presente che, nei Paesi Bassi, diversi organi amministrativi interpretano le sentenze Ruiz Zambrano (30) e Dereci e a. (31) in maniera restrittiva e ritengono che detta giurisprudenza valga soltanto in situazioni nelle quali il padre, secondo criteri oggettivi, non sia in grado di provvedere al figlio, ad esempio, trovandosi in stato di detenzione, essendo stato ricoverato in un istituto o in una clinica o essendo deceduto. Al di fuori di tali casi, il genitore cittadino di uno Stato terzo deve fornire la prova convincente che il padre cittadino olandese non sia in grado di occuparsi del figlio cittadino olandese, nemmeno con l’eventuale aiuto di terzi. Infatti, secondo il giudice del rinvio, la circolare sugli stranieri prevede che l’onere di provare che il genitore olandese non si possa concretamente occupare del figlio, cittadino olandese, grava sul genitore cittadino dello Stato terzo.

56.      Il giudice del rinvio aggiunge che, nelle controversie principali, gli organismi responsabili del versamento degli aiuti e delle prestazioni, ossia le giunte comunali interessate e la SvB, erano tenuti, sulla base delle informazioni che gli interessati avevano loro comunicato, ad effettuare, di concerto con l’IND, un esame sufficiente volto a stabilire se dall’articolo 20 TFUE fosse possibile ricavare un diritto di soggiorno nei Paesi Bassi. In taluni casi l’IND ha inviato, a fronte di una richiesta in tal senso, un parere agli organismi medesimi. In alcuni casi, una valutazione era stata già compiuta nell’ambito di un procedimento in materia di immigrazione avviato da una ricorrente. Nel suo esame del diritto di soggiorno, l’IND applica le direttive contenute nella circolare sugli stranieri.

57.      Per quanto attiene, in secondo luogo, alle domande di permesso di soggiorno nell’ambito dei procedimenti in materia di immigrazione, il giudice del rinvio spiega che, nel caso di specie, le giunte comunali interessate, la SvB e l’IND non hanno reputato rilevante il fatto che non fosse il padre cittadino dell’Unione, ma la madre cittadina di Stato terzo ad occuparsi quotidianamente ed effettivamente del minore cittadino dell’Unione. Essi, infatti, non hanno ritenuto pertinente l’esame dell’intensità dei contatti tra il figlio e il padre, la natura del contributo prestato da quest’ultimo al mantenimento e all’educazione del figlio o ancora se egli fosse disponibile ad occuparsene. Allo stesso modo, il fatto che il padre non avesse la responsabilità genitoriale sul figlio non è stato considerato come pertinente in quanto non sarebbe stato dimostrato in modo convincente che tale responsabilità non poteva essergli riconosciuta. Spetterebbe al genitore cittadino di uno Stato terzo affidatario della responsabilità genitoriale sul figlio dimostrare che il genitore olandese non possa concretamente occuparsene. Solo quando la madre cittadina di uno Stato terzo fornisce fondata prova dell’esistenza di ostacoli oggettivi che impediscano al padre di occuparsene, si potrebbe riconoscere che il minore ne sia a tal punto dipendente da essere, di fatto, costretto ad abbandonare il territorio dell’Unione nel caso in cui dovesse esserle negato il diritto di soggiorno.

58.      Rispetto all’eterogeneità delle situazioni oggetto della controversia principale e alle specificità della prassi amministrativa olandese esposte dal giudice del rinvio nella sua decisione, occorrerebbe verificare se i minori in tenera età cittadini dell’Unione e le rispettive madri, cittadine di uno Stato terzo, che ne hanno la custodia esclusiva, rientrino nel campo di applicazione del diritto dell’Unione. A tal riguardo, esaminerò, da un lato, i casi particolari dei figli, rispettivamente, della sig.ra Chavez Vilchez e della sig.ra Wip sotto il profilo dell’articolo 21 TFUE e della direttiva 2004/38 e, dall’altro, il caso dei minori che hanno sempre soggiornato in compagnia della rispettiva madre nello Stato membro di cui sono cittadini sotto il profilo dell’articolo 20 TFUE.

B –    Esame della situazione delle sig.re Chavez Vilchez e Wip e delle loro figlie dal punto di vista dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e della direttiva 2004/38

59.      Come la Corte ha avuto più volte modo di affermare, benché formalmente il giudice del rinvio abbia limitato le proprie questioni all’interpretazione del solo articolo 20 TFUE, tale circostanza non osta a che la Corte gli fornisca tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano risultare utili per definire la controversia sottoposta al suo esame, a prescindere dal fatto che detto giudice vi abbia fatto riferimento o meno nel formulare le proprie questioni (32).

60.      Ricordo anzitutto che, in base al considerando 3 della direttiva 2004/38, l’obiettivo della direttiva stessa è quello di semplificare e rafforzare il diritto di libera circolazione e soggiorno di tutti i cittadini dell’Unione. Tale diritto riguarda, come ho già osservato supra al paragrafo 46, il minore in tenera età cittadino dell’Unione (33).

1.      Sulla rilevanza dell’esercizio della libertà di circolazione da parte della figlia della sig.ra Chavez Vilchez

61.      Per quanto attiene alla figlia della sig.ra Chavez Vilchez, alla luce del fatto che essa si è avvalsa del diritto di libera circolazione soggiornando sino al 2011 in Germania, Stato membro in cui lavora il padre (34) e del fatto che il giudice del rinvio ha accertato che ella risiede attualmente in Belgio con la madre, dove quest’ultima svolge attività lavorativa, ritengo che la direttiva 2004/38 si applichi, in linea di principio, alla sig.ra Chavez Vilchez, quale familiare di un cittadino dell’Unione, come definito all’articolo 2, punto 2), della direttiva in parola, che l’accompagna (35). Tuttavia, le conseguenze dell’applicazione della direttiva 2004/38 per la sig.ra Chavez Vilchez e la figlia sono, a mio avviso, diverse a seconda del momento dello spostamento.

62.      Posto che la sig.ra Chavez Vilchez lavora attualmente in Belgio e che, di conseguenza, non si può escludere che essa risieda in detto Stato membro con la figlia, occorre sottolineare che, visto che la sig.ra Chavez Vilchez ha di recente ottenuto un permesso di soggiorno nei Paesi Bassi ex articolo 8 della CEDU, la rilevanza di un’eventuale residenza in Belgio sarebbe pertinente solo in due ipotesi, ossia rispetto ad un’eventuale richiesta di permesso di soggiorno in detto Stato membro oppure, tenuto conto del suo soggiorno regolare nei Paesi Bassi, per valutare i criteri di interpretazione dell’articolo 20 TFUE, come stabiliti dalla giurisprudenza della Corte (36).

63.      Per quanto attiene all’esercizio della libertà di circolazione da parte della figlia della sig.ra Chavez Vilchez, dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni scritte e orali emerge che essa ha soggiornato con i genitori in Germania, Stato membro in cui risiede e lavora il padre, sino al 2011 prima di essere costretta da quest’ultimo a lasciare, unitamente alla madre, il domicilio familiare (37), per fare poi ritorno, accompagnata dalla madre, nei Paesi Bassi, Stato membro di cui ha la cittadinanza.

64.      Ritengo opportuno esaminare lo spostamento in Germania della sig.ra Chavez Vilchez e della figlia alla luce della direttiva 2004/38. Tale esame potrebbe infatti risultare utile al giudice del rinvio in ragione della sua incidenza sui periodi oggetto della richiesta di prestazioni oggetto del procedimento principale.

a)      Breve panoramica della giurisprudenza in materia di applicabilità della direttiva 2004/38 nei casi in cui un cittadino dell’Unione, il quale si sia avvalso preliminarmente ed effettivamente della libertà di circolazione, si sposti verso lo Stato membro di cui sia cittadino

65.      Ricordo che, rispetto agli eventuali diritti dei familiari di un cittadino dell’Unione privi della cittadinanza di uno Stato membro, il considerando 5 della direttiva 2004/38 sottolinea che, affinché possa essere esercitato in oggettive condizioni di dignità, il diritto di tutti i cittadini dell’Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri dovrebbe essere concesso parimenti ai loro familiari, a prescindere dalla cittadinanza di questi ultimi (38).

