Language of document : ECLI:EU:C:2024:21

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

11 gennaio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Mercato interno dell’energia elettrica – Direttiva 2009/72/CE – Articolo 3, paragrafi 5 e 7 – Tutela dei consumatori – Diritto di cambiare fornitore – Cliente non civile – Contratto di fornitura di energia elettrica stipulato a tempo determinato e a prezzo fisso con una piccola impresa – Penale contrattuale per recesso anticipato – Normativa nazionale che limita l’importo di tale penale ai “costi e indennizzi risultanti dal contenuto del contratto”»

Nella causa C‑371/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia, Polonia), con decisione del 12 maggio 2022, pervenuta in cancelleria l’8 giugno 2022, nel procedimento

G sp. z o.o.

contro

W S.A.,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, Z. Csehi, M. Ilešič, I. Jarukaitis (relatore) e D. Gratsias, giudici,

avvocato generale: A. Rantos

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per il governo ellenico, da K. Boskovits e C. Kokkosi, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da M. Owsiany-Hornung e T. Scharf, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 settembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la G sp. z o.o. (in prosieguo: la «società G») e la W S.A., fornitore di energia elettrica (in prosieguo: il «fornitore W»), in merito al pagamento di una penale contrattuale dovuta a seguito del recesso anticipato della società G da un contratto di fornitura di energia elettrica stipulato da tali parti per un tempo determinato e a prezzo fisso.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2009/72

3        I considerando 1, 3, 7, 8, 42, 51, 52, 54 e 57 della direttiva 2009/72 enunciavano quanto segue:

«(1)      Il mercato interno dell’energia elettrica, la cui progressiva realizzazione in tutta la Comunità è in atto dal 1999, ha lo scopo di offrire a tutti i consumatori dell’Unione europea, privati o imprese, una reale libertà di scelta, creare nuove opportunità commerciali e intensificare gli scambi transfrontalieri, in modo da conseguire una maggiore efficienza, prezzi competitivi e più elevati livelli di servizio (...).

(...)

(3)      Le libertà assicurate ai cittadini dell’Unione dal trattato (...) possono essere attuate soltanto in un mercato completamente aperto, che consenta ad ogni consumatore la libera scelta dei fornitori e ad ogni fornitore la libera fornitura ai propri clienti.

(...)

(7)      Nella comunicazione del 10 gennaio 2007 “Una politica dell’energia per l’Europa” la Commissione [europea] ha sottolineato quanto sia importante portare a compimento la realizzazione del mercato interno dell’energia elettrica e creare condizioni di concorrenza uniformi per tutte le imprese elettriche stabilite nella Comunità. (...)

(8)      Al fine di assicurare la concorrenza e la fornitura di energia elettrica al prezzo più competitivo possibile, gli Stati membri e le autorità nazionali di regolamentazione dovrebbero agevolare l’accesso transfrontaliero di nuovi fornitori di elettricità da fonti di energia diverse come pure di nuovi fornitori di generazione di energia.

(...)

(42)      Tutti i settori industriali e commerciali comunitari, comprese le piccole e medie imprese, e tutti i cittadini dell’Unione, che beneficiano dei vantaggi economici del mercato interno, dovrebbero altresì poter beneficiare di elevati livelli di tutela dei consumatori, (...). Tali clienti dovrebbero altresì avere accesso alla scelta, all’equità, alla rappresentanza e ai meccanismi di risoluzione delle controversie.

(...)

(51)      Gli interessi dei consumatori dovrebbero essere al centro della presente direttiva e la qualità del servizio dovrebbe rientrare tra le competenze fondamentali delle imprese elettriche. Occorre rafforzare e salvaguardare gli attuali diritti dei consumatori, garantendo tra l’altro una maggiore trasparenza. Le disposizioni in materia di protezione dei consumatori dovrebbero assicurare che ciascuno di essi, nel mandato della Comunità più ampio, tragga profitto da un mercato competitivo. I diritti dei consumatori dovrebbero essere fatti rispettare dagli Stati membri o, ove lo Stato membro abbia così disposto, dalle autorità di regolamentazione.

(52)      I consumatori di energia elettrica devono poter disporre di informazioni chiare e comprensibili sui loro diritti in relazione al settore energetico. (...)

(...)

(54)      Garantire una maggiore protezione dei consumatori implica mettere a disposizione misure efficaci di risoluzione delle controversie per tutti i consumatori. (...)

(...)

(57)      La promozione di una concorrenza leale e di un facile accesso per i vari fornitori, nonché delle capacità di nuova produzione di energia elettrica dovrebbe rivestire la massima importanza per gli Stati membri al fine di permettere ai consumatori di godere pienamente delle opportunità di un mercato interno dell’energia elettrica liberalizzato».

4        L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», così disponeva:

«La presente direttiva stabilisce norme comuni per la generazione, la trasmissione, la distribuzione e la fornitura dell’energia elettrica, unitamente a disposizioni in materia di protezione dei consumatori al fine di migliorare e integrare i mercati competitivi dell’energia elettrica nella Comunità europea. (...)».

5        Ai sensi dell’articolo 2 di detta direttiva:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

7.      “cliente”: il cliente grossista e finale di energia elettrica;

(...)

9.      “cliente finale”: il cliente che acquista energia elettrica per uso proprio;

10.      “cliente civile”: il cliente che acquista energia elettrica per il proprio consumo domestico, escluse le attività commerciali o professionali;

11.      “cliente non civile”: la persona fisica o giuridica che acquista energia elettrica non destinata al proprio uso domestico, inclusi i produttori e i clienti grossisti;

12.      “cliente idoneo”: il cliente che è libero di acquistare energia elettrica dal fornitore di propria scelta, ai sensi dell’articolo 33;

(...)».

