Language of document : ECLI:EU:T:2006:214

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

13 luglio 2006 (*)

«Fondi strutturali – Finanziamento delle iniziative comunitarie – Modifica delle ripartizioni indicative – Esecuzione della cosa giudicata – Sentenza di annullamento»

Nella causa T‑225/04,

Repubblica italiana, rappresentata inizialmente dai sigg. A. Cingolo, P. Gentili e D. Del Gaizo, poi dai sigg. Gentili e Del Gaizo, avvocati dello Stato, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. E. de March e J. Flynn, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 26 novembre 2003, C (2003) 3971 def., che stabilisce una ripartizione indicativa fra gli Stati membri degli stanziamenti di impegno nel quadro delle iniziative comunitarie per il periodo 1994‑1999, così come di tutti gli atti connessi e presupposti,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dal sig. H. Legal, presidente, dalla sig.ra P. Lindh e dal sig. V. Vadapalas, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Ambito normativo della controversia

 A – Trattato

1       L’art. 158 CE sancisce che la Comunità sviluppa e persegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e sociale. In particolare, la Comunità mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo di quelle meno favorite per promuovere uno sviluppo armonioso nell’insieme della Comunità. Conformemente all’art. 159 CE, la Comunità appoggia questa realizzazione anche con l’azione che essa svolge attraverso fondi a finalità strutturale.

 B – Diritto derivato

2       Per raggiungere questi scopi e disciplinare i compiti dei fondi, il Consiglio ha adottato il regolamento (CEE) 24 giugno 1988, n. 2052, relativo alle missioni dei Fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti (GU L 185, pag. 9), modificato, in particolare, mediante il regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2081 (GU L 193, pag. 5), e il regolamento (CEE) 19 dicembre 1988, n. 4253, recante disposizioni di applicazione del regolamento n. 2052/88 per quanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari Fondi strutturali, da un lato, e tra tali interventi e quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti, dall’altro (GU L 374, pag. 1), modificato, in particolare, mediante regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082 (GU L 193, pag. 20).

3       In forza dell’art. 4, n. 1, primo comma, del regolamento n. 2052/88, come modificato:

«L’azione comunitaria è complementare alle azioni nazionali corrispondenti o vi contribuisce. Ciò è il risultato della stretta concertazione tra la Commissione, lo Stato membro interessato, le autorità e gli organismi competenti (...) designati dallo Stato membro a livello nazionale, regionale, locale o altro, i quali agiscono in qualità di partner che perseguono un obiettivo comune. Tale concertazione sarà in appresso denominata “partnership”. La partnership è operante in fatto di preparazione e finanziamento, nonché di valutazione ex ante, sorveglianza e valutazione ex post delle azioni».

4       Ai sensi dell’art 5, n. 5, terzo comma, del medesimo regolamento:

«Gli interventi [finanziari dei fondi strutturali] sono intrapresi su iniziativa degli Stati membri o della Commissione, di concerto con lo Stato membro interessato».

5       Gli interventi avviati su iniziativa della Commissione vengono denominati «iniziative comunitarie».

6       L’art. 12, n. 4, del detto regolamento così dispone:

«Per ciascuno degli obiettivi nn. 1, 2, 3, 4 e 5b) la Commissione procede, in base a procedure trasparenti, a ripartizioni indicative per Stato membro degli stanziamenti d’impegno dei Fondi strutturali, tenendo pienamente conto, come in precedenza, dei seguenti criteri oggettivi: la prosperità nazionale, la prosperità regionale, la popolazione delle regioni e la gravità relativa dei problemi strutturali, compreso il livello di disoccupazione e, per gli obiettivi interessati, le esigenze di sviluppo nelle zone rurali. (…)».

7       A norma dell’art. 17, n. 2, del citato regolamento:

«Per gli interventi intrapresi su propria iniziativa, conformemente alle disposizioni dell’articolo 5, paragrafo 5, ultimo comma, la Commissione è assistita da un comitato di gestione composto di rappresentanti degli Stati membri».

8       L’art. 29 bis del regolamento n. 4253/88, come modificato dal regolamento n. 2082/93, intitolato «Comitato di gestione per le iniziative comunitarie», così dispone:

«In applicazione dell’articolo 17 del regolamento (…) n. 2052/88, è istituito presso la Commissione un comitato di gestione per le iniziative comunitarie, composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. La BEI designa un rappresentante che non partecipa al voto.

Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all’articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l’adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell’articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.

La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In questo caso la Commissione può differire di un mese al massimo, a decorrere dalla data di tale comunicazione, l’applicazione delle misure da essa decise.

Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al terzo comma.

Il comitato esprime un parere sulle proposte della Commissione agli Stati membri di cui all’articolo 11, paragrafo 1.

(...)».

9       L’art. 52, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 21 giugno 1999, n. 1260, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU L 161, pag. 1), così dispone:

«Il presente regolamento non osta alla continuazione o modificazione, compresa la soppressione totale o parziale, di un intervento approvato dal Consiglio o dalla Commissione in base ai regolamenti (…) n. 2052/88 e (…) n. 4253/88 o a qualsiasi altro atto normativo applicabile a detto intervento il 31 dicembre 1999».

 Fatti all’origine della controversia

10     Il Consiglio europeo svoltosi a Edimburgo il 10-12 dicembre 1992 ha stabilito, per il periodo di programmazione 1994-1999, uno stanziamento a favore dei fondi strutturali pari a ECU 141 471 milioni, a prezzi del 1992, il 9% dei quali, pari a ECU 12 732 milioni, sono stati destinati alle iniziative comunitarie.

11     Nel corso di una riunione del comitato di gestione, svoltasi a Bruxelles il 25 e 26 maggio 1994, in merito all’attuazione delle iniziative comunitarie, la Commissione ha dichiarato quanto segue:

«Come durante il periodo precedente, la Commissione si riserva il diritto di adeguare le ripartizioni finanziarie nel corso degli ultimi anni del periodo di programmazione attuale, onde tener conto dei progressi nell’esecuzione, della necessità di garantire un uso efficace e pieno dei fondi comunitari nonché dell’emergenza eventuale di problemi nuovi e imprevisti».

12     Con decisioni 13 luglio, 12 ottobre e 21 dicembre 1994 nonché 8 maggio 1996, la Commissione ha effettuato una ripartizione indicativa del citato importo, riguardante tredici iniziative e concernente i diversi Stati membri interessati dalla realizzazione di diversi programmi per il periodo 1994‑1999.

13     Il segretario generale della Commissione, nel punto 4 della lettera del 13 luglio 1994, comunicata agli Stati membri, faceva le seguenti precisazioni: «È evidente che gli importi così determinati hanno carattere indicativo e potranno venire riconsiderati sia al momento dell’approvazione dei programmi (tenendo conto del giudizio qualitativo della Commissione), sia per tutta la durata della loro esecuzione».

14     In seguito, ha avuto luogo uno scambio di lettere, ivi compresa la lettera della Commissione datata 13 giugno 1996, tra la Repubblica italiana e la Commissione nel quadro dell’attuazione delle iniziative comunitarie, e la ricorrente ha precisato che l’eventuale redistribuzione delle risorse non avrebbe dovuto comportare una riduzione delle quote attribuite alla Repubblica italiana, ma unicamente una riallocazione dei fondi in seno allo Stato membro, a causa di nuovi bisogni manifestatisi in seguito al terremoto che aveva colpito le Regioni Marche e Umbria.

15     Per il 1999 la Commissione ha deciso di procedere ad una modifica delle ripartizioni indicative delle iniziative comunitarie, al fine di rendere disponibile un importo di ECU 100 milioni destinati a garantire il finanziamento di un’iniziativa comunitaria su domanda del Consiglio e del Parlamento europeo, consistente in un programma speciale di aiuto a favore della pace e della riconciliazione in Irlanda del Nord e nelle contee limitrofe dell’Irlanda (in prosieguo: l’«iniziativa PEACE»).