66.      Secondo la giurisprudenza della Corte, il diritto di essere accompagnato da un familiare cittadino di uno Stato terzo è riconosciuto al cittadino dell’Unione, attivo (39) o inattivo (40), che faccia ritorno nello Stato membro del quale possieda la cittadinanza a seguito dell’esercizio della sua libertà di circolazione in un altro Stato membro ove egli abbia soggiornato con il familiare medesimo (41). Detta giurisprudenza riguarda quindi il diritto al ricongiungimento familiare concesso al cittadino a seguito dell’esercizio preliminare della libertà di circolazione ed è desunto dal divieto di ostacoli. In tale giurisprudenza la Corte ha applicato la direttiva 2004/38 per analogia (42). Occorre ora analizzare la giurisprudenza in cui la Corte ha interpretato in modo più ampio la direttiva de qua applicandola non per analogia ma direttamente.

b)      Sull’applicabilità dell’articolo 5 della direttiva 2004/38 quando un minore di tenera età, cittadino dell’Unione, il quale si sia avvalso preliminarmente ed effettivamente della propria libertà di circolazione, si sposta verso lo Stato membro del quale possiede la cittadinanza accompagnato da un ascendente cittadino di uno Stato terzo che esercita su di lui l’autorità genitoriale in via esclusiva

67.      Rispetto al diritto di entrare e soggiornare per brevi periodi previsto all’articolo 6 della direttiva 2004/38, nella sentenza McCarthy e a. (43), la Corte ha applicato la suddetta direttiva a un cittadino di uno Stato terzo, familiare di un cittadino dell’Unione. In tale sentenza, la Corte ha fornito un’interpretazione coerente della direttiva 2004/38 tenuto conto del sistema delle fonti del diritto dell’Unione e del ruolo che svolge la cittadinanza dell’Unione. La Corte ha quindi anzitutto ricordato che «la direttiva 2004/38, come risulta da costante giurisprudenza, mira ad agevolare l’esercizio del diritto fondamentale e individuale di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, conferito direttamente ai cittadini dell’Unione dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, ed a rafforzare tale diritto» (44). La Corte ha poi rammentato che «in considerazione del contesto e degli scopi [di detta direttiva], le [sue] disposizioni (…) non possono essere interpretate restrittivamente e, comunque, non devono essere private della loro efficacia pratica» (45). In tale contesto, la Corte ha infine rilevato che «non risulta in alcun modo [dall’articolo 5 della direttiva 2004/38] che il diritto di ingresso dei familiari di un cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro sia limitato agli Stati membri diversi da quello di origine del cittadino dell’Unione».

68.      A tal riguardo, ritengo che la direttiva 2004/38 si applichi ai cittadini di Stati terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, ai sensi del suo articolo 2, punto 2, nel caso in cui, a seguito del previo esercizio del diritto di libera circolazione da parte del cittadino dell’Unione successivamente ad soggiorno effettivo in un altro Stato membro, il cittadino medesimo si sposti, unitamente ai suoi familiari, verso lo Stato membro di cui sia cittadino.

69.      Nel caso di specie, si tratta di stabilire se il fatto che la figlia della sig.ra Chavez Vilchez si sia avvalsa del suo diritto di libera circolazione soggiornando con i propri genitori in Germania, Stato membro in cui il padre risiede e svolge un’attività autonoma, le consenta di beneficiare, per sé stessa e per la madre, in occasione del suo ritorno nei Paesi Bassi, Stato membro di cui è cittadina, della tutela derivante dalla direttiva 2004/38.

70.      La questione dev’essere risolta, a mio avviso, in senso affermativo.

71.      È ben vero che, a differenza della sig.ra McCarthy (46), anch’essa cittadina di uno Stato terzo e familiare di un cittadino dell’Unione in possesso di un valido permesso di soggiorno rilasciato dalle autorità di uno Stato membro ai sensi dell’articolo 10 della direttiva 2004/38, dalla decisione di rinvio non risulta che la sig.ra Chavez Vilchez fosse in possesso, al momento dell’ingresso nel territorio olandese, di un documento di viaggio ai sensi dell’articolo 5 di detta direttiva. Mi sembra, tuttavia, che un’interpretazione congiunta dell’articolo 5, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2004/38 consentisse alla sig.ra Chavez Vilchez di beneficiare del diritto di ingresso e del soggiorno di breve durata sul territorio dei Paesi Bassi. Infatti, l’articolo 5, paragrafo 4, di detta stessa direttiva stabilisce che «[q]ualora il cittadino dell’Unione o il suo familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro sia sprovvisto dei documenti di viaggio o, eventualmente, dei visti necessari, lo Stato membro interessato concede, prima di procedere al respingimento, ogni possibile agevolazione affinché possa ottenere o far pervenire entro un periodo di tempo ragionevole i documenti necessari, oppure possa dimostrare o attestare con altri mezzi la qualifica di titolare del diritto di libera circolazione».

72.      Così, quale cittadina dell’Unione in tenera età spostatasi all’interno dell’Unione (47) e che faccia ritorno, per una serie di circostanze infelici (48), nello Stato membro di cui sia cittadina, la figlia della sig.ra Chavez Vilchez avrebbe dovuto beneficiare dell’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 5, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2004/38 e, quindi, del diritto di ingresso e di soggiorno di breve durata per la madre volto a consentire a quest’ultima, che ne aveva effettivamente la custodia, di trovare un lavoro che le permettesse di disporre delle risorse necessarie per non divenire un onere per il sistema di assistenza sociale del Regno dei Paesi Bassi (49).

73.      Qualora un ascendente, cittadino di uno Stato terzo, non riesca, nel periodo di tre mesi di cui all’articolo 6 della direttiva 2004/38, a ottenere risorse sufficienti per beneficiare della protezione risultante dalla direttiva medesima, ritengo che l’articolo 21 TFUE non osti al diniego di un diritto di soggiorno a detto ascendente anche ove questi abbia l’effettiva custodia di un minore in tenera età, cittadino dell’Unione, che soggiorna con lui.

74.      In tal caso, occorrerà tuttavia esaminare la situazione del minore cittadino dell’Unione e del suo ascendente, cittadino di uno Stato terzo, alla luce dell’articolo 20 TFUE. Tuttavia, come già osservato, la sig.ra Chavez Vilchez ha di recente ottenuto un permesso di soggiorno nei Paesi Bassi ex articolo 8 della CEDU. Di conseguenza, non mi sembra necessario verificare se, alla luce dell’articolo 20 TFUE, «un siffatto diritto di soggiorno non [possa] esserle comunque concesso in via eccezionale, pena pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione di cui [gode il figlio], poiché, in conseguenza di siffatto diniego, questi ultimi sarebbero di fatto costretti a lasciare il territorio dell’Unione nel suo insieme e privati, quindi, del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status suddetto» (50).

2.      Sulla rilevanza dell’esercizio della libertà di circolazione da parte della figlia della sig.ra Wip

75.      All’udienza il rappresentante della sig.ra Wip e il governo olandese hanno confermato che la sig.ra Wip e la figlia risiedono attualmente in Belgio dove la sig.ra Wip ha ottenuto un permesso di soggiorno e svolge un’attività lavorativa. È quindi evidente che la figlia si è avvalsa, quale cittadino dell’Unione, della libertà di circolazione in uno Stato membro diverso da quello di cui sia cittadina e, che pertanto l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 trova applicazione alla sig.ra Wip, quale familiare che l’accompagna. Infatti, nella sua qualità di cittadina olandese e, quindi, di cittadina dell’Unione, la figlia della sig.ra Wip ha diritto di avvalersi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE. Detto articolo del Trattato e la direttiva 2004/38 le riconoscono, in linea di principio, il diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante, nel caso di specie, il Belgio.

