Language of document : ECLI:EU:C:2009:576

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

24 settembre 2009 (*)

«Impugnazione – Intese – Fissazione da parte delle banche austriache dei tassi creditori e debitori – “Club Lombard” – Pregiudizio per il commercio fra Stati membri – Calcolo delle ammende – Successione di imprese – Impatto concreto sul mercato – Attuazione dell’intesa»


Indice


I – Contesto normativo

A – Il regolamento n. 17

B – Gli orientamenti

C – La comunicazione sulla cooperazione

II – Fatti e decisione controversa

III – I ricorsi dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

IV – Conclusioni delle parti dell’impugnazione

V – I motivi di annullamento della sentenza impugnata

VI – Sulle impugnazioni

A – Sui motivi attinenti ad una violazione dell’art. 81, n. 1, CE

1. Sul motivo attinente ad un errore di diritto riguardo alla valutazione del requisito del pregiudizio per il commercio fra Stati membri

a) Sulla prima parte, relativa ad un errore di diritto riguardo alla valutazione circa l’idoneità di un’intesa diffusa su tutto il territorio nazionale a pregiudicare in modo significativo il commercio fra Stati membri

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

b) Sulla seconda parte, relativa ad un errore di diritto in cui il Tribunale sarebbe incorso dichiarando che la Commissione poteva procedere ad un esame complessivo degli effetti transfrontalieri dei gruppi di discussione e procedendo ad un’analisi erronea, insufficiente e contraddittoria della definizione del mercato pertinente

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

– Sulla censura relativa ad un’interpretazione erronea della giurisprudenza da parte del Tribunale

– Sulla censura relativa al carattere erroneo, insufficiente e contraddittorio dell’analisi del Tribunale in merito alla definizione del mercato pertinente

c) Sulla terza parte, relativa alla mancanza della dimostrazione di un pregiudizio significativo prodotto dall’intesa sul commercio intracomunitario

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

2. Sul motivo attinente ad un errore di diritto riguardo all’imputazione della responsabilità dell’infrazione

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio della Corte

B – Sui motivi attinenti ad una violazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17

1. Sul motivo attinente ad errori di diritto nella valutazione della gravità dell’infrazione

a) Sulla prima parte, relativa ad una valutazione non conforme agli orientamenti

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

b) Sulla seconda parte, relativa ad errori di diritto in merito alla «natura stessa» dell’infrazione

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

c) Sulla terza parte, relativa ad un errore di diritto in merito all’«impatto concreto dell’infrazione sul mercato»

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

d) Sulla quarta parte, relativa ad un errore di diritto riguardo alla valutazione dell’«estensione del mercato geografico pertinente»

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

e) Sulla quinta parte, relativa ad un errore di diritto riguardo alla valutazione degli effetti del carattere selettivo dei procedimenti intentati sulla qualificazione dell’infrazione e ad una violazione dell’obbligo di motivazione

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

f) Sulla sesta parte, relativa alla mancanza di una valutazione complessiva della gravità dell’infrazione

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

g) Sulla settima parte, relativa ad un errore di diritto riguardo alla ripartizione delle ricorrenti nelle categorie di infrazioni determinata dalla Commissione

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

2. Sul motivo attinente ad errori di diritto, ad un difetto di motivazione e ad uno snaturamento degli elementi di prova riguardo all’esistenza di circostanze attenuanti

a) Sulla prima parte, relativa ad errori di diritto, ad uno snaturamento e ad una contraddittorietà della motivazione riguardo al comportamento passivo della ÖVAG

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

b) Sulla seconda parte, relativa ad un errore di diritto riguardo alla partecipazione delle autorità pubbliche ai gruppi di discussione bancari

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

c) Sulla terza parte, relativa ad un errore di diritto riguardo alla natura pubblica delle riunioni

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

3. Sul motivo attinente ad una violazione della comunicazione sulla cooperazione

a) Sulla prima parte, relativa al fatto che il Tribunale non avrebbe valutato correttamente il margine di discrezionalità della Commissione

i) Argomenti delle parti

ii) Giudizio della Corte

b) Sulla seconda parte, relativa ad un errore di diritto nell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione

i) Sulla prima censura, relativa ad un errore di diritto riguardo al requisito dell’apporto di un «valore aggiunto» grazie alla cooperazione e ad una violazione del principio della parità di trattamento

– Argomenti delle parti

– Giudizio della Corte

ii) Sulla seconda censura, relativa ad errori di diritto in sede di esame della portata della cooperazione delle imprese, ad una violazione dei principi della parità di trattamento, della tutela del legittimo affidamento, del rispetto dei diritti della difesa e ad una motivazione insufficiente

– Sulla prima parte della seconda censura

– Sulla seconda parte della seconda censura, relativa ad errori di diritto in sede di valutazione del resoconto comune dei fatti

– Sulla terza parte della seconda censura, relativa ad un errore di diritto riguardo alla valutazione circa il riconoscimento da parte della RZB dello scopo anticoncorrenziale dell’infrazione e ad una violazione del principio di parità di trattamento

– Sulla quarta parte della seconda censura, relativa ad un’inversione dell’onere della prova riguardo al valore della cooperazione della RZB e ad una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

– Sulla quinta parte della seconda censura, relativa ad errori di diritto e ad una motivazione contraddittoria nell’ambito dell’analisi del Tribunale in merito al valore dei documenti supplementari comunicati dalla BA‑CA

– Sulla sesta parte della seconda censura, relativa ad una mancata presa in considerazione delle risposte della BA-CA alla comunicazione degli addebiti

C – Sul motivo attinente ad una violazione del diritto ad essere sentiti da parte del Tribunale

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio della Corte

D – Sul motivo attinente ad una violazione da parte del Tribunale del suo obbligo di motivazione per quanto concerne la fissazione del livello delle ammende e del diritto ad essere sentiti

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio della Corte

Sulle spese


Nei procedimenti riuniti C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P,

aventi ad oggetto le impugnazioni ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, introdotte rispettivamente il 1°, il 2, il 5 e il 6 marzo 2007,

Erste Group Bank AG, già Erste Bank der österreichischen Sparkassen AG (causa C‑125/07 P), con sede in Vienna (Austria), rappresentata dell’avv. F. Montag, Rechtsanwalt,

Raiffeisen Zentralbank Österreich AG (causa C‑133/07 P), con sede in Vienna (Austria), rappresentata dagli avv.ti S. Völcker e G. Terhorst, Rechtsanwälte,

Bank Austria Creditanstalt AG (causa C‑135/07 P), con sede in Vienna (Austria), rappresentata dagli avv.ti C. Zschocke e J. Beninca, Rechtsanwälte,

Österreichische Volksbanken AG (causa C‑137/07 P), con sede in Vienna (Austria), rappresentata dagli avv.ti A. Ablasser, R. Bierwagen e F. Neumayr, Rechtsanwälte,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. A. Bouquet e R. Sauer, in qualità di agenti, assistiti dagli avv.ti D. Waelbroeck, avocat, e U. Zinsmeister, Rechtsanwältin, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C. W. A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. J.‑C. Bonichot, P. Kūris (relatore), L. Bay Larsen e dalla sig.ra C. Toader, giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 marzo 2008,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 marzo 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con le loro impugnazioni, la Erste Group Bank AG, già Erste Bank der österreichischen Sparkassen AG (in prosieguo: la «Erste»), la Raiffeisen Zentralbank Österreich AG (in prosieguo: la «RZB»), la Bank Austria Creditanstalt AG (in prosieguo: la «BA-CA») e la Österreichische Volksbanken AG (in prosieguo: la «ÖVAG») chiedono alla Corte l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 14 dicembre 2006, cause riunite da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione (Racc. pag. II‑5169; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha respinto il loro ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione 11 giugno 2002, 2004/138/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 del Trattato CE (Caso COMP/36.571/D‑1 – Banche austriache – «club Lombard») (GU 2004, L 56, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa») e, in subordine, la riduzione delle ammende inflitte a ciascuna di esse all’art. 3 della decisione controversa nonché, in ulteriore subordine, l’annullamento della sentenza del Tribunale e il rinvio del procedimento dinanzi a quest’ultimo.

I –  Contesto normativo

A –  Il regolamento n. 17

2        L’art. 11, n. 5, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204), così prevede:

«Se un’impresa o un’associazione di imprese non dà le informazioni richieste nel termine stabilito dalla Commissione oppure dà informazioni incomplete, la Commissione le richiede mediante decisione. Tale decisione precisa le informazioni richieste, stabilisce un termine adeguato entro il quale esse devono essere fornite ed indica le sanzioni previste dall’articolo 15, paragrafo 1, lettera b) e dall’articolo 16, paragrafo 1, lettera c), nonché il diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia avverso la decisione».

3        L’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 così dispone:

«2.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille unità di conto ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest’ultimo importo fino al 10 per cento del volume d’affari realizzato durante l’esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all’infrazione, quando intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettano una infrazione alle disposizioni dell’articolo [81], paragrafo 1 o dell’articolo [82] del Trattato,

b)      non osservino un onere imposto in virtù dell’articolo 8, paragrafo 1.

Per determinare l’ammontare dell’ammenda, occorre tener conto oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

B –  Gli orientamenti

4        La comunicazione della Commissione intitolata «Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 del Trattato CECA» (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti») nel suo preambolo stabilisce quanto segue:

«I principi indicati negli orientamenti (...) dovrebbero consentire di assicurare la trasparenza ed il carattere obiettivo delle decisioni della Commissione, di fronte sia alle imprese che alla Corte di giustizia, ponendo l’accento, nel contempo, sul margine discrezionale lasciato dal legislatore alla Commissione nella fissazione delle ammende, entro il limite del 10% del volume d’affari globale delle imprese. La Commissione intende tuttavia inquadrare tale margine in una linea politica coerente e non discriminatoria, che sia funzionale agli obiettivi perseguiti con la repressione delle infrazioni alle regole della concorrenza.

La nuova metodologia applicabile per la determinazione dell’ammontare dell’ammenda si baserà ormai sullo schema seguente, che consiste nella fissazione di un importo di base, al quale si applicano maggiorazioni in caso di circostanze aggravanti e riduzioni in caso di circostanze attenuanti».

5        Al loro punto 1, gli orientamenti dispongono che, ai fini del calcolo dell’importo delle ammende, l’importo di base è determinato in funzione dei criteri indicati all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, vale a dire della gravità e della durata dell’infrazione. Negli orientamenti viene anche precisato che la valutazione della gravità dell’infrazione deve prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante.

C –  La comunicazione sulla cooperazione

6        Nella sua comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il 18 luglio 1996 (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»), un progetto della quale, intitolato «Informazioni della Commissione delle Comunità europee riguardanti la politica di imposizione delle ammende nei casi d’infrazione alle norme di concorrenza», era stato pubblicato il 19 dicembre 1995 (GU C 341, pag. 13), la Commissione ha definito le condizioni alle quali le imprese che cooperano con essa nel corso delle sue indagini relative ad un’intesa potranno evitare l’imposizione di ammende che altrimenti sarebbero loro inflitte, o beneficiare di riduzioni del loro ammontare, come risulta dal capitolo A, punto 3, di tale comunicazione.

7        Ai sensi del capitolo A, punto 5, della comunicazione sulla cooperazione:

«La cooperazione di un’impresa è soltanto uno dei vari elementi di cui la Commissione tiene conto nel determinare l’ammontare di un’ammenda.

(...)».

8        Il capitolo D di detta comunicazione, relativo alla significativa riduzione dell’ammontare dell’ammenda, precisa quanto segue:

«1. Un’impresa che coopera senza che siano soddisfatte tutte le condizioni di cui ai punti B e C beneficia di una riduzione dal 10% al 50% dell’ammontare dell’ammenda che le sarebbe stata inflitta in assenza di cooperazione.

2.      Ciò può verificarsi in particolare:

–        se, prima dell’invio di una comunicazione degli addebiti, un’impresa fornisce alla Commissione informazioni, documenti o altri elementi probatori che contribuiscano a confermare la sussistenza dell’infrazione,

–        se, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti, un’impresa informa la Commissione che non contesta i fatti materiali sui quali la Commissione fonda le sue accuse».

9        Il capitolo E, punto 3, di tale comunicazione, relativo al procedimento, stabilisce in particolare quanto segue:

«La Commissione è consapevole del fatto che la presente comunicazione crea aspettative legittime sulle quali faranno affidamento le imprese che intendono informarla dell’esistenza di un’intesa».

II –  Fatti e decisione controversa

10      Nella sentenza impugnata il Tribunale ha sintetizzato come segue i fatti all’origine del ricorso dinanzi ad esso:

«1.      Con [la] decisione [controversa] (...) la Commissione constatava la partecipazione di numerose imprese ad una serie di accordi e pratiche concordate ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE.

2.      Si trattava, in particolare, delle otto banche qui di seguito indicate, destinatarie della decisione [controversa]:

–        Erste (...);

–        [RZB];

–        [BA-CA];

–        (...)

–        [ÖVAG];

–        (...).

3.      La Commissione, in sostanza, accusa le destinatarie della decisione [controversa] di aver dato vita alla cosiddetta «rete Lombard», consistente in una serie di incontri regolari (in prosieguo: i «gruppi di discussione» [salvo equivalente terminologia utilizzata in alcuni passi]), sui temi più diversi, strettamente connessi sul piano organizzativo, nel cui ambito esse hanno coordinato regolarmente il loro comportamento in merito ai più importanti parametri concorrenziali sul mercato dei prodotti e dei servizi bancari in Austria.

(...)

15.      Essendo venuta a conoscenza, nell’aprile 1997, di un documento che faceva sospettare dell’esistenza, sul mercato bancario austriaco, di accordi o di pratiche concordate contrarie all’art. 81 CE, la Commissione avviava la procedura formale di esame. Il 30 giugno 1997, ai sensi dell’art. 3 del regolamento [n. 17], il partito politico Freiheitliche Partei Österreichs (in prosieguo: il “FPÖ”) presentava una denuncia contro otto istituti di credito austriaci, accusandoli di aver preso parte ad accordi e/o a pratiche concordate limitative della concorrenza.

16.      Il 23 e il 24 giugno 1998, la Commissione effettuava controlli a sorpresa su diverse banche, tra cui la maggior parte delle destinatarie della decisione [controversa]. Il 21 settembre 1998, ai sensi dell’art. 11, n. 2, del regolamento n. 17, la Commissione inviava una richiesta di informazioni a numerosi istituti di credito sospettati di aver partecipato ai suddetti accordi o pratiche.

17.      Subito dopo aver ricevuto la domanda di informazioni, le principali banche interessate offrivano alla Commissione la loro “cooperazione” nell’esame della questione, giungendo persino a proporre di presentare i fatti “volontariamente” (invece di rispondere alla domanda di informazioni), rinunciando al contempo ad essere sentite; in cambio, la direzione generale della concorrenza della Commissione avrebbe dovuto annullare la richiesta di informazioni, infliggendo soltanto un’ammenda amministrativa “moderata”. La Commissione, pur plaudendo alla prontezza delle banche nel proporre la loro cooperazione, respingeva qualsiasi accordo in merito.

18.      Tutti i destinatari rispondevano allora alla richiesta di informazioni. In tale occasione, alcuni dichiaravano tuttavia di non essere tenuti ad alcun obbligo di risposta per la maggior parte delle domande poste e di poter fornire tale risposta, oltre che trasmettere i relativi documenti, volontariamente, nell’ambito della suddetta cooperazione. La Commissione respingeva questo punto di vista giuridico.

19.      Poco dopo, le principali banche interessate, tra cui le ricorrenti (…), inviavano alla Commissione un documento di 132 pagine, intitolato “Resoconto comune dei fatti”, nel quale descrivevano dettagliatamente il contesto storico della loro intesa, riassumendo poi brevemente e dando una loro valutazione circa il contenuto dei gruppi di discussione, così come emergente dai documenti sequestrati e dai documenti loro richiesti. Contemporaneamente, esse producevano sedici faldoni contenenti documenti separati per ciascun gruppo di discussione e accompagnati da indici dettagliati delle materie. Per poter misurare l’eventuale valore aggiunto dei documenti trasmessi assieme al resoconto comune dei fatti, la Commissione ha chiesto alle banche di indicarle se alcuni documenti le fossero ancora ignoti e, in tal caso, quali. Le sue interlocutrici non hanno ritenuto possibile né necessario rispondere a tale domanda.

20.      Il 13 settembre 1999, la Commissione ha trasmesso ad otto banche la comunicazione degli addebiti adottata l’11 settembre 1999 (…). Il 22 novembre 2000 la Commissione ha inviato alle banche una comunicazione degli addebiti complementare (...).

21.      L’11 giugno 2002 la Commissione ha adottato la decisione [controversa].

(...)

22.      All’art. 1 della decisione [controversa], la Commissione dichiara che, dal 1° gennaio 1995 al 24 giugno 1998, le otto banche destinatarie dell’atto hanno violato l’art. 81, n. 1, del Trattato CE, avendo partecipato ad accordi e pratiche concordate su prezzi, commissioni bancarie ed altri parametri concorrenziali, aventi la finalità di restringere la concorrenza nel mercato austriaco dei prodotti e dei servizi bancari.

