Language of document : ECLI:EU:C:2024:12

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JEAN RICHARD DE LA TOUR

presentate l’11 gennaio 2024 (1)

Causa C808/21

Commissione europea

contro

Repubblica ceca

«Inadempimento di uno Stato – Cittadinanza dell’Unione – Articolo 22 TFUE – Diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali e del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato – Cittadini dell’Unione residenti nella Repubblica ceca senza averne la cittadinanza – Assenza del diritto di aderire a un partito politico – Candidatura alle elezioni comunali o alle elezioni del Parlamento europeo a condizioni diverse da quelle previste per i cittadini nazionali – Articolo 10 TUE – Principio di democrazia – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 12, 39 e 40 – Giustificazione – Articolo 4, paragrafo 2, TUE»






Indice


I. Introduzione

II. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione

1. Trattato FUE

2. Carta

3. Direttiva 93/109/CE

4. Direttiva 94/80/CE

B. Diritto ceco

1. Legge sui partiti politici

2. Legge sulle elezioni dei consigli comunali

3. Legge sulle elezioni del Parlamento europeo

III. Procedimento precontenzioso

IV. Conclusioni delle parti

V. Analisi

A. Sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica ceca

1. Argomenti delle parti

2. Analisi

B. Nel merito

1. Sul fondamento del ricorso per inadempimento

a) Argomenti delle parti

1) Commissione

2) Repubblica ceca

b) Analisi

2. Sull’esistenza di una restrizione all’esercizio dei diritti elettorali

a) Argomenti delle parti

1) Commissione

2) Repubblica ceca

b) Analisi

3. Sulla giustificazione della restrizione dell’adesione a un partito politico

a) Argomenti delle parti

1) Commissione

2) Repubblica ceca

3) Repubblica di Polonia, parte interveniente

b) Analisi

VI. Sulle spese

VII. Conclusione

VIII. Allegato I: regole in materia di finanziamento dei partiti politici fornite dalla Commissione

IX. Allegato II: informazioni fornite dalla Repubblica ceca in merito alla composizione delle liste e dei candidati eletti in occasione delle elezioni del Parlamento europeo e delle elezioni comunali



I.      Introduzione

1.        Con il suo ricorso in applicazione dell’articolo 258 TFUE e fondato sull’articolo 22 TFUE, la Commissione europea chiede alla Corte di accertare che la Repubblica ceca è venuta meno agli obblighi che le derivano da quest’ultima disposizione per il fatto che, sostanzialmente, negando ai cittadini dell’Unione europea che non hanno la cittadinanza ceca, ma risiedono nel suo territorio (2), il diritto di diventare membri di un partito politico, le possibilità dei medesimi di essere eletti alle elezioni comunali o del Parlamento europeo sono inferiori a quelle dei cittadini cechi (3).

2.        Nelle presenti conclusioni illustrerò le ragioni per le quali occorre respingere la posizione della Repubblica ceca secondo cui l’articolo 22 TFUE deve essere interpretato in maniera letterale, nel senso che disciplina unicamente le condizioni legali di eleggibilità, e spiegherò che, al contrario, l’analisi contestuale e teleologica degli obblighi risultanti da tale disposizione porta a riconoscere la fondatezza della censura vertente sulla violazione dell’esercizio effettivo del diritto di essere eleggibile, sostenuta dalla Commissione.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Trattato FUE

3.        L’articolo 20 TFUE così dispone:

«1.      È istituita una cittadinanza dell’Unione. È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce.

2.      I cittadini dell’Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati. Essi hanno, tra l’altro:

(...)

b)      il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiedono, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato;

(...).

Tali diritti sono esercitati secondo le condizioni e i limiti definiti dai trattati e dalle misure adottate in applicazione degli stessi».

4.        L’articolo 22 TFUE così dispone:

«1.      Ogni cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Tale diritto sarà esercitato con riserva delle modalità che il Consiglio adotta, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo; tali modalità possono comportare disposizioni derogatorie ove problemi specifici di uno Stato membro lo giustifichino.

2.      Fatte salve le disposizioni dell’articolo 223, paragrafo 1, e le disposizioni adottate in applicazione di quest’ultimo, ogni cittadino dell’Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Tale diritto sarà esercitato con riserva delle modalità che il Consiglio adotta, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo; tali modalità possono comportare disposizioni derogatorie ove problemi specifici di uno Stato membro lo giustifichino».

2.      Carta

5.        L’articolo 12 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (4), rubricato «Libertà di riunione e di associazione», è formulato come segue:

«1.      Ogni persona ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione a tutti i livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico, il che implica il diritto di ogni persona di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

2.      I partiti politici a livello dell’Unione contribuiscono a esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione».

3.      Direttiva 93/109/CE

6.        La direttiva 93/109/CE del Consiglio, del 6 dicembre 1993, relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini (5), enuncia, al suo considerando 4, quanto segue:

«considerando che l’articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE riguarda solo la possibilità di esercitare il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo, senza recare pregiudizio all’attuazione dell’articolo 138, paragrafo 3 del trattato CE, che prevede l’introduzione di una procedura uniforme in tutti gli Stati membri per tali elezioni; che esso mira essenzialmente ad eliminare la condizione della cittadinanza che attualmente è richiesta nella maggior parte degli Stati membri per esercitare tali diritti».

7.        L’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva così dispone:

«La presente direttiva stabilisce le modalità secondo cui i cittadini dell’Unione residenti in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza possono esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo».

4.      Direttiva 94/80/CE

8.        La direttiva 94/80/CE del Consiglio, del 19 dicembre 1994, che stabilisce le modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali per i cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza (6), enuncia, al suo considerando 5, quanto segue:

«considerando che l’articolo 8 B, paragrafo 1 del trattato ha lo scopo di consentire a tutti i cittadini dell’Unione, siano essi o meno cittadini dello Stato membro di residenza, di esercitare nell’Unione il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali alle stesse condizioni; che è quindi necessario che i requisiti che uno Stato membro prescrive per i cittadini di altri Stati membri, segnatamente quelli connessi alla prova e alla durata della residenza, siano identici a quelli eventualmente prescritti ai propri cittadini; che ai cittadini di altri Stati membri non dev’essere imposto il possesso di requisiti speciali, a meno che, in casi eccezionali, delle circostanze specifiche giustifichino un trattamento differenziato dei cittadini degli altri Stati membri rispetto ai propri cittadini».

9.        L’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva così dispone:

«La presente direttiva stabilisce le modalità secondo cui i cittadini dell’Unione residenti in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza possono esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali».

B.      Diritto ceco

1.      Legge sui partiti politici

10.      L’articolo 1, paragrafo 1, dello zákon č. 424/1991 Sb., o sdružování v politických stranách a v politických hnutích (legge n. 424/1991 sulle associazioni sotto forma di partiti politici e di movimenti politici), del 2 ottobre 1991, come modificata (7), prevede quanto segue:

«I cittadini hanno diritto di associarsi in partiti politici e in movimenti politici (in prosieguo: “partiti e movimenti”). L’esercizio di questo diritto consente ai cittadini di partecipare alla vita politica della società, in particolare alla costituzione dei corpi legislativi e degli enti territoriali regionali e locali (...)».

11.      L’articolo 2, paragrafo 3, di detta legge così dispone:

«Ogni cittadino che abbia compiuto i 18 anni può aderire a un partito o a un movimento; tuttavia, egli può aderire a un solo partito o movimento».

2.      Legge sulle elezioni dei consigli comunali

12.      L’articolo 20, paragrafo 1, dello zákon č. 491/2001 Sb., o volbách do zastupitelstev obcí a o změně některých zákonů (legge n. 491/2001 sulle elezioni nei consigli comunali e recante modifica di talune leggi), del 6 dicembre 2001, come modificata (8), così dispone:

«Possono costituire un partito elettorale in forza della presente legge i partiti politici e i movimenti politici registrati (...), le cui attività non siano state sospese, nonché le coalizioni di tali partiti, di candidati indipendenti, di associazioni di candidati indipendenti o di associazioni di partiti politici o movimenti politici e di candidati indipendenti».

3.      Legge sulle elezioni del Parlamento europeo

13.      L’articolo 21, paragrafo 1, dello zákon č. 62/2003 Sb., o volbách do Evropského parlamentu a o změně některých zákonů (legge n. 62/2003 sulle elezioni del Parlamento europeo e recante modifica di talune leggi) (9), del 18 febbraio 2003, così dispone:

«Le liste dei candidati alle elezioni del Parlamento europeo possono essere presentate dai partiti politici e dai movimenti politici registrati le cui attività non siano state sospese (...), nonché da loro coalizioni (...)».

14.      L’articolo 22, paragrafi 2 e 3, di detta legge enuncia quanto segue:

«(2)      La lista dei candidati deve essere accompagnata da un documento giustificativo che attesti la nazionalità del candidato e da una dichiarazione sottoscritta dal candidato che indichi che egli acconsente alla sua candidatura, che non è a conoscenza di ostacoli alla sua eleggibilità o, se del caso, che tali ostacoli saranno venuti meno alla data delle elezioni del Parlamento europeo, e che non ha chiesto di essere incluso in nessun’altra lista di candidati alle elezioni del Parlamento europeo, nemmeno in un altro Stato membro. Nella sua dichiarazione, il candidato riporterà inoltre il proprio luogo di residenza o, se si tratta di un cittadino di un altro Stato membro, il suo luogo di dimora e la sua data di nascita. La dichiarazione del candidato può essere redatta in lingua ceca o in una delle lingue di lavoro dell’Unione (...) conformemente all’articolo 4.

(3)      Qualora il candidato sia cittadino di un altro Stato membro, oltre alle informazioni previste al paragrafo 2, egli indicherà nella sua dichiarazione il suo luogo di nascita e il suo ultimo luogo di dimora nello Stato membro d’origine, allegherà una dichiarazione che certifichi che non è decaduto dal diritto di eleggibilità nel suo Stato membro d’origine e allegherà alla lista dei candidati i documenti di cui alla prima frase del paragrafo 2».

III. Procedimento precontenzioso

15.      Nel 2010, nell’ambito del sistema EU Pilot 1300/10/JUST, la Commissione ha esaminato la compatibilità con l’articolo 22 TFUE della limitazione ai soli cittadini cechi del diritto di aderire a un partito politico.

16.      Posto che le informazioni fornite dalla Repubblica ceca non avevano consentito di dissipare i dubbi della Commissione sull’inadempimento, da parte di detto Stato membro, degli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 22 TFUE, la stessa gli ha inviato, il 22 novembre 2012, una lettera di diffida. Nelle sue osservazioni in risposta del 22 gennaio 2013, detto Stato membro ha negato qualsiasi violazione del diritto dell’Unione non condividendo l’interpretazione dell’articolo in parola, in particolare quella relativa all’espressione «alle stesse condizioni» ivi contenuta. Esso ha sostenuto che il suddetto articolo non comporta in capo agli Stati membri alcun obbligo di consentire ai cittadini di altri Stati membri di fondare partiti politici o di divenirne membri.

17.      Il 22 aprile 2014 la Commissione ha emesso un parere motivato in cui ribadiva che la Repubblica ceca, negando ai cittadini «mobili» dell’Unione il diritto di fondare un partito politico o un movimento politico, nonché il diritto di divenirne membri, non aveva adempiuto agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 22 TFUE.

18.      Nella sua risposta del 20 giugno 2014, la Repubblica ceca ha affermato che le misure da essa adottate dovevano essere considerate proporzionate e, quindi, conformi al diritto dell’Unione.

19.      Con lettera del 2 dicembre 2020, il Commissario europeo per la giustizia ha chiesto alla Repubblica ceca di informarlo dell’eventuale evoluzione della sua posizione o dell’adozione di modifiche legislative dirette a garantire i diritti di cui trattasi ai cittadini «mobili» dell’Unione.

20.      Non avendo ricevuto risposta a tale lettera, la Commissione ha proposto il presente ricorso circoscrivendo il suo oggetto alla limitazione dello status di membro di un partito politico ai soli cittadini cechi. La Commissione ha precisato che si riservava la possibilità di affrontare nell’ambito di un separato procedimento la questione del diritto dei cittadini «mobili» dell’Unione di fondare un partito politico, sollevata nel corso delle precedenti fasi del procedimento.

IV.    Conclusioni delle parti

21.      Con il suo ricorso la Commissione chiede alla Corte di:

–        dichiarare che, «negando ai cittadini dell’Unione che non hanno la cittadinanza ceca, ma risiedono nella Repubblica ceca, il diritto di diventare membri di un partito politico o di un movimento politico [(10)], [detto Stato membro] è venut[o] meno ai propri obblighi derivanti dell’articolo 22 [TFUE]», e

–        condannare la Repubblica ceca alle spese.