76.      A questo proposito, dalla giurisprudenza della Corte risulta che «il rifiuto di consentire al genitore, cittadino di uno Stato membro o di uno Stato terzo, che effettivamente ha la custodia di un cittadino dell’Unione minore di età di soggiornare insieme nello Stato membro ospitante priverebbe di qualsiasi effetto utile il diritto di soggiorno di quest’ultimo, dal momento che il godimento del diritto di soggiorno da parte di un bimbo in tenera età implica necessariamente che tale bimbo abbia il diritto di essere accompagnato dalla persona che ne garantisce effettivamente la custodia e, quindi, che tale persona possa con lui risiedere nello Stato membro ospitante durante tale soggiorno» (51). Tale diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione sul territorio di un altro Stato membro è tuttavia attribuito subordinatamente alle limitazioni e alle condizioni previste dal Trattato nonché dalle relative disposizioni di attuazione (52). A questo proposito, ricordo che l’applicazione di dette limitazioni e condizioni dev’essere operata nel rispetto dei limiti imposti a tal riguardo dal diritto dell’Unione e in conformità ai principi generali di detto diritto(53) e, in particolare, a mio avviso, al principio dell’interesse superiore del figlio.

77.      Tuttavia, atteso che la sig.ra Wip ha ottenuto un permesso di soggiorno e lavora in Belgio, circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare, la figlia, cittadina dell’Unione, non dovrebbe in linea di principio essere tenuta, di fatto, a lasciare il territorio dell’Unione complessivamente considerato e privata, così, del godimento effettivo e sostanziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino dell’Unione. Di conseguenza, come nel caso della sig.ra Chavez Vilchez (che ha ottenuto un permesso di soggiorno nei Paesi Bassi) e di sua figlia, non mi sembra necessario analizzare detta situazione alla luce dell’articolo 20 TFUE.

C –    Esame, dal punto di vista dell’articolo 20 TFUE, delle posizioni dei minori che hanno sempre soggiornato nel proprio Stato membro in compagnia della madre affidataria della responsabilità genitoriale sui minori medesimi

1.      La prima e la seconda questione pregiudiziale

78.      Con la prima e seconda questione pregiudiziale, che appare opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, essenzialmente, se l’articolo 20 TFUE osti a che uno Stato membro neghi a un genitore cittadino di uno Stato terzo (54), affidatario della responsabilità genitoriale sul proprio figlio in tenera età, cittadino dell’Unione, il diritto di soggiorno nello Stato membro di residenza di quest’ultimo sia cittadino quando non sia stato dimostrato che l’altro genitore, cittadino di detto stesso Stato membro, possa assumere da solo la custodia effettiva del figlio.

79.      Al fine di rispondere a tali questioni, occorre stabilire se, alla luce dell’articolo 20 TFUE e della giurisprudenza della Corte, una fattispecie di tal genere rientri nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione.

a)      La cittadinanza dell’Unione: lo status fondamentale dei cittadini dell’Unione

80.      Il 1o novembre 2016 la cittadinanza dell’Unione compirà 23 anni (55). Nata nel 1992 con la firma del Trattato di Maastricht, essa è diretta a contribuire a che i cittadini degli Stati membri possano identificarsi con l’Unione (56). Quale status fondamentale dei cittadini dell’Unione, la cittadinanza dell’Unione incarna, in particolare per le nuove generazioni, la possibilità di costruire un’Europa in cui tutti i cittadini possano, quali esseri umani, circolare, soggiornare, viaggiare, studiare, erogare un servizio o stabilirsi in un altro Stato membro, prosperare, sposarsi o scegliere un’unione di fatto analoga, crearsi se lo desiderano una famiglia e vivere in pace (57) e sicurezza.

81.      La cittadinanza dell’Unione legittima, in tal modo, il processo d’integrazione europea rafforzando la loro partecipazione quali cittadini. Tale legittimazione è stata sottolineata alla Corte dai suoi avvocati generali sin dall’introduzione della cittadinanza dell’Unione. In particolare, nel 1994, l’avvocato generale Lenz ha osservato che «[l]’introduzione di una cittadinanza dell’Unione suscita l’aspettativa che i cittadini dell’Unione siano trattati ogni volta in modo uguale dinanzi al diritto comunitario» (58).

82.      Due anni dopo, nel 1996, l’avvocato generale Léger, riferendosi al riconoscimento di tale cittadinanza, si è rivolto alla Corte nei seguenti termini: «[detta cittadinanza] ha un valore fortemente emblematico e costituisce probabilmente uno dei progressi della costruzione europea che maggiormente hanno richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica. S’intende che questa nozione abbraccia, de facto, aspetti che sono stati per lo più già acquisiti dall’evoluzione del diritto comunitario e costituisce, sotto tale aspetto, un consolidamento dell’“acquis communautaire”. Spetta a voi, tuttavia, attribuire a questa nozione il suo pieno significato. Orbene, se da essa si traggono tutte le sue conseguenze, tutti i cittadini dell’Unione, qualunque sia la loro cittadinanza, devono potersi giovare esattamente degli stessi diritti ed essere assoggettati agli stessi doveri» (59).

83.      In tal senso, l’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer ha osservato, un anno più tardi, che «[l]a creazione di una cittadinanza dell’Unione, con il (…) corollario in materia di libera circolazione dei suoi titolari nel territorio di tutti gli Stati membri, indica un considerevole progresso qualitativo in quanto, come correttamente osserva la Commissione, separa tale libertà dai suoi elementi funzionali o strumentali (la relazione con un’attività economica o con la creazione del mercato interno) e la eleva a categoria di diritto proprio e indipendente, inerente allo status politico di cittadini dell’Unione» (60).

84.      Da allora, la cittadinanza dell’Unione è stata progressivamente resa effettiva mediante un’ampia opera giurisprudenziale compiuta dalla Corte in stretta collaborazione con i giudici nazionali nell’ambito della procedura pregiudiziale (61). La prima e la seconda questione pregiudiziale sollevate dal giudice di rinvio si inseriscono in tale solco giurisprudenziale. Esse vertono essenzialmente sull’interpretazione dell’articolo 20 TFUE alla luce delle sentenze Ruiz Zambrano (62) e Dereci e a. (63) nel contesto di fattispecie, come quelle oggetto del procedimento principale, in cui non risulti accertato che il genitore, cittadino dello Stato membro di cui il figlio è parimenti cittadino e in cui ha sempre risieduto, possa occuparsi del figlio in caso di eventuale espulsione del genitore cittadino dello Stato terzo.

b)      Sul carattere peculiare delle situazioni oggetto del procedimento principale

85.      Nel caso di specie (64), per quanto attiene ai figli in tenera età delle sig.re Pinas (65), Nikolic, Garcia Pérez, Uwituze, Enowassam e Gerrero Chavez, osservo che essi – non essendosi mai avvalsi del loro diritto di libera circolazione e avendo sempre soggiornato nello Stato membro di cui possiedono la cittadinanza – non ricadano nella nozione di «aventi diritto», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, con la conseguenza che la direttiva de qua non è applicabile né nei loro confronti, né nei confronti delle rispettive madri.

86.      Ci si chiede se sia invece possibile ritenere che le fattispecie oggetto dei procedimenti principali ricadano nel campo di applicazione dell’articolo 20 TFUE?

87.      A questo riguardo ricordo che, nella sentenza Ruiz Zambrano, la Corte ha stabilito che l’articolo 20 TFUE osta a misure nazionali che hanno per effetto di privare i cittadini dell’Unione del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal loro status (66). Conformemente ai principi elaborati da detta sentenza, tale protezione di diritto dell’Unione trova applicazione nelle controversie principali, posto che i figli delle sig.re Pinas, Nikolic, Garcia Pérez, Uwituze, Enowassam e Gerrero Chavez potrebbero, in mancanza di un diritto di soggiorno derivato per le rispettive madri, cui sono affidati in via esclusiva, vedersi costretti, di fatto, ad accompagnarle e, quindi, a lasciare il territorio dell’Unione «considerata nel suo complesso». Infatti, un’eventuale espulsione delle loro madri li priverebbe del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal loro status di cittadini dell’Unione. Una tale privazione potrebbe così far venir meno l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione di cui essi beneficiano.