6        L’articolo 3 della medesima direttiva, intitolato «Obblighi relativi al servizio pubblico e tutela dei consumatori», ai paragrafi da 3 a 5 e 7 prevedeva quanto segue:

«3.      Gli Stati membri provvedono affinché tutti i clienti civili e, se gli Stati membri lo ritengono necessario, le piccole imprese (aventi cioè meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo o un totale di bilancio non superiore a 10 milioni di EUR) usufruiscano nel rispettivo territorio del servizio universale (...).

(...)

4.      Gli Stati membri provvedono a che tutti i clienti abbiano il diritto di essere riforniti di elettricità da un fornitore – ove questi accetti – a prescindere dallo Stato membro in cui il fornitore sia registrato (...).

5.      Gli Stati membri provvedono a che:

a)      qualora un cliente, nel rispetto delle condizioni contrattuali, intenda cambiare fornitore, l’operatore o gli operatori interessati effettuino tale cambiamento entro tre settimane; (...)

(...)

Gli Stati membri provvedono inoltre affinché i diritti di cui alle lettere a) e b) siano riconosciuti a tutti i clienti in modo non discriminatorio per quanto riguarda i costi, gli oneri o il tempo.

(...)

7.      Gli Stati membri adottano misure adeguate per tutelare i clienti finali (...). Essi garantiscono un elevato livello di protezione dei consumatori, con particolare riguardo alla trasparenza delle condizioni generali di contratto, alle informazioni generali ed ai meccanismi di risoluzione delle controversie. Gli Stati membri provvedono affinché i clienti idonei possano effettivamente cambiare fornitore con facilità. Per quanto riguarda almeno i clienti civili, queste misure comprendono quelle che figurano nell’allegato I».

7        L’articolo 33 della direttiva 2009/72, intitolato «Apertura del mercato e reciprocità», al paragrafo 1 precisava quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono affinché tra i clienti idonei rientrino:

(...)

c)      a partire dal 1º luglio 2007, tutti i clienti».

8        L’allegato I della direttiva in parola, intitolato «Misure sulla tutela dei consumatori», al punto 1 enunciava quanto segue:

«Fatte salve le norme comunitarie relative alla tutela dei consumatori, (…), le misure di cui all’articolo 3 consistono nel garantire che i clienti:

a)      abbiano diritto a un contratto con il loro fornitore del servizio di energia elettrica che specifichi:

(...)

–        la durata del contratto, le condizioni di rinnovo e di cessazione dei servizi e del contratto, e se sia consentito il recesso dal contratto senza oneri,

(...)

Le condizioni devono essere eque e comunicate in anticipo. Dovrebbero comunque essere trasmesse prima della conclusione o della conferma del contratto. (...)

(...)

e)      non debbano sostenere spese per cambiare fornitore;

(...)».

9        La direttiva 2009/72 è stata abrogata e sostituita, con effetto dal 1º gennaio 2021, dalla direttiva (UE) 2019/944 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che modifica la direttiva 2012/27/UE (GU 2019, L 158, pag. 125), conformemente all’articolo 72, primo comma, della direttiva 2019/944.

 Direttiva 2019/944

10      L’articolo 4 della direttiva 2019/944, intitolato «Libera scelta del fornitore», così dispone:

«Gli Stati membri assicurano che tutti i clienti siano liberi di acquistare energia elettrica dal produttore o fornitore di loro scelta e assicurano che tutti i clienti siano liberi di avere più di un contratto di fornitura di energia elettrica allo stesso tempo, purché siano stabiliti i punti di connessione e misurazione richiesti».

11      L’articolo 12 di tale direttiva, intitolato «Diritto di cambiare e norme sui relativi oneri», al paragrafo 3 prevede quanto segue:

«(...) [G]li Stati membri possono consentire ai fornitori (...) di imporre oneri di risoluzione del contratto ai clienti che risolvano volontariamente un contratto di fornitura di energia elettrica a tempo determinato e a prezzo fisso prima della scadenza, purché tali oneri rientrino in un contratto che il cliente ha sottoscritto volontariamente e siano comunicati in modo chiaro al cliente prima della sottoscrizione del contratto. Detti oneri devono essere proporzionati e non eccedere la perdita economica diretta incorsa dal fornitore (...) risultante dalla risoluzione del contratto da parte del cliente, compresi i costi di eventuali pacchetti di investimenti o servizi già forniti al consumatore nell’ambito del contratto. L’onere della prova della perdita economica diretta è a carico del fornitore (...) e la legittimità degli oneri di risoluzione del contratto è soggetta al controllo dell’autorità di regolazione o di un’altra autorità nazionale competente».

 Diritto polacco

12      La ustawa – Prawo energetyczne (legge sull’energia), del 10 aprile 1997 (Dz. U. n. 54, posizione 348), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge sull’energia»), all’articolo 4j, paragrafo 3a, enuncia quanto segue:

«Un cliente finale può recedere da un contratto concluso a tempo determinato, in base al quale un’impresa energetica gli fornisce combustibili gassosi o energia, senza dover sostenere costi e versare indennizzi diversi da quelli risultanti dal contenuto del contratto, trasmettendo una dichiarazione scritta all’impresa energetica».

