Language of document : ECLI:EU:C:2008:741

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

18 dicembre 2008 (*)

«Impugnazione – Concorrenza – Mercato della carne bovina – Accordo concluso tra le federazioni nazionali di allevatori e di macellatori avente ad oggetto la sospensione delle importazioni di carne bovina e la fissazione di un prezzo minimo di acquisto – Ammende – Regolamento n. 17 – Art. 15, n. 2 – Riferimento al volume d’affari delle imprese aderenti alle federazioni»

Nei procedimenti riuniti C‑101/07 P e C‑110/07 P,

aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposte rispettivamente in data 20 e 19 febbraio 2007,

Coop de France bétail et viande, già Fédération nationale de la coopération bétail e viande (FNCBV), con sede in Parigi (Francia), rappresentata dal sig. M. Ponsard, avocat, con domicilio eletto in Lussemburgo (C-101/07 P),

Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles (FNSEA), con sede in Parigi,

Fédération nationale bovine (FNB), con sede in Parigi,

Fédération nationale des producteurs de lait (FNPL), con sede in Parigi,

Jeunes agriculteurs (JA), con sede in Parigi,

rappresentate dagli avv.ti V. Ledoux e B. Neouze, avocats (C-110/07 P),

ricorrenti,

procedimenti in cui le altre parti sono:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. A. Bouquet e X. Lewis, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

Repubblica francese, rappresentata dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra S. Ramet, in qualità di agenti,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Ó Caoimh, J. N. Cunha Rodrigues, J. Klučka e U. Lõhmus (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 aprile 2008,

vista l’ordinanza di riapertura della fase orale del procedimento del 2 ottobre 2008,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 ottobre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con le presenti impugnazioni, la Coop de France bétail et viande, già Fédération nationale de coopération bétail et viande (in prosieguo: la «FNCBV») (causa C‑101/07 P), nonché la Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles (in prosieguo: la «FNSEA»), la Fédération nationale bovine (in prosieguo: la «FNB»), la Fédération nationale des producteurs de lait (in prosieguo: la «FNPL») e i Jeunes agriculteurs (in prosieguo: i «JA») (causa C-110/07 P) chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee pronunciata il 13 dicembre 2006 nelle cause riunite T‑217/03 e T‑245/03, FNCBV e a./Commissione (Racc. pag. II‑4987; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui il Tribunale ha, da un lato, ridotto l’ammenda loro inflitta dalla Commissione delle Comunità europee con la decisione 2 aprile 2003, 2003/600/CE, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 81 del Trattato CE (Caso COMP/C.38.279/F3 – Carni bovine francesi) (GU L 209, pag. 12; in prosieguo: la «decisione controversa»), e, dall’altro, respinto essenzialmente i ricorsi diretti all’annullamento della decisione medesima.

 Contesto normativo

2        L’art. 15, n. 2, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204), così dispone:

«2. La Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille unità di conto ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest’ultimo importo fino al 10 per cento del volume d’affari realizzato durante l’esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all’infrazione, quando intenzionalmente o per negligenza:

a) commettano un’infrazione alle disposizioni dell’articolo [81], paragrafo 1, [CE] o dell’articolo [82 CE],

b) non osservino un onere imposto in virtù dell’articolo 8, paragrafo 1.

Per determinare l’ammontare dell’ammenda, occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

3        Ai termini del punto 5, lett. c), della comunicazione della Commissione intitolata «Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA» (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»):

«Quando le infrazioni siano commesse da associazioni di imprese, destinatarie delle decisioni dovrebbero essere, per quanto possibile, le imprese aderenti a tali associazioni e le ammende dovrebbero essere inflitte alle singole imprese.

Qualora tale procedura risulti impossibile (ad esempio se le imprese aderenti sono parecchie migliaia) e ad eccezione dei procedimenti avviati in base al Trattato CECA, l’associazione deve vedersi infliggere un’ammenda globale calcolata secondo i principi esposti in precedenza, ma equivalente alla totalità delle ammende individuali che avrebbero potuto essere inflitte a ciascuno dei membri di tale associazione».

4        L’art. 1 del regolamento del Consiglio 4 aprile 1962, n. 26, relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli (GU 1962, n. 30, pag. 993), prevede che gli artt. 81 CE - 86 CE nonché le relative disposizioni di applicazione si applichino a tutti gli accordi, decisioni e pratiche di cui agli artt. 81, n. 1, CE e 82 CE relativi alla produzione o al commercio dei prodotti elencati all’allegato I del Trattato CE, tra cui, segnatamente, gli animali vivi e le carni e frattaglie commestibili, fatte salve le disposizioni del successivo art. 2.

5        L’art. 2, n. 1, del detto regolamento così recita:

«L’articolo [81], paragrafo 1, [CE] non si applica agli accordi, decisioni e pratiche di cui all’articolo precedente che costituiscono parte integrante di un’organizzazione nazionale di mercato o che sono necessari per il conseguimento degli obiettivi enunciati nell’articolo [33 CE]. Non si applica in particolare agli accordi, decisioni e pratiche di imprenditori agricoli, di associazioni di imprenditori agricoli o di associazioni di dette associazioni appartenenti ad un unico Stato membro, nella misura in cui, senza che ne derivi l’obbligo di praticare un prezzo determinato, riguardino la produzione o la vendita di prodotti agricoli o l’utilizzazione di impianti comuni per il deposito, la manipolazione o la trasformazione di prodotti agricoli, a meno che la Commissione non accerti che in tal modo la concorrenza sia esclusa o che siano compromessi gli obiettivi dell’articolo [33 CE]».

 Fatti all’origine delle controversie

6        I fatti all’origine dei ricorsi proposti dinanzi al Tribunale, come esposti nella sentenza impugnata, possono essere riassunti, ai fini della presente sentenza, nei seguenti termini.

7        La FNCBV, ricorrente nella causa C‑101/07 P, comprende 300 associazioni cooperative di produttori dei settori dell’allevamento bovino, suino e ovino nonché una trentina di gruppi o imprese di macellazione e di trasformazione di carni in Francia.

8        Le ricorrenti nella causa C‑101/07 P, vale a dire la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA sono associazioni di diritto francese. La FNSEA è la principale associazione agricola francese. Sul piano territoriale, essa è composta da associazioni locali, raggruppate in federazioni o unioni distrettuali delle associazioni degli imprenditori agricoli (in prosieguo: le «FDSEA»). La FNSEA ricomprende, peraltro, 33 associazioni specializzate, che rappresentano gli interessi di ogni singola produzione, tra le quali la FNB e la FNPL. I JA rappresentano gli agricoltori di età inferiore a 35 anni. Per aderire al centro locale dei JA occorre essere aderente di un’associazione locale appartenente ad una FDSEA.

9        A seguito della scoperta in vari Stati membri, dal mese di ottobre 2000 in poi, di nuovi casi di encefalopatia spongiforme bovina, detta «malattia della mucca pazza», nonché di casi di afta epizootica in mandrie ovine nel Regno Unito, le istituzioni comunitarie adottavano tutta una serie di misure al fine di far fronte alla perdita di fiducia da parte dei consumatori, che aveva determinato una diminuzione del consumo di carne.

10      In tal senso, la sfera di applicazione dei meccanismi di intervento, destinati a ritirare dal mercato taluni quantitativi di bovini al fine di stabilizzare l’offerta rispetto alla domanda, veniva ampliata e veniva istituito un regime di acquisto di animali vivi nonché un meccanismo di acquisto mediante aggiudicazione di carcasse o mezzene, detto «regime di acquisto speciale». Inoltre, la Commissione autorizzava vari Stati membri, tra i quali la Repubblica francese, a concedere sovvenzioni al settore bovino.

11      Nel settembre e nell’ottobre del 2001 i rapporti fra gli allevatori e i macellatori in Francia erano particolarmente tesi e le menzionate misure erano state giudicate insufficienti dagli agricoltori. Gruppi di allevatori avevano illegalmente bloccato taluni autocarri al fine di controllare l’origine della carne trasportata e avevano proceduto a blocchi di macelli. Tali azioni avevano talvolta condotto a distruzioni di materiali e di carni. A titolo di contropartita per lo sblocco dei macelli, gli allevatori manifestanti avevano richiesto impegni da parte dei macellatori, in particolare la sospensione delle importazioni e l’applicazione di una griglia di prezzi detta «sindacale».

12      Nell’ottobre del 2001 si svolgeva una serie di riunioni tra le federazioni rappresentanti gli allevatori di bovini, vale a dire la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA, e le federazioni rappresentanti i macellatori, vale a dire la Fédération nationale de l’industrie et des commerces en gros des viandes (in prosieguo: la «FNICGV») e la FNCBV. In esito ad una riunione svoltasi il 24 ottobre 2001, organizzata su richiesta del Ministro dell’Agricoltura francese, tra le dette sei federazioni veniva concluso l’accordo tra le federazioni degli allevatori e dei macellatori «sulla tabella dei prezzi minimi – vacche di riforma all’entrata del macello» (in prosieguo: l’«accordo del 24 ottobre 2001»). Il 30 ottobre 2001 la Commissione inviava alle autorità francesi una lettera per chiedere informazioni in merito a tale accordo.