88.      Orbene, la Corte ha successivamente precisato la portata della sentenza Ruiz Zambrano (67) stabilendo che essa si applica a «situazioni molto particolari in cui, malgrado la circostanza che il diritto derivato relativo al diritto di soggiorno dei cittadini di paesi terzi non sia applicabile e che il cittadino dell’Unione interessato non si sia avvalso della sua libertà di circolazione, un diritto di soggiorno non può, in via eccezionale, essere negato a un cittadino di un paese terzo, familiare del suddetto cittadino, pena pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione di cui gode quest’ultimo, se, in conseguenza di siffatto diniego, tale cittadino viene di fatto costretto a lasciare il territorio dell’Unione nel suo insieme, privandolo quindi del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dallo status di cittadino dell’Unione» (68).

89.      In tale contesto, occorre valutare, alla luce dell’articolo 20 TFUE, se situazioni come quelle oggetto dei procedimenti principali costituiscano situazioni particolari ai sensi della richiamata giurisprudenza.

90.      È indubbio, a mio avviso, che il fatto che i minori di cui trattasi possiedano tutti la cittadinanza di uno Stato membro, ossia la cittadinanza olandese, i cui requisiti di acquisizione rientrano, evidentemente, nella competenza dei Paesi Bassi (69), comporta che essi possiedano lo status di cittadino dell’Unione (70). In quanto cittadini dell’Unione, tali minori hanno quindi il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio dell’Unione, e ogni limitazione a tale diritto rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione (71).

91.      Di conseguenza, in linea di principio, dalle informazioni di cui dispone la Corte mi sembra risultare che le situazioni oggetto dei procedimenti principali costituiscano situazioni particolari ai sensi della giurisprudenza derivata dalla sentenza Ruiz Zambrano (72). Infatti, dette situazioni potrebbero comportare per i minori interessati il venir meno del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal loro status di cittadini dell’Unione. Ritengo pertanto che dette situazioni ricadano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

92.      Ciò premesso, occorre quindi esaminare se le decisioni nazionali oggetto del procedimento principale implichino un’ingerenza nel diritto di soggiorno di cui godono i minori di cui trattasi e se essa possa essere giustificata.

93.      È chiaro, a mio avviso, che esiste una potenziale ingerenza nei diritti dei minori di cui trattasi, cittadini dell’Unione, se, come risultato del diniego del permesso di soggiorno alle loro madri, essi fossero obbligati a lasciare, di fatto, il territorio dell’Unione complessivamente considerato. Ci si chiede se, in presenza di circostanze particolari come quelle in esame, tale ingerenza sia peraltro ammissibile.

c)      Sul rispetto del principio di proporzionalità e sul grado di dipendenza tra il genitore cittadino di uno Stato terzo e il figlio cittadino dell’Unione

94.      La questione preliminare che si pone è se la sola presenza del padre cittadino olandese nei Paesi Bassi (73) impedisca, sistematicamente, al figlio cittadino dell’Unione di beneficiare della protezione accordata dall’articolo 20 TFUE, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte.

95.      A mio avviso, la sola presenza del padre cittadino olandese nei Paesi Bassi non potrebbe, di per sé, giustificare le decisioni nazionali adottate nei procedimenti principali né rimettere in discussione il criterio della «privazione del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal loro status di cittadini» senza che il giudice del rinvio verifichi se le decisioni nazionali di cui trattasi rispettino il principio di proporzionalità, in particolare per quanto attiene alle loro conseguenze sulle condizioni dei figli delle ricorrenti nel procedimento principale, cittadini dell’Unione, alla luce del diritto dell’Unione (74).

96.      Nell’ambito del rispetto del principio di proporzionalità, numerosi sono gli interessi in gioco, vale a dire gli interessi nazionali in materia di immigrazione (75), i diritti dei cittadini dell’Unione, l’interesse superiore del minore e i diritti rientranti nell’ambito del diritto di famiglia nazionale come, segnatamente, il diritto di custodia.

97.      Così, al fine di verificare se le decisioni nazionali rispettino il principio di proporzionalità, devono essere presi in considerazione molti elementi, il più importante dei quali è, a mio avviso, il grado di dipendenza tra il genitore cittadino di uno Stato terzo e il figlio cittadino dell’Unione.

98.      A questo riguardo, è essenziale accertare chi sia responsabile «dal punto di vista legale, finanziario o affettivo» (76). Infatti, come già dichiarato dalla Corte, «è la relazione di dipendenza tra il cittadino dell’Unione in tenera età e il cittadino di un paese terzo al quale è negato un diritto di soggiorno che può mettere in discussione l’efficacia pratica della cittadinanza dell’Unione dal momento che è tale dipendenza a far sì che il cittadino dell’Unione sia costretto, di fatto, ad abbandonare non soltanto il territorio dello Stato membro del quale è cittadino, ma anche quello dell’Unione considerato nel suo complesso, come conseguenza di una siffatta decisione di diniego» (77).

99.      Ferma restando tale verifica che spetterà al giudice del rinvio compiere, dagli atti in possesso della Corte sembra risultare che detto rapporto di dipendenza esiste tra tutti i figli cittadini dell’Unione interessati e le loro rispettive madri, cittadine di uno Stato terzo (78).

100. Non solo, nell’ambito della ponderazione degli interessi in gioco e nella misura in cui le situazioni oggetto del procedimento principale ricadono nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, il giudice del rinvio deve tener conto anche dei diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto, in particolare, del diritto al rispetto della vita familiare, sancito dall’articolo 7 della Carta, posto che detto articolo dev’essere letto in combinato disposto con l’obbligo di tener conto dell’interesse superiore del figlio, riconosciuto all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta (79).

101. In tale contesto, mi sembra pertinente chiedersi se sia conforme al diritto dell’Unione limitare il diritto di soggiornare liberamente sul territorio dell’Unione al minore cittadino dell’Unione, in ragione soltanto di considerazioni quali la mancata prova che il padre non possa assumersi interamente la responsabilità sul figlio, laddove una considerazione di tal genere equivale parimenti ad affermare che non è stato neppure dimostrato che egli possa assumersi la responsabilità del figlio! A questo riguardo mi sembra importante rilevare che il giudice del rinvio ha spiegato che, nel caso di specie, non è stato accertato che una modifica dell’attribuzione del diritto di custodia sia ancora possibile(80).

102. Sono quindi indotto a ritenere, in conclusione, che, in casi come quelli oggetto dei procedimenti principali, sarebbe sproporzionato negare, in maniera automatica e sulla base della sola presenza del padre - cittadino dell’Unione - nello Stato membro interessato, un diritto di soggiorno derivato alle madri - cittadine di uno Stato terzo- di minori in tenera età che siano cittadini dell’Unione. Ricordo che ogni giustificazione di un’eccezione al diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione è «da intendersi in modo restrittivo, e la sua portata non può essere determinata unilateralmente dagli Stati membri» senza il controllo delle istituzioni dell’Unione (81).

d)      Conclusione interlocutoria

103. L’articolo 20 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro neghi al genitore cittadino di uno Stato terzo, affidatario della responsabilità genitoriale effettiva sul figlio in tenera età, cittadino dell’Unione, il diritto di soggiorno nello Stato membro di residenza di quest’ultimo e di cui il minore stesso sia cittadino, laddove tale diniego priverebbe il minore del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal suo status di cittadino dell’Unione, qualora non risulti dimostrato che l’altro genitore, cittadino dello stesso Stato membro possa assumersi la responsabilità esclusiva sul figlio. Non è sufficiente, tal riguardo, provare che non sia escluso che il padre possa essere in grado di occuparsi concretamente del figlio.

