Language of document : ECLI:EU:C:2023:667

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

14 settembre 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Accise – Direttiva 2008/118/CE – Articolo 16 – Regime di deposito fiscale – Condizioni per il rilascio di un’autorizzazione all’apertura e all’esercizio di un deposito fiscale da parte di un depositario autorizzato – Inosservanza di tali condizioni – Revoca definitiva dell’autorizzazione applicata cumulativamente all’imposizione di una sanzione pecuniaria – Articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Principio del “ne bis in idem” – Proporzionalità»

Nella causa C‑820/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo della città di Sofia, Bulgaria), con decisione del 9 dicembre 2021, pervenuta in cancelleria il 28 dicembre 2021, nel procedimento

«Vinal» AD

contro

Direktor na Agentsia «Mitnitsi»,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, L.S. Rossi, J.-C. Bonichot (relatore), S. Rodin e O. Spineanu-Matei, giudici,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la «Vinal» AD, da N. Boshnakova-Dimova, аdvоkаt;

–        per il Direktor na Agentsia «Mitnitsi», da P. Gerenski e P. Tonev;

–        per il governo bulgaro, da M. Georgieva, T. Mitova, E. Petranova e L. Zaharieva, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, da I. Herranz Elizalde, in qualità di agente;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da A. Collabolletta, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da M. Björkland e D. Drambozova, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del principio della parità di trattamento e dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU 2009, L 9, pag. 12).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la «Vinal» AD, un depositario autorizzato (in prosieguo: la «Vinal»), e il Direktor na Agentsia «Minitsi» (direttore dell’agenzia delle dogane, Bulgaria) in merito ad una decisione con cui quest’ultimo ha revocato la licenza per l’esercizio di un deposito fiscale, ai sensi della direttiva 2008/118, a motivo di una grave violazione del regime delle accise, che ha anche comportato una sanzione pecuniaria.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2008/118/CE

3        I considerando 10, 15 e 16 della direttiva 2008/118 così recitano:

«(10)      Le disposizioni in materia di riscossione e rimborso dell’accisa incidono sul corretto funzionamento del mercato interno e dovrebbero pertanto essere informate a criteri non discriminatori.

(...)

(15)      Data la necessità di effettuare controlli nei luoghi di produzione e di detenzione per garantire la riscossione del debito fiscale, occorre mantenere un sistema di depositi, subordinati ad autorizzazione delle autorità competenti, al fine di facilitare detti controlli.

(16)      È anche necessario fissare gli obblighi cui devono conformarsi i depositari autorizzati e gli operatori che non hanno lo status di depositario autorizzato».

4        L’articolo 4 della direttiva 2008/118 disponeva quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva e delle relative disposizioni di applicazione si intende per:

1)      “depositario autorizzato” la persona fisica o giuridica autorizzata dalle autorità competenti di uno Stato membro, nell’esercizio della sua attività, a fabbricare, trasformare, detenere, ricevere o spedire prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa in un deposito fiscale;

(...)

11)      “deposito fiscale” un luogo in cui prodotti sottoposti ad accisa sono fabbricati, trasformati, detenuti, ricevuti o spediti in regime di sospensione dall’accisa da un depositario autorizzato nell’esercizio della sua attività e nel rispetto di determinate condizioni stabilite dalle autorità competenti dello Stato membro in cui è situato il deposito fiscale».

5        Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva, l’accisa diviene esigibile al momento e nello Stato membro dell’immissione in consumo

6        L’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), di detta direttiva prevedeva quanto segue:

«Il debitore dell’accisa divenuta esigibile è:

a)      per quanto riguarda lo svincolo dei prodotti sottoposti ad accisa da un regime di sospensione dall’accisa di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera a):

i)      il depositario autorizzato, il destinatario registrato o qualsiasi altra persona che svincola i prodotti sottoposti ad accisa dal regime di sospensione dall’accisa o per conto della quale tali prodotti sono svincolati dal regime di sospensione dall’accisa e, in caso di svincolo irregolare dal deposito fiscale, qualsiasi altra persona che ha partecipato a tale svincolo;

(...)».

7        L’articolo 15 della medesima direttiva era formulato come segue:

«1.      Ciascuno Stato membro stabilisce le proprie norme in materia di fabbricazione, trasformazione e detenzione dei prodotti sottoposti ad accisa, fatta salva la presente direttiva.

2.      La fabbricazione, la trasformazione e la detenzione dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione di accisa hanno luogo in un deposito fiscale».

8        L’articolo 16 della direttiva 2008/118 disponeva quanto segue:

«1.      L’apertura e l’esercizio di un deposito fiscale da parte di un depositario autorizzato sono subordinati all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro in cui è situato il deposito fiscale.

Tale autorizzazione è soggetta alle condizioni che le autorità hanno il diritto di stabilire per impedire ogni possibile evasione o abuso.

2.      Il depositario autorizzato è tenuto:

a)      a prestare, se necessario, una garanzia per coprire il rischio inerente alla fabbricazione, trasformazione e detenzione dei prodotti sottoposti ad accisa;

b)      a conformarsi agli obblighi prescritti dallo Stato membro nel cui territorio è situato il deposito fiscale;

c)      a tenere, per ciascun deposito fiscale, una contabilità delle scorte e dei movimenti dei prodotti sottoposti ad accisa;

d)      ad introdurre nel suo deposito fiscale e ad iscrivere nella propria contabilità, alla conclusione della circolazione, tutti i prodotti sottoposti ad accisa che circolano in regime di sospensione dall’accisa salvo ove si applichi l’articolo 17, paragrafo 2;

e)      ad acconsentire a qualsiasi controllo e ad ogni verifica delle scorte.

(...)».

9        L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2020/262 del Consiglio, del 19 dicembre 2019, che stabilisce il regime generale delle accise (rifusione) (GU 2020, L 58, pag. 4), che ha abrogato la direttiva 2008/118 con effetto dal 13 febbraio 2023, prevede disposizioni identiche a quelle dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/118.