13      La ustawa – Kodeks cywilny (legge recante il codice civile), del 23 aprile 1964 (Dz. U. n. 16, posizione 93), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «codice civile»), all’articolo 483, paragrafo 1, prevede quanto segue:

«Il contratto può prevedere che il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento o dall’inesatto adempimento di un’obbligazione non pecuniaria avvenga mediante il pagamento di una somma determinata (penale contrattuale)».

14      Ai sensi dell’articolo 484 del codice civile:

«§1.      In caso di inadempimento o di inesatto adempimento di un’obbligazione, la penale contrattuale è dovuta al creditore nella misura prevista in relazione a tale evento, indipendentemente dall’ammontare del danno subito. La domanda di risarcimento danni superiore all’importo della penale prevista non è ricevibile, salvo diverso accordo delle parti.

§2.      Qualora sia stata eseguita una parte sostanziale dell’obbligazione, il debitore può chiedere una riduzione della penale contrattuale; lo stesso vale nel caso in cui la penale contrattuale sia manifestamente eccessiva».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15      Il 1º gennaio 2010, la società G, una piccola impresa con meno di 50 dipendenti, e il fornitore W hanno concluso un contratto generale (in prosieguo: il «contratto generale»), con il quale quest’ultimo si è impegnato a vendere energia elettrica destinata a un’azienda agrituristica situata a K. (Polonia).

16      Il 23 febbraio 2015 tali parti hanno concluso un accordo in base al quale la società G si impegnava a proseguire tale contratto generale quantomeno fino al 31 dicembre 2016. In tale accordo, esse hanno altresì pattuito che avrebbero avuto il diritto di recedere da detto contratto mediante preavviso e che, in caso di recesso da parte della società G prima della scadenza del periodo per il quale esso era stato concluso, il fornitore W avrebbe preteso da tale società il pagamento di una somma corrispondente al prezzo dell’energia elettrica che detta società si era impegnata ad acquistare presso di esso ma che non aveva ancora pagato né consumato, prezzo che era stabilito in detto accordo.

17      Peraltro, il 30 gennaio 2015 la società G ha concluso con la Z S.A., un altro fornitore di energia elettrica, un contratto di fornitura di energia elettrica relativo alla stessa azienda agrituristica. Sulla base del mandato conferitogli in tale ambito, il 25 febbraio 2015 la Z ha informato il fornitore W della conclusione di tale nuovo contratto e, nell’eventualità in cui esso non acconsentisse alla nuova situazione, gli ha comunicato il recesso dal contratto generale.

18      Il 9 marzo 2016 il fornitore W ha trasmesso alla società G una nota di debito dell’importo di 63 959,70 zloty polacchi (PLN) (circa EUR 14 161), a titolo della penale contrattuale imposta in caso di recesso anticipato dal contratto generale, risultante dal cambiamento anticipato di fornitore di energia elettrica. Poiché tale società non ha proceduto al pagamento richiesto entro il termine impartito, il 21 novembre 2016 detto fornitore ha adito il Sąd Rejonowy dla m. st. Warszawy w Warszawie (Tribunale circondariale della città di Varsavia, Polonia) proponendo una domanda diretta alla condanna di detta società a versargli tale somma, maggiorata degli interessi.

19      Con sentenza del 7 febbraio 2020, detto giudice ha accolto tale domanda. Esso ha in particolare considerato che, poiché il contratto del fornitore W con la società G era stato risolto prima del termine pattuito a causa del cambiamento di fornitore effettuato con la stipula di un nuovo contratto con la Z, detto fornitore W fosse in diritto di esigere il pagamento della penale contrattuale. A tale proposito, esso ha rilevato che, da un lato, in forza dell’articolo 484, paragrafo 1, del codice civile, una richiesta di penale contrattuale non è subordinata alla prova dell’esistenza di un danno e, dall’altro lato, l’importo richiesto corrispondeva a quanto stipulato nell’accordo menzionato al punto 16 della presente sentenza.

20      La società G ha impugnato tale sentenza dinanzi al Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia, Polonia), giudice del rinvio, sostenendo, in particolare, che, conformemente all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2009/72, la penale contrattuale non poteva esserle imposta. A tale riguardo, essa ha sottolineato che il fornitore W non aveva subito un danno, ma unicamente un lucro cessante. A sua difesa, tale fornitore sostiene che, in applicazione dell’articolo 484, paragrafo 1, del codice civile, l’importo di una penale contrattuale è indipendente dall’importo del danno subito.

21      Il giudice del rinvio osserva, in via preliminare, che, sebbene la direttiva 2009/72 sia applicabile ratione temporis alla controversia di cui è investito, l’articolo 4 e l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2019/944 hanno fornito precisazioni a tale prima direttiva, le quali possono, a suo avviso, avere un impatto sull’attuazione dei diritti dei clienti previsti dalla direttiva 2009/72.

22      Per quanto riguarda la controversia principale, esso rileva, in primo luogo, che l’articolo 4j, paragrafo 3a, della legge sull’energia consente il recesso da un contratto a tempo determinato senza sostenere costi e versare indennizzi diversi da quelli risultanti dal contenuto del contratto, ma che tale legge non prevede alcun criterio, neppure un criterio di proporzionalità, per ciò che concerne il calcolo di tali costi e indennizzi e non esclude la possibilità di chiedere un indennizzo forfettario. Esso indica altresì che una penale contrattuale, ai sensi del codice civile, può essere ridotta da un giudice solo su richiesta della parte interessata e che è su quest’ultima che grava l’onere della prova del carattere eccessivo di tale penale.

