Language of document : ECLI:EU:C:2009:505

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

3 settembre 2009 (*)

«Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercato europeo dei prodotti di merceria (aghi) – Accordi di ripartizione di mercato – Violazione dei diritti della difesa – Obbligo di motivazione – Ammenda – Orientamenti – Gravità dell’infrazione – Impatto concreto sul mercato – Attuazione dell’intesa»

Nel procedimento C‑534/07 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 26 novembre 2007,

William Prym GmbH & Co. KG,

Prym Consumer GmbH & Co. KG,

con sede in Stolberg (Germania), rappresentate dagli avv.ti H.‑J. Niemeyer, C. Herrmann e M. Röhrig, Rechtsanwälte,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. F. Castillo de la Torre e dalla sig.ra K. Mojzesowicz, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann (relatore), presidente di sezione, dai sigg. M. Ilešič, A. Tizzano, A. Borg Barthet e J.‑J. Kasel, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 marzo 2009,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 aprile 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la loro impugnazione, la William Prym GmbH & Co. KG e la Prym Consumer GmbH & Co. KG chiedono l’annullamento, nella parte che reca loro pregiudizio, della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 12 settembre 2007, causa T‑30/05, Prym e Prym Consumer/Commissione (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale esso ha parzialmente annullato la decisione della Commissione 26 ottobre 2004, C(2004) 4221 def., relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo 81 del Trattato CE (procedimento COMP/F‑1/38.338 – PO/Aghi; in prosieguo: la «decisione controversa»).

I –  Contesto normativo

2        L’art. 23, nn. 2 e 3, del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1), dispone quanto segue:

«2.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni [degli articoli] 81 o 82 del trattato; (…)

(…)

Per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

(…)

3.      Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

3        L’art. 31 del regolamento n. 1/2003 così prevede:

«La Corte di giustizia ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un’ammenda o una penalità di mora. Essa può estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora irrogata».

4        Il punto 1, A, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»), ha la seguente formulazione:

«Per valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante.

Le infrazioni saranno pertanto classificate in tre categorie, in modo tale da distinguere tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi.

–        Infrazioni poco gravi:

trattasi ad esempio di restrizioni, per lo più verticali, intese a limitare gli scambi, ma il cui impatto sul mercato resta circoscritto e che riguardano inoltre una parte sostanziale ma relativamente ristretta del mercato comunitario.

Ammenda applicabile: da 1 000 [euro] a 1 milione di [euro].

–        Infrazioni gravi:

trattasi per lo più di restrizioni orizzontali o verticali della medesima natura che nel caso precedente, ma applicate in maniera più rigorosa, il cui impatto sul mercato è più vasto e che sono atte a produrre effetti su ampie zone del mercato comune. (…)

Ammenda applicabile: da 1 milione di [euro] a 20 milioni di [euro].

–        Infrazioni molto gravi:

trattasi essenzialmente di restrizioni orizzontali, quali cartelli di prezzi e di ripartizione dei mercati, o di altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno, ad esempio quelle miranti a compartimentare i mercati nazionali, o di abusi incontestabili di posizione dominante da parte di imprese in situazione di quasi-monopolio (…).

Ammenda applicabile: oltre i 20 milioni di [euro].

(...)

Sarà inoltre necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e occorrerà fissare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo.

(...)».

II –  Fatti e decisione controversa

5        I fatti della controversia, quali risultano dalla sentenza impugnata, possono essere riassunti come segue.

6        Le ricorrenti sono imprese tedesche che si presentano come uno dei primi marchi europei di articoli di merceria in metallo e in plastica nonché di articoli da cucito.

7        Il 7 e l’8 novembre 2001 la Commissione procedeva ad accertamenti, ai sensi dell’art. 14, n. 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82] del trattato (GU 1962, 13, pag. 204), nei locali di vari produttori e distributori comunitari di articoli di merceria, tra cui le ricorrenti e due imprese britanniche nonché le loro rispettive società controllate, vale a dire, da una parte, la Coats Holdings Ltd e la J & P Coats Ltd (in prosieguo congiuntamente: la «Coats») e, dall’altra, la Entaco Group Ltd e la Entaco Ltd (in prosieguo congiuntamente: la «Entaco»).

8        Il 15 marzo 2004 la Commissione indirizzava una comunicazione degli addebiti alle ricorrenti, alla Entaco ed alla Coats.

9        Il 26 ottobre 2004 la Commissione adottava la decisione controversa.

10      All’art. 1 della detta decisione, la Commissione dichiarava che le ricorrenti, la Coats e la Entaco avevano partecipato a pratiche concertate e avevano concluso, tra il 10 settembre 1994 e il 31 dicembre 1999, una serie di accordi scritti, formalmente bilaterali, ma equivalenti, in pratica, ad accordi trilaterali, in forza dei quali tali imprese avevano proceduto o contribuito ad una ripartizione dei mercati dei prodotti, segmentando il mercato europeo degli articoli di merceria in metallo e in plastica, nonché dei mercati geografici, segmentando il mercato europeo degli aghi.

11      All’art. 2 della decisione controversa la Commissione infliggeva alle ricorrenti un’ammenda di EUR 30 milioni.

12      Nella decisione controversa, la Commissione indicava di aver fissato l’ammenda in funzione della gravità e della durata dell’infrazione. In particolare, a titolo della gravità dell’infrazione, la Commissione aveva tenuto conto della natura dell’infrazione, del suo impatto concreto sul mercato nonché dell’estensione del mercato geografico rilevante. Sulla base di tali elementi, essa concludeva che le imprese partecipanti all’intesa in questione avevano commesso un’infrazione «molto grave», inducendola a fissare l’importo di partenza dell’ammenda per le ricorrenti in EUR 20 milioni.

13      In merito alla durata dell’infrazione, la Commissione rilevava che quest’ultima si era protratta per un periodo di cinque anni e tre mesi. Per tale ragione, essa maggiorava l’importo di partenza dell’ammenda del 50% e, pertanto, ne fissava l’importo di base per le ricorrenti in EUR 30 milioni.

14      Peraltro, la Commissione negava alle ricorrenti il beneficio delle circostanze attenuanti, sottolineando in particolare che la cessazione anticipata dell’accordo illecito non conseguiva ad un intervento da parte sua e che essa aveva già tenuto conto di tale cessazione anticipata nel determinare la durata dell’infrazione.

III –  La sentenza impugnata

15      Il 28 gennaio 2005 le ricorrenti proponevano un ricorso dinanzi al Tribunale diretto ad ottenere, in via principale, l’annullamento della decisione controversa nella parte che le concerne o, in subordine, l’annullamento o la riduzione dell’ammenda loro inflitta.