22.      La Repubblica ceca chiede, in via principale, che il ricorso venga dichiarato irricevibile e, in subordine, che venga respinto in quanto infondato. Essa chiede inoltre la condanna della Commissione alle spese.

23.      Con decisione del presidente della Corte del 19 maggio 2022, la Repubblica di Polonia è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica ceca.

24.      A tal fine, nella sua memoria di intervento, la Repubblica di Polonia ha presentato osservazioni sull’esercizio dei diritti sanciti dall’articolo 22 TFUE, sui diritti elettorali dei cittadini dell’Unione alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali in forza del diritto ceco, nonché sui poteri derivanti dall’articolo 22 TFUE e dall’«affiliazione» a un partito politico.

25.      La Commissione chiude le sue osservazioni su tali tre serie di argomenti ribadendo le conclusioni formulate nell’atto introduttivo del suo ricorso.

V.      Analisi

26.      A sostegno del suo ricorso per inadempimento proposto contro la Repubblica ceca sulla base dell’articolo 22 TFUE e vertente sulla normativa nazionale che riconosce il diritto di aderire a un partito politico soltanto ai cittadini cechi, la Commissione osserva che detto Stato membro viola la disposizione succitata non rispettando il principio di non discriminazione in base alla nazionalità che gli impone di garantire ai cittadini «mobili» dell’Unione il diritto di candidarsi alle elezioni comunali o del Parlamento europeo alle stesse condizioni applicabili ai suoi cittadini.

27.      Essa sottolinea l’importanza della possibilità di aderire a un partito in occasione delle elezioni e osserva, in particolare, che l’articolo 12, paragrafo 2, della Carta stabilisce che, a livello dell’Unione, i partiti politici contribuiscono a esprimere la volontà politica dei cittadini dell’Unione.

A.      Sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica ceca

1.      Argomenti delle parti

28.      La Repubblica ceca sostiene che, sebbene fondi formalmente il suo ricorso sull’articolo 22 TFUE, la Commissione deduce, tuttavia, nel testo dell’atto introduttivo, la violazione di varie altre disposizioni del diritto dell’Unione.

29.      Detto Stato membro ritiene che, in mancanza di argomenti ricavabili dall’articolo 22 TFUE, che si limita, secondo la giurisprudenza della Corte (11), ad applicare al diritto di voto e di eleggibilità il principio di non discriminazione in base alla nazionalità, la Commissione ha dedotto, in realtà, con riferimento al diritto di aderire a un partito politico, una violazione del principio di non discriminazione enunciato all’articolo 18 TFUE e una violazione dell’articolo 12, paragrafo 1, della Carta.

30.      In tali circostanze, il fondamento del ricorso non sarebbe comprensibile e sarebbe diverso da quello trattato nell’ambito della fase precontenziosa del procedimento. Ciò esporrebbe la Corte al rischio di pronunciarsi ultra petita.

31.      A parere della Commissione, emerge chiaramente, sia dal suo ricorso sia dalle sue conclusioni, che la legge ceca che riconosce il diritto di aderire a un partito politico soltanto ai cittadini cechi è incompatibile con l’articolo 22 TFUE e che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, essa deve prendere in considerazione ulteriori norme di diritto primario, in particolare le disposizioni della Carta, al fine di tener conto del contesto giuridico delle disposizioni dei Trattati, nonché dei diritti fondamentali (12).

2.      Valutazione

32.      La Repubblica ceca ritiene che vari elementi alla base del ricorso pongano in contraddizione i motivi del ricorso con le conclusioni dello stesso.

33.      Secondo una giurisprudenza costante della Corte (13):

–        conformemente all’articolo 120, lettera c), del regolamento di procedura della Corte e alla giurisprudenza di quest’ultima relativa a tale disposizione, il ricorso deve indicare l’oggetto della controversia, i motivi e gli argomenti dedotti, nonché l’esposizione sommaria di tali motivi. Una siffatta indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e alla Corte di esercitare il suo controllo. Ne discende che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali si fonda un ricorso devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo del ricorso stesso e che le conclusioni di quest’ultimo devono essere formulate in modo inequivoco al fine di evitare che la Corte statuisca ultra petita ovvero ometta di pronunciarsi su una censura, e

–        in relazione a un ricorso proposto ai sensi dell’articolo 258 TFUE, le censure in esso contenute devono essere esposte in modo coerente e preciso, così da consentire allo Stato membro e alla Corte di comprendere esattamente la portata della violazione del diritto dell’Unione contestata, presupposto necessario affinché il suddetto Stato possa far valere utilmente i suoi motivi di difesa e affinché la Corte possa verificare l’esistenza dell’inadempimento addotto.

34.      Nel caso di specie, dai motivi del ricorso emerge inequivocabilmente e in linea con il parere motivato che l’articolo 22 TFUE, su cui esso si fonda, deve essere interpretato collocandolo nel suo contesto e prendendo in considerazione i legami esistenti con la Carta e, segnatamente, con l’articolo 12, paragrafo 1, della stessa.

35.      A tal proposito, la Commissione ha sostenuto che, tenuto conto del ruolo centrale ed essenziale svolto dai partiti politici nei sistemi elettorali degli Stati membri e al fine della partecipazione alla vita politica, non può ritenersi che un cittadino dell’Unione possa presentarsi alle elezioni nel suo Stato di residenza alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato se gli è impedito di presentarsi quale membro di un partito politico in detto Stato, poiché tale situazione ha un impatto negativo sulle possibilità di essere eletto.

36.      Ebbene, questo non significa che è dedotta una violazione dell’articolo 12, paragrafo 1, della Carta (14).

37.      Inoltre, l’equivoco eccepito dalla Repubblica ceca sembra legato alla sua analisi del fondamento dell’inadempimento contestato, che dovrebbe essere, a suo avviso, l’articolo 18 TFUE. Si tratta, quindi, di un mezzo di difesa che detto Stato ha potuto utilmente far valere e che deve essere sottoposto a un esame nel merito e non in sede di valutazione della ricevibilità del ricorso.

38.      Pertanto, propongo alla Corte di respingere tale eccezione di irricevibilità.

B.      Nel merito

1.      Sul fondamento del ricorso per inadempimento

a)      Argomenti delle parti

1)      Commissione

39.      Detta istituzione ricorda che l’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), e l’articolo 22 TFUE richiedono specificamente che i cittadini «mobili» dell’Unione possano candidarsi alle elezioni comunali o del Parlamento europeo «alle stesse condizioni» (15) dei cittadini dello Stato in questione. Essa riconosce che l’articolo 22 TFUE non precisa le diverse modalità concrete secondo le quali deve essere garantita la parità di trattamento, ma ritiene che esso stabilisca un obbligo generale e universale di parità di trattamento. In mancanza di un elenco esaustivo di requisiti, tra cui quello dell’adesione a un partito politico, il suddetto obbligo impone agli Stati membri di vigilare affinché le disposizioni esistenti consentano ai cittadini dell’Unione di votare e di presentarsi alle elezioni comunali e alle elezioni del Parlamento europeo alle stesse condizioni dei loro cittadini.

40.      Pertanto, per verificare se detto obbligo sia stato effettivamente rispettato, occorre esaminare la questione dell’esistenza, in uno Stato membro, di ostacoli di diritto o di fatto che rendano impossibile o difficile, per i cittadini «mobili» dell’Unione, ricorrere a una delle forme di candidatura formalmente disponibili in forza del diritto nazionale (16).

41.      La Commissione si fonda anche sulla giurisprudenza della Corte secondo cui, da un lato, sebbene spetti attualmente agli Stati membri regolamentare gli aspetti relativi alle elezioni del Parlamento europeo che non sono armonizzati a livello dell’Unione, essi devono, nel farlo, rispettare il diritto dell’Unione (17). Dall’altro, una misura nazionale idonea a limitare l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato può essere giustificata, alla luce del diritto dell’Unione, adducendo l’interesse generale solo qualora detta misura sia compatibile con i diritti fondamentali garantiti dal diritto dell’Unione (18).

42.      A tale titolo, essa sostiene che le limitazioni dell’esercizio del diritto di fondare un partito politico e del diritto di aderire a un partito politico costituiscono chiaramente limitazioni del diritto fondamentale alla libertà di associazione sancito dall’articolo 12, paragrafo 1, della Carta, la cui formulazione corrisponde all’articolo 11 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (19).

43.      Secondo la Commissione, infatti, tenuto conto del ruolo centrale ed essenziale svolto dai partiti politici nei sistemi elettorali degli Stati membri, non è possibile ritenere che un cittadino dell’Unione può presentarsi alle elezioni nel suo Stato di residenza alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato se non può parteciparvi quale membro di un partito politico in detto Stato.

44.      Essa afferma così che:

–        in tutti gli Stati membri, i partiti politici restano una forma essenziale di partecipazione alla vita politica e lo strumento più frequentemente utilizzato per partecipare alle elezioni come candidati, e

–        l’importanza dei partiti politici è stata, quindi, riconosciuta nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (20) ed è stata sottolineata negli orientamenti sulla regolamentazione dei partiti politici redatti della Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (Commissione di Venezia) (21).

45.      La Commissione aggiunge che evidentemente non trovano applicazione, nel caso di specie, i motivi di cui all’articolo 11, paragrafo 2, della CEDU, che possono giustificare una limitazione dell’esercizio del diritto alla libertà di associazione e ai quali occorre fare riferimento in forza dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta.

46.      In risposta agli argomenti vertenti sulla portata limitata dell’articolo 22 TFUE legata alla competenza degli Stati membri in materia di attività politica (22), la Commissione sostiene, in primis, che l’ambito di applicazione delle direttive 93/109 e 94/80, che disciplinano questioni di carattere amministrativo o procedurale concernenti i diritti elettorali di cui trattasi, non esaurisce la portata del divieto di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità risultante dall’articolo 22 TFUE. Tale ambito di applicazione non può fungere da fondamento o motivo per un’interpretazione restrittiva della portata del diritto primario (23). Inoltre, da un lato, un siffatto ragionamento porterebbe a dover ammettere discriminazioni vertenti su altre disposizioni, come quelle relative alla campagna elettorale, in materia, ad esempio, di riunioni o di affissione. Dall’altro, la Repubblica ceca non può argomentare che la sentenza Eman e Sevinger (24)riguarda i diritti elettorali di cittadini di altri Stati membri.

47.      In secondo luogo, la Commissione contesta che la restrizione dell’attività politica dei cittadini di altri Stati membri possa essere consentita dall’articolo 16 della CEDU (25) e sottolinea come occorra oggi tener conto della nozione di «cittadinanza dell’Unione» e dei diritti ad essa collegati. A tal proposito, essa ricorda che non intende negare che gli Stati membri possono assumere misure volte a limitare la partecipazione dei cittadini «mobili» dell’Unione alle elezioni legislative nazionali, ma insiste sul fatto che le misure adottate non possono avere una portata tale da compromettere la parità delle condizioni di partecipazione di detti cittadini alle elezioni comunali e del Parlamento europeo. Essa osserva altresì che, fatta eccezione per la Repubblica ceca e per un altro Stato membro, nessuno Stato membro prevede una simile restrizione.

48.      In terzo luogo, per quanto attiene ai profili costituzionali della limitazione della partecipazione ai partiti politici in ragione della loro importanza a livello nazionale, basati sul riferimento compiuto dalla Repubblica ceca alla sentenza del Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa, Repubblica ceca) (26), la Commissione osserva che, al punto 9 di detta sentenza, è espressamente indicato che l’oggetto del procedimento era la decisione di modificare lo statuto del partito e non «un’asserita violazione dei diritti dei cittadini dell’Unione (...) dal punto di vista delle condizioni della loro partecipazione alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali». Inoltre, per quanto attiene all’interpretazione della Listina základních práv a svobod (Carta dei diritti e delle libertà fondamentali), che è parte dell’ordinamento costituzionale ceco, data dal Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa), secondo cui sarebbe vietata l’adesione di persone che non abbiano la cittadinanza ceca, la Commissione osserva che l’Ústavní soud (Corte costituzionale, Repubblica ceca) non si è pronunciata su una siffatta interpretazione e che essa è stata oggetto di pareri giuridici divergenti (27).

2)      Repubblica ceca

49.      Secondo detto Stato membro, l’articolo 22 TFUE non comprende la questione dell’adesione a un partito politico. La Repubblica ceca si basa, in primo luogo, sulla genesi di detta disposizione e sul fatto che il suo contenuto è rimasto immutato nel tempo (28). Dal loro primo inserimento nel diritto primario all’interno dell’articolo 8 B CE, come modificato dal Trattato di Maastricht, e sino al Trattato di Lisbona, a seguito del quale figurano nell’articolo 22 TFUE, i diritti elettorali dei cittadini «mobili» dell’Unione sono enunciati negli stessi termini.