2.      Sulla terza questione pregiudiziale

104. La terza questione pregiudiziale verte sull’onere della prova relativa all’effettiva dipendenza del figlio cittadino dell’Unione dal genitore cittadino di uno Stato terzo.

105. Dalla decisione di rinvio emerge che la circolare sugli stranieri, cui si attengono gli organismi olandesi responsabili del versamento degli aiuti e delle prestazioni, prevede che l’onere di provare che il genitore olandese non possa occuparsi concretamente del figlio grava sul genitore cittadino dello Stato terzo. Quest’ultimo deve dimostrare che ostacoli oggettivi impediscono al genitore cittadino dell’Unione di occuparsi del figlio affinché possa essere riconosciuto che il vincolo di dipendenza del figlio nei confronti del genitore cittadino dello Stato terzo sia tale da costringerlo, di fatto, a lasciare il territorio dell’Unione nel caso in cui al genitore medesimo dovesse essere negato il diritto di soggiorno.

106. Il giudice del rinvio si chiede, a tal proposito, se tale disposizione della circolare sugli stranieri non corrisponda a un’interpretazione troppo restrittiva della sentenza Ruiz Zambrano (82).

107. Nelle proprie osservazioni scritte, il governo olandese ha sottolineato che l’onere della prova grava sulle richiedenti il permesso di soggiorno in forza della disposizione generale secondo cui chiunque si avvalga di determinati diritti o di determinati loro effetti deve dimostrare che tali diritti siano applicabili alla propria situazione.

108. A mio avviso, quando una parte afferma che il proprio caso ricade nell’ambito di applicazione dell’articolo 20 TFUE, spetta alle autorità nazionali di uno Stato membro esaminare d’ufficio se ricorrano o meno le condizioni di applicazione della disposizione medesima.

109. Nell’ambito della valutazione, da parte delle competenti autorità nazionali, delle condizioni necessarie affinché un cittadino di uno Stato terzo, genitore di un minore cittadino dell’Unione, possa beneficiare di un permesso di soggiorno, è chiaro che dette autorità devono affrontare, da un lato, aspetti direttamente collegati allo status di cittadino dell’Unione del minore e, dall’altro, aspetti attinenti strettamente al diritto di famiglia nazionale.

110. Quanto alle questioni attinenti allo status di cittadino dell’Unione riconosciuto al minore interessato, l’aspetto della ripartizione e dell’onere della prova non dovrebbe privare di effetto utile i diritti conferiti dal diritto dell’Unione. Mi sembra, quindi, che un’applicazione rigorosa della disciplina nazionale de qua relativa all’ onere della prova potrebbe compromettere l’effetto utile dell’articolo 20 TFUE.

111. Per quanto attiene alla valutazione degli aspetti del diritto di famiglia nazionale, laddove situazioni come quelle oggetto del procedimento principale ricadano nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione, le autorità nazionali competenti, tenuto conto dei principi di proporzionalità e dell’interesse superiore del minore, devono sollevare d’ufficio la questione preliminare relativa all’accertamento se la custodia del figlio possa essere assunta dall’altro genitore, cittadino dello Stato membro di cui il figlio possieda la cittadinanza e, quindi, cittadino dell’Unione.

112. Non solo, mi sembra contrario all’effetto utile dell’articolo 20 TFUE e ai principi generali del diritto, in particolare al principio di proporzionalità, obbligare il genitore cittadino di uno Stato terzo che assuma la custodia effettiva del minore, nel caso di specie la madre, a presentare un ricorso contrario ai propri interessi e, potenzialmente, agli interessi stessi del figlio. Si deve sottolineare che un ricorso di tal genere è diretto a far sì che la responsabilità genitoriale sia attribuita all’altro genitore al fine di dimostrare che il padre olandese non possa concretamente occuparsi del figlio e, di conseguenza, a far sì che sia riconosciuto un grado di dipendenza del figlio dalla madre al punto tale da essere costretto, di fatto, a lasciare il territorio dell’Unione nel caso in cui a quest’ultima dovesse essere negato il diritto di soggiorno (83).

113. Alla luce di tali rilievi, suggerisco alla Corte di rispondere alla terza questione nel senso che spetta alle competenti autorità dello Stato membro rilevare d’ufficio e accertare che la responsabilità genitoriale effettiva sul figlio possa essere assunta dall’altro genitore. Compete alle suddette autorità tener conto del complesso delle circostanze del caso di specie, nel rispetto dei principi di proporzionalità e del superiore interesse del minore.

V –    Conclusione

114. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Centrale Raad van Beroep (giudice d’appello competente in materia di pubblico impiego e sicurezza sociale, Paesi Bassi) nei seguenti termini:

1)         L’articolo 20 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro neghi al genitore cittadino di uno Stato terzo, affidatario della responsabilità genitoriale effettiva sul figlio in tenera età, cittadino dell’Unione, il diritto di soggiorno nello Stato membro di residenza di quest’ultimo e di cui il minore stesso sia cittadino, laddove tale diniego priverebbe il minore del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal suo status di cittadino dell’Unione, qualora non risulti dimostrato che l’altro genitore, cittadino dello stesso Stato membro possa assumersi la responsabilità esclusiva sul figlio. Non è sufficiente, tal riguardo, provare che non sia escluso che il padre possa essere in grado di occuparsi concretamente del figlio.

2)         Spetta alle competenti autorità dello Stato membro rilevare d’ufficio e accertare che la responsabilità genitoriale effettiva sul figlio possa essere assunta dall’altro genitore. Compete alle suddette autorità tener conto del complesso delle circostanze del caso di specie, nel rispetto dei principi di proporzionalità e del superiore interesse del minore.


1 – Lingua originale: il francese.


2 –      Sentenza dell’8 marzo 2011 (C‑34/09, EU:C:2011:124).


3 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77.)


4 – Dalla decisione di rinvio emerge che, nelle cause in materia di diritto degli stranieri, la giurisdizione suprema è la sezione di diritto amministrativo del Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi). Nelle cause relative alla Wet werk en bijstand (legge sul lavoro e l’assistenza sociale, in prosieguo: la «legge sull’assistenza sociale»), il giudice del rinvio è la massima istanza giurisdizionale. Nelle cause vertenti sull’Algemene Kinderbijslagwet (legge generale relativa al regime degli assegni familiari, in prosieguo: la «legge sugli assegni familiari»), le decisioni del giudice del rinvio possono ancora essere oggetto di impugnazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) con riguardo all’interpretazione della nozione di «assicurato», compresi gli aspetti di diritto internazionale di detta nozione.


5 – Si tratta di periodi trimestrali che si collocano, per ciascuna delle ricorrenti, tra il 2010 e il 2013.


6 –      Sentenza dell’8 marzo 2011 (C‑34/09, EU:C:2011:124).


7 –      Sentenza del 15 novembre 2011 (C‑256/11, EU:C:2011:734).


8 – Per una recente descrizione di tale costante giurisprudenza, v. sentenza dell’8 giugno 2016, Hünnebeck (C‑479/14, EU:C:2016:412, punto 36).


9 – Per una panoramica sull’acquis dell’Unione in materia di diritti dei minori, si veda EU acquis and policy documents on the rights of the child, Commissione europea, DG Giustizia, dicembre 2015, pagg. da 1 a 83.


10 – Detta convenzione è entrata in vigore il 2 settembre 1990.


11 – L’articolo 9, paragrafo 1, della convenzione medesima dispone che «[g]li Stati parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione è necessaria nell’interesse preminente del fanciullo. Una decisione in questo senso può essere necessaria in taluni casi particolari, ad esempio quando i genitori maltrattino o trascurino il fanciullo, oppure se vivano separati e una decisione debba essere presa riguardo al luogo di residenza del fanciullo».


12 – V. sentenza del 27 giugno 2006, Parlamento/Consiglio (C‑540/03, EU:C:2006:429, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).