 Raccomandazione 2000/789/CE

10      L’articolo 2, paragrafo 1, della raccomandazione 2000/789/CE della Commissione, del 29 novembre 2000, recante orientamenti sulle autorizzazioni dei depositari, a norma della direttiva 92/12/CEE del Consiglio, riguardo ai prodotti soggetti ad accisa (GU 2000, L 314, pag. 29), indica:

«Anche se gli Stati membri sono invitati ad applicare criteri rigorosi per la concessione delle autorizzazioni alle persone indicate all’articolo 1, si dovrebbe raggiungere un equilibrio tra l’agevolazione degli scambi e l’efficacia dei controlli».

11      L’articolo 7 di tale raccomandazione precisa quanto segue:

«1.      Di norma, l’autorizzazione dovrebbe essere annullata o revocata soltanto per gravi motivi, e dopo un attento esame della situazione del depositario da parte delle autorità competenti di uno Stato membro.

2.      Per esempio, l’autorizzazione può essere annullata o revocata nei casi seguenti:

–        inosservanza degli obblighi relativi all’autorizzazione,

–        copertura insufficiente per la garanzia richiesta,

–        reiterata inosservanza delle disposizioni in vigore,

–        coinvolgimento in attività criminali,

–        evasione o frode fiscale».

 Diritto bulgaro

12      L’articolo 3, paragrafo 1, punto 1, dello zakon za aktsizite i danachnite skladove (legge sulle accise e sui depositi fiscali), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: lo «ZADS»), prevede che i depositari autorizzati e le persone registrate conformemente a tale legge sono soggetti passivi, ai sensi di quest’ultima.

13      L’articolo 4, punto 18, dello ZADS è formulato come segue:

«Si intende per violazione “grave” la violazione oggetto di una decisione sanzionatoria amministrativa definitiva che infligge una sanzione pecuniaria superiore a 15 000 [leva bulgari (BGN) (circa EUR 7 600)]».

14      L’articolo 47, paragrafo 1, dello ZADS dispone che:

«Può essere depositario autorizzato chi

(...)

5.      non abbia commesso una violazione grave o reiterata ai sensi della presente legge, ad eccezione dei casi in cui il procedimento sanzionatorio amministrativo si sia concluso con un accordo».

15      L’articolo 53, paragrafi da 1 a 4, dello ZADS, prevede quanto segue:

«(1)      La licenza per l’esercizio di un deposito fiscale cessa di avere effetto:

(...)

3.      con la revoca della licenza;

(...)

(2)      La licenza per l’esercizio di un deposito fiscale è revocata quando:

1.      il depositario autorizzato non soddisfa più i requisiti indicati nell’articolo 47; (...)

(...)

(3)      La licenza cessa di avere effetto con decisione del direttore dell’agenzia delle dogane, provvisoriamente esecutiva dalla data di emissione, a meno che il giudice non disponga altrimenti.

(4)      La decisione di cui al paragrafo 3 è impugnabile con le modalità previste dall’Administrativnoprotsesualen kodeks [(codice del processo amministrativo)]».

16      Ai sensi dell’articolo 107h, paragrafo 1, dello ZADS:

«Prima dell’adozione della decisione sanzionatoria amministrativa e non oltre 30 giorni dalla presentazione dell’atto di accertamento della violazione ai sensi della presente legge, l’autorità con potere sanzionatorio amministrativo e l’autore della violazione possono concludere un accordo che ponga fine al procedimento sanzionatorio amministrativo, a meno che l’atto contestato non costituisca reato».

17      L’articolo 112, paragrafo 1, dello ZADS dispone che:

«La persona che non applica l’accisa nonostante vi sia tenuta è punita con una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’importo dell’accisa non applicata, comunque non inferiore a BGN 500».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

18      La Vinal è una società con sede in Bulgaria, titolare di una licenza per l’esercizio di un deposito fiscale che le consente di produrre, immagazzinare, ricevere e spedire prodotti alcolici soggetti ad accisa.

19      Tale società è stata sottoposta a un accertamento fiscale nel 2017.

20      Il 22 dicembre 2017, l’amministrazione doganale bulgara ha emesso un avviso di accertamento in rettifica per un importo di BGN 4 261,89 (circa EUR 2 180), per il periodo compreso tra il 1º gennaio 2012 e il 3 maggio 2017. Tale decisione non è stata contestata ed è divenuta definitiva il 5 gennaio 2018.

21      Inoltre, per il periodo compreso tra il 3 e il 10 maggio 2017, l’amministrazione doganale bulgara ha altresì adottato un atto di accertamento di una violazione amministrativa, da parte di detta società, per inosservanza dell’obbligo di applicare l’accisa esigibile.

22      Il 24 gennaio 2018, l’amministrazione doganale bulgara, per tale motivo, ha inflitto alla Vinal una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’importo dell’accisa non applicata, ai sensi dell’articolo 112, paragrafo 1, dello ZADS, per un ammontare di BGN 248 978 (circa EUR 128 000).

23      Tale sanzione è stata confermata con pronuncia giudiziaria del 16 gennaio 2020, divenuta definitiva.

24      L’11 febbraio 2020 il direttore dell’agenzia delle dogane ha revocato, a seguito di tale pronuncia definitiva, la licenza per l’esercizio del deposito fiscale che era stata rilasciata alla Vinal.

25      Tale società ha proposto all’Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo della città di Sofia, Bulgaria) una domanda di annullamento di detta decisione.

26      Tale giudice si interroga sulla conformità della normativa nazionale applicabile al diritto dell’Unione, e in particolare alla direttiva 2008/118.