50.      In secondo luogo, la Repubblica ceca sostiene che la sua interpretazione risulta dalla formulazione dell’articolo 22 TFUE e dalla volontà del legislatore dell’Unione come manifestata in modo inequivocabile nei considerando delle direttive 93/109 e 94/80 (29). L’obiettivo perseguito è di eliminare qualsiasi requisito di cittadinanza ai fini dell’esercizio del diritto di voto e di eleggibilità, senza che siano toccati altri aspetti, tra cui le condizioni di adesione a un partito politico (30). Inoltre, detto legislatore ha espressamente indicato la necessità di tener conto, in tale materia, del principio di proporzionalità.

51.      In terzo luogo, la Repubblica ceca sottolinea che lo stesso legislatore ha precisato all’articolo 22 TFUE che i diritti di voto e di eleggibilità di cui trattasi sono esercitati «con riserva delle modalità che il Consiglio adotta» (31). Orbene, si tratta precisamente delle modalità di cui alle direttive 93/109 e 94/80, che non si riferiscono in alcun modo alla possibilità che il diritto sancito dall’articolo 22 TFUE possa avere un qualche impatto sulle condizioni di adesione a un partito politico.

52.      In quarto luogo, la portata, così circoscritta, dell’articolo 22 TFUE e della normativa di attuazione dell’Unione è pienamente conforme all’articolo 4, paragrafo 2, TUE (32), in forza del quale l’Unione rispetta l’identità nazionale degli Stati membri, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale. Orbene, la normativa in materia di funzionamento dei partiti politici è la pietra angolare di queste strutture (33) e anche l’articolo 16 della CEDU riconosce che le parti contraenti possono imporre restrizioni all’attività politica degli stranieri. Sotto tale profilo, l’articolo 22 TFUE rappresenta un’eccezione che non può essere interpretata in maniera estensiva nel senso di comprendere ogni attività politica (34). Richiamare, come fa la Commissione, il numero di Stati membri che non hanno adottato una siffatta posizione è irrilevante.

53.      Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, citata dalla Commissione, emerge che i partiti politici sono fondamentali per le elezioni a livello nazionale. Orbene, come riconosciuto dalla Commissione, a tali elezioni non si applica il diritto dell’Unione.

54.      Infine, il diritto degli Stati membri di riservare ai propri cittadini la partecipazione alla piattaforma chiave per l’attività politica nazionale, vale a dire i partiti politici, è direttamente connesso alla possibilità di limitare le candidature alle elezioni del corpo legislativo, ammessa dalla Commissione, e a quella di escludere i cittadini «mobili» dell’Unione delle posizioni degli organi esecutivi dei comuni, conformemente all’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 94/80.

55.      Nella controreplica, la Repubblica ceca integra la sua argomentazione secondo la quale la base giuridica sostanziale del presente ricorso dovrebbe essere l’articolo 18 TFUE (35). Da un lato, essa deduce dalla sentenza Eman e Sevinger (36) che tale articolo si applica alle questioni rientranti nel diritto dell’Unione sotto il profilo di un’eventuale discriminazione fondata sulla nazionalità, quale, ad esempio, la pubblicità elettorale.

56.      Dall’altro, la Repubblica ceca ritiene che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, per scegliere la disposizione di diritto dell’Unione applicabile tra quella che stabilisce il divieto generale di discriminazione e le disposizioni speciali di diritto primario, è essenziale sapere se l’interessato abbia acquisito uno «status» (37) previsto da una disposizione speciale (38), quale, tra gli altri, quello di lavoratore ai sensi dell’articolo 45 TFUE o quello di persona stabilita ai sensi dell’articolo 49 TFUE.

57.      Di conseguenza, secondo la Repubblica ceca, l’articolo 22 TFUE si applica a un cittadino «mobile» dell’Unione solo quando questi acquisisce lo status di elettore o di candidato a un’elezione. Lo status di candidato non può dipendere dall’adesione a un partito politico in quanto essa non garantisce che l’interessato figurerà in una lista di candidati (39).

b)      Valutazione

58.      Il presente ricorso verte sulle conseguenze derivanti, in termini di eleggibilità alle elezioni comunali e alle elezioni del Parlamento europeo, dal diritto di aderire a un partito politico che, in base alla legge ceca, non è riconosciuto ai cittadini «mobili» dell’Unione. Occorre stabilire se il divieto di cui trattasi produca l’effetto, come sostiene la Commissione, che tali cittadini non esercitino il proprio diritto di eleggibilità in occasione di dette elezioni «alle stesse condizioni» dei cittadini cechi, in conformità dell’articolo 22 TFUE.

59.      Allo stato attuale del diritto dell’Unione, l’adesione a un partito politico rientra nella competenza degli Stati membri. Tuttavia, dalla giurisprudenza consolidata della Corte emerge che, nell’esercizio della loro competenza gli Stati membri sono tenuti a rispettare gli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione (40).

60.      Occorre, pertanto, stabilire quali requisiti risultino dall’articolo 22 TFUE, richiamato dalla Commissione.

61.      Conformemente alla sua formulazione, l’ambito di applicazione dell’articolo 22 TFUE è circoscritto alle sole elezioni da esso prese in considerazione, vale a dire le elezioni comunali (paragrafo 1) e quelle del Parlamento europeo (paragrafo 2), escludendo così le elezioni legislative o presidenziali.

62.      Con il presente ricorso, la Corte è invitata a precisare se il principio di parità di trattamento enunciato dall’articolo 22 TFUE debba essere inteso nel senso che esso comprende tutte le condizioni alle quali qualsiasi cittadino «mobile» dell’Unione può presentarsi alle elezioni, o se esso verta unicamente sulle condizioni legali di eleggibilità.

63.      Si tratta, quindi, di definire il margine di manovra riconosciuto agli Stati membri in ragione del fatto che le modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo (41) nonché alle elezioni comunali sono fissate, rispettivamente, dalle direttive 93/109 e 94/80.

64.      L’argomento dedotto dalla Repubblica ceca vertente su un’interpretazione letterale dell’articolo 22 TFUE, secondo cui le direttive in parola limiterebbero il principio di parità di trattamento espresso da tale disposizione, deve essere fin da subito respinto in ragione della gerarchia delle norme, giustamente sostenuta dalla Commissione, in forza della quale il diritto derivato non può limitare un diritto riconosciuto dal Trattato (42).

65.      Pertanto, le direttive citate si limitano a definire un quadro minimo nel quale è concretizzato il principio di parità di trattamento per l’esercizio del diritto di voto e di eleggibilità (43).

66.      Ma, soprattutto, la genesi dell’articolo 22 TFUE e l’evoluzione del quadro giuridico nel quale si inserisce il contenuto di tale disposizione evidenziano, molto chiaramente a partire dal Trattato di Lisbona, che detta disposizione deve essere interpretata tenendo conto dei due pilastri su cui essa si fonda, vale a dire la cittadinanza dell’Unione e la democrazia rappresentativa.

67.      Per quanto attiene, in primo luogo, alla cittadinanza dell’Unione, la Commissione fa valere, correttamente, l’applicazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), TFUE, che dispone che tale cittadinanza (44) conferisce, tra gli altri diritti, il godimento del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato membro di residenza, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato.

68.      Questo legame con la cittadinanza è presente nel diritto primario sin dal Trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992 (45). Esso è stato collegato, fin dall’inizio, al diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (46) e al principio di non discriminazione in base alla nazionalità, che è parte integrante di ciascuna delle libertà di circolazione.

69.      Tuttavia, detto legame ha assunto una dimensione particolare in seguito alle modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona in considerazione della volontà degli Stati membri di riconoscere, segnatamente, un ruolo preponderante alla cittadinanza. Infatti, da un lato, il Trattato UE è stato arricchito di un titolo II, rubricato «Disposizioni relative ai principi democratici», che contiene l’articolo 9, ai sensi del quale, «[l]’Unione rispetta, in tutte le sue attività, il principio dell’uguaglianza dei cittadini, che beneficiano di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi. È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce». I diritti collegati alla cittadinanza dell’Unione sono illustrati agli articoli da 20 a 24 TFUE, che corrispondono agli articoli da 17 a 21 CE. I diritti dei cittadini «mobili» dell’Unione alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali sono stabiliti all’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), e all’articolo 22 TFUE.

70.      Dall’altro lato, ciascuno di questi diritti figura anche all’interno del titolo V della Carta (47), rubricato «Cittadinanza». I diritti riconosciuti ai cittadini «mobili» dell’Unione nell’ambito delle elezioni del Parlamento europeo e delle elezioni comunali sono ivi sanciti in termini generali agli articoli 39 (48) e 40 (49).

71.      Pertanto, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, i diritti elettorali dei cittadini dell’Unione stabiliti all’articolo 22 TFUE devono essere analizzati quali diritti fondamentali e quali espressione del principio della parità di trattamento, intrinseci allo status fondamentale di cittadini degli Stati membri (50).

72.      La loro riproposizione nel Trattato UE e nella Carta mira inoltre a creare collegamenti con altri diritti o principi ivi enunciati, quali l’uguaglianza e la democrazia, che sono valori comuni agli Stati membri sui quali è fondata l’Unione (51).

73.      Per quanto attiene, in secondo luogo, ai principi democratici, a partire dal Trattato di Lisbona, l’articolo 10 TUE enuncia, al suo paragrafo 1, che «[i]l funzionamento dell’Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa» (52) e riconosce, ai paragrafi 2 e 3, il diritto dei cittadini europei di essere direttamente rappresentati nel Parlamento europeo e di partecipare alla vita democratica dell’Unione.

74.      Così, in considerazione del collegamento operato dal Trattato di Lisbona, quantomeno per le elezioni del Parlamento europeo, tra i diritti di voto e di eleggibilità connessi alla cittadinanza dell’Unione e i principi democratici in seno a quest’ultima, trova chiara espressione l’obiettivo di garantire una effettiva rappresentatività dei cittadini «mobili» dell’Unione.

75.      La Commissione sostiene, correttamente, che detta rappresentatività è il corollario dell’integrazione dei cittadini «mobili» dell’Unione nel loro Stato di residenza, come sottolineato nei considerando delle direttive 93/109 e 94/80 (53). Soprattutto a livello locale, i diritti politici riconosciuti a detti cittadini sono finalizzati ad incoraggiare l’integrazione sociale dei cittadini che hanno scelto di risiedere in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza. In questa prospettiva, va altresì sottolineato l’obiettivo ricordato nei succitati considerando, vale a dire quello di «evitare ogni polarizzazione tra le liste dei candidati nazionali e stranieri».

76.      Pertanto, a mio avviso, la Commissione può, a buon diritto, sostenere, sulla base dell’articolo 22 TFUE, considerato nel contesto dei diritti collegati alla cittadinanza dell’Unione e dei principi democratici stabiliti nei Trattati, che la garanzia di uguaglianza dei diritti elettorali dei cittadini dell’Unione deve tradursi, senza che sia necessario redigere un elenco di criteri indicativi, o addirittura esaustivi, nell’obbligo generale di non disincentivare la partecipazione alle elezioni attraverso differenti fattori (54).

77.      In altre parole, l’articolo 22 TFUE deve essere inteso nel senso che qualsiasi ostacolo all’esercizio dei diritti elettorali al di fuori dei contesti definiti dalle direttive 93/109 e 94/80, a motivo della nazionalità, integra una discriminazione nell’ambito di applicazione dei Trattati (55), vietata in quanto tale.

78.      Posto che le misure nazionali di cui trattasi devono essere esaminate alla luce di tali disposizioni specifiche in materia di non discriminazione previste dal Trattato FUE, l’articolo 18 di tale Trattato, richiamato dalla Repubblica ceca, risulta inapplicabile, in conformità con la giurisprudenza consolidata della Corte (56). Inoltre, ai fini dell’attuazione delle disposizioni dell’articolo 22 TFUE non occorre ricercare un qualsivoglia «status» particolare, in quanto l’uguaglianza di diritti in materia elettorale discende dallo status di cittadino dell’Unione (57).

79.      In siffatto contesto, occorre ora esaminare l’analisi della Commissione secondo la quale l’impossibilità di aderire a un partito politico è tale da ostacolare l’esercizio dei diritti in parola.