13 – È ben vero che, le disposizioni della Carta si rivolgono, in forza del suo articolo 51, paragrafo 1, agli Stati membri unicamente quando essi danno attuazione al diritto dell’Unione. Tuttavia, nel caso di specie, se, dopo aver esaminato le situazioni controverse nei procedimenti principali, vi è motivo di ritenere che dette situazioni ricadano nel campo di applicazione del diritto dell’Unione, il giudice del rinvio dovrà valutare se il diniego del diritto di soggiorno delle ricorrenti nei procedimenti principali leda il diritto al rispetto della vita privata e familiare, sancito dall’articolo 7 della Carta. V., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2011, Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 72).


14 – V., anche, la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, del 15 febbraio 2011, dal titolo «Programma UE per i diritti dei minori» [COM(2011) 60 definitivo, pag. 3].


15 – V., in particolare, per quanto attiene al diritto al ricongiungimento familiare dei minori in tenera età che non si siano mai avvalsi del diritto alla libera circolazione e soggiornando sempre nello Stato membro di cui siano cittadini, la sentenza del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punti da 76 a 78). Per quanto attiene alla libera circolazione delle merci, v. sentenza del 14 febbraio 2008, Dynamic Medien (C‑244/06, EU:C:2008:85, punti da 39 a 42 e 52). Per quanto attiene al regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU 2003, L 338, pag. 1), v., in particolare, sentenza del 2 aprile 2009, A (C‑523/07, EU:C:2009:225, punti 61 e 64).


16 – Occorre osservare che la coerenza dell’ordinamento giuridico dell’Unione dev’essere il risultato di una lettura del diritto dell’Unione «non nel suo insieme, ma quanto insieme». V., in tal senso, Simon, D., «Cohérence et ordre juridique communautaire», Le droit, les institutions et les politiques de l’Union européenne face à l’impératif de cohérence, V. Michel (a cura di), Presses universitaires de Strasbourg, 2009, pag. da 25 a 40, e, in particolare, pag. 30. A questo proposito, Pierre Pescatore ha sottolineato l’importanza del giudice nel garantire la coerenza di un ordinamento giuridico complesso articolato sui rapporti dei sistemi tra più ordinamento giuridici. V. Pescatore, P., Le droit de l’intégration. Émergence d’un phénomène nouveau dans les relations internationales selon l’expérience des Communautés européennes, A.W. Sijthoff-Leiden, 1972, pag. 82.


17 – V. sentenza del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 20 e la giurisprudenza ivi citata). Il corsivo è mio.


18 – È il caso delle signore Nikolic, García Pérez, Uwituze, Enowassam e Guerrero Chavez. Per quanto attiene alle signore Chavez Vilchez, Pinas e Wip, v. paragrafo 52 supra.


19 – Dalla decisione di rinvio si evince che così è nel caso di Shalomie, Joe, Philomena e Salamo. V. paragrafi da 28 a 30 supra.


20 – Secondo il giudice del rinvio, questo è il caso di Angelina, Angely e Habibatou. V. paragrafi 23, 26 e 27 supra.


21 – Per quanto attiene al sig. Schwencke, padre di Angely, è stato sottolineato all’udienza che la sig.ra García Pérez era vittima di violenza domestica. Inoltre, in base alla decisione di rinvio, dall’anagrafe risulta che il sig. Schwencke è partito per il Costa Rica l’8 luglio 2009. V. paragrafo 26 supra.


22 – A questo riguardo, il rappresentante della sig.ra Nikolic ha spiegato all’udienza che il sig. Van de Pluijm, padre di Esther, è un genitore in giovane età che è stato collocato in un istituto per seguire un trattamento di lunga durata, ed è pertanto escluso che egli possa occuparsi del minore.


23 – Così, come risulta dalla decisione di rinvio, i padri rispettivamente di Shalomie, Philomena e Salamo contribuivano a dette spese di mantenimento. V. paragrafi da 28 a 30 supra.


24 – Secondo la descrizione dei fatti compiuta dal giudice del rinvio, questo è quanto avvenuto nel caso di Angelina, Shine, Esther, Angely e Habibatou. V. paragrafi da 23 a 27 supra.


25 – Dalla decisione di rinvio risulta che nel caso di Shine e di Philomena l’affidamento è congiunto. Occorre tuttavia osservare che Philomena abita con la madre in un centro di accoglienza. V. paragrafi 24 e 29 supra.


26 – La responsabilità genitoriale è riconosciuta in via esclusiva alla madre nei casi di Angelina, Esther, Angely, Habibatou, Shalomie, Joe e Salamo. V. paragrafi 23, da 25 a 28 e 30 supra.


27 – Questa è la situazione della sig.ra Guerrero Chavez e del figlio Salamo. V. paragrafo 30 supra.


28 – Questa situazione corrisponde a quella di Angelina, Esther, Angely, Habibatou e Philomena.


29 – Dalle osservazioni scritte della sig.ra Wip emerge che anche la sua richiesta di permesso di soggiorno nei Paesi Bassi sulla base dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (in prosieguo: la «CEDU») (firmata a Roma il 4 novembre 1950) era stata respinta. L’organo amministrativo aveva ritenuto che i rapporti tra il padre e Shalomie, figlia della sig.ra Wip, fossero insufficienti per riconoscere l’esistenza di una vita familiare.


30 –      Sentenza dell’8 marzo 2011 (C‑34/09, EU:C:2011:124).


31 –      Sentenza del 15 novembre 2011 (C‑256/11, EU:C:2011:734).


32 – V., in tal senso, in particolare, sentenze del 19 settembre 2013, Betriu Montull (C‑5/12, EU:C:2013:571, punto 41), e del 1o ottobre 2013, Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 20).


33 – V. sentenza del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 20 e la giurisprudenza ivi citata).


34 – Osservo che né la decisione di rinvio, né la documentazione di cui dispone la Corte indicano se lo Stato membro di nascita della figlia della sig.ra Chavez Vilchez sia la Repubblica federale di Germania o il Regno dei Paesi Bassi. In ogni caso, dalla suddetta decisione risulta che essa è cittadina olandese atteso che il padre, cittadino olandese, l’ha riconosciuta.


35 – Ricordo, a tal proposito, che gli eventuali diritti riconosciuti ai cittadini di uno Stato terzo dalle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di cittadinanza dell’Unione sono non diritti propri, ma diritti derivati dall’esercizio della libertà di circolazione da parte di un cittadino dell’Unione. V., in particolare, sentenze dell’8 maggio 2013, Ymeraga e a. (C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 35); del 1o ottobre 2013, Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 22), e del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 36).


36 – A questo proposito, se la sig.ra Chavez Vilchez è oggi in possesso di un permesso di soggiorno per i Paesi Bassi, è difficilmente ipotizzabile che la figlia si possa vedere costretta, di fatto, a lasciare l’Unione complessivamente considerata e privata, quindi, del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal loro status di cittadini dell’Unione.


37 – Dalle osservazioni scritte della sig.ra Chavez Vilchez emerge che, trovandosi senza più dimora con la figlia, i servizi di assistenza e polizia tedeschi hanno ritenuto preferibile che Angelina e sua madre si recassero nei Paesi Bassi, paese in cui Angelina, quale cittadina olandese, poteva godere di ogni diritto.


38 – V. sentenze del 25 luglio 2008, Metock e a. (C‑127/08, EU:C:2008:449, punto 83), e del 18 dicembre 2014, McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:2450, punto 33).


39 – V. sentenza del 7 luglio 1992, Singh (C‑370/90, EU:C:1992:296), in cui la Corte ha ritenuto che un cittadino che abbia fatto ritorno nello Stato membro di cui fosse cittadino per ivi esercitare un’attività lavorativa autonoma, dopo aver esercitato un’attività lavorativa subordinata per un determinato periodo di tempo in un altro Stato membro, ha il diritto, in forza dei Trattati e del diritto derivato, di essere accompagnato dal coniuge, cittadino di uno Stato terzo, a condizioni identiche a quelle previste dal diritto derivato.