27      In tale contesto, l’Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo della città di Sofia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Come debba essere interpretato l’articolo 16, paragrafo 1, della [direttiva 2008/118], nella parte in cui prevede che l’autorizzazione all’apertura e all’esercizio di un deposito fiscale è soggetta alle condizioni che le autorità hanno il diritto di stabilire per impedire ogni possibile evasione o abuso, [e] quale debba essere il contenuto di tali condizioni per realizzare il fine di impedire ogni possibile evasione o abuso.

2)      Come vada interpretato il divieto di discriminazione ai sensi del [considerando 10] della [direttiva 2008/118].

3)      Come debbano essere interpretate le suddette disposizioni e se debbano essere interpretate nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui all’articolo 53, paragrafo 1, punto 3, in combinato disposto con l’articolo 47, paragrafo 1, punto 5, dello ZADS, che prevede la revoca obbligatoria dell’autorizzazione per il futuro, senza indugio e a tempo indeterminato, in aggiunta a una sanzione già inflitta per i medesimi fatti».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulle questioni prima e terza

28      Con le sue questioni prima e terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/118 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che, in caso di violazione del regime delle accise considerata grave dalla normativa nazionale, prevede la revoca di una licenza per l’esercizio di un deposito fiscale cumulativamente a una sanzione pecuniaria già inflitta per i medesimi fatti.

29      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/118, ciascuno Stato membro stabilisce le proprie norme in materia di fabbricazione, trasformazione e detenzione dei prodotti sottoposti ad accisa, fatta salva tale direttiva; il paragrafo 2 di tale articolo 15 indica, inoltre, che la fabbricazione, la trasformazione e la detenzione dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione di accisa hanno luogo in un deposito fiscale.

30      Riguardo al regime di autorizzazione di un tale deposito, l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/118 precisa, da un lato, al primo comma, che l’apertura e l’esercizio di un deposito fiscale da parte di un depositario autorizzato sono subordinati all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro in cui è situato il deposito fiscale, e, dall’altro, al secondo comma, che tale autorizzazione è soggetta «alle condizioni che le autorità hanno il diritto di stabilire per impedire ogni possibile evasione o abuso».

31      Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/118, in via generale, la prevenzione dell’evasione e degli abusi costituisce un obiettivo comune al diritto dell’Unione e agli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Infatti, da un lato, questi ultimi hanno un interesse legittimo ad adottare le misure adeguate per proteggere i loro interessi finanziari e, dall’altro, la lotta all’evasione, all’elusione fiscale e agli eventuali abusi è un obiettivo perseguito da tale direttiva, come attestano i considerando 15 e 16 nonché l’articolo 16 di quest’ultima (v., in tal senso, sentenze del 13 gennaio 2022, MONO, C‑326/20, EU:C:2022:7, punti 28 e 32 e giurisprudenza citata, e del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 25).

32      Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che sia la sanzione pecuniaria inflitta alla Vinal sia la revoca della sua licenza per l’esercizio di un deposito fiscale sono state decise a motivo di una violazione del regime delle accise commessa da quest’ultima e considerata grave dalla normativa nazionale. Orbene, l’astensione dal commettere una siffatta violazione corrisponde per sua natura a una delle condizioni che le autorità hanno il diritto di stabilire al fine di impedire ogni possibile evasione o abuso ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/118.

33      Occorre inoltre rilevare che né dal tenore letterale né dall’obiettivo dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/118, e neppure dalle altre disposizioni di tale direttiva, risulta che un siffatto sistema di sanzioni non sia conforme a quest’ultima.

34      Emerge comunque, parimenti, da giurisprudenza costante che, pur se in mancanza di armonizzazione della normativa dell’Unione nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale normativa, gli Stati membri possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate, essi sono tuttavia tenuti a esercitare le loro competenze nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali, tra i quali figurano, in particolare, il principio del «ne bis in idem», sancito all’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e il principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenze del 13 gennaio 2022, MONO, C‑326/20, EU:C:2022:713, punto 34 e giurisprudenza citata, e del 24 febbraio 2022, Agenzia delle dogane e dei monopoli e Ministero dell’Economia e delle Finanze, C‑452/20, EU:C:2022:111, punto 36).

35      A tal riguardo, occorre ricordare che, benché formalmente il giudice del rinvio abbia limitato la sua questione all’interpretazione dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/118, ciò non impedisce alla Corte di fornirgli tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per definire la controversia di cui è investito, a prescindere dal fatto che detto giudice vi abbia fatto riferimento o meno nel formulare la propria questione. A tal proposito, la Corte è tenuta a trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi di detto diritto che richiedono un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (v., in tal senso, sentenza del 24 febbraio 2022, Agenzia delle dogane e dei monopoli e Ministero dell’Economia e delle Finanze, C‑452/20, EU:C:2022:111, punto 19).

 Sul principio del «ne bis in idem»

36      Quanto all’applicazione dell’articolo 50 della Carta alla controversia oggetto del procedimento principale, occorre ricordare che l’ambito di applicazione della Carta, per quanto riguarda l’operato degli Stati membri, è definito all’articolo 51, paragrafo 1, della medesima, ai sensi del quale le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione; tale disposizione conferma la costante giurisprudenza della Corte secondo la quale i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, ma non al di fuori di esse [sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 78 e giurisprudenza citata].

37      Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che le due misure controverse nel procedimento principale sanzionano la violazione di norme nazionali facenti parte del regime delle accise che garantiscono il recepimento della direttiva 2008/118.

38      Pertanto, quando uno Stato membro adotta siffatte misure, esso attua tale direttiva e, quindi, il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Esso deve, di conseguenza, rispettare le disposizioni della Carta (v., in tal senso, sentenza del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 26).

39      Orbene, ai sensi dell’articolo 50 della Carta «[n]essuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge».

40      Il principio del «ne bis in idem» ricordato in tale disposizione vieta un cumulo tanto di procedimenti quanto di sanzioni di natura penale per gli stessi fatti e nei confronti di una stessa persona (sentenza del 22 marzo 2022, bpost, C‑117/20, EU:C:2022:202, punto 24 e giurisprudenza citata).