80.      Nel caso di specie, le parti concordano sul fatto che le possibilità di accedere a funzioni elettive a livello locale o europeo dipendono dal livello di partecipazione alla vita democratica dello Stato membro in cui i cittadini «mobili» dell’Unione sono candidati, che ciò avvenga in seno a un partito o in maniera indipendente.

81.      Tuttavia, al pari della Commissione, che si basa sugli orientamenti della Commissione di Venezia (58), non contestati dalla Repubblica ceca, ritengo che l’accesso alle risorse di cui dispongono i partiti politici costituisca un elemento essenziale per favorire le candidature alle elezioni (59) comunali o alle elezioni del Parlamento europeo.

82.      Inoltre, come sostenuto dalla Commissione sulla base della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, il ruolo dei partiti politici è fondamentale per l’esercizio dei diritti politici negli Stati membri (60). A livello dell’Unione, questo ruolo è chiaramente riconosciuto all’articolo 10, paragrafo 4, TUE (61), cui corrisponde l’articolo 12, paragrafo 2, della Carta (62).

83.      Esiste, infatti, un evidente collegamento tra tale articolo della Carta e i suoi articoli 39 e 40 (63). Date le circostanze e per i motivi già illustrati (64), nonché nel rigoroso rispetto del principio di attribuzione come enunciato all’articolo 5, paragrafo 2, TUE, ciascuno Stato membro deve tener conto di dette disposizioni al fine di garantire l’esercizio dei diritti conferiti dall’articolo 22 TFUE.

84.      Condivido, pertanto, il parere della Commissione secondo cui il ricorso fondato sull’articolo 22 TFUE deve essere valutato alla luce del diritto alla libertà di associazione sancito all’articolo 12, paragrafo 1, della Carta, in combinato disposto con l’articolo 11 (65) in materia di libertà di espressione. Dette libertà godono di una protezione particolarmente forte in considerazione del loro ruolo fondamentale nella partecipazione dei cittadini alla democrazia (66). All’articolo 12, paragrafo 2, della Carta figura un’espressione di questo legame con riferimento ai partiti politici europei.

85.      Tale diritto alla libertà di associazione corrisponde a quello garantito all’articolo 11, paragrafo 1, della CEDU e devono quindi essergli riconosciuti lo stesso significato e la stessa portata di quest’ultimo, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta (67).

86.      Dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo emerge che il diritto alla libertà di associazione costituisce uno dei fondamenti essenziali di una società democratica e pluralista, in quanto consente ai cittadini di agire collettivamente in settori di reciproco interesse e di contribuire, in tal modo, al buon funzionamento della vita pubblica (68).

87.      Pertanto, è anche alla luce di dette disposizioni del Trattato UE e della Carta che occorre esaminare se, come sostiene la Commissione, l’impossibilità giuridica per i cittadini «mobili» dell’Unione di aderire a un partito politico nella Repubblica ceca comprometta l’uguaglianza, rispetto ai cittadini cechi, delle condizioni della loro eleggibilità alle elezioni comunali e alle elezioni del Parlamento europeo, in particolare riducendo significativamente le loro possibilità di essere eletti.

2.      Sull’esistenza di una restrizione all’esercizio dei diritti elettorali

a)      Argomenti delle parti

1)      Commissione

88.      In concreto, la Commissione sottolinea che l’adesione a un partito politico offre tre tipologie di vantaggi per presentarsi alle elezioni.

89.      In primo luogo, i candidati che aderiscono a un partito politico consolidato possono trarre beneficio dalla tradizione, dall’immagine e delle strutture socio-organizzative collegate a tale partito. La Commissione insiste sul fatto che, senza collegamento con un individuo, il solo nome del partito è sufficiente a identificare taluni valori o approcci alla politica.

90.      In secondo luogo, tali candidati possono avvalersi dell’apparato elettorale e delle risorse dei partiti politici. Questi ultimi sostengono i candidati che si presentano alle elezioni mediante la loro esperienza, le loro infrastrutture e le loro procedure operative specifiche (ad esempio, reti, media e sistemi di comunicazione).

91.      In terzo luogo, i partiti politici, quali attori riconosciuti sulla scena politica, beneficiano spesso, in forza del diritto nazionale, di privilegi specifici, quali vantaggi finanziari, un regime fiscale speciale e l’accesso ai media. Per quanto attiene al finanziamento in Repubblica ceca, la Commissione richiama numerose disposizioni riguardanti i partiti (69).

92.      Pertanto, secondo la Commissione, diversamente dai cittadini membri di partiti politici consolidati, i cittadini «mobili» dell’Unione, che sono costretti in Repubblica ceca a presentarsi come candidati indipendenti, devono creare e far conoscere la propria identità politica nonché sviluppare una propria organizzazione per condurre la campagna elettorale, attraverso un accesso non privilegiato ai finanziamenti e ai media.

93.      Detta istituzione sottolinea, inoltre, le numerose difficoltà che i candidati indipendenti devono affrontare per quanto attiene alle liste. Essa precisa che, in occasione delle elezioni comunali, solo questi ultimi sono tenuti a depositare una petizione sottoscritta dagli elettori che sostengono la loro candidatura. Il numero di firme richieste dipende dalla dimensione del comune in cui il candidato si presenta (70).

94.      In aggiunta, a parere della Commissione, è innegabile che, ai fini della loro iscrizione nella lista di un partito politico, i candidati indipendenti si trovano in una posizione di svantaggio rispetto ai candidati che ne sono membri, poiché il loro inserimento in lista e il posizionamento all’interno della stessa dipendono dalla decisione di detto partito senza che essi possano esercitare una qualsivoglia influenza al suo interno.

95.      Essa sottolinea, altresì, che occorre tener conto del fatto che le liste di candidati e le schede elettorali precisano se una persona si presenta come candidato indipendente o «persona senza etichetta» nella lista di un partito politico. Date le circostanze, con riferimento alla scelta delle priorità o degli orientamenti politici, la credibilità dei candidati indipendenti è inferiore rispetto a quella di un candidato che aderisce ad un partito e che può far valere, presso i suoi elettori, il suo ruolo attivo all’interno dello stesso (71).

96.      Infine, la Commissione riporta la constatazione del Kancelář Veřejného ochránce práv (Ufficio ceco del difensore civico) secondo la quale i cittadini «mobili» dell’Unione sono svantaggiati in occasione delle elezioni, nonché il parere di detto Ufficio in merito alla discriminazione diretta subita da questi ultimi in occasione delle elezioni del Parlamento europeo a causa della designazione dei candidati da parte dei soli partiti politici (72).

97.      Nella replica, la Commissione respinge ogni argomento fondato sulle prassi elettorali. In primo luogo, essa ricorda che la differenza di trattamento trae origine dalla legge in questione, dalla quale risulta che un cittadino ceco può scegliere di aderire a un partito politico e di rappresentare tale partito alle elezioni, o di restare indipendente, accettando, se del caso, un’offerta di inserimento in qualità di candidato «non affiliato» nella lista di un partito politico che gliene faccia richiesta, laddove un cittadino «mobile» dell’Unione non dispone, dal canto suo, di questa possibilità e può soltanto presentarsi in veste di indipendente o sperare di ricevere un’offerta dal partito politico del quale avrebbe voluto divenire membro che lo designi quale candidato «non affiliato».

98.      In secondo luogo, per quanto attiene all’onere della prova, essa ritiene che, nel caso di una discriminazione de jure, come quella qui richiamata, non è necessario, per riconoscere una violazione del diritto dell’Unione, fornire alla Corte dati statistici sul numero di cittadini «mobili» dell’Unione che hanno subito, in pratica, un danno a causa di siffatta discriminazione diretta. Essa aggiunge che è praticamente impossibile documentare le situazioni nelle quali i cittadini «mobili» dell’Unione sono stati dissuasi dal presentarsi alle elezioni a causa dell’impossibilità di aderire a un partito politico (73).

99.      In terzo luogo, la Commissione ritiene che i dati statistici forniti dalla Repubblica ceca (74) siano irrilevanti in presenza di una discriminazione de jure. Invero, nella misura in cui le sono vagamente e indirettamente collegati, essi confermano la sua posizione. Osserva, a tal proposito, che dette statistiche vertono in maniera generale sulle «persone senza affiliazione politica», senza che sia possibile identificare quante di loro siano cittadini «mobili» dell’Unione, la cui situazione è oggetto del presente ricorso. Inoltre, per quanto attiene alle elezioni del Parlamento europeo, l’esame dettagliato da essa compiuto in relazione a tali dati la porta a rilevare, essenzialmente, quanto segue:

–        quasi due terzi dei candidati si erano presentati nell’ambito di un partito politico;

–        in tre su quattro elezioni del Parlamento europeo, la percentuale di eletti è inferiore tra i candidati indipendenti rispetto a quelli che sono membri di partiti politici, e

–        i candidati indipendenti eletti al Parlamento europeo sono molto spesso figure che godono di una straordinaria notorietà e popolarità (75).

100. Per quanto attiene alle elezioni comunali, la Commissione conviene che la scelta degli elettori è più facilmente determinata dalla conoscenza di personalità locali. Tuttavia, essa ritiene che ciò dimostri che i cittadini «mobili» dell’Unione hanno ancor più bisogno di aderire a un partito politico per avere maggiori possibilità di essere eletti.

2)      Repubblica ceca

101. Dopo aver osservato nuovamente che il presente ricorso non verte sulle condizioni fissate dalla legge per l’esercizio dei diritti elettorali, tale Stato membro sottolinea, anzitutto, che coloro i quali non sono membri di un partito politico possono pienamente godere dei benefici che la Commissione elenca nel suo ricorso, figurando nella lista di candidati di un qualsivoglia partito, e che una tale iscrizione è anzi una prassi abituale sul suo territorio (76).

102. La Repubblica ceca osserva poi che la violazione dedotta dalla Commissione si fonda su ipotesi e affermazioni prive di riscontro (77). Inoltre, la Commissione non ha preso in considerazione le spiegazioni fornite nel corso della fase precontenziosa con riferimento alle realtà locali, nella misura in cui dimostrano che essa ritiene erroneamente inconfutabile la situazione di svantaggio dei candidati indipendenti.

103. La Repubblica ceca fornisce diversi elementi concreti al fine di dimostrare che, nel suo territorio, sono regolarmente candidate quali capolista dei principali partiti politici «persone senza affiliazione politica», che tali persone sono spesso elette e che occupano altresì funzioni importanti all’interno dell’istituzione in cui sono state elette (78). Detto Stato membro conclude che il successo di un candidato in occasione delle elezioni non dipende dalla sua adesione a un partito politico, ma piuttosto da fattori quali le sue opinioni e la sua personalità.

b)      Valutazione

104. A parere della Repubblica ceca, sostenuta dalla Repubblica di Polonia, la Commissione non fornirebbe alcuna prova degli effetti pratici delle disposizioni di legge sull’eleggibilità dei cittadini «mobili» dell’Unione di cui trattasi.

105. Orbene, la Corte ha dichiarato che l’esistenza di un inadempimento può essere dimostrata, nel caso in cui esso tragga origine dall’adozione di una misura legislativa o regolamentare la cui esistenza e applicazione non siano contestate, mediante un’analisi giuridica delle disposizioni della stessa misura (79).

106. Nel caso di specie, l’inadempimento che la Commissione imputa alla Repubblica ceca trae origine dall’adozione di una misura legislativa di cui lo Stato membro in questione non contesta né l’esistenza né l’applicazione e le cui disposizioni sono oggetto di un’analisi giuridica nell’atto introduttivo del giudizio.

107. Inoltre, si tratta di valutare in che misura questa normativa abbia effetti dissuasivi su eventuali candidature alle elezioni, il che non è quantificabile.

108. Pertanto, la Repubblica ceca non può legittimamente contestare alla Commissione di non fornire prove degli effetti pratici, sui diritti elettorali dei cittadini «mobili» dell’Unione, della legge che riserva l’adesione a un partito politico ai cittadini cechi.

109. Per quanto attiene alla legge ceca di cui trattasi, che riserva il diritto di aderire a un partito politico ai cittadini cechi, la disparità di trattamento sotto il profilo dei diritti elettorali risulta, a mio avviso, dalla semplice constatazione che tali cittadini godono liberamente di due alternative per essere candidati alle elezioni comunali o alle elezioni del Parlamento europeo, vale a dire in veste di membri di un partito politico o come indipendenti, mentre i cittadini «mobili» dell’Unione hanno a propria disposizione unicamente quest’ultimo strumento. Orbene, come indicato in precedenza, l’accesso ai partiti politici consente di esercitare i diritti elettorali in maniera più efficace nell’ottica di partecipare alla vita democratica.