(...)

24.      L’art. 3 della decisione [controversa] infligge alle imprese destinatarie le ammende di seguito indicate:

–        Erste: EUR 37,69 milioni;

–        RZB: EUR 30,38 milioni;

–        BA-CA: EUR 30,38 milioni;

(...)

–        ÖVAG: EUR 7,59 milioni;

(...).

25.      Nella decisione [controversa] è spiegato che gli accordi tra banche, soprattutto quelli relativi ai tassi d’interesse e alle commissioni, hanno goduto in Austria di una lunga tradizione, in parte basata, fino agli anni ‘80, su un fondamento giuridico che è peraltro venuto meno il 1° gennaio 1994, data di adesione della Repubblica d’Austria allo Spazio economico europeo (SEE) e all’entrata in vigore della [legge sul sistema bancario (Bankwesensgesetz)].

26.      Gli istituti di credito hanno però continuato, nell’ambito della rete costituita, a concludere accordi, specie riguardo ai tassi debitori e creditori.

27.      Come indicato al titolo 5 della decisione [controversa], gli accordi conclusi concernevano un’ampia gamma di argomenti, erano altamente istituzionalizzati nonché strettamente correlati tra di loro e coprivano l’insieme del territorio austriaco. Per ogni prodotto bancario esisteva un apposito gruppo di discussione a cui prendevano parte i competenti responsabili appartenenti al secondo o al terzo livello gerarchico delle banche interessate. In pratica però questa divisione in funzione del tema trattato non veniva rigorosamente rispettata: a volte questioni tra loro connesse, che interessavano più gruppi di discussione, venivano trattate nell’ambito di un unico gruppo. Infine, i singoli gruppi di discussione erano parte di un tutto organico.

28.      Ad eccezione del mese di agosto, i rappresentanti a livello direttivo delle più grandi banche austriache (“club Lombard”) tenevano riunioni mensili, che fungevano da istanza superiore. Nel corso di dette riunioni, oltre che di temi di interesse generale, chiaramente privi di rilevanza sotto il profilo della concorrenza, essi discutevano delle modifiche ai tassi di interesse, delle condizioni, delle campagne pubblicitarie, ecc. Ad alcune di queste riunioni partecipavano rappresentanti della Banca nazionale austriaca (...).

29.      Al livello immediatamente inferiore si situavano i gruppi di discussione tecnici relativi ai singoli prodotti. I più importanti erano i cosiddetti gruppi di discussione sulle “operazioni attive”, ossia sui crediti, e i gruppi di discussione sulle “operazioni passive”, ossia sui depositi che, come si evince dalla denominazione stessa, avevano ad oggetto la definizione delle condizioni (vale a dire dei tassi d’interesse) praticate sui crediti e sui depositi, e che si riunivano o separatamente o congiuntamente. Tra questi gruppi di discussione e il “club Lombard” lo scambio di informazioni era particolarmente vivace.

30.      Numerosi e vari gruppi di discussione regionali si riunivano regolarmente in tutti i Länder austriaci. In alcuni Länder era stata persino riprodotta la struttura gerarchica costituita dal “club Lombard” e dai gruppi di discussione tecnici.

31.      Durante gli incontri dei gruppi di discussione federali sulle operazioni attive e/o passive i rappresentanti delle banche viennesi si riunivano con i colleghi regionali essenzialmente al fine di estendere le loro decisioni all’insieme del territorio austriaco.

32.      Tra l’altro esistevano gruppi di discussione speciali per il settore della clientela d’affari, per quello della clientela privata nel segmento delle libere professioni, per il settore del credito ipotecario e per quello del credito edilizio (rispettivamente denominati “Minilombard”, “gruppo di discussione ‘servizi ai grandi clienti’”, “gruppo di discussione ‘libere professioni’”, “loggia del credito ipotecario” e “gruppo di discussione ‘operazioni passive’ delle banche di credito edilizio”).

33.      Infine, una serie di altri gruppi di discussione si riunivano regolarmente per discutere di temi attinenti alla concorrenza: nel gruppo di discussione “direttori finanziari” (Treasurerrunde) venivano discusse questioni relative ai finanziamenti allo Stato federale e ai tassi; nei vari gruppi di discussione sulle operazioni di pagamento (in particolare il gruppo di discussione “operazioni di pagamento”, il gruppo di discussione bancario “estero”, il comitato organizzativo delle associazioni austriache degli istituti di credito o Organisationskomitee der österreichischen Kreditinstitutsverbände) si discuteva tra l’altro delle spese e delle commissioni applicate alle operazioni di pagamento, nel “club esportazioni” (Exportklub) delle condizioni praticate sui finanziamenti alle esportazioni e nel gruppo di discussione bancario “valori mobiliari” (Bankenrunde Wertpapiere) delle spese minime, delle commissioni e delle condizioni applicabili a tali prodotti.

34.      Tra tutti questi gruppi di discussione speciali si distingueva il gruppo di discussione «controllori» (Controllerrunde), al quale prendevano parte rappresentanti degli uffici di controllo della gestione delle più grandi banche austriache. Nell’ambito di questo gruppo venivano elaborati criteri comuni di calcolo e avanzate proposte comuni per migliorare i profitti. In questo modo le banche accrescevano la trasparenza reciproca dei rispettivi elementi di costo e di calcolo.

35.      Tra i vari gruppi di discussione, che si occupavano dunque soprattutto delle condizioni praticate sui crediti e sui depositi e delle commissioni, vi era un regolare flusso di informazioni. Accadeva spesso che le discussioni avviate nell’ambito di un gruppo venissero aggiornate fino al raggiungimento di un accordo nell’ambito di un altro gruppo. Infine, la preminenza gerarchica del “club Lombard” aveva per effetto che in caso di controversia ci si rimettesse alla sua decisione.

36.      Per ottenere un’applicazione generalizzata ed estesa all’intero territorio austriaco degli accordi conclusi nell’ambito dei summenzionati gruppi di discussione viennesi (ovvero per assicurarsi che ci si uniformasse a tali accordi), le informazioni venivano regolarmente trasmesse anche ai diversi gruppi di discussione regionali esistenti nei Länder o, viceversa, i gruppi regionali trasmettevano informazioni ai gruppi di discussione centrali di Vienna. A volte i gruppi di discussione regionali inviavano loro rappresentanti alle riunioni dei gruppi di discussione federali sulle operazioni attive e sulle operazioni passive.

37.      Nella decisione [controversa] la Commissione osserva che, nel periodo di riferimento oggetto dell’indagine (dal 1° gennaio 1994 alla fine del giugno 1998) nella sola Vienna, vale a dire prescindendo dai numerosi gruppi di discussione regionali, si tennero almeno 300 riunioni (...).

38.      La Commissione mette in rilievo il ruolo particolare svolto nel quadro della “rete Lombard” dagli istituti centrali riguardo al coordinamento e alla rappresentanza dei gruppi rispettivi, ossia, per quel che riguarda la Erste ([già] GiroCredit), il settore casse di risparmio, per quel che riguarda la RZB, il settore Raiffeisen e, per quel che riguarda la ÖVAG, il settore delle [banche] popolari. A suo parere, questo ruolo era messo direttamente al servizio del buon funzionamento della “rete Lombard”. Per un verso, gli istituti centrali avrebbero organizzato lo scambio reciproco di informazioni tra Vienna e i Länder all’interno del rispettivo gruppo bancario; per l’altro, essi avrebbero rappresentato gli interessi del proprio gruppo nei confronti degli altri gruppi aderenti all’intesa. Secondo la Commissione, pertanto, essi erano considerati dagli altri aderenti all’intesa come i rappresentanti dei rispettivi gruppi. Gli accordi quindi non sarebbero stati realizzati solo tra questi istituti, ma anche tra i gruppi».

III –  I ricorsi dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

11      Con istanze registrate presso la cancelleria del Tribunale il 30 agosto e il 2 settembre 2002, le otto imprese sanzionate dalla decisione controversa, tra cui le quattro ricorrenti nelle presenti impugnazioni, Erste, RZB, BA‑CA e ÖVAG, hanno proposto, ai sensi dell’art. 230 CE, ricorsi diretti all’annullamento, integrale o parziale, di tale decisione e, in subordine, all’annullamento delle ammende inflitte a ciascuna di esse o alla riduzione del loro importo.

12      Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto i ricorsi, tra l’altro, della Erste, della BA‑CA nonché della ÖVAG e ha condannato tali tre ricorrenti alle spese.

13      Esso ha inoltre respinto il ricorso della RZB nonché una domanda riconvenzionale della Commissione e ha condannato la RZB a sostenere le proprie spese, oltre al 90% delle spese sostenute dalla Commissione.

IV –  Conclusioni delle parti dell’impugnazione

14      La Erste chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata in quanto respinge il ricorso di annullamento della ricorrente;

–        annullare la decisione controversa nei limiti in cui essa infligge un’ammenda alla Erste;

–        in subordine, ridurre l’importo dell’ammenda ad essa inflitta all’art. 3 della decisione controversa;

–        in ulteriore subordine, annullare la sentenza impugnata e rinviare la causa dinanzi al Tribunale, e

–        comunque, condannare la Commissione alle spese.

15      La RZB chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata in quanto respinge il ricorso di annullamento della ricorrente;

–        annullare l’art. 3 della decisione controversa nei limiti in cui esso concerne la RZB;

–        in subordine, ridurre l’importo dell’ammenda ad essa inflitta all’art. 3 della decisione controversa, e

–        condannare la Commissione alle spese.

16      La BA‑CA chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata in quanto respinge il ricorso di annullamento della ricorrente;

–        annullare la decisione controversa nei limiti in cui essa concerne la BA-CA;

–        in subordine, ridurre l’importo dell’ammenda ad essa inflitta all’art. 3 della decisione controversa, e

–        condannare la Commissione alle spese.

17      La ÖVAG chiede che la Corte voglia:

–        annullare i punti 2 e 4 della sentenza impugnata;

–        annullare la decisione controversa nei limiti in cui essa concerne la ÖVAG;

–        in subordine, ridurre l’importo dell’ammenda ad essa inflitta all’art. 3 della decisione controversa;

–        in ulteriore subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale, e

–        condannare la Commissione alle spese o, in caso di rinvio al Tribunale, riservarsi la decisione al riguardo.

18      La Commissione chiede, in ciascuno dei presenti procedimenti, che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione delle ricorrenti, e

–        condannare le ricorrenti alle spese del presente grado di giudizio.

V –  I motivi di annullamento della sentenza impugnata

19      La Erste deduce quattro motivi:

–        violazione dei diritti della difesa;

–        violazione dell’art. 81, n. 1, CE a causa della mancanza di effetti significativi sul commercio fra Stati membri;

–        violazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 a causa dell’imputazione alla Erste del comportamento della GiroCredit per il periodo precedente alla sua acquisizione, e

–        violazione del detto articolo interpretato in combinato disposto con gli orientamenti per il calcolo delle ammende e la fissazione del loro importo.

20      La RZB deduce quattro motivi:

–        violazione dell’art. 81CE a causa della mancata dimostrazione del pregiudizio per il commercio fra Stati membri;

–        violazione degli orientamenti in quanto le riunioni delle banche di cui trattasi sono state qualificate come «infrazioni molto gravi»;

–        violazione del regolamento n. 17 e degli orientamenti in quanto le sono state ingiustamente imputate le quote di mercato dell’intero «settore Raiffeisen», e

–        errore di diritto nella valutazione della sua cooperazione con la Commissione.

21      La BA-CA deduce tre motivi:

–        erronea constatazione, nell’ambito della determinazione dell’importo dell’ammenda, che i gruppi di discussione hanno prodotto effetti economici;

–        mancata presa in considerazione, nell’ambito della determinazione dell’importo di base, delle circostanze che giustificano una riduzione dell’ammenda, e

–        mancata presa in considerazione della sua cooperazione consistente nelle risposte alle richieste di informazioni, nel resoconto comune dei fatti, nella trasmissione volontaria di documenti supplementari e nella risposta alla comunicazione degli addebiti.

22      La ÖVAG deduce tre motivi:

–        erronea constatazione del pregiudizio per il commercio fra Stati membri;

–        erronea imputazione, nell’ambito della ripartizione in categorie, del settore decentralizzato, e

–        mancata presa in considerazione di circostanze attenuanti.

VI –  Sulle impugnazioni

23      Con ordinanza del presidente della Corte 25 ottobre 2007, sentite in merito le parti e l’avvocato generale, i quattro procedimenti sono stati riuniti ai fini della fase orale e della sentenza, conformemente all’art. 43 del regolamento di procedura della Corte.

24      Considerato che i motivi delle ricorrenti in sede d’impugnazione si sovrappongono in gran parte, è opportuno trattarli congiuntamente.

A –  Sui motivi attinenti ad una violazione dell’art. 81, n. 1, CE

1.     Sul motivo attinente ad un errore di diritto riguardo alla valutazione del requisito del pregiudizio per il commercio fra Stati membri

25      La Erste, la RZB e la ÖVAG deducono, tutte e tre, tale motivo che si articola, sostanzialmente, in tre parti.

a)     Sulla prima parte, relativa ad un errore di diritto riguardo alla valutazione circa l’idoneità di un’intesa diffusa su tutto il territorio nazionale a pregiudicare in modo significativo il commercio fra Stati membri

i)     Argomenti delle parti

26      La RZB e la ÖVAG sostengono che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto considerando, al punto 181 della sentenza impugnata, «che esiste, quanto meno, una forte presunzione che una pratica restrittiva della concorrenza applicata all’insieme del territorio di uno Stato membro possa contribuire alla compartimentazione dei mercati e pregiudicare gli scambi intracomunitari».

27      A tal riguardo la RZB fa valere, in primo luogo, che il Tribunale procede ad un’interpretazione semplificata del requisito del pregiudizio per il commercio fra Stati membri allorché ritiene che la Commissione non sia tenuta a provare l’esistenza di un effetto di compartimentazione.

28      Il Tribunale avrebbe frainteso, ai punti 182‑184 della sentenza impugnata, la portata della sentenza della Corte 21 gennaio 1999, cause riunite C‑215/96 e C‑216/96, Bagnasco e a. (Racc. pag. I‑135).

29      In secondo luogo, la RZB ritiene che il Tribunale interpreti inadeguatamente la giurisprudenza della Corte affermando che il solo fatto che i gruppi di discussione riguardano l’intero territorio della Repubblica d’Austria è sufficiente per concludere che il commercio fra Stati membri sia pregiudicato.

30      Invero, l’idoneità a pregiudicare il commercio fra Stati membri presupporrebbe oltre alla «copertura territoriale» la presenza di almeno un altro fattore, nel caso di specie quello di effetti di compartimentazione.

31      Inoltre, la RZB sottolinea che il Tribunale, al punto 181 della sentenza impugnata, inverte l’onere della prova facendolo gravare sull’impresa, mentre spetterebbe alla Commissione apportare la prova della violazione dell’art. 81, n. 1, CE e dell’idoneità dell’intesa a pregiudicare il commercio fra Stati membri.

32      Anche la ÖVAG, da parte sua, lamenta il fatto che il Tribunale abbia relativizzato la portata del criterio dell’effetto di compartimentazione dei mercati.

33      Essa aggiunge che il Tribunale non ha tenuto conto, al punto 166 della sentenza impugnata, delle particolarità di una valutazione ex post di un’infrazione passata. Esso avrebbe errato nel rinunciare ad esaminare l’impatto concreto degli accordi sul commercio interstatale.

34      Inoltre, l’ÖVAG sottolinea il carattere contraddittorio e insufficiente della motivazione data dal Tribunale. Infatti, al punto 164 della sentenza impugnata, quest’ultimo avrebbe ritenuto che l’effetto di compartimentazione dei mercati non costituisca un indice significativo per poter decretare l’esistenza di un pregiudizio per il commercio fra Stati membri, mentre, al punto 181 della detta sentenza, esso avrebbe affermato, al contrario, che esiste un legame stretto tra l’effetto di compartimentazione dei mercati da parte di un’intesa e l’idoneità della stessa a pregiudicare il commercio transfrontaliero.