41      Occorre ricordare che l’applicazione del principio del «ne bis in idem» è soggetta a una duplice condizione, vale a dire, da un lato, che vi sia una decisione definitiva anteriore (condizione «bis») e, dall’altro, che gli stessi fatti siano oggetto tanto della decisione anteriore quanto del procedimento o della decisione successivi (condizione «idem») (sentenze del 22 marzo 2022, bpost, C‑117/20, EU:C:2022:202, punto 28, e del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 51).

42      Per quanto riguarda la condizione «idem», essa richiede che i fatti materiali siano identici, e non semplicemente simili. L’identità dei fatti materiali deve essere intesa come un insieme di circostanze concrete derivanti da eventi che sono, in sostanza, gli stessi, in quanto coinvolgono lo stesso autore e sono indissociabilmente legati tra loro nel tempo e nello spazio (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2022, bpost, C‑117/20, EU:C:2022:202, punti 36 e 37).

43      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che le misure controverse nel procedimento principale sono state adottate nei confronti di una stessa persona giuridica, vale a dire la Vinal, e per gli stessi fatti.

44      Per quanto riguarda la condizione «bis», occorre ricordare che, affinché si possa ritenere che una decisione giudiziaria abbia statuito in via definitiva sui fatti sottoposti ad un secondo procedimento, è necessario non solo che tale decisione sia divenuta definitiva, ma anche che essa sia stata pronunciata previa una valutazione nel merito della causa (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2022, bpost, C‑117/20, EU:C:2022:202, punto 29).

45      Nel caso di specie, dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio sembra emergere che tale ipotesi effettivamente ricorra, poiché la decisione di revoca della licenza per l’esercizio del deposito fiscale è stata adottata una volta che la decisione che aveva inflitto la sanzione pecuniaria, emessa a seguito di una valutazione nel merito della causa, era divenuta definitiva.

46      In tale contesto, al fine di stabilire l’applicabilità dell’articolo 50 della Carta, occorre determinare se le misure controverse nel procedimento principale, vale a dire la sanzione pecuniaria, inflitta in applicazione dell’articolo 112, paragrafo 1, dello ZADS, e la revoca della licenza per l’esercizio di un deposito fiscale, imposta in applicazione dell’articolo 53, paragrafo 2, punto 1, dello ZADS, in combinato disposto con l’articolo 47 di quest’ultimo, possano essere qualificate come «sanzioni di natura penale», ai sensi della Carta.

47      Da una giurisprudenza costante della Corte risulta che la natura penale delle sanzioni ai fini dell’applicazione del principio del «ne bis in idem» dipende da tre criteri. Il primo consiste nella qualificazione giuridica della violazione nel diritto nazionale, il secondo nella natura della violazione e il terzo nel grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere (sentenze del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 27, e del 4 maggio 2023, MV – 98, C‑97/21, EU:C:2023:371, punto 38).

48      Nel caso di specie, per quanto riguarda il primo criterio, dalle indicazioni del giudice del rinvio risulta che le misure controverse nel procedimento principale sono considerate nel diritto bulgaro come sanzioni amministrative.

49      Tuttavia, l’applicazione dell’articolo 50 della Carta si estende, indipendentemente dalla qualificazione di procedimenti e sanzioni come penali dal diritto nazionale, a procedimenti e a sanzioni che devono essere considerati di natura penale sul fondamento dei due ulteriori criteri indicati al punto 47 della presente sentenza (v., in tal senso, sentenze del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 29, e del 4 maggio 2023, MV – 98, C‑97/21, EU:C:2023:371, punto 41).

50      Quanto al secondo criterio, relativo alla natura stessa della violazione, esso implica di verificare se la misura contemplata persegua una finalità repressiva, senza che la mera circostanza che essa persegua anche una finalità preventiva sia idonea a privarla della sua qualificazione come sanzione penale. Infatti, fa parte della natura stessa delle sanzioni penali la circostanza che esse siano volte tanto alla repressione, quanto alla prevenzione di condotte illecite. Per contro, una misura che si limiti a risarcire il danno causato dalla violazione considerata non riveste natura penale [sentenze del 22 giugno 2021, Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità), C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 89; del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 30, e del 4 maggio 2023, MV – 98, C‑97/21, EU:C:2023:371, punto 42].

51      Nel caso di specie, la sanzione pecuniaria e la decisione di revoca della licenza per l’esercizio di un deposito fiscale sembrano perseguire entrambe obiettivi sia di dissuasione da violazioni del regime delle accise sia di repressione delle stesse e non sono volte a riparare il danno causato da queste ultime.

52      Ciò premesso, occorre sottolineare che la decisione di revoca della licenza per l’esercizio di un deposito fiscale, quale prevista all’articolo 53, paragrafo 2, dello ZADS, rientra specificamente nel regime di circolazione dei prodotti soggetti ad accisa in regime sospensivo, istituito dalla direttiva 2008/118, nell’ambito del quale i depositari autorizzati svolgono un ruolo centrale (v., per analogia, sentenza del 2 giugno 2016, Kapnoviomichania Karelia, C‑81/15, EU:C:2016:398, punto 31). Infatti, dalla decisione di rinvio risulta che una tale misura è destinata ad applicarsi solo agli operatori economici titolari di un’autorizzazione ad operare a titolo di esercenti il deposito fiscale di prodotti soggetti ad accisa, ai sensi di tale direttiva, privandoli dei benefici derivanti da una siffatta autorizzazione (v., per analogia, sentenza del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 32).