16     Tenendo conto di diversi criteri, in particolare dello stato di avanzamento delle varie iniziative comunitarie negli Stati membri, la Commissione ha elaborato una proposta di modifica della ripartizione delle iniziative comunitarie, sotto forma di un documento di lavoro che è stato approvato dal comitato di gestione nella sua riunione del 22 settembre 1998.

17     Risulta da tale documento di lavoro che la ridistribuzione finanziaria di ECU 100 milioni a vantaggio dell’iniziativa PEACE doveva comportare, in particolare, per la Repubblica italiana, una riduzione in misura pari a ECU 44,7 milioni dell’importo iniziale, mentre altre riduzioni di ammontare consistente riguardavano peraltro la Repubblica francese (ECU 18,1 milioni), il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (ECU 16,4 milioni), la Repubblica portoghese (ECU 6,8 milioni) e la Repubblica federale di Germania (ECU 6 milioni).

18     Per quanto riguarda la Repubblica italiana, la riduzione di ECU 44,7 milioni riguardava le iniziative Interreg (ECU 21 milioni), PMI (ECU 17,8 milioni), URBAN (ECU 3,2 milioni), Leader (ECU 2 milioni) e Konver (ECU 0,7 milioni).

19     Tale nuova ripartizione è stata adottata dalla Commissione il 16 dicembre 1998 e comunicata alla ricorrente il 19 gennaio 1999 con lettera del segretario generale della Commissione.

20     Questa lettera conteneva, in allegato, una nuova tabella che sostituiva quelle allegate alle lettere datate 13 luglio 1994 e 13 giugno 1996.

21     Detta tabella, intitolata «Stanziamenti indicativi per iniziativa comunitaria e per Stato membro (in MECU, prezzi 1999)», riportava per ciascuno Stato membro l’importo totale assegnatogli a titolo indicativo nonché la ripartizione di quest’ultimo importo tra le diverse iniziative comunitarie. Relativamente alla Repubblica italiana, un asterisco rinviava alla nota a piè di pagina, la quale precisava che «tali stanziamenti potranno essere programmati nella loro totalità solo qualora lo Stato membro confermi il suo accordo ad una riduzione delle risorse programmate all’interno dell’iniziativa PMI».

22     Con lettera del 26 gennaio 1999, indirizzata alla Repubblica italiana, la Commissione ha sottolineato che la decisione 16 dicembre 1998 aveva evidenziato l’esistenza di ritardi considerevoli nell’esecuzione delle iniziative comunitarie in Italia e che la detta decisione era fondata su un metodo oggettivo e non discriminatorio, posto in atto in collaborazione con le autorità nazionali.

23     La Repubblica italiana si è opposta a questa decisione della Commissione, chiedendone l’annullamento in forza dell’art. 230 CE, con ricorso depositato presso la cancelleria della Corte il 29 marzo 1999.

24     Con sentenza 30 gennaio 2002, causa C‑107/99, Italia/Commissione (Racc. pag. I‑1091), la Corte ha annullato la decisione della Commissione 16 dicembre 1998 in quanto la decisione impugnata, non essendo stata annessa al processo verbale della riunione del 16 dicembre 1998, in modo da formare con questo un tutto inscindibile, conformemente alle prescrizioni dell’art. 16, primo comma, del regolamento interno della Commissione, non poteva essere considerata come debitamente autenticata e, di conseguenza, era viziata da violazione delle forme sostanziali. Alla luce di ciò la Corte non era tenuta ad esaminare gli altri motivi di ricorso.

25     In seguito al detto annullamento disposto dalla Corte, la Commissione ha sottoposto alle delegazioni degli Stati membri, riunitesi il 25 giugno 2003 in seno al Comitato per lo sviluppo e la riconversione delle regioni (in prosieguo: il «CSRR»), un progetto di decisione di riallocazione delle ripartizioni indicative per le iniziative comunitarie relative al periodo 1994-1999 a favore dell’iniziativa PEACE, destinato a sostituire la decisione annullata.

26     Il CSRR, in qualità di organo consultivo, ha formulato un parere favorevole al progetto di decisione, fatta eccezione per la delegazione italiana, che vi si è opposta, e per la delegazione spagnola, che si è astenuta.

27     Questo procedimento si è concluso con l’adozione, il 26 novembre 2003, di una decisione che stabilisce una ripartizione indicativa fra gli Stati membri degli stanziamenti di impegno nel quadro delle iniziative comunitarie per il periodo 1994-1999 (in prosieguo: la «decisione impugnata»). In questa decisione la Commissione, in particolare, ha modificato, o aumentandoli o diminuendoli, la maggior parte degli stanziamenti concessi a ciascun programma specifico della Repubblica italiana, senza però modificarne l’importo totale.

28     Il preambolo della decisione impugnata richiama l’art. 158 CE, l’art. 12, nn. 4 e 5, del regolamento n. 2052/88 e il parere del CSRR 25 giugno 2003.

29     La decisione impugnata spiega che il procedimento seguito per il metodo di calcolo si articola in una prima fase, durante la quale è stato stabilito l’importo da riattribuire a ciascuno Stato membro, e in una seconda fase, destinata a fissare la ripartizione di questo contributo tra le diverse iniziative comunitarie previste in ciascuno Stato membro interessato.

30     Dalla decisione impugnata si evince che la prima fase del metodo di calcolo ha tenuto conto dei tassi di esecuzione finanziaria negli Stati membri, calcolati in base alla media di due valori: il valore relativo allo stato di avanzamento di ciascuna iniziativa comunitaria in ogni singolo Stato membro, necessario per portare il tasso di ciascuna iniziativa comunitaria al 31 dicembre 1997 al livello indicativo del 25%, e il valore globale dello stato di avanzamento generale di tutte le iniziative comunitarie in ogni Stato membro, cioè la percentuale degli impegni totali in loco necessaria per portare i tassi di impegno della maggior parte degli Stati membri, tra cui la Repubblica italiana, al 65%.

31     Per quanto concerne la seconda fase del metodo di calcolo, la decisione impugnata precisa che gli importi risultanti da questa ripartizione indicativa sono stati ripartiti tra le diverse iniziative comunitarie previste nello Stato membro in questione, in funzione dei progressi realizzati nell’esecuzione dei programmi e dell’eventuale esigenza di riprogrammazione che le dette iniziative potevano comportare.

32     Per le nuove ripartizioni indicative assegnate agli altri Stati membri diversi dalla Repubblica italiana, il punto 12 della decisione impugnata precisa che la ridistribuzione delle assegnazioni indicative tra le diverse iniziative comunitarie nello Stato membro interessato è stata effettuata sulla base della seconda fase del metodo di calcolo summenzionato.

33     Il punto 13 della decisione impugnata precisa che, «per quanto riguarda gli importi degli stanziamenti di impegno per le iniziative comunitarie dell’Italia, nella misura in cui detto Stato membro non ha mai dato il suo accordo quanto al principio stesso di una riassegnazione indicativa dei fondi assegnati alle iniziative comunitarie, viene applicata una riduzione di 44 700 000 euro sull’insieme delle iniziative, ripartita proporzionalmente per ciascuna di esse, senza pregiudicare gli impegni effettivamente realizzati».

 Procedimento

34     Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 5 febbraio 2004, la Repubblica italiana ha proposto il presente ricorso.

35     In applicazione della decisione del Consiglio 26 aprile 2004, 2004/407/CE, Euratom, che modifica gli articoli 51 e 54 del protocollo sullo statuto della Corte di giustizia (GU L 132, pag. 5), il presidente della Corte, con ordinanza 8 giugno 2004, ha rimesso la causa al Tribunale.

36     Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di aprire la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’art. 64, n. 3, lett. c) e d), del regolamento di procedura del Tribunale, ha rivolto per iscritto alcuni quesiti alla ricorrente e alla Commissione, invitandole a rispondervi prima dell’udienza. Le parti hanno ottemperato a questa richiesta nei termini loro fissati.