23      Peraltro, il giudice del rinvio rileva che, se è possibile, secondo la dottrina, annullare indennità di recesso manifestamente eccessive per quanto riguarda i rapporti contrattuali con i consumatori, non sarebbe invece ipotizzabile esaminare il carattere eventualmente abusivo di clausole che impongono siffatte penali contrattuali qualora il rapporto contrattuale riguardi una piccola impresa.

24      A tale proposito, esso osserva che la legge sull’energia non contiene alcun riferimento alla tutela dei consumatori e non prevede alcuna possibilità di riduzione d’ufficio delle penali per i clienti non civili né contiene criteri per il calcolo di queste ultime. Orbene, da un lato, l’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2009/72 obbligherebbe gli Stati membri a provvedere affinché il diritto di cambiare fornitore sia riconosciuto a tutti i clienti in modo non discriminatorio per quanto riguarda i costi, gli oneri o il tempo. Dall’altro lato, l’articolo 3, paragrafo 7, della stessa menzionerebbe la necessità che tale diritto possa essere effettivamente e agevolmente esercitato, il che implicherebbe il rispetto, nell’attuazione di detto diritto, di un’adeguata proporzionalità tra l’importo della penale contrattuale e i costi sostenuti dalla controparte contrattuale. Inoltre, secondo il giudice del rinvio, sebbene l’articolo 3, paragrafo 7, della direttiva 2009/72, in combinato disposto con l’allegato I della stessa, stabilisca che, per un cliente civile, il cambiamento di fornitore non dà luogo ad alcun pagamento, la legge sull’energia non contiene una siffatta precisazione.

25      Il giudice del rinvio ritiene che il fatto che il diritto nazionale ammetta la stipula di penali contrattuali senza peraltro fissare criteri per stabilirne gli importi, potrebbe vanificare l’obiettivo di tutela dei consumatori perseguito dal legislatore dell’Unione quando ha dettato l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72 e l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2019/944, nonché la libertà dei clienti di recedere dai contratti, e distorcere le garanzie di parità di accesso ai clienti per le imprese elettriche dell’Unione.

26      Alla luce di tali elementi, il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72 osti alla possibilità di imporre a un cliente una penale contrattuale a titolo del recesso, da parte di quest’ultimo, da un contratto di fornitura di energia concluso a tempo determinato, nel caso in cui tale cliente intenda cambiare fornitore, senza che si tenga conto del danno subito e senza che la legge applicabile precisi criteri per il calcolo delle spese e la loro riduzione.

27      In secondo luogo, il giudice del rinvio si interroga sulla possibilità di imporre contrattualmente ai clienti consumatori di energia oneri per il recesso da un contratto di fornitura di energia prima della sua scadenza, nell’ambito di un cambiamento di fornitore, qualora tali oneri corrispondano de facto ai costi dell’energia non utilizzata, tenuto conto dell’obiettivo di garantire una possibilità effettiva di cambiare con facilità il fornitore di energia nonché un’attuazione non discriminatoria del cambiamento di fornitore di energia, e della necessità di rispettare il principio di proporzionalità. Esso ritiene che la direttiva 2019/944 fornisca al riguardo, all’articolo 12, paragrafo 3, indicazioni utili per l’interpretazione dell’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72, in particolare con il suo riferimento alla «perdita economica diretta» incorsa dal fornitore e alla proporzionalità.

28      In tale contesto, esso afferma che una penale contrattuale del tipo «take or pay» fa gravare sul cliente l’intero rischio finanziario di tale contratto. Essa sarebbe quindi manifestamente eccessiva e potrebbe obbligare il cliente a proseguire l’esecuzione del contratto anche se non lo desidera. Tuttavia, per tali contratti, la «perdita economica diretta» potrebbe corrispondere ai costi connessi alla fornitura di energia al cliente interessato e alla necessità di manutenzione dell’intera infrastruttura, alle spese relative ai contratti di trasporto o di distribuzione già conclusi nonché agli stipendi. Esso si interroga, quindi, sull’interpretazione della nozione di «proporzione adeguata dell’onere in relazione alla perdita economica diretta» di un fornitore di energia e si chiede se la direttiva 2009/72 imponga che la normativa nazionale preveda espressamente come debbano essere calcolati tali oneri.

29      In tali circostanze, il Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia) ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della [direttiva 2009/72], il quale impone che la realizzazione dei diritti del cliente di energia (piccola impresa), nel caso del cambiamento del fornitore di energia, avvenga nel rispetto del principio che garantisce ai clienti idonei di poter effettivamente cambiare fornitore con facilità e in modo non discriminatorio per quanto riguarda i costi, gli oneri o il tempo, debba essere interpretato nel senso che esso osta alla possibilità di infliggere al cliente una penale contrattuale per la risoluzione di un contratto di fornitura di energia elettrica a tempo determinato nell’ipotesi in cui il cliente volesse cambiare fornitore di energia, indipendentemente dall’ammontare del danno subito (articolo 483, paragrafo 1, e articolo 484, paragrafi 1 e 2, del [codice civile]) e senza che [la legge sull’energia] preveda un qualsiasi criterio per il calcolo di tali oneri e per la determinazione di una riduzione.

2)      Se l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva [2009/72], il quale impone che la realizzazione dei diritti del cliente di energia (piccola impresa), nel caso del cambiamento del fornitore di energia, avvenga in modo non discriminatorio per quanto riguarda i costi, gli oneri o il tempo e nel rispetto del principio che garantisce ai clienti idonei di poter effettivamente cambiare fornitore con facilità, debba essere interpretato nel senso che esso osta a un’interpretazione delle clausole contrattuali la quale consente, in caso di risoluzione anticipata di un contratto di fornitura di energia concluso con un fornitore a tempo determinato, di addebitare ai clienti (piccole imprese) oneri corrispondenti di fatto al costo del prezzo dell’energia non consumata fino alla scadenza [iniziale] del contratto, secondo il principio “[take or pay]”».

