Language of document : ECLI:EU:C:2017:354

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

10 maggio 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Articolo 20 TFUE – Diritto di soggiorno in uno Stato membro costituente un presupposto per l’accesso agli aiuti sociali ed agli assegni familiari – Cittadino di un paese terzo che si assume l’onere quotidiano ed effettivo del proprio figlio minorenne, cittadino di tale Stato membro – Obbligo per il cittadino di un paese terzo di dimostrare l’incapacità dell’altro genitore, cittadino di questo Stato membro, di occuparsi del figlio minorenne – Rifiuto di soggiorno che può obbligare il minore a lasciare il territorio dello Stato membro, o persino il territorio dell’Unione»

Nella causa C‑133/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Centrale Raad van Beroep (Corte d’appello per le questioni in materia di sicurezza sociale e di funzione pubblica, Paesi Bassi), con decisione del 16 marzo 2015, pervenuta in cancelleria il 18 marzo 2015, nel procedimento

H. C. ChavezVilchez,

P. Pinas,

U. Nikolic,

X. V. Garcia Perez,

J. Uwituze,

I. O. Enowassam,

A. E. Guerrero Chavez,

Y. R. L. Wip

contro

Raad van bestuur van de Sociale verzekeringsbank,

College van burgemeester en wethouders van de gemeente Arnhem,

College van burgemeester en wethouders van de gemeente ’s-Gravenhage,

College van burgemeester en wethouders van de gemeente ’s-Hertogenbosch,

College van burgemeester en wethouders van de gemeente Amsterdam,

College van burgemeester en wethouders van de gemeente Rijswijk,

College van burgemeester en wethouders van de gemeente Rotterdam,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič, J. L. da Cruz Vilaça, E. Juhász, M. Berger, A. Prechal ed E. Regan, presidenti di sezione, A. Rosas (relatore), C. Toader, M. Safjan, D. Šváby, E. Jarašiūnas e C. G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 maggio 2016,

considerate le osservazioni presentate:

–        per A. E. Guerrero Chavez, I. O. Enowassam, J. Uwituze, X. V. Garcia Perez, U. Nikolic, P. Pinas e H. C. Chavez‑Vilchez, da E. Cerezo‑Weijsenfeld, J. Kruseman, S. Çakici‑Reinders e W. Fischer, advocaten;

–        per Y. R. L. Wip, da H. de Roo e T. Weterings, advocaten;

–        per il governo neerlandese, da C. S. Schillemans e M. K. Bulterman, in qualità di agenti;

–        per il governo belga, da C. Pochet, M. Jacobs e S. Vanrie, in qualità di agenti;

–        per il governo danese, da C. Thorning, M. Lyshøj e M. Wolff, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, da R. Coesme, in qualità di agente;

–        per il governo lituano, da R. Krasuckaitė e V. Čepaitė, in qualità di agenti;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per il governo del Regno Unito, da V. Kaye, C. Crane e M. Holt, in qualità di agenti, assistiti da D. Blundell e B. Lask, barristers;

–        per il governo norvegese, da I. Jansen e M. K. Moen, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da D. Maidani, C. Tufvesson e G. Wils, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 settembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di decisione pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 20 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di controversie che oppongono la sig.ra H. C. Chavez‑Vilchez e altre sette cittadine di paesi terzi, madri di uno o più figli minorenni di nazionalità neerlandese, dei quali esse hanno la responsabilità quotidiana e effettiva, alle competenti autorità neerlandesi, e vertenti sul rigetto delle loro domande di aiuto sociale e di assegni familiari, determinato dal fatto che esse non disponevano di un diritto di soggiorno nei Paesi Bassi.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        L’articolo 2 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e, per rettifica, GU 2004, L 229, pag. 35, e GU 2005, L 197, pag. 34), intitolato «Definizioni», recita:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1)      “cittadino dell’Unione”: qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro;

2)      “familiare”:

(…)

d)      gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b);

3)      “Stato membro ospitante”: lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno».

4        L’articolo 3 di questa stessa direttiva, intitolato «Aventi diritto», prevede, al paragrafo 1, quanto segue:

«La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo».

5        L’articolo 5 della direttiva 2004/38, intitolato «Diritto d’ingresso», così dispone:

«1.      Senza pregiudizio delle disposizioni applicabili ai controlli dei documenti di viaggio alle frontiere nazionali, gli Stati membri ammettono nel loro territorio il cittadino dell’Unione munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità, nonché i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, muniti di valido passaporto.

Nessun visto d’ingresso né alcuna formalità equivalente possono essere prescritti al cittadino dell’Unione.

2.      I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro sono soltanto assoggettati all’obbligo del visto d’ingresso, conformemente al regolamento (CE) n. 539/2001 [del Consiglio, del 15 marzo 2001, che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (GU 2001, L 81, pag. 1)] o, se del caso, alla legislazione nazionale. Ai fini della presente direttiva il possesso della carta di soggiorno di cui all’articolo 10, in corso di validità, esonera detti familiari dal requisito di ottenere tale visto.

Gli Stati membri concedono a dette persone ogni agevolazione affinché ottengano i visti necessari. Tali visti sono rilasciati il più presto possibile in base a una procedura accelerata e sono gratuiti.

(…)».

6        L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della citata direttiva è formulato nei seguenti termini:

«1.      Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:

a)      di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o

b)      di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o

c)      –      (…)

–      di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno; o

d)      di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione rispondente alle condizioni di cui alle lettere a), b) o c).

2.      Il diritto di soggiorno di cui al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alla condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c)».

 Diritto neerlandese

7        L’articolo 1 della Vreemdelingenwet 2000 (legge del 2000 sugli stranieri), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: la «legge sugli stranieri»), dispone quanto segue:

«Ai sensi della presente legge e delle disposizioni adottate in base ad essa, si intende per:

(…)

e)      cittadini comunitari:

1.      i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea che, in base al Trattato istitutivo della Comunità europea, sono autorizzati a fare ingresso e a soggiornare nel territorio di un altro Stato membro;

2.      i familiari delle persone di cui al punto 1 aventi la cittadinanza di un paese terzo e che, in forza di una decisione adottata in esecuzione del Trattato istitutivo della Comunità europea, sono autorizzati a fare ingresso e a soggiornare nel territorio di uno Stato membro;

(…)».

8        L’articolo 8 della legge suddetta recita:

«Allo straniero è riconosciuto il soggiorno regolare nei Paesi Bassi soltanto:

(…)

e)      in quanto cittadino comunitario, nei limiti in cui egli soggiorni nei Paesi Bassi in forza di una normativa adottata ai sensi del Trattato istitutivo della Comunità europea o dell’Accordo sullo Spazio economico europeo;

f)      qualora, in attesa della decisione su una domanda di permesso di soggiorno (…), l’espulsione del richiedente debba essere sospesa, conformemente alle disposizioni della presente legge o adottate in forza della stessa ovvero in base a una decisione giurisdizionale, fino a che non si sarà statuito su detta domanda;

g)      qualora, in attesa della decisione su una domanda di permesso di soggiorno (…) o di proroga della validità di un permesso di soggiorno (…) o di modifica del medesimo, l’espulsione del richiedente debba essere sospesa, conformemente alle disposizioni della presente legge o adottate in forza della stessa ovvero in base a una decisione giurisdizionale, fino a che non si sarà statuito su detta domanda;

h)      qualora, in attesa della decisione su un ricorso amministrativo o giurisdizionale, l’espulsione del richiedente debba essere sospesa, conformemente alle disposizioni della presente legge o adottate in forza della stessa ovvero in base a una decisione giurisdizionale, fino a che non si sarà statuito su detto ricorso».