37     Le parti hanno svolto le loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti del Tribunale nel corso dell’udienza del 1° dicembre 2005.

 Conclusioni delle parti

38     La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–       annullare la decisione impugnata;

–       annullare tutti gli atti connessi e presupposti;

–       condannare la Commissione alle spese.

39     La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–       respingere il ricorso;

–       condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

40     Occorre dichiarare irricevibile il secondo capo della domanda della ricorrente, diretto all’annullamento di «tutti gli atti connessi e presupposti» relativi alla decisione impugnata, dato che la ricorrente non precisa quali siano tali atti.

41     Infatti, in applicazione dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, questa domanda non contiene un oggetto sufficientemente preciso (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 11 luglio 1996, causa T‑146/95, Bernardi/Parlamento, Racc. pag. II‑769, punto 26).

42     A sostegno del suo primo capo di domanda, diretto all’annullamento della decisione impugnata, la ricorrente deduce sostanzialmente tre motivi, relativi, rispettivamente, a un difetto di fondamento normativo, a una violazione delle norme procedurali e a un difetto di motivazione.

 Sul primo motivo, relativo ad un difetto di fondamento normativo

43     Il primo motivo è suddiviso in due parti. La prima riguarda la mancanza di un fondamento normativo che permettesse alla Commissione di modificare le ripartizione indicative già adottate, mentre la seconda riguarda l’impossibilità di modificare le ripartizioni indicative previamente adottate in sede di esecuzione della sentenza di annullamento.

 Sulla prima parte del motivo, relativa alla mancanza di un fondamento normativo che permettesse alla Commissione di modificare le ripartizioni indicative già adottate

–       Argomenti delle parti

44     La ricorrente afferma che l’art. 12, nn. 4 e 5, del regolamento n. 2052/88 non costituisce un fondamento normativo corretto per l’adozione della decisione impugnata.

45     La ricorrente ritiene che il quadro normativo applicabile ratione temporis alla fattispecie non contenesse alcuna norma e, a fortiori, non prevedesse alcuna procedura che attribuisse espressamente alla Commissione il potere di procedere a modifiche delle ripartizioni indicative in precedenza definite dalla medesima.

46     Questa affermazione sarebbe dimostrata dalla circostanza che il regolamento n. 1260/1999 ha introdotto, mediante il suo art. 31, n. 2, una nuova norma ai sensi della quale, se gli impegni assunti in un determinato esercizio non si traducono in pagamenti nei due anni successivi all’approvazione dei programmi o delle azioni, la Commissione procede ad un automatico disimpegno con conseguente perdita definitiva di risorse per i singoli programmi nello Stato membro inadempiente.

47     Inoltre, l’art. 12 del regolamento n. 2052/88 attribuirebbe alla Commissione il potere di stabilire ripartizioni indicative all’inizio della programmazione e non successivamente.

48     La ricorrente rileva che, tra i criteri previsti in questa disposizione, non compare la «valutazione dello stato di avanzamento delle iniziative comunitarie», elemento su cui la Commissione ha basato la decisione impugnata.

49     La scelta dell’art. 12, nn. 4 e 5, come fondamento normativo della decisione di modifica delle ripartizioni indicative non sarebbe legittima, dato che questa scelta della Commissione sarebbe frutto di un’interpretazione ingiustificatamente ed eccessivamente estensiva dei poteri ad essa attribuiti da queste disposizioni.

50     Peraltro, secondo la ricorrente, questo comportamento non può essere ammesso, dal momento che la giurisprudenza impone una particolare cautela nell’interpretazione delle norme che sono suscettibili di comportare conseguenze finanziarie per coloro che vi sono sottoposti.

51     La ricorrente si oppone all’interpretazione data a questa giurisprudenza dalla Commissione, la quale ritiene che un atto abbia conseguenze finanziarie solo quando determina un obbligo di esborso da parte del destinatario. Come avrebbe precisato l’avvocato generale Mischo nelle conclusioni da lui presentate l’11 ottobre 2001 nella citata causa Italia/Commissione (Racc. pag. I‑1093), una decisione di riduzione delle ripartizioni indicative costituirebbe un «atto produttivo di effetti giuridici» qualora riduca il limite che la Commissione si era imposta per il finanziamento delle iniziative comunitarie relative allo Stato membro interessato, nella fattispecie la Repubblica italiana.

52     Ebbene, nella presente fattispecie, effetti giuridici equivalenti, negativi per il governo italiano, si produrrebbero persino a prescindere da uno specifico obbligo di esborso a carico della ricorrente.

53     Pertanto, la ricorrente è del parere che il ragionamento della Commissione sia contraddittorio, in quanto quest’ultima afferma che la decisione impugnata comporterebbe per la Repubblica italiana l’impossibilità di reclamare gli importi che non le erano stati concessi a motivo della loro riallocazione a favore del programma PEACE.

54     La Commissione asserisce che la decisione impugnata si basa sull’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88 e che quest’ultimo costituisce il fondamento normativo adeguato, che le consente non solo di procedere alle ripartizioni indicative, ma anche di modificarle.

55     La Commissione sottolinea che si tratta di ripartizioni indicative che, per loro natura, non sono definitive e che pertanto possono essere modificate.

56     La Commissione riconosce che non esiste alcuna disposizione espressa la quale indichi il fondamento normativo che giustifica tale modificabilità. È pertanto in base al parallelismo delle forme che la Commissione avrebbe applicato, in via analogica, l’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88 alle modifiche delle ripartizioni indicative.

57     La Commissione asserisce inoltre che il potere di modificare le ripartizioni indicative deriva da un’interpretazione dell’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88 basata sia sull’analisi del testo, sia sul suo scopo, in quanto detto testo non contiene alcun elemento che permetta di dedurre che, una volta fissate, le ripartizioni indicative debbano restare immodificabili, anche nel caso in cui vi fossero cambiamenti della situazione tali da rendere necessario un adattamento delle ripartizioni.

58     Applicando in via analogica questa disposizione, la Commissione dovrebbe tener conto della situazione concreta di utilizzo da parte degli interessati dei contributi stanziati onde ottimizzare la ripartizione delle somme fra i vari Stati e fra i vari programmi.

59     La Commissione sottolinea che l’adattamento delle ripartizioni indicative che essa ha operato è avvenuto a seguito di una richiesta della commissione Bilancio del Parlamento europeo, che le aveva chiesto di valutare lo stato di avanzamento delle iniziative comunitarie e l’utilizzo degli stanziamenti non ancora liquidati e di procedere quindi al riorientamento delle ripartizioni iniziali.

60     Per determinare l’importo da riallocare per ciascuno Stato membro, la Commissione avrebbe tenuto conto dei tassi di esecuzione finanziaria delle iniziative comunitarie negli Stati membri, alla luce del rischio molto elevato di realizzazione incompleta che presentavano i programmi in diversi Stati membri, fra cui la Repubblica italiana. Secondo la Commissione, i fondi non impegnati prima del 31 dicembre 1999 rischiavano di essere perduti per le politiche strutturali e si trattava di considerare le eventuali possibilità di riallocazione in maniera da garantire un migliore tasso di spesa dell’importo iscritto in bilancio per queste iniziative comunitarie.

61     La Commissione sostiene che dai punti 8 e 10 della decisione impugnata si evince che la modifica delle ripartizioni indicative ha rispettato l’obbligo di agire secondo le procedure trasparenti di cui all’art. 12 del regolamento n. 2052/88, seguendo un metodo di calcolo oggettivo, conforme ai principi di buona gestione finanziaria previsti dall’art. 274 CE e con il parere favorevole del CSRR.