110. Nessuno dei rimedi illustrati dalla Repubblica ceca può inficiare siffatta valutazione. Infatti, in particolare, la possibilità per i cittadini «mobili» dell’Unione di essere ammessi quali candidati nella lista di un partito non compensa tale limitazione della loro capacità di azione, in quanto, come illustrato dalla Commissione, essi dipendono dal soddisfacimento di criteri specifici.

111. Inoltre, in linea con detta istituzione, anche ammettendo che il presente ricorso possa essere valutato sulla base di dati numerici dettagliati relativi ai candidati eletti, come quelli forniti dalla Repubblica ceca (80), ritengo che tali dati non possano dimostrare una parità di trattamento dei cittadini «mobili» dell’Unione. È sì vero che le statistiche mettono in luce realtà locali specifiche per le elezioni comunali. Tuttavia, non è possibile trarne delle conclusioni pertinenti sulla situazione dei cittadini «mobili» dell’Unione oggetto del presente ricorso. Da un lato, dagli esempi forniti risulta che i candidati non membri di partiti eletti nel Parlamento europeo sono in maggioranza (o esclusivamente) cittadini cechi. Dall’altro, occorre tener conto delle difficoltà che devono essere superate in caso di non appartenenza a un partito politico, in particolare quelle relative alle iscrizioni nelle liste dei candidati, che traggono origine direttamente da disposizioni di legge e che sono state qualificate come «discriminatorie» dagli autori citati dalla Commissione (81).

112. Propongo, quindi, alla Corte di considerare che la Commissione ha adeguatamente dimostrato l’esistenza di una limitazione dell’esercizio dei diritti elettorali a danno dei cittadini «mobili» dell’Unione che si trovano nella stessa situazione dei cittadini nazionali.

113. Ne consegue che la Repubblica ceca, adottando le disposizioni nazionali di cui trattasi nell’esercizio della sua competenza, non ha rispettato i requisiti derivanti dal diritto dell’Unione, vale a dire quelli di cui all’articolo 22 TFUE, che deve essere letto in combinato disposto con gli articoli 12, 39 e 40 della Carta.

3.      Sulla giustificazione della restrizione dell’adesione a un partito politico

a)      Argomenti delle parti

1)      Commissione

114. In primo luogo, la Commissione ritiene che debba essere respinto l’argomento della Repubblica ceca secondo cui il limite all’adesione a un partito politico imposto ai cittadini «mobili» dell’Unione è giustificato dalla necessità di proteggere gli affari politici nazionali da un’«ingerenza» di detti cittadini, che scaturirebbe da un’adesione a un partito politico, all’interno del quale sono adottate decisioni importanti ai fini delle elezioni del corpo legislativo (82).

115. Tale giustificazione contrasterebbe direttamente con lo spirito fondamentale e con la finalità delle disposizioni del Trattato in materia di cittadinanza. I diritti politici che esse stabiliscono hanno appunto lo scopo di garantire che i cittadini «mobili» dell’Unione possano integrarsi e svolgere un ruolo politico attivo nel loro Stato membro di residenza nel quadro delle elezioni comunali e delle elezioni del Parlamento europeo.

116. A questo proposito, la Commissione sottolinea che l’obbligo di garantire la parità di trattamento previsto all’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), e all’articolo 22 TFUE, i quali devono essere interpretati alla luce degli articoli 11 e 12 della Carta, che garantiscono la partecipazione ai partiti politici, non impedisce in alcun modo agli Stati membri di riservare la possibilità di presentarsi alle elezioni del corpo legislativo o di enti territoriali regionali ai titolari della cittadinanza dello Stato membro ospitante.

117. In secondo luogo, in risposta all’argomento relativo alla protezione dell’identità nazionale, tratto dall’articolo 4, paragrafo 2, TUE, nella misura in cui il funzionamento e la libera concorrenza dei partiti politici sono sanciti dall’Ústava (Costituzione), la Commissione ricorda che la disposizione di cui trattasi deve essere interpretata in conformità delle altre disposizioni dei Trattati che gli Stati membri si sono impegnati a rispettare aderendo all’Unione, compreso l’articolo 22 TFUE, che non si applica alle elezioni del corpo legislativo (83). Pertanto, non è possibile ritenere che i diritti elettorali dei cittadini «mobili» dell’Unione possano ledere il principio del rispetto dell’identità nazionale.

118. In terzo luogo, per quanto attiene all’obiezione formulata dalla Repubblica ceca secondo cui la Commissione non ha specificato alcuna misura meno restrittiva che consentirebbe di raggiungere l’obiettivo perseguito, quest’ultima dubita che uno Stato membro possa giustificare una misura nazionale che deroghi ai requisiti dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), e dell’articolo 22 TFUE e che operi una discriminazione sulla base della cittadinanza. Inoltre, competerebbe a detto Stato dimostrare la proporzionalità di tali misure (84).

119. La Commissione osserva, inoltre, che, nel procedimento precontenzioso, la Repubblica ceca non ha dimostrato – segnatamente, nelle circostanze del caso di specie – l’esistenza di un interesse pubblico specifico a vietare l’adesione dei cittadini «mobili» dell’Unione a un partito politico. Essa ne deduce che non sono stati illustrati né l’obiettivo perseguito, né la necessità o la proporzionalità del divieto in parola.

120. Inoltre, con riferimento al «principio fondamentale dell’uguaglianza dei membri di un partito politico», dedotto dalla Repubblica ceca, nella sua replica la Commissione osserva che è assolutamente errato e incoerente qualificare come discriminazione sproporzionata la previsione della partecipazione dei cittadini dell’Unione ai partiti politici a un livello corrispondente ai loro diritti politici ai sensi del diritto dell’Unione, accompagnata, ad esempio, da una limitazione della loro partecipazione a talune decisioni del partito politico, e, al contrario, come discriminazione proporzionata il divieto assoluto di adesione dei cittadini «mobili» dell’Unione a un partito politico.

2)      Repubblica ceca

121. La Repubblica ceca deduce i seguenti tre motivi: «In primo luogo, la normativa nazionale considerata persegue l’obiettivo legittimo di riservare la partecipazione a una piattaforma chiave per l’attività politica a livello nazionale ai cittadini cechi, ciò che risulta pienamente conforme all’articolo 4, paragrafo 2, TUE (…). Si tratta peraltro di quanto riconosciuto, in sostanza, dalla Commissione nel parere motivato (...). In secondo luogo, autorizzare unicamente i cittadini cechi ad aderire a un partito politico rappresenta una misura idonea a raggiungere il suddetto obiettivo, poiché essa ne soddisfa direttamente gli elementi sostanziali. In terzo luogo, la succitata disciplina nazionale è proporzionata. Essa non lede la sostanza dei diritti elettorali ai sensi dell’articolo 22 TFUE, poiché non incide in alcun modo sui pieni diritti elettorali attivi e passivi dei cittadini mobili dell’Unione (...) e consente, in pratica, di esercitare interamente tali diritti (...). In tal modo, la normativa di cui trattasi è pienamente conforme alla giurisprudenza citata dalla Commissione (...)» (85).

122. La Repubblica ceca precisa che l’obiettivo legittimo perseguito non può essere raggiunto mediante una misura meno restrittiva in ragione del fatto che non è ipotizzabile che cittadini «mobili» dell’Unione siano autorizzati ad aderire a un partito politico per partecipare unicamente a una parte marginale dell’attività politica, circoscritta alle elezioni comunali o alle elezioni del Parlamento europeo. Essa ritiene che una normativa in tal senso sarebbe contraria al principio fondamentale della parità di trattamento dei membri di un partito politico. Inoltre, essa non darebbe a tali cittadini la posizione forte all’interno del partito politico che la Commissione reputa, a torto, necessaria. Essa osserva che detta istituzione non è stata in grado di indicare quali misure potrebbero, a tal proposito, essere considerate meno restrittive.

3)      Repubblica di Polonia, parte interveniente

123. Per quanto attiene alla limitazione dell’ambito di attività dei cittadini «mobili» dell’Unione all’interno dei partiti politici, affrontata dalla Commissione, la Repubblica di Polonia sostiene che l’«affiliazione» a un partito politico comprende uno spettro di attività molto più ampio di quelle che precedono determinate elezioni. Tali attività sono legate all’influenza esercitata sulla politica nazionale, ivi compresi i settori politici che restano di competenza esclusiva degli Stati membri. Orbene, non esiste alcun obbligo per uno Stato membro di consentire a detti cittadini di influenzare i risultati delle elezioni parlamentari e presidenziali attraverso il sistema dei partiti.

b)      Valutazione

124. Gli argomenti dedotti dalla Repubblica ceca inducono a precisare a quali condizioni possa essere giustificata una restrizione del principio di parità di trattamento sancito dall’articolo 22 TFUE.

125. Tale Stato membro richiama l’articolo 4, paragrafo 2, TUE e allega, sostanzialmente, che il diritto dell’Unione, come interpretato dalla Commissione, determinerebbe che i cittadini «mobili» dell’Unione partecipino alla vita pubblica a un livello diverso da quello ammesso dagli Stati membri e, specialmente, consentirebbe loro di influire sulle decisioni nazionali avvalendosi dello strumento dei partiti politici.

126. Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE, l’Unione rispetta l’identità nazionale dei suoi Stati membri, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale.

127. Orbene, è sì vero che l’organizzazione della vita politica nazionale, cui i partiti politici contribuiscono, fa parte dell’identità nazionale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE. A tal proposito, il rispetto di detta identità si traduce nella limitazione della partecipazione dei cittadini «mobili» dell’Unione alle sole elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali, senza che vi sia l’obiettivo di armonizzare i regimi elettorali degli Stati membri (86). Il legislatore dell’Unione ha così preso in considerazione l’impatto dell’accesso agevolato a queste elezioni sull’equilibrio della vita politica dello Stato membro di residenza prevedendo che taluni adattamenti, circoscritti (87) e transitori, possano essere adottati dagli Stati membri a favore dei propri cittadini.

128. Per quanto concerne la questione dell’impatto a livello nazionale dell’adesione di cittadini «mobili» dell’Unione ai partiti politici in ragione dei suoi potenziali effetti in seno a detti partiti, osservo che, secondo tutte le parti, tale adesione è rimessa a questi ultimi. Infatti, essi possono definire liberamente la propria organizzazione e le modalità di scelta dei propri candidati (88). Osservo che la Repubblica ceca si limita a sostenere, senza dimostrarla, l’impossibilità di circoscrivere il campo di azione degli aderenti, cittadini «mobili» dell’Unione, a talune elezioni.

129. Condivido, pertanto, la posizione della Commissione secondo cui la previsione che i cittadini «mobili» dell’Unione possano aderire a un partito politico nell’ottica di garantire l’effettività dei diritti di questi ultimi alle elezioni comunali e alle elezioni del Parlamento europeo non può ledere l’identità nazionale della Repubblica ceca.

130. Inoltre, anche ammettendo che una siffatta lesione si verifichi, l’articolo 4, paragrafo 2, TUE deve essere interpretato tenendo conto delle disposizioni di suo pari rango (89).

131. Pertanto, l’articolo 4, paragrafo 2, TUE non può dispensare gli Stati membri dal rispettare i diritti fondamentali riaffermati dalla Carta (90) e tra i quali figurano il principio della democrazia e il principio di uguaglianza, che trova espressione nell’articolo 22 TFUE (91) ed è conferito dalla cittadinanza dell’Unione ai fini dell’esercizio del diritto di eleggibilità alle elezioni comunali e del Parlamento europeo. Questi principi rientrano tra i valori fondanti dell’Unione (92).

132. Inoltre, in considerazione degli argomenti dedotti dalla Repubblica ceca con riferimento alla contestata proporzionalità della normativa nazionale, va aggiunto che una giustificazione di una limitazione dei diritti conferiti dall’articolo 22 TFUE può essere esaminata soltanto alle condizioni previste da detta disposizione.

133. Infatti, i diritti elettorali riconosciuti dagli articoli 39 e 40 della Carta sono oggetto di disposizioni specifiche nel Trattato FUE, vale a dire l’articolo 22. I soli adattamenti all’esercizio di questi diritti previsti dal diritto derivato cui il suddetto articolo rinvia (93) si riferiscono unicamente alle condizioni legali del voto o dell’eleggibilità (94).

134. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di dichiarare che il ricorso della Commissione è fondato.

VI.    Sulle spese

135. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Corte dovrebbe, a mio avviso, accogliere la domanda della Commissione, la Repubblica ceca dev’essere condannata alle spese.

136. Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la Repubblica di Polonia sopporterà le proprie spese.

