Language of document : ECLI:EU:T:2011:320

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

30 giugno 2011 (*)

«Ricorso per carenza – Richiesta di agire – Irricevibilità manifesta – Ricorso per risarcimento danni – Nesso causale – Ricorso manifestamente infondato in diritto»

Nella causa T‑367/09,

Tecnoprocess Srl, con sede in Roma, rappresentata dall’avv. A. Majoli,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata dai sigg. L. Prete e A. Bordes, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto un ricorso inteso, da un lato, a far constatare la carenza della Commissione europea e della Delegazione dell’Unione europea in Nigeria e, dall’altro, ad ottenere un risarcimento del danno asseritamente subìto in conseguenza di tale carenza,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto dal sig. L. Truchot, presidente, dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro e dal sig. H. Kanninen (relatore), giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

 Fatti all’origine della controversia

1        La società ricorrente, Tecnoprocess Srl, svolge attività di progettazione, costruzione, installazione, manutenzione e fornitura di componentistica industriale in vari settori, tra cui quelli alimentare, chimico, farmaceutico, ambientale, energetico, petrolchimico ed ingegneristico.

2        Nel 2007, nell’ambito del programma per il rafforzamento dell’efficacia della vaccinazione (PRIME) in Nigeria, la ricorrente ha concluso un contratto (123511/D/SUP/NG) con la Commissione di pianificazione nazionale (National Planning Commission; in prosieguo: la «NPC»), avente ad oggetto la fornitura, l’installazione, la consegna, la messa in funzione ed il servizio di assistenza post vendita di 114 generatori.

3        Il 28 novembre e il 5 dicembre 2007 la ricorrente si è rivolta alla NPC, informandola dell’aumento dei rischi per la sicurezza nel territorio della Nigeria e chiedendole che venisse organizzato un incontro al fine di modificare il contratto con riguardo ai luoghi previsti per la fornitura dei generatori.

4        Il 5 febbraio 2008 la ricorrente ha comunicato alla NPC che i generatori non sarebbero stati consegnati nelle 114 località inizialmente previste dal contratto, bensì nei sei principali Stati della Nigeria, tenuto conto delle informazioni trasmesse dall’Ambasciata d’Italia in Nigeria in merito alla situazione nelle suddette località.

5        Il 14 marzo 2008 la ricorrente si è rivolta alla NPC ed alla Delegazione dell’Unione europea in Nigeria (in prosieguo: la «Delegazione»), informandole del fatto che essa non aveva ricevuto alcuna copia del contratto modificato e che tale ritardo poteva causarle ingenti danni economici.

6        Il 2 aprile 2008 la ricorrente ha ricevuto la copia del contratto modificato, sottoscritto dalla NPC e dalla Delegazione. In pari data, con lettera indirizzata alla NPC ed alla Delegazione, la ricorrente ha chiesto una proroga del contratto fino al 1° dicembre 2008.

7        Il 23 maggio 2008 la ricorrente ha informato la NPC ed i servizi centrali della Commissione delle Comunità europee dell’impossibilità di eseguire il contratto in considerazione dell’estrema difficoltà di comunicare con la NPC, ed ha chiesto l’intervento della Commissione.

8        Il 4 luglio 2008 la ricorrente ha ricevuto un acconto pari al 60% del valore del contratto.

9        Il 4 settembre 2008 la ricorrente ha inviato alla NPC ed alla Delegazione una lettera con la quale chiedeva il rilascio di documenti necessari allo sdoganamento dei generatori.

10      Il 16 settembre 2008 la ricorrente si è rivolta alla Delegazione e alla NPC chiedendo nuovamente il rilascio dei documenti necessari per lo sdoganamento dei generatori e ricordando che l’ispezione dei medesimi sarebbe dovuta avvenire prima del 27 settembre 2008, atteso che la merce doveva essere consegnata il 30 settembre successivo.

11      Il 28 ottobre 2008 la ricorrente ha informato la NPC e la Delegazione che, considerata l’assenza di una risposta da parte loro, essa avrebbe proceduto al controllo dei generatori, la cui consegna doveva essere effettuata prima del 1° dicembre 2008.

12      Il 4 novembre 2008 la ricorrente ha chiesto ai servizi doganali della Nigeria di procedere allo sdoganamento dei generatori.

13      Con lettera del 10 novembre 2008, inviata alla NPC ed alla Delegazione, la ricorrente ha segnalato che i generatori erano stati controllati ed erano pronti ad essere consegnati. Essa ha inoltre fatto presente di aver bisogno di assistenza per procedere alla loro consegna prima del 14 novembre 2008.

14      Il 2 dicembre 2008 il capo delle operazioni della Delegazione ha chiesto alla NPC di indicare alcune menzioni specifiche sui documenti che dovevano essere forniti alla ricorrente, segnatamente ai fini dello sdoganamento dei generatori.

15      Il 13 gennaio 2009 la ricorrente ha informato la Delegazione che nessuna risposta era stata fornita al suo invito ad inviare alcuni tecnici ai fini del controllo dei generatori, alla sua richiesta di specificazioni tecniche in vista dell’installazione degli stessi, alla sua richiesta di una proroga della durata del contratto, nonché alla sua richiesta di sdoganamento. Inoltre, essa ha chiesto l’intervento della Delegazione al fine di ottenere, da un lato, i documenti in questione e, dall’altro, le coordinate di un interlocutore affidabile in seno alla NPC.

16      Il 29 gennaio 2009 i generatori sono stati scaricati nel porto di Tin Can Island (Nigeria), dove sono rimasti bloccati a causa di problemi connessi al loro sdoganamento.

17      Con messaggio di posta elettronica in data 4 febbraio 2009, la ricorrente ha informato la Delegazione che le autorità della Nigeria esigevano il pagamento di penalità a motivo del mancato sdoganamento dei generatori e del loro blocco nel porto. La ricorrente ha fatto presente il costo elevato di tali penalità ed ha chiesto alla Delegazione di fornirle informazioni in merito alla situazione.

18      Il 6 febbraio 2009 la ricorrente ha informato la Delegazione che, laddove la documentazione richiesta per lo sdoganamento dei generatori non fosse giunta entro l’11 febbraio 2009, essa sarebbe stata costretta a risolvere il contratto. La ricorrente ha aggiunto che la mancata concessione della proroga del contratto nonché la mancata consegna dei documenti necessari per lo sdoganamento la stavano esponendo ad un rischio di pagamento di penalità così elevate, oltre che ingiustificate, da rendere «insensato e diseconomico» il mantenimento in vita del rapporto contrattuale.

19      Il 10 febbraio 2009 la Delegazione ha chiesto alla ricorrente di sostituire la garanzia emessa a suo favore da una società garante, a motivo del rischio di fallimento di quest’ultima.

20      Il 12 marzo 2009 è stato inviato alla ricorrente un documento necessario per lo sdoganamento dei generatori.