35      La Commissione afferma che il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto.

ii)  Giudizio della Corte

36      In primo luogo, va ricordato, da un lato, che la Corte ha affermato che, affinché una decisione, un accordo o una pratica possano pregiudicare il commercio fra Stati membri, è necessario che, in base ad un complesso di elementi oggettivi di diritto o di fatto, appaia sufficientemente probabile che essi esercitano un’influenza diretta o indiretta, attuale o potenziale, sugli scambi fra Stati membri, in modo tale da far temere che possano ostacolare la realizzazione di un mercato unico fra Stati membri. Tale influenza non deve, inoltre, essere insignificante (sentenza 23 novembre 2006, causa C‑238/05, Asnef-Equifax e Administración del Estado, Racc. pag. I‑11125, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

37      Così, un impatto sugli scambi intracomunitari risulta, in generale, dalla combinazione di più fattori che di per sé non sarebbero necessariamente determinanti. Per verificare se un’intesa pregiudichi in modo significativo il commercio fra Stati membri è necessario esaminarla nel suo contesto economico e giuridico (sentenza Asnef-Equifax e Administración del Estado, cit., punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

38      Dall’altro lato, la Corte ha già affermato che il fatto che un’intesa abbia per oggetto soltanto la distribuzione dei prodotti in un unico Stato membro non è sufficiente ad escludere che il commercio fra gli Stati membri possa essere pregiudicato. Infatti, un’intesa che si estenda a tutto il territorio di uno Stato membro ha, per sua natura, l’effetto di consolidare la compartimentazione nazionale, ostacolando così l’integrazione economica voluta dal Trattato CE (sentenza Asnef‑Equifax e Administración del Estado, cit., punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

39      Ne consegue che, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, al punto 181 della sentenza impugnata il Tribunale ha giustamente preso le mosse, nel suo ragionamento, dall’esistenza di una forte presunzione di pregiudizio per il commercio fra gli Stati membri, precisando immediatamente che «[la stessa] può cadere solo se l’analisi delle caratteristiche dell’accordo e del contesto economico in cui si inserisce dimostri il contrario».

40      Orbene, il Tribunale ha proceduto a tale analisi ai punti 182‑185 della sentenza impugnata. In particolare, al punto 183 della detta sentenza, esso ha constatato che «le intese in seno alla “rete Lombard” coinvolgevano non solo quasi tutti gli istituti di credito in Austria, ma anche un’ampia gamma di prodotti e di servizi bancari, in particolare i depositi e i crediti, e quindi erano atte a modificare le condizioni della concorrenza nell’insieme di tale Stato membro». Al punto 185 della medesima sentenza, esso ha esaminato la possibilità di un effetto di compartimentazione del mercato considerando che «la “rete Lombard” può aver contribuito a mantenere le barriere all’accesso al mercato (...) nel senso che ha potuto consentire di conservare le strutture del mercato austriaco (...)».

41      Dopo aver illustrato dettagliatamente, ai punti 111‑121 della sentenza impugnata, l’obiettivo perseguito da ciascuno dei gruppi di discussione, il Tribunale ha quindi potuto constatare, senza incorrere in un errore di diritto, al punto 185 di tale sentenza, che l’esistenza stessa della «rete Lombard» ostacolava il libero accesso al mercato austriaco, di modo che l’intesa era atta ad avere un effetto trasfrontaliero.

42      Esso ha quindi giustamente concluso, al punto 186 della sentenza impugnata, che l’accordo di cui trattasi poteva aver prodotto effetti di compartimentazione dei mercati ed era stato idoneo a pregiudicare il commercio fra Stati membri.

43      In secondo luogo, contrariamente a quanto sostiene la RZB, il Tribunale non ha invertito l’onere della prova, bensì, nell’esercizio del suo potere di valutazione dei fatti, ha constatato, previa analisi, che le ricorrenti non avevano smentito la presunzione secondo cui l’intesa considerata nel suo insieme, estendendosi all’intera Austria, era atta a pregiudicare il commercio interstatale.

44      In terzo luogo, va rilevato che il ragionamento svolto dal Tribunale al punto 181 della sentenza impugnata non è in contraddizione con ciò che esso ha dichiarato al punto 164 della stessa sentenza.

45      Infatti, al detto punto 164, il Tribunale si è limitato a respingere l’argomento delle ricorrenti che considera che solo la dimostrazione degli effetti di compartimentazione di un’intesa poteva consentire di dimostrare l’idoneità di tale intesa a pregiudicare il commercio fra Stati membri.

46      In quarto luogo, va rammentato che, secondo una giurisprudenza costante, l’art. 81, n. 1, CE non richiede che le intese da esso considerate abbiano pregiudicato in misura significativa gli scambi intracomunitari, ma richiede che si provi che tali intese sono atte a produrre questo effetto (sentenza Asnef-Equifax e Administración del Estado, cit., punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

47      Di conseguenza, la ÖVAG non può sostenere che il Tribunale doveva esaminare l’impatto concreto della detta intesa sul commercio fra Stati membri.

48      Da quanto precede risulta che la prima parte del motivo in esame deve essere respinta.

b)     Sulla seconda parte, relativa ad un errore di diritto in cui il Tribunale sarebbe incorso dichiarando che la Commissione poteva procedere ad un esame complessivo degli effetti transfrontalieri dei gruppi di discussione e procedendo ad un’analisi erronea, insufficiente e contraddittoria della definizione del mercato pertinente

i)     Argomenti delle parti

49      Con una prima censura, la ÖVAG sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto affermando, ai punti 168 e seguenti della sentenza impugnata, che la Commissione poteva procedere ad un esame complessivo dell’effetto trasfrontaliero dei gruppi di discussione anziché esaminare separatamente l’idoneità di ogni singolo gruppo di discussione a pregiudicare il commercio fra Stati membri.

50      A tal riguardo la ricorrente fa valere, da una parte, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto non esaminando, isolatamente, gli effetti sugli scambi intracomunitari dei gruppi di discussione relativi ad un’attività distinta e che, inoltre, non ha valutato correttamente la giurisprudenza della Corte risultante dalla citata sentenza Bagnasco e a..

51      Con una seconda censura, la ÖVAG critica il ragionamento del Tribunale, esposto al punto 172 della sentenza impugnata, secondo cui «la definizione del mercato rilevante non ha la stessa funzione a seconda che si tratti di applicare l’art. 81 CE o l’art. 82 CE». Essa sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto valutare l’effetto sul commercio degli accordi conclusi all’interno dei differenti gruppi di discussione sulla base di una definizione più stretta dei mercati pertinenti.

52      Inoltre, la ÖVAG rileva una contraddizione tra il punto 174 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ammette che «le diverse prestazioni bancarie oggetto degli accordi non sono fungibili le une rispetto alle altre», e il punto 175 della detta sentenza, in cui esso afferma che «la Commissione non era tenuta ad esaminare separatamente i mercati dei diversi prodotti bancari oggetto dei gruppi di discussione».

53      La Commissione afferma che il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto.

ii)  Giudizio della Corte

–       Sulla censura relativa ad un’interpretazione erronea della giurisprudenza da parte del Tribunale

54      La valutazione degli effetti degli accordi ai sensi dell’art. 81 CE comporta la necessità di considerare la situazione concreta in cui gli stessi si inquadrano, in particolare il contesto economico e giuridico nel quale operano le imprese interessate, la natura dei beni o servizi coinvolti nonché le condizioni reali del funzionamento e la struttura del mercato in questione (v. sentenza Asnef-Equifax e Administración del Estado, cit., punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

55      Nella sentenza impugnata, ai suoi punti 111‑126, il Tribunale ha confermato la conclusione della Commissione secondo cui esisteva un accordo di principio fra tutte le banche che partecipavano all’intesa per eliminare la concorrenza sui prezzi riguardo ad un’ampia gamma di servizi bancari, destinati sia ai privati che alle imprese, compresi i «servizi ai grandi clienti». Esso ha anche confermato la qualifica d’intesa globale unica attribuita ai gruppi di discussione.

56      Poiché, come ha rilevato il Tribunale, si trattava di un’intesa globale concernente il nucleo essenziale degli attori del settore finanziario di uno Stato membro e un’ampia gamma di prodotti e di servizi finanziari, il Tribunale ha giustamente potuto ritenere che gli accordi in questione, fondati su un piano globale e attuati nell’ambito di gruppi di discussione distinti, costituissero un’infrazione unica che giustificava e richiedeva un esame d’insieme dell’idoneità di tale intesa generalizzata a pregiudicare il commercio intracomunitario.

57      Quanto alla citata sentenza Bagnasco e a., invocata dalla ricorrente, è necessario rilevare, come ha fatto il Tribunale al punto 171 della sentenza impugnata, che, in tale causa, la Corte non ha dovuto procedere ad un esame globale del pregiudizio per il commercio fra Stati membri da parte delle due clausole in questione nella controversia principale, in quanto per l’una l’accordo non aveva per oggetto o per effetto di restringere la concorrenza, mentre per l’altra esso non era idoneo a pregiudicare il commercio fra gli Stati membri.

58      Di conseguenza, contrariamente a quanto accade per le intese in esame nei presenti procedimenti, nella detta sentenza non si è posta la questione di un esame globale degli accordi alla luce del requisito del pregiudizio per il commercio fra gli Stati membri. Ne risulta che le ricorrenti non possono invocare proficuamente tale sentenza al fine di mettere in discussione ciò che è stato constatato al punto 56 della presente sentenza.

59      Ciò considerato, occorre respingere la censura della ÖVAG secondo cui il Tribunale, nel valutare il requisito relativo al pregiudizio per il commercio fra Stati membri, doveva procedere ad un esame distinto degli accordi in questione.

–       Sulla censura relativa al carattere erroneo, insufficiente e contraddittorio dell’analisi del Tribunale in merito alla definizione del mercato pertinente

60      Quanto, in primo luogo, al punto 172 della sentenza impugnata, dopo aver rammentato che la definizione del mercato non ha la stessa funzione a seconda che si tratti di applicare l’art. 81 CE o l’art. 82 CE, il Tribunale ha dichiarato che la definizione del mercato pertinente è ininfluente dal momento che la Commissione ha concluso che l’accordo in questione falsava la concorrenza e poteva influenzare in maniera significativa il commercio fra Stati membri.

61      La censura sollevata dalla ÖVAG contro tale analisi è inconferente in quanto il Tribunale, ai punti 172‑174 della sentenza impugnata, ha esaminato la censura da essa dedotta e diretta a contestare il metodo seguito dalla Commissione per valutare gli effetti sugli scambi intracomunitari e non ha tratto alcuna conseguenza dalla sua analisi.

62      Quanto, in secondo luogo, alla motivazione fornita dal Tribunale al punto 174 della sentenza impugnata, ove esso considera le diverse prestazioni bancarie oggetto degli accordi non fungibili le une rispetto alle altre, e al punto 175, ove esso spiega che la Commissione non era tenuta ad esaminare separatamente i mercati di questi diversi prodotti bancari, la censura sollevata dalla ÖVAG va respinta poiché il Tribunale ha debitamente motivato le ragioni per cui una definizione rigida del mercato sarebbe artificiosa considerato che la maggior parte dei clienti delle banche a livello universale richiede un insieme di servizi bancari e che, del resto, il pregiudizio per il commercio può essere indiretto e il mercato pertinente può essere diverso da quello dei prodotti e servizi oggetto dell’intesa.

63      Da quanto precede risulta che la censura della ÖVAG relativa al carattere erroneo, insufficiente e contraddittorio dell’analisi del Tribunale in merito alla definizione del mercato pertinente deve essere respinta come anche, pertanto, la seconda parte del motivo in esame.

c)     Sulla terza parte, relativa alla mancanza della dimostrazione di un pregiudizio significativo prodotto dall’intesa sul commercio intracomunitario

i)     Argomenti delle parti

64      La Erste sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto constatare, ai punti 153‑187 della sentenza impugnata, che l’art. 81 CE non era applicabile dal momento che la Commissione non aveva dimostrato il carattere significativo del pregiudizio per gli scambi arrecato dall’intesa in questione. Secondo tale ricorrente, se l’accordo concluso tra le banche ha avuto effetti transfrontalieri, questi sono stati limitati.

65      La Commissione afferma che le affermazioni della Erste sono erronee.

ii)  Giudizio della Corte

66      Secondo una giurisprudenza costante, l’art. 81, n. 1, CE non richiede che le intese da esso considerate abbiano pregiudicato in misura significativa gli scambi intracomunitari, ma richiede che si provi che tali intese erano atte a produrre un tal effetto (v. sentenza Asnef-Equifax e Administración del Estado, cit., punto 43).

67      A tal riguardo il Tribunale ha rilevato, ai punti 111‑121, 179 e 183‑185 della sentenza impugnata, che l’accordo riuniva quasi tutti gli istituti di credito austriaci, riguardava un’amplissima gamma di prodotti e di servizi bancari e si estendeva sull’intero territorio austriaco, rischiando di modificare le condizioni del commercio in tutto questo Stato membro.

68      Di conseguenza, pur non avendo statuito espressamente sul carattere significativo del pregiudizio per il commercio intracomunitario, il Tribunale ha nondimeno rilevato gli elementi che consentivano di concludere, senza trascurare l’analisi del requisito definito al punto 36 della presente sentenza, che l’intesa fosse idonea a produrre effetti sugli scambi intracomunitari.

69      Ne consegue che la terza parte del motivo in esame deve essere respinta.

70      Da quanto precede risulta che il motivo attinente ad un errore di diritto riguardo alla valutazione del requisito del pregiudizio per il commercio fra Stati membri dev’essere, nella sua integralità, respinto.

2.     Sul motivo attinente ad un errore di diritto riguardo all’imputazione della responsabilità dell’infrazione

a)     Argomenti delle parti

71      La Erste sostiene che il Tribunale ha errato affermando, ai punti 323 e seguenti della sentenza impugnata, che essa doveva rispondere dell’infrazione commessa dalla GiroCredit prima dell’acquisizione di quest’ultima da parte della Erste, già Die Erste Österreichische Spar-Casse-Bank AG (in prosieguo: la «EÖ»), e che la Commissione non ha agito illegittimamente imputando tale comportamento alla Erste, in quanto successore della GiroCredit.

72      Con una prima censura, la Erste sostiene anzitutto che il Tribunale non ha valutato correttamente i legami economici e giuridici esistenti tra la GiroCredit e il Gruppo BA. A tal riguardo, la Erste rammenta che, sino all’acquisizione della maggioranza del suo capitale, il 20 maggio 1997, la GiroCredit era detenuta in maggioranza dal Gruppo BA, che ha a sua volta partecipato al «club Lombard». Tale gruppo controllava la GiroCredit non solo tramite una partecipazione maggioritaria nel capitale di quest’ultima, ma altresì attraverso la nomina dei membri del consiglio di vigilanza e del direttivo e l’occupazione delle più alte cariche direttive della GiroCredit da parte di dipendenti provenienti dalla Groupe BA. Di conseguenza, il comportamento della GiroCredit avrebbe dovuto essere imputato, per questo periodo, alla BA-CA.

73      Inoltre, la constatazione del Tribunale secondo cui la persona giuridica responsabile della gestione delle attività bancarie della GiroCredit prima del suo trasferimento era la «GiroCredit Bank der österreichischen Sparkassen AG» sarebbe giuridicamente erronea, dato che anche quest’ultima società era controllata e diretta dalla Groupe BA.

74      Con una seconda censura, la Erste sostiene che il Tribunale è inoltre incorso in un errore di diritto, ai punti 328‑336 della sentenza impugnata, considerando che la Commissione potesse decidere di sanzionare o la controllata che ha partecipato all’infrazione, o la società capogruppo che la controllava durante tale periodo, e ciò anche nel caso di una successione economica, e, pertanto, di imputarle la responsabilità del comportamento della GiroCredit anziché imputarla alla precedente società capogruppo.

75      Per la Commissione occorre distinguere nettamente tra il problema di individuare la persona giuridica responsabile dell’impresa che ha partecipato all’infrazione e le condizioni in base alle quali il comportamento di una controllata, dotata di una distinta personalità giuridica, può essere imputato alla società capogruppo. Essa osserva che il suo approccio non è iniquo, dato che la stessa Erste ha partecipato all’intesa.

b)     Giudizio della Corte

76      Con le sue due censure, che è opportuno esaminare congiuntamente, la Erste contesta l’imputazione, fattale tramite la decisione controversa, del comportamento della GiroCredit prima del 1° ottobre 1997, data della sua fusione con quest’ultima.

77      Qualora un’impresa violi le norme sulla concorrenza, incombe ad essa, secondo il principio della responsabilità personale, rispondere di tale violazione (v., in tal senso, sentenze 8 luglio 1999, causa C‑49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I‑4125, punto 145, e 16 novembre 2000, causa C‑279/98 P, Cascades/Commissione, Racc. pag. I‑9693, punto 78).

78      Riguardo al problema della determinazione delle circostanze in cui un ente che non sia l’autore dell’infrazione possa nondimeno essere sanzionato per questa, occorre, anzitutto, constatare che rientra in una tale ipotesi la situazione in cui l’ente che ha commesso l’infrazione ha cessato di esistere giuridicamente (v., in tal senso, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 145).