 Sulle questioni pregiudiziali

30      In via preliminare, occorre rilevare, da un lato, che, sebbene il giudice del rinvio faccia riferimento, nella motivazione della sua domanda di pronuncia pregiudiziale, a varie disposizioni della direttiva 2019/944, quest’ultima ha abrogato e sostituito la direttiva 2009/72 solo a partire dal 1º gennaio 2021. Pertanto, in considerazione della data dei fatti all’origine della controversia principale, quest’ultima continua ad essere disciplinata dalla direttiva 2009/72. Non è quindi necessario, nel caso di specie, interpretare la direttiva 2019/944, che non è, inoltre, formalmente contemplata dalle questioni sollevate dal giudice del rinvio. Dall’altro lato, sebbene il giudice del rinvio faccia riferimento, in generale, alla fornitura di energia, nel procedimento principale è in discussione soltanto la fornitura di energia elettrica. La direttiva 2009/72 verte peraltro soltanto sul mercato interno dell’energia elettrica, conformemente al suo articolo 1.

31      In tali circostanze, si deve intendere che, con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72 debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale, in caso di recesso anticipato, da parte di una piccola impresa, da un contratto di fornitura di energia elettrica concluso a tempo determinato e a un prezzo fisso, al fine di cambiare fornitore, quest’ultima è tenuta al pagamento della penale contrattuale stipulata in tale contratto, il cui importo può corrispondere all’intero prezzo dell’energia elettrica che essa si era impegnata ad acquistare, anche se tale energia elettrica non è stata e non sarà consumata, allorché tale normativa non prevede criteri per il calcolo di una siffatta penale o per la sua eventuale riduzione.

32      Ai fini dell’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della sua lettera, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte.

33      Per quanto riguarda, in primo luogo, la formulazione delle disposizioni di cui si chiede l’interpretazione, l’articolo 3, paragrafo 5, primo comma, lettera a), della direttiva 2009/72 prevede che gli Stati membri provvedano a che, qualora un cliente, nel rispetto delle condizioni contrattuali, intenda cambiare fornitore, l’operatore o gli operatori interessati effettuino tale cambiamento entro tre settimane. Il secondo comma del paragrafo 5 dell’articolo 3 di tale direttiva aggiunge che gli Stati membri provvedono affinché i diritti di cui al primo comma di tale paragrafo 5 siano riconosciuti ai clienti in modo non discriminatorio per quanto riguarda i costi, gli oneri o il tempo. Quanto al paragrafo 7 di tale articolo 3, esso stabilisce che gli Stati membri adottano misure adeguate per tutelare i clienti finali, garantiscono un elevato livello di protezione dei consumatori, con particolare riguardo alla trasparenza delle condizioni generali di contratto, e provvedono affinché i clienti idonei possano effettivamente cambiare fornitore con facilità. Tale disposizione precisa inoltre che, per quanto riguarda almeno i clienti civili, queste misure comprendono quelle che figurano nell’allegato I di tale direttiva.

34      Peraltro, ai sensi del punto 9 dell’articolo 2 della medesima direttiva, la nozione di «cliente finale» riguarda «il cliente che acquista energia elettrica per uso proprio», mentre, ai sensi del punto 12 di tale articolo 2, la nozione di «cliente idoneo» comprende «il cliente che è libero di acquistare energia elettrica dal fornitore di propria scelta, ai sensi dell’articolo 33 [della direttiva 2009/72]». Quest’ultima nozione include quindi, a partire dal 1º luglio 2007, «tutti i clienti», conformemente all’articolo 33, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva.

35      Occorre altresì rilevare, al pari dell’avvocato generale alla nota 17 delle sue conclusioni, che la direttiva 2009/72 non contiene una definizione della nozione di «consumatore» che figura nella direttiva, ma dal considerando 1 di tale direttiva, il quale enuncia che il mercato interno dell’energia elettrica ha lo scopo di offrire una reale libertà di scelta «a tutti i consumatori dell’Unione (...), privati o imprese», così come dal considerando 42 della stessa, si può dedurre che, in mancanza di indicazione in senso contrario in una disposizione di detta direttiva, tale termine riveste, nella medesima direttiva, un significato ampio e include quindi, in linea di principio, ogni «cliente finale», vale a dire tanto i «clienti civili» quanto i «clienti finali non civili», comprese le piccole imprese.

36      Da quanto precede risulta che la formulazione dell’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72, letto alla luce delle definizioni pertinenti menzionate ai punti 34 e 35 della presente sentenza, si limita in sostanza a imporre che una normativa nazionale come quella descritta al punto 31 della presente sentenza, in primo luogo, garantisca che un cliente finale possa, se lo desidera, cambiare effettivamente e con facilità fornitore di energia elettrica, nel rispetto dei termini e delle condizioni del suo contratto di fornitura di energia elettrica, in secondo luogo, assicuri che clausole contrattuali come quelle descritte a detto punto 31 siano trasparenti e, in terzo luogo, preveda un meccanismo di risoluzione delle controversie che potrebbero sorgere tra i consumatori e il loro fornitore di energia elettrica.