40 – V. sentenza dell’11 dicembre 2007, Eind (C‑291/05, EU:C:2007:771). La Corte ha ritenuto che un cittadino di uno Stato membro che aveva fatto venire sua figlia da uno Stato terzo mentre egli lavorava in un altro Stato membro avesse il diritto di farsi accompagnare dalla stessa al suo rientro, in quanto inattivo, nello Stato membro del quale aveva la cittadinanza.


41 – Per un’analisi di detta giurisprudenza, v. paragrafi da 61 a 88 delle mie conclusioni nella causa McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:345).


42 – Nella sentenza del 7 luglio 1992, Singh (C‑370/90, EU:C:1992:296), i diritti di soggiorno derivati sono stati riconosciuti dalla Corte sulla base dell’articolo 52 CEE (divenuto articolo 49 TFUE) e della direttiva 73/148/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1973, relativa alla soppressione delle restrizioni allo spostamento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all’interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi (GU 1973, L 172, pag. 14), che è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2004/38. La motivazione della sentenza dell’11 dicembre 2007, Eind (C‑291/05, EU:C:2007:771), si fonda sia sulle disposizioni del Trattato (articolo 39 CE, divenuto articolo 45 TFUE) che su quelle del regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (GU 1968, L 257, pag. 2), modificato dalla direttiva 2004/38. Nella sentenza del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135), la Corte ha ritenuto che l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che la direttiva 2004/38 si applichi per analogia in una fattispecie in cui un cittadino dell’Unione abbia sviluppato o consolidato una vita familiare con un cittadino di un paese terzo nel corso di un soggiorno effettivo, ai sensi e nel rispetto delle condizioni enunciate agli articoli 7, paragrafi 1 e 2, o 16, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2004/38, in uno Stato membro diverso da quello di cui possiede la cittadinanza, e ritorni, con il familiare interessato, nello Stato membro del quale ha la cittadinanza. V., a tal proposito, i paragrafi 77 e segg. delle mie conclusioni nella causa McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:345).


43 – Sentenza del 18 dicembre 2014 (C‑202/13, EU:C:2014:2450).


44 – V. sentenza del 18 dicembre 2014, McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:2450, punto 31). V., inoltre, sentenza del 12 marzo 2014, O. e B (C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).


45 – V. sentenza del 25 luglio 2008, Metock e a. (C‑127/08, EU:C:2008:449, punto 84).


46 – Sentenza del 18 dicembre 2014, McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:2450).


47 – Ricordo che detto spostamento era legato all’esercizio della libera circolazione del padre, cittadino olandese, al fine di stabilirsi e lavorare in un altro Stato membro. A mio avviso, la giurisprudenza richiamata supra può quindi certamente trovare applicazione analogica.


48 – V. nota 37 supra.


49 – A tal proposito, osservo che, in assenza di un permesso di soggiorno, la normativa nazionale non consente al familiare di un cittadino dell’Unione che sia cittadino di uno Stato terzo di svolgere attività lavorativa.


50 – V. sentenza del 1o ottobre 2013, Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 33).


51 – V., in particolare, sentenze del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 45); dell’8 novembre 2012, Iida (C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 69), e del 1o ottobre 2013, Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 28).


52 – V., in particolare, sentenze del 17 settembre 2002, Baumbast e R (C‑413/99, EU:C:2002:493, punti 84 e 85) e del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 26).


53      V., in particolare, sentenze del 17 settembre 2002, Baumbast e R (C‑413/99, EU:C:2002:493, punto 91) e del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 32).


54 – Dalla dottrina emerge che, nell’ambito dell’articolo 20 TFUE, non è più corretto impiegare i termini «cittadini di uno Stato terzo». Nel quadro della direttiva 2004/38, nell’ambito della quale l’esercizio del diritto di circolare e di soggiornare riguarda due Stati membri (quello di cui il cittadino dell’Unione ha la cittadinanza e quello ospitante), il familiare del cittadino dell’Unione è, in effetti, cittadino di uno Stato terzo. Tuttavia, nell’ambito dell’articolo 20 TFUE, come interpretato dalla giurisprudenza, è interessato un unico Stato membro, ossia quello di cui il cittadino dell’Unione ha la cittadinanza. Di conseguenza, posto che il familiare di detto cittadino non è cittadino di uno «Stato terzo», si suggerisce di utilizzare un termine diverso, come «cittadino non‑UE» o «cittadino non europeo». V., in tal senso, Davies, G., «The Family Rights of European Children: Expulsion of non-Europeans Parents», EUI Working Papers, RSCAS 2012/04, pagg. da 1 a 22, pag. 3. Tuttavia, nelle presenti conclusioni, viene fatto ricorso al termine «cittadino di uno Stato terzo» come riferito a un cittadino di uno Stato non membro dell’Unione.


55 – Per una panoramica della giurisprudenza della Corte in materia di cittadinanza dell’Unione, v. Trifonidou, A., The Impact of Union Citizenship on the EÙs Market Freedoms, Hartpublishing, 2016, pagg. da 23 a 58. L’autore esamina la giurisprudenza in quattro tappe, ossia l’infanzia (1993‑1997), la crescita e lo sviluppo (1998‑2005), l’adolescenza (2006‑2009) e la vita adulta (dal 2010).


56 – V., in tal senso, Barnard, C., The Substantive Law of the EU. The Four Freedoms, Oxford (Oxford University Press), 2013, pagg. 431 e 432. L’autore ritiene che la cittadinanza sia «il collante che permette di legare i cittadini di tutti gli Stati membri».


57 – V. articolo 3 TUE.


58 – V. paragrafo 53 delle conclusioni dell’avvocato generale Lenz nella causa Faccini Dori (C‑91/92, EU:C:1994:45).


59 – V. paragrafo 63 delle conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa Boukhalfa (C‑214/94, EU:C:1995:381). In tal senso, si veda anche il paragrafo 50 delle conclusioni dell’avvocato generale La Pergola nelle causa riunite Stöber e Piosa Pereira (C‑4/95 e C‑5/95, EU:C:1996:225). Il corsivo è mio.


60 – Paragrafo 34 delle conclusioni dell’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer nelle cause riunite Shingara e Radiom (C‑65/95 e C‑111/95, EU:C:1996:451). Il corsivo è mio. Molto di recente, l’avvocato generale Wathelet ha sottolineato, nelle sue conclusioni nella causa NA (C‑115/15, EU:C:2016:259, paragrafo 111), che posto che lo status di cittadino dell’Unione è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini dell’Unione, «[n]on può trattarsi di una conchiglia vuota».


61 – V., su tale aspetto, paragrafi 107 e segg. delle mie conclusioni nelle cause riunite Rendón Marín e CS (C‑165/14 e C‑304/14, EU:C:2016:75).


62 – Sentenza dell’8 marzo 2011 (C‑34/09, EU:C:2011:124). Il carattere non incidentale di tale pronuncia della Corte è, a mio avviso, più che evidente. A tal proposito, come sottolineato già ai paragrafi da 111 a 115 e 117 delle mie conclusioni nelle cause riunite Rendón Marín e CS (C‑165/14 e C‑304/14, EU:C:2016:75), la menzionata sentenza è il risultato di un’evoluzione giurisprudenziale più vasta che ha costituito il fondamento della soluzione accolta nella sentenza Ruiz Zambrano.


63 – Sentenza del 15 novembre 2011 (C‑256/11, EU:C:2011:734).


64 – Atteso che le fattispecie dei figli delle sig.re Chavez‑Vilchez e Wip, le cui madri hanno di recente ottenuto un permesso di soggiorno, rispettivamente nei Paesi Bassi (sulla base dell’articolo 8 della CEDU) e in Belgio, sono state analizzate ai paragrafi da 61 a 77 supra, mi concentrerà sulla questione se le fattispecie delle altre sei ricorrenti nei procedimenti principali e dei loro rispettivi figli rientrino nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.