62     La Commissione respinge l’argomento della ricorrente secondo il quale la procedura da seguire per la modifica delle iniziative comunitarie non era prevista nel regolamento n. 2052/88 e una siffatta lacuna sarebbe stata successivamente colmata mediante l’art. 31 del regolamento n. 1260/1999, asserendo, da un lato, che questa disposizione relativa al periodo di programmazione 2000‑2006 non è rilevante, in quanto riguarda gli impegni di bilancio legati alle decisioni di accordare un finanziamento per un determinato intervento, e non la ripartizione indicativa tra gli Stati membri, e, dall’altro, perché una siffatta disposizione non può trovare applicazione nella decisione impugnata ratione temporis, posto che disciplina l’attuale periodo di programmazione e non il precedente, al quale la decisione impugnata si riferisce.

63     La Commissione afferma di non avere adottato un’interpretazione troppo estensiva dell’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88 e ritiene che l’applicazione di questa disposizione non abbia implicato alcuna «conseguenza finanziaria» per la Repubblica italiana, in quanto non le ha imposto né esborsi e né oneri.

64     A tale riguardo, la convenuta sottolinea che dai punti 13 e 14 della decisione impugnata si ricava che, posto che la ricorrente non ha mai dato il suo accordo al principio di una riassegnazione indicativa dei fondi assegnati alle iniziative comunitarie, doveva applicarsi una riduzione di 44,7 milioni di euro sull’insieme delle iniziative, ripartita proporzionalmente per ciascuna di esse, senza pregiudicare gli impegni di spesa effettivamente realizzati, e che comunque tale modifica non incideva in alcun modo sugli importi già concessi agli Stati membri nel quadro delle iniziative comunitarie.

65     La Commissione osserva che la citazione ripresa dalla ricorrente dalle conclusioni presentate dall’avvocato generale Mischo nella citata causa Italia/Commissione non è pertinente, perché il fatto che un atto produca «effetti giuridici» non significa necessariamente e automaticamente che da tale atto discendano «conseguenze finanziarie» negative.

66     Ne consegue che l’impossibilità di richiedere gli importi originariamente concessi non costituisce affatto un «obbligo di esborso».

–       Giudizio del Tribunale

67     Dall’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88 non si può dedurre che, una volta stabilite, le ripartizioni indicative siano, contrariamente alla loro stessa denominazione, irrevocabili e che, malgrado un mutamento nelle circostanze che renda opportuno o necessario un adeguamento delle ripartizioni, non possa più esservi apportata alcuna modifica.

68     Inoltre, nella fattispecie, dal fascicolo si ricava che le nuove ripartizioni indicative non sono state stabilite solamente al fine di rendere disponibile l’importo di ECU 100 milioni per il programma PEACE, ma che esse fanno parimenti seguito ad una richiesta della commissione Bilancio del Parlamento europeo, rivolta alla Commissione, di valutare lo stato di attuazione delle iniziative comunitarie da parte di ciascuno Stato membro, nonché eventuali possibilità di riallocazione tali da garantire un miglior tasso di spesa dell’importo iscritto in bilancio a titolo di tali iniziative.

69     La Commissione rileva a tal proposito che «i fondi non impegnati prima del 31 dicembre 1999 rischiavano di essere perduti per le politiche strutturali».

70     Alla luce di ciò, un’interpretazione secondo la quale le ripartizioni indicative inizialmente adottate sarebbero definitive non può risultare compatibile con le esigenze di una buona gestione finanziaria. Ebbene, il dovere fondamentale di una buona gestione finanziaria nell’esecuzione del bilancio comunitario, quale previsto dall’art. 274 CE, su cui la Commissione è tenuta a vigilare, è un principio riconosciuto da una giurisprudenza consolidata (sentenza della Corte 15 settembre 2005, causa C‑199/03, Irlanda/Commissione, Racc. pag. I‑8027, punto 25, e sentenza del Tribunale 17 settembre 2003, causa T‑137/01, Stadtsportverband Neuss/Commissione, Racc. pag. II‑3103, punto 45).

71     Ripartizioni indicative che, per loro natura, non sono definitive potevano essere pertanto modificate. In mancanza di una disposizione espressa a tale riguardo, una siffatta modifica poteva essere operata, come ha sottolineato ben a ragione la Commissione, al pari della determinazione della ripartizione iniziale, in osservanza dei criteri previsti dall’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88 per la determinazione delle ripartizioni indicative per ciascuno Stato membro degli stanziamenti destinati ai fondi strutturali.

72     Infine, l’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88 non consente di concludere nel senso che le ripartizioni indicative creino un diritto per uno Stato membro di percepire fondi comunitari. Al contrario, dall’art. 20, n. 1, del regolamento n. 4253/88, secondo il quale «[g]li impegni di bilancio sono stabiliti sulla base delle decisioni della Commissione, con cui sono approvate le azioni in questione», risulta che un diritto a fondi comunitari deriva solo dalla decisione della Commissione, ai sensi dell’art. 14 del regolamento n. 4253/88, mediante la quale quest’ultima decide in merito ai contributi in seguito a domande formulate dalle autorità competenti designate dagli Stati membri. L’adozione di questa decisione si situa in una fase certamente successiva a quella della determinazione delle ripartizioni indicative (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Mischo presentate nella citata causa Italia/Commissione, paragrafo 63). Del resto, nel caso di specie, la Commissione ha prodotto dinanzi al Tribunale taluni documenti che dimostrano che, durante la predisposizione delle ripartizioni indicative iniziali nel corso della riunione del comitato di gestione svoltasi il 25 e 26 maggio 1994, così come nella lettera del 13 luglio 1994, mediante la quale tali ripartizioni sono state comunicate agli Stati membri, essa si è espressamente riservata il diritto di adeguare successivamente gli importi assegnati.

73     Ne consegue che la Commissione, applicando l’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88 per modificare le ripartizioni indicative, non ha operato un’applicazione errata di questa disposizione.

74     Non inficia questa conclusione l’argomento della ricorrente secondo il quale il Consiglio, per rimediare al fatto che il regolamento n. 2052/88 non consentiva la modifica delle ripartizioni indicative, ha previsto nell’art. 31 del regolamento n. 1260/1999 una nuova norma a tal fine,.

75     Infatti, la circostanza che una disposizione espressa a tale riguardo sia stata prevista dal Consiglio nel regolamento n. 1260/1999 non implica, a contrario, che la Commissione non disponesse della facoltà di modificare le ripartizioni indicative determinate quando vigeva il regolamento n. 2052/88.

76     Non si può accogliere nemmeno l’argomento secondo il quale, poiché la modifica delle ripartizioni indicative comporta conseguenze finanziarie, l’art. 12 del regolamento n. 2052/88 non poteva essere interpretato nel senso che permettesse alla Commissione di procedere in tal senso. Infatti, la ricorrente non può lamentare di aver subito conseguenze finanziarie negative, poiché, come illustrato dai punti 13 e 14 della decisione impugnata, la riduzione di EUR 44,7 milioni si applicava all’insieme delle iniziative, ripartita proporzionalmente per ciascuna di esse, «senza pregiudicare gli impegni effettivamente realizzati», e, in ogni caso, questa modifica «non incide[va] in alcun modo sugli importi già concessi agli Stati membri nel quadro delle iniziative comunitarie».

77     Alla luce di quanto esposto, la Commissione aveva il diritto di procedere a una modifica delle ripartizioni indicative.

78     Occorre pertanto respingere la prima parte del primo motivo.

 Sulla seconda parte del motivo, relativa all’impossibilità di modificare le ripartizioni indicative previamente adottate in sede di esecuzione della sentenza di annullamento

–       Argomenti delle parti

79     La ricorrente afferma che, anche ammettendo che l’art. 12, nn. 4 e 5, del regolamento n. 2052/88 possa costituire un valido fondamento normativo, la Commissione non avrebbe potuto modificare la ripartizione indicativa di una programmazione che era ormai chiusa ed esaurita alla data della nuova decisione. Pertanto, la decisione impugnata, assolutamente identica nel dispositivo a quella annullata dalla Corte, non potrebbe trovare fondamento nella necessità di eseguire la sentenza della Corte, richiamata nel punto 9 della decisione impugnata, ai sensi dell’art. 233 CE.