9        L’articolo 10 delle legge sugli stranieri così dispone:

«1.      Lo straniero che non si trova in una situazione di soggiorno regolare non ha diritto a prestazioni, indennità e sussidi concessi in base a decisione di un organo amministrativo. Il primo periodo del presente paragrafo si applica mutatis mutandis alle esenzioni o alle autorizzazioni concesse per legge o per disposizione amministrativa di carattere generale.

2.      Deroghe al paragrafo 1 sono consentite se la pretesa fatta valere riguarda l’istruzione, la prestazione di cure mediche indispensabili, la prevenzione di rischi per la salute pubblica o il patrocinio giuridico allo straniero.

3.      La concessione di prestazioni non conferisce un diritto al soggiorno regolare».

10      La Vreemdelingencirculaire 2000 (circolare del 2000 sugli stranieri), nella versione applicabile alle controversie di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «circolare sugli stranieri»), comprende un insieme di disposizioni dettate dal Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie (Segretario di Stato per la Sicurezza e la Giustizia, Paesi Bassi). Tale circolare è accessibile a tutti e ciascuno può invocarne le disposizioni. Nell’esaminare le domande di titoli di soggiorno, l’autorità nazionale competente – nella fattispecie l’Immigratie- en Naturalisatiedienst (Servizio dell’immigrazione e delle naturalizzazioni, Paesi Bassi; in prosieguo: l’«IND») – è tenuta a rispettare le suddette disposizioni. Detta autorità può discostarsi da queste ultime soltanto in maniera motivata e in casi eccezionali che non siano stati presi in considerazione al momento della redazione di tali disposizioni.

11      Il paragrafo 2.2. della parte B della circolare sugli stranieri dispone quanto segue:

«Uno straniero si trova in una situazione di soggiorno regolare ai sensi (…) della [legge sugli stranieri] qualora egli soddisfi tutte le seguenti condizioni:

–      lo straniero abbia un figlio minorenne che possiede la cittadinanza neerlandese;

–      tale figlio sia a carico dello straniero ed abiti presso di lui, e

–      in caso di diniego del diritto di soggiorno allo straniero, il figlio dovrebbe seguire lo straniero e lasciare il territorio dell’Unione europea.

In ogni caso, l’IND non presume che il figlio [il cui padre o la cui madre sia straniero o straniera] debba seguire [il genitore straniero] e lasciare il territorio dell’Unione europea, qualora vi sia un altro genitore che si trovi in una situazione di soggiorno regolare in forza (…) della legge sugli stranieri, ovvero che abbia la cittadinanza neerlandese, e tale genitore sia effettivamente in grado di occuparsi del figlio.

In ogni caso l’IND presume che l’altro genitore sia effettivamente in grado di occuparsi del figlio qualora:

–      l’altro genitore abbia l’affidamento del figlio, ovvero tale affidamento possa ancora essergli attribuito, e

–      l’altro genitore possa avvalersi, per la cura e l’educazione, di aiuto e di assistenza forniti dallo Stato o dalle organizzazioni sociali. Tra tali prestazioni l’IND include anche il versamento di un’indennità a carico delle risorse generali dello Stato, alla quale in linea di principio hanno diritto i cittadini neerlandesi nei Paesi Bassi.

In ogni caso, l’IND presume che l’altro genitore non sia effettivamente in grado di occuparsi del figlio qualora tale genitore:

–      si trovi in stato di detenzione, o

–      dimostri che non può essergli conferito l’affidamento del figlio».

12      A norma della Wet werk en bijstand (legge sul lavoro e sugli aiuti sociali; in prosieguo: la «legge sugli aiuti sociali») e della Algemene Kinderbijslagwet (legge generale sugli assegni familiari; in prosieguo: la «legge sugli assegni familiari»), i genitori aventi la cittadinanza di paesi terzi devono risiedere legalmente nei Paesi Bassi e dunque beneficiare di un diritto di soggiorno per poter chiedere gli aiuti sociali e gli assegni familiari.

13      Il 1o luglio 1998 è entrata in vigore la Wet tot wijziging van de Vreemdelingenwet en enige andere wetten teneinde de aanspraak van vreemdelingen jegens bestuursorganen op verstrekkingen, voorzieningen, uitkeringen, ontheffingen en vergunningen te koppelen aan het rechtmatig verblijf van de vreemdeling in Nederland (legge recante modifiche della legge sugli stranieri e di alcune altre leggi al fine di subordinare al soggiorno regolare nei Paesi Bassi la richiesta, da parte degli stranieri, dinanzi agli organi amministrativi, di prestazioni, assegni, esenzioni ed autorizzazioni), del 26 marzo 1998 (Stb. 1998, n. 203). Per gli stranieri diversi dai cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea, tale legge ha introdotto, nella normativa in materia di aiuti sociali, il requisito consistente nella necessità di ottenere dall’autorità competente un titolo di soggiorno al fine di essere equiparato a un cittadino neerlandese e, nella legge sugli assegni familiari, un obbligo equivalente necessario per essere considerato quale assicurato.

14      La domanda di permesso di soggiorno deve essere presentata dinanzi all’IND. Tale servizio decide sul diritto di soggiorno in nome del Segretario di Stato per la Sicurezza e la Giustizia.

15      Le domande di assegni familiari ai sensi della legge sugli assegni familiari vengono presentate dinanzi alla Sociale verzekeringsbank (Cassa di previdenza sociale, Paesi Bassi; in prosieguo: la «SvB»).

16      Le domande di aiuto      sociale ai sensi della legge sugli aiuti sociali devono essere presentate dinanzi alla giunta comunale del Comune nel quale l’interessato è domiciliato.

17      L’articolo 11 della legge sugli aiuti sociali enuncia quanto segue:

«1.      Ogni cittadino neerlandese residente nei Paesi Bassi che, nel paese, si trovi o rischi di trovarsi in una situazione in cui non disponga dei mezzi necessari al proprio sostentamento ha diritto all’assistenza sociale accordata dalle autorità pubbliche.

2.      Al cittadino neerlandese di cui al paragrafo 1 viene equiparato lo straniero residente nei Paesi Bassi e che ivi soggiorni regolarmente ai sensi dell’articolo 8, lettere da a) ad e) nonché l), della [legge sugli stranieri], ad eccezione dei casi di cui all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva [2004/38].

(…)».

18      L’articolo 16 della legge sugli aiuti sociali dispone quanto segue:

«1.      In deroga alla presente sezione, la giunta [comunale] può, alla luce di tutte le circostanze, può concedere assistenza sociale a una persona che non ne ha diritto qualora circostanze molto gravi lo richiedano.