16      Con la sentenza impugnata, il Tribunale accoglieva parzialmente il ricorso nella parte in cui era diretto alla riduzione dell’ammenda, constatando che alle ricorrenti era stato, ingiustamente, negato il beneficio della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4). Nell’ambito della sua competenza giurisdizionale anche di merito ai sensi dell’art. 229 CE, il Tribunale riduceva a EUR 27 milioni l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti. Per il resto respingeva il ricorso.

IV –  Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

17      Le ricorrenti chiedono alla Corte:

–        di annullare la sentenza impugnata, nella parte che reca loro pregiudizio;

–        di annullare la decisione controversa nella parte che le riguarda;

–        in subordine, di annullare o ridurre l’ammenda loro inflitta all’art. 2 di tale decisione;

–        in ulteriore subordine, di rinviare la causa al Tribunale affinché esso statuisca sul loro ricorso, e

–        di condannare la Commissione alle spese dell’intero procedimento.

18      La Commissione chiede alla Corte:

–        di respingere l’impugnazione, e

–        di condannare le ricorrenti alle spese del presente grado di giudizio.

V –  Sull’impugnazione

19      A sostegno della loro impugnazione, le ricorrenti deducono cinque motivi che saranno esaminati in ordine successivo.

A –  Sul primo motivo, attinente alla violazione dei diritti della difesa e dell’obbligo di motivazione al momento della divisione del procedimento amministrativo

1.     La sentenza impugnata

20      In risposta all’argomentazione con la quale le ricorrenti sostenevano che la divisione del procedimento inizialmente unico, aperto nel caso detto «Articoli da cucito», in due procedimenti distinti, i procedimenti «Articoli da cucito: aghi» (in prosieguo: il «procedimento “aghi”») e «Articoli da cucito: cerniere» (in prosieguo: il «procedimento “cerniere”») aveva costituito una violazione dei diritti della difesa, il Tribunale ha deciso, al punto 61 della sentenza impugnata, quanto segue:

«(...) è necessario rilevare che la comunicazione degli addebiti trasmessa alle ricorrenti il 15 marzo 2004, reca il titolo univoco di “Comunicazione degli addebiti nel procedimento PO/articoli da cucito: aghi”. Le ricorrenti sapevano, pertanto, al più tardi da quella data, che la Commissione aveva avviato un procedimento distinto relativo al mercato degli aghi. Esse erano quindi in grado di esporre le loro difese in merito alla divisione dei procedimenti nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti».

2.     Argomenti delle parti

21      Le ricorrenti affermano che il Tribunale è incorso in un errore di diritto giudicando, al punto 61 della sentenza impugnata, che esse sapevano, almeno a partire dalla detta comunicazione degli addebiti, che la Commissione avrebbe avviato due procedimenti distinti e che, pertanto, esse erano in grado di difendersi rispetto a tale divisione del procedimento amministrativo. A loro avviso, tale comunicazione degli addebiti lasciava unicamente intendere che la Commissione riteneva che il loro comportamento nel settore degli aghi costituisse un’infrazione autonoma rispetto al loro comportamento nel settore delle cerniere. Orbene, solo una presentazione sufficientemente dettagliata dei fatti sulla base dei quali la Commissione aveva proceduto alla divisione del procedimento avrebbe consentito loro di valutare la legittimità di tale provvedimento e, pertanto, di difendere efficacemente i loro interessi.

22      Le ricorrenti aggiungono che, non precisando le ragioni della divisione del procedimento, la Commissione ha violato il suo obbligo di motivazione.

23      La Commissione fa valere che, dinanzi al Tribunale, le ricorrenti si sono limitate a sostenere di essere state private della possibilità di far osservare alla Commissione che le ammende loro irrogabili nei due procedimenti non potevano, vista la connessione esistente tra di essi, superare il limite, previsto all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, del 10% del fatturato totale da esse realizzato nell’Unione europea.

24      Pertanto, secondo la Commissione, che contesta l’esistenza di un difetto di motivazione al riguardo, il primo motivo dev’essere considerato nuovo e, come tale, dev’essere respinto in quanto irricevibile e, in subordine, nei limiti in cui viene affermata una violazione dell’obbligo di motivazione, in quanto infondato.

3.     Giudizio della Corte

25      Senza che sia necessario esaminare la ricevibilità del primo motivo, si deve constatare che esso non può essere accolto.

26      È vero che il rispetto dei diritti della difesa nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto comunitario del quale la Corte assicura il rispetto (v., in tale senso, sentenze 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punti 167‑171; 14 luglio 2005, cause riunite C‑65/02 P e C‑73/02 P, ThyssenKrupp/Commissione, Racc. pag. I‑6773, punto 92, nonchè 21 settembre 2006, causa C‑105/04 P, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, Racc. pag. I‑8725, punto 35).

27      Relativamente ad un procedimento di applicazione dell’art. 81 CE, occorre tuttavia distinguere due fasi del procedimento amministrativo, vale a dire la fase istruttoria antecedente alla comunicazione degli addebiti e quella corrispondente al resto del procedimento amministrativo. Ciascuna di queste fasi successive risponde ad una propria logica interna, laddove la prima deve consentire alla Commissione di prendere posizione circa il seguito del procedimento e la seconda di pronunciarsi definitivamente sulla violazione contestata (v. sentenze Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punti 181‑183, nonchè Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, cit., punto 38).

28      Le valutazioni formulate nella comunicazione degli addebiti prevista dai regolamenti comunitari sono destinate a delimitare l’oggetto del procedimento amministrativo nei confronti delle imprese rispetto a cui esso è stato avviato (v., in particolare, sentenza 17 novembre 1987, cause riunite 142/84 e 156/84, British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, Racc. pag. 4487, punto 70). A tal fine, la comunicazione degli addebiti deve enunciare, in modo chiaro, tutti gli elementi essenziali sui quali si fonda la Commissione in quello stadio del procedimento. Secondo una giurisprudenza costante, tale indicazione può farsi in modo sommario, poiché tale comunicazione rappresenta un documento preparatorio le cui valutazioni di fatto e di diritto hanno un carattere puramente provvisorio (v., in particolare, sentenze 7 giugno 1983, cause riunite 100/80‑103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 14, nonchè 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 67).

29      Nel caso di specie, il Tribunale ha constatato, al punto 61 della sentenza impugnata, che la comunicazione degli addebiti trasmessa alle ricorrenti recava il titolo «Comunicazione degli addebiti nel procedimento PO/articoli da cucito: aghi». Le ricorrenti stesse hanno ammesso, nella loro impugnazione, che tale comunicazione lasciava intendere che la Commissione riteneva che il loro comportamento nel settore degli aghi costituisse un’infrazione autonoma rispetto al loro comportamento nel settore delle cerniere.