53      Pertanto, una decisione di revocare la licenza per l’esercizio di un deposito fiscale non riguarda il pubblico in generale, bensì una categoria particolare di destinatari che, esercitando un’attività specificamente disciplinata dal diritto dell’Unione, sono tenuti a soddisfare le condizioni richieste per beneficiare di un’autorizzazione, rilasciata dagli Stati membri e che conferisce loro determinate prerogative. Spetta dunque al giudice del rinvio esaminare se una decisione del genere consista nel privare la Vinal dell’esercizio di tali prerogative in quanto l’autorità amministrativa competente ha ritenuto che le condizioni di rilascio di tale autorizzazione non siano più soddisfatte, il che deporrebbe a favore della constatazione che questa stessa decisione non persegue una finalità repressiva (v., in tal senso, sentenza del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 33).

54      Per contro, dal fascicolo di cui dispone la Corte non risulta che la sanzione pecuniaria inflitta alla Vinal sia destinata ad applicarsi solo agli operatori economici titolari di un’autorizzazione ad operare a titolo di esercenti il deposito fiscale di prodotti soggetti ad accisa, cosicché le considerazioni che precedono, figuranti ai punti 52 e 53 della presente sentenza, non le sarebbero trasponibili.

55      Per quanto riguarda il terzo criterio, relativo al grado di severità della sanzione subita, occorre constatare che tale grado di severità deve essere valutato in funzione della pena massima prevista dalle disposizioni pertinenti (sentenza del 4 maggio 2023, MV – 98, C‑97/21, EU:C:2023:371, punto 46).

56      Nel caso di specie, riguardo, da un lato, alla sanzione pecuniaria, il fatto che il suo importo non può essere inferiore a BGN 500 (circa EUR 250), che esso corrisponde sistematicamente al doppio dell’importo dell’accisa non applicata e che la normativa nazionale controversa nel procedimento principale non prevede nessun limite massimo per tale importo, cosicché, nel caso di specie, è stata inflitta una sanzione di importo pari a circa EUR 128 000, attesta la severità di tale sanzione (v., per analogia, sentenza del 4 maggio 2023, MV – 98, C‑97/21, EU:C:2023:371, punto 48), che potrebbe essere sufficiente perché possa essere qualificata come sanzione di natura penale.

57      A tal riguardo, occorre ricordare che si è potuto ritenere che una sanzione pecuniaria pari al 30% dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto dovuta, che si aggiunge al pagamento di tale imposta, presenti un grado di severità elevato tale da corroborare l’analisi secondo la quale una siffatta sanzione è di natura penale ai sensi dell’articolo 50 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 33).

58      Dall’altro lato, se è vero che la revoca della licenza per l’esercizio di un deposito fiscale ha certamente l’unico effetto di privare il depositario autorizzato interessato delle prerogative connesse al regime del deposito fiscale e non impedisce a tale depositario di continuare ad esercitare attività economiche che non richiedono una siffatta licenza (v., in tal senso, sentenza del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 37), le conseguenze di una tale revoca rimangono gravi per quest’ultimo poiché, in particolare, gli effetti di tale misura non sono limitati nel tempo (v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2023, MV – 98, C‑97/21, EU:C:2023:371, punto 47).

59      Da quanto precede risulta che le due misure di cui trattasi nel procedimento principale possono costituire sanzioni di natura penale, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare sulla base delle indicazioni che precedono.

60      In tal caso, il loro cumulo comporta, pertanto, una limitazione del diritto fondamentale garantito dall’articolo 50 della Carta.

61      Se quindi, al termine del suo esame delle condizioni precedentemente ricordate, il giudice del rinvio ritiene che il cumulo delle due misure di cui trattasi nel procedimento principale costituisca una limitazione del diritto fondamentale garantito dall’articolo 50 della Carta, esso è tenuto a stabilire se tale limitazione possa nondimeno essere considerata giustificata sulla base dell’articolo 52, paragrafo 1, di quest’ultima (v., in tal senso, sentenze del 22 marzo 2022, bpost, C‑117/20, EU:C:2022:202, punto 40, e del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punti 58 e 59).

62      Conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, prima frase, della Carta, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla stessa Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. A tenore della seconda frase di tale disposizione, nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni a tali diritti e libertà solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

63      Nel caso di specie, per quanto riguarda, in primo luogo, le condizioni enunciate all’articolo 52, paragrafo 1, prima frase, della Carta, occorre rilevare, da un lato, che il requisito secondo cui la possibilità di cumulo delle sanzioni deve essere prevista dalla legge sembra soddisfatto in quanto lo ZADS prevede espressamente, in caso, segnatamente, di violazione al regime delle accise considerata grave, l’applicazione cumulativa delle due misure controverse nel procedimento principale.

64      Dall’altro lato, risulta altresì dalla giurisprudenza che una siffatta possibilità di cumulare i procedimenti e le sanzioni rispetta il contenuto sostanziale dell’articolo 50 della Carta soltanto a condizione che la normativa nazionale non consenta di perseguire e di sanzionare i medesimi fatti a titolo dello stesso reato o al fine di raggiungere lo stesso obiettivo, ma preveda unicamente la possibilità di un cumulo dei procedimenti e delle sanzioni ai sensi di normative diverse (v., in tal senso, sentenze del 22 marzo 2022, bpost, C‑117/20, EU:C:2022:202, punto 43 e del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 63).

65      Nel caso di specie, una tale condizione sembra soddisfatta dal momento che le due misure controverse nel procedimento principale non hanno lo stesso ambito di applicazione, in quanto la revoca di una licenza d’esercizio riguarda solo alcune delle violazioni oggetto di una sanzione pecuniaria, e ciascuna di esse persegue obiettivi propri.

66      Per quanto riguarda, in secondo luogo, le condizioni enunciate all’articolo 52, paragrafo 1, seconda frase, della Carta, tra cui quella relativa alla necessità che un sistema sanzionatorio risponda a un obiettivo di interesse generale, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che il sistema di cui trattasi nel procedimento principale risponde effettivamente a un siffatto obiettivo, in quanto mira a garantire non solo il buon funzionamento del regime speciale di sospensione dall’accisa che si basa su un elevato livello di fiducia tra l’amministrazione e gli operatori, ma anche, più in generale, a lottare segnatamente contro l’evasione fiscale, che corrisponde inoltre a un obiettivo perseguito dalla direttiva 2008/118 (v., in tal senso, sentenza del 29 giugno 2017, Commissione/Portogallo, C‑126/15, EU:C:2017:504, punto 59).