2.      Il paragrafo 1 non si applica a stranieri diversi da quelli di cui all’articolo 11, paragrafi 2 e 3».

19      L’articolo 6 della legge sugli assegni familiari è formulato nei seguenti termini:

«1.      Per assicurato ai sensi delle disposizioni della presente legge si intende la persona che:

a)      sia residente;

b)      non sia residente ma sia assoggettata all’imposta sul reddito a motivo di un’attività di lavoro subordinato esercitata nei Paesi Bassi.

2.      Non sono assicurati gli stranieri che non soggiornano in maniera regolare nei Paesi Bassi ai sensi dell’articolo 8, lettere da a) ad e) nonché l), della [legge sugli stranieri]».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

20      Le otto controversie di cui al procedimento principale riguardano domande di aiuti sociali (bijstandsuitkering) e di assegni familiari (kinderbijslag), presentate dinanzi ad autorità neerlandesi competenti ai sensi, rispettivamente, della legge sugli aiuti sociali e della legge sugli assegni familiari da donne cittadine di paesi terzi, madri di uno o più figli aventi la cittadinanza neerlandese, e il cui padre è pure cittadino neerlandese. Tali figli sono stati tutti riconosciuti dai rispettivi padri, ma vivono principalmente con le loro madri.

21      La sig.ra Chavez‑Vilchez, cittadina venezuelana, è entrata con un visto turistico nei Paesi Bassi nel corso dell’anno 2007 o dell’anno 2008. Dalla sua relazione con un cittadino neerlandese è nato, il 30 marzo 2009, un bambino che possiede la cittadinanza neerlandese. I genitori e il bambino hanno vissuto in Germania fino al mese di giugno 2011, nel corso del quale la sig.ra Chavez‑Vilchez e suo figlio sono stati costretti a lasciare l’alloggio familiare. Essi si sono presentati nel centro di accoglienza d’urgenza del Comune di Arnhem (Paesi Bassi) dove hanno soggiornato per un certo periodo. La sig.ra Chavez-Vilchez ha da allora la cura e custodia del proprio figlio ed ha dichiarato che il padre di quest’ultimo non contribuiva né al suo mantenimento né alla sua educazione.

22      La sig.ra Pinas, cittadina surinamese, era titolare dall’anno 2004 di un permesso di soggiorno nei Paesi Bassi, che le è stato ritirato nel corso dell’anno 2006. Essa è domiciliata in Almere (Paesi Bassi) ed è madre di quattro figli. Uno di questi figli, nato il 23 dicembre 2009 dalla sua relazione con un cittadino neerlandese, possiede per tale motivo la cittadinanza neerlandese. La sig.ra Pinas condivide con il padre la responsabilità genitoriale per il loro figlio comune, ma essi vivono separatamente, e il padre non contribuisce al mantenimento del bambino. I due genitori restano in contatto, ma non è stato concordato alcun regolamento del diritto di visita. Il 17 maggio 2011, la sig.ra Pinas e i suoi figli si sono visti accordare un permesso di soggiorno per una durata determinata. Grazie a tale permesso, è stato concesso un assegno familiare a partire dal terzo trimestre dell’anno 2011.

23      La sig.ra Nikolic è arrivata dall’ex Jugoslavia nei Paesi Bassi nel corso dell’anno 2003. La sua nazionalità rimane incerta, in assenza di documenti di identità. La sua domanda di permesso di soggiorno è stata respinta nel corso dell’anno 2009. Il 26 gennaio 2010, dalla sua relazione con un cittadino neerlandese è nato un bambino, che possiede la cittadinanza neerlandese. La sig.ra Nikolic è domiciliata in Amsterdam (Paesi Bassi) ed ha l’affidamento di suo figlio. Entrambi vivono in un centro di accoglienza del loro comune. La sig.ra Nikolic ha dichiarato di non poter coabitare con il padre del suo bambino, mentre quest’ultimo è stato collocato in un istituto per la gioventù nell’ambito del quale seguiva un programma di alloggio assistito.

24      La sig.ra García Pérez, cittadina nicaraguense, è arrivata dal Costarica nei Paesi Bassi nel corso dell’anno 2001 o 2002, accompagnata da un cittadino neerlandese. Il 9 aprile 2008, dalla relazione tra i due è nato un bambino, che possiede la cittadinanza neerlandese. La sig.ra García Pérez è domiciliata in Haarlem (Paesi Bassi) e vive in un centro di accoglienza di questo comune. Essa ha l’affidamento del suo bambino, mentre il padre di quest’ultimo non contribuisce al suo mantenimento e non si conosce il suo domicilio.

25      Il 12 dicembre 2011 la sig.ra Uwituze, cittadina ruandese, ha dato alla luce un bambino che, come il padre dello stesso, ha la cittadinanza neerlandese. Tale padre non contribuisce né al mantenimento né all’educazione del bambino. Egli ha dichiarato che non può né vuole occuparsi di lui. La sig.ra Uwituze è domiciliata in ’s-Hertogenbosch (Paesi Bassi) e vive con suo figlio in un centro di accoglienza di tale comune.

26      La sig.ra Wip, cittadina surinamese, ha dato alla luce due bambini, rispettivamente il 25 novembre 2009 e il 23 novembre 2012. Come il loro padre, i bambini possiedono la cittadinanza neerlandese. I genitori sono separati, ma il padre continua ad intrattenere dei contatti con i figli più volte alla settimana. Egli riceve un aiuto sociale nonché un assegno familiare. Egli non contribuisce al mantenimento dei figli e si limita a trasferire l’assegno familiare alla sig.ra Wip. Durante il periodo che rileva ai fini del procedimento principale, la sig.ra Wip era domiciliata in Amsterdam.

27      La sig.ra Enowassam, cittadina camerunense, è arrivata nei Paesi Bassi nel corso dell’anno 1999. Dalla sua relazione con un cittadino neerlandese è nato, il 2 maggio 2008, un bambino, che possiede la cittadinanza neerlandese. I genitori hanno l’affidamento congiunto del loro figlio, ma vivono separati. Il bambino è registrato come domiciliato presso l’indirizzo del padre, ma abita in realtà con la madre, la quale risiede in una struttura di accoglienza d’urgenza del Comune dell’Aia (Paesi Bassi). Il bambino abita per tre fine settimana al mese presso il padre e talvolta passa periodi di vacanza con lui. Il padre versa EUR 200 al mese a titolo di assegno alimentare. Egli percepisce altresì un assegno familiare che ritrasferisce alla sig.ra Enowassam. Lavoratore a tempo pieno, egli ha dichiarato che, per questo motivo, non poteva occuparsi di suo figlio.

28      La sig.ra Guerrero Chavez, cittadina venezuelana, è arrivata nei Paesi Bassi il 24 ottobre 2007 ed è poi ritornata in Venezuela il 2 novembre 2009. Essa è ritornata nei Paesi Bassi nel mese di gennaio 2011 ed è domiciliata in Schiedam (Paesi Bassi). Il 31 marzo 2011, dalla sua relazione con un cittadino neerlandese è nato un bambino, che possiede la cittadinanza neerlandese. La sig.ra Guerrero Chavez è separata dal padre del bambino. Costui ha un contatto quasi quotidiano con il minore, ma non è disposto a occuparsene, e contribuisce alle spese di mantenimento in misura limitata. La sig.ra Guerrero Chavez si occupa quotidianamente del proprio figlio e ne ha la cura e custodia.