79      Invero, come già constatato dalla Corte, qualora un ente che ha commesso un’infrazione alle norme sulla concorrenza sia oggetto di una modifica di natura giuridica o organizzativa, tale modifica non ha necessariamente l’effetto di creare una nuova impresa esente dalla responsabilità per i comportamenti anticoncorrenziali del precedente ente se, sotto l’aspetto economico, vi è identità fra i due enti (v., in tal senso, sentenze 28 marzo 1984, cause riunite 29/83 e 30/83, Compagnie royale asturienne des mines e Rheinzink/Commissione, Racc. pag. 1679, punto 9, nonché 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 59)

80      Del resto, il comportamento anticoncorrenziale di un’impresa può essere imputato ad un’altra allorché la prima non ha deciso in modo autonomo il proprio comportamento sul mercato, ma ha applicato in sostanza le direttive impartitele dalla seconda, alla luce, in particolare, dei vincoli economici e giuridici che le uniscono (sentenze 16 novembre 2000, causa C‑294/98 P, Metsä-Serla e a./Commissione, Racc. pag. I‑10065, punto 27, nonché 2 ottobre 2003, causa C‑196/99 P, Aristrain/Commissione, Racc. pag. I‑11005, punto 96). La circostanza che una società controllata abbia una personalità giuridica distinta non è dunque sufficiente a impedire che il suo comportamento possa essere imputato alla società capogruppo.

81      Con il suo argomento la Erste vuole sostenere che, al momento delle infrazioni oggetto della decisione controversa, il comportamento della GiroCredit era deciso al livello della società capogruppo che la deteneva, nella fattispecie la Groupe BA, e che, di conseguenza, a quest’ultima società avrebbe dovuto essere imputata la responsabilità per le infrazioni commesse a suo tempo dalla GiroCredit. La Erste intende così rimettere in discussione quanto deciso dal Tribunale al punto 331 della sentenza impugnata, vale a dire che la Commissione può decidere di sanzionare o la controllata che ha partecipato all’infrazione, o la società capogruppo che la controllava durante il periodo considerato dalla decisione controversa.

82      A tal riguardo il Tribunale ha giustamente affermato che la Commissione non era obbligata a verificare innanzi tutto se fossero soddisfatte le condizioni per imputare l’infrazione alla società capogruppo dell’impresa che ha commesso l’infrazione in parola. Infatti, la Commissione non può essere obbligata, in linea di principio, a procedere dapprima a un tale esame prima di poter valutare se dirigersi contro tale impresa, autrice dell’infrazione, anche qualora quest’ultima abbia subìto modifiche in quanto ente giuridico. Il principio della responsabilità personale, ricordato al punto 77 della presente sentenza, non osta in alcun modo a che la Commissione consideri inizialmente di sanzionare quest’ultima prima di indagare se, eventualmente, l’infrazione possa essere imputata alla società capogruppo. Inoltre, come il Tribunale ha rilevato al punto 335 della sentenza impugnata, se così non fosse, le indagini della Commissione sarebbero notevolmente rallentate dalla necessità di verificare, in ciascun caso di successione nel controllo di un’impresa, in quale misura le azioni di questa impresa possano essere imputate alla precedente società capogruppo.

83      Per giunta, va sottolineato che la Erste, avendo a sua volta partecipato all’intesa oggetto della decisione controversa, sapeva, al momento dell’acquisizione delle attività della GiroCredit, che quest’ultima avrebbe potuto essere oggetto di un procedimento d’infrazione dell’art. 81 CE e che, come successore di tale società, essa si esponeva pertanto alle conseguenze di un tale procedimento in termini di ammenda.

84      Di conseguenza, occorre respingere la seconda censura sviluppata dalla Erste a sostegno del presente motivo.

85      Quanto alla prima censura, relativa all’esame da parte del Tribunale dei legami economici e giuridici esistenti tra la GiroCredit e la Groupe BA, è sufficiente constatare che, poiché la Commissione poteva validamente sanzionare la violazione dell’art. 81 CE al livello della controllata GiroCredit e, conseguentemente, imputare la responsabilità di tale società alla Erste nella sua qualità di società incorporante, il Tribunale ha giustamente affermato, al punto 336 della sentenza impugnata, che non era necessario verificare se il comportamento della GiroCredit avrebbe potuto essere imputato alla Groupe BA. Pertanto, l’argomentazione della Erste relativa al controllo effettivo della Groupe BA sulla GiroCredit è inconferente.

86      Alla luce di quanto precede si deve respingere nella sua integralità il motivo attinente ad un errore di diritto riguardo all’imputazione della responsabilità dell’infrazione

B –  Sui motivi attinenti ad una violazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17

1.     Sul motivo attinente ad errori di diritto nella valutazione della gravità dell’infrazione

87      La BA‑CA, la Erste e la RZB contestano la fondatezza delle valutazioni compiute dal Tribunale riguardo alla gravità dell’infrazione. Tale motivo si suddivide, sostanzialmente, in sette parti.

a)     Sulla prima parte, relativa ad una valutazione non conforme agli orientamenti

i)     Argomenti delle parti

88      La RZB fa valere che il Tribunale si è contraddetto non esaminando, in particolare ai punti 237 e 254 della sentenza impugnata, se la violazione dovesse essere considerata come «molto grave» conformemente alle norme da esso menzionate al punto 226 di tale sentenza.

89      La Commissione rileva che, se pure essa si è effettivamente vincolata tramite gli orientamenti che si è data, lo stesso non vale per il Tribunale nell’ambito della sua competenza giurisdizionale anche di merito. Inoltre, risulterebbe chiaramente dalla giurisprudenza che gli orientamenti fissano unicamente un «programma minimo» che non determina un elenco tassativo degli elementi da prendere in considerazione. In circostanze giustificate, sarebbe anche possibile discostarsene.

ii)  Giudizio della Corte

90      Occorre ricordare, anzitutto, che, ai sensi della giurisprudenza della Corte, per determinare l’importo delle ammende, si deve tener conto della durata e di tutti i fattori che possono incidere ai fini della valutazione della gravità delle infrazioni (sentenza 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 240).

91      La gravità delle infrazioni dev’essere accertata in funzione di un gran numero di elementi quali le circostanze proprie della causa, il contesto e l’efficacia dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere in considerazione (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 241 e giurisprudenza ivi citata).

92      Spetta quindi al Tribunale controllare l’esercizio da parte della Commissione del suo potere di apprezzamento di tali fattori.

93      Di conseguenza, il Tribunale non si è contraddetto né affermando, al punto 237 della sentenza impugnata, che la Commissione poteva analizzare la gravità dell’infrazione in maniera globale, in funzione di tutte le circostanze pertinenti, compresi elementi che non sono espressamente menzionati negli orientamenti, né affermando, al punto 254 della detta sentenza, che è normale che un’intesa orizzontale sui prezzi vertente su un settore economico di tale importanza venga qualificata come infrazione «molto grave».

94      Pertanto la prima parte del motivo in esame deve essere respinta.

b)     Sulla seconda parte, relativa ad errori di diritto in merito alla «natura stessa» dell’infrazione

95      Questa seconda parte si articola, sostanzialmente, in quattro censure.

i)     Argomenti delle parti

96      In primo luogo, la RZB sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto affermando, al punto 240 della sentenza impugnata, che la natura dell’infrazione svolge un ruolo primario per qualificare le infrazioni come molto gravi, mentre gli altri criteri, vale a dire l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato e l’estensione geografica del mercato pertinente, hanno un peso meno rilevante.

97      In secondo luogo, la ricorrente ritiene che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto anche nel fondare, ai punti 249‑264 della sentenza impugnata, la sua valutazione su elementi non contenuti negli orientamenti, ossia l’importanza del settore bancario per l’economia, l’ampia gamma di prodotti bancari interessati dall’intesa e la partecipazione dell’assoluta maggioranza delle banche austriache alle riunioni.

98      In terzo luogo, la RZB accusa il Tribunale di non aver tenuto conto della posizione del governo diretta a preservare il settore bancario dal libero gioco del mercato. Inoltre, esso avrebbe errato considerando che l’intervento delle autorità di Stato in comportamenti rientranti nell’ambito dell’art. 81 CE costituisca una circostanza aggravante dell’ammenda.

99      Infine, in quarto luogo, la RZB sostiene che, al punto 256 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato a torto che non si doveva tener conto dell’effetto dissuasivo delle ammende per esaminare la gravità intrinseca dell’infrazione.

100    La Commissione sostiene che le affermazioni della RZB sono o irricevibili o infondate.

ii)  Giudizio della Corte

101    Quanto alla prima censura, ritenendo, al punto 240 della sentenza impugnata, che i tre aspetti della valutazione della gravità dell’infrazione non abbiano lo stesso peso nell’ambito dell’esame complessivo e che la natura dell’infrazione svolga un ruolo primario, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto basandosi sugli orientamenti che considerano, come infrazioni «molto gravi», le restrizioni orizzontali quali «cartelli di prezzi» e di quote di ripartizione dei mercati o altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno.

102    A tal riguardo esso ha in particolare constatato, al punto 121 della sentenza impugnata, che esisteva un accordo di principio fra tutte le banche che partecipavano all’intesa per eliminare la concorrenza sui prezzi riguardo ad un’ampia gamma di servizi bancari, destinati sia ai privati che alle imprese, compresi i «servizi ai grandi clienti», caratteristico di una restrizione come quella di cui agli orientamenti.

103    Inoltre, da questi ultimi risulta che la natura propria dell’infrazione può essere sufficiente a qualificarla come «molto grave», e questo a prescindere dal suo impatto concreto sul mercato e dalla sua estensione geografica.

104    Infine, al punto 241 della sentenza impugnata, il Tribunale ha, giustamente, considerato che questi tre criteri fossero indipendenti.

105    Di conseguenza, la prima censura della seconda parte dev’essere dichiarata infondata.

106    Per gli stessi motivi già esposti al punto 93 della presente sentenza, occorre respingere la seconda censura della seconda parte.

107    In merito alla terza censura, va constatato che, al punto 260 della sentenza impugnata, il Tribunale non ha affermato che l’intervento delle autorità statali aveva costituito una circostanza aggravante in grado di produrre, a discapito delle imprese, effetti sull’importo delle ammende inflitte.

108    Di conseguenza, la terza censura della seconda parte dev’essere respinta.

109    Relativamente alla quarta censura, va rilevato che, al termine di un’analisi di cui fa parte il punto 256 della sentenza impugnata, il Tribunale è giunto alla conclusione, al punto 264 della stessa sentenza, che le circostanze invocate dalle ricorrenti non potevano rimettere in discussione la validità della constatazione contenuta nella decisione controversa secondo cui gli accordi della «rete Lombard» costituivano per la loro stessa natura un’infrazione molto grave. Orbene, la RZB non dimostra in che modo la considerazione dell’effetto dissuasivo delle ammende ai fini dell’analisi della gravità intrinseca dell’infrazione, ammesso che se ne dovesse tener conto, avrebbe potuto alterare la detta conclusione del Tribunale. La quarta censura è quindi inconferente.

110    Di conseguenza, si deve respingere la detta censura.

111    Pertanto, la seconda parte del motivo in esame è in parte irricevibile e in parte infondata.

c)     Sulla terza parte, relativa ad un errore di diritto in merito all’«impatto concreto dell’infrazione sul mercato»

i)     Argomenti delle parti

112    La RZB sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto consentendo alla Commissione di dedurre dalla semplice «attuazione» dell’intesa l’esistenza di un impatto concreto dell’infrazione sul mercato. Tale valutazione sarebbe contraria al dettato degli orientamenti e dimostrerebbe che il Tribunale confonde l’«attuazione» degli accordi, che è una condizione per l’applicazione dell’art. 81 CE, con il più rigoroso criterio dell’«impatto concreto dell’infrazione sul mercato», che rileva per giustificare la gravità dell’infrazione. La citata sentenza Cascades/Commissione sarebbe in contrasto con un tale ragionamento e lo studio economico prodotto dalle ricorrenti dimostrerebbe che gli accordi vertenti sui prodotti fondamentali non avevano avuto alcun impatto sulle condizioni effettivamente applicate.

113    La BA-CA ritiene che le ripercussioni concrete dell’infrazione sul mercato siano state valutate in maniera errata. Lo studio economico summenzionato dimostrerebbe che le riunioni non producevano effetti di questo tipo sul mercato.

114    La BA-CA afferma inoltre che, nell’ambito dell’esame dello studio economico, il Tribunale ha violato i principi della produzione della prova. Infatti, richiedendo che tale studio vertesse sull’«insieme degli effetti potenziali degli accordi sul mercato» il Tribunale si sarebbe spinto oltre quanto è possibile pretendere da uno studio economico diretto a dimostrare la mancata attuazione degli accordi e l’assenza di un nesso di causalità tra i gruppi di discussione bancari e il gioco della concorrenza sul mercato.

115    La Commissione rileva che lo studio economico presentato dalle banche verteva solo su due prodotti bancari e non sugli effetti potenziali dell’accordo sul mercato. In ogni caso, l’attuazione, fosse anche parziale, di un accordo avente oggetto anticoncorrenziale sarebbe sufficiente per escludere che si possa dichiarare che tale accordo non ha avuto alcun impatto sul mercato.

ii)  Giudizio della Corte

116    Occorre rilevare che, ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione, il Tribunale non si è limitato a constatare l’attuazione dell’intesa.

117    Infatti, al punto 285 della sentenza impugnata, il Tribunale ha, come richiesto, constatato che l’intesa sui prezzi ha prodotto effetti concreti sul mercato rilevando che i membri dell’intesa avevano adottato provvedimenti per annunciare i prezzi convenuti ai clienti, dando ai propri dipendenti l’istruzione di utilizzarli come base delle trattative e vigilando sull’applicazione degli stessi da parte dei propri concorrenti e dei propri servizi di vendita.

118    Inoltre, al termine dell’esame svolto ai punti 289‑294 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso, senza incorrere in un errore di diritto, al punto 295 della detta sentenza, che, «tenuto conto dei numerosi e incontestati esempi di attuazione degli accordi riportati nella decisione [controversa], il fatto che in alcuni casi uno o più istituti non abbiano rispettato gli accordi, che gli istituti non siano riusciti a mantenere il livello dei tassi convenuto o ad aumentarne la redditività o che esistesse una concorrenza tra di loro riguardo a taluni prodotti non basta ad invalidare l’affermazione secondo cui gli accordi sono stati messi in atto ed hanno avuto effetti sul mercato».

119    Ne consegue che la terza parte del motivo in esame dev’essere integralmente respinta.

d)     Sulla quarta parte, relativa ad un errore di diritto riguardo alla valutazione dell’«estensione del mercato geografico pertinente»

i)     Argomenti delle parti

120    La RZB accusa il Tribunale di non aver esaminato, ai punti 308-313 della sentenza impugnata, l’argomento secondo cui le dimensioni manifestamente e incontestabilmente limitate del territorio della Repubblica d’Austria osterebbero alla qualificazione dell’infrazione addebitata come «molto grave». Inoltre, il ragionamento seguito ai detti punti 308‑313 sarebbe contrario al dettato degli orientamenti nonché alla prassi decisionale della Commissione.

121    La Commissione contesta le affermazioni della RZB.

ii)  Giudizio della Corte

122    Contrariamente a quanto sostiene la RZB, il Tribunale non ha mancato di statuire sull’argomento relativo all’estensione limitata del mercato geografico pertinente. Esso ha, infatti, espressamente spiegato, ai punti 308‑313 della sentenza impugnata, le ragioni per cui le dimensioni limitate del territorio della Repubblica d’Austria non ostavano alla qualificazione dell’infrazione come «molto grave».

123    Peraltro, secondo una giurisprudenza constante, la Commissione dispone, nel fissare l’importo delle ammende, di un ampio potere discrezionale e non è vincolata dalle proprie precedenti valutazioni (v. sentenze Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punti 209‑213, nonché 19 marzo 2009, causa C‑510/06 P, Archer Daniels Midland/Commissione, Racc. pag. I‑1843, punto 82). Ne consegue che la ricorrente non può invocare la prassi decisionale della Commissione dinanzi al giudice comunitario.

124    Infine, né gli orientamenti né il regolamento n. 17 vietano di limitare l’esame del mercato geografico pertinente nell’ambito della valutazione dell’esame di un’infrazione alla totalità o ad una parte del territorio di uno Stato membro.

125    Di conseguenza, la quarta parte del motivo in esame dev’essere respinta.

e)     Sulla quinta parte, relativa ad un errore di diritto riguardo alla valutazione degli effetti del carattere selettivo dei procedimenti intentati sulla qualificazione dell’infrazione e ad una violazione dell’obbligo di motivazione

i)     Argomenti delle parti

126    La RZB deduce due censure.

127    La prima censura riguarda il fatto che il Tribunale avrebbe ingiustamente respinto il suo argomento secondo cui la qualificazione dell’infrazione come «molto grave» è incompatibile con la scelta della Commissione di perseguire solo alcune delle imprese che hanno partecipato all’infrazione.

128    La seconda censura riguarda il fatto che il Tribunale sarebbe venuto meno al suo obbligo di motivazione non avendo risposto agli argomenti secondo cui, da un lato, il livello elevato dell’ammenda sarebbe in contrasto con il carattere simbolico di una procedura diretta, in definitiva, contro l’intero settore bancario austriaco e, dall’altro, porterebbe a distorsioni della concorrenza, poiché l’ammenda è stata inflitta soltanto al 10% delle banche.