67      Orbene, in considerazione dell’importanza che il diritto dell’Unione attribuisce a tale obiettivo di interesse generale, un cumulo di procedimenti e di sanzioni di natura penale può essere giustificato allorché detti procedimenti e dette sanzioni riguardano, in vista della realizzazione di un obiettivo siffatto, scopi complementari vertenti, eventualmente, su aspetti differenti della medesima condotta di reato interessata (v., per analogia, sentenze del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 44; del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a., C‑537/16, EU:C:2018:193, punto 46; del 20 marzo 2018, Di Puma e Zecca, C‑596/16 e C‑597/16, EU:C:2018:192, punto 42, e del 22 marzo 2022, Nordzucker e a., C‑151/20, EU:C:2022:203, punto 52).

68      Ciò vale a priori per la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale. Appare infatti legittimo che uno Stato membro si proponga, da un lato, di dissuadere e reprimere la mancata applicazione delle accise prevedendo che sia inflitta una sanzione pecuniaria sufficientemente elevata e, dall’altro, di dissuadere e reprimere violazioni gravi delle norme che disciplinano tale regime mediante l’adozione di una sanzione complementare, come potrebbe essere la revoca della licenza di esercizio del depositario autorizzato responsabile di tali inadempimenti (v., per analogia, sentenza del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 45). Come risulta in particolare dalle osservazioni trasmesse dal governo bulgaro, questa seconda misura riflette la perdita di fiducia dell’amministrazione doganale nel rispetto delle norme connesse al funzionamento di un deposito fiscale, ai sensi della direttiva 2008/118, e la sua volontà di evitare il rischio di recidiva.

69      Riguardo, infine, al rispetto del principio di proporzionalità, occorre ricordare che quest’ultimo richiede che il cumulo di procedimenti e di sanzioni previsto dalla normativa nazionale non superi i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti da quest’ultima causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenze del 22 marzo 2022, bpost, C‑117/20, EU:C:2022:202, punto 48; del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 66, e del 4 maggio 2023, MV – 98, C‑97/21, EU:C:2023:371, punto 56).

70      Riguardo, da un lato, all’adeguatezza di un tale cumulo, si deve rilevare che, affinché una sanzione garantisca un effetto realmente dissuasivo, i trasgressori devono essere effettivamente privati dei vantaggi economici derivanti dalle violazioni del regime delle accise e le sanzioni devono consentire di produrre effetti proporzionati alla gravità delle violazioni, in modo da scoraggiare efficacemente chiunque dal commettere violazioni della stessa natura (v., per analogia, sentenza del 24 febbraio 2022, Agenzia delle dogane e dei monopoli e Ministero dell’Economia e delle Finanze, C‑452/20, EU:C:2022:111, punto 44).

71      Orbene, ciò sembra potersi riscontrare nel caso di un sistema come quello controverso nel procedimento principale, che priva l’interessato del doppio dell’importo dell’accisa non applicata nonché del beneficio del regime di sospensione dall’accisa collegato al deposito fiscale.

72      Inoltre, un sistema del genere può indebolire, se non anche far venir meno, le considerazioni economiche che potrebbero indurre i depositari autorizzati a non rispettare il regime delle accise (v., per analogia, sentenza del 24 febbraio 2022, Agenzia delle dogane e dei monopoli e Ministero dell’Economia e delle Finanze, C‑452/20, EU:C:2022:111, punto 45).

73      Pertanto, questo stesso sistema appare idoneo, da un lato, a compensare il vantaggio economico perseguito mediante la violazione e, dall’altro, a indurre i depositari autorizzati a rispettare il regime delle accise (v., per analogia, sentenza del 24 febbraio 2022, Agenzia delle dogane e dei monopoli e Ministero dell’Economia e delle Finanze, C‑452/20, EU:C:2022:111, punto 46), ma anche a limitare i rischi di recidiva che possono essere considerati maggiori nel caso di violazioni gravi.

74      Una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale appare quindi appropriata per conseguire l’obiettivo legittimo perseguito di lotta contro eventuali evasioni e abusi (v., per analogia, sentenza del 24 febbraio 2022, Agenzia delle dogane e dei monopoli e Ministero dell’Economia e delle Finanze, C‑452/20, EU:C:2022:111, punto 47).

75      Per quanto riguarda, dall’altro lato, il carattere strettamente necessario di un siffatto cumulo di procedimenti e di sanzioni, occorre valutare, più in particolare, se esistano norme chiare e precise che consentano ai singoli di prevedere quali atti e quali omissioni possano costituire l’oggetto di un cumulo di procedimenti e di sanzioni, e assicurino il coordinamento tra le diverse autorità, se i due procedimenti siano stati condotti in modo sufficientemente coordinato e ravvicinato nel tempo e se la sanzione eventualmente inflitta in occasione del primo procedimento sul piano cronologico sia stata presa in considerazione al momento della valutazione della seconda sanzione, di modo che gli oneri derivanti, a carico degli interessati, da un cumulo del genere siano limitati a quanto strettamente necessario e il complesso delle sanzioni imposte corrisponda alla gravità degli illeciti commessi (v., in tal senso, sentenze del 22 marzo 2022, bpost, C‑117/20, EU:C:2022:202, punto 51, e del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 67).

76      Occorre inoltre precisare che il requisito secondo cui l’autorità deve tenere conto della prima sanzione in occasione della valutazione della seconda sanzione si applica, senza eccezioni, a tutte le sanzioni inflitte cumulativamente e, pertanto, tanto al cumulo di sanzioni di uguale natura quanto al cumulo di sanzioni di natura diversa, come quello delle sanzioni pecuniarie e delle sanzioni che limitano il diritto di esercitare talune attività professionali (v., in tal senso, sentenza del 5 maggio 2022, BV, C‑570/20, EU:C:2022:348, punto 50).