VII. Conclusione

137. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire nei seguenti termini:

1)      La Repubblica ceca, negando ai cittadini dell’Unione che non hanno la cittadinanza ceca, ma risiedono nella Repubblica ceca, il diritto di diventare membri di un partito politico o di un movimento politico, è venuta meno ai propri obblighi derivanti dell’articolo 22 TFUE.

2)      La Repubblica ceca è condannata alle spese.

3)      La Repubblica di Polonia si farà carico delle proprie spese.

VIII. Allegato I: regole in materia di finanziamento dei partiti politici fornite dalla Commissione

1.      I partiti politici che abbiano ottenuto almeno l’1 % dei voti in occasione delle elezioni del Parlamento europeo ricevono 30 corone ceche (CZK) (circa EUR 1,20) per ciascun voto a titolo di contributo alle spese elettorali (articolo 65 della legge sulle elezioni del Parlamento europeo).

2.      I partiti politici che ottengano almeno l’1,5 % dei voti alle elezioni della Poslanecká sněmovna (Camera dei deputati, Repubblica ceca) ricevono CZK 100 (circa EUR 4) per ciascun voto a titolo di contributo alle spese elettorali (articolo 85 della legge n. 247/1995 sulle elezioni del Parlamento della Repubblica ceca e che modifica e integra talune leggi.

3.      I partiti politici che abbiano ottenuto il 3 % dei voti in occasione delle ultime elezioni della Camera dei deputati ricevono altresì dallo Stato un contributo annuale pari a CZK 6 000 000 (circa EUR 245 430) per il partito o il movimento e, nello stesso tempo, il partito o il movimento riceve CZK 200 000 (circa EUR 8 180) l’anno per ciascuno 0,1 % di voti aggiuntivo (articolo 20, paragrafo 6, della legge sui partiti politici).

4.      Se un partito o un movimento ottiene più del 5 % dei voti, il contributo resta invariato e il partito o il movimento percepisce CZK 10 000 000 (circa EUR 409 000) (articolo 20, paragrafo 6, della legge sui partiti politici).

5.      I partiti politici ricevono, inoltre, un contributo annuale di CZK 900 000 (circa EUR 36 800) per il mandato di un deputato o di un senatore, e di CZK 250 000 (circa EUR 10 200) per il mandato di un membro del consiglio regionale e di un membro del consiglio comunale di Praha (Praga) (articolo 20, paragrafo 7, della legge sui partiti politici).

6.      A determinate condizioni, i partiti e i movimenti politici percepiscono anche un contributo annuale a sostegno delle attività di un istituto politico, pari al 10 % dell’importo totale del contributo alle attività di tale partito o movimento (articolo 20, paragrafi 5 e 8, della legge sui partiti politici).

IX.    Allegato II: informazioni fornite dalla Repubblica ceca in merito alla composizione delle liste e ai candidati eletti in occasione delle elezioni del Parlamento europeo e delle elezioni comunali

I      Le elezioni del Parlamento europeo si sono tenute nella Repubblica ceca nel 2004, nel 2009, nel 2014 e nel 2019.

1.      La percentuale di candidati senza affiliazione politica delle liste di partiti politici o di coalizioni politiche era la seguente:

a)      nel 2004, il 37,22 % dei candidati non aveva alcuna affiliazione politica;

b)      nel 2009, il 38,28 % dei candidati non aveva alcuna affiliazione politica;

c)      nel 2014, il 30,27 % dei candidati non aveva alcuna affiliazione politica, e

d)      nel 2019, il 33,89 % dei candidati non aveva alcuna affiliazione politica.

2.      Sono stati eletti:

a)      nel 2004, sette candidati senza affiliazione politica, pari al 29,17 % degli eletti nella Repubblica ceca;

b)      nel 2009, un candidato senza affiliazione politica, pari al 4,55 % degli eletti nella Repubblica ceca;

c)      nel 2014, otto candidati senza affiliazione politica, pari al 38,10 % degli eletti nella Repubblica ceca, e

d)      nel 2019, quattro candidati senza affiliazione politica, pari al 19,05 % degli eletti nella Repubblica ceca.

3.      I candidati senza affiliazione politica figuravano spesso in testa alle liste di candidati, anche per i partiti politici maggiori. Nello specifico:

a)      nel 2004, si trattava dei tre deputati eletti al Parlamento europeo inseriti nella lista del partito Sdružení nezávislých a evropští demokraté (Unione dei candidati indipendenti e dei democratici europei) (SNK), tra cui il capolista, il sig. Zieleniec, e la sig.ra Hybášková, seconda in lista; o, ancora, del sig. Remek, in seconda posizione sulla lista dei candidati del partito Komunistická strana Čech a Moravy (Partito comunista di Boemia e di Moravia) (KSČM);

b)      nel 2009, si trattava del sig. Remek, secondo sulla lista dei candidati del KSČM;

c)      nel 2014, si trattava del capolista del partito TOP 09 a Starostové (Top 09 e Sindaci), sig. Niedermayer, e del sig. Pospíšil, in seconda posizione su detta lista; del sig. Keller, leader della lista del partito Česká strana sociálně demokratická (Partito socialdemocratico ceco) (ČSSD), all’epoca il partito più forte del governo nella Repubblica ceca; o, ancora, di quattro deputati eletti nella lista del partito ANO, all’epoca il secondo partito più forte del governo, il cui leader, sig. Pavel Telička, è stato poi eletto vicepresidente del Parlamento europeo, e

d)      nel 2019, si trattava di tre deputati eletti nel Parlamento europeo che figuravano ai tre primi posti della lista del partito ANO, il cui leader, la sig.ra Dita Charanzová, è stata poi eletta vicepresidente del Parlamento europeo.

4.      Nel 2004 il sig. Stros, cittadino tedesco, è stato eletto al Parlamento europeo nella Repubblica ceca.

II      Le elezioni locali (comuni, borghi e città) si sono tenute nel 2006, nel 2010, nel 2014 e nel 2018.

1.      La percentuale di candidati e di eletti senza affiliazione politica era la seguente:

a)      nel 2006, il 79,85 % dei candidati e l’84,51 % degli eletti;

b)      nel 2010, l’81,25 % dei candidati e l’86,15 % degli eletti;

c)      nel 2014, l’84,13 % dei candidati e l’88,30 % degli eletti, e

d)      nel 2018, l’84,97 % dei candidati e l’89,96 % degli eletti.

2.      L’elevata percentuale di candidati e di eletti senza affiliazione politica è un fenomeno che si osserva anche nelle liste dei partiti politici maggiori. Ad esempio, per le elezioni comunali del 2018:

a)      i candidati delle liste della ČSSD, il più antico partito politico ceco e con un forte radicamento nella politica comunale, erano, per il 54,58 %, persone senza affiliazione politica e il 57,31 % degli eletti di tali liste non aveva alcuna affiliazione politica;

b)      i candidati delle liste del partito Občanská demokratická strana (Partito democratico civico) (ODS), un partito politico conservatore tradizionale fortemente radicato nella politica comunale, erano, per il 59,47 %, persone senza affiliazione politica e il 52,93 % degli eletti di tali liste non aveva alcuna affiliazione politica, e

c)      i candidati delle liste del partito Křesťanská a demokratická unie – Československá strana lidová (Unione cristiana e democratica – Partito popolare cecoslovacco) (KDU‑ČSL), un partito politico tradizionale che conta il maggior numero di candidati e di eletti nella politica comunale, erano, per il 73,62 %, persone senza affiliazione politica e il 72,49 % degli eletti di queste liste non aveva alcuna affiliazione politica.

3.      Per quanto concerne le grandi città ceche, a Praga, il candidato senza affiliazione politica Bohuslav Svoboda è stato scelto nel 2010 quale capolista della lista dell’ODS, il partito all’epoca più forte del governo nella Repubblica ceca; egli è divenuto poi sindaco di Praga. Nel 2014, Adriana Krnáčová, candidata senza affiliazione politica e capolista della lista ANO, è divenuta sindaco di Praga e Tomáš Macura, candidato senza affiliazione politica e capolista della lista ANO, è divenuto sindaco di Ostrava, terza più grande città della Repubblica ceca.


1      Lingua originale: il francese.


2      In prosieguo: i «cittadini “mobili” dell’Unione».


3      La Commissione ha presentato un ricorso identico diretto contro la Repubblica di Polonia (causa C‑814/21) che è oggetto di trattazione coordinata. Un’udienza di discussione comune a queste due cause è stata organizzata il 12 settembre 2023.


4      In prosieguo: la «Carta».


5      GU 1993, L 329, pag. 34, nonché edizione speciale della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea in lingua ceca, capitolo 20, tomo 1, pag. 7.


6      GU 1994, L 368, pag. 38, nonché edizione speciale della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea in lingua ceca, capitolo 20, tomo 1, pag. 12.


7      In prosieguo: la «legge sui partiti politici».


8      In prosieguo: la «legge sulle elezioni dei consigli comunali».


9      In prosieguo: la «legge sulle elezioni del Parlamento europeo».


10      In prosieguo: «aderire a un partito politico».


11      La Repubblica ceca cita la sentenza del 12 settembre 2006, Eman e Sevinger (C‑300/04, in prosieguo: la «sentenza Eman e Sevinger», EU:C:2006:545, punto 53).


12      Con riferimento al principio di non discriminazione, la Commissione cita le sentenze del 5 dicembre 1989, Commissione/Italia (C‑3/88, EU:C:1989:606, punto 8), e del 17 luglio 2008, Raccanelli (C‑94/07, EU:C:2008:425, punto 45), nonché il terzo considerando della direttiva 93/109. A titolo esemplificativo, essa si riferisce alla sentenza del 16 dicembre 2004, My (C‑293/03, EU:C:2004:821, punto 33 e giurisprudenza citata), relativa all’articolo 18 CE, divenuto l’articolo 21 TFUE. Per quanto attiene ai diritti fondamentali, la Commissione prende in considerazione la sentenza del 18 giugno 1991, ERT (C‑260/89, EU:C:1991:254, punti 43 e 44), e ricorda quelle citate nell’atto introduttivo, vale a dire le sentenze del 27 aprile 2006, Commissione/Germania (C‑441/02, EU:C:2006:253, punto 108), e del 15 luglio 2021, The Department for Communities in Northern Ireland (C‑709/20, EU:C:2021:602, punto 88). Sulla necessità che le normative nazionali siano conformi alla libertà di associazione sancita all’articolo 12 della Carta, essa rinvia alla sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa) (C‑78/18, EU:C:2020:476).


13      V., segnatamente, sentenza del 5 giugno 2023, Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici) (C‑204/21, EU:C:2023:442, punti da 188 a 190 e giurisprudenza citata).


14      V., per analogia, sentenza del 30 settembre 2010, Commissione/Belgio (C‑132/09, EU:C:2010:562, punti 40 e 41).


15      Il corsivo è mio.


16      Questo argomento è dedotto in risposta alla memoria di intervento della Repubblica di Polonia.


17      La Commissione fa riferimento, a tal proposito, alla sentenza Eman e Sevinger.


18      La Commissione si riferisce alla sentenza del 27 aprile 2006, Commissione/Germania (C‑441/02, EU:C:2006:253, punto 108).


19      Firmata a Roma il 4 novembre 1950, in prosieguo: la «CEDU».


20      La Commissione cita le sentenze della Corte EDU del 30 gennaio 1998, Partito comunista unificato di Turchia e altri c. Turchia (CE:ECHR:1998:0130JUD001939292, § 44), e, per quanto attiene all’importanza dei partiti politici, a titolo esemplificativo, le sentenze del 25 maggio 1998, Partito socialista e altri c. Turchia (CE:ECHR:1998:0525JUD002123793, § 41), e del 13 febbraio 2003, Refah Partisi (Partito del Benessere) e altri c. Turchia (CE:ECHR:2003:0213JUD004134098, §§ da 86 a 89).


21      In prosieguo: gli «orientamenti della Commissione di Venezia». V. 2a edizione di tali orientamenti (studio n. 881/2017). La Commissione si riferisce alle osservazioni contenute al punto 1 (pag. 5) e ai punti 17 e 18 (pag. 9). Per quanto concerne il ruolo di legame tra cittadini e titolari di incarichi pubblici svolto dai partiti, detta istituzione richiama il punto 18 (pag. 9).


22      V. paragrafi 51 e 52 delle presenti conclusioni.


23      A tal proposito, essa osserva che l’argomento della Repubblica ceca vertente sulle disposizioni dell’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 94/80 è infondato. In risposta alla memoria di intervento della Repubblica di Polonia, la Commissione sostiene che un divieto generalizzato di adesione a un partito politico eccede le restrizioni ammesse dal diritto derivato.