129    La Commissione ritiene che le affermazioni della ricorrente siano una mera ripetizione degli argomenti da essa sviluppati dinanzi al Tribunale.

ii)  Giudizio della Corte

130    Con la sua prima censura, la RZB si limita a riprodurre gli argomenti che già aveva invocato dinanzi al Tribunale, senza indicare con precisione in quale errore di diritto sarebbe incorso il Tribunale.

131    Orbene, va rammentato che, secondo una giurisprudenza costante, dagli artt. 225 CE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura risulta che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi censurati della sentenza di cui si chiede l’annullamento, nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda. Pertanto, un’impugnazione che si limiti a ripetere o a riprodurre pedissequamente i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale non risponde ai requisiti di motivazione stabiliti da tali disposizioni (v. sentenza 3 marzo 2005, causa C‑499/03 P, Biegi Nahrungsmittel e Commonfood/Commissione, Racc. pag. I‑1751, punti 37 e 38 nonché giurisprudenza ivi citata).

132    La prima censura dev’essere pertanto respinta.

133    Quanto alla seconda censura, che riguarda un difetto di motivazione, va rammentato che l’obbligo per il Tribunale di motivare le proprie decisioni non può essere interpretato nel senso che quest’ultimo fosse tenuto a replicare in dettaglio a tutti gli argomenti invocati dalla ricorrente (v. sentenze 6 marzo 2001, causa C‑274/99 P, Connolly/Commissione, Racc. pag. I‑1611, punto 121, nonché 9 settembre 2008, cause riunite C‑120/06 P e C‑121/06 P, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑6513, punto 91).

134    Orbene, constatando, al punto 315 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva legittimamente adottato come criterio per scegliere i destinatari della decisione controversa quello della loro frequente partecipazione ai più importanti gruppi di discussione, senza che ciò ostasse alla qualifica dell’infrazione come «molto grave», il Tribunale, il quale non era tenuto ad esaminare gli argomenti divenuti quindi inconferenti, ha adempiuto il suo obbligo di motivazione.

135    Di conseguenza, la seconda censura dev’essere respinta.

136    Pertanto, la quinta parte del motivo in esame è in parte irricevibile e in parte infondata.

f)     Sulla sesta parte, relativa alla mancanza di una valutazione complessiva della gravità dell’infrazione

i)     Argomenti delle parti

137    La RZB accusa il Tribunale di non aver effettuato una valutazione complessiva della gravità dell’infrazione tenendo conto di tutti gli aspetti menzionati negli orientamenti nonché di elementi esogeni, ossia l’importanza economica del settore bancario austriaco, la non necessità di un effetto dissuasivo e il carattere selettivo dei procedimenti intentati. Essa sostiene che, se il Tribunale avesse effettuato una simile analisi, avrebbe concluso che l’infrazione in questione non poteva essere qualificata come «molto grave».

138    La Commissione considera tali affermazioni prive di fondamento.

ii)  Giudizio della Corte

139    Contrariamente a quanto sostiene la RZB, il Tribunale non ha trascurato né l’importanza dei criteri espressamente menzionati negli orientamenti né quella degli elementi che non figurano espressamente in tali orientamenti.

140    Invero, nella valutazione della gravità dell’infrazione, la Commissione deve tener conto non solo delle circostanze particolari della fattispecie, ma anche del contesto in cui si colloca l’infrazione e, ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, curare il carattere dissuasivo della sua azione, soprattutto per i tipi d’infrazione particolarmente nocivi per la realizzazione degli obbiettivi della Comunità (v., in tal senso, sentenza Archer Daniels Midlands/Commissione, cit., punto 63).

141    Nella sentenza impugnata, in particolare ai suoi punti 249, 250 e 254, il Tribunale ha in particolare ritenuto, correttamente, che un’intesa orizzontale sui prezzi rientri tra le infrazioni molto gravi, anche in assenza di altre restrizioni alla concorrenza, come una compartimentazione dei mercati, e che una siffatta intesa in un settore tanto importante come il settore bancario, la quale riguarda un’ampia gamma di prodotti bancari e cui partecipa la grande maggioranza degli operatori economici, non possa, in linea di principio, sottrarsi alla qualificazione d’infrazione molto grave a prescindere dal suo contesto (v., in tal senso, sentenza 22 maggio 2008, causa C‑266/06 P, Evonik Degussa/Commissione e Consiglio, punto 104).

142    Inoltre, il Tribunale ha anche esaminato gli altri argomenti delle ricorrenti, segnatamente ai punti 254‑264 della sentenza impugnata. Esso ha tuttavia concluso, al detto punto 264, che questi non potevano rimettere in discussione la constatazione che gli accordi della «rete Lombard» costituivano per loro natura un’infrazione molto grave.

143    In tal modo, come si è detto al punto 93 della presente sentenza, il Tribunale non è incorso in alcun modo in un errore di diritto a tal riguardo. Del resto, va rilevato che, nel suo esame, contrariamente a quanto sostiene la RZB, il Tribunale non ha violato i criteri menzionati negli orientamenti, che qualificano come infrazioni molto gravi anche le intese orizzontali in materia di prezzi, come quella provata nel caso di specie.

144    Di conseguenza, la sesta parte del motivo in esame è infondata.

g)     Sulla settima parte, relativa ad un errore di diritto riguardo alla ripartizione delle ricorrenti nelle categorie di infrazioni determinata dalla Commissione

145    Nell’ambito di questa settima parte, le ricorrenti deducono sostanzialmente cinque censure.

i)     Argomenti delle parti

146    Con la prima censura, relativa alla mancanza di fondamento normativo, alla violazione dei principi della responsabilità personale, della proporzionalità delle sanzioni e di uguaglianza a causa dell’attribuzione agli istituti centrali delle quote di mercato delle banche dei settori decentralizzati, la Erste, la RZB e la ÖVAG rimettono in discussione, sostanzialmente, il principio dell’attribuzione delle quote di mercato dei loro rispettivi settori decentralizzati ai fini delle classificazione in categorie.

147    A tal riguardo esse sostengono, in primo luogo, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto giudicando, ai punti 356 e 373 della sentenza impugnata, che, con l’attribuzione ad esse delle dette quote di mercato ai fini del calcolo dell’ammenda, la Commissione non avrebbe imputato loro il comportamento illecito di queste ultime e le avrebbe sanzionate unicamente «per il loro proprio comportamento».

148    Siffatta attribuzione significherebbe, in realtà, imputare loro la responsabilità delle infrazioni commesse dalle banche dei rispettivi settori decentralizzati, in quanto la posizione dei detti settori sul mercato viene presa in considerazione interamente ai fini del calcolo dell’ammenda.

149    La Erste, la RZB e la ÖVAG ritengono, pertanto, che tale attribuzione avrebbe dovuto essere valutata alla luce dei criteri individuati dalla Corte in merito all’imputabilità delle infrazioni all’interno di un gruppo societario, ossia la possibilità di un controllo dell’impresa e l’esistenza di un’unità economica.

150    La Commissione sostiene che il criterio determinante ai fini della ripartizione per categorie è la comparazione dell’effettiva potenza sul mercato, la quale si basa sui rapporti stabili tra le banche decentralizzate e i loro istituti centrali.

151    In secondo luogo, la Erste sostiene che l’attribuzione agli istituti centrali delle quote di mercato di circa 70 casse di risparmio austriache viola l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 in combinato disposto con il punto 1, parte A, sesto comma, degli orientamenti. Difatti, tali disposizioni non consentirebbero di imputare ad un’impresa la quota di mercato di imprese terze presenti nel medesimo settore di attività.

152    La Erste e la RZB fanno anche valere che una tale attribuzione viola il principio della responsabilità personale per la commissione di infrazioni al diritto della concorrenza nonché il principio di proporzionalità della sanzione.

153    Infine, la RZB e la ÖVAG affermano che il Tribunale ha violato anche il principio di uguaglianza. In proposito, la RZB accusa il Tribunale di aver assimilato, ai fini della suddivisione per categorie, gli istituti centrali dei settori decentralizzati alle grandi banche centralizzate. Il Tribunale avrebbe dovuto esaminare se non fosse opportuno considerare solo una parte delle quote di mercato di ogni settore interessato, così da tener conto del fatto che, nel partecipare ai gruppi di discussione, un istituto centrale si limita a trasmettere informazioni non potendo intervenire a nome delle banche e non potendo impartire l’istruzione di attuare gli eventuali accordi.

154    La Commissione ricorda che l’attribuzione delle quote di mercato nella decisione controversa si basa non su constatazioni specifiche relative all’effettiva partecipazione delle banche decentralizzate all’infrazione, ma unicamente sul fatto che la Commissione ha sanzionato gli istituti centrali per il loro comportamento. Essa precisa che, nel caso di specie, non è stato imputato alcun comportamento di terzi.

155    Quanto alla RZB, la Commissione sottolinea che le ammende inflitte agli istituti centrali non superano il limite del 10% del volume d’affari dell’impresa conformemente all’art. 15 del regolamento n. 17.

156    Si tratterebbe quindi di una situazione diversa rispetto a quella in cui sarebbe stato necessario prendere in considerazione il volume d’affari complessivo del gruppo se l’istituto centrale e le banche decentralizzate fossero state considerate come un’unità economica.

157    Infine, la Commissione fa valere l’irricevibilità dell’argomento diretto all’esame della proporzionalità dell’ammenda, poiché la Corte non può sostituire, per motivi di equità, la sua valutazione a quella del Tribunale.

158    Con la seconda censura, la Erste e la ÖVAG sostengono che il Tribunale ha violato i loro diritti della difesa giudicando, al punto 369 della sentenza impugnata, sufficiente a rispettare i loro diritti della difesa l’indicazione, contenuta nella comunicazione degli addebiti, che esse erano gli istituti centrali del settore casse di risparmio e del settore banche popolari.

159    Inoltre, esse sostengono che la Commissione non avrebbe dovuto accontentarsi di una semplice affermazione generale e avrebbe dovuto informare le imprese delle conclusioni che intendeva trarre da tutti gli elementi di fatto relativi all’infrazione e, in particolare, della sua intenzione di imputare loro le quote di mercato del loro settore decentralizzato.

160    Con la terza censura, la Erste, la RZB e la ÖVAG lamentano che il Tribunale non ha correttamente valutato il loro ruolo e le loro funzioni all’interno dei gruppi bancari.

161    La Erste contesta la valutazione del Tribunale riportata al punto 401 della sentenza impugnata secondo cui essa avrebbe avuto il compito di «rappresentare» il settore casse di risparmio in occasione dei gruppi di discussione bancari.

162    La ÖVAG sottolinea che, contrariamente a quanto giudicato dal Tribunale, essa non ha alcuna possibilità di assumere impegni per le banche popolari autonome e che non forma con esse un’entità economica.

163    La RZB afferma di non essere dotata di «maggiore esperienza e di migliori informazioni» rispetto alle altre banche del suo settore decentralizzato, al contrario di quanto indicato al punto 405 della sentenza impugnata. Essa sostiene che, comunque, gli accertamenti del Tribunale riguardo ai legami che essa aveva con il suo settore decentralizzato ostavano a che le venissero imputate integralmente le quote di mercato di tale settore.

164    Infine, essa fa notare di non avere una capacità paragonabile a quella delle grandi banche organizzate in modo gerarchico di causare danni ai privati e di non essere neppure in grado di approfittare delle prassi controverse, non possedendo, da una parte, una quota di mercato individuale significativa né, dall’altra, una partecipazione ai profitti delle banche del settore.

165    Con la quarta censura, la Erste sostiene che il Tribunale ha errato confermando, ai punti 455 e 458 della sentenza impugnata, la valutazione della Commissione quanto alle quote di mercato detenute prima o dopo della sua fusione con la GiroCredit. Essa sostiene che avrebbe dovuto essere classificata in una categoria inferiore.

166    Il Tribunale sarebbe pertanto incorso in un errore di diritto, al punto 457 della sentenza impugnata, giudicando che la Erste restava classificata nella prima categoria. Esso avrebbe altresì violato i principi della parità di trattamento e di proporzionalità non distinguendo, ai fini della classificazione per categorie, tra la detenzione di quote di mercato del 30% e del 17%.

167    La Commissione fa valere che, a prescindere dall’esatta quota di mercato, essa poteva classificare la Erste nella prima categoria dopo la fusione con la GiroCredit. Peraltro, essa invoca l’irricevibilità dell’argomento relativo al fatto che la Commissione avrebbe tenuto conto per due volte delle quote di mercato e del comportamento della EÖ, sostenendo che la Erste mira in realtà ad ottenere un semplice riesame dei fatti.

168    Con la quinta censura, la ÖVAG sostiene che ritenendo, al punto 401 della sentenza impugnata, che la ricorrente svolgesse, «in seno ai gruppi di discussione più importanti», il ruolo di rappresentante delle banche popolari autonome, il Tribunale ha commesso uno snaturamento dei fatti. Per quanto la concerne, non sarebbero mai stati dimostrati scambi di informazioni né attività quale coordinatrice e rappresentante delle banche popolari decentralizzate.

169    Inoltre, il Tribunale avrebbe erroneamente invocato una sentenza della Corte costituzionale austriaca del 23 giugno 1993, prodotta dalla Commissione, per giustificare l’attribuzione alla ÖVAG delle quote di mercato delle banche del settore (punti 392‑401 della sentenza impugnata). Esso avrebbe in tal modo proceduto o ad una constatazione di fatti la cui inesattezza risulterebbe dal fascicolo, o ad uno snaturamento degli elementi di prova. Comunque, esso avrebbe superato il margine di discrezionalità di cui disponeva. Nella sua replica, la ÖVAG sottolinea specialmente l’esistenza di uno snaturamento degli elementi di prova da parte del Tribunale, facendo valere che tale snaturamento ricade sotto il controllo della Corte.

170    Infine, la ÖVAG sostiene che il Tribunale non ha espressamente esaminato la sua situazione, contrariamente a quanto fatto per la Erste e la RZB e per i loro rispettivi settori.

171    La Commissione rileva l’assenza di spiegazioni da parte della ricorrente e chiede che la presente censura venga respinta. Quanto al richiamo alla sentenza della Corte costituzionale austriaca, la Commissione nega che esista un qualsivoglia snaturamento.

ii)  Giudizio della Corte

172    Quanto alla prima censura, come ha constatato il Tribunale ai punti 355‑357 della sentenza impugnata, l’attribuzione da parte della Commissione delle quote di mercato delle banche dei settori decentralizzati non costituisce un’imputazione del comportamento illecito di queste ultime agli istituti centrali.

173    Il primo passo va infatti distinto dal secondo in quanto è diretto ad assicurare, come ha constatato il Tribunale, che il livello delle ammende inflitte agli istituti centrali rifletta in maniera adeguata la gravità del loro proprio comportamento illecito, nella fattispecie il ruolo essenziale da essi svolto all’interno delle varie unità in quanto rappresentanti delle banche dei settori decentralizzati, ivi inclusa la difesa degli interessi di tali banche, e in quanto centri degli scambi reciproci di informazioni, ruolo che è indice della loro influenza di fatto sul comportamento delle banche decentralizzate.

174    Al fine di valutare la gravità di tale comportamento, ai sensi del punto 1, parte A, quarto e sesto comma, degli orientamenti si deve tener conto dell’effettiva capacità economica delle imprese di falsare la concorrenza e del loro peso specifico e, quindi, dell’impatto concreto del loro comportamento illecito sulla concorrenza.

175    Orbene, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto ritenendo che ciò esiga che siano presi in considerazione anche gli stabili legami strutturali tra gli istituti centrali e le banche dei settori decentralizzati in termini, in particolare, di rappresentanza e di scambio di informazioni dato che, in ragione di tali legami, l’effettiva forza economica delle dette società e, quindi, la loro capacità di pregiudicare la concorrenza può essere maggiore di quella rappresentata dal loro volume d’affari.

176    Se le quote di mercato degli enti decentralizzati non venissero tenute in considerazione, si rischierebbe di non assicurare il carattere dissuasivo dell’ammenda, obbligo generale che, come risulta dal punto 1, parte A, quarto comma, degli orientamenti, deve guidare la Commissione al momento del calcolo dell’ammenda.

177    Da quanto precede risulta che, al fine di valutare la classificazione per categorie, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto dichiarando, al punto 357 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva considerato il comportamento personale degli istituti centrali e non aveva imputato loro il comportamento illecito delle banche dei rispettivi settori.

178    Pertanto, le ricorrenti non possono invocare l’inosservanza dei principi della responsabilità personale, della proporzionalità delle sanzioni e di uguaglianza, nonché del punto 1, parte A, sesto comma, degli orientamenti.