13      L’accordo del 24 ottobre 2001 si articolava su due parti. La prima era costituita da un impegno di sospensione provvisoria delle importazioni, che non distingueva a seconda dei tipi di carne bovina. La seconda consisteva in un impegno ad applicare la tabella dei prezzi di acquisto delle vacche di riforma all’entrata del macello, vale a dire le vacche destinate alla riproduzione oppure alla produzione di latte, le cui modalità erano definite dall’accordo. In tal senso, quest’ultimo conteneva un elenco di prezzi al chilo per le carcasse di determinate categorie di vacche nonché le modalità di calcolo del prezzo da applicare ad altre categorie, sulla base, in particolare, del prezzo di acquisto speciale fissato dalle autorità comunitarie. Tale accordo doveva entrare in vigore il 29 ottobre 2001 ed essere applicato fino alla fine del mese di novembre 2001.

14      Il 9 novembre 2001 le autorità francesi rispondevano alla richiesta di informazioni della Commissione del 30 ottobre 2001.

15      Il 9 novembre 2001 la Commissione inviava parimenti alla FNSEA, alla FNB, alla FNPL, ai JA nonché alla FNICGV una richiesta di informazioni ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17. Poiché, all’epoca, la Commissione non era al corrente del fatto che la FNCBV fosse parimenti firmataria dell’accordo del 24 ottobre 2001, quest’ultima non è stata destinataria di tale richiesta. Le cinque federazioni in questione rispondevano in data 15 e 23 novembre 2001.

16      Il 19 novembre 2001 il presidente della FNICGV informava il presidente della FNSEA di essere costretto ad anticipare a quel giorno la data finale di applicazione dell’accordo del 24 ottobre 2001, inizialmente fissata al 30 novembre 2001.

17      Il 26 novembre 2001 la Commissione inviava una lettera di monito alle sei federazioni firmatarie dell’accordo del 24 ottobre 2001, in cui rilevava che i fatti di cui era a conoscenza rivelavano l’esistenza di un’infrazione alle regole comunitarie di concorrenza e le invitava a presentare le loro osservazioni e proposte entro e non oltre il 30 novembre 2001. In tale lettera, la Commissione precisava che, «in mancanza di spiegazioni soddisfacenti entro tale termine, [essa] prevede[va] di avviare un procedimento inteso a far dichiarare tali infrazioni e ad intimare la cessazione delle stesse nel caso in cui l’accordo [fosse] stato prorogato, procedimento che poteva comportare, se del caso, l’inflizione di ammende». Le federazioni rispondevano alla Commissione precisando che l’accordo avrebbe avuto termine il 30 novembre 2001 e non sarebbe stato prorogato.

18      Il 17 dicembre 2001 la Commissione procedeva ad accertamenti nei locali della FNSEA e della FNB a Parigi, ai sensi dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17, nonché nei locali della FNICGV, siti nella stessa città, sulla base dell’art. 14, n. 2, del regolamento medesimo.

19      Il 24 giugno 2002 la Commissione emanava una comunicazione degli addebiti indirizzata alle sei federazioni firmatarie dell’accordo del 24 ottobre 2001. Queste presentavano osservazioni scritte tra il 23 settembre ed il 4 ottobre 2002. L’audizione delle dette federazioni aveva luogo il 31 ottobre 2002. Il 10 gennaio 2003 la Commissione inviava alle federazioni stesse una richiesta di informazioni ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17. Essa chiedeva loro di fornirle, in particolare, per gli anni 2001 e 2002, l’importo totale e la ripartizione in funzione dell’origine degli introiti delle singole federazioni e i rispettivi bilanci, nonché, per l’ultimo esercizio fiscale disponibile, il volume d’affari complessivo e quello relativo alla produzione o alla macellazione di bovini dei loro membri diretti e/o indiretti. Le federazioni ricorrenti rispondevano a tale richiesta con lettere del 22, 24, 27 e 30 gennaio 2003.

20      Il 2 aprile 2003, la Commissione emanava la decisione controversa, i cui destinatari erano le federazioni ricorrenti e la FNICGV.

21      Secondo tale decisione, le dette federazioni avevano violato l’art. 81, n. 1, CE per avere concluso, il 24 ottobre 2001, un accordo allo scopo di fissare un prezzo minimo di acquisto di alcune categorie di bovini e di sospendere le importazioni di carni bovine in Francia nonché per aver concluso, tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre 2001, un accordo verbale finalizzato allo stesso obiettivo (in prosieguo: l’«accordo verbale»), applicabile successivamente alla scadenza dell’accordo del 24 ottobre 2001.

22      Ai punti 135‑149 della decisione controversa, la Commissione riteneva che l’accordo del 24 ottobre 2001 e l’accordo verbale non fossero necessari per conseguire gli obiettivi della politica agricola comune previsti all’art. 33 CE ed escludeva l’applicazione, nella specie, dell’esenzione prevista dal regolamento n. 26 a favore di talune attività legate alla produzione e alla commercializzazione di prodotti agricoli. Inoltre, accordi di tal genere non rientrerebbero nel novero degli strumenti previsti dal regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1254, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine (GU L 160, pag. 21), o dalle disposizioni adottate in attuazione del regolamento stesso. Infine, le misure adottate in forza di tali accordi non sarebbero proporzionate agli obiettivi asseritamente perseguiti.

23      Secondo la decisione controversa, l’infrazione avrebbe avuto inizio il 24 ottobre 2001 e sarebbe durata quanto meno fino all’11 gennaio 2002, data di scadenza dell’ultimo accordo locale concluso in applicazione dell’impegno nazionale di cui la Commissione aveva avuto conoscenza.

24      Alla luce della natura e dell’estensione geografica del mercato rilevante, l’infrazione veniva giudicata molto grave. Al fine di stabilire il grado di responsabilità di ciascuna federazione ricorrente, la Commissione teneva conto del rapporto tra l’importo delle quote annue riscosse dalla principale federazione agricola, ossia la FNSEA, e quello delle quote di ognuna delle altre federazioni. Peraltro, poiché l’infrazione era stata di breve durata, la Commissione non aumentava, per tale motivo, l’importo di base.

25      La Commissione applicava poi alle federazioni ricorrenti varie circostanze aggravanti:

–      aumentava del 30% l’importo delle ammende inflitte alla FNSEA, alla FNB e ai JA, in quanto i loro membri avrebbero fatto ricorso alla violenza per costringere le federazioni di macellatori ad adottare l’accordo del 24 ottobre 2001;

–      applicava a tutte le federazioni ricorrenti la circostanza aggravante della proroga in segreto dell’accordo dopo la sua lettera di monito del 26 novembre 2001, procedendo a una maggiorazione del 20%, e

–      teneva conto del ruolo preponderante asseritamente svolto dalla FNB nella preparazione e nella realizzazione dell’infrazione, aumentando del 30% l’ammenda inflitta a tale federazione.

26      La Commissione prendeva peraltro in considerazione varie circostanze attenuanti:

–      alla luce del ruolo passivo o emulativo svolto dalla FNPL, riduceva del 30% l’importo dell’ammenda inflittale, e

–      quanto alla FNCBV, la Commissione teneva conto, in primo luogo, del pressante intervento del Ministro francese dell’Agricoltura a favore della conclusione dell’accordo del 24 ottobre 2001 (riduzione del 30%) e, in secondo luogo, delle operazioni illecite di blocco degli stabilimenti dei suoi membri da parte degli agricoltori (ulteriore riduzione del 30%).

27      Inoltre, ai termini del punto 5, lett. b), degli orientamenti, la Commissione teneva conto delle circostanze specifiche del caso in esame e, in particolare, del contesto economico segnato dalla crisi del settore, riducendo del 60% l’importo delle ammende risultanti dall’applicazione delle maggiorazioni e delle riduzioni sopra indicate.

28      Il dispositivo della decisione controversa contiene, segnatamente, le seguenti disposizioni:

«Articolo 1

La [FNSEA], la [FNB], la [FNPL], i [JA], la [FNICGV] e la [FNCBV] hanno commesso un’infrazione all’articolo 81, paragrafo 1, [CE] concludendo il 24 ottobre 2001 un accordo che aveva per oggetto di sospendere le importazioni di carni bovine in Francia e di fissare un prezzo minimo per talune categorie di animali e concordando oralmente a fine novembre e inizio dicembre 2001 un accordo avente un oggetto analogo.

L’infrazione ha avuto inizio il 24 ottobre 2001 e ha prodotto i suoi effetti almeno fino all’11 gennaio 2002.

Articolo 2

Le federazioni di cui all’articolo 1 pongono immediatamente fine all’infrazione menzionata in detto articolo, qualora non abbiano già provveduto in tal senso, e si astengono in futuro da qualsiasi intesa che possa avere un oggetto o un effetto identico o simile.

Articolo 3

Sono inflitte le seguenti ammende:

– FNSEA: EUR 12 milioni,

– FNB: EUR 1,44 milioni,

– JA: EUR 600 000,

– FNPL: EUR 1,44 milioni,

– FNICGV: EUR 720 000,

– FNCBV: EUR 480 000».

 I ricorsi dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

29      Con ricorsi depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, in data 19 e 20 giugno 2003, la FNCBV, da un lato, e la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA, dall’altro, proponevano due ricorsi diretti all’annullamento della decisione controversa e, in subordine, alla cancellazione delle ammende loro inflitte ovvero alla riduzione del loro importo. Il ricorso proposto dalla FNICGV in data 7 luglio 2003 veniva dichiarato irricevibile dal Tribunale con ordinanza 9 novembre 2004.

30      La Repubblica francese veniva ammessa ad intervenire, nelle due cause, a sostegno delle federazioni ricorrenti con ordinanze 6 novembre 2003. Le due cause venivano quindi riunite con ordinanza 3 aprile 2006.