30      Le ricorrenti non contestano quindi che, nel caso di specie, l’esposizione degli addebiti sia stata formulata in termini sufficientemente chiari da consentire loro di prendere effettivamente atto dei comportamenti loro contestati dalla Commissione e del seguito che quest’ultima intendeva dare al procedimento.

31      L’unico argomento che esse invocano a sostegno della loro affermazione secondo la quale esse non hanno potuto provvedere utilmente alla propria difesa in tale fase consiste nel difetto di motivazione che, secondo loro, viziava la comunicazione degli addebiti relativamente alla divisione del procedimento cui la Commissione intendeva procedere.

32      Tale argomentazione non può essere accolta.

33      Invero, essa porterebbe ad obbligare la Commissione non solo ad enunciare gli elementi di fatto e di diritto essenziali che, in tale fase del procedimento amministrativo, essa ritiene costituire un’infrazione al diritto comunitario della concorrenza, ma anche ad esporre, almeno sommariamente, i motivi per i quali essa non intende basarsi, nell’ambito del medesimo procedimento amministrativo, su taluni elementi sui quali essa ha inizialmente indagato o avuto l’intenzione d’indagare. L’obbligo di motivazione spettante alla Commissione nella fase dell’invio della comunicazione degli addebiti si estenderebbe in tal modo ad elementi per definizione non essenziali ai fini dello svolgimento del procedimento che essa intende condurre. Un siffatto obbligo di motivazione andrebbe oltre i requisiti definiti nella giurisprudenza richiamata al punto 28 della presente sentenza.

34      Ne consegue che il primo motivo deve essere respinto in quanto, in ogni caso, infondato.

B –  Sul secondo motivo, attinente al divieto di diniego di giustizia

1.     La sentenza impugnata

35      Al punto 64 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ricordato che la Commissione ha il diritto di separare o riunire i procedimenti per ragioni oggettive. Rispondendo alle affermazioni delle ricorrenti secondo le quali, nel caso di specie, non sussistevano siffatti motivi, il Tribunale ha rilevato, al punto 65 della stessa sentenza, che la situazione non era del tutto equiparabile a quella per cui esso aveva ammesso una tale separazione in presenza di infrazioni distinte. Tuttavia, in merito alle affermazioni delle ricorrenti secondo le quali i comportamenti loro contestati costituivano, in realtà, un’unica infrazione, il Tribunale ha affermato, al punto 66 della detta sentenza, che queste potevano essere valutate solo dopo l’adozione della decisione nel procedimento «cerniere».

2.     Argomenti delle parti

36      Le ricorrenti contestano al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto rifiutando di esaminare la legittimità della divisione del procedimento laddove, da una parte, ha riconosciuto che la Commissione può procedere ad una siffatta separazione solo in presenza di infrazioni distinte e, dall’altra, che esso disponeva di indizi, costituiti dalla comunicazione degli addebiti del 16 settembre 2004, nel procedimento «aghi», e da quella dell’8 marzo 2006, nel procedimento «cerniere», che facevano presumere che la Commissione avesse proceduto ad una divisione arbitraria di un’infrazione unica. Il Tribunale avrebbe erroneamente constatato, al punto 66 della sentenza impugnata, che, mancando la decisione della Commissione nel procedimento «cerniere» alla data in cui il Tribunale ha disposto il passaggio a decisione del procedimento «aghi», le supposizioni circa l’esito del procedimento «cerniere» erano speculative.

37      La Commissione propone di respingere tale motivo. Essa ritiene che il Tribunale abbia correttamente deciso che le affermazioni delle ricorrenti non potevano essere esaminate prima dell’adozione di una decisione nel procedimento «cerniere».

3.     Giudizio della Corte

38      Ai punti 64‑66 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che, secondo la sua giurisprudenza, un procedimento d’infrazione alle regole comunitarie di concorrenza può essere oggetto di una separazione e condurre all’adozione di più decisioni che infliggono ammende distinte a condizione che si tratti di infrazioni distinte.

39      Le ricorrenti non mettono in dubbio tale analisi, ma contestano al Tribunale il fatto di non avere esaminato se, nel caso di specie, i comportamenti censurati nella decisione controversa in relazione al procedimento «aghi», da una parte, e quelli identificati nella comunicazione degli addebiti dell’8 marzo 2006, in relazione al procedimento «cerniere», dall’altra, costituissero o meno infrazioni distinte.

40      Come si è ricordato al punto 28 della presente sentenza, la comunicazione degli addebiti rappresenta solo un documento preparatorio le cui valutazioni di fatto e di diritto hanno un carattere puramente provvisorio. La successiva decisione non deve essere necessariamente la copia dell’esposizione degli addebiti, dovendo la Commissione tener conto degli elementi derivanti dal procedimento amministrativo o per abbandonare censure che si rivelino essere ingiustificate o per rettificare ed integrare sia in fatto che in diritto i suoi argomenti a sostegno delle censure che essa accoglie (v., in particolare, sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 14, nonchè Aalborg Portland e a./Commissione, cit., punto 67).

41      Alla luce di ciò, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto giudicando, al punto 66 della sentenza impugnata, che tutte le supposizioni in merito all’esistenza o meno d’infrazioni distinte fossero speculative fin tanto che non fosse stata adottata alcuna decisione nel procedimento «cerniere».

42      Le ricorrenti non possono far valere un diniego di giustizia dato che, come risulta dal ragionamento seguito dal Tribunale, spettava proprio a loro presentare i loro argomenti in merito alla presenza di un’infrazione unica dopo l’adozione della decisione nel procedimento «cerniere» nell’ambito del controllo di legittimità di tale decisione. Come da esse affermato nel corso dell’udienza, le ricorrenti hanno del resto proposto un ricorso ai sensi dell’art. 230 CE dinanzi al Tribunale, diretto all’annullamento della decisione della Commissione nel procedimento «cerniere».

43      Il secondo motivo deve quindi essere respinto in quanto infondato.

C –  Sul terzo motivo, attinente all’insufficiente presa in considerazione da parte del Tribunale della constatazione della violazione dell’obbligo di motivazione da parte della Commissione relativamente alla determinazione della gravità dell’infrazione

44      Tale motivo si divide in due parti, relative all’insufficiente presa in considerazione, da parte del Tribunale, della constatazione della violazione dell’obbligo di motivazione da parte della Commissione in ordine, per quanto concerne la prima parte, alle dimensioni del mercato pertinente e, per quanto concerne la seconda parte, all’impatto concreto dell’infrazione sul mercato.