179    Di conseguenza, la prima censura della settima parte del motivo in esame dev’essere respinta.

180    Quanto alla seconda censura, questa va respinta direttamente.

181    Invero, la Corte ha già affermato che, se la Commissione, nella comunicazione degli addebiti, afferma espressamente che vaglierà l’opportunità di infliggere ammende alle imprese interessate e indica le principali considerazioni di fatto e di diritto atte a comportare l’irrogazione di un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione, ed il fatto di averla commessa «intenzionalmente o per negligenza», essa adempie il suo obbligo di rispettare il diritto delle imprese di essere sentite. In tal modo, essa fornisce loro le indicazioni necessarie per difendersi non solo contro l’accertamento dell’infrazione, ma altresì contro il fatto di vedersi infliggere un’ammenda (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 428 e giurisprudenza ivi citata).

182    Quanto al livello delle ammende considerate, è giurisprudenza costante che dare indicazioni in tal senso, prima che le imprese siano state poste in grado di esporre le loro osservazioni circa le censure mosse nei loro confronti, equivarrebbe ad anticipare in modo inopportuno la decisione della Commissione (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 434 e giurisprudenza ivi citata).

183    Di conseguenza, il Tribunale ha giustamente potuto ritenere, al punto 369 della sentenza impugnata, che le condizioni in parola fossero state soddisfatte nel caso di specie dato che la Commissione aveva indicato nella comunicazione degli addebiti che la Erste, la RZB e la ÖVAG erano gli istituti centrali dei loro rispettivi settori e che, pertanto, una siffatta indicazione era sufficiente per rispettare i diritti della difesa delle ricorrenti.

184    Quanto alla terza censura, va osservato che il Tribunale ha esaminato, ai punti 389‑408 della sentenza impugnata, la valutazione dei fatti effettuata dalla Commissione nella decisione controversa riguardo al ruolo degli istituti centrali delle società ricorrenti.

185    Le ricorrenti intendono in realtà ottenere un mero riesame dei fatti, i quali non possono essere discussi nell’ambito di un’impugnazione.

186    Si deve, pertanto, respingere la terza censura.

187    Quanto alla quarta censura, secondo la quale la Erste sostiene che il Tribunale abbia a torto mantenuto la sua classificazione nella prima categoria e che esso avrebbe in tal modo violato i principi della parità di trattamento e di proporzionalità, si deve ricordare che, se pure la Corte, nell’ambito di un’impugnazione, non può sostituire, per motivi di equità, la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale anche di merito, sull’ammontare delle ammende inflitte a talune imprese per una loro violazione del diritto comunitario, nondimeno, l’esercizio di siffatta competenza non può comportare, in sede di determinazione dell’importo delle dette ammende, una discriminazione tra le imprese che hanno preso parte ad un accordo o ad una pratica concordata in contrasto con l’art. 81, n. 1, CE (sentenza 25 gennaio 2007, causa C‑411/04 P, Salzgitter Mannesmann/Commissione, Racc. pag. I‑959, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

188    Al punto 457 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato la censura della Erste nei seguenti termini:

«Quanto alla censura secondo cui la quota di mercato [della Groupe] BA, che si aggirava intorno al 12-13%, è stata inclusa, erroneamente, in quella del 30% che la decisione [controversa] ha attribuito all’entità formata dall’istituto centrale e dalle casse di risparmio, deve rilevarsi che, anche detraendo la quota di mercato [della Groupe] BA, la rimanente quota del 17-18% giustificherebbe comunque la classificazione nella prima categoria, essendo tale quota nettamente più vicina al valore guida del 22% che non a quello dell’11% proprio della seconda categoria. Pertanto, nell’ambito del controllo di legalità della decisione della Commissione, occorre respingere la censura in parola poiché, anche ove fosse ritenuta fondata, essa non potrebbe rimettere in discussione il dispositivo della decisione [controversa]. Peraltro il Tribunale, nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale anche di merito, ritiene che la classificazione della Erste nella prima categoria sia giustificata allo scopo di stabilire un’ammenda di livello adeguato».

189    A tal riguardo va precisato che, in merito alla ripartizione dei membri dell’intesa in più categorie, con una forfettizzazione dell’importo di partenza stabilito per le imprese appartenenti ad una medesima categoria, il Tribunale ha affermato, al punto 424 della sentenza impugnata, quanto segue:

«Nel caso di specie, la Commissione non ha stabilito valori limite precisi per le cinque categorie individuate, ma ha indicato, in sede di controricorso, “valori guida” intorno ai quali si collocano le quote di mercato delle imprese classificate in una stessa categoria. Gli scarti tra questi valori guida sono coerenti ed obiettivamente giustificati per quanto riguarda le prime quattro categorie. Infatti, il valore guida della seconda, terza e quarta categoria è pari sempre alla metà del valore della categoria superiore, e lo stesso avviene per il corrispondente importo di [partenza]».

190    Dal fascicolo risulta che, nella fattispecie, le categorie sono determinate in funzione delle quote di mercato detenute da ciascuna società e i valori guida sono fissati rispettivamente a circa il 22%, circa l’11%, circa il 5,5%, circa il 2,75% e meno dell’1% per l’ultima categoria.

191    Di conseguenza, il Tribunale ha correttamente giudicato che, a prescindere dalla quota di mercato effettivamente detenuta dalla Erste, ossia il 17-18% o il 30%, essa si colloca all’altezza del valore guida del 22% che porta a classificare l’impresa nella prima categoria.

192    Peraltro, il contenuto degli orientamenti in merito all’importo delle ammende che possono essere inflitte alle imprese che partecipano ad un’intesa non definisce un metodo aritmetico di calcolo delle dette ammende (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 266 e giurisprudenza ivi citata).

193    Ne risulta che, senza incorrere in alcun errore, il Tribunale ha potuto, nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale anche di merito, mantenere la classificazione della Erste nella prima categoria.

194    Di conseguenza, la quarta censura della settima parte del motivo in esame dev’essere respinta.

195    Quanto alla quinta censura, si deve, in primo luogo, respingere l’argomento della ÖVAG secondo il quale il Tribunale non avrebbe esaminato la sua situazione.

196    Ai punti 389‑408 della sentenza impugnata il Tribunale ha infatti esaminato nel loro complesso le relazioni esistenti tra gli istituti centrali e il rispettivo settore decentralizzato e, per quanto riguarda la ÖVAG, ha constatato, in particolare, al punto 400 della detta sentenza, che essa confermava di aver fornito alle banche del proprio settore servizi in relazione a funzioni che questi istituti non potevano svolgere da soli a causa delle loro dimensioni ridotte e della loro mancanza di risorse.

197    Per quanto concerne la sentenza della Corte costituzionale austriaca, il Tribunale ha ricordato, al punto 393 della sentenza impugnata, le circostanze in cui è stata adita tale Corte e ha analizzato la descrizione fatta da quest’ultima del ruolo degli istituti centrali e delle loro relazioni con le banche decentralizzate. Esso ha in particolare rilevato che, secondo la Corte costituzionale, una fitta rete di diritti e di obblighi si era sviluppata nel corso di vari decenni, e ciò valeva sia per il settore Raiffeisen, oggetto della sua sentenza, sia per le banche popolari e per le casse di risparmio.

198    In tale contesto, va osservato che la constatazione di fatti inesatti, di uno snaturamento degli elementi di prova e di un abuso di potere addotta dalla ÖVAG equivale a rimettere in discussione una valutazione da parte del Tribunale di fatti esposti in un elemento di prova prodotto da una parte.

199    Orbene, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Questa valutazione non costituisce pertanto una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte, salvo il caso di snaturamento di tali elementi (sentenza 21 settembre 2006, causa C-113/04 P, Technische Unie/Commissione, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

200    A tal riguardo basta constatare che la ÖVAG non presenta elementi che dimostrino l’esistenza dello snaturamento da essa specialmente asserito.

201    Lo stesso va constatato per quanto concerne lo snaturamento che la ricorrente contesta al Tribunale di aver commesso al punto 401 della sentenza impugnata.

202    Di conseguenza, la quinta censura della settima parte del motivo in esame dev’essere interamente respinta.

203    La settima parte del motivo in esame dev’essere, pertanto, respinta nella sua integralità, come anche, di conseguenza, l’intero motivo attinente ad errori di diritto nella valutazione della gravità dell’infrazione.

2.     Sul motivo attinente ad errori di diritto, ad un difetto di motivazione e ad uno snaturamento degli elementi di prova riguardo all’esistenza di circostanze attenuanti

204    Tale motivo si suddivide, sostanzialmente, in tre parti.

a)     Sulla prima parte, relativa ad errori di diritto, ad uno snaturamento e ad una contraddittorietà della motivazione riguardo al comportamento passivo della ÖVAG

i)     Argomenti delle parti

205    La ÖVAG contesta la sentenza impugnata laddove il Tribunale ha respinto tutte le censure concernenti il fatto che non si sia tenuto conto di circostanze attenuanti.

206    Con una prima censura, la ÖVAG addebita al Tribunale di essersi limitato a riprodurre il testo degli orientamenti senza esaminare le circostanze della causa e, segnatamente, il suo ruolo particolare all’interno del «club Lombard».

207    Con una seconda censura, la ÖVAG ritiene che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto, al punto 483 della sentenza impugnata, fondando la sua valutazione sul criterio della partecipazione delle banche ai gruppi di discussione, utilizzato anche nel suddividere le banche per categorie. In questo modo il Tribunale avrebbe collegato il problema della ripartizione delle banche in funzione della loro potenza sul mercato con quello del riconoscimento di una circostanza attenuante. Orbene, secondo la ricorrente, il riconoscimento di una circostanza attenuante non può dipendere dalla natura «sporadica» della partecipazione di un’impresa alle riunioni. Infatti, gli orientamenti imporrebbero alla Commissione di compiere una valutazione differenziata dei ruoli e non una presentazione manichea del tipo «o tutto o niente».

208    Con una terza censura, la ÖVAG lamenta che il Tribunale ha snaturato gli elementi di prova rappresentati dal resoconto e dai fatti risultanti dal fascicolo relativo alla sua partecipazione all’intesa. Essa, infatti, non avrebbe mai asserito di aver preso le distanze dall’intesa stessa, ma avrebbe costantemente sottolineato la limitatezza del ruolo che essa vi svolgeva (punto 484 della sentenza impugnata).

209    Con una quarta censura, relativa ad una contraddizione della motivazione, la ÖVAG rileva che l’analisi fatta ai punti 485 e 486 della sentenza impugnata è contraddittoria in quanto essa viene qualificata come «grande banca» e come «rappresentante di un settore», benché la Commissione non avesse effettuato alcuna verifica nei suoi locali, la ricorrente non facesse parte della «cerchia ristretta delle banche» ed essa avesse preso parte solo ad un numero limitato di riunioni.

210    La Commissione ritiene che tali censure siano prive di pertinenza per il semplice fatto che non compete alla Corte sostituire, per motivi di equità, la sua valutazione a quella del Tribunale.

ii)  Giudizio della Corte

211    Richiamando, ai punti 482 e 486 della sentenza impugnata, la giurisprudenza relativa, da una parte, agli elementi atti a dimostrare il ruolo passivo di un’impresa nell’ambito di un’intesa e, dall’altra, alla partecipazione di un’impresa ad una o più riunioni, e esaminando, ai punti 483‑485 e 487‑489 della sentenza impugnata, il modo in cui la Commissione ha preso in considerazione il comportamento di ciascuna delle imprese, il Tribunale non si è limitato alla semplice riproduzione degli orientamenti, ma, al contrario, ha effettuato un esame circostanziato degli elementi invocati dalla ÖVAG.

212    Di conseguenza, la prima censura della prima parte deve essere respinta.

213    Quanto all’errore di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale al punto 483 della sentenza impugnata, va rammentato che la Corte ha affermato che la responsabilità di un’impresa per infrazione all’art. 81, n. 1, CE risulta validamente accertata allorché essa ha partecipato alle riunioni conoscendone l’oggetto, anche se non ha poi attuato l’una o l’altra delle misure concordate in occasione delle riunioni stesse (v. sentenza 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punto 509).

214    Il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto, ritenendo, al punto 483 della sentenza impugnata, che è a causa della loro frequente partecipazione ai gruppi di discussione più importanti che la Commissione ha scelto di renderle destinatarie della decisione controversa.

215    Poi, contrariamente a quanto asserisce la ÖVAG, il detto criterio è differente da quello utilizzato per la ripartizione delle banche per categorie. Infatti, in quest’ultima situazione, il criterio applicato è quello menzionato al punto 1, parte A, sesto comma, degli orientamenti, relativo alla potenza economica delle banche.

216    Il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto giudicando, al punto 487 della sentenza impugnata, che della distinzione fra le banche che poteva risultare dal loro ruolo svolto all’interno dei gruppi di discussione si era «già tenuto conto in sede di ripartizione tra le categorie». Infatti, preliminarmente a tale constatazione, esso ha preso in considerazione le banche che hanno svolto un ruolo più importante all’interno dei gruppi di discussione congiuntamente alla loro posizione sul mercato, per constatare che venivano in rilievo le medesime banche.

217    Ne consegue che la seconda censura della prima parte del motivo in esame deve essere respinta.

218    Quanto alla terza censura, va constatato che la ricorrente non apporta alcun elemento idoneo a dimostrare l’esistenza di uno snaturamento degli elementi di prova.

219    Di conseguenza, la terza censura della prima parte del motivo in esame deve essere respinta.

220    Quanto alla quarta censura, va constatato, come fa valere la Commissione, che le affermazioni della ricorrente vengono invocate come circostanze attenuanti per la prima volta in fase d’impugnazione.

221    Orbene, secondo una giurisprudenza costante, consentire ad una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo che essa non ha dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di impugnazioni è limitata, una controversia più ampia di quella su cui ha dovuto pronunciarsi il Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è, quindi, limitata all’esame della valutazione da parte del Tribunale dei motivi discussi dinanzi ad esso (v., in particolare, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 165).

222    Pertanto, tali affermazioni sono irricevibili in fase di impugnazione.

223    Di conseguenza, la prima parte del motivo in esame dev’essere respinta nella sua integralità.

b)     Sulla seconda parte, relativa ad un errore di diritto riguardo alla partecipazione delle autorità pubbliche ai gruppi di discussione bancari

i)     Argomenti delle parti

224    La BA-CA sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto, al punto 505 della sentenza impugnata, non tenendo conto della partecipazione delle autorità pubbliche quale circostanza attenuante.

225    Infatti, dalla prassi decisionale della Commissione e dalla giurisprudenza della Corte risulterebbe che la tolleranza di un comportamento da parte del legislatore nazionale o da parte delle autorità costituisce una circostanza attenuante e giustifica quindi la riduzione dell’importo dell’ammenda, indipendentemente dalle dimensioni delle imprese interessate.

226    In particolare, la BA-CA critica il fatto che il Tribunale, al punto 505 della sentenza impugnata, abbia dichiarato che la tolleranza dell’infrazione da parte delle autorità pubbliche non può essere presa in considerazione, «visti in particolare i mezzi a disposizione delle banche per procurarsi informazioni giuridiche precise e corrette». Da un lato, questa condizione non sarebbe conforme alla giurisprudenza della Corte, in particolare alla sentenza 9 settembre 2003, causa C‑198/01, CIF (Racc. pag. I‑8055, punto 57). Dall’altro, da tale condizione deriverebbe una discriminazione a scapito di alcune imprese a seconda del loro oggetto sociale.

227    La Commissione ritiene, in via principale, che tali affermazioni siano irricevibili in quanto esse consistono in una ripetizione dei fatti esposti dinanzi al Tribunale. In subordine, le dette affermazioni sarebbero infondate.

ii)  Giudizio della Corte

228    Al punto 505 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato quanto segue:

«Quanto alla partecipazione di alcune autorità pubbliche ([Banca nazionale austriaca], Ministero delle Finanze e Wirtschaftskammer) alle riunioni, gli elementi fatti valere dalle ricorrenti non sono sufficienti per fondare un dubbio ragionevole riguardo al carattere illecito dei gruppi di discussione alla luce del diritto comunitario della concorrenza. Se non è escluso che, in alcune circostanze, un contesto giuridico nazionale o un comportamento delle autorità nazionali possano costituire circostanze attenuanti (v., per analogia, sentenza CIF, cit. supra al punto 258, punto 57), l’approvazione o la tolleranza dell’infrazione da parte delle autorità austriache non può essere presa in considerazione a questo titolo nel caso di specie, visti in particolare i mezzi a disposizione delle banche per procurarsi informazioni giuridiche precise e corrette».

229    La prima frase del detto punto costituisce una valutazione di fatto del Tribunale che non può essere messa in discussione in fase d’impugnazione.

230    Quanto alla seconda frase del detto punto, va subito constatato che il Tribunale non è incorso in un errore di diritto.

231    Da una parte, contrariamente a quanto sostiene la BA-CA, nella citata sentenza CIF la questione pregiudiziale sollevata verteva, nel quadro dell’art. 81 CE, sul ruolo dell’autorità nazionale preposta alla tutela della concorrenza qualora l’intesa sia imposta o favorita da un provvedimento legislativo nazionale che ne legittima o rafforza gli effetti. La Corte ha affermato, al punto 57 di tale sentenza, che, «nel momento della determinazione del livello della sanzione, il comportamento delle imprese interessate può essere valutato alla luce della circostanza attenuante costituita dal contesto giuridico interno». Ne consegue che la sentenza CIF non riguardava in alcun modo la partecipazione delle autorità pubbliche all’intesa.