29      In ciascuna delle controversie di cui al procedimento principale, le domande di aiuti sociali e di assegni familiari presentate dalle interessate sono state respinte dalle autorità competenti a motivo del fatto che, in assenza di titolo di soggiorno, esse non avevano, sulla base della normativa nazionale, alcun diritto a percepire tali aiuti e assegni.

30      Nel corso dei periodi, compresi tra l’anno 2010 e l’anno 2013, per i quali esse avevano chiesto la prestazione di aiuti sociali e di assegni familiari, nessuna delle ricorrenti del procedimento principale era titolare di un permesso di soggiorno nei Paesi Bassi. Tuttavia, mentre alcune di esse, in attesa di una decisione su una domanda di permesso di soggiorno, si trovavano in una situazione di soggiorno regolare nel territorio dei Paesi Bassi, altre vi soggiornavano in maniera irregolare, ma non avevano costituito l’oggetto di alcuna misura di accompagnamento alla frontiera. Infine, le ricorrenti dei procedimenti principali non erano autorizzate a lavorare.

31      Essendo stati respinti, con sentenze emesse da giudici nazionali di primo grado, i ricorsi presentati al fine di contestare le decisioni di diniego di concessione a loro favore degli aiuti e degli assegni richiesti, le ricorrenti di cui al procedimento principale hanno interposto appello contro tali sentenze dinanzi al Centrale Raad van Beroep (Corte d’appello per le questioni in materia di sicurezza sociale e di funzione pubblica, Paesi Bassi).

32      Il giudice del rinvio si chiede se le ricorrenti di cui ai procedimenti principali, che hanno tutte la cittadinanza di un paese terzo, possano, in quanto madri di bambini cittadini dell’Unione, vantare un diritto di soggiorno sulla base dell’articolo 20 TFUE nelle circostanze specifiche di ciascuna di esse. Detto giudice ritiene che, in caso di risposta affermativa, le interessate potrebbero avvalersi delle disposizioni della legge sugli aiuti sociali e della legge sugli assegni familiari che permettono di considerare quali cittadini neerlandesi gli stranieri soggiornanti in maniera regolare nei Paesi Bassi, e beneficiare, eventualmente, di aiuti sociali o di assegni familiari in virtù di tali leggi, senza che sia necessaria a tal fine una decisione dell’IND che concede loro un permesso di soggiorno o un documento attestante la regolarità del soggiorno.

33      Secondo il giudice del rinvio, risulta dalle sentenze dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), e del 15 novembre 2011, Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734), che le ricorrenti di cui al procedimento principale beneficerebbero, sulla base dell’articolo 20 TFUE, di un diritto di soggiorno nei Paesi Bassi, derivante dal diritto di soggiorno dei loro figli, cittadini dell’Unione, purché questi ultimi si trovassero in una situazione quale quella descritta nelle sentenze sopra citate. Occorrerebbe, in ciascuna delle controversie di cui al procedimento principale, stabilire se le circostanze siano tali per cui questi bambini sarebbero, di fatto, obbligati a lasciare il territorio dell’Unione nel caso in cui il diritto di soggiorno venisse rifiutato alla loro madre.

34      Il giudice del rinvio si chiede, in tali circostanze, quale importanza debba essere attribuita, alla luce della giurisprudenza della Corte, al fatto che il padre, cittadino dell’Unione, soggiorni nei Paesi Bassi oppure nell’Unione, globalmente intesa.

35      Detto giudice indica, inoltre, che spetta agli organi amministrativi incaricati dell’applicazione della legge sugli aiuti sociali e della legge sugli assegni familiari, nonché ai giudici competenti, valutare autonomamente se il genitore cittadino di un paese terzo possa, alla luce della giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 20 TFUE, avvalersi di tale disposizione per vedersi riconoscere un diritto di soggiorno. I citati organi amministrativi, vale a dire le giunte comunali e la SvB, sarebbero tenuti – sulla base delle informazioni che le interessate hanno loro trasmesso, nonché di quelle che, se necessario, potrebbero dover essere ulteriormente comunicate – ad effettuare, di concerto con l’IND, un esame inteso a stabilire se un diritto di soggiorno nei Paesi Bassi possa essere riconosciuto in virtù dell’articolo 20 TFUE.

36      A questo proposito, il giudice del rinvio rileva che, nella pratica, vari organi amministrativi interpretano le sentenze dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2011:124), e del 15 novembre 2011, Dereci e a. (C‑256/11, EU:C:2011:734), in maniera restrittiva e reputano che la giurisprudenza enunciata in tali pronunce sia applicabile soltanto in situazioni in cui il padre non è in grado, secondo criteri oggettivi, di occuparsi del minore, in quanto sia, ad esempio, detenuto, ricoverato in un istituto specializzato o in un ospedale, od anche deceduto. Al di fuori di tali situazioni, spetterebbe al genitore cittadino di un paese terzo dimostrare in maniera convincente che il padre non è capace di occuparsi del figlio, neppure con l’eventuale aiuto di terzi. Tali regole scaturirebbero dalle disposizioni della circolare sugli stranieri.

37      Il giudice del rinvio aggiunge che, in ciascuna delle controversie di cui al procedimento principale, le giunte comunali interessate, la SvB e l’IND non hanno considerato pertinenti né il fatto che fosse la madre, cittadina di un paese terzo, e non il padre, cittadino dell’Unione, ad occuparsi quotidianamente ed effettivamente del figlio, né la natura dei contatti tra il figlio e suo padre, né la misura in cui quest’ultimo contribuiva al mantenimento e all’educazione del bambino, né infine la questione se il padre fosse disposto a occuparsene. Non è stato considerato pertinente neppure il fatto che il padre non avesse l’affidamento del figlio, in quanto non sarebbe stato dimostrato in maniera convincente che tale affidamento non poteva essergli conferito. Il giudice del rinvio si chiede se occorra interpretare la giurisprudenza della Corte in maniera a tal punto restrittiva.

38      Per il caso in cui la Corte dovesse giudicare, in ciascuna delle controversie di cui al procedimento principale, che il semplice fatto che il figlio dipenda dalla madre per il suo mantenimento quotidiano non costituisce un criterio determinante per stabilire se il bambino sia a tal punto dipendente dalla madre che egli si troverebbe, di fatto, obbligato a lasciare il territorio dell’Unione qualora alla madre venisse negato il diritto di soggiorno, il giudice del rinvio chiede quali siano le ulteriori circostanze di tali controversie che possono essere pertinenti a questo riguardo.

39      Sulla scorta di tali circostanze, il Centrale Raad van Beroep (Corte d’appello per le questioni in materia di sicurezza sociale e di funzione pubblica) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro neghi il diritto di soggiorno nel suo territorio a un cittadino di un paese terzo il quale si occupi quotidianamente ed effettivamente del figlio minorenne, cittadino di questo medesimo Stato membro.

2)      Se, ai fini della risposta a tale questione, sia rilevante il fatto che l’onere, sotto il profilo giuridico, finanziario e/o affettivo, di occuparsi del minore non sia interamente sopportato da tale genitore e, inoltre, che non sia escluso che l’altro genitore, cittadino dello Stato membro in questione, possa essere effettivamente in grado di prendersi cura del minore stesso.