1.     Sulla prima parte del terzo motivo, attinente all’insufficiente presa in considerazione da parte del Tribunale della constatazione della violazione dell’obbligo di motivazione da parte della Commissione per quanto concerne le dimensioni del mercato interessato

a)     La sentenza impugnata

45      Il Tribunale ha rilevato, al punto 87 della sentenza impugnata, che, in considerazione del fine anticoncorrenziale degli accordi, la Commissione non era obbligata ad operare, nel caso di specie, una delimitazione del mercato ai fini dell’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE. Esso ha tuttavia precisato, al punto 88 della detta sentenza, che, poiché il dispositivo della decisione controversa infliggeva un’ammenda in applicazione del regolamento n. 1/2003, gli accertamenti di fatto relativi al mercato rilevante erano pertinenti, anche se la loro insufficienza non poteva comportare l’annullamento integrale della detta decisione.

46      A tal proposito, al punto 89 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato quanto segue:

«(...) secondo gli orientamenti, per valutare la gravità dell’infrazione “occorre prenderne in considerazione” non solo la natura, ma anche “l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile” (punto 1, A, primo comma). Orbene, per valutare l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato occorre definire tale mercato. Gli orientamenti stabiliscono altresì che è “necessario”, per stabilire la gravità di un’infrazione, “valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori” (punto 1, A, quarto comma), il che implica che si debbano determinare le dimensioni dei mercati e le quote di mercato detenute dalle imprese interessate».

47      Dopo avere ritenuto, al punto 95 della sentenza impugnata, che non sussistesse alcun difetto di motivazione quanto alla definizione dei mercati dei prodotti di cui trattasi, il Tribunale ha esaminato quanto constatato dalla Commissione nella decisione controversa in merito alle dimensioni del mercato.

48      Al punto 98 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che le valutazioni della Commissione in ordine alle dimensioni dei tre mercati di prodotti da essa individuati restavano lacunose e non consentivano di verificare le dimensioni di tutti i mercati rilevanti. Ne ha dedotto, al punto 99 della detta sentenza, che la decisione controversa era «viziata da un difetto di motivazione, il che potrebbe determinarne il [suo] annullamento parziale (...), a meno che le constatazioni della Commissione relative all’effettiva capacità economica delle imprese interessate di arrecare un danno consistente siano fondate su altri motivi della decisione [controversa]».

49      Ai punti 100 e 101 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che le ricorrenti non hanno mai contestato le constatazioni della Commissione, esposte nella decisione controversa, che consentivano di affermare l’esistenza di una siffatta capacità, vale a dire, in particolare, la loro posizione di leaders del mercato europeo della fabbricazione di aghi, mercato in cui la concorrenza era molto limitata.

b)     Argomenti delle parti

50      Secondo le ricorrenti, il Tribunale ha violato l’art. 253 CE non annullando la decisione controversa dopo aver constatato una violazione dell’obbligo di motivazione per quanto concerne le dimensioni del mercato rilevante. Esso avrebbe anche trascurato che tale vizio ha inciso sulla determinazione della gravità dell’infrazione, dato che la determinazione di tale gravità implica il ricorso cumulativo a vari criteri e che la Commissione stessa ha indicato, nella detta decisione, di aver preso in considerazione le dimensioni del mercato rilevante e la capacità economica degli autori dell’infrazione di arrecare un danno consistente.

51      Il Tribunale sarebbe anche incorso in un errore di diritto ritenendo che la Commissione abbia descritto sufficientemente l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato richiamando la posizione di leaders delle ricorrenti. Il Tribunale avrebbe in tal modo ignorato la differenza tra la determinazione dell’effettiva capacità economica di un’impresa di arrecare un danno consistente e quella dell’impatto concreto sul mercato.

52      Le ricorrenti ritengono che esista quindi una contraddizione della motivazione tra il punto 89 della sentenza impugnata, da una parte, e i suoi punti 99 nonché 100, dall’altra.

53      La Commissione replica che, secondo un’interpretazione corretta della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato l’obbligo di determinare le dimensioni del mercato rilevante solo per quanto concerne la capacità delle imprese di arrecare un danno consistente. Tuttavia, se tale capacità può essere accertata, come sarebbe nel caso di specie, con altri mezzi, la Commissione sarebbe dispensata dall’obbligo di determinare le dimensioni del mercato. Inoltre, dalla giurisprudenza del Tribunale risulterebbe che il metodo di calcolo delle ammende descritto negli orientamenti non impone in alcun modo che si tenga conto, ai fini della determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda, delle dimensioni del mercato rilevante.

c)     Giudizio della Corte

54      Secondo una giurisprudenza costante, la gravità delle infrazioni al diritto comunitario della concorrenza va accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali, segnatamente, le particolari circostanze del procedimento, il suo contesto e la portata dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (v., in particolare, sentenze Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punto 465; 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 241, nonchè 25 gennaio 2007, causa C‑407/04 P, Dalmine/Commissione, Racc. pag. I‑829, punto 129).

55      Di conseguenza, contrariamente a quanto fatto valere dalle ricorrenti, le dimensioni del mercato rilevante non costituiscono, in linea di principio, un fattore indispensabile, ma solo uno fra più fattori pertinenti per valutare la gravità dell’infrazione e fissare l’importo dell’ammenda (v., in tal senso, sentenza Dalmine/Commissione, cit., punto 132).

56      Al punto 89 della sentenza impugnata, il Tribunale ha nondimeno rilevato che, ai sensi del punto 1, A, quarto comma, degli orientamenti, è necessario, per valutare la gravità dell’infrazione, prendere in considerazione l’effettiva capacità economica delle imprese di arrecare un danno consistente agli altri operatori. Esso ha aggiunto che tale presa in considerazione comporta la necessità di determinare le dimensioni del mercato.

57      Le ricorrenti non contestano l’analisi svolta dal Tribunale, ma sostengono che quest’ultimo si è in seguito contraddetto ammettendo, al punto 101 della sentenza impugnata, che il riferimento alla posizione di leaders che esse avevano nel mercato rilevante potesse costituire una descrizione sufficiente dell’impatto concreto dell’infrazione su tale mercato.

58      A tal proposito, occorre constatare che le ricorrenti danno un’errata lettura del punto 101 della sentenza impugnata. Invero, da tale punto risulta che il richiamo operato alla posizione di leaders delle ricorrenti sul mercato viene considerato come un criterio pertinente al fine di valutare l’effettiva capacità economica di queste ultime di arrecare un danno consistente agli altri operatori e non, come sostengono le ricorrenti, al fine di valutare l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato.