65 – Per quanto attiene alla sig.ra Pinas, ricordo che, come emerge dalla decisione di rinvio, ha ottenuto un permesso di soggiorno per un periodo determinato, circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare. Non esiste, quindi, in linea di principio alcun rischio di espulsione e la figlia non può essere di fatto tenuta a lasciare i Paesi Bassi. Spetta tuttavia al giudice del rinvio esaminare la situazione della sig.ra Pinas alla luce dell’articolo 20 TFUE ove dovesse accertare che quest’ultima non è più in possesso di un valido permesso di soggiorno per il Paesi Bassi.


66 – Sentenza dell’8 marzo 2011 (C‑34/09, EU:C:2011:124, punto 42). Come già esposto nel paragrafo 116 delle mie conclusioni nelle cause riunite Rendón Marín e CS (C‑165/14 e C‑304/14, EU:C:2016:75), la sentenza Ruiz Zambrano è intesa al riconoscimento dei diritti rivendicati da cittadini degli Stati membri che, in quanto cittadini dell’Unione, esprimono il loro bisogno di tutela giuridica e la loro domanda di integrazione non solo nello Stato membro ospitante, ma anche nel proprio Stato membro. Infatti, la circostanza che i cittadini degli Stati membri si vedano riconoscere uno status fondamentale come la cittadinanza dell’Unione implica, secondo la Corte, che il diritto dell’Unione osti a provvedimenti nazionali che abbiano l’effetto di privarli del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti da tale status. Una situazione del genere si verificherebbe qualora un cittadino di uno Stato terzo, che da solo si faccia carico dei propri figli in tenera età, cittadini dell’Unione, si vedesse rifiutare il diritto di soggiornare nello Stato membro nel quale questi ultimi risiedono e del quale possiedono la cittadinanza, dal momento che tale provvedimento obbligherebbe anche tali figli a lasciare il territorio dell’Unione.


67 –      Sentenza dell’8 marzo 2011 (C‑34/09, EU:C:2011:124).


68 – Sentenze dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124, punti 43 e 44) e del 15 novembre 2011, Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 67). V. anche le sentenze dell’8 novembre 2012, Iida (C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 71); del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 48); dell’8 maggio 2013, Ymeraga e a. (C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 36), e del 1o ottobre 2013, Alokpa e Moudoulou (C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 32). In particolare, il sig. Dereci era un cittadino turco la cui moglie e i tre figli avevano la cittadinanza austriaca, paese in cui egli desiderava vivere con loro. In tale situazione, né i tre figli, né la madre venivano privati del godimento dell’essenza dei loro diritti posto che, diversamente a quanto accaduto nel caso oggetto della sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), detti minori non dipendevano per la loro sussistenza dal padre e potevano quindi restare in Austria.


69 – Sentenze del 7 luglio 1992, Micheletti e a. (C‑369/90, EU:C:1992:295, punto 29) e del 2 marzo 2010, Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104, punto 39).


70 – Sentenze del 2 ottobre 2003, Garcia Avello (C‑148/02, EU:C:2003:539, punto 21), e del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 21). V., inoltre, i paragrafi da 47 a 52 delle conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:307).


71 – V. il paragrafo 120 delle mie conclusioni nelle cause riunite Rendón Marín et CS (C‑165/14 e C‑304/14, EU:C:2016:75). Il fatto che essi non beneficino, quali cittadini dell’Unione, di tale diritto non dipende dal mancato esercizio del loro diritto di circolare e soggiornare liberamente sul territorio dell’Unione. Ricordo invece che le disposizioni del Trattato in materia di cittadinanza dell’Unione non conferiscono alcun diritto autonomo ai cittadini di uno Stato terzo. V. sentenze dell’8 novembre 2012, Iida (C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 66) e dell’8 maggio 2013, Ymeraga e a. (C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 34).


72 – Sentenza dell’8 marzo 2011 (C‑34/09, EU:C:2011:124). Ricordo che dette situazioni particolari, in cui il cittadino dell’Unione non ha esercitato il suo diritto di libera circolazione, si caratterizzano per il fatto che «sebbene siano disciplinate da normative che rientrano a priori nella competenza degli Stati membri, vale a dire le normative sul diritto di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi al di fuori del campo di applicazione delle disposizioni del diritto derivato che, in presenza di determinate condizioni, prevedono il conferimento di un siffatto diritto, esse hanno tuttavia un rapporto intrinseco con la libertà di circolazione di un cittadino dell’Unione, che osta a che tale diritto di ingresso e di soggiorno sia negato ai suddetti cittadini nello Stato membro in cui risiede il cittadino di cui trattasi, al fine di non pregiudicare tale libertà». V. sentenze dell’8 novembre 2012, Iida (C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 72), e dell’8 maggio 2013, Ymeraga e a. (C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 37).


73 – Ricordo che il sig. Schwencke, padre di Angely, è irreperibile e che, in base alle risultanze dell’anagrafe, non risiede nei Paesi Bassi dal 2009.


74 – V., per analogia, sentenza del 2 marzo 2010, Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104, punti da 54 a 56).


75 – Sul principio di attribuzione delle competenze nel settore del diritto di immigrazione, si vedano i paragrafi 74 e 75 delle mie conclusioni nelle cause riunite Rendón Marín e CS (C‑165/14 e C‑304/14, EU:C:2016:75): «gli Stati membri conservano, in linea di principio, le loro competenze nell’ambito del diritto in materia di immigrazione. (…) Per contro, in presenza di una situazione in cui i diritti di circolare e di soggiornare liberamente in forza del diritto dell’Unione siano controversi, il margine di valutazione di cui dispongono gli Stati membri in materia di immigrazione non può arrecare pregiudizio all’applicazione delle disposizioni concernenti la cittadinanza dell’Unione o la libertà di circolazione, anche qualora tali disposizioni riguardino non solo la situazione di un cittadino dell’Unione, ma anche quella di un cittadino di uno Stato terzo suo familiare».


76 – Propendo per questa nozione, impiegata dalla Corte, con riguardo al ricongiungimento familiare, nella sentenza del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 56). Il corsivo è mio. A mio parere, detta nozione è equivalente a quella di «custodia effettiva».


77 – V. sentenze dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124, punti 43 e 45); del 15 novembre 2011, Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734, punti da 65 a 67), e del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 56).


78 – Tale valutazione si impone anche nei due casi in cui, in base alla legge, la responsabilità sia condivisa ex lege, ossia il caso di Shine, figlia della sig.ra Pinas, e quello di Philomena, figlia della sig.ra Enowassam. Occorre, infatti, sottolineare che quest’ultima risiede con la figlia in un centro di accoglienza.


79 – V., a tal proposito, il paragrafo 125 delle conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa NA (C‑115/15, EU:C:2016:259): «[l]’integrazione dell’articolo 7 della Carta nella riflessione del giudice nazionale relativa all’applicazione dell’articolo 20 TFUE non mi sembra peraltro idonea a comportare un’estensione dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, estensione che sarebbe contraria all’articolo 51, paragrafo 2, della Carta».


80 – Desidero rilevare che, come emerge dagli atti in possesso della Corte, secondo la prassi amministrativa olandese, quando un padre è irreperibile, ha turbe psichiche gravi, esercita violenza domestica a carico della madre (come nel caso della sig.ra García Pérez), è ricoverato in un centro specializzato per un trattamento di lunga durata (come nel caso del sig. Van de Pluijm, padre di Esther) o, da molto tempo, non ha alcun contatto con il minore (come nel caso dei figli delle sig.re García Pérez e Uwituze), questi non si troverebbe nell’impossibilità di fatto di occuparsi dei figli!


81 – Sentenza Commissione/Paesi Bassi (C‑50/06, EU:C:2007:325, punto 42 e la giurisprudenza ivi citata).


82 – Sentenza dell’8 marzo 2011, C‑34/09, EU:C:2011:124.


83 – Tanto dagli atti in possesso della Corte quanto dalle osservazioni presentate all’udienza emerge che, al fine di provare che il padre olandese non possa occuparsi del figlio, la madre cittadina di uno Stato terzo affidataria della responsabilità effettiva del medesimo, è tenuta ad avviare, persino contro la sua volontà, una procedura di diritto di famiglia per far accertare l’incapacità del padre a occuparsi del minore.