77      Nel caso di specie, dal fascicolo di cui la Corte dispone sembra emergere che la normativa nazionale controversa nel procedimento principale prevede, in modo chiaro e preciso, in quali circostanze una violazione del regime delle accise possa essere oggetto dell’applicazione cumulativa di una sanzione pecuniaria e di una revoca della licenza per l’esercizio di un deposito fiscale, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio valutare. Peraltro, da tale fascicolo non sembra emergere che queste due misure siano state adottate da autorità diverse, delle quali cui occorrerebbe assicurare il coordinamento.

78      Ciò premesso, dal fascicolo di cui la Corte dispone risulta altresì che l’amministrazione doganale è tenuta per legge a revocare la licenza di esercizio di un deposito fiscale qualora, come nel caso di specie, il depositario autorizzato sia stato destinatario di una decisione definitiva che lo condanna a una sanzione pecuniaria di importo superiore a BGN 15 000 (circa EUR 7 600), importo che è esso stesso fissato in modo automatico al doppio dell’importo dell’accisa non applicata, come ricordato al punto 56 della presente sentenza.

79      Ne consegue che, fatta salva una verifica da parte del giudice del rinvio, una normativa come quella controversa nel procedimento principale non sembra consentire che sia presa in considerazione la severità della prima sanzione in sede di valutazione della seconda, né che un’autorità valuti se il cumulo di queste due sanzioni sia limitato, in ciascun caso di specie, allo stretto necessario.

80      Dalle considerazioni che precedono deriva che, se la sanzione pecuniaria e la decisione di revocare la licenza per l’esercizio di un deposito fiscale devono essere considerate sanzioni di natura penale, l’articolo 50 della Carta può ostare a che sia adottata, nei confronti della Vinal, la decisione di revoca della licenza per l’esercizio del deposito fiscale, la cui legittimità è contestata dinanzi al giudice del rinvio, circostanza che spetta a quest’ultimo verificare.

 Sul principio di proporzionalità

81      Anche supponendo che la sanzione pecuniaria o la decisione di revoca della licenza per l’esercizio di un deposito fiscale non costituiscano sanzioni penali ai fini dell’applicazione dell’articolo 50 della Carta, e che, pertanto, tale articolo non possa, in nessun caso, ostare al cumulo di queste due misure, detta decisione di revoca, oggetto della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio, dovrebbe comunque rispettare il principio di proporzionalità, in quanto principio generale del diritto dell’Unione.

82      Detto principio impone agli Stati membri di avvalersi di mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito dal diritto interno, non devono eccedere quanto necessario a tal fine ed arrecano il minor pregiudizio possibile agli altri obiettivi e ai principi stabiliti dalla normativa dell’Unione di cui trattasi. La giurisprudenza della Corte precisa al riguardo che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenze del 13 novembre 1990, Fedesa e a., C‑331/88, EU:C:1990:391, punto 13, e del 23 marzo 2023, Dual Prod, C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 71).

83      Al fine di valutare, più in particolare, se una sanzione sia conforme al principio di proporzionalità, occorre segnatamente tener conto della natura e della gravità della violazione che tale sanzione mira a reprimere (v., per analogia, sentenza del 20 giugno 2013, Rodopi-M 91, C‑259/12, EU:C:2013:414, punto 38).

84      A tal riguardo, dalla decisione di rinvio risulta che la revoca della licenza per l’esercizio di un deposito fiscale è disposta dall’amministrazione doganale qualora il depositario autorizzato non abbia rispettato le condizioni previste dalla normativa nazionale per ottenere detta licenza e che tale ipotesi ricorre, in particolare, qualora, come nel caso di specie, detto depositario abbia commesso una violazione qualificata come «grave» nel diritto nazionale e che è stata oggetto di una sanzione pecuniaria definitiva.

85      Orbene, una violazione del regime delle accise è qualificata come «grave», in applicazione dell’articolo 4, punto 18, dello ZADS, quando la violazione del regime delle accise ha dato luogo a un’ammenda di importo superiore a BGN 15 000 (circa EUR 7 600).

86      Poiché, in applicazione dell’articolo 112, paragrafo 1, dello ZADS, la sanzione pecuniaria di cui trattasi nel procedimento principale è sempre fissata al doppio dell’importo delle accise non applicate, sembra derivarne che una violazione del regime delle accise è considerata «grave» nel diritto nazionale, ciò che comporta automaticamente la revoca della licenza d’esercizio, quando tale inadempimento, che ha dato luogo alla sanzione pecuniaria, riguarda un importo di accisa non applicata superiore a BGN 7 500 (circa EUR 3 800), il che caratterizza un’evasione di una certa gravità.

87      Ciò premesso, occorre altresì considerare le eventuali ripercussioni di una misura di revoca, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, sul legittimo diritto del depositario autorizzato ad esercitare un’attività economica (v., per analogia, sentenza del 24 febbraio 2022, Agenzia delle dogane e dei monopoli e Ministero dell’Economia e delle Finanze, C‑452/20, EU:C:2022:111, punto 48).

88      A tal riguardo, occorre ricordare che, come sottolineato al punto 58 della presente sentenza, le conseguenze della revoca della licenza di esercizio sulle attività economiche del depositario autorizzato appaiono severe, in quanto una siffatta revoca non è limitata nel tempo.

89      Inoltre, e soprattutto, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che la normativa nazionale controversa nel procedimento principale non consente all’interessato di ottenere successivamente una nuova licenza di esercizio.