37      Orbene, il fatto che una siffatta normativa nazionale consenta che un contratto di fornitura di energia elettrica a tempo determinato e a un prezzo fisso preveda che sarà dovuta una penale contrattuale in caso di recesso anticipato del cliente dal contratto, al fine di cambiare fornitore, anche qualora essa presenti le caratteristiche descritte al punto 31 della presente sentenza e purché tale normativa imponga, da un lato, che una siffatta clausola contrattuale sia redatta in termini chiari, che consentano al cliente di comprenderne la portata prima della firma del contratto, e sia liberamente consentita, soddisfacendo così la condizione di trasparenza che tale formulazione impone, e, dall’altra, preveda una possibilità di ricorso, amministrativo o giurisdizionale, in caso di controversia, non osta necessariamente a che tale cliente possa effettivamente cambiare fornitore con facilità.

38      Per contro, si può rilevare che l’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2009/72 precisa che i cambiamenti di fornitore avvengono nel rispetto dei termini e delle condizioni dei contratti.

39      Inoltre, è vero che, come già indicato al punto 33 della presente sentenza, l’ultima frase dell’articolo 3, paragrafo 7, di tale direttiva prevede che, per quanto riguarda almeno i clienti civili, al fine di garantire un livello elevato di tutela dei consumatori, gli Stati membri devono adottare le misure di cui all’allegato I della direttiva suddetta. Come risulta da tale allegato I, queste ultime includono misure intese a far sì che i clienti, ai sensi del paragrafo 1, lettera a), di detto allegato I, abbiano diritto a un contratto concluso con il loro fornitore del servizio di energia elettrica che specifichi se sia consentito il recesso dal contratto senza oneri e, ai sensi del paragrafo 1, lettera e), del medesimo allegato I, non debbano sostenere spese per cambiare fornitore. Orbene, dal punto 10 dell’articolo 2 della medesima direttiva risulta che la nozione di «cliente civile» riguarda «il cliente che acquista energia elettrica per il proprio consumo domestico, escluse le attività commerciali o professionali», mentre quella di «cliente non civile» riguarda, ai sensi del punto 11 di tale articolo 2, «la persona fisica o giuridica che acquista energia elettrica non destinata al proprio uso domestico, inclusi i produttori e i clienti grossisti».

40      Dato che l’articolo 3, paragrafo 7, della direttiva 2009/72 prevede espressamente che gli Stati membri possono, ai fini dell’applicazione delle misure di cui all’allegato I di tale direttiva, distinguere i clienti che acquistano energia elettrica per il proprio consumo domestico dai clienti che acquistano energia elettrica per un’attività commerciale o professionale, tale articolo 3, paragrafo 7, lungi dall’opporsi a una normativa nazionale come quella descritta al punto 31 della presente sentenza, tende, al contrario, a dimostrare che gli Stati membri sono liberi di prevedere che, in caso di recesso anticipato, da parte di una piccola impresa, da un contratto di fornitura di energia elettrica concluso a tempo determinato e a un prezzo fisso, al fine di cambiare fornitore, quest’ultima è tenuta al pagamento della penale contrattuale stipulata in tale contratto.

41      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il contesto in cui si inseriscono i paragrafi 5 e 7 dell’articolo 3 della direttiva 2009/72, occorre rilevare, anzitutto, che nessuna disposizione della direttiva 2009/72 impone agli Stati membri di prevedere la possibilità di cambiare fornitore senza oneri, o misure analoghe, a favore dei clienti finali non civili, anche se si tratta di piccole imprese.

42      Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 4, di tale direttiva dispone, in sostanza, che gli Stati membri provvedono affinché tutti i clienti abbiano il diritto di essere riforniti di elettricità da un fornitore, ove questi accetti.

43      Infine, il considerando 51 della direttiva 2009/72 ricorda che gli interessi dei consumatori sono al centro di tale direttiva e che le autorità nazionali competenti devono garantire il rispetto dei loro diritti, il considerando 52 di quest’ultima enuncia che i consumatori dovrebbero poter disporre di «informazioni chiare e comprensibili sui loro diritti in relazione al settore energetico» e il considerando 54 di detta direttiva precisa che le misure di risoluzione delle controversie che devono essere previste ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, della medesima direttiva devono essere a favore di «tutti i consumatori».

44      Di conseguenza, si deve constatare che da tale contesto non risulta che, qualora lo Stato membro interessato non abbia scelto di estendere il beneficio delle misure di cui all’allegato I della direttiva 2009/72 a clienti diversi dai clienti civili, le disposizioni di cui si chiede l’interpretazione ostino, in linea di principio, a una normativa nazionale come quella descritta al punto 31 della presente sentenza. Per contro, da detto contesto discende, in sostanza, che una siffatta normativa nazionale deve garantire che i clienti abbiano il diritto di scegliere il proprio fornitore e che i consumatori siano informati in modo chiaro e comprensibile dei loro diritti e siano posti in condizione di farli rispettare nell’ambito di un meccanismo di risoluzione delle controversie.