232    Inoltre, come sottolinea l’avvocato generale al punto 404 delle sue conclusioni, la legge austriaca che consente agli istituti bancari di accordarsi è stata abrogata al più tardi il 1° gennaio 1994, ossia un anno prima del periodo dell’infrazione oggetto della decisione controversa.

233    Dall’altra parte, la BA-CA non può invocare una violazione del principio di uguaglianza. Infatti, la Corte ha ripetutamente affermato che la precedente prassi decisionale della Commissione non funge da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza e che decisioni relative ad altri casi hanno un carattere indicativo dell’esistenza di discriminazioni (v. sentenza 21 settembre 2006, causa C‑167/04 P, JCB Service/Commissione, Racc. pag. I‑8935, punto 205).

234    Da quanto precede risulta che si devono respingere le censure dedotte dalla BA‑CA e, pertanto, la seconda parte del motivo in esame.

c)     Sulla terza parte, relativa ad un errore di diritto riguardo alla natura pubblica delle riunioni

i)     Argomenti delle parti

235    La BA-CA sostiene che il Tribunale, al punto 506 della sentenza impugnata, è incorso in un errore di diritto non considerando la notorietà pubblica dei gruppi di discussione ai fini della concessione di una riduzione dell’ammenda.

236    In primo luogo, il Tribunale avrebbe violato i principi di produzione della prova non esaminando, nel merito, i documenti prodotti dalla BA‑CA che provano la notorietà pubblica dell’obiettivo e del contenuto dei gruppi di discussione.

237    In secondo luogo, il Tribunale avrebbe riportato in modo errato il resoconto dei fatti della BA‑CA in quanto essa non avrebbe esattamente sostenuto che la notorietà pubblica dei gruppi di discussione ne dimostra la legittimità.

238    In terzo luogo, il Tribunale si spingerebbe oltre quanto è possibile pretendere ritenendo che l’opinione pubblica debba essere perfettamente a conoscenza dei colloqui all’interno dei gruppi di discussione affinché sia possibile accordare una riduzione dell’ammenda.

239    La Commissione reputa tali affermazioni irricevibili e, in subordine, infondate. Essa ritiene che non esista alcuna giurisprudenza secondo la quale i partecipanti ad un’intesa possono ritenere le loro prassi lecite poiché alcuni comportamenti sono notori. Se così fosse, basterebbe rendere pubbliche determinate prassi per evitare sanzioni pecuniarie. Al riguardo, il Tribunale farebbe chiaramente intendere che la notorietà non è determinante.

ii)  Giudizio della Corte

240    Quanto alle prime due affermazioni, esse vanno respinte, in quanto la BA-CA non ha fornito gli elementi indispensabili all’esame di uno snaturamento degli elementi di prova operato dal Tribunale nelle constatazioni effettuate al punto 506 della sentenza impugnata.

241    Per quanto riguarda la terza affermazione, va constatato che il Tribunale non ha ritenuto che il pubblico dovesse avere una perfetta conoscenza delle intese, ma solo che l’intesa dovesse essere pubblicamente nota in tutta la sua portata. Di conseguenza, la detta affermazione dev’essere dichiarata infondata.

242    Da quanto precede risulta che la terza parte del presente motivo dev’essere respinta come anche, pertanto, l’intero motivo attinente ad errori di diritto, ad un difetto di motivazione e ad uno snaturamento degli elementi di prova riguardo all’esistenza di circostanze attenuanti.

3.     Sul motivo attinente ad una violazione della comunicazione sulla cooperazione

243    Tale motivo si suddivide, sostanzialmente, in due parti.

a)     Sulla prima parte, relativa al fatto che il Tribunale non avrebbe valutato correttamente il margine di discrezionalità della Commissione

i)     Argomenti delle parti

244    La BA-CA sostiene che il Tribunale non ha valutato correttamente né il potere discrezionale di cui la Commissione dispone in sede di attuazione della comunicazione sulla cooperazione né i limiti del suo controllo giurisdizionale.

245    Infatti, il capitolo D della comunicazione sulla cooperazione non attribuirebbe alla Commissione alcuna discrezionalità al fine di stabilire, da un lato, se le informazioni fornite dall’impresa abbiano facilitato il compito della Commissione e, dall’altro, se all’impresa che ha cooperato debba essere accordata una riduzione dell’ammenda. Neppure il riferimento alla citata sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione sarebbe idoneo a giustificare l’esistenza di un potere discrezionale illimitato in capo alla Commissione. Inoltre, al contrario di quanto il Tribunale ha dichiarato al punto 532 della sentenza impugnata, la valutazione della cooperazione di un’impresa sarebbe soggetta alla competenza giurisdizionale anche di merito del Tribunale.

246    La Commissione reputa errate le affermazioni della ÖVAG.

ii)  Giudizio della Corte

247    Occorre respingere di primo acchito la prima parte del motivo in esame.

248    Infatti, al punto 394 della citata sentenza Dansk Rørindustri e.a/Commissione, la Corte ha affermato che la Commissione dispone di un potere discrezionale per valutare se le informazioni o i documenti, volontariamente forniti dalle imprese, abbiano agevolato il suo compito e se si debba concedere alle imprese una riduzione ai sensi del capitolo D, punto 2, della comunicazione sulla cooperazione.

249    Di conseguenza, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto affermando, al punto 532 della sentenza impugnata, che una siffatta valutazione costituisce oggetto solo di un sindacato giurisdizionale limitato.

250    Ne consegue che la prima parte del motivo in esame dev’essere dichiarata infondata.

b)     Sulla seconda parte, relativa ad un errore di diritto nell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione

i)     Sulla prima censura, relativa ad un errore di diritto riguardo al requisito dell’apporto di un «valore aggiunto» grazie alla cooperazione e ad una violazione del principio della parità di trattamento

–       Argomenti delle parti

251    La RZB e la BA-CA sostengono, essenzialmente, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto dichiarando, al punto 553 della sentenza impugnata, che la Commissione, per consentire una riduzione dell’importo dell’ammenda, poteva esigere che la cooperazione apportasse un «valore aggiunto».

252    La BA-CA fa anche valere che utilizzando tale criterio il Tribunale ha violato il principio della parità di trattamento. Il rispetto di tale principio avrebbe dovuto condurre ad accordare una riduzione più consistente dell’importo dell’ammenda, in quanto la sua cooperazione era più rilevante e qualitativamente superiore rispetto a quella delle altre imprese.

–       Giudizio della Corte

253    Dato che il primo argomento è una mera ripetizione dello stesso argomento sviluppato dinanzi al Tribunale, esso è irricevibile nell’ambito di un’impugnazione.

254    Quanto al secondo argomento, va rammentato che, nell’ambito di un’impugnazione, il controllo della Corte è volto, da un lato, ad esaminare in quale misura il Tribunale abbia preso in considerazione, in maniera giuridicamente corretta, tutti i fattori essenziali per la gravità di un determinato comportamento alla luce degli artt. 81 CE e 15 del regolamento n. 17 e, dall’altro, ad appurare se il Tribunale abbia risposto in termini giuridicamente sufficienti all’insieme degli argomenti invocati dalla ricorrente per ottenere l’annullamento o la riduzione dell’ammenda (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 244 e giurisprudenza ivi citata).

255    Per contro, quanto all’entità della riduzione dell’ammenda, non spetta alla Corte sostituire la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce nel quadro della sua competenza giurisdizionale anche di merito (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 245).

256    A tal riguardo va rilevato che, ai punti 553‑557 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato, poi constatato, che il valore aggiunto dei documenti prodotti dalle ricorrenti non giustificava una riduzione più significativa dell’importo delle ammende. Una tale valutazione dei fatti ricade sotto la sola competenza del Tribunale, non potendo la Corte, secondo una giurisprudenza già ricordata nella presente sentenza, sostituirvisi in fase d’impugnazione.

257    Ne consegue che tale censura va dichiarata irricevibile nei limiti in cui è finalizzata al riesame della riduzione dell’ammenda.

ii)  Sulla seconda censura, relativa ad errori di diritto in sede di esame della portata della cooperazione delle imprese, ad una violazione dei principi della parità di trattamento, della tutela del legittimo affidamento, del rispetto dei diritti della difesa e ad una motivazione insufficiente

258    La seconda censura si suddivide, sostanzialmente, in sei parti.

–       Sulla prima parte della seconda censura

Argomenti delle parti

259    Con un primo argomento, relativo alla contraddittorietà della motivazione, la RZB sostiene che il Tribunale si è astenuto dal trarre la conseguenza dal fatto che talune risposte fornite alla Commissione non solo erano volontarie (punto 542 della sentenza impugnata), ma andavano al di là delle informazioni richieste da quest’ultima (punto 552 della sentenza impugnata).

260    Con un secondo argomento, la RZB fa valere che la tesi sviluppata al punto 541 della sentenza impugnata finirebbe per consentire alla Commissione di rivolgere alle imprese che essa ritenga partecipino ad un’intesa richieste di informazioni formulate in termini molto vaghi e produttive di conseguenze per le imprese che non vi rispondono. La Commissione quindi eserciterebbe una fortissima pressione su tali imprese rivolgendo loro semplici domande standard che le inducono a testimoniare a proprio sfavore. Il ragionamento seguito violerebbe i diritti della difesa come sanciti nella sentenza 18 ottobre 1989, causa 374/87, Orkem/Commissione (Racc. pag. 3283, punto 32).

261    La RZB precisa che tale giurisprudenza non viene messa in discussione dalla norma stabilita dalla Corte nella sentenza 29 giugno 2006, causa C‑301/04 P, Commissione/SGL Carbon (Racc. pag. I‑5915, punto 48), perché i problemi sollevati erano più mirati e più concreti rispetto al presente procedimento.

262    Secondo la Commissione, la RZB trascura il fatto che essa può prendere in considerazione le informazioni relative ad una cooperazione volontaria ai sensi della comunicazione sulla cooperazione solo se agevolano il suo compito di accertare ed eliminare l’infrazione e se costituiscono una genuina cooperazione. Orbene, le informazioni fornite dalla RZB avrebbero descritto unicamente il contesto storico della «rete Lombard» e il contenuto di riunioni dell’intesa già in possesso della Commissione. L’indispensabile «valore aggiunto» sarebbe quindi mancato.

263    Peraltro, la Commissione osserva che, quando ha interrogato le ricorrenti, essa era a conoscenza del fatto che l’insieme dei prodotti bancari veniva trattato nel corso di numerosi gruppi di discussione e che questi ultimi erano inseriti in una rete, di modo che il quadro dell’infrazione e quindi l’oggetto dell’indagine erano chiaramente individuati, in particolare per quel che riguarda le imprese partecipanti ai gruppi di discussione, la natura dell’infrazione e l’oggetto degli accordi.

264    Infine, la Commissione precisa che le domande hanno riguardato l’insieme dei gruppi di discussione che si erano svolti con regolarità, per cui le imprese non dovevano selezionare o valutare le riunioni che potevano costituire infrazioni all’art. 81 CE.

Giudizio della Corte

265    Quanto al primo argomento, contrariamente a quanto sostiene la RZB, il Tribunale non si è contraddetto nel momento in cui ha considerato, al punto 542 della sentenza impugnata, che «dal [punto] 546 della decisione [controversa] deriva che la Commissione ha ammesso il carattere volontario delle risposte alle domande che riguardavano il contenuto delle riunioni nel quadro dell’intesa» e, al punto 552 della detta sentenza, che, «[a]l [punto] 553 della decisione [controversa], la Commissione ammette che le banche avevano volontariamente fornito, nel resoconto comune dei fatti, informazioni che andavano al di là di quanto loro richiesto».

266    Infatti, la prima constatazione si riferisce alla trasmissione di documenti e di informazioni nell’ambito della richiesta di informazioni indirizzata dalla Commissione alle banche il 21 settembre 1998 nel corso della procedura di cui all’art. 11, nn. 2‑4, del regolamento n. 17.

267    La seconda constatazione riguarda, invece, il contenuto del resoconto comune dei fatti prodotto dalle banche durante la fase precontenziosa, ma successivamente alle loro risposte alla richiesta di informazioni summenzionata.

268    Del resto, al punto 545 della sentenza impugnata il Tribunale ha correttamente affermato che, «in ogni caso, si perverrebbe alla medesima conclusione nell’ipotesi di una valutazione diversa della natura volontaria della produzione di tali documenti» dato che la Commissione aveva già acconsentito ad una riduzione delle ammende del 10%.

269    Ne consegue che il primo argomento della prima parte della seconda censura dev’essere respinto.

270    Quanto al secondo argomento, relativo al rispetto dei diritti della difesa, occorre ricordare che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento suscettibile di concludersi con l’irrogazione di sanzioni, in particolare ammende o penalità, costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa (v. sentenza 29 giugno 2006, causa C‑308/04 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I‑5977, punto 94).

271    Benché, al fine di preservare l’effetto utile dell’art. 11, nn. 2 e 5, del regolamento n. 17, la Commissione abbia il diritto di obbligare l’impresa a fornire tutte le informazioni necessarie attinenti ai fatti di cui essa possa avere conoscenza ed a comunicarle, se del caso, i relativi documenti di cui sia in possesso, anche se possano servire a dimostrare, nei confronti di tale impresa o di un’altra impresa, l’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale, essa non può tuttavia, con una decisione di richiesta di informazioni, pregiudicare i diritti della difesa riconosciuti all’impresa (sentenza Orkem/Commissione, cit., punto 34).

272    Tuttavia, nel caso di specie, basta constatare che la Commissione non ha mai adottato una «decisione» ai sensi dell’art. 11, nn. 2 e 5, del regolamento n. 17. Di conseguenza, dev’essere respinto l’argomento relativo al fatto che il Tribunale, al punto 541 della sentenza impugnata, non avrebbe rispettato la giurisprudenza risultante dalla citata sentenza Orkem/Commissione.

273    Il secondo argomento deve, pertanto, essere respinto come anche, di conseguenza, nella sua integralità, la prima parte della seconda censura.

–       Sulla seconda parte della seconda censura, relativa ad errori di diritto in sede di valutazione del resoconto comune dei fatti

Argomenti delle parti

274    In primo luogo, la RZB e la BA-CA sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto considerando, al punto 556 della sentenza impugnata, che spiegazioni contestuali relative a pratiche contrarie al diritto della concorrenza non possono essere considerate come una cooperazione al procedimento, ai sensi della comunicazione sulla cooperazione, in quanto possono costituire un mezzo di difesa per le imprese. Secondo la BA-CA, non esiste alcuna regola giuridica secondo cui un documento che le parti utilizzano per la loro difesa non possa, al tempo stesso, fornire alla Commissione informazioni preziose ed utili sul merito, che contribuiscono all’accertamento dell’infrazione.

275    In secondo luogo, la RZB sostiene che l’analisi del Tribunale non è corretta, poiché il ragionamento della Commissione sarebbe contrario alla sua stessa prassi decisionale. La ricorrente si riferisce, al riguardo, ai capitoli II, parte A, punto 9, lett. a), e IV della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17).

276    In terzo luogo, la BA-CA sostiene che il Tribunale è incorso in errore affermando che la Commissione poteva tener conto, nel valutare l’utilità della cooperazione volontaria delle banche, del fatto che queste non le hanno fornito, unitamente al resoconto comune dei fatti, l’«insieme dei documenti relativi ai gruppi di discussione».

277    Essa ritiene che non esista alcuna norma in tal senso. Inoltre, considerata l’estensione dell’infrazione, la BA-CA poteva fornire questi documenti solo in modo scaglionato nel tempo.

278    In quarto luogo, la BA-CA sostiene che la sentenza impugnata è viziata da una contraddizione. Infatti, sebbene il resoconto comune dei fatti abbia contribuito all’accertamento dell’infrazione, il Tribunale non avrebbe accordato alcuna riduzione di ammenda a suo favore.

Giudizio della Corte

279    Ai punti 554‑558 della sentenza impugnata il Tribunale ha correttamente affermato, senza incorrere in un errore di diritto né dare una motivazione contraddittoria, che giustamente la Commissione non ha considerato come «fatti nuovi» i documenti prodotti in allegato al resoconto dei fatti, ha tenuto conto dell’«incompletezza [dei detti] allegati» e del fatto che «le banche avessero utilizzato [il resoconto comune dei fatti] per presentare la propria visione dei gruppi di discussione, e dunque come mezzo di difesa».

280    Infatti, va ricordato che la Commissione dispone di un potere discrezionale al riguardo, come risulta dalla stessa formulazione del capitolo D, punto 2, della comunicazione sulla cooperazione e, in particolare, dalle parole introduttive «Ciò può verificarsi in particolare (…)» (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 394).