3)      Se, in tal caso, il genitore cittadino di un paese terzo debba dimostrare in maniera plausibile che l’altro genitore non può assumere la custodia del minore, cosicché quest’ultimo sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’Unione qualora al genitore cittadino di un paese terzo venisse negato il diritto di soggiorno».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

40      In limine, occorre evidenziare che le situazioni di cui si discute nel procedimento principale presentano, al di là di alcune analogie, un certo numero di particolarità di cui è necessario tener conto.

41      Invero, come si è indicato al punto 30 della presente sentenza, ognuna delle situazioni in discussione nel procedimento principale riguarda una cittadina di un paese terzo, la quale, nei periodi cui si riferisce il rigetto delle sue domande di assegni familiari o di aiuto sociale, soggiornava nei Paesi Bassi senza disporre di un titolo di soggiorno, era madre di almeno un figlio minorenne avente la cittadinanza neerlandese che viveva con essa, si occupava quotidianamente ed effettivamente di tale figlio, ed era separata dal padre del minore, tenendo presente che anche il padre aveva la cittadinanza neerlandese ed aveva riconosciuto il bambino.

42      Tuttavia, le situazioni di cui si discute nel procedimento principale presentano delle differenze, per quanto riguarda i rapporti tra i genitori e i figli in materia di diritto di affidamento e di contribuzione alle spese di mantenimento, la situazione delle madri sotto il profilo del loro diritto di soggiornare nel territorio dell’Unione, nonché la situazione dei figli minorenni stessi.

43      In primo luogo, per quanto riguarda i rapporti tra i genitori e i figli, risulta dalla decisione di rinvio che i contatti tra i bambini e i loro padri erano, a seconda dei casi, frequenti, rari o persino inesistenti. Infatti, in un caso, il padre era irreperibile, in un altro, seguiva un programma di alloggio assistito. In tre casi, il padre contribuiva alle spese di mantenimento del minore, mentre in cinque altri casi non veniva versato alcun contributo. Mentre in due casi su otto l’affidamento era condiviso tra i due genitori, esso era, in altri sei casi, esercitato in maniera quotidiana ed effettiva unicamente dalla madre. Infine, nella metà dei casi, il minore abitava con la madre in strutture di accoglienza d’urgenza.

44      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la situazione delle ricorrenti del procedimento principale sotto il profilo del loro diritto di soggiornare nel territorio dell’Unione, occorre rilevare che, nel frattempo, è stato concesso un permesso di soggiorno a due di esse.

45      In concreto, all’udienza, i rappresentanti delle sig.re Wip e Chavez‑Vilchez nonché il governo neerlandese hanno segnalato che costoro si trovano oggi in situazione regolare per quanto riguarda il loro soggiorno. Infatti, la sig.ra Wip ha ottenuto un permesso di soggiorno in Belgio, dove essa lavora e risiede con la figlia. Quanto alla sig.ra Chavez‑Vilchez, essa ha ottenuto, nel mese di aprile 2015, un permesso di soggiorno nei Paesi Bassi, sulla base dell’articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ed esercita un’attività professionale in Belgio.

46      In terzo luogo, per quanto riguarda la situazione dei figli minorenni stessi, occorre sottolineare che il figlio della sig.ra Chavez‑Vilchez ha vissuto in Germania con i suoi genitori fino al mese di giugno 2011 prima di ritornare nei Paesi Bassi con la madre, che ha poi presentato una domanda di assegni familiari presso le autorità neerlandesi.

47      Per contro, i figli minorenni delle altre sette ricorrenti di cui al procedimento principale non hanno mai esercitato il loro diritto di libera circolazione prima o durante il periodo cui si riferiscono le domande di aiuto sociale o di assegni familiari in discussione nel procedimento principale, ed essi risiedono dalla nascita nello Stato membro del quale hanno la cittadinanza.

48      In conformità di quanto ripetutamente statuito dalla Corte, anche se, sul piano formale, il giudice del rinvio ha limitato le proprie questioni all’interpretazione del solo articolo 20 TFUE, tale circostanza non osta a che la Corte fornisca a detto giudice tutti gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione che possano essere utili per dirimere le controversie ad esso sottoposte, indipendentemente dal fatto che tale giudice vi abbia fatto o no riferimento nella formulazione delle proprie questioni (v., in tal senso, sentenze del 5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09, EU:C:2011:277, punto 24; del 19 settembre 2013, Betriu Montull, C‑5/12, EU:C:2013:571, punto 41, nonché del 10 ottobre 2013, Alokpa e Moudoulou, C‑86/12, EU:C:2013:645, punto 20).

49      Nel caso di specie, occorre esaminare, da un lato, la situazione del figlio della sig.ra Chavez‑Vilchez e di quest’ultima alla luce dell’articolo 21 TFUE e della direttiva 2004/38, che mira a facilitare l’esercizio del diritto fondamentale e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, diritto che viene conferito direttamente ai cittadini dell’Unione dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE ed ha segnatamente per oggetto di rafforzare il suddetto diritto (v., in tal senso, sentenze del 5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09, EU:C:2011:277, punto 28, e del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 35), e, dall’altro lato, la situazione dei figli delle altre ricorrenti di cui al procedimento principale, i quali hanno sempre soggiornato con le loro madri, prima e durante il periodo cui si riferiscono le domande di aiuto sociale o di assegni familiari in questione nel procedimento principale nello Stato membro del quale essi hanno la cittadinanza, e quella delle suddette ricorrenti, dal punto di vista dell’articolo 20 TFUE.

50      Per quanto riguarda il figlio della sig.ra Chavez‑Vilchez, egli ha esercitato la propria libertà di circolazione prima della presentazione, da parte di sua madre, della domanda di assegni nei Paesi Bassi per periodi compresi tra il 7 luglio 2011 e la fine del mese di marzo 2012, avendo egli soggiornato, fino al mese di giugno 2011, con i suoi genitori in Germania, Stato membro in cui suo padre risiede e lavora, prima di ritornare, accompagnato dalla madre, nei Paesi Bassi, Stato membro del quale egli possiede la cittadinanza.

51      Come indicato dal governo neerlandese all’udienza, malgrado che la sig.ra Chavez‑Vilchez abbia successivamente ottenuto un permesso di soggiorno nei Paesi Bassi, l’esame della sua situazione e di quella di suo figlio alla luce delle disposizioni in materia di cittadinanza dell’Unione conserva un interesse per il giudice del rinvio, in quanto la concessione di tale permesso di soggiorno è intervenuta successivamente ai periodi cui si riferiscono le domande di assegni familiari in questione nel procedimento principale.

52      Per quanto riguarda l’esistenza di un diritto di soggiorno derivato, fondato sull’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e sulla direttiva 2004/38, la Corte ha statuito che tale direttiva vale a conferire diritti di ingresso e di soggiorno in uno Stato membro non a tutti i cittadini di un paese terzo, ma soltanto a quelli che sono familiari, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della direttiva stessa, di un cittadino dell’Unione che abbia esercitato il proprio diritto alla libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza (sentenze del 15 novembre 2011, Dereci e a., C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 56; del 6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 41, nonché del 18 dicembre 2014, McCarthy e a., C‑202/13, EU:C:2014:2450, punto 36).