24      Punto 53 di detta sentenza.


25      Essa si riferisce alla sentenza della Corte EDU del 27 aprile 1995, Piermont c. Francia (CE:ECHR:1995:0427JUD001577389, § 64), secondo cui gli Stati membri dell’Unione non possono opporre tale disposizione ai cittadini di altri Stati membri che facciano valere i diritti riconosciuti loro dai Trattati.


26      V. nota 33 delle presenti conclusioni. La Commissione precisa che, con detta sentenza, è stato respinto il ricorso proposto dal partito politico evropani.cz avverso la decisione del Ministerstva vnitra (Ministro dell’Interno, Repubblica ceca) con cui era stata negata la registrazione di una modifica dello statuto di tale partito politico diretta ad autorizzare l’adesione dei cittadini dell’Unione titolari di un permesso di soggiorno permanente nella Repubblica ceca.


27      La Commissione rinvia ai documenti citati nelle note 71 e 72 delle presenti conclusioni.


28      Nel suo controricorso, la Repubblica ceca osserva, in via preliminare, che l’obiettivo del presente ricorso è di ordine politico, nella misura in cui esso mira a garantire un maggiore coinvolgimento dei cittadini «mobili» dell’Unione nella vita politica europea, compreso il loro diritto di voto alle elezioni nazionali o regionali. Detto Stato membro cita, ad esempio, la quarta relazione della Commissione sulla cittadinanza dell’Unione (1° maggio 2001 – 30 aprile 2004) [COM(2004) 695 def.], pag. 11, o la relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni concernente l’applicazione della direttiva 94/80/CE sulle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali, del 25 gennaio 2018 [COM(2018) 44 final], pag. 12.


29      Le citazioni contenute nel controricorso corrispondono ai considerando da 4 a 6 della prima di tali direttive e al considerando 5 della seconda.


30      La Repubblica ceca sottolinea che la Corte ha interpretato in tal senso l’articolo 19, paragrafo 2, CE e cita la sentenza Eman e Sevinger (punto 53).


31      Nella sua controreplica, la Repubblica ceca sottolinea che, con detta espressione, l’articolo 22 TFUE deve essere distinto, ad esempio, dall’articolo 59 TFUE, che si riferisce all’adozione di disposizioni di diritto derivato nell’ottica di «realizzare» progressivamente la liberalizzazione di un determinato tipo di servizi. Detto Stato membro ne deduce che l’esercizio della libera prestazione dei servizi non dipende direttamente dall’adozione di una normativa derivata.


32      In altre parole, secondo la Repubblica ceca, l’articolo 4, paragrafo 2, TUE non serve a limitare il tenore dell’articolo 22 TFUE in quanto quest’ultimo non ha la portata dedotta dalla Commissione, il che consente «agli Stati membri [di] utilizzare le norme meglio adatte al loro ordinamento costituzionale». Detto Stato membro cita la sentenza Eman e Sevinger (punto 50).


33      A tal riguardo, la Repubblica ceca cita, a titolo esemplificativo, la sentenza del Nejvyšší správní soud (Corte suprema amministrativa), del 10 gennaio 2018, 6 As 84/2017-27. In risposta alle osservazioni della Commissione (v. paragrafo 48 delle presenti conclusioni), essa precisa che, in mancanza di una decisione dell’Ústavní soud (Corte costituzionale), siffatta giurisprudenza è dirimente ai fini dell’interpretazione del diritto dell’Unione.


34      A sostegno di tale argomento, la Repubblica di Polonia deduce che l’interpretazione della disposizione di cui trattasi sostenuta dalla Commissione sarebbe contraria al principio di attribuzione, come enunciato all’articolo 5, paragrafo 2, TUE.


35      V. paragrafi 29 e 37 delle presenti conclusioni vertenti sulla ricevibilità del presente ricorso.


36      V. nota 30 delle presenti conclusioni.


37      La Repubblica ceca cita la sentenza del 12 maggio 1998, Martínez Sala (C‑85/96, EU:C:1998:217, punti 58, 59 e 63).


38      La Repubblica ceca si riferisce alla sentenza del 30 maggio 1989, Commissione/Grecia (305/87, EU:C:1989:218, punto 28). Essa precisa che, «[t]ra queste disposizioni particolari figurano, segnatamente, le disposizioni che sanciscono le libertà fondamentali, vale a dire gli articoli 34, 45, 49, 56 e 63 TFUE, ma anche altre disposizioni, come l’articolo 54 o l’articolo 94 TFUE, e, infine, l’articolo 22 TFUE».


39      Secondo tale Stato membro, l’approccio in parola è stato adottato dalla Corte nella sentenza del 29 giugno 1999, Commissione/Belgio (C‑172/98, EU:C:1999:335, punto 12), statuendo che la condizione della cittadinanza per il riconoscimento della personalità giuridica delle associazioni riguarda le libertà fondamentali del mercato interno e ricade, pertanto, nel divieto generale di discriminazione ai sensi dell’articolo 6 del trattato CE, divenuto l’articolo 18 TFUE. La Repubblica ceca osserva che, nell’ambito della presente causa, non è stata presa in considerazione la libertà di stabilimento, quale disposizione specifica di diritto primario in materia di divieto di discriminazione.


40      V., in materia elettorale, per quanto attiene alla determinazione dei titolari dei diritti elettorali, sentenze Eman e Sevinger (punti 45 e 52), e del 6 ottobre 2015, Delvigne (C‑650/13, EU:C:2015:648, punto 42). Con riferimento ai diritti collegati alla cittadinanza dell’Unione, v. altresì, sentenza del 14 dicembre 2021, Stolichna obshtina, rayon «Pancharevo» (C‑490/20, EU:C:2021:1008, punto 52). V., infine, quanto ai valori dell’Unione, sentenza del 5 giugno 2023, Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici) (C‑204/21, EU:C:2023:442, punti da 64 a 67 e giurisprudenza citata).


41      La Corte ha dichiarato che dall’articolo 8, primo comma, e dall’articolo 12 dell’atto del 20 settembre 1976 relativo all’elezione dei rappresentanti nell’assemblea a suffragio universale diretto (GU 1976, L 278, pag. 5), che specifica i principi comuni applicabili alla procedura di elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto, risulta che gli Stati membri restano, in linea di principio, competenti a disciplinare la procedura elettorale. V. sentenza del 19 dicembre 2019, Junqueras Vies (C‑502/19, EU:C:2019:1115, punti da 67 a 69).


42      V., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2022, Commissione/Austria (Indicizzazione delle prestazioni familiari) (C‑328/20, EU:C:2022:468, punto 57).


43      V. articolo 22 TFUE, parte finale, e considerando 4 e 6 della direttiva 93/109, oltre ai considerando 4 e 5 della direttiva 94/80. Tali direttive illustrano nel dettaglio le condizioni comuni di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità relative, ad esempio, alla cittadinanza dell’Unione e alla durata della residenza fissata dallo Stato membro di residenza, le modalità di iscrizione nelle liste elettorali e della dichiarazione di candidatura, nonché i casi di esclusione.


44      Sulla qualificazione di «status fondamentale», v., in particolare, sentenza del 9 giugno 2022, Préfet du Gers e Institut national de la statistique et des études économiques (C‑673/20, EU:C:2022:449, punto 49 e giurisprudenza citata).


45      V. considerando da 1 a 3 delle direttive 93/109 e 94/80. Secondo Shaw, J., «Sovereignty at the Boundaries of the Polity», in Walker, N., Sovereignty in Transition, Hart Publishing, Londra, 2003, pagg. da 461 a 500, in particolare pag. 471, le disposizioni relative al diritto elettorale rappresentano gran parte del valore aggiunto delle disposizioni del Trattato di Maastricht. Infatti, la possibilità di partecipare alle elezioni dirette del Parlamento europeo esiste a partire dall’atto del 20 settembre 1976 (v. nota 41 delle presenti conclusioni). È solo dall’entrata in vigore del Trattato di Maastricht che il diritto in questione è disciplinato dal Trattato CE, all’articolo 8 B e in seguito all’articolo 19 CE, e all’articolo 22 TFUE. V., per un richiamo agli antecedenti legislativi, Shaw, J., e Khadar, L., «Article 39», in Peers, S., Hervey, T., Kenner, J., e Ward, A., The EU Cartar of Fundamental Rights: A Commentary, 2a ed., Hart Publishing, Oxford, 2021, pagg. da 1085 a 1112, in particolare punti 39.33 e 39.34 (pagg. 1093 e 1094). Lo stesso vale per le elezioni comunali a partire da detto Trattato. Per un excursus storico dettagliato, v. Groenendijk, K., «Article 40», The EU Cartar of Fundamental Rights: A Commentary, op. cit., pagg. da 1113 a 1123, in particolare punto 40.17 (pag. 1118). V., con riferimento all’articolo 19 CE, sentenza del 12 settembre 2006, Spagna/Regno Unito (C‑145/04, EU:C:2006:543, punto 66), e, nello stesso senso, sentenza del 6 ottobre 2015, Delvigne (C‑650/13, EU:C:2015:648, punto 42).


46      V. considerando 3 delle direttive 93/109 e 94/80 e, in tal senso, sentenza del 9 giugno 2022, Préfet du Gers e Institut national de la statistique et des études économiques (C‑673/20, EU:C:2022:449, punto 50).


47      Conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, TUE, essa ha lo stesso valore giuridico dei trattati.


48      Secondo le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17) (in prosieguo: le «spiegazioni relative alla Carta»), «il paragrafo 1 dell’articolo 39 corrisponde al diritto garantito all’articolo 20, paragrafo 2, [TFUE]» e l’articolo 22 TFUE costituisce la base giuridica per l’adozione delle modalità di esercizio di tale diritto.


49      Secondo le spiegazioni relative alla Carta, questo articolo «corrisponde al diritto garantito all’articolo 20, paragrafo 2, [TFUE]» e l’articolo 22 TFUE costituisce la base giuridica per l’adozione delle modalità di esercizio di tale diritto. V. sentenza del 9 giugno 2022, Préfet du Gers e Institut national de la statistique et des études économiques (C‑673/20, EU:C:2022:449, punto 51).


50      V. sentenza del 20 settembre 2001, Grzelczyk (C‑184/99, EU:C:2001:458, punto 31).


51      V. articolo 2 TUE. V., a tal proposito, sentenza del 5 giugno 2023, Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici) (C‑204/21, EU:C:2023:442, punti 64 e 67, e giurisprudenza citata), per analogia con la sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa) [(C‑78/18, EU:C:2020:476, punto 112), fondata sul legame implicito tra tre valori enunciati nell’articolo 2 TUE, vale a dire la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti fondamentali]. Sul potere di controllo delle istituzioni, v. sentenza del 16 febbraio 2022, Ungheria/Parlamento e Consiglio (C‑156/21, EU:C:2022:97, punto 159).


52      La Corte ha dichiarato che l’articolo 10, paragrafo 1, TUE concretizza il valore della democrazia citato all’articolo 2 TUE. V. sentenza del 19 dicembre 2019, Junqueras Vies (C‑502/19, EU:C:2019:1115, punto 63).


53      V. considerando 10 e articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 93/109, e considerando 14 e articolo 12, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 94/80. V., altresì, sull’importanza di questo fattore, Shaw, J., «Sovereignty at the Boundaries of the Polity», op. cit., pag. 478, secondo cui «[i] diritti elettorali (...) sono diritti complementari alla migrazione dei cittadini dell’Unione, diritti che devono essere istituiti dall’Unione chiamata ad operare come un’entità politica di tutela al fine di stimolare nel cittadino dell’Unione che emigri un più profondo sentimento di coinvolgimento all’interno dello Stato ospitante e in taluni aspetti della sua cultura politica, e di limitare il pregiudizio quanto alla perdita dei diritti politici cui il migrante andrebbe incontro lasciando il proprio Stato d’origine» (traduzione libera).


54      Conformemente a una giurisprudenza consolidata, le norme relative alla parità di trattamento tra soggetti nazionali e stranieri vietano, non soltanto le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, ma anche qualsiasi forma dissimulata di discriminazione che, attraverso l’applicazione di altri criteri distintivi, conduca di fatto allo stesso risultato. V. sentenza del 2 febbraio 2023, Freikirche der Siebenten-Tags-Adventisten in Deutschland (C‑372/21, EU:C:2023:59, punto 29).


55      V., in tal senso, considerando 6 della direttiva 93/109 e considerando 5 della direttiva 94/80.


56      V. sentenza dell’11 giugno 2020, TÜV Rheinland LGA Products e Allianz IARD (C‑581/18, EU:C:2020:453, punto 33 e giurisprudenza citata).