59      Ciò non toglie che il Tribunale si è effettivamente contraddetto affermando, da una parte, al punto 89 della sentenza impugnata, che la valutazione della capacità economica di un’impresa di arrecare un danno consistente esige necessariamente la determinazione delle dimensioni del mercato e ritenendo, dall’altra, ai punti 99‑101 della detta sentenza, che l’insufficienza della motivazione da esso constatata, a tal riguardo, possa essere compensata da altre constatazioni quali quella, nel caso di specie, della posizione di leaders che le ricorrenti occupavano nel detto mercato.

60      Tuttavia, tale contraddizione non può portare ad affermare, come chiedono le ricorrenti, che il Tribunale non abbia sufficientemente preso in considerazione la violazione da parte della Commissione del suo obbligo di motivazione per quanto concerne le dimensioni del mercato rilevante.

61      Infatti, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 89 della sentenza impugnata, prendere in considerazione, conformemente al punto 1, A, quarto comma, degli orientamenti, l’effettiva capacità economica degli autori d’infrazioni di arrecare un danno consistente agli altri operatori non comporta la necessità di determinare le dimensioni del mercato.

62      È vero che la Corte ha dichiarato che, per la fissazione dell’importo dell’ammenda, le quote di mercato detenute da un’impresa sono pertinenti al fine di stabilire l’influenza che quest’ultima ha potuto esercitare sul mercato (sentenza 17 dicembre 1998, causa C‑185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. I‑8417, punto 139).

63      Tuttavia, per i motivi esposti dall’avvocato generale ai paragrafi 98‑101 delle sue conclusioni, non si può desumere dalla giurisprudenza citata al punto precedente che, per valutare l’influenza di un’impresa sul mercato o, secondo i termini degli orientamenti, la sua effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, si deve misurare tale capacità obbligando la Commissione a procedere ad una preventiva delimitazione del mercato nonché ad una valutazione delle sue dimensioni, tenendo conto del fatturato di tale impresa.

64      Per giunta, nel caso di un’infrazione quale quella di cui trattasi nel caso di specie, che consiste in una ripartizione di mercati, un’interpretazione tanto formalistica della citata sentenza Baustahlgewebe/Commissione, come quella difesa dalle ricorrenti, avrebbe la conseguenza d’imporre alla Commissione, relativamente al metodo di calcolo delle ammende, un obbligo al quale, secondo una giurisprudenza constante, essa non è assoggettata ai fini dell’applicazione dell’art. 81 CE, dal momento che l’infrazione in questione ha un oggetto anticoncorrenziale (v., in particolare, sentenze Aalborg Portland e a./Commissione, cit., punto 261, nonché Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, cit., punto 125).

65      Il Tribunale ha quindi correttamente ammesso, ai punti 99‑101 della sentenza impugnata, che la capacità economica delle ricorrenti di arrecare un danno consistente agli altri operatori poteva essere provata tramite constatazioni quali la loro posizione di leaders sul mercato pertinente.

66      Ne consegue che, nonostante la contraddizione di motivazione correttamente rilevata dalle ricorrenti nel ragionamento del Tribunale, la prima parte del terzo motivo deve essere respinta in quanto inconferente.

2.     Sulla seconda parte del terzo motivo, attinente ad un’insufficiente presa in considerazione da parte del Tribunale della constatazione della violazione dell’obbligo di motivazione da parte della Commissione per quanto concerne l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato

a)     La sentenza impugnata

67      Ai punti 109‑112 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato quanto segue:

«109      (...) la considerazione dell’impatto concreto sul mercato viene prescritta solo “quando sia misurabile”. Tuttavia, nel corso del procedimento, la Commissione non ha mai sostenuto che tale impatto nel caso di specie non fosse misurabile e si è limitata, nella sua difesa al riguardo, a ricordare che la ripartizione dei mercati dei prodotti e del mercato geografico convenuta negli accordi conclusi tra le ricorrenti e la Entaco è stata attuata e ha “quindi necessariamente avuto effetti reali sulle condizioni della concorrenza sui mercati comunitari”.

110      Tale conclusione non è, tuttavia, convincente. (...)

111      Di fatto, ai punti 318‑320 della decisione [controversa], la Commissione (...) si è (...) basata esclusivamente su una relazione di causa ed effetto tra l’attuazione dell’intesa e il suo impatto concreto sul mercato, il che, tuttavia, non è sufficiente per il calcolo dell’ammenda.

112      Di conseguenza, la Commissione non ha adeguatamente adempiuto all’obbligo di motivazione ad essa incombente al riguardo. Le conseguenze giuridiche che se ne devono trarre saranno esaminate, in prosieguo, ai punti 190 e segg.».

68      Quanto alle conseguenze giuridiche che la violazione dell’obbligo di motivazione rilevata al punto 112 della sentenza impugnata poteva avere, il Tribunale ha constatato, ai punti 188 e 189 della stessa sentenza, che, nel caso di specie, l’infrazione, che aveva per oggetto una ripartizione dei mercati dei prodotti e del mercato geografico, costituiva una manifesta infrazione del diritto della concorrenza ed era, per sua natura, particolarmente grave. Di conseguenza, a suo parere, in considerazione della definizione data negli orientamenti, la qualificazione dell’infrazione come «molto grave» nella decisione controversa era giustificata.

69      Al punto 190 della sentenza impugnata, il Tribunale ha aggiunto:

«Quanto alla valutazione dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato, si è già constatato che, nella [decisione controversa], la Commissione è venuta meno all’obbligo di motivazione che ad essa incombe (...). (...) Tuttavia, tale difetto di motivazione non può, nelle circostanze del caso di specie, determinare la revoca o la riduzione dell’ammenda inflitta, dato che la qualificazione dell’infrazione come “molto grave” era fondata e che la Commissione ha scelto l’importo minimo di partenza previsto dagli orientamenti per tale infrazione (vale a dire, più precisamente, l’importo massimo per un’infrazione “grave”), ossia EUR 20 milioni. Infatti, la Commissione rileva giustamente che la scelta dell’importo minimo è sufficiente, nella specie, per tenere conto della riduzione dell’impatto dell’infrazione nel periodo della stessa».

b)     Argomenti delle parti

70      Secondo le ricorrenti, il Tribunale ha violato l’art. 253 CE, rifiutando di annullare la decisione controversa quando aveva constatato una violazione dell’obbligo di motivazione per quanto concerne l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato. Statuendo, al punto 190 della sentenza impugnata, che tale difetto di motivazione non doveva, nelle circostanze del caso di specie, portare alla revoca o alla riduzione dell’ammenda dato che la qualificazione dell’infrazione come «molto grave» era fondata, il Tribunale avrebbe confuso questioni concernenti la legittimità materiale della detta decisione con questioni relative alle conseguenze giuridiche di una violazione dell’obbligo di motivazione formale.