31      Con la sentenza impugnata il Tribunale ha

–      ridotto a EUR 360 000 l’importo dell’ammenda inflitta alla FNCBV, ricorrente nella causa T‑217/03;

–      ridotto l’importo delle ammende inflitte alle federazioni ricorrenti nella causa T‑245/03 a EUR 9 000 000 per la FNSEA, a EUR 1 080 000 per la FNB, a EUR 1 080 000 per la FNPL e a EUR 450 000 per i JA;

–      respinto i ricorsi quanto al resto;

–      condannato le federazioni ricorrenti a sopportare le proprie spese nel procedimento principale nonché tre quarti di quelle sostenute dalla Commissione nel procedimento medesimo;

–      condannato la Commissione a sopportare un quarto delle proprie spese nel procedimento principale nonché tutte le spese relative ai procedimenti sommari,

–      stabilendo che le spese sostenute dalla Repubblica francese, interveniente, restassero a carico della medesima.

 Il procedimento dinanzi alla Corte

32      Con decisione 29 gennaio 2008, la Corte ha rimesso le due cause dinanzi alla Terza Sezione, composta dal sig. A. Rosas, presidente della Terza Sezione, dai sigg. J. Klućka, U. Löhmus (relatore), A. Ó Caoimh e dalla sig.ra P. Lindh, giudici. Atteso che nessuna delle parti ha chiesto di poter svolgere difese orali, la Corte ha deciso di statuire senza procedere ad udienza. L’avvocato generale ha presentato le proprie conclusioni all’udienza del 17 aprile 2008, a seguito della quale la fase orale del procedimento è stata chiusa.

33      A causa di un impedimento della sig.ra Lindh, la Terza Sezione ha disposto, a termini dell’art. 61 del regolamento di procedura e sentito l’avvocato generale, la riapertura della fase orale del procedimento ai fini della sua sostituzione, in applicazione dell’art. 11 sexies, primo comma, del regolamento di procedura, con il giudice seguente nell’ordine dell’elenco di cui all’art. 11 quater, n. 2, del regolamento medesimo, nella specie con il sig. J.N. Cunha Rodrigues.

34      In esito all’udienza del 16 ottobre 2008, nella quale l’avvocato generale ha presentato le sue conclusioni, la fase orale del procedimento è stata chiusa.

 Conclusioni delle parti nel procedimento di impugnazione

35      Nel procedimento C‑101/07 P, la FNCBV chiede alla Corte:

–      di annullare la sentenza impugnata;

–      di annullare la decisione controversa;

–      in subordine, di ridurre l’importo dell’ammenda, ridotto dalla sentenza impugnata a EUR 360 000, e

–      in ogni caso, di condannare la Commissione a tutte le spese relative al procedimento principale dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte.

36      Nel procedimento C‑110/07 P, la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA chiedono alla Corte:

–      di annullare la sentenza impugnata;

–      di annullare la decisione controversa;

–      in subordine, di ridurre l’importo delle ammende, ridotto dalla sentenza impugnata a EUR 9 000 000 per la FNSEA, a EUR 1 080 000 per la FNB, a EUR 1 080 000 per la FNPL e a EUR 450 000 per i JA, e

–      in ogni caso, di condannare la Commissione a tutte le spese sopportate dalle ricorrenti medesime nell’ambito dei procedimenti dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte.

37      La Repubblica francese chiede alla Corte di accogliere le due impugnazioni e di annullare la sentenza impugnata.

38      La Commissione conclude chiedendo il rigetto delle due impugnazioni e la condanna delle federazioni ricorrenti alle spese.

 Sulle impugnazioni

39      Ai termini dell’art. 43 del regolamento di procedura, sentite le parti e l’avvocato generale in merito, i procedimenti C‑101/07 P e C‑110/07 P sono stati riuniti per connessione, con ordinanza del presidente della Corte 18 aprile 2007, ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché ai fini della sentenza.

 I motivi di annullamento della sentenza impugnata

40      A sostegno della propria impugnazione la FNCBV deduce cinque motivi diretti all’annullamento della sentenza impugnata e della decisione controversa, di cui taluni si articolano su più capi:

–      il primo motivo attiene ad un errore di diritto nella parte in cui il Tribunale non avrebbe riconosciuto la violazione, da parte della Commissione, del diritto di difesa nella comunicazione degli addebiti da quest’ultima effettuata (punti 217-225 della sentenza impugnata);

–      il secondo motivo attiene allo snaturamento, da parte del Tribunale, di taluni elementi di prova, vale a dire:

–      le note manoscritte del direttore della FNB relative alla riunione del 29 novembre 2001 (punti 169-174 della sentenza impugnata);

–      la dichiarazione del vicepresidente della FNB del 4 dicembre 2001 alla Vendée agricole (punto 176 della sentenza impugnata);

–      il comunicato della Fédération vendéenne des producteurs del 5 dicembre 2001 (punto 177 della sentenza impugnata);

–      la nota informativa della FNPL del 10 dicembre 2001 (punto 179 della sentenza impugnata), e

–      taluni passi delle note manoscritte del direttore della FNB relative alla riunione del 5 dicembre 2001 (punto 180 della sentenza impugnata);

–      il terzo motivo attiene ad un errore di diritto nella valutazione della prova dell’adesione della FNCBV all’accordo verbale, in quanto:

–      il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto nella qualificazione giuridica dell’adesione della detta federazione al menzionato accordo, e

–      nella motivazione della sentenza impugnata sussisterebbe una contraddizione tra il riconoscimento di tale adesione e l’esistenza di una violenza esercitata nei confronti della federazione medesima;

–      il quarto motivo, dedotto in subordine, attiene all’assenza di carattere anticoncorrenziale dell’accordo del 24 ottobre 2001 nonché dell’accordo verbale, laddove il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto qualificando l’accordo del 24 ottobre 2001 come anticoncorrenziale e non tenendo conto degli effetti della proroga dell’accordo medesimo, e

–      il quinto motivo attiene ad un errore di diritto commesso dal Tribunale nell’applicazione dell’art. 15, n. 2 del regolamento n. 17, per:

–      violazione dell’obbligo di motivazione, e

–      contraddizione insita nella motivazione.

41      La FNCBV deduce, inoltre, un sesto motivo diretto all’annullamento parziale della sentenza impugnata e alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale, motivo relativo ad un errore di diritto commesso dal Tribunale nell’applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

42      A sostegno delle loro impugnazioni, la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA deducono i seguenti quattro motivi:

–      il primo motivo attiene allo snaturamento degli elementi di prova, nella parte in cui il Tribunale avrebbe omesso di prendere in considerazione due documenti essenziali che dimostrerebbero la mancata proroga dell’accordo del 24 ottobre 2001 al di là del 30 novembre 2001 (punti 159-190 della sentenza impugnata);

–      il secondo motivo attiene alla violazione del diritto di difesa nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto la comunicazione degli addebiti effettuata dalla Commissione sufficientemente chiara e precisa (punti 217-225 della sentenza impugnata);

–      il terzo motivo attiene alla violazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 nella parte in cui il Tribunale, nel ritenere che le ammende inflitte dalla Commissione non superassero il massimale fissato dalla detta disposizione, ha preso in considerazione il volume d’affari cumulativo dei membri delle federazioni ricorrenti (punti 312-334 della sentenza impugnata), e

–      il quarto motivo attiene alla violazione del divieto del cumulo e del principio di proporzionalità delle sanzioni nella parte in cui il Tribunale ha inflitto a ognuna delle federazioni un’ammenda distinta tenendo conto del volume d’affari cumulativo dei loro membri comuni (punti 340-346 della sentenza impugnata).

 Sul primo motivo dedotto dalla FNCBV e sul secondo motivo dedotto dalla FNSEA, dalla FNB, dalla FNPL e dai JA, attinenti ad un errore di diritto nella parte in cui il Tribunale non avrebbe ravvisato una violazione del diritto di difesa commessa dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti da questa effettuata

43      La FNCBV, da un lato, e la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA, dall’altro, deducono, rispettivamente con il primo ed il secondo motivo, che nella comunicazione degli addebiti la Commissione si sarebbe limitata a indicare i principali elementi di fatto e di diritto dai quali sarebbe potuta scaturire un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione ed il fatto di averla commessa deliberatamente ovvero per negligenza, laddove, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, l’istituzione avrebbe dovuto far menzione del fatto che l’eventuale ammenda sarebbe stata calcolata tenendo conto del volume d’affari dei membri delle dette federazioni.

44      Questi due motivi non possono trovare accoglimento.

45      Dal punto 219 della sentenza impugnata emerge, infatti, che l’argomento secondo cui nella comunicazione degli addebiti la Commissione avrebbe dovuto menzionare che l’eventuale ammenda sarebbe stata calcolata in considerazione del volume d’affari dei membri delle federazioni ricorrenti è stato già dedotto dinanzi al Tribunale, il quale lo ha giustamente respinto, al punto 224 della sentenza medesima, sulla base della giurisprudenza della Corte rammentata ai punti 222 e 223 di tale sentenza.

46      In tal senso, il Tribunale ha rilevato, al punto 221 della sentenza impugnata, che è stato in sede di adozione della decisione controversa che la Commissione ha preso in considerazione il volume d’affari dei membri di base delle federazioni ricorrenti ai fini della verifica del rispetto, per quanto attiene all’importo dell’ammenda imposta, del massimale del 10% fissato dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

47      Orbene, come rilevato dal Tribunale, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, in sede di comunicazione degli addebiti, il fatto di dare indicazioni circa il livello delle ammende previste, prima che le imprese siano state poste in grado di esporre le loro difese circa gli addebiti mossi nei loro confronti, equivarrebbe ad anticipare in modo inopportuno la decisione della Commissione (sentenza 7 giugno 1983, cause riunite 100/80-103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 21).