90      Il governo bulgaro fa valere al riguardo che tale divieto sarebbe giustificato dalla necessità di evitare il rischio di recidiva. Tuttavia, sebbene non appaia ingiustificato il fatto che un depositario autorizzato che ha partecipato, ad esempio, a un’evasione su larga scala sia definitivamente privato del beneficio del regime di sospensione dall’accisa collegato a un deposito fiscale, ciò non vale necessariamente nel caso di violazioni meno gravi.

91      Ne consegue che, anche se la privazione del beneficio del regime di sospensione dall’accisa collegato a un deposito fiscale sembra essere una misura proporzionata rispetto alla gravità di una violazione, come quella di cui all’articolo 53, paragrafo 2, punto 1), dello ZADS, spetta tuttavia al giudice del rinvio stabilire se anche un’esclusione definitiva dal beneficio di un siffatto regime costituisca una misura proporzionata alla gravità di tale violazione.

92      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni prima e terza, esaminate congiuntamente, dichiarando che l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/118, in combinato disposto con il principio di proporzionalità, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale che prevede la revoca di una licenza per l’esercizio di un deposito fiscale, in caso di violazione del regime delle accise considerata grave dalla normativa nazionale, cumulativamente a una sanzione pecuniaria già inflitta per i medesimi fatti, purché tale revoca, tenuto conto in particolare del suo carattere definitivo, non costituisca una misura sproporzionata rispetto alla gravità della violazione.

93      Inoltre, nel caso in cui tali due sanzioni abbiano natura penale, l’articolo 50 della Carta deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una siffatta normativa nazionale a condizione che:

–        la possibilità di cumulare tali due sanzioni sia prevista dalla legge;

–        la normativa nazionale non consenta di perseguire e di sanzionare gli stessi fatti a titolo della stessa violazione o al fine di raggiungere lo stesso obiettivo, ma preveda unicamente la possibilità di un cumulo dei procedimenti e delle sanzioni a titolo di normative diverse;

–        tali procedimenti e tali sanzioni tendano a finalità complementari e abbiano per oggetto, eventualmente, aspetti diversi del medesimo comportamento illecito in questione, e

–        esistano norme chiare e precise che consentano di prevedere quali atti e quali omissioni possano costituire l’oggetto di un cumulo di procedimenti e di sanzioni nonché il coordinamento tra le diverse autorità, che i due procedimenti siano stati condotti in modo sufficientemente coordinato e ravvicinato nel tempo e che la sanzione eventualmente inflitta in occasione del primo procedimento sul piano cronologico sia stata presa in considerazione al momento della valutazione della seconda sanzione, di modo che gli oneri derivanti, a carico degli interessati, da un cumulo del genere siano limitati a quanto strettamente necessario e che il complesso delle sanzioni imposte corrisponda alla gravità delle violazioni commesse.

 Sulla seconda questione

94      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare il principio di non discriminazione, ai sensi del considerando 10 della direttiva 2008/118.

95      Al riguardo, si deve ricordare che, ai sensi di tale considerando, le disposizioni in materia di riscossione e rimborso dell’accisa incidono sul corretto funzionamento del mercato interno e dovrebbero pertanto essere informate a criteri non discriminatori.

96      Tuttavia, non risulta in alcun modo dalla decisione di rinvio né dal fascicolo di cui dispone la Corte che la controversia oggetto del procedimento principale verta sulle modalità di riscossione e di rimborso dell’accisa.

97      Nemmeno risulta, né da tale decisione né da tale fascicolo, che l’amministrazione doganale bulgara abbia trattato la Vinal in modo diverso rispetto ad altri operatori che si trovino in una situazione analoga.

98      Pertanto, occorre ricordare che il giudice nazionale è tenuto a chiarire, nella stessa decisione di rinvio, il contesto di fatto e di diritto della controversia oggetto del procedimento principale e a fornire le spiegazioni necessarie sui motivi della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui chiede l’interpretazione nonché sul collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui è investito [v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2020, C.F. (Controllo fiscale), C‑430/19, EU:C:2020:429, punto 23 e giurisprudenza citata].

99      Di conseguenza, la decisione di rinvio manifestamente non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte per quanto riguarda la sua seconda questione, che deve essere respinta in quanto irricevibile.

 Sulle spese

100    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

L’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE, in combinato disposto con il principio di proporzionalità, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede la revoca di una licenza di esercizio di un deposito fiscale, in caso di violazione del regime delle accise considerata grave dalla normativa nazionale, cumulativamente a una sanzione pecuniaria già inflitta per i medesimi fatti, purché tale revoca, tenuto conto in particolare del suo carattere definitivo, non costituisca una misura sproporzionata rispetto alla gravità della violazione.

Nel caso in cui tali due sanzioni abbiano natura penale, l’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che non osta a una siffatta normativa nazionale a condizione che:

–        la possibilità di cumulare tali due sanzioni sia prevista dalla legge;

–        la normativa nazionale non consenta di perseguire e di sanzionare gli stessi fatti a titolo della stessa violazione o al fine di raggiungere lo stesso obiettivo, ma preveda unicamente la possibilità di un cumulo dei procedimenti e delle sanzioni a titolo di normative diverse;

–        tali procedimenti e tali sanzioni tendano a finalità complementari e abbiano per oggetto, eventualmente, aspetti diversi del medesimo comportamento illecito in questione, e

–        esistano norme chiare e precise che consentano di prevedere quali atti e quali omissioni possano costituire l’oggetto di un cumulo di procedimenti e di sanzioni nonché il coordinamento tra le diverse autorità, che i due procedimenti siano stati condotti in modo sufficientemente coordinato e ravvicinato nel tempo e che la sanzione eventualmente inflitta in occasione del primo procedimento sul piano cronologico sia stata presa in considerazione al momento della valutazione della seconda sanzione, di modo che gli oneri derivanti, a carico degli interessati, da un cumulo del genere siano limitati a quanto strettamente necessario e che il complesso delle sanzioni imposte corrisponda alla gravità delle violazioni commesse.

Firme


*      Lingua processuale: il bulgaro.