80     La ricorrente rileva che la possibilità dell’autoannullamento dell’atto viziato prima della conclusione del periodo di programmazione non è stata presa in considerazione dalla Commissione, che, invece, ha voluto sempre sostenere la legittimità della vecchia decisione ed ha atteso quasi cinque anni (dal dicembre 1998 al novembre 2003) per intervenire di nuovo sulle ripartizioni indicative. La ricorrente afferma parimenti che i poteri della Commissione non sono illimitati nel tempo.

81     Anche ammettendo che l’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88 sia applicabile, la ricorrente ritiene difficile pensare che oggi i poteri della Commissione siano identici a quelli che avrebbe potuto esercitare nel periodo della vecchia programmazione. Pertanto, secondo la ricorrente, l’unica modalità di esecuzione della sentenza della Corte sarebbe quella di prendere atto che, annullata la defalcazione effettuata, la ripartizione valida è quella precedente la decisione annullata.

82     La ricorrente sostiene che l’affermazione della Commissione secondo la quale la decisione impugnata serve a dimostrare che la Repubblica italiana non può più reclamare gli importi che non le erano stati concessi a motivo della loro riallocazione a favore del programma PEACE costituisce un’ipotesi di sviamento di potere. Infatti, l’unico scopo del provvedimento sarebbe soltanto quello di ripetere la decisione, precedentemente annullata, di defalcazione delle risorse destinate all’Italia.

83     Secondo la ricorrente, se per assurdo si ammettesse la legittimità del comportamento della Commissione, si dovrebbe concludere che la citata sentenza Italia/Commissione sia divenuta lettera morta.

84     La Commissione non ritiene tardiva la propria decisione di modificare le ripartizioni indicative. Infatti, la dichiarazione di chiusura contabile sarebbe fornita, per ogni forma di intervento, al momento della presentazione della domanda di pagamento del saldo, ossia al più tardi alla data di scadenza improrogabile di cui all’art. 52, n. 5, secondo comma, del regolamento n. 1260/1999, per i programmi e i progetti ancora aperti a titolo di programmazione 1994‑1999. La chiusura dei programmi di iniziativa comunitaria del periodo di programmazione 1994‑1999 costituirebbe un processo in grado di prolungarsi in pratica fino agli anni 2003‑2005 e la Commissione chiuderebbe i programmi non appena fosse in possesso di tutti gli elementi che le permettano di farlo.

85     La Commissione ritiene di aver ristabilito la situazione giuridica creata dalla sua precedente decisione annullata dalla Corte. Infatti, lo scopo della decisione impugnata sarebbe duplice. In primo luogo, mirerebbe ad indicare che la Repubblica italiana non ha più possibilità di reclamare gli importi che non le erano stati concessi a motivo della loro riallocazione a favore del programma PEACE. In secondo luogo, la decisione impugnata fornirebbe il fondamento normativo per l’impegno di bilancio effettuato nel programma PEACE a seguito dell’annullamento da parte della Corte della precedente decisione.

86     La Commissione si oppone alle osservazioni della ricorrente secondo le quali la nuova decisione della Commissione non può trovare fondamento nella necessità di eseguire la sentenza della Corte e la Commissione avrebbe potuto adottare la decisione sulla nuova ripartizione indicativa a favore del programma PEACE quando ancora non era stata definita la vecchia programmazione 1994‑1999, ossia all’epoca del deposito del ricorso della Repubblica italiana contro la prima decisione, non dopo la sentenza. Infatti, secondo la convenuta, nel punto 9 della decisione impugnata si osserva che la Corte ha annullato la decisione 16 dicembre 1998 «per violazione di forme sostanziali senza pronunciarsi sul merito».

87     Sempre secondo la Commissione, la tesi della ricorrente equivarrebbe a sostenere che l’annullamento della decisione da parte della Corte non avrebbe avuto alcun effetto giuridico. La Commissione non sarebbe stata tenuta ad adottare una nuova decisione dopo la sentenza della Corte, bensì dopo l’introduzione del ricorso da parte della Repubblica italiana. La tesi della ricorrente attribuirebbe al ricorso un effetto di annullamento proprio della sentenza.

88     La Commissione sostiene che il suo comportamento è ovvio e legittimo, poiché essa ha atteso il giudizio della Corte su una propria decisione prima di adottarne una successiva. L’annullamento della prima decisione da parte della Corte avrebbe creato un vuoto giuridico che la Commissione era tenuta a colmare. È proprio per tener conto della detta sentenza che la Commissione avrebbe adottato la decisione impugnata.

–       Giudizio del Tribunale

89     Conformemente all’art. 233 CE, l’esecuzione della sentenza comporta il ristabilimento della situazione qual era anteriormente al verificarsi delle circostanze censurate dalla Corte (sentenza del Tribunale 15 luglio 1993, cause riunite T‑17/90, T‑28/91 e T‑17/92, Camara Alloisio e a./Commissione, Racc. pag. II‑841, punto 79).

90     Nel caso di specie occorre ricordare che la Corte ha annullato la decisione 16 dicembre 1998 in quanto viziata da violazione delle forme sostanziali, senza avere esaminato gli altri motivi di merito dedotti dalla ricorrente.

91     Questa violazione delle forme sostanziali riguardava esclusivamente le modalità di adozione definitiva di questa decisione da parte della Commissione. Poiché tale irregolarità si è verificata nell’ultima fase dell’adozione della decisione 16 dicembre 1998, l’annullamento non ha inficiato la validità dei provvedimenti precedenti la fase in cui questo vizio è stato rilevato (v., in tal senso, sentenza della Corte 13 novembre 1990, causa C‑331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I‑4023, punto 34, e 12 novembre 1998, causa C‑415/96, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑6963, punto 32).

92     Di conseguenza, la legittimità dei provvedimenti amministrativi anteriori all’autenticazione della decisione 16 dicembre 1998 non è stata né inficiata, né rimessa in discussione dalla Corte nella sua sentenza.

93     Per adottare una nuova decisione conforme alla motivazione che costituiva la giustificazione necessaria del dispositivo della sentenza d’annullamento, la Commissione era tenuta pertanto a rispettare le forme che erano state violate (sentenza Fedesa e a., cit., punto 34), ossia, nel caso di specie, ad autenticare la propria decisione.

94     Con la decisione impugnata, la Commissione ha posto rimedio alla situazione creatasi mediante l’annullamento della sua decisione 16 dicembre 1998, senza che l’obbligo di eseguire la detta sentenza incida sul suo potere di modificare le ripartizioni indicative.

95     Per quanto concerne l’addebito mosso dalla ricorrente riguardo al carattere tardivo della decisione della Commissione, è giocoforza rilevarne l’infondatezza. La complessità della chiusura dei programmi di iniziativa comunitaria può giustificare, a norma dell’art. 52, n. 5, secondo comma, del regolamento n. 1260/1999, per i programmi ed i progetti ancora aperti a titolo di programmazione 1994-1999, che la decisione impugnata sia stata adottata unicamente durante la programmazione successiva.

96     Pertanto, occorre respingere la seconda parte del primo motivo.

97     Ne consegue che il primo motivo dev’essere integralmente respinto.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione delle norme procedurali

 Argomenti delle parti

98     La ricorrente asserisce che la nuova decisione è stata adottata in violazione dell’obbligo di rispettare procedure trasparenti, sancito dall’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88.

99     Infatti, la Commissione avrebbe presentato il progetto di nuova decisione durante la 77ª riunione del CSRR, chiamato ad esprimersi in qualità di comitato consultivo, svoltasi il 25 giugno 2003, mentre all’ordine del giorno era stato previsto che il CSRR decidesse nella sua veste di comitato di gestione.

100   Infatti, l’intervento di quest’organo in qualità di comitato di gestione si giustificherebbe con l’esigenza di assicurare la trasparenza della procedura e la partecipazione degli interessati al processo decisionale, nonché con la necessità di ottemperare ad un obbligo di legge sancito dalla decisione del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/468/CE, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23), e, nello specifico, dall’art. 17 del regolamento n. 2052/88.

101   Secondo la ricorrente, la consultazione del comitato consultivo invece di quello di gestione ha comportato la conseguenza di escludere l’eventuale intervento del Consiglio, previsto nella procedura di gestione, ma non in quella di consultazione.

102   La ricorrente è del parere che la decisione impugnata costituisca un atto formalmente e sostanzialmente diverso e autonomo rispetto alla decisione annullata dalla Corte nella citata sentenza Italia/Commissione, in quanto la Commissione ha nuovamente modificato gli importi assegnati alle iniziative comunitarie relative alla Repubblica italiana. Di conseguenza, trattandosi di una nuova decisione e non, come sostiene la Commissione, di una riedizione della precedente, la circostanza che il comitato di gestione si fosse già espresso nel 1998 si avvererebbe come del tutto irrilevante. Al contrario, la ricorrente ritiene che, se la consultazione del comitato consultivo era necessaria per l’adozione della decisione 1998, come ritenuto dalla stessa Commissione, tale requisito di forma avrebbe dovuto essere adempiuto anche al momento dell’adozione della decisione impugnata.

103   La ricorrente contesta nel merito il punto 10 della decisione impugnata, dato che il CSRR, in veste di organo consultivo istituito mediante la nuova normativa, non succede al comitato di gestione delle iniziative comunitarie, previsto dal precedente regime. A tale riguardo, l’art. 48, nn. 2 e 3, del regolamento n. 1260/1999, che costituisce il nuovo quadro normativo, prevederebbe che il CSRR eserciti le competenze di comitato di gestione quando tratta gli orientamenti relativi alle iniziative comunitarie Interreg e URBAN, e di comitato consultivo quando tratta qualsiasi altra questione relativa ai programmi di iniziativa comunitaria.

104   Infine, la ricorrente ritiene che non possa essere accolto l’argomento dedotto dalla Commissione secondo il quale il dissenso di uno Stato membro non ha conseguenze particolari nella procedura prevista per il funzionamento del comitato di gestione, poiché la scelta di una delle due procedure di comitato attiene al riparto di competenze tra il Consiglio e la Commissione. Una scelta errata comporterebbe una violazione delle forme sostanziali e, di conseguenza, l’annullamento dell’atto.

105   La Commissione afferma che il parere favorevole del comitato di gestione, al quale il CSRR è succeduto, era già stato ottenuto il 22 settembre 1998. Nel quadro della procedura di adozione della decisione annullata dalla Corte con la citata sentenza Italia/Commissione, la Commissione aveva infatti già presentato al comitato di gestione un progetto di modifica delle ripartizioni tra le iniziative comunitarie, secondo la procedura prevista dall’allora applicabile art. 29 bis del regolamento n. 2082/93, di coordinamento per il funzionamento del comitato di gestione. A parere della Commissione, secondo detta norma tale comitato, istituito in applicazione dell’art. 17 del regolamento n. 2052/88 e composto da rappresentanti degli Stati membri sotto la presidenza di un rappresentante della Commissione, doveva formulare il suo parere sul progetto delle misure da adottare.

106   La Commissione afferma che non ha alcuna rilevanza il fatto che la decisione 16 dicembre 1998, che richiamava quel parere, sia stata poi annullata per un difetto di autenticazione dell’atto, dato che la Corte non ha riscontrato una violazione della procedura seguita nel 1998. Secondo la convenuta, per adottare la decisione impugnata non era necessaria l’audizione del CSRR in veste deliberante.

107   La Commissione ritiene che la consultazione del comitato di gestione riguardo alla decisione annullata dalla Corte o in merito all’attuale decisione impugnata non fosse necessaria, poiché nessuna norma imporrebbe alla Commissione, riguardo alle ripartizioni indicative, l’intervento del comitato di gestione in sede deliberante. Infatti, l’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88 prevederebbe solamente che la Commissione proceda alle ripartizioni indicative in base a procedure trasparenti, mentre l’art. 17, n. 2, dello stesso regolamento prevederebbe che la Commissione sia assistita da un comitato di gestione.

108   La Commissione sottolinea inoltre che al momento dell’adozione della decisione impugnata, nel 2003, detto comitato di gestione non era più esistente. L’art. 47 del regolamento n. 1260/1999 aveva infatti previsto che la Commissione fosse assistita dal CSRR con funzioni eminentemente consultive, come disciplinato dall’art. 48 del medesimo regolamento. La Commissione, benché legalmente non fosse obbligata a farlo, avrebbe scelto di sottoporre il progetto della decisione impugnata al CSRR, in qualità di comitato consultivo, al solo fine di rispettare i principi di partnership e di trasparenza nelle ripartizioni indicative, quali fissati dall’art. 12 del regolamento n. 2052/88.

109   Infine, la Commissione osserva che il dissenso di uno Stato membro non ha conseguenze particolari nella procedura prevista dall’art. 29 bis del regolamento n. 2082/93.

 Giudizio del Tribunale

110   L’obbligo di trasparenza, derivante dall’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88, deve essere considerato soddisfatto posto che la Commissione ha consultato e ricevuto il parere, del resto favorevole, del comitato consultivo.

111   Anche ipotizzando che fosse stato necessario chiedere il parere del comitato di gestione preliminarmente all’adozione della decisione della Commissione 16 dicembre 1998, annullata dalla Corte, occorre rilevare che la Commissione non era obbligata a farlo di nuovo prima di adottare la decisione impugnata.

112   Infatti, il comitato di gestione è stato consultato in merito alla decisione della Commissione 16 dicembre 1998, annullata dalla Corte sol perché viziata da difetto di autenticazione, integrante una violazione delle forme sostanziali, senza che la Corte abbia dovuto esaminare gli altri motivi dedotti dalla ricorrente.

113   Successivamente, la decisione impugnata, adottata seguendo una procedura con la partecipazione del comitato consultivo, ha introdotto alcune modifiche di contenuto rispetto alla decisione annullata.

114   Occorre quindi esaminare se queste modifiche di cui parla la Repubblica italiana presentino o meno un carattere sostanziale che avrebbe giustificato, eventualmente, una ripetizione degli atti procedurali già compiuti prima di adottare la decisione annullata.

115   Nel caso di specie, la decisione impugnata non ha modificato l’importo totale degli stanziamenti assegnati al complesso dei programmi italiani, che è rimasto pari a EUR 1 835 milioni.

116   Risulta dagli atti che gli stanziamenti assegnati a ciascun programma nazionale sono distribuiti di comune accordo tra la Commissione e ogni singolo Stato membro destinatario.

117   È giocoforza constatare che le modifiche dei detti stanziamenti, introdotte nella decisione impugnata, traggono origine dall’uso di un criterio diverso da quello utilizzato all’atto dell’adozione della decisione annullata dalla Corte.

118   Infatti, per quanto concerne la decisione annullata dalla Corte, la Commissione aveva ripartito gli stanziamenti per ciascun programma secondo il rispettivo stato di avanzamento, criterio che all’epoca non era stato approvato dalla Repubblica italiana. Per quanto concerne la decisione impugnata, la Commissione ha proceduto ad una riduzione pari ad ECU 44,7 milioni, ripartiti proporzionalmente fra tutti i programmi.

119   Alla luce di ciò, i mutamenti introdotti dalla decisione impugnata nella ripartizione degli stanziamenti assegnati per ciascun programma nazionale, i quali sono negoziabili secondo le esigenze, senza che ciò incida sulla dotazione nazionale complessiva, non possono essere considerati come modifiche sostanziali rispetto al contenuto della decisione annullata dalla Corte.

120   Nella citata sentenza Italia/Commissione (punto 40), la Corte ha dichiarato che oggetto della decisione annullata era procedere ad una riduzione globale degli stanziamenti indicativi assegnati alla Repubblica italiana e non ridurre gli importi assegnati a ciascuna iniziativa comunitaria.

121   Di conseguenza, la consultazione del comitato di gestione, avvenuta il 22 settembre 1998, dev’essere considerata, in ogni caso e in mancanza di modifiche sostanziali della ripartizione, come una formalità, preliminare all’adozione della decisione impugnata, che è sufficiente.

122   Ne consegue che, prima di adottare la decisione impugnata, la Commissione non era tenuta ad organizzare una nuova procedura di consultazione puntualmente identica a quella che aveva preceduto la decisione annullata. Pertanto, questa nuova procedura di consultazione dev’essere considerata equivalente alla precedente ai fini dell’intervento del comitato di gestione e del rispetto dell’obbligo di trasparenza. Poiché la Commissione aveva già consultato il comitato di gestione il 22 settembre 1998, non può esserle contestato di aver violato la decisione 1999/468 che stabilisce le modalità per l’esercizio delle competenze conferite alla Commissione. Una siffatta consultazione era conforme al disposto dell’art. 17 del regolamento n. 2052/88.

123   Occorre pertanto respingere il secondo motivo.

 Sul terzo motivo, relativo a un difetto di motivazione per quanto concerne la scelta del comitato, le modalità di calcolo, la data di valutazione del grado di esecuzione e la differenza fra le tabelle di riferimento allegate alla decisione impugnata ed alla decisione annullata

 Argomenti delle parti

124   In primo luogo, la ricorrente ritiene che la motivazione della decisione impugnata sia insufficiente e contraddittoria e pertanto non rispetti l’art. 253 CE, in quanto non sarebbe idonea a far conoscere i motivi specifici che giustificherebbero la preferenza accordata alla procedura di consultazione rispetto a quella specifica del comitato di gestione.

125   Infatti, la motivazione enunciata dalla Commissione nel punto 10 della decisione impugnata, in cui si afferma che il CSRR «succede (…) al comitato di gestione delle iniziative comunitarie, che la Commissione aveva scelto di consultare in merito al progetto di decisione annullata», sarebbe insufficiente, generica e non pertinente.

126   La ricorrente sottolinea che gli orientamenti definiti dall’art. 21 del regolamento n. 1260/1999 e le ripartizioni indicative di cui all’art. 12 del regolamento n. 2052/88, benché appartengano a contesti diversi, presentano analogie sotto il profilo sia del loro oggetto (entrambi riguardano iniziative comunitarie) sia della loro funzione (entrambi definiscono l’ambito nel quale si deve procedere alla realizzazione delle azioni idonee a dare attuazione agli interventi di iniziativa comunitaria).

127   Di conseguenza, la ricorrente ritiene che l’affermazione della Commissione secondo cui il CSRR in veste di comitato consultivo succede al comitato di gestione previsto dal vecchio regime non sia fondata in diritto, dal momento che la riallocazione approvata dalla Commissione è destinata a modificare le cifre originariamente previste e che il regolamento n. 1260/1999, nel suo art. 48, n. 2, lett. c), prevede che gli orientamenti relativi a tali iniziative debbano essere approvati sentendo il CSRR in veste di comitato di gestione.

128   In secondo luogo, la ricorrente asserisce che la decisione impugnata riproduce, nei contenuti e nella motivazione, quella annullata. La ricorrente ritiene che la motivazione della nuova decisione, fondata espressamente sui criteri e sui calcoli contenuti nel resoconto del comitato di gestione datato 22 settembre 1998, sia arbitraria, illogica e contraddittoria.

129   Inoltre, il punto 4 del citato resoconto indicherebbe le due fasi del sistema di calcolo. Per la prima, il calcolo sarebbe eseguito facendo riferimento a due colonne di una tabella – che costituisce parte integrante della decisione impugnata – mentre, per la seconda, esso sarebbe effettuato con riferimento a tre colonne della detta tabella, due delle quali sarebbero inesistenti, secondo la ricorrente.

130   In terzo luogo, la ricorrente afferma che il punto 10 della decisione impugnata introduce un nuovo elemento di valutazione rispetto alla decisione annullata, ossia il livello insufficiente di esecuzione delle iniziative comunitarie, quale registrato alla data di annullamento della decisione, ossia il 30 gennaio 2002, data di pronuncia della citata sentenza Italia/Commissione. Questa data è diversa da quella scelta per valutare i criteri che la Commissione asserisce di aver tenuto presenti al fine di defalcare le risorse destinate alla Repubblica italiana. La scelta di questa data sarebbe assolutamente infondata e contraddittoria, in quanto sarebbe priva di qualsiasi riferimento specifico, anche per relationem.

131   In quarto luogo, la ricorrente sostiene che la tabella allegata alla decisione impugnata è diversa da quella allegata alla decisione annullata e che gli stanziamenti relativi ad ogni specifico programma sono differenti da quelli stabiliti nella tabella allegata alla decisione annullata. La Commissione non spiegherebbe questa differenza.

132   In primo luogo, la Commissione sostiene che la decisione impugnata è sufficientemente motivata e rispetta i criteri per procedere alle ripartizioni indicative di cui all’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88.

133   Infatti la consultazione del CSRR avviata dalla Commissione costituirebbe una motivazione sufficiente della procedura seguita e rispetterebbe il principio di trasparenza previsto dall’art. 12 del regolamento n. 2052/88, richiamato nei punti 8 e 10 della decisione impugnata.

134   La Commissione asserisce che la decisione impugnata rispetta la giurisprudenza della Corte secondo la quale i principali elementi di diritto e di fatto sui quali un atto si basa devono essere enunciati, sia pure sommariamente, in modo chiaro e pertinente, così come gli elementi necessari alla comprensione dell’iter logico seguito dalla Commissione. Infatti, la decisione impugnata indicherebbe chiaramente che si tratta di ripartizioni indicative sin dal 19 gennaio 1999, data della lettera del segretario generale (punto 2), e che esse tengono conto del grado di avanzamento delle iniziative (punto 3) e della necessità di reperire risorse finanziarie per il 1999 a favore dell’iniziativa PEACE (punto 4).

135   La Commissione sostiene, inoltre, che la decisione impugnata è sufficientemente motivata, anche se solo sommariamente, il che sarebbe ammesso dalla giurisprudenza comunitaria, poiché la decisione impugnata si inserisce nell’ambito di una prassi costante, che consente di includere la nuova ripartizione nella prassi delle ripartizioni effettuate sin dal 1994.

136   Secondo la Commissione, una motivazione è sufficiente quando gli interessati sono stati strettamente associati al processo di elaborazione di detta decisione ed erano a conoscenza dei motivi della Commissione. Le numerose lettere scambiate e le riunioni svoltesi tra la Commissione e la ricorrente proverebbero che, sin dall’inizio, quest’ultima è stata pienamente coinvolta nel processo decisionale della Commissione.

137   Ne discende che la motivazione della ripartizione nonché l’insieme dei documenti scambiati tra la ricorrente e la Commissione prima della data di adozione della detta ripartizione avrebbero consentito pienamente agli interessati di tutelare i loro diritti, alla Corte di esercitare il controllo giurisdizionale e agli Stati membri, come a qualsiasi altro interessato, di sapere come la Commissione ha applicato il regolamento n. 2052/88.

138   La Commissione ritiene ingiustificata l’analogia stabilita dalla ricorrente tra l’art. 21 del regolamento n. 1260/1999, che non era in vigore all’epoca dei fatti, e l’art. 12 del regolamento n. 2052/88, dal momento che essi riguardano contesti normativi e programmatici differenti.

139   In secondo luogo, la Commissione afferma che la ricorrente, benché critichi l’utilizzo da essa effettuato nella decisione impugnata della scelta dei criteri, delle modalità, dei calcoli e del risultato della deliberazione del comitato di gestione 22 settembre 1998, non presenta censure precise in merito al documento di lavoro di questa riunione. La sola censura puntuale che essa formula riguarda la mancanza di termini di riferimento in merito a due colonne in una tabella allegata al detto documento.

140   La Commissione ricorda che questa tabella riguardava gli impegni sul terreno dei diversi Stati membri e che teneva conto di due valori: il primo era la percentuale necessaria degli impegni totali sul terreno per portare il tasso di esecuzione di ogni iniziativa comunitaria al 31 dicembre 1997 al livello del 25% indicato in due colonne; il secondo era la percentuale necessaria degli impegni totali sul terreno per portare il tasso di esecuzione di tali impegni al 65% (o al 55% per la Repubblica d’Austria, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia) indicato in altre tre colonne.

141   La Commissione riconosce che due di queste colonne sono state male indicate, per errore. Tuttavia, a suo parere, il loro titolo e la loro posizione nella tabella le rendono perfettamente chiare e permettono di comprendere senza sforzo che per calcolare la seconda grandezza occorreva fare riferimento a queste colonne. La Commissione ritiene che la tabella sia corretta e che l’errore materiale, facilmente riconoscibile, sia contenuto nel solo punto 4 del documento di lavoro.

142   In terzo luogo, la Commissione ritiene che il punto 10 della decisione impugnata non introduca alcun elemento nuovo di valutazione. Quest’ultimo intenderebbe semplicemente fare riferimento alla necessità di disimpegnare finanziamenti a favore del programma PEACE, a fronte dell’insoddisfacente livello di esecuzione dei programmi di iniziativa comunitaria. Del resto, la prima parte di questo punto menzionerebbe la necessità di confermare la modifica delle ripartizioni indicative degli impegni di spesa.

143   Essa aggiunge che la data di riferimento per la valutazione del livello di esecuzione è quella della decisione annullata anche se nel punto 10 della detta decisione, nella versione italiana, ciò non è espresso in maniera appropriata.

144   In quarto luogo, la Commissione afferma che l’importo totale assegnato alla ricorrente, pari ad EUR 1 835 milioni, risultato della prima fase decisionale, è rimasto invariato anche nella decisione impugnata e che, per quanto riguarda la ripartizione di tale importo tra i singoli programmi (seconda fase decisionale), non vi era alcun motivo per adottare la medesima ripartizione proposta nella decisione annullata, posto che la ricorrente non aveva mai dato il proprio consenso alla tabella allegata a quest’ultima.

 Giudizio del Tribunale

145   Da una giurisprudenza costante si ricava che l’obbligo di motivare una decisione ha lo scopo di consentire al giudice comunitario di esercitare il suo controllo sulla legittimità della decisione e di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per sapere se la decisione sia ben fondata o se sia eventualmente colpita da un vizio che consenta di contestarne la validità, fermo restando che la portata di quest’obbligo dipende dalla natura dell’atto di cui trattasi e dal contesto in cui è stato adottato (sentenza del Tribunale 11 dicembre 1996, causa T‑49/95, Van Megen Sports Group/Commissione, Racc. pag. II‑1799, nonché, nello stesso senso, sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 63, e sentenza del Tribunale 14 gennaio 2004, causa T‑109/01, Fleuren Compost/Commissione, Racc. pag. II‑127, punto 119).

146   Nel caso di specie, per quanto riguarda la scelta della procedura per l’adozione della decisione impugnata, occorre anzitutto sottolineare che il punto 8 della decisione impugnata si riferisce espressamente all’approvazione, da parte del comitato di gestione delle iniziative comunitarie, il 22 settembre 1998, della ripartizione indicativa tra Stati membri derivante dalle due fasi di calcolo menzionate nei punti 5 e 6. In seguito, nei punti 9 e 10, si precisa che, dopo l’annullamento da parte della Corte della decisione della Commissione 16 dicembre 1998, per violazione delle forme sostanziali, senza che la Corte si sia pronunciata sulle censure di merito formulate dalla Repubblica italiana, e al fine di disimpegnare fondi a vantaggio del programma PEACE, questa ripartizione sarebbe stata confermata dal CSRR, in qualità di comitato consultivo, al fine di seguire una procedura trasparente per l’assegnazione dei fondi alle iniziative comunitarie, conformemente all’art. 12, n. 4, del regolamento n. 2052/88.

147   A tale riguardo, i punti 8‑10 della decisione impugnata costituiscono un’esposizione chiara e sufficientemente precisa delle principali fasi seguite dalla Commissione per adottare la sua decisione.

148   Il fatto che la Commissione non fornisca spiegazioni dettagliate nella decisione impugnata per quanto concerne la scelta procedurale compiuta non può costituire un vizio di motivazione della decisione.

149   Infatti, la Commissione non era tenuta a spiegare in modo dettagliato nella decisione impugnata i motivi che l’hanno indotta a scegliere la consultazione del CSRR in veste di comitato consultivo, piuttosto che in quella di comitato di gestione. Infatti, l’esistenza di una motivazione adeguata dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso di specie. Occorre ricordare che, benché, in forza dell’art. 253 CE, la Commissione sia tenuta a menzionare gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giustificazione legale della decisione e le considerazioni che l’hanno indotta ad adottare quest’ultima, essa non è tenuta a menzionare, nella decisione impugnata, tutti i punti di fatto e di diritto sollevati durante il procedimento amministrativo (v., in tal senso, sentenze della Corte 29 ottobre 1980, cause riunite 209/78‑215/78 e 218/78, Van Landewyck e a./Commissione, Racc. pag. 3125, punto 66, e Commissione/Sytraval e Brink’s France, cit., punto 63; sentenza del Tribunale 31 maggio 2005, causa T‑272/02, Comune di Napoli/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 71).

150   Gli argomenti dedotti dalla ricorrente mirano, in sostanza, a negare la regolarità della procedura seguita e la fondatezza della valutazione della Commissione relativa alla modifica delle ripartizioni indicative. Ebbene, siffatti argomenti, relativi all’esame nel merito della decisione, nel presente contesto sono inconferenti.

151   Per quanto concerne la mancanza di termini di riferimento relativamente a due colonne in una tabella allegata al resoconto del comitato di gestione 22 settembre 1998, si può facilmente comprendere che si tratta di un errore materiale, che non intralcia assolutamente la comprensione della detta tabella.

152   Un siffatto lapsus calami non inficia la validità della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza della Corte 2 ottobre 2003, causa C‑196/99 P, Aristrain/Commissione, Racc. pag. I‑1105, punto 115).

153   Per quanto concerne la data di riferimento da tener presente per valutare il grado di esecuzione delle iniziative comunitarie al fine di disimpegnare finanziamenti a favore del programma PEACE, risulta dagli atti che la data di riferimento, menzionata nel punto 10 della decisione impugnata, è quella del 16 dicembre 1998, data di adozione della decisione della Commissione annullata dalla Corte.

154   La versione italiana di questa decisione però menziona, per errore, come data di riferimento quella dell’annullamento della decisione 16 dicembre 1998; tuttavia, nel caso di specie, un errore del genere può essere considerato ininfluente ai fini della legittimità della decisione impugnata.

155   Infine, per quanto concerne la differenza tra le tabelle allegate alla decisione impugnata e quelle allegate alla decisione annullata, dal punto 13 della decisione impugnata, quale illustrato nelle risposte scritte e nelle indicazioni fornite dalla Commissione in udienza, risulta con chiarezza che i mutamenti negli importi degli impegni di spesa relativi alle iniziative comunitarie della Repubblica italiana, introdotti dalla decisione impugnata, sono dovuti alla riduzione di ECU 44,7 milioni, applicata all’insieme delle iniziative e ripartita proporzionalmente per ciascuna di esse, fatti salvi gli impegni realmente realizzati, mentre nella decisione della Commissione 16 dicembre 1998 questa ripartizione era stata compiuta facendo riferimento allo stato di avanzamento di questi programmi.

156   Dalle considerazioni fin qui svolte risulta che il terzo motivo dev’essere respinto.

157   Ne consegue che il ricorso dev’essere integralmente respinto.

 Sulle spese

158   Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Poiché la convenuta ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ricorrente sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla convenuta.

Legal

Lindh

Vadapalas

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 luglio 2006.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       H. Legal


* Lingua processuale: l'italiano.