45      Per quanto riguarda, in terzo luogo, gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2009/72, si deve rilevare che, ai sensi del suo articolo 1, tale direttiva ha lo scopo di stabilire norme comuni per la generazione, la trasmissione, la distribuzione e la fornitura dell’energia elettrica, unitamente a disposizioni in materia di protezione dei consumatori al fine di migliorare e integrare i mercati competitivi dell’energia elettrica nell’Unione. In tale ambito, e come emerge dai considerando 3, 7 e 8 di detta direttiva, essa mira, in particolare, a creare un mercato interno dell’energia elettrica completamente aperto e competitivo, che consenta a ogni consumatore la libera scelta dei fornitori e a questi ultimi la libera fornitura ai propri clienti, a promuovere la competitività nell’ambito del mercato interno, al fine di assicurare la fornitura di energia elettrica al prezzo più competitivo possibile, e a creare condizioni di concorrenza uniformi in questo mercato, per giungere al completamento del mercato interno dell’energia elettrica (v., in tal senso, sentenze del 17 ottobre 2019, Elektrorazpredelenie Yug, C‑31/18, EU:C:2019:868, punto 39, nonché dell’11 giugno 2020, Prezident Slovenskej republiky, C‑378/19, EU:C:2020:462, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

46      Sempre in tal senso, il considerando 57 della medesima direttiva enuncia che la promozione di una concorrenza leale e di un facile accesso per i vari fornitori, nonché delle capacità di nuova produzione di energia elettrica dovrebbe rivestire la massima importanza per gli Stati membri al fine di permettere ai consumatori di godere pienamente delle opportunità di un mercato interno dell’energia elettrica liberalizzato.

47      A tale riguardo, occorre rilevare, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni, che i contratti di fornitura di energia elettrica a tempo determinato e a prezzo fisso possono assicurare la tutela dei clienti garantendo loro un prezzo basso e stabile dell’energia elettrica, offrendo ai consumatori la certezza che i costi che essi dovranno sostenere non variano per tutta la durata del contratto. Tuttavia, al fine di far fronte ai suoi obblighi derivanti da tali contratti, il fornitore di energia elettrica interessato può aver sostenuto spese specifiche, le quali hanno potuto comportare, per lui, costi supplementari rispetto ad un contratto a tempo indeterminato e non a prezzo fisso, in particolare al fine di premunirsi contro la volatilità dei costi nel mercato all’ingrosso. Pertanto, la possibilità di permettere l’imposizione di una penale contrattuale a carico del cliente in caso di recesso anticipato da questo tipo di contratto a tempo determinato e a un prezzo fisso può consentire al fornitore di compensare i costi particolari derivanti, a suo carico, da tale tipo di contratto, evitandogli al contempo di dover trasferire a tutti i suoi clienti il rischio finanziario associato a tale tipo di contratto, il che potrebbe comportare un aumento dei prezzi dell’energia elettrica per tali clienti e, in ultima analisi, sarebbe contrario all’obiettivo di garantire i prezzi più competitivi possibili per i consumatori.

48      Occorre, tuttavia, tener conto anche dell’obiettivo generale perseguito dalla direttiva 2009/72 di completare il mercato interno dell’energia elettrica nonché degli obiettivi più specifici, enunciati ai considerando 51 e 57 di tale direttiva, di far beneficiare i consumatori di un mercato competitivo e liberalizzato. Orbene, la realizzazione di tali obiettivi sarebbe compromessa se una normativa nazionale consentisse l’imposizione di penali contrattuali sproporzionate rispetto ai costi generati dal contratto ma non interamente ammortizzati a causa del recesso anticipato da quest’ultimo. Infatti, simili penali possono dissuadere artificialmente i clienti interessati dal recesso anticipato dal loro contratto di fornitura di energia elettrica a tempo determinato e a un prezzo fisso al fine di cambiare fornitore e, quindi, impedire loro di beneficiare pienamente di un mercato interno dell’energia elettrica competitivo e liberalizzato.

49      A tale proposito, poiché le questioni sollevate riguardano una normativa nazionale che, da un lato, prevede che i costi e le indennità che possono essere contrattualmente pattuiti in caso di recesso anticipato, da parte di un cliente finale non civile, da un siffatto contratto di fornitura di energia elettrica sono dovuti indipendentemente da qualsiasi danno eventualmente subito dal fornitore iniziale e che, dall’altro, non stabilisce alcun criterio che disciplini il calcolo di questi ultimi o la loro eventuale riduzione da parte dell’autorità, amministrativa o giudiziaria, che sia investita di una controversia al riguardo, occorre rilevare che, certamente, la direttiva 2009/72 non contiene alcuna indicazione su tali punti.

50      Tuttavia, conformemente alla giurisprudenza della Corte, gli Stati membri devono esercitare le loro competenze nel rispetto del diritto dell’Unione e non possono quindi, in tal modo, compromettere l’effetto utile della direttiva 2009/72 (v., per analogia, sentenze del 30 giugno 2005, Candolin e a., C‑537/03, EU:C:2005:417, punti da 25 a 27, nonché del 17 dicembre 2015, Szemerey, C‑330/14, EU:C:2015:826, punto 42).

51      Orbene, alla luce di quanto constatato al punto 48 della presente sentenza, ciò si verificherebbe se, nell’ambito del meccanismo di risoluzione delle controversie che gli Stati membri sono tenuti a prevedere, in forza di tale direttiva, a favore dei consumatori di energia elettrica, l’autorità amministrativa o giudiziaria adita si trovasse nell’impossibilità di procedere ad una valutazione dell’importo di una penale contrattuale come quella di cui trattasi nel procedimento principale e, se del caso, di imporne la riduzione, o addirittura la sua eliminazione, qualora risultasse che essa è, alla luce dell’insieme delle circostanze che caratterizzano il caso di specie, di un importo sproporzionato rispetto ai costi originati da un contratto come quello di cui trattasi nel procedimento principale, ma non interamente ammortizzati a causa del recesso anticipato da quest’ultimo, cosicché essa avrebbe, in pratica, l’effetto di privare della sua sostanza il diritto del cliente finale di poter effettivamente cambiare fornitore con facilità, pregiudicando gli obiettivi della direttiva 2009/72 ricordati ai punti 45, 46 e 48 della presente sentenza.