57      V. sentenza del 9 giugno 2022, Préfet du Gers e Institut national de la statistique et des études économiques (C‑673/20, EU:C:2022:449, punto 48).


58      V., specialmente, punti 17 e 18 (pag. 9).


59      V., a questo proposito, per quanto attiene al finanziamento e all’accesso ai media, il punto 185 degli orientamenti della Commissione di Venezia (pagg. 59 e 60).


60      V. paragrafo 44 delle presenti conclusioni. V., inoltre, sentenza della Corte EDU, 8 luglio 2008, Yumak e Sadak c. Turchia (CE:ECHR:2008:0708JUD001022603, § 107 e giurisprudenza citata). Nella sua giurisprudenza costante, detta Corte sottolinea che il dibattito politico, cui contribuiscono i partiti politici, «è il fulcro della nozione di società democratica».


61      Questa disposizione si riferisce ai partiti politici europei. È ivi ripresa, sostanzialmente, la formulazione dell’articolo 191, primo comma, CE.


62      V. spiegazioni relative alla Carta.


63      Sul legame stabilito tra gli articoli 39 e 40 della Carta e il suo articolo 12, paragrafo 2, vertente sul ruolo dei partiti politici, v. Costa, O., «Article 39 – Droit de vote et d’éligibilité aux élections municipales et au Parlement européen», in Picod, F., Rizcallah, C., e Van Drooghenbroeck, S., Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne: commentaire article par article, 3a ed., Bruylant, Bruxelles, 2023, pagg. da 1043 a 1068, in particolare punto 6 (pag. 1048), e, nella stessa opera, Ducoulombier, P., «Article 12 – Liberté de réunion et d’association», pagg. da 313 a 327, in particolare punto 6 (pagg. 317 e 318). V., altresì, Shaw, J., e Khadar, L., op. cit., punto 39.04 (pag. 1087), e Groenendijk, K., op. cit., punto 40.26 (pag. 1120).


64      V. paragrafo 72 delle presenti conclusioni.


65      Tale articolo corrisponde all’articolo 10 della CEDU. V. spiegazioni relative alla Carta.


66      V., inoltre, a tal proposito, l’articolo 3 del protocollo n. 1 della CEDU, nonché la sentenza della Corte EDU del 18 febbraio 1999, Matthews c. Regno Unito, CE:ECHR:1999:0218JUD002483394, § 44), riguardante l’applicazione di tale disposizione alle elezioni dei membri del Parlamento europeo.


67      V. sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa) (C‑78/18, EU:C:2020:476, punti da 111 a 114).


68      V. sentenza della Corte EDU del 30 gennaio 1998, Partito comunista unificato di Turchia e altri c. Turchia (CE:ECHR:1998:0130JUD001939292, § 25). Viene ivi precisato che i «partiti politici rappresentano una forma di associazione essenziale al buon funzionamento della democrazia. In considerazione della [loro] importanza nel sistema della [CEDU] (...), non vi è dubbio che ricadano nell’articolo 11». Per quanto concerne l’importanza della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica in un contesto più ampio, v., segnatamente, sentenze della Corte EDU del 17 febbraio 2004, Gorzelik e a. c. Polonia (CE:ECHR:2004:0217JUD004415898, §§ 88, 90 e 92), e dell’8 ottobre 2009, Tebieti Mühafize Cemiyyeti e Israfilov c. Azerbaïdjan (CE:ECHR:2009:1008JUD003708303, §§ 52 e 53).


69      Si tratta dell’articolo 65 della legge sulle elezioni del Parlamento europeo e dell’articolo 85 dello zákon č. 247/1995 Sb. o volbách do Parlamentu České republiky a o změně a doplnění některých dalších zákonů (legge n. 247/1995 sulle elezioni del Parlamento della Repubblica ceca e che modifica e integra talune leggi), del 27 settembre 1995, nonché dell’articolo 20, paragrafi da 5 a 8, della legge sui partiti politici. V., per una panoramica dettagliata del contenuto di dette disposizioni, l’allegato I delle presenti conclusioni.


70      La Commissione si riferisce all’articolo 21, paragrafo 4, e all’allegato della legge sulle elezioni dei consigli comunali.


71      La Commissione si fonda sulla posizione di Antoš, M., «Politická participace cizinců v České republice», Politologický časopis, Masarykova univerzita, Brno, 2012, n. 2, pagg. da 113 a 127, in particolare pagg. 123 e 124.


72      Essa si riferisce al comunicato stampa dell’Ufficio ceco del difensore civico del 23 luglio 2014, intitolato «Občané EU žijící v ČR mají právo účastnit se politického života» («I cittadini dell’Unione europea che vivono nella Repubblica ceca hanno diritto di partecipare alla vita politica»), disponibile al seguente indirizzo Internet: https://www.ochrance.cz/aktualne/obcane-eu-zijici-v-cr-maji-pravo-ucastnit-se-politickeho-zivota, ultimo paragrafo.


73      Tuttavia, la Commissione si riferisce alla relazione sulla valutazione d’impatto che accompagna la proposta di direttiva del Consiglio, presentata il 25 novembre 2021, relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini [documento di lavoro SWD(2021) 357 final]. Essa osserva che, in base a quanto ivi indicato, in occasione della consultazione pubblica e benché tale consultazione abbia trovato limitato riscontro presso il pubblico, si è rinvenuto almeno un partecipante che sostiene di aver tentato di presentarsi alle elezioni del Parlamento europeo in un altro Stato membro e di essersi scontrato con l’impossibilità di fondare un partito politico o di aderire a un partito politico esistente.


74      V. allegato II delle presenti conclusioni.


75      La Commissione osserva che le persone citate sono cittadini cechi. Si tratta, ad esempio, dell’unico cosmonauta ceco (Vladimír Remek), di un ex ministro degli Affari esteri (Josef Zieleniec), di una nota ex ambasciatrice ceca in Qatar e in Kuwait (Jana Hybášková), di un membro di lunga data del consiglio di amministrazione della Česká národní banka (Banca nazionale ceca), molto presente sui media, e altresì dell’ex vicegovernatore di detta banca (Luděk Niedermayer), di un ex ministro della Giustizia (Jiří Pospíšil), o ancora di un luminare accademico popolare e molto presente sui media (Jan Keller). Per quanto attiene a Franz Stros, cittadino tedesco eletto nel Parlamento europeo, la Commissione ricorda che si tratta di un letterato, ex cittadino cecoslovacco.


76      La Repubblica di Polonia, parte interveniente, sottolinea che i candidati «non affiliati» a un partito – compresi i cittadini «mobili» dell’Unione – godono di piena garanzia di accesso a tutte le forme di candidatura previste dalla normativa ceca e che la scelta di presentare determinati candidati sulle liste dei partiti politici dipende, in pratica, soltanto dalla reciproca volontà di cooperare.


77      Essa ricorda la giurisprudenza della Corte sull’onere della prova gravante sulla Commissione e cita la sentenza del 14 marzo 2019, Commissione/Repubblica ceca (C‑399/17, EU:C:2019:200, punto 51).


78      V. allegato II delle presenti conclusioni. Nella controreplica la Repubblica ceca precisa che non avrebbe senso distinguere tra cittadini cechi e non cechi poiché accade di frequente che candidati alle elezioni siano privi di affiliazione politica e il loro status non cambia minimamente in ragione della loro cittadinanza. Essa contesta il modo in cui la Commissione relativizza le informazioni sui successi elettorali di determinati candidati (v. paragrafo 99 delle presenti conclusioni).


79      V. sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa) (C‑78/18, EU:C:2020:476, punto 37).


80      Essi sono analizzati nello stesso senso dalla Repubblica di Polonia.


81      V., segnatamente, paragrafo 93 delle presenti conclusioni con riferimento alle condizioni di legge per la partecipazione alle elezioni comunali, richiamate dalla Commissione e non contestate dalla Repubblica ceca, nonché i documenti citati nelle note 71 e 72 delle stesse.


82      In risposta agli argomenti sviluppati dalla Repubblica di Polonia (v. paragrafo 123 delle presenti conclusioni), la Commissione deduce che tale giustificazione ricomprende anche il caso in cui i cittadini «mobili» dell’Unione eleggessero negli organi interni dei partiti politici cittadini degli Stati membri ospitanti che interferiscano in maniera inappropriata in settori riservati agli Stati membri.


83      A parere della Commissione, questo limite dimostra che il rispetto dell’identità nazionale «trova pieno riscontro nell’articolo 22 TFUE».


84      La Commissione cita le sentenze dell’8 maggio 2003, ATRAL (C‑14/02, EU:C:2003:265, punto 69), e del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa) (C‑78/18, EU:C:2020:476, punti 76 e 77), nonché la sentenza del 22 dicembre 2010, Sayn-Wittgenstein (C‑208/09, EU:C:2010:806, punti 81 e 90).


85      Si tratta della sentenza del 27 aprile 2006, Commissione/Germania (C‑441/02, EU:C:2006:253, punto 108). A parere della Repubblica ceca, la Commissione dà una lettura errata di questo passaggio a causa della sua formulazione, di cui essa sottolinea la parte conclusiva, vale a dire: «[s]i possono, infatti, addurre motivi d’interesse generale al fine di giustificare una misura nazionale idonea ad ostacolare l’esercizio delle libertà fondamentali solo qualora detta misura sia conforme a tali diritti».


86      V., in tal senso, considerando 5 della direttiva 93/109 e considerando 4 della direttiva 94/80. V., altresì, sentenza Eman e Sevinger (punti 52 e 53).


87      V. paragrafo 77 delle presenti conclusioni. V., a questo proposito, con riferimento alla restrizione dell’accesso a talune funzioni ai cittadini nazionali e alla partecipazione alle elezioni di un’assemblea parlamentare, i considerando 5 e 10 e l’articolo 5, paragrafi 3 e 4, della direttiva 94/80. Sulle normative degli Stati membri nell’ambito di detto margine di manovra, v. relazione sulla valutazione d’impatto citata nella nota 73 delle presenti conclusioni, punto 1.3.6 (pag. 20), e analisi di Blacher, P., «Article 40 – Droit de vote et d’éligibilité aux élections municipales», in Picod, F., Rizcallah, C., Van Drooghenbroeck, S., op. cit., pagg. da 1069 a 1088, in particolare punto 16 (pagg. 1083 e 1084). Per quanto attiene alle limitazioni del diritto di voto e di eleggibilità, specialmente in funzione della percentuale di cittadini «mobili» dell’Unione nello Stato membro di residenza e della durata della residenza, v. articolo 14 della direttiva 93/109 e articolo 12 della direttiva 94/80. V., altresì, commenti di Shaw, J., e Khadar, L., op. cit., punto 39.74 (pag. 1104), per quanto attiene alle elezioni del Parlamento europeo, e Groenendijk, K., op. cit., punti 40.27 e 40.28 (pag. 1121), per quanto attiene alle elezioni comunali.


88      V., a tal proposito, orientamenti della Commissione di Venezia, punti 153 e 155 (pagg. 49 e 50). V., altresì, a titolo esemplificativo, la relazione di Alina Ostling finanziata dal programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza (2014‑2020) della Commissione, dal titolo «Fair EU Synthesis report: Electoral Rights for Mobile EU Citizens – Challenges and Facilitators of Implementation», punto 4.1.2 (pag. 27).


89      V. sentenza del 5 giugno 2023, Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici) (C‑204/21, EU:C:2023:442, punto 72).


90      V. considerando 2 e 5 del preambolo della Carta.


91      Per quanto attiene alla portata di questo articolo, occorre fare riferimento ai paragrafi 74, 84 e 87 delle presenti conclusioni.


92      V., in tal senso, sentenze del 16 febbraio 2022, Ungheria/Parlamento e Consiglio (C‑156/21, EU:C:2022:97, punto 127), e del 16 febbraio 2022, Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑157/21, EU:C:2022:98, punto 145). V. sentenza del 5 giugno 2023, Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici) (C‑204/21, EU:C:2023:442, punto 72).


93      Contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica ceca, occorre osservare, conformemente all’articolo 52, paragrafo 2, della Carta, che, a differenza di altri articoli del Trattato, come, ad esempio, l’articolo 45, paragrafo 3, e l’articolo 65, paragrafo 2, TFUE, detto articolo 22 non prevede che, al di fuori degli atti di diritto derivato adottati sulla sua base, gli Stati membri possano adottare misure idonee ad ostacolare i diritti elettorali dei cittadini «mobili» dell’Unione.


94      V. articolo 1, paragrafo 1, e articolo 3, primo comma, della direttiva 93/109, nonché articolo 1, paragrafo 1, e articolo 3 della direttiva 94/80. V., inoltre, paragrafo 127 delle presenti conclusioni.