71      La Commissione contesta la tesi delle ricorrenti. Essa ritiene tuttavia che il Tribunale sia incorso in errori di diritto ai punti 109‑112 della sentenza impugnata. Da un lato, avrebbe preteso che la Commissione dimostrasse l’assenza di un impatto concreto misurabile dell’infrazione sul mercato, mentre esso stesso non avrebbe constatato che tale impatto era misurabile. Dall’altro, il Tribunale avrebbe contraddetto una costante giurisprudenza secondo cui l’attuazione di un accordo con un oggetto anticoncorrenziale è sufficiente ad escludere la possibilità di ravvisare l’assenza di impatto sul mercato. Pertanto, la Commissione invita la Corte a procedere alla sostituzione della motivazione, eliminando le constatazioni contenute ai detti punti 109‑112 relative alla prova e alla misurabilità dell’impatto sul mercato.

c)     Giudizio della Corte

i)     Sulla richiesta della Commissione di sostituzione della motivazione

72      Secondo una giurisprudenza costante, se la motivazione di una sentenza del Tribunale rivela una violazione del diritto comunitario, ma il suo dispositivo risulta fondato per altri motivi di diritto, l’impugnazione dev’essere respinta (v., in particolare, sentenze 9 giugno 1992, causa C‑30/91 P, Lestelle/Commissione, Racc. pag. I‑3755, punto 28, nonché 9 settembre 2008, cause riunite C‑120/06 P e C‑121/06 P, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, Racc. 2008, pag. I-6513, punto 187).

73      Anche supponendo che una richiesta di sostituzione della motivazione possa essere accolta alle condizioni nelle quali essa è stata formulata dalla Commissione, tale richiesta, nel caso di specie, dovrebbe essere respinta.

74      Quanto, in primo luogo, all’obbligo o meno, per la Commissione di provare, ai fini del calcolo dell’ammenda, l’esistenza di un impatto concreto dell’infrazione sul mercato, occorre ricordare che, se anche tale impatto è un criterio da prendere in considerazione per valutare la gravità dell’infrazione, si tratta di uno tra più criteri, quali la natura propria dell’infrazione e l’estensione del mercato geografico. Del pari, risulta dal punto 1, A, primo comma, degli orientamenti che occorre prendere in considerazione tale impatto solo quando sia misurabile (sentenza 9 luglio 2009, causa C‑511/06 P, Archer Daniels Midland/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 125).

75      Per quanto riguarda le intese orizzontali di prezzi o di ripartizione dei mercati, risulta anche dagli orientamenti che tali intese possono essere qualificate come infrazioni molti gravi sulla sola base della loro natura, senza che la Commissione sia tenuta a dimostrare un impatto concreto dell’infrazione sul mercato. In tale fattispecie, l’impatto concreto dell’infrazione, se misurabile, costituisce solo uno dei vari fattori che possono consentire alla Commissione di aumentare l’importo di partenza dell’ammenda oltre l’importo minimo applicabile di EUR 20 milioni.

76      Nel caso di specie, l’intesa in questione aveva per oggetto una ripartizione di mercati e poteva, quindi, essere qualificata come infrazione molto grave senza che la Commissione fosse tenuta a dimostrare un suo impatto concreto sul mercato.

77      Tuttavia, il Tribunale ha constatato, al punto 111 della sentenza impugnata, che, nella parte della decisione controversa relativa al calcolo dell’ammenda, la Commissione ha dedicato, sotto il titolo «Impatto concreto dell’infrazione», tre punti all’esame di tale criterio.

78      Alla luce di ciò il Tribunale, che ha rilevato, al punto 109 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva mai sostenuto nel corso del procedimento che l’impatto concreto dell’infrazione non fosse misurabile, ha potuto, senza incorrere in un errore di diritto, ritenere, da una parte, che la Commissione considerasse misurabile l’impatto descritto nella decisione controversa e, dall’altra, che essa intendesse tenere conto di tale criterio ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda.

79      Quanto, in secondo luogo, agli elementi che la Commissione, in un siffatto caso, deve fornire per determinare un impatto concreto dell’infrazione sul mercato, si deve respingere la tesi di tale istituzione secondo la quale le sarebbe sufficiente a tal fine richiamare l’attuazione dell’intesa.

80      Un siffatto richiamo, senza un’ulteriore dimostrazione, si riduce infatti alla presunzione che l’attuazione dell’intesa abbia prodotto un effetto sul mercato.

81      Orbene, anche se l’esistenza di un impatto concreto dell’infrazione non è necessaria per qualificare l’infrazione come molto grave nel caso di un accordo con un oggetto anticoncorrenziale, l’ulteriore presa in considerazione di tale elemento consente alla Commissione di aumentare l’importo di partenza dell’ammenda oltre l’importo minimo applicabile di EUR 20 milioni fissato dagli orientamenti, senza altro limite che quello massimo del 10% del fatturato totale realizzato dall’impresa interessata nel corso dell’esercizio sociale precedente, stabilito per l’importo complessivo dell’ammenda all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003.

82      Alla luce di tali effetti, dal momento che la Commissione ritiene opportuno, ai fini del calcolo dell’ammenda, tenere conto del criterio facoltativo rappresentato dall’impatto concreto dell’infrazione sul mercato, essa non può limitarsi a presentare una mera presunzione, ma deve apportare, come rileva l’avvocato generale al paragrafo 140 delle sue conclusioni, indizi concreti, credibili e sufficienti che consentano di valutare quale effettiva influenza abbia potuto avere l’infrazione sul gioco della concorrenza nel detto mercato.

83      Pertanto, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto dichiarando, in sostanza, ai punti 110 e 111 della sentenza impugnata, che la Commissione non poteva limitarsi a dedurre dall’attuazione dell’intesa, senza altra spiegazione, l’esistenza di effetti reali della stessa sul mercato e limitarsi a fondare la sua decisione su una relazione di causa ed effetto tra l’attuazione dell’intesa e il suo impatto concreto sul mercato.

84      Dalle considerazioni che precedono risulta che la richiesta della Commissione di sostituire la motivazione deve, comunque, essere respinta.

ii)  Sugli argomenti delle ricorrenti

85      La tesi delle ricorrenti, secondo cui il Tribunale è incorso in un errore di diritto essendosi rifiutato di annullare la decisione controversa, dopo aver constatato una violazione dell’obbligo di motivazione per quanto concerne l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato, non può essere accolta.