53      La Corte ha inoltre constatato che la direttiva 2004/38 è destinata unicamente a disciplinare le condizioni di ingresso e di soggiorno di un cittadino dell’Unione negli Stati membri diversi da quello di cui egli ha la cittadinanza. Pertanto, le disposizioni di detta direttiva non permettono di far sorgere un diritto di soggiorno derivato a favore dei cittadini di un paese terzo, familiari di un cittadino dell’Unione, nello Stato membro di cui tale cittadino possiede la cittadinanza (v., in tal senso, sentenza del 12 marzo 2014, S. e G., C‑457/12, EU:C:2014:136, punto 34).

54      Tuttavia, la Corte ha statuito che, al ritorno di un cittadino dell’Unione nello Stato membro di cui il medesimo ha la cittadinanza, le condizioni di concessione di un diritto di soggiorno derivato sulla base dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, ad un cittadino di un paese terzo, familiare del cittadino dell’Unione in parola, con il quale quest’ultimo ha soggiornato, unicamente in qualità di cittadino dell’Unione, nello Stato membro ospitante, non dovrebbero, in via di principio, essere più rigorose di quelle previste dalla direttiva 2004/38 per la concessione di un siffatto diritto di soggiorno a un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, il quale abbia esercitato il proprio diritto di libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza (v., in tal senso, sentenza del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 50).

55      Infatti, sebbene un siffatto caso di ritorno non sia disciplinato dalla direttiva 2004/38, quest’ultima deve essere applicata per analogia per quanto riguarda le condizioni di soggiorno del cittadino dell’Unione in uno Stato membro diverso da quello di cui il medesimo ha la cittadinanza, dato che, in entrambi i casi, è il cittadino dell’Unione che costituisce la persona di riferimento affinché a un cittadino di un paese terzo, familiare del suddetto cittadino dell’Unione, possa essere accordato un diritto di soggiorno derivato (sentenza del 12 marzo 2014, O. e B., C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 50).

56      Spetta al giudice del rinvio valutare se le condizioni enunciate dalla direttiva 2004/38, in particolare agli articoli da 5 a 7 di quest’ultima, che disciplinano l’ingresso e il soggiorno nel territorio degli Stati membri, fossero soddisfatte nel periodo cui si riferisce il rigetto delle domande di assegni, di modo che la sig.ra Chavez‑Vilchez potesse far valere un diritto di soggiorno derivato fondato sull’articolo 21 TFUE e sulla direttiva 2004/38.

57      Se così non fosse, occorrerà allora esaminare la situazione del figlio, cittadino dell’Unione, e del suo ascendente, cittadino di un paese terzo, alla luce dell’articolo 20 TFUE.

58      Per quanto riguarda i figli della sig.ra Wip, che risiedevano con la loro madre nei Paesi Bassi nel momento in cui quest’ultima ha chiesto la concessione di un aiuto sociale per i mesi di ottobre e novembre 2012, è stato evidenziato, all’udienza, che costoro risiedono attualmente con la loro madre in Belgio, dove costei ha ottenuto un permesso di soggiorno ed esercita un impiego. Poiché l’esercizio, da parte di tali figli, della loro libertà di circolazione e di soggiorno in quanto cittadini dell’Unione in uno Stato membro diverso da quello di cui essi hanno la cittadinanza e l’ottenimento, da parte della loro madre, di un permesso di soggiorno in questo altro Stato membro sono intervenuti successivamente al periodo di cui si discute nel procedimento principale, permane la necessità di valutare se la loro madre avrebbe potuto beneficiare, per il periodo di cui trattasi, di un diritto di soggiorno derivato facendo riferimento all’articolo 20 TFUE.

 Sulla prima e sulla seconda questione pregiudiziale

59      Con la sua prima e la sua seconda questione pregiudiziale, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro rifiuti il diritto di soggiorno nel suo territorio ad un genitore, cittadino di un paese terzo, che si occupi quotidianamente ed effettivamente di un figlio minorenne avente la cittadinanza di questo Stato membro, qualora non sia escluso che l’altro genitore, avente la cittadinanza del medesimo Stato membro, possa occuparsi quotidianamente ed effettivamente del figlio minorenne. Detto giudice intende sapere se il fatto che l’onere, sotto il profilo giuridico, finanziario o affettivo, di occuparsi del minore non sia interamente sopportato dal cittadino di un paese terzo sia pertinente al riguardo.

60      Sulla scorta di una consolidata giurisprudenza della Corte, i figli di cui alle controversie nel procedimento principale possono, in quanto cittadini di uno Stato membro, far valere, anche nei confronti dello Stato membro di cui hanno la cittadinanza, i diritti connessi al loro status di cittadini dell’Unione, ad essi riconosciuto dall’articolo 20 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09, EU:C:2011:277, punto 48; del 15 novembre 2011, Dereci e a., C‑256/11, EU:C:2011:734, punto 63, nonché del 6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punti 43 e 44).

61      La Corte ha statuito che l’articolo 20 TFUE osta a provvedimenti nazionali, comprese eventuali decisioni di rifiuto del diritto di soggiorno ai familiari di un cittadino dell’Unione, le quali abbiano l’effetto di privare i cittadini dell’Unione del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti dal loro status (sentenze dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano, C‑34/09, EU:C:2011:124, punto 42, nonché del 6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 45).

62      Per contro, le disposizioni del Trattato relative alla cittadinanza dell’Unione non conferiscono alcun diritto autonomo ai cittadini di un paese terzo. Infatti, gli eventuali diritti conferiti a tali cittadini non sono diritti propri di questi ultimi, bensì diritti derivati da quelli di cui gode il cittadino dell’Unione. La finalità e la ratio di tali diritti derivati si basano sulla constatazione che il rifiuto del loro riconoscimento è idoneo a pregiudicare, in particolare, la libertà di circolazione del cittadino dell’Unione (sentenze del 13 settembre 2016, Rendón Marín, C‑165/14, EU:C:2016:675, punti 72 e 73, nonché del 13 settembre 2016, CS, C‑304/14, EU:C:2016:674, punti 27 e 28 nonché la giurisprudenza ivi citata).

63      A questo proposito, la Corte ha già constatato che esistono situazioni molto particolari in cui, malgrado il fatto che il diritto derivato relativo al diritto di soggiorno dei cittadini di paesi terzi non sia applicabile e che il cittadino dell’Unione interessato non si sia avvalso della propria libertà di circolazione, un diritto di soggiorno deve nondimeno essere accordato a un cittadino di un paese terzo, familiare di detto cittadino dell’Unione, a pena di pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione, qualora, come conseguenza del rifiuto di riconoscimento di un siffatto diritto, il cittadino dell’Unione si vedesse di fatto obbligato a lasciare il territorio dell’Unione globalmente inteso, venendo così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti da tale status (v., in tal senso, sentenze dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano, C‑34/09, EU:C:2011:124, punti 43 e 44; del 15 novembre 2011, Dereci e a., C‑256/11, EU:C:2011:734, punti 66 e 67; del 13 settembre 2016, Rendón Marín, C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 74, nonché del 13 settembre 2016, CS, C‑304/14, EU:C:2016:674, punto 29).