281    Inoltre, e soprattutto, una riduzione sulla base della comunicazione sulla cooperazione è giustificabile solo ove le informazioni fornite e, più in generale, il comportamento dell’impresa interessata possano essere considerati, al riguardo, una prova di un’effettiva cooperazione da parte sua (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 395).

282    Come risulta dalla stessa nozione di cooperazione, quale evidenziata nel testo della comunicazione sulla cooperazione e, in particolare, nell’introduzione e nel capitolo D, punto 1, di tale comunicazione, solo quando il comportamento dell’impresa interessata testimonia un siffatto spirito di cooperazione può essere accordata una riduzione sulla base della detta comunicazione (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 396).

283    Orbene, come il Tribunale ha constatato ai punti 554‑557 della sentenza impugnata, avendo la RZB e la BA-CA fornito un resoconto dei fatti incompleto, confermativo e che non presentava alcun «valore aggiunto», esse non potevano invocare un siffatto comportamento.

284    Pertanto, la seconda parte della seconda censura dev’essere respinta.

–       Sulla terza parte della seconda censura, relativa ad un errore di diritto riguardo alla valutazione circa il riconoscimento da parte della RZB dello scopo anticoncorrenziale dell’infrazione e ad una violazione del principio di parità di trattamento

Argomenti delle parti

285    La RZB accusa il Tribunale di aver trascurato, al punto 559 della sentenza impugnata, il particolare valore della sua ammissione, sebbene la Commissione si fosse espressamente basata su tale elemento per sostenere che non era necessario esaminare l’impatto concreto dei gruppi di discussione.

286    L’analisi svolta al detto punto 559 della sentenza impugnata equivarrebbe a violare il principio della parità di trattamento poiché, malgrado le sue ammissioni, la RZB sarebbe stata trattata allo stesso modo delle altre banche. La RZB chiede alla Corte di correggere l’errore del Tribunale e ritiene che sarebbe giustificata una riduzione di almeno il 10%.

287    La Commissione sostiene di avere già spiegato e dimostrato, al punto 426 della decisione controversa, che i gruppi di discussione si prefiggevano di limitare la concorrenza e che l’ammissione non vi ha aggiunto niente.

Giudizio della Corte

288    Il Tribunale non è incorso in un errore di diritto ritenendo, al punto 559 della sentenza impugnata, che «[alla Commissione] spetta (…), valutare, in ogni caso individuale, se tale ammissione abbia effettivamente facilitato il suo lavoro».

289    Infatti, come è stato detto al punto 248 della presente sentenza, la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale nel valutare la cooperazione delle imprese al procedimento.

290    Inoltre, dato che l’ammissione non ha agevolato il lavoro della Commissione ma piuttosto, come ha constatato il Tribunale, semplicemente confermato le sue proprie constatazioni, l’argomento della RZB relativo all’inosservanza del principio di parità di trattamento non può essere accolto.

291    Di conseguenza, occorre respingere la terza parte di questa seconda censura.

–       Sulla quarta parte della seconda censura, relativa ad un’inversione dell’onere della prova riguardo al valore della cooperazione della RZB e ad una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

Argomenti delle parti

292    La RZB accusa il Tribunale di aver invertito l’onere della prova giudicando, ai punti 546-551 della sentenza impugnata, che, per ottenere una riduzione dell’ammenda superiore al 10% la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che la Commissione non era in grado di provare l’infrazione senza gli elementi di prova apportati.

293    Da un lato, tale analisi sarebbe contraria al capitolo D, punto 2, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione e violerebbe, conseguentemente, il principio della tutela del legittimo affidamento. Dall’altro, la detta analisi sarebbe inconciliabile con l’obbligo della Commissione di accertare, nelle procedure amministrative, tanto le circostanze di fatto favorevoli quanto quelle sfavorevoli.

294    Per la Commissione, le affermazioni della RZB sono erronee. Essa precisa che dal capitolo D, punto 2, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione risulta che i mezzi di prova presentati devono contribuire a confermare la sussistenza dell’infrazione. Orbene, la Commissione avrebbe disposto, in seguito a verifiche, documenti necessari a constatare i fatti essenziali e avrebbe quindi apportato essa stessa gli elementi costitutivi dell’infrazione. Tale prova non avrebbe potuto essere rifiutata dalla RZB.

Giudizio della Corte

295    Al punto 551 della sentenza impugnata il Tribunale ha affermato che «le ricorrenti non hanno dimostrato che i documenti forniti in risposta alle richieste di informazioni fossero necessari per consentire alla Commissione di individuare l’insieme dei gruppi di discussione fondamentali, né che in loro assenza gli elementi di prova ottenuti attraverso gli accertamenti non sarebbero bastati per dimostrare la sostanza dell’infrazione e adottare una decisione con conseguenti ammende».

296    Nei limiti in cui l’argomento della RZB è diretto a mettere in discussione tale valutazione dei fatti da parte del Tribunale, è irricevibile nell’ambito della presente impugnazione.

297    Quanto all’asserita inversione dell’onere della prova, va rammentato che, se pure la Commissione è tenuta a motivare per che ragioni ritiene che elementi di prova forniti dalle imprese nel quadro della comunicazione sulla cooperazione costituiscano un contributo che giustifica o meno una riduzione dell’ammenda inflitta, spetta, invece, alle imprese che desiderino contestare la decisione della Commissione a tal riguardo dimostrare che essa, in mancanza di tali informazioni fornite volontariamente da queste imprese, non sarebbe stata in grado di provare la sostanza dell’infrazione e di adottare una decisione con conseguenti ammende.

298    Alla luce di ciò, al punto 551 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giustamente affermato, implicitamente, che le ricorrenti dovevano apportare tale prova.

299    Di conseguenza, la quarta parte della seconda censura dev’essere respinta.

–       Sulla quinta parte della seconda censura, relativa ad errori di diritto e ad una motivazione contraddittoria nell’ambito dell’analisi del Tribunale in merito al valore dei documenti supplementari comunicati dalla BA‑CA

Argomenti delle parti

300    La BA‑CA contesta in sostanza la valutazione del Tribunale, svolta ai punti 560‑563 della sentenza impugnata, riguardo al valore dei 33 faldoni, contenenti più di 10 000 pagine di documenti, da essa inviati alla Commissione.

301    In primo luogo, la BA-CA sostiene che il Tribunale ha sminuito la sua cooperazione continuando ad irrigidire i requisiti da soddisfare per poter usufruire di una riduzione dell’ammenda. Essa contesta in particolare il confronto effettuato dal Tribunale tra il valore da attribuire a tali documenti e quello da assegnare al resoconto comune dei fatti.

302    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la motivazione del Tribunale è contraddittoria poiché quest’ultimo rifiuta di accordare una riduzione dell’ammenda, sulla base del resoconto comune dei fatti, in mancanza di documenti nuovi, mentre è dimostrato che, nell’ambito della produzione volontaria di documenti, essa ha trasmesso 10 000 pagine di nuovi documenti, una parte delle quali è stata incontestabilmente utilizzata nella decisione controversa.

303    La Commissione invoca l’irricevibilità di tale argomento in quanto esso riprende un argomento dedotto dinanzi al Tribunale. Inoltre essa sottolinea che il fatto che alcuni documenti siano nuovi, cioè non siano stati ancora prodotti, non basta perché tali documenti costituiscano un contributo utile a titolo di cooperazione.

Giudizio della Corte

304    Il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto affermando, al punto 560 della sentenza impugnata, che «(...) la produzione di documenti supplementari da parte di una delle banche può giustificare un’ulteriore riduzione dell’ammenda inflittale a titolo individuale soltanto qualora tale cooperazione abbia effettivamente apportato elementi nuovi ed utili in rapporto a quelli forniti congiuntamente da tutte le imprese».

305    Infatti, come è stato ricordato ai punti 281‑283 della presente sentenza, una riduzione sulla base della comunicazione sulla cooperazione è giustificabile solo se si poteva considerare che le informazioni fornite dimostrassero una genuina cooperazione da parte sua, atteso che lo scopo di una riduzione dell’importo dell’ammenda consiste nel ricompensare un’impresa per un contributo nel corso del procedimento amministrativo che ha permesso alla Commissione di accertare un’infrazione con meno difficoltà.

306    Dato che aveva constatato che i documenti prodotti dalla BA‑CA non costituivano elementi nuovi ed utili rispetto a quelli forniti dal resoconto comune dei fatti, il Tribunale ha giustamente giudicato, al punto 562 della sentenza impugnata, che la Commissione non era tenuta ad accordare alla BA-CA una riduzione supplementare della sua ammenda a tale titolo.

307    Ne consegue che la quinta parte della seconda censura dev’essere respinta.

–       Sulla sesta parte della seconda censura, relativa ad una mancata presa in considerazione delle risposte della BA-CA alla comunicazione degli addebiti

Argomenti delle parti

308    La BA-CA contesta la valutazione del Tribunale, esposta al punto 564 della sentenza impugnata, secondo cui la Commissione non doveva tener conto, a titolo di cooperazione, della sua risposta alla comunicazione degli addebiti.

309    La Commissione reputa errata l’affermazione della BA-CA.

Giudizio della Corte

310    A tal riguardo occorre sottolineare che la comunicazione degli addebiti è un documento di natura processuale e preparatoria che, al fine di garantire l’esercizio efficace dei diritti della difesa, circoscrive l’oggetto del procedimento amministrativo avviato dalla Commissione, impedendo così a quest’ultima di accogliere altre censure nella decisione con cui essa conclude il procedimento di cui trattasi (v., in particolare, ordinanza 18 giugno 1986, cause riunite 142/84 e 156/84, British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, Racc. pag. 1889, punti 13 e 14). È quindi inerente alla natura di tale comunicazione l’essere provvisoria e soggetta a modifiche al momento della valutazione cui la Commissione successivamente procede sulla base delle osservazioni presentatele in risposta dalle parti nonché di altre constatazioni di fatto (v., in tal senso, sentenza SGL Carbon/Commissione, cit., punto 62).

311    Infatti, la Commissione deve tener conto degli elementi derivanti dall’intero procedimento amministrativo, o per abbandonare censure che sarebbero ingiustificate, o per rettificare ed integrare sia in fatto che in diritto i suoi argomenti a sostegno delle censure che essa accoglie. Pertanto, la comunicazione degli addebiti non impedisce assolutamente alla Commissione di modificare la propria posizione a favore delle imprese interessate (v. ordinanza British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, cit., punto 13).

312    Non è escluso che talune imprese possano, dopo la comunicazione degli addebiti e, in particolare, nella loro risposta a tale comunicazione, fornire alla Commissione informazioni decisive che giustifichino che quest’ultima conceda loro una riduzione dell’ammenda ai sensi della comunicazione sulla cooperazione.

313    Tuttavia, a tal riguardo, il Tribunale ha implicitamente ritenuto, al punto 564 della sentenza impugnata, che ciò non accadesse nel caso di specie quanto alla risposta della BA-CA alla comunicazione degli addebiti.

314    Alla luce di ciò, poiché la BA‑CA non ha lamentato uno snaturamento degli elementi di prova a tal riguardo da parte del Tribunale, la sesta parte della seconda censura dev’essere respinta come anche, di conseguenza, nella loro integralità, la seconda censura e la seconda parte.

315    Da quanto precede risulta che il motivo attinente ad una violazione della comunicazione sulla cooperazione è in parte infondato e in parte irricevibile e deve, conseguentemente, essere integralmente respinto.

C –  Sul motivo attinente ad una violazione del diritto ad essere sentiti da parte del Tribunale

a)     Argomenti delle parti

316    La BA‑CA sostiene che il Tribunale ha violato la portata del suo diritto ad essere sentita negando l’audizione di un testimone.

317    La Commissione fa valere che il Tribunale non è tenuto ad accogliere un’offerta di prova se questa, come nel caso di specie, non è pertinente al fine di chiarire i fatti.

b)     Giudizio della Corte

318    A tal proposito va rilevato che, al punto 563 della sentenza impugnata, il Tribunale non ha accolto una domanda di audizione di un testimone a motivo del fatto che «tale offerta di prove non [era] direttamente pertinente ai fini della valutazione dell’utilità dei (…) documenti [prodotti]».

319    Orbene, va ricordato che il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito (v., in particolare, sentenze 30 settembre 2003, cause riunite C‑57/00 P e C‑61/00 P, Freistaat Sachsen e a./Commissione, Racc. pag. I-9975, punto 47, nonché 7 ottobre 2004, causa C‑136/02 P, Mag Instrument/UAMI, Racc. pag. I‑9165, punto 76).

320    Anche se la richiesta di audizione di un testimone, formulata nell’atto introduttivo del ricorso, è motivata, spetta al Tribunale valutare la pertinenza della richiesta rispetto all’oggetto della controversia e alla necessità di procedere all’audizione del testimone citato (v. sentenza Dansk Rørindustri e.a/Commissione, cit., punto 68).

321    In fase di impugnazione, la ricorrente non fornisce la prova che, rifiutando l’audizione di tale testimone, benché la BA-CA abbia potuto rispondere a questioni supplementari poste dal Tribunale, quest’ultimo abbia violato il suo diritto ad essere sentita.

322    Di conseguenza, il motivo in esame dev’essere respinto.

D –  Sul motivo attinente ad una violazione da parte del Tribunale del suo obbligo di motivazione per quanto concerne la fissazione del livello delle ammende e del diritto ad essere sentiti

a)     Argomenti delle parti

323    La BA-CA accusa il Tribunale di avere, al punto 566 della sentenza impugnata, esercitato le sue competenze giurisdizionali anche di merito senza rispettare l’obbligo di motivazione e senza consentire alle imprese interessate dalla fissazione dell’ammenda di essere sentite.

324    Essa precisa che le condizioni sulla base delle quali la Corte ha respinto l’esistenza di tali obblighi nella sentenza 8 febbraio 2007, causa C‑3/06 P, Groupe Danone/Commissione (Racc. pag. I‑1331), non sussistono nel caso di specie.

325    La BA-CA sottolinea, in particolare, che l’ammenda inflitta alle banche nel 2002 era la sesta ammenda più elevata mai inflitta dalla Commissione e che, nel riconsiderarla quattro anni più tardi, il Tribunale l’ha ingiustamente ritenuta come «poco elevata».

326    La Commissione osserva che le considerazioni esposte al punto 566 della sentenza impugnata sono solo complementari e conclusive ed illustrano la valutazione del Tribunale.

b)     Giudizio della Corte

327    A tal riguardo va preliminarmente rammentato che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento suscettibile di concludersi con l’irrogazione di sanzioni, in particolare ammende o penalità, costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario sottolineato più volte dalla giurisprudenza della Corte (sentenza Groupe Danone/Commissione, cit., punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

328    Nell’ambito dell’impugnazione, il controllo della Corte è volto, da un lato, ad esaminare in quale misura il Tribunale abbia preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità di un determinato comportamento alla luce degli artt. 81 CE e 82 CE nonché dell’art. 15 del regolamento n. 17 e, dall’altro, ad appurare se il Tribunale abbia risposto in termini giuridicamente sufficienti all’insieme degli argomenti invocati dalla ricorrente, diretti all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda (sentenza Groupe Danone/Commissione, cit., punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

329    Senza che occorra pronunciarsi sulla questione se il giudice comunitario, prima di esercitare la sua competenza giurisdizionale anche di merito, fosse tenuto ad invitare la ricorrente a presentare le sue osservazioni su un’eventuale riforma dell’importo dell’ammenda, si deve constatare che la BA-CA ha potuto far valere utilmente il suo punto di vista.

330    Infatti, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 519 e seguenti delle sue conclusioni, quattro dei sei motivi formulati dalla BA‑CA dinanzi al Tribunale erano diretti alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta. Tali motivi si riferivano, in particolare, alle valutazioni compiute dalla Commissione riguardo alla qualificazione dell’infrazione, all’esistenza di circostanze attenuanti e alla cooperazione della ricorrente al procedimento.

331    Inoltre, il Tribunale ha posto numerose domande alla BA-CA riguardanti l’esistenza di circostanze attenuanti e la sua cooperazione al procedimento.

332    Infine, va rilevato che il Tribunale ha esaminato in maniera molto dettagliata, ai punti 216‑571 della sentenza impugnata, l’insieme degli elementi pertinenti relativi alla fissazione dell’importo dell’ammenda.

333    Di conseguenza, il motivo in esame dev’essere respinto.

334    Dalle considerazioni che precedono risulta che l’impugnazione dev’essere, nella sua integralità, respinta.

 Sulle spese

335    Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’art. 118 dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della Erste, della RZB, della BA-CA nonché della ÖVAG e queste sono risultate soccombenti, esse devono essere condannate alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Le impugnazioni sono respinte.

2)      La Erste Group Bank AG, già Erste Bank der österreichischen Sparkassen AG, la Raiffeisen Zentralbank Österreich AG, la Bank Austria Creditanstalt AG e la Österreichische Volksbanken AG sono condannate alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.