52      Sebbene tale valutazione della proporzionalità dell’importo di una siffatta penale contrattuale spetti esclusivamente all’autorità nazionale investita di un’eventuale controversia, occorre tuttavia, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, indicare che, ai fini di detta valutazione, possono, in particolare, essere presi in considerazione la durata iniziale del contratto in questione, la durata che doveva ancora decorrere al momento del recesso, il quantitativo di energia elettrica che è stato acquistato per l’esecuzione di tale contratto, ma che non sarà alla fine consumato dal cliente, nonché i mezzi di cui un fornitore ragionevolmente diligente avrebbe disposto per limitare le eventuali perdite economiche che avrebbe subito a causa di tale recesso anticipato.

53      Nel caso di specie, dal fascicolo sottoposto alla Corte non risulta che la Repubblica di Polonia abbia inteso estendere ai clienti finali non civili o alle piccole imprese il beneficio delle misure enunciate nell’allegato I della direttiva 2009/72 che gli Stati membri, in forza dell’articolo 3, paragrafo 7, di quest’ultima, sono tenuti a prevedere a favore dei clienti civili. Inoltre, dalla decisione di rinvio risulta indubbiamente che la normativa nazionale applicabile prevede, in sostanza, che le parti del contratto siano libere di determinare l’importo della penale contrattuale applicabile in caso di recesso anticipato della controparte contrattuale rappresentata dal cliente finale da un contratto di fornitura di energia elettrica concluso a tempo determinato e a un prezzo fisso al fine di cambiare fornitore, e che l’importo convenuto è dovuto indipendentemente dall’entità del danno subito. Tuttavia, da tale decisione risulta altresì che è possibile, in forza dell’articolo 484, paragrafo 2, del codice civile, adire un’autorità giudiziaria in caso di controversia a tale riguardo e chiedere la riduzione dell’importo di tale penale «qualora sia stata eseguita una parte sostanziale dell’obbligazione» o se tale penale «sia manifestamente eccessiva». Peraltro, dal fascicolo sottoposto alla Corte non risulta neppure che le altre condizioni il cui rispetto è imposto dalla direttiva 2009/72, ricordate al punto 36 della presente sentenza, non siano garantite dal diritto polacco. In tali circostanze, e fatte salve le verifiche e le valutazioni finali che spetta al giudice del rinvio effettuare, l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, di tale direttiva non sembra ostare all’applicazione a un cliente finale non civile, ai sensi di detta direttiva, di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

54      A tale proposito, occorre ancora aggiungere che, quand’anche, nell’ambito di tali verifiche, il giudice del rinvio dovesse constatare che la società G, da esso qualificata come «piccola impresa», non soddisfa le due condizioni cumulative, enunciate all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/72, che consentono di adottare una siffatta qualificazione alla luce di tale direttiva, ciò non inciderebbe sulla rilevanza della risposta fornita ai fini della risoluzione della controversia principale, poiché, come risulta dalle considerazioni esposte al punto 44 della presente sentenza, tale risposta si impone, in linea di principio, per tutti i clienti finali non civili, ai sensi di detta direttiva, e poiché, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, non risulta che la società G non soddisfi quest’ultima qualificazione.

55      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle due questioni sollevate dichiarando che l’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale in forza della quale, in caso di recesso anticipato, da parte di una piccola impresa, da un contratto di fornitura di energia elettrica concluso a tempo determinato e a un prezzo fisso, al fine di cambiare fornitore, detta impresa è tenuta al pagamento della penale contrattuale stipulata in tale contratto, il cui importo può corrispondere alla totalità del prezzo dell’energia elettrica che essa si era impegnata ad acquistare, anche se tale energia elettrica non è stata né sarà consumata, allorché tale normativa non prevede criteri per il calcolo di tale penale o per la sua eventuale riduzione, purché la normativa suddetta, da un lato, garantisca che una siffatta clausola contrattuale debba essere chiara, comprensibile e liberamente stipulata e, dall’altro, preveda una possibilità di ricorso, amministrativo o giurisdizionale, nell’ambito del quale l’autorità adita può valutare il carattere proporzionato di tale penale alla luce di tutte le circostanze del caso di specie e, se del caso, imporne la riduzione o l’eliminazione.

 Sulle spese

56      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

L’articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a una normativa nazionale in forza della quale, in caso di recesso anticipato, da parte di una piccola impresa, da un contratto di fornitura di energia elettrica concluso a tempo determinato e a un prezzo fisso, al fine di cambiare fornitore, detta impresa è tenuta al pagamento della penale contrattuale stipulata in tale contratto, il cui importo può corrispondere alla totalità del prezzo dell’energia elettrica che essa si era impegnata ad acquistare, anche se tale energia elettrica non è stata né sarà consumata, allorché tale normativa non prevede criteri per il calcolo di tale penale o per la sua eventuale riduzione, purché la normativa suddetta, da un lato, garantisca che una siffatta clausola contrattuale debba essere chiara, comprensibile e liberamente stipulata e, dall’altro, preveda una possibilità di ricorso, amministrativo o giurisdizionale, nell’ambito del quale l’autorità adita può valutare il carattere proporzionato di tale penale alla luce di tutte le circostanze del caso di specie e, se del caso, imporne la riduzione o l’eliminazione.

Firme


*      Lingua processuale: il polacco.