64      Le situazioni menzionate al punto precedente sono caratterizzate dal fatto che esse, pur essendo disciplinate da normative che in astratto rientrano nella competenza degli Stati membri – ossia quelle sul diritto di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi al di fuori del campo di applicazione delle disposizioni del diritto derivato dell’Unione, che, a certe condizioni, prevedono il conferimento di un siffatto diritto –, hanno però una relazione intrinseca con la libertà di circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione, la quale osta a che tale diritto di ingresso e di soggiorno venga rifiutato ai suddetti cittadini di paesi terzi nello Stato membro in cui risiede il cittadino dell’Unione in questione, per evitare che detta libertà sia pregiudicata (sentenze del 13 settembre 2016, Rendón Marín, C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 75, nonché del 13 settembre 2016, CS, C‑304/14, EU:C:2016:674, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata).

65      Nel caso di specie, se il rifiuto di soggiorno opposto alle cittadine di paesi terzi di cui al procedimento principale portasse le interessate a dover lasciare il territorio dell’Unione – circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare –, ne potrebbe risultare una restrizione dei diritti che sono conferiti ai loro figli dallo status di cittadino dell’Unione, in particolare del diritto di soggiorno, dato che detti figli potrebbero essere costretti ad accompagnare la loro madre e dunque a lasciare il territorio dell’Unione, globalmente considerato. L’eventuale obbligo, per le madri, di lasciare il territorio dell’Unione priverebbe così i loro figli del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti che sono ad essi nondimeno conferiti dal loro status di cittadino dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2016, Rendón Marín, C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 78 e la giurisprudenza ivi citata).

66      Il governo neerlandese sostiene tuttavia che il semplice fatto che un genitore cittadino di un paese terzo si occupi quotidianamente del figlio e sopporti effettivamente, anche solo in parte, l’onere giuridico, finanziario o affettivo correlato a quest’ultimo non consente di concludere automaticamente che il figlio, cittadino dell’Unione, sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’Unione nel caso in cui a tale cittadino di un paese terzo venisse rifiutato un diritto di soggiorno. La presenza, nel territorio dello Stato membro di cui tale figlio ha la cittadinanza ovvero nel territorio dell’Unione, globalmente considerato, dell’altro genitore, lui stesso cittadino dell’Unione e potenzialmente idoneo ad occuparsi del figlio, costituirebbe un fattore importante per tale valutazione.

67      Il medesimo governo evidenzia che, in alcune circostanze, le autorità nazionali competenti considerano dimostrato il fatto che il genitore, cittadino dell’Unione, è impossibilitato ovvero incapace di occuparsi del figlio. Ciò si verifica quando tale genitore sia deceduto o irreperibile; quando sia detenuto, ricoverato od ospedalizzato per un trattamento di lunga durata; quando, secondo fonti obiettive, come una dichiarazione della polizia o di un servizio di sostegno ai giovani, detto genitore si riveli incapace di occuparsi del figlio; e, infine, quando la sua domanda di attribuzione dell’affidamento, anche condiviso, sia stata rigettata in sede giudiziaria.

68      A questo proposito occorre ricordare che, nella sentenza del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punti 51 e 56), la Corte ha considerato come elementi pertinenti – al fine di stabilire se il rifiuto di riconoscere un diritto di soggiorno al genitore, cittadino di un paese terzo, di un figlio, cittadino dell’Unione, comporti per quest’ultimo la privazione del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti ad esso conferiti dal suo status – la questione dell’affidamento del figlio, nonché quella incentrata sul punto se l’onere giuridico, finanziario o affettivo correlato a tale figlio sia sopportato dal genitore cittadino di un paese terzo.

69      Per quanto riguarda quest’ultima circostanza, la Corte ha sottolineato che è la relazione di dipendenza tra il cittadino dell’Unione in tenera età e il cittadino di un paese terzo al quale viene rifiutato un diritto di soggiorno l’elemento che può pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione, dal momento che è tale dipendenza che farebbe sì che il cittadino dell’Unione si vedrebbe obbligato, di fatto, a lasciare non soltanto il territorio dello Stato membro del quale è cittadino, ma anche quello dell’Unione globalmente considerato, come conseguenza di una siffatta decisione di rifiuto (v., in tal senso, sentenze dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano, C‑34/09, EU:C:2011:124, punti 43 e 45; del 15 novembre 2011, Dereci e a., C‑256/11, EU:C:2011:734, punti da 65 a 67, nonché del 6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 56).

70      Nel caso di specie, per valutare il rischio che il figlio in questione, cittadino dell’Unione, sia costretto a lasciare il territorio dell’Unione e venga così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti a lui conferiti dall’articolo 20 TFUE, nel caso in cui il suo genitore, cittadino di un paese terzo, si veda negare il riconoscimento di un diritto di soggiorno nello Stato membro di cui trattasi, occorre stabilire, in ciascuna controversia di cui al procedimento principale, quale sia il genitore che ha la custodia effettiva del minore e se esista una relazione di dipendenza effettiva tra quest’ultimo e il genitore cittadino di un paese terzo. Nell’ambito di tale valutazione, le autorità competenti devono tener conto del diritto al rispetto della vita familiare, quale enunciato all’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tenendo presente che tale articolo deve essere letto in combinato disposto con l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, riconosciuto all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta suddetta.

71      Ai fini di tale valutazione, il fatto che l’altro genitore, cittadino dell’Unione, sia realmente capace di e disposto ad assumersi da solo l’onere quotidiano ed effettivo del figlio minorenne costituisce un elemento pertinente, ma che non è di per sé solo sufficiente per poter constatare che non esiste, tra il genitore cittadino di un paese terzo e il minore, una relazione di dipendenza tale per cui quest’ultimo sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’Unione qualora al suddetto cittadino di un paese terzo venisse rifiutato un diritto di soggiorno. Infatti, una constatazione in tal senso deve essere fondata sulla presa in considerazione, nell’interesse superiore del minore di cui trattasi, dell’insieme delle circostanze del caso di specie, e, segnatamente, dell’età del minore, del suo sviluppo fisico ed emotivo, dell’intensità della sua relazione affettiva sia con il genitore cittadino dell’Unione sia con il genitore cittadino di un paese terzo, nonché del rischio che la separazione da quest’ultimo comporterebbe per l’equilibrio di tale minore.

72      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima e alla seconda questione dichiarando che l’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che, al fine di valutare se un minore, cittadino dell’Unione, sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’Unione globalmente inteso e verrebbe così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti ad esso conferiti dall’articolo di cui sopra nel caso in cui il suo genitore, cittadino di un paese terzo, si vedesse rifiutare il riconoscimento di un diritto di soggiorno nello Stato membro di cui trattasi, il fatto che l’altro genitore, cittadino dell’Unione, sia realmente capace di e disposto ad assumersi da solo l’onere quotidiano ed effettivo del minore costituisce un elemento pertinente ma non sufficiente per poter constatare l’assenza, tra il genitore cittadino di un paese terzo e il minore, di una relazione di dipendenza tale per cui quest’ultimo subirebbe una costrizione siffatta nel caso di un rifiuto di soggiorno quale sopra evocato. Una valutazione del genere deve essere fondata sulla presa in considerazione, nell’interesse superiore del minore, dell’insieme delle circostanze del caso di specie, e, segnatamente, dell’età del minore, del suo sviluppo fisico ed emotivo, dell’intensità della sua relazione affettiva sia con il genitore cittadino dell’Unione sia con il genitore cittadino di un paese terzo, nonché del rischio che la separazione da quest’ultimo comporterebbe per l’equilibrio del minore stesso.