86      Quanto al controllo esercitato dal giudice comunitario sulle decisioni della Commissione in materia di concorrenza, occorre rammentare che, al di là del semplice controllo di legittimità, che consente soltanto di respingere il ricorso di annullamento o di annullare l’atto impugnato, la competenza giurisdizionale anche di merito conferita, ai sensi dell’art. 229 CE, al Tribunale dall’art. 31 del regolamento n. 1/2003, legittima tale giudice a riformare l’atto impugnato, anche in assenza di annullamento, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto, al fine di modificare, ad esempio, l’importo dell’ammenda (sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punto 692).

87      A titolo del controllo di legittimità, il Tribunale ha in primo luogo constatato, al punto 112 della sentenza impugnata, l’esistenza di un’insufficiente motivazione in ordine ad uno dei criteri utilizzati dalla Commissione per determinare la gravità di un’infrazione all’art. 81 CE ai fini del calcolo dell’ammenda, ossia il criterio dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato. Alla luce del numero dei criteri che, come ricordato al punto 54 della presente sentenza, possono essere utilizzati dalla Commissione per determinare, ai fini della fissazione dell’ammenda, la gravità di un’infrazione alle regole della concorrenza, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto dichiarando che la constatazione da lui fatta, relativa ad uno solo di tali criteri, non comportava automaticamente l’annullamento, nemmeno parziale, della decisione controversa.

88      A titolo della sua competenza giurisdizionale anche di merito, il Tribunale ha, in secondo luogo, al punto 190 della sentenza impugnata, preso in considerazione il vizio che aveva constatato ed ha esaminato se esso avesse un’incidenza sull’importo dell’ammenda e se si dovesse, quindi, riformare tale importo. Nell’ambito di tale esame, il Tribunale ha giudicato non opportuno modificare l’importo di partenza dell’ammenda fissato nella decisione controversa.

89      Il Tribunale ha quindi debitamente valutato, sia a titolo di controllo di legittimità sia della sua competenza giurisdizionale anche di merito, le conseguenze giuridiche che si dovevano trarre dalla violazione, da parte della Commissione, del suo obbligo di motivazione per quanto concerne l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato.

90      La seconda parte del terzo motivo deve, pertanto, essere respinta.

91      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il terzo motivo deve essere respinto nella sua integralità in quanto infondato.

D –  Sul quarto motivo, attinente ad una violazione degli orientamenti e ad una valutazione erronea della gravità dell’infrazione

92      Anche tale motivo si divide in due parti, relative, la prima, alla mancata presa in considerazione dell’errata determinazione dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato e, la seconda, alla mancata presa in considerazione, quale circostanza attenuante, del fatto che le ricorrenti avrebbero posto fine all’infrazione volontariamente.

1.     Sulla prima parte del quarto motivo, attinente alla mancata presa in considerazione dell’errata determinazione dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato

a)     La sentenza impugnata

93      Tale parte del motivo è, in particolare, diretta contro i punti 188‑190 della sentenza impugnata, menzionati ai punti 68 e 69 della presente sentenza.

b)     Argomenti delle parti

94      Le ricorrenti sostengono che, ai punti 188‑190 della sentenza impugnata, il Tribunale è incorso in un errore di diritto sotto due aspetti. Da una parte, esso avrebbe ritenuto la mancanza di motivazione in merito all’impatto concreto dell’infrazione giuridicamente non pertinente in quanto essa, data la sua forma astratta, poteva essere considerata «molto grave». Tale mancata presa in considerazione delle circostanze concrete dell’infrazione sarebbe contraria sia agli orientamenti sia alla giurisprudenza della Corte e alla prassi decisionale della Commissione. Dall’altra, il Tribunale avrebbe affermato erroneamente che l’importo di partenza dell’ammenda previsto dagli orientamenti per un’infrazione «molto grave» costituisce un importo minimo dal quale non è possibile discostarsi. Tale approccio sarebbe contrario alla prassi decisionale della Commissione e costituirebbe una violazione del principio di proporzionalità.

95      La Commissione rinvia in parte all’argomento da essa sviluppato nell’ambito del terzo motivo in ordine all’impatto concreto dell’infrazione. Essa aggiunge che il Tribunale non ha considerato l’importo di partenza dell’ammenda previsto dagli orientamenti come un limite insuperabile, ma ne ha anzi esaminato la sua proporzionalità ai punti 206 e 223 della sentenza impugnata. Quanto agli argomenti delle ricorrenti relativi alla prassi decisionale della Commissione, gli esempi citati da queste ultime sarebbero privi di rilevanza, oppure nuovi o inesatti.

c)     Giudizio della Corte

96      Quanto al primo errore di diritto invocato dalle ricorrenti, relativo alla pretesa qualificazione astratta dell’infrazione, cui il Tribunale ha proceduto senza considerare l’errata determinazione del suo impatto concreto sul mercato, va ricordato che, per la determinazione degli importi delle ammende, si deve tenere conto della durata delle infrazioni e di tutti gli elementi idonei a rientrare nella valutazione della loro gravità, quali il comportamento di ciascuna delle imprese, il ruolo svolto da ciascuna di esse nella determinazione delle pratiche concordate, il profitto che esse hanno potuto trarre da tali pratiche, le loro dimensioni e il valore delle merci interessate nonché il rischio che infrazioni di tale tipo rappresentano per gli obiettivi della Comunità europea (v. sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 129, nonché Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 242). Ne consegue che l’effetto di una pratica anticoncorrenziale non è, di per sé, un criterio decisivo ai fini della valutazione dell’importo adeguato dell’ammenda. In particolare, elementi attinenti all’intenzionalità possono essere più rilevanti di quelli relativi ai detti effetti, soprattutto quando si tratti di infrazioni intrinsecamente gravi, quali la ripartizione dei mercati, elemento presente nel caso di specie (v. sentenza 2 ottobre 2003, causa C‑194/99 P, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. I‑10821, punto 118).

97      Per quanto concerne il secondo errore di diritto, secondo il quale il Tribunale avrebbe considerato erroneamente che l’importo di partenza dell’ammenda previsto dagli orientamenti per un’infrazione «molto grave» costituisce una soglia minima dalla quale non è possibile discostarsi, si deve rilevare che, al punto 190 della sentenza impugnata, il Tribunale si è limitato ad esaminare se il vizio da esso constatato in ordine alla valutazione dell’impatto concreto dell’infrazione avesse inciso sul calcolo dell’importo dell’ammenda. Nell’ambito di tale esame, esso ha in primo luogo constatato che la Commissione non aveva operato alcuna maggiorazione dell’importo di partenza a motivo dell’impatto sul mercato. Nell’esercitare la sua competenza giurisdizionale anche di merito, esso ha, in secondo luogo, ritenuto che l’importo di partenza stabilito nella decisione controversa potesse essere giustificato dalla qualificazione dell’infrazione come «molto grave». Il fatto che il Tribunale non abbia ritenuto opportuno, nelle circostanze del caso di specie, riformare l’importo di partenza fissato dalla Commissione non può significare che esso abbia considerato l’importo di EUR 20 milioni come una soglia minima al di sotto della quale non sarebbe possibile scendere.