48      A sostegno dei loro motivi, la FNCBV nonché la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA deducono, inoltre, che l’obbligo per la Commissione di menzionare nella comunicazione degli addebiti le modalità di calcolo dell’eventuale ammenda sarebbe ancor più evidente considerato che l’istituzione avrebbe invertito il proprio modus operandi rispetto al metodo tradizionalmente utilizzato per il calcolo delle ammende, circostanza riconosciuta dal Tribunale al punto 237 della sentenza impugnata. Considerato che le dette federazioni non avrebbero avuto la possibilità di prevedere anticipatamente tale cambiamento di metodo e non avrebbero quindi potuto difendersi al riguardo, il Tribunale avrebbe dovuto riconoscere la violazione del diritto di difesa in cui la Commissione sarebbe incorsa adottando la comunicazione degli addebiti.

49      Da costante giurisprudenza della Corte, ricordata dal Tribunale al punto 218 della sentenza impugnata, emerge tuttavia che la Commissione, quando dichiara espressamente, nella comunicazione degli addebiti, che vaglierà l’eventualità di infliggere ammende alle imprese interessate, indicando le principali considerazioni di fatto e di diritto che potrebbero implicare l’irrogazione di un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione ed il fatto che essa sia stata commessa «intenzionalmente o per negligenza», adempie il proprio obbligo di rispettare il diritto delle imprese al contraddittorio. Così operando, fornisce tutte le indicazioni necessarie per difendersi non solo circa gli addebiti contestati, ma anche contro l’inflizione di ammende (v., in tal senso, in particolare, sentenza 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 428).

50      Per quanto attiene alla presa in considerazione del volume d’affari dei membri delle federazioni ricorrenti ai fini del calcolo delle ammende, è sufficiente rilevare che tale prassi, da parte della Commissione, non è nuova ed è stata dichiarata legittima dai giudici comunitari (v., segnatamente, sentenza 16 novembre 2000, causa C‑298/98 P, Finnboard/Commissione, Racc. pag. I‑10157, punto 66, nonché sentenza del Tribunale 23 febbraio 1994, cause riunite T‑39/92 e T‑40/92, CB e Europay/Commissione, Racc. pag. II‑49, punto 139). Contrariamente a quanto sostenuto dalle federazioni ricorrenti, non si è quindi verificato alcun cambiamento di metodo da parte della Commissione che giustificasse una menzione particolare al riguardo nella comunicazione degli addebiti.

51      Il Tribunale non è quindi incorso in alcun errore di diritto laddove ha concluso che la Commissione non aveva violato il diritto di difesa della FNCBV né quello della FNSEA, della FNB, della FNPL e dei JA per il fatto di non aver indicato, nella comunicazione degli addebiti, che intendeva prendere in considerazione il volume d’affari dei rispettivi membri ai fini della verifica del rispetto del massimale del 10% di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

52      Conseguentemente, il primo motivo dedotto dalla FNCBV ed il secondo motivo dedotto dalla FNSEA, dalla FNB, dalla FNPL e dai JA devono essere respinti in quanto infondati.

 Sul secondo motivo dedotto dalla FNCBV, relativo allo snaturamento da parte del Tribunale di taluni elementi di prova

53      Con il secondo motivo la FNCBV deduce che gli accertamenti di fatto compiuti dal Tribunale sono viziati da inesattezza materiale, avendo il Tribunale manifestamente alterato il senso, il contenuto o la portata degli elementi dinanzi ad esso prodotti. A parere della detta federazione, un esame completo degli atti di causa, ricollocati nel loro contesto, avrebbe dovuto indurre il Tribunale a ritenere che essa non avesse aderito alla proroga verbale e segreta dell’accordo del 24 ottobre 2001 al di là della sua data di scadenza.

54      I documenti che il Tribunale avrebbe snaturato sono i seguenti:

–        le note manoscritte del direttore della FNB relative alla riunione del 29 novembre 2001 (punti 169-174 della sentenza impugnata);

–        altri documenti che confermerebbero l’accordo verbale delle federazioni ricorrenti, vale a dire la dichiarazione del vicepresidente della FNB alla Vendée agricole del 4 dicembre 2001 nonché il comunicato della Fédération vendéenne des producteurs del 5 dicembre 2001 (punti 176 e 177 della sentenza impugnata);

–        taluni passi della nota informativa della FNPL del 10 dicembre 2001 (punto 179 della sentenza impugnata), e

–        taluni passi delle note manoscritte del direttore della FNB relative alla riunione del 5 dicembre 2001 (punto 180 della sentenza impugnata).

55      Con riguardo ad ognuno dei detti documenti, la FNCBV contesta al Tribunale, sostanzialmente, di averne alterato il senso e, conseguentemente, di essere incorso in un’erronea valutazione della portata dei fatti di causa.

56      La Commissione sostiene che, con tale motivo, la FNCBV tenta di contestare il valore probatorio riconosciuto dal Tribunale alla detta documentazione.

57      Nella memoria di replica la FNCBV contesta di aver messo in discussione la constatazione dei fatti compiuta dal Tribunale. A parere di tale federazione, «la contestazione dei fatti è volta a rimettere in discussione i fatti in quanto tali ovvero la loro valutazione, laddove lo snaturamento consiste in una modificazione del contenuto degli elementi di prova, in una mancata presa in considerazione dei loro aspetti essenziali ovvero nella mancata presa in considerazione del loro contesto».

58      A tal riguardo si deve rammentare che, secondo costante giurisprudenza, dagli artt. 225 CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia emerge che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti consti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Una volta che il Tribunale abbia accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’art. 225 CE, ad effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto (v., in particolare, sentenze 6 aprile 2006, causa C‑551/03 P, General Motors/Commissione, Racc. pag. I‑3173, punto 51, e 22 maggio 2008, causa C‑266/06 P, Evonik Degussa/Commissione e Consiglio, punto 72).

59      In tal senso, la Corte non è competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti stessi. Infatti, una volta che tali prove siano state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le norme di procedura applicabili in materia di onere e di produzione della prova siano stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Salvo il caso dello snaturamento di tali elementi, tale valutazione non costituisce quindi una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al sindacato della Corte (v., in particolare, le citate sentenze General Motors/Commissione, punto 52, e Evonik Degussa/Commissione, punto 73).

60      Si deve peraltro ricordare che uno snaturamento deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione dei fatti e delle prove (v., segnatamente, le citate sentenze General Motors/Commissione, punto 54, e Evonik Degussa/Commissione, punto 74).

61      Nella specie la FNCBV non sostiene che la lettura, da parte del Tribunale, dei vari documenti da essa indicati sarebbe viziata da inesattezza sostanziale. Essa contesta al Tribunale, in particolare, di non aver preso in considerazione gli aspetti essenziali di tali documenti e di non averli collocati nel loro contesto. Si deve necessariamente rilevare che, sebbene con il nomen iuris di «snaturamento», la FNCBV contesta, in realtà, la valutazione effettuata dal Tribunale del contenuto di tali documenti.

62      Peraltro, dai punti contestati della sentenza impugnata emerge manifestamente che il Tribunale non ha ivi operato una lettura del contenuto dei documenti de quibus, bensì ha proceduto alla loro interpretazione. Ai punti 169-180 della sentenza, contestati dalla FNCBV, il Tribunale esamina infatti i vari documenti ed indizi, ricollocandoli nel loro contesto, interpretandoli e valutando il valore probatorio di ciascuno di essi. Al successivo punto 185 il Tribunale conclude che, alla luce di tali elementi, la Commissione ha fornito prova sufficiente del persistere dell’applicazione dell’accordo del 24 ottobre 2001.

63      Atteso che il Tribunale è il solo competente ad interpretare gli elementi di prova e a valutarne il valore probatorio, il motivo è irricevibile.

 Sul terzo motivo dedotto dalla FNCBV, relativo ad un errore di diritto quanto alla valutazione della prova dell’adesione della federazione stessa all’accordo verbale

64      Con il suo terzo motivo, che si articola su due capi, la FNCBV sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto, al punto 185 della sentenza impugnata, laddove ha ritenuto provato il fatto che essa avesse aderito all’accordo verbale. A parere della detta federazione, il Tribunale avrebbe potuto condannarla a titolo della sua partecipazione all’accordo non sulla base di una presunzione, bensì dimostrando la sua chiara adesione ad un’intesa con gli allevatori, in un contesto caratterizzato dall’espressione della volontà unilaterale, da parte degli allevatori, di applicare la tabella dei prezzi minimi di acquisto quale rivendicazione di categoria.

65      Con il primo capo di tale motivo la FNCBV fa valere che il Tribunale sarebbe incorso in un’erronea interpretazione giuridica degli elementi assunti per dimostrare la pretesa volontà della detta federazione di dare attuazione all’accordo del 24 ottobre 2001, elementi i quali non fornirebbero la prova della sua reale volontà di continuare ad applicare la tabella dei prezzi minimi di acquisto e la sospensione delle importazioni una volta scaduto l’accordo del 24 ottobre 2001. La detta federazione si richiama:

–        alle note manoscritte del direttore della FNB relative alla riunione del 29 novembre 2001 nonché a quella del 5 dicembre seguente (punti 172 e 180 della sentenza impugnata);

–        al messaggio di posta elettronica del 6 dicembre 2001 inviato da un rappresentante della Fédération régionale des syndicats d’exploitants agricoles de Bretagne ai presidenti delle FDSEA della propria regione (punto 178 della sentenza impugnata);

–        alla nota informativa della FNPL del 10 dicembre 2001 (punto 179 della sentenza impugnata),

–        al comunicato della FDSEA della Vandea del 18 dicembre 2001 (punto 182 della sentenza impugnata), e

–        a documenti che riferiscono di azioni locali (punti 183 et 184 della sentenza impugnata).

66      Nella parte in cui la FNCBV mira a mettere in discussione la valutazione dei fatti operata dal Tribunale, contestando essenzialmente il fatto che gli elementi assunti ai punti 169-184 della sentenza impugnata siano sufficienti a dimostrare la sua adesione alla prosecuzione dell’applicazione dell’accordo del 24 ottobre 2001 oltre la fine del mese di novembre 2001, il primo capo di tale motivo dev’essere dichiarato irricevibile in quanto è diretto ad ottenere un riesame di valutazioni di fatto in ordine al quale, come rammentato sopra ai punti 58 e 59, la Corte non è competente nell’ambito del giudizio di impugnazione.

67      Con il secondo capo del suo terzo motivo, la FNCBV deduce una contraddizione nella motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che tale federazione avesse aderito all’accordo verbale considerando, allo stesso tempo, provato che il comportamento contestato alla medesima derivasse dalla pressione unilaterale degli allevatori. Con quest’ultima constatazione il Tribunale avrebbe riconosciuto, ai punti 279 e 289 della sentenza impugnata, il carattere unilaterale delle azioni violente degli allevatori.

68      Tale secondo capo del terzo motivo dedotto dalla FNCBV dev’essere parimenti respinto, in quanto si fonda su una lettura della sentenza impugnata che non tiene conto del contesto in cui si collocano le valutazioni di cui trattasi operate dal Tribunale, vale a dire quello della presa in considerazione da parte della Commissione di circostanze aggravanti ai fini della maggiorazione delle ammende inflitte a talune federazioni di allevatori, quali la FNSEA, la FNB e i JA.

69      Infatti, non può essere rimproverato al Tribunale di essere incorso in una contraddizione nella motivazione della sentenza impugnata, atteso che le circostanze aggravanti indicate ai punti 279 e 289 della sentenza stessa sono state prese in considerazione solamente dopo aver accertato, sulla base degli elementi di prova esaminati dal Tribunale ai punti 169-184 della sentenza stessa – che costituiscono oggetto delle censure formulate con il primo capo del presente motivo, respinto supra al punto 66 –, il grado e le modalità della partecipazione di ogni singola federazione di cui trattasi all’accordo verbale. Alla luce di tali elementi di prova, il Tribunale poteva, senza minimamente contraddirsi – come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 92 delle conclusioni –, accertare l’esistenza, nella specie, di un accordo, rilevando peraltro il compimento di taluni atti di pressione o di coercizione da parte degli allevatori.

70      Conseguentemente, il terzo motivo dedotto dalla FNCBV dev’essere in parte dichiarato irricevibile e in parte respinto in quanto infondato.

 Sul primo motivo dedotto dalla FNSEA, dalla FNB, dalla FNPL e dai JA, relativo allo snaturamento degli elementi di prova nella parte in cui il Tribunale avrebbe omesso di prendere in considerazione due documenti essenziali che dimostrerebbero la mancata proroga dell’accordo del 24 ottobre 2001 oltre il 30 novembre 2001, nonché relativo ad una carenza di motivazione al riguardo

71      Con il loro primo motivo, la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA deducono che il Tribunale ha snaturato taluni elementi di prova i quali dimostrerebbero che il fatto di riprendere, negli accordi locali successivi al 30 novembre 2001, i prezzi fissati nella tabella dei prezzi minimi d’acquisto sarebbe stato la conseguenza non di un accordo di volontà delle federazioni firmatarie dell’accordo del 24 ottobre 2001, bensì della pressione di categoria esercitata a livello locale dagli agricoltori nei confronti dei macellatori.

72      A parere delle dette federazioni, ciò varrebbe per un documento inviato a mezzo fax in data 11 dicembre 2001 da uno dei direttori della FNB ad una federazione distrettuale che conteneva la tabella dei prezzi minimi d’acquisto, accompagnata dalla menzione «Attenzione, tale tabella non è stata prorogata mediante accordo», nonché per un comunicato del 12 dicembre 2001 della Fédération régionale des syndicats d’exploitants agricoles de Bretagne, in cui si afferma che «le FDSEA bretoni, ritenendo inaccettabile l’attuale evoluzione del corso dei prezzi dei bovini di taglia adulta, informano gli allevatori di aver intrapreso una pressione a livello di categoria presso gli acquirenti in modo da ristabilire prezzi equivalenti a quelli del mese di novembre».

73      Orbene, secondo la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA, il fatto che i due documenti menzionati al punto precedente, trasmessi dalle dette federazioni al Tribunale successivamente all’udienza del 17 maggio 2006, non vengano menzionati nella sentenza impugnata dimostrerebbe che quest’ultima non ne avrebbe minimamente tenuto conto. A loro parere, tali due documenti dimostrerebbero che le federazioni dei produttori ritenevano che le federazioni dei macellatori non fossero più vincolate dall’accordo del 24 ottobre 2001 e che, conseguentemente, i produttori non potessero ottenere i prezzi indicati nella tabella dei prezzi minimi di acquisto fissata con l’accordo de quo se non grazie ad una pressione di categoria esercitata localmente. Omettendo di esaminare i due detti documenti, il Tribunale sarebbe venuto meno al proprio obbligo di motivazione e la sentenza impugnata sarebbe conseguentemente affetta da nullità.

74      È pur vero che, ai fini del corretto assolvimento del compito di valutare i fatti di causa, il Tribunale deve esaminare accuratamente tutti i documenti sottopostigli dalle parti e tenerne conto, ivi compresi quelli che, come nella specie, sono stati depositati in atti a seguito del dibattimento orale, nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento ex art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale stesso. È parimenti vero che nella sentenza impugnata il Tribunale ha omesso di far menzione dei due documenti controversi, vale a dire il telefax dell’11 dicembre 2001 ed il comunicato del 12 dicembre seguente.

75      Tuttavia, secondo costante giurisprudenza, l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia, potendo quindi la motivazione essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi ed al giudice competente di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (v., in tal senso, sentenze 25 ottobre 2001, causa C‑120/99, Italia/Consiglio, Racc. pag. I‑7997, punto 28, nonché cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 372).

76      Orbene, per quanto attiene alla valutazione della questione se l’accordo del 24 ottobre 2001 fosse stato rinnovato verbalmente e segretamente oltre il 30 novembre 2001, il Tribunale ha dettagliatamente esaminato, ai punti 164-184 della sentenza impugnata, alla luce degli argomenti dedotti dalle federazioni ricorrenti, i documenti sui quali la Commissione si era fondata al fine di adottare la decisione controversa e di cui le federazioni ricorrenti contestavano il valore probatorio. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che il tenore dei documenti esaminati ai punti 169-184 della sentenza impugnata conducesse alla convinzione che, come sostenuto dalla Commissione, in occasione delle riunioni del 29 novembre e 5 dicembre 2001 era stato deciso di rinnovare l’accordo del 24 ottobre 2001.

77      Ai punti 186 e 187 della sentenza impugnata il Tribunale ha peraltro sottolineato che le federazioni degli allevatori hanno proseguito segretamente l’esecuzione dell’accordo del 24 ottobre 2001, adottando una strategia di comunicazione diretta ad affermare pubblicamente che l’accordo non era stato rinnovato ed a chiedere l’applicazione dei prezzi di cui alla tabella sotto forma di rivendicazione di categoria.

78      Ciò premesso, il primo motivo dedotto dalla FNSEA, dalla FNB, dalla FNPL e dai JA dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sul quarto motivo dedotto dalla FNCBV, relativo all’assenza di carattere anticoncorrenziale dell’accordo del 24 ottobre 2001 e dell’accordo verbale

79      Con il proprio quarto motivo, dedotto in subordine, la FNCBV deduce che il Tribunale avrebbe dovuto rilevare l’assenza di carattere anticoncorrenziale dell’accordo del 24 ottobre 2001 alla luce del contesto economico in cui l’accordo stesso si collocava e che il Tribunale avrebbe dovuto procedere all’analisi degli eventuali effetti della proroga dell’accordo stesso.

80      La FNCBV sostiene che, ai fini della valutazione del carattere anticoncorrenziale dell’accordo del 24 ottobre 2001, il Tribunale avrebbe dovuto prendere in considerazione il contesto economico. A parere della detta federazione, il caso era del tutto particolare nel senso che il settore di cui trattasi si trovava in una situazione economica del tutto eccezionale che aveva indotto le autorità comunitarie a istituire un sistema d’intervento per l’acquisto delle carcasse di carne e per consentire la sopravvivenza economica degli allevatori.

81      La FNCBV ritiene che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto laddove ha ritenuto che la Commissione non fosse tenuta a dimostrare la proroga dell’accordo del 24 ottobre 2001 sulla base dell’esame degli effetti della proroga stessa sui prezzi praticati durante il periodo di cui trattasi. A tal riguardo, la FNCBV chiede alla Corte di accertare l’assenza di effetti di tale proroga in considerazione del mancato rispetto della tabella dei prezzi minimi di acquisto da parte dei singoli macellatori nelle varie regioni. A tal fine, la FNVBC ha prodotto tavole riassuntive che riportano i prezzi praticati dai macellatori nelle singole regioni francesi e che dimostrerebbero che i prezzi realmente praticati variavano da una regione all’altra ed erano inferiori, quanto alla maggior parte di essi, ai prezzi fissati dalla tabella de qua successivamente alla sospensione dell’accordo del 24 ottobre 2001.

82      Tale motivo non può trovare accoglimento, in quanto si fonda su una lettura erronea dei punti 81-93 della sentenza impugnata.

83      Infatti, in primo luogo, al punto 82 della sentenza impugnata il Tribunale ha rilevato che l’impegno relativo alla sospensione delle importazioni, previsto dall’accordo del 24 ottobre 2001, aveva ad oggetto la compartimentazione del mercato nazionale francese, restringendo in tal modo il gioco della concorrenza nel mercato unico. Il Tribunale ha ritenuto, ai punti 84 e 85 della detta sentenza, che le federazioni aderenti all’accordo avevano convenuto una tabella di prezzi minimi di acquisto impegnandosi ad assicurarne il rispetto, limitando il margine di trattativa commerciale degli allevatori e dei macellatori e falsando la formazione dei prezzi nei relativi mercati.

84      Il Tribunale ha inoltre esaminato, ai punti 86-92 della sentenza impugnata, il contesto nell’ambito del quale era stato concluso l’accordo del 24 ottobre 2001. A tal riguardo, il Tribunale ha tenuto conto tanto della specificità dei mercati agricoli, soggetti, con talune eccezioni, alle norme comunitarie in materia di concorrenza, quanto delle condizioni di fatto e di diritto relative all’attuazione dell’accordo in una situazione di crisi del settore bovino.

85      In tal senso, il Tribunale ha rilevato che i prezzi fissati per una parte sostanziale delle vacche erano sensibilmente più elevati rispetto ai prezzi di intervento fissati dalla Commissione. Il Tribunale ha parimenti ritenuto che il regolamento (CE) della Commissione 22 dicembre 1999, n. 2790, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del Trattato CE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (GU L 336, pag. 21), invocato dalla federazioni ricorrenti, non trovava applicazione nella specie, in quanto la produzione dei membri della federazione degli allevatori superava ampiamente il massimale del 30% del mercato pertinente al di là del quale il detto regolamento non consente di beneficiare dell’esenzione per categoria stabilita a favore degli accordi verticali.

86      Da tale analisi della sentenza impugnata emerge che, contrariamente a quanto sostenuto dalla FNCBV, il Tribunale ha preso in considerazione il contesto economico dell’accordo del 24 ottobre 2001 ai fini della valutazione del suo carattere anticoncorrenziale.

87      Peraltro, secondo consolidata giurisprudenza, ai fini dell’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, la presa in considerazione degli effetti concreti di un accordo è superflua quando l’accordo abbia per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza (v., in tal senso, sentenze 13 luglio 1966, cause riunite 56/64 e 58/64, Consten e Grundig/Commissione, Racc. pagg. 458, 520, nonché 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punto 491).

88      Nella specie, il Tribunale, ritenendo in conclusione accertato l’oggetto anticoncorrenziale dell’accordo del 24 ottobre 2001, ha correttamente ritenuto, al punto 93 della sentenza impugnata, che la Commissione non era tenuta a ricercare gli effetti concreti sul gioco della concorrenza determinati dalle misure adottate dall’accordo. Atteso che la proroga di quest’ultimo oltre il 30 novembre 2001 risulta parimenti accertata sulla base di indizi documentali, il Tribunale non è incorso in errore di diritto laddove ha ritenuto che non fosse necessario provare tale proroga anche sulla base dell’esame degli effetti da essa prodotti sui prezzi praticati durante il periodo de quo.

89      Conseguentemente, il quarto motivo dedotto dalla FNCBV dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sul terzo motivo dedotto dalla FNSEA, dalla FNB, dalla FNPL e dai JA e sul quinto motivo dedotto dalla FNCBV, relativi ad un errore di diritto commesso dal Tribunale nell’applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17

90      Con il loro terzo motivo, la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA, sostenuti dalla Repubblica francese, fanno valere che il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto laddove ha ritenuto che il massimale delle ammende fissato dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 potesse essere calcolato tenuto conto del volume d’affari dei loro membri e non di quello di ogni singola federazione. Le federazioni ricorrenti sostengono che ciò costituisca un cambiamento radicale rispetto all’esigenza precisa, oggettiva e giustificata, affermata dalla giurisprudenza, secondo la quale la presa in considerazione del volume d’affari dei membri di un’associazione di imprese ai fini del calcolo del detto massimale è soggetta alla condizione che tale associazione possa, sulla base delle proprie norme interne, vincolare i propri membri. In subordine, la Repubblica francese aggiunge che, considerato che le federazioni ricorrenti non dispongono del potere di vincolare i loro membri, il Tribunale non avrebbe dovuto ritenere ammissibile la presa in considerazione del volume d’affari di questi ultimi ai fini del calcolo del massimale dell’ammenda fissato dalla menzionata disposizione, senza verificare se l’accordo del 24 ottobre 2001 avesse effettivamente influito sul mercato della carne bovina.

91      Con il primo capo del suo quinto motivo, la FNCBV deduce che una siffatta inversione di giurisprudenza, non accompagnata da sufficiente motivazione, è contraria al principio della certezza del diritto, considerato che le imprese interessate non potrebbero distinguere le ipotesi in cui il massimale del 10% fissato dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 verrà determinato con riguardo al volume d’affari di un’associazione di imprese dalle ipotesi in cui esso sarà determinato sulla base della somma dei volumi d’affari dei membri dell’associazione stessa.

92      Si deve rilevare che il terzo motivo dedotto dalla FNSEA, dalla FNB, dalla FNPL e dai JA e il primo capo del quinto motivo dedotto dalla FNCBV si fondano su una premessa erronea, correttamente respinta dal Tribunale ai punti 316-319 della sentenza impugnata.

93      Infatti, è pur vero che, come rammentato dal Tribunale al punto 317 della sentenza stessa, il massimale del 10% di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 può essere calcolato, secondo giurisprudenza costante, facendo riferimento al volume d’affari complessivamente realizzato da tutte le imprese aderenti ad un’associazione di imprese, quanto meno quando l’associazione possa impegnare i propri membri. Tuttavia, come rilevato dal Tribunale al punto seguente della sentenza impugnata, la stessa giurisprudenza non esclude che, in casi particolari, tale riferimento possa essere parimenti ammissibile anche quando l’associazione di imprese interessata non disponga, formalmente, del potere di impegnare i propri membri.

94      La FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA fanno tuttavia valere che nella più recente giurisprudenza, vale a dire al punto 66 della citata sentenza Finnboard/Commissione, la Corte ha chiaramente escluso che il volume d’affari dei membri di un’associazione di imprese possa essere preso in considerazione quando l’associazione stessa non disponga del potere di impegnare i propri membri.

95      Tale lettura della menzionata sentenza non può essere accolta.

96      Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 53 delle conclusioni, dal contesto nel quale il punto 66 della citata sentenza Finnboard/Commissione si inserisce emerge che le imprese aderenti all’associazione cui la Commissione aveva inflitto un’ammenda non erano implicate nella perpetrazione dell’infrazione. Sulla base di tale presupposto la Corte ha affermato che, per quanto attiene all’irrogazione di un’ammenda ad un’associazione di imprese il cui proprio volume d’affari non sia proporzionale alle sue dimensioni od al suo potere sul mercato, la Commissione può prendere in considerazione i volumi d’affari delle imprese membri dell’associazione medesima al fine di stabilire una sanzione che sia dissuasiva, subordinatamente peraltro alla condizione che l’associazione medesima disponga, sulla base delle proprie regole interne, del potere di impegnare i propri membri.

97      Conseguentemente, come sottolineato dalla Commissione, il Tribunale ha potuto legittimamente ritenere che, nel caso in cui, come nella specie, i membri di un’associazione di imprese abbiano attivamente partecipato all’attuazione di un accordo anticoncorrenziale, i singoli volumi d’affari dei rispettivi membri ben potessero essere presi in considerazione ai fini della determinazione della sanzione, ancorché l’associazione stessa, a differenza della fattispecie di cui al punto 76 della menzionata sentenza Finnboard/Commissione, non disponga del potere di impegnare i propri membri. Correttamente quindi, al punto 319 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che tale presa in considerazione è giustificata nei «casi in cui l’infrazione commessa da un’associazione riguardi le attività dei suoi membri e in cui le pratiche anticoncorrenziali in questione vengano attuate dall’associazione direttamente a vantaggio di questi ultimi e in collaborazione con essi, dato che l’associazione non ha interessi obiettivi che presentino un carattere autonomo rispetto a quelli dei suoi membri».

98      Inoltre, qualsiasi diversa interpretazione si porrebbe in contrasto con la necessità di garantire l’effetto dissuasivo delle sanzioni inflitte nell’ambito dell’infrazione alle regole comunitarie in materia di concorrenza. Infatti, come correttamente rilevato dal Tribunale al punto 318 della sentenza impugnata, la facoltà della Commissione di imporre ammende di importo adeguato agli autori delle infrazioni di cui trattasi potrebbe altrimenti risultare compromessa, in quanto le associazioni di imprese che abbiano un volume d’affari molto ridotto, ma che raggruppino, pur senza poterle impegnare formalmente, un numero elevato di imprese che, congiuntamente, realizzino un volume d’affari importante, potrebbero essere sanzionate solo con ammende molto modeste, quand’anche le infrazioni da loro commesse avessero esercitato un’influenza notevole sui mercati in questione.

99      Contrariamente a quanto sostenuto dalla FNCBV, dai punti 318-325 della sentenza impugnata emerge chiaramente che il Tribunale ha fornito sufficiente motivazione al riguardo.

100    Le federazioni ricorrenti deducono parimenti che, ai punti 320-323 della sentenza impugnata, al fine di escludere nella specie l’applicazione della costante giurisprudenza relativa alle ipotesi in cui il massimale del 10% del volume d’affari, di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, dev’essere calcolato con riguardo al volume d’affari realizzato dall’insieme delle imprese aderenti ad un’associazione, il Tribunale ha assunto quattro criteri in considerazione dei fatti della specie, qualificati come «circostanze specifiche». Si tratterebbe dei casi in cui il compito principale dell’associazione di imprese di cui trattasi sia quello di difendere e di rappresentare gli interessi dei propri membri, l’accordo anticoncorrenziale de quo verta sull’attività dei membri dell’associazione e non su quella dell’associazione medesima, l’accordo sia stato concluso a vantaggio dei membri di quest’ultima e questi abbiano cooperato alla pratica anticoncorrenziale in questione.

101    Orbene, a parere della FNSEA, della FNB, della FNPL e dei JA, da un lato, tre di detti criteri sono ontologicamente presenti nel caso di un’associazione di imprese. Dall’altro, gli accordi locali e le azioni di taluni gruppi di allevatori, menzionati al punto 323 della sentenza impugnata, non costituirebbero prova della cooperazione di tutti i membri attivi di dette federazioni sul mercato della carne bovina, bensì dimostrerebbero unicamente la cooperazione tra taluni di essi. In tal senso, la conclusione cui il Tribunale è giunto non sarebbe giustificata da un nesso obiettivo tra le federazioni stesse e tutti i loro membri e non si fonderebbe su una partecipazione indiretta dei membri stessi alla pratica anticoncorrenziale oggetto della presente controversia.

102    Tali argomenti si fondano su una lettura erronea della sentenza impugnata e non possono trovare accoglimento.

103    Infatti, al punto 319 della sentenza impugnata, il Tribunale ha individuato nuove circostanze specifiche applicabili ai casi di infrazioni commesse da associazioni di imprese, che si aggiungono a quelle già riconosciute dalla giurisprudenza. Per contro, ai successivi punti 320-323, il Tribunale ha esaminato se, nella specie, le federazioni ricorrenti si trovassero in tali circostanze specifiche al fine di stabilire se il massimale del 10% di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 dovesse essere determinato sulla base del volume d’affari dei rispettivi membri piuttosto che in funzione di quello delle federazioni.

104    Si deve rilevare, da un lato, che la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA non contestano i rilievi effettuati dal Tribunale nei loro confronti ai punti 320-322 della sentenza impugnata e, dall’altro, che, come già rammentato supra al punto 59, la valutazione dei fatti e degli elementi di prova non costituisce, salvo il caso del loro snaturamento, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione (v. sentenze 19 settembre 2002, causa C‑104/00 P, DKV/UAMI, Racc. pag. I‑7561, punto 22, e 13 marzo 2008, causa C‑125/06 P, Commissione/Infront WM, Racc. pag. I‑1451, punto 57). Orbene, nella specie, uno snaturamento dei fatti non è stato invocato dinanzi alla Corte.

105    A parere della FNCBV, due dei quattro elementi cumulativi postulati dal Tribunale non ricorrono nel suo caso. La detta federazione fa valere, in primo luogo, che la sottoscrizione dell’accordo del 24 ottobre 2001 non presentava alcun interesse per i suoi membri, in quanto esso implicava la fissazione di prezzi minimi consigliati di acquisto del bestiame. L’accordo era quindi contrario ai loro interessi. Inoltre, la sottoscrizione dell’accordo non avrebbe consentito di sbloccare i macelli, tenuto conto che i blocchi sono continuati come dimostrerebbe il fascicolo della Commissione. L’assenza di interesse dei membri della detta federazione alla sottoscrizione dell’accordo del 24 ottobre 2001 risulterebbe d’altronde confermata dal numero molto ridotto di accordi locali cui fa riferimento la Commissione.

106    In secondo luogo, l’autonomia degli interessi della FNCBV rispetto a quelli dei suoi membri si manifesterebbe non soltanto nel fatto che essa non dispone del potere di vincolare questi ultimi, bensì parimenti nel numero limitato di accordi locali successivi all’accordo del 24 ottobre 2001.

107    Tale argomento non può essere accolto.

108    Infatti, poiché la valutazione dei fatti ricade nella competenza esclusiva del Tribunale, non compete alla Corte verificare l’esattezza delle conclusioni del Tribunale, esposte al punto 322 della sentenza impugnata, secondo cui l’accordo del 24 ottobre 2001 sarebbe stato stipulato direttamente a favore dei membri di base della FNCBV, nonché al successivo punto 323, secondo cui l’accordo sarebbe stato attuato principalmente per mezzo della conclusione di accordi locali tra federazioni distrettuali ed associazioni agricole locali, da un lato, e imprese di macellazione, dall’altro.

109    La FNCBV sostiene, inoltre, che né la Commissione né il Tribunale hanno dimostrato che fosse impossibile rendere le imprese membri delle federazioni ricorrenti destinatarie delle decisioni della Commissione, in modo che le ammende fossero inflitte individualmente ai membri medesimi. A parere della FNCBV, dal punto 5, lett. c), degli orientamenti emerge che solamente quando risulti impossibile infliggere ammende individuali ai membri di un’associazione di imprese la Commissione può infliggere un’ammenda all’associazione stessa, ammenda equivalente all’importo complessivo di quelle che avrebbe inflitto ai membri di quest’ultima. Considerato che né la Commissione né il Tribunale avrebbero cercato di giustificare il ricorso ai volumi d’affari cumulativi dei membri delle federazioni ricorrenti ai fini del calcolo dell’importo delle ammende ad esse inflitte, la sentenza impugnata sarebbe viziata da illegittimità e dovrebbe essere conseguentemente annullata.

110    Si deve rilevare che tale affermazione relativa alla violazione del punto 5, lett. c), degli orientamenti è stata effettuata dalla FNCBV per la prima volta in sede di impugnazione. Ciò costituisce quindi, ai termini dell’art. 42, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile in materia di impugnazioni ai sensi dell’art. 118 del regolamento medesimo, un motivo nuovo, irricevibile in quanto non fondato su elementi di diritto o di fatto già emersi nel corso del procedimento.

111    Ne consegue che il terzo motivo dedotto dalla FNSEA, dalla FNB, dalla FNPL e dai JA ed il primo capo del quinto motivo dedotto dalla FNCBV devono essere respinti essendo in parte irricevibili ed in parte infondati.

112    Con il secondo capo del suo quinto motivo, la FNCBV fa valere che i motivi invocati ai punti 320 e segg. della sentenza impugnata si pongono in contraddizione con quelli sviluppati ai successivi punti 341 e segg., relativi all’applicazione della regola del divieto di cumulo delle sanzioni.

113    Infatti, al punto 341 della sentenza impugnata, l’accento verrebbe posto dal Tribunale sulla sottoscrizione, sulla partecipazione, sulla responsabilità, sul ruolo individuale e persino sull’attuazione dell’accordo del 24 ottobre 2001 da parte delle federazioni ricorrenti per giustificare il fatto che la sanzione è stata inflitta alle federazioni stesse e non ai loro membri. Per contro, ai punti 320 e segg. della sentenza l’accento verrebbe posto sul fatto che l’accordo non riguardava l’attività delle federazioni ricorrenti, che le misure prese non incidevano su di esse, che l’accordo era stata concluso direttamente a vantaggio dei membri delle federazioni e, infine, che l’accordo stesso è stato attuato dai detti membri.

114    Il Tribunale avrebbe in tal modo sviluppato due motivazioni contraddittorie dirette, nel primo caso, a sostenere che le federazioni ricorrenti avrebbero svolto un ruolo diretto ad attivo nella conclusione e nell’attuazione dell’accordo del 24 ottobre 2001 e, nel secondo caso, ad affermare che le federazioni non sarebbero state altro che il vettore trasparente dell’azione dei rispettivi membri.

115    Inoltre, assumendo, al punto 341 della sentenza impugnata, la partecipazione personale delle federazioni ricorrenti alle infrazioni sanzionate dalla decisione controversa, il Tribunale avrebbe implicitamente riconosciuto che il riferimento al volume d’affari dei membri delle federazioni ai fini del calcolo del massimale del 10% del volume d’affari di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 non era giustificato nella specie.

116    La Repubblica francese ritiene che l’affermazione effettuata dal Tribunale al punto 343 della sentenza impugnata, secondo cui la decisione controversa non avrebbe inflitto sanzioni ai membri di base delle federazioni ricorrenti, appare in contraddizione con il fatto che, al punto 319 della sentenza medesima, il riferimento al volume di affari dei membri stessi ai fini del calcolo del massimale del 10% è stato motivato con la circostanza che l’accordo del 24 ottobre 2001 è stato concluso direttamente a favore dei detti membri ed in cooperazione con i medesimi.

117    Tali pretese contraddizioni nella motivazione si fondano su una lettura erronea della sentenza impugnata. Per tale ragione, il secondo capo del quinto motivo dedotto dalla FNCBV non può trovare accoglimento.

118    Si deve infatti rilevare che, per decidere se il massimale del 10% di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 dovesse essere calcolato con riferimento al volume d’affari complessivo dei membri delle federazioni ricorrenti, il Tribunale ha verificato, ai punti 320-323 della sentenza impugnata, se questi ultimi si trovassero nelle circostanze specifiche indicate al precedente punto 319, vale a dire se l’infrazione commessa dalle federazioni riguardasse l’attività dei rispettivi membri e se le pratiche anticoncorrenziali fossero state attuate dalle federazioni medesime direttamente a vantaggio dei rispettivi membri ed in cooperazione con gli stessi. Nell’ambito di tale verifica, il Tribunale ha dovuto prendere in esame i compiti svolti dalle federazioni ricorrenti, determinare l’attività oggetto dell’accordo del 24 ottobre 2001 nonché i relativi beneficiari, esaminandone le modalità di attuazione.

119    Per contro, ai punti 341-345 della sentenza impugnata il Tribunale ha respinto il motivo relativo alla violazione, da parte della Commissione, del principio del divieto di cumulo delle sanzioni. A tal riguardo, il Tribunale, da un lato, ha accertato che la sanzione inflitta a ogni singola federazione ricorrente era stata disposta in ragione della partecipazione e della responsabilità propria di ciascuna nell’infrazione, tenuto conto che tutte le federazioni ricorrenti vi avevano preso parte, sebbene con intensità ed implicazioni diverse. Dall’altro, il Tribunale ha ritenuto che la decisione controversa non avesse sanzionato ripetutamente gli stessi soggetti né le stesse persone per gli stessi fatti, non avendo inflitto sanzioni ai membri di base diretti o indiretti delle dette federazioni.

120    La sentenza non appare quindi viziata da una contraddizione di motivazione laddove il Tribunale ha ritenuto in conclusione, sulla base del proprio ragionamento, al punto 324 della sentenza impugnata, che, ai fini del calcolo del massimale del 10% di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, fosse corretto prendere in considerazione i volumi d’affari dei membri di base delle federazioni ricorrenti e, al successivo punto 344, che mancasse l’identità degli autori dell’infrazione, considerato che la decisione controversa non ha sanzionato ripetutamente gli stessi soggetti o le stesse persone per gli stessi fatti.

121    Ne consegue che il secondo capo del quinto motivo dedotto dalla FNCBV dev’essere respinto in quanto infondato.

122    Conseguentemente, il terzo motivo dedotto dalla FNSEA, dalla FNB, dalla FNPL e dai JA ed il quinto motivo dedotto dalla FNCBV devono essere respinti in toto.

 Sul quarto motivo dedotto dalla FNSEA, dalla FNB, dalla FNPL e dai JA, relativo alla violazione del divieto di cumulo e del principio di proporzionalità delle sanzioni nella parte in cui il Tribunale ha inflitto ad ognuna delle dette federazioni un’ammenda distinta tenendo conto del volume d’affari cumulativo dei loro membri comuni

123    Con il loro quarto motivo, la FNSEA, la FNB, la FNPL e i JA sostengono che il Tribunale non poteva, senza violare i principi del divieto di cumulo e di proporzionalità delle sanzioni e senza cadere in contraddizione, infliggere ammende distinte alla FNSEA ed a ognuna delle sue tre sottofederazioni, i cui membri attivi sul mercato della carne bovina sono comuni. Il Tribunale avrebbe dovuto rilevare che nessuna delle quattro federazioni presentava interessi autonomi rispetto a quelli dei loro membri comuni nonché rispetto a quelli delle altre tre federazioni e non avrebbe dovuto ritenere valide le modalità di calcolo dell’importo delle ammende applicate dalla Commissione ad ogni singola federazione, modalità basate sul volume d’affari cumulativo dei detti membri.

124    Le menzionate federazioni fanno valere che il Tribunale ha preso in considerazione, al fine di giustificare il cumulo delle sanzioni, ognuna delle quattro federazioni ricorrenti nel contesto generale, vale a dire intese quali persone giuridiche distinte con propri bilanci e propri interessi. Per contro, per giustificare il fatto di non aver superato il massimale, avrebbe preso in considerazione ognuna delle dette federazioni nel contesto specifico della conclusione dell’accordo del 24 ottobre 2001, vale a dire quali federazioni che hanno agito tutte e quattro con un unico e solo interesse, ossia quello dei loro membri comuni attivi sul mercato della carne bovina. Le quattro federazioni ricorrenti ritengono che solamente ad una federazione, la FNSEA o la FNB, comprendenti ognuna tutti i membri comuni, potesse essere inflitta una sanzione fondata sulla capacità economica dei detti membri e che la sanzione imposta alle altre tre federazioni avrebbe dovuto tener conto unicamente dell’entità delle rispettive entrate.

125    La Repubblica francese ritiene che, atteso che i membri di base delle quattro federazioni ricorrenti potevano essere comuni a più di una di esse, il Tribunale abbia sovrastimato la capacità economica delle federazioni medesime. Pertanto, il ricorso ai volumi d’affari dei membri di ognuna delle quattro federazioni ricorrenti ai fini del calcolo del massimale delle ammende inflitte a queste ultime condurrebbe necessariamente a irrogare alle medesime un’ammenda sproporzionata.

126    Tali argomenti, già dedotti in primo grado dalle stesse federazioni ricorrenti, sono stati respinti dal Tribunale ai punti 340-346 della sentenza impugnata.

127    Infatti, il Tribunale ha anzitutto rammentato la giurisprudenza secondo cui l’applicazione del principio «ne bis in idem» è soggetta alla triplice condizione della identità dei fatti, dell’unicità degli autori dell’infrazione e dell’unicità dell’interesse giuridico tutelato, principio che vieta di sanzionare una stessa persona più di una volta per uno stesso comportamento illecito al fine di proteggere lo stesso bene giuridico, rilevando che, nella specie, la Commissione aveva sanzionato le federazioni ricorrenti in considerazione della partecipazione e del grado di responsabilità proprio di ognuna di esse nella perpetrazione dell’infrazione.

128    Il Tribunale ha quindi rilevato che la circostanza che la FNB, la FNPL e i JA siano membri della FNSEA non significa che tali federazioni siano state sanzionate più volte per la stessa infrazione, considerato che le federazioni medesime possiedono personalità giuridiche distinte, bilanci separati nonché obiettivi non sempre coincidenti, e che pongono in essere azioni di categoria rispettive a tutela di interessi loro propri e specifici.

129    Infine, richiamandosi alla propria giurisprudenza secondo cui il fatto di prendere in considerazione il volume d’affari dei membri di un’associazione di imprese ai fini della determinazione del massimale del 10% non significa che sia stata loro inflitta un’ammenda e nemmeno, di per sé, che l’associazione di cui trattasi abbia l’obbligo di accollare ai suoi membri l’onere di quest’ultima (v. sentenza del Tribunale CB e Europay/Commissione, cit., punto 139), il Tribunale ha concluso, al punto 343 della sentenza impugnata, che, atteso che i singoli imprenditori agricoli membri indiretti delle federazioni ricorrenti non erano stati sanzionati nella decisione controversa, il fatto che i membri di base della FNB, della FNPL e dei JA fossero parimenti membri della FNSEA non impediva alla Commissione di sanzionare individualmente ciascuna di tali federazioni.

130    Pertanto, correttamente il Tribunale ha potuto concludere, al punto 344 della sentenza impugnata, che non vi era violazione del principio «ne bis in idem», in assenza di identità degli autori dell’infrazione, né violazione del principio di proporzionalità, considerato che ai membri diretti o indiretti delle federazioni ricorrenti non era stata inflitta doppia ammenda per un’unica e sola infrazione.

131    Ne consegue che il quarto motivo dedotto dalla FNSEA, dalla FNB, dalla FNPL e dai JA dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sul sesto motivo dedotto dalla FNCBV, diretto alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale

132    Con il suo sesto motivo, la FNCBV imputa al Tribunale di aver violato l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 fissando l’ammenda nei suoi confronti in EUR 360 000, poiché tale somma corrisponde a circa il 20% del suo volume d’affari, vale a dire la somma delle sue entrate, laddove la menzionata disposizione fissa il massimale dell’ammenda irrogabile al 10% del volume d’affari dell’impresa autrice dell’infrazione.

133    Tuttavia, tale motivo, fondandosi sulla premessa secondo cui la Commissione non avrebbe potuto legittimamente tener conto, al fine di verificare se l’importo dell’ammenda inflitta eccedesse il massimale del 10% del volume d’affari di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, del volume d’affari dei membri delle federazioni ricorrenti, dev’essere respinto, atteso che tale premessa, per i motivi indicati supra ai punti 92-111, è errata.

134    Poiché nessuno dei motivi delle federazioni ricorrenti ha trovato accoglimento, il ricorso dev’essere respinto in toto.

 Sulle spese

135    A norma dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento medesimo, che si applica al procedimento di impugnazione ai sensi del successivo art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

136    Poiché la Commissione ha richiesto la condanna delle federazioni ricorrenti, queste ultime, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese.

137    La Repubblica francese sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Le impugnazioni sono respinte.

2)      La Coop de France bétail et viande, già Fédération nationale de la coopération bétail et viande (FNCBV), la Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles (FNSEA), la Fédération nationale bovine (FNB), la Fédération nationale des producteurs de lait (FNPL) e i Jeunes agriculteurs (JA) sono condannati alle spese.

3)      La Repubblica francese sopporterà le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: il francese.