 Sulla terza questione pregiudiziale

73      Con la sua terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro subordini il diritto di soggiorno nel proprio territorio di un cittadino di un paese terzo, genitore di un figlio minorenne avente la cittadinanza di tale Stato membro, del quale egli si occupa quotidianamente ed effettivamente, all’obbligo per il suddetto cittadino di un paese terzo di dimostrare che l’altro genitore, cittadino dello Stato membro in questione, non è in grado di occuparsi quotidianamente ed effettivamente del minore.

74      Secondo il governo neerlandese, in virtù della regola generale secondo cui il soggetto che fa valere taluni diritti deve dimostrare che questi sono applicabili alla sua situazione, la quale trova riconoscimento nel diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2013, Alarape e Tijani, C‑529/11, EU:C:2013:290, punto 38, nonché del 16 gennaio 2014, Reyes, C‑423/12, EU:C:2014:16, punti da 25 a 27), l’onere della prova dell’esistenza di un diritto di soggiorno ricavato dall’articolo 20 TFUE incombe alle ricorrenti del procedimento principale. Spetterebbe a queste ultime dimostrare che, a motivo di ostacoli oggettivi che impediscono al genitore cittadino dell’Unione di occuparsi concretamente del minore, quest’ultimo sarebbe a tal punto dipendente dal genitore cittadino di un paese terzo che un rifiuto di riconoscere a quest’ultimo un diritto di soggiorno avrebbe come effetto di obbligare il minore a lasciare, di fatto, il territorio dell’Unione.

75      A questo proposito, occorre rilevare che, nel caso in cui un cittadino di un paese terzo, genitore di un figlio minorenne cittadino di uno Stato membro, del quale egli si occupa quotidianamente ed effettivamente, intenda ottenere dalle autorità competenti di tale Stato membro il riconoscimento di un diritto di soggiorno derivato fondato sull’articolo 20 TFUE, spetta a detto cittadino di un paese terzo fornire gli elementi che consentano di valutare se siano soddisfatti i presupposti di applicazione di tale articolo, e segnatamente quelli comprovanti che una decisione di rifiuto del diritto di soggiorno al genitore cittadino di un paese terzo priverebbe il minore del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti connessi allo status di cittadino dell’Unione, obbligandolo a lasciare il territorio dell’Unione, globalmente considerato.

76      Tuttavia, come rilevato dalla Commissione europea, se invero, in linea di principio, spetta al genitore cittadino di un paese terzo fornire gli elementi intesi a dimostrare che egli vanta un diritto di soggiorno sulla base dell’articolo 20 TFUE, in particolare quelli comprovanti che, in caso di rifiuto di soggiorno, il minore si vedrebbe obbligato a lasciare il territorio dell’Unione, ciò non toglie che, nell’ambito della valutazione dei presupposti necessari affinché detto cittadino possa beneficiare di un siffatto diritto di soggiorno, le autorità nazionali competenti devono fare in modo che l’applicazione di una normativa nazionale in materia di onere della prova quale quella in discussione nelle controversie di cui al procedimento principale non possa compromettere l’effetto utile dell’articolo 20 TFUE.

77      Così, l’applicazione di una siffatta normativa nazionale riguardante l’onere della prova non dispensa le autorità dello Stato membro in questione dal procedere, sulla base degli elementi forniti dal cittadino di un paese terzo, alle ricerche necessarie per stabilire dove risieda il genitore cittadino di tale Stato membro e per verificare, da un lato, se questi sia o no realmente capace di e disposto ad assumersi da solo l’onere quotidiano ed effettivo del minore, e, dall’altro, se esista o no una relazione di dipendenza tra il minore e il genitore cittadino di un paese terzo tale per cui una decisione di rifiuto del diritto di soggiorno a quest’ultimo priverebbe il minore del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti connessi al suo status di cittadino dell’Unione, obbligandolo a lasciare il territorio dell’Unione, globalmente considerato.

78      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro subordini il diritto di soggiorno nel proprio territorio di un cittadino di un paese terzo, genitore di un figlio minorenne avente la cittadinanza di tale Stato membro, del quale egli si occupa quotidianamente ed effettivamente, all’obbligo per il suddetto cittadino di un paese terzo di fornire gli elementi atti a dimostrare che una decisione di rifiuto del diritto di soggiorno al genitore cittadino di un paese terzo priverebbe il minore del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti connessi allo status di cittadino dell’Unione, obbligandolo a lasciare il territorio dell’Unione, globalmente considerato. Spetta tuttavia alle autorità competenti dello Stato membro di cui trattasi procedere, sulla base degli elementi forniti dal cittadino di un paese terzo, alle ricerche necessarie per poter valutare, alla luce dell’insieme delle circostanze del caso di specie, se una decisione di rifiuto avrebbe conseguenze siffatte.

 Sulle spese

79      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che, al fine di valutare se un minore, cittadino dell’Unione europea, sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’Unione globalmente inteso e verrebbe così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti ad esso conferiti dall’articolo di cui sopra nel caso in cui il suo genitore, cittadino di un paese terzo, si vedesse rifiutare il riconoscimento di un diritto di soggiorno nello Stato membro di cui trattasi, il fatto che l’altro genitore, cittadino dell’Unione, sia realmente capace di e disposto ad assumersi da solo l’onere quotidiano ed effettivo del minore costituisce un elemento pertinente ma non sufficiente per poter constatare l’assenza, tra il genitore cittadino di un paese terzo e il minore, di una relazione di dipendenza tale per cui quest’ultimo subirebbe una costrizione siffatta nel caso di un rifiuto di soggiorno quale sopra evocato. Una valutazione del genere deve essere fondata sulla presa in considerazione, nell’interesse superiore del minore, dell’insieme delle circostanze del caso di specie, e, segnatamente, dell’età del minore, del suo sviluppo fisico ed emotivo, dell’intensità della sua relazione affettiva sia con il genitore cittadino dell’Unione sia con il genitore cittadino di un paese terzo, nonché del rischio che la separazione da quest’ultimo comporterebbe per l’equilibrio del minore stesso.

2)      L’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro subordini il diritto di soggiorno nel proprio territorio di un cittadino di un paese terzo, genitore di un figlio minorenne avente la cittadinanza di tale Stato membro, del quale egli si occupa quotidianamente ed effettivamente, all’obbligo per il suddetto cittadino di un paese terzo di fornire gli elementi atti a dimostrare che una decisione di rifiuto del diritto di soggiorno al genitore cittadino di un paese terzo priverebbe il minore del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti connessi allo status di cittadino dell’Unione, obbligandolo a lasciare il territorio dell’Unione, globalmente considerato. Spetta tuttavia alle autorità competenti dello Stato membro di cui trattasi procedere, sulla base degli elementi forniti dal cittadino di un paese terzo, alle ricerche necessarie per poter valutare, alla luce dell’insieme delle circostanze del caso di specie, se una decisione di rifiuto avrebbe conseguenze siffatte.

Firme


* Lingua processuale: il neerlandese.