98      Quanto all’argomento delle ricorrenti relativo alla prassi decisionale della Commissione, basta ricordare che questa non serve da quadro giuridico per la fissazione dell’importo delle ammende in materia di concorrenza, atteso che la Commissione dispone in tale dominio di un ampio potere discrezionale nell’esercizio del quale essa non è vincolata dalle proprie precedenti valutazioni (v., in particolare, sentenze Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punti 209‑213, nonché Archer Daniels Midland/Commissione, cit., punto 82).

99      Ne consegue che la prima parte del quarto motivo deve essere respinta.

2.     Sulla seconda parte del quarto motivo, attinente alla mancata presa in considerazione, quale circostanza attenuante, del fatto che le ricorrenti avrebbero posto fine all’infrazione volontariamente

a)     La sentenza impugnata

100    Al punto 211 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato, richiamando una giurisprudenza costante, che, nell’ambito del calcolo di un’ammenda inflitta per violazione delle norme sulla concorrenza, si può parlare di una circostanza attenuante solo se le imprese interessate sono state spinte a cessare i loro comportamenti anticoncorrenziali dagli interventi della Commissione.

101    Avendo constatato, al punto 212 della sentenza impugnata, che dalla decisione controversa risulta che la cessazione anticipata dell’accordo illecito non è stata la conseguenza di un intervento della Commissione né di una decisione delle ricorrenti di porre fine all’infrazione, ma di una decisione di strategia economica, il Tribunale ha affermato, al punto 213 della detta sentenza, che la cessazione anticipata dell’accordo era già stata considerata nel valutare la durata dell’infrazione e non poteva quindi costituire una circostanza attenuante.

b)     Argomenti delle parti

102    Secondo le ricorrenti, il Tribunale è incorso in un errore di diritto ai punti 211 e 213 della sentenza impugnata, in quanto la sua analisi non tiene conto della volontarietà della cessazione dell’infrazione. La rinuncia, di propria iniziativa, ad un comportamento illecito dovrebbe costituire una circostanza attenuante che non viene presa in considerazione nel valutare la durata dell’infrazione.

103    La Commissione sostiene che l’analisi del Tribunale è conforme ad una giurisprudenza costante in materia, che non occorre rimettere in discussione.

c)     Giudizio della Corte

104    Tra le circostanze attenuanti che possono comportare una diminuzione dell’importo di base dell’ammenda, il punto 3 degli orientamenti indica, al suo terzo trattino, la cessazione delle infrazioni sin dai primi interventi della Commissione, in particolare in caso di verifiche.

105    Al punto 158 della citata sentenza Dalmine/Commissione, la Corte ha confermato la valutazione del Tribunale secondo la quale una circostanza attenuante non può essere accordata ai sensi del punto 3, terzo trattino, degli orientamenti nel caso in cui l’infrazione sia già terminata anteriormente ai primi interventi della Commissione o, nel caso in cui una decisione definitiva di porvi fine sia già stata adottata dalle imprese interessate, prima di tale data.

106    Pertanto, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto confermando il rifiuto opposto dalla Commissione, nella decisione controversa, ad accordare circostanze attenuanti alle ricorrenti a motivo della loro decisione di porre fine agli accordi costitutivi dell’infrazione, in quanto quest’ultima decisione, come affermano le ricorrenti stesse, era stata presa prima e a prescindere da qualsiasi intervento della Commissione.

107    Alla luce di ciò, la seconda parte del quarto motivo e, pertanto, il quarto motivo nella sua integralità devono essere respinti.

E –  Sul quinto motivo, attinente alla violazione del principio di proporzionalità nella determinazione dell’importo dell’ammenda

1.     La sentenza impugnata

108    Ai punti 228‑232 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato la proporzionalità dell’importo dell’ammenda inflitta dalla decisione controversa in considerazione, in ordine successivo, del volume dei mercati rilevanti, delle dimensioni e della capacità economica delle ricorrenti, del loro stato finanziario e del rischio che venisse loro inflitta un’ammenda nel procedimento «cerniere». Esso ha concluso, al punto 233 della detta sentenza, che l’argomento delle ricorrenti relativo alla violazione del principio di proporzionalità doveva essere integralmente respinto.

2.     Argomenti delle parti

109    Le ricorrenti sostengono che, nel determinare la gravità dell’infrazione nell’ambito della fissazione dell’importo delle ammende, il Tribunale ha violato il principio di proporzionalità sotto due aspetti. Da un lato, il Tribunale avrebbe proceduto ad un’applicazione formalistica degli orientamenti, senza prendere in considerazione le circostanze concrete dell’infrazione. Dall’altro, esso avrebbe verificato la proporzionalità dell’ammenda solo in base a criteri isolati, senza prendere in considerazione globalmente le circostanze del caso di specie.

110    La Commissione sostiene che tale motivo è irricevibile, poiché chiama la Corte a procedere a un riesame del valore dell’ammenda. In subordine, essa sottolinea che il Tribunale ha esaminato dettagliatamente la proporzionalità dell’ammenda e che gli argomenti delle ricorrenti sono infondati.

3.     Giudizio della Corte

111    Quanto al primo argomento delle ricorrenti, va constatato che esso riprende, in sostanza, le considerazioni esposte nell’ambito della seconda parte del quarto motivo e che, quindi, deve essere respinto per gli stessi motivi che hanno portato a respingere quest’ultima.

112    Quanto al secondo argomento, si deve considerare che esso, sostanzialmente, chiama la Corte a procedere ad un riesame dell’importo dell’ammenda fissato dal Tribunale. Orbene, secondo costante giurisprudenza, non spetta alla Corte, quando si pronuncia nell’ambito di un’impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la sua valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale anche di merito, sull’importo di un’ammenda inflitta ad un’impresa a causa della violazione, da parte di quest’ultima, del diritto comunitario (v., in particolare, sentenze Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punto 614, nonché Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 245).

113    Il quinto motivo deve, quindi, essere respinto in quanto irricevibile.

114    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che l’impugnazione va integralmente respinta.

VI –  Sulle spese

115    Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, le ricorrenti, rimaste soccombenti, vanno condannate alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La William Prym GmbH & Co. KG e la Prym Consumer GmbH & Co. KG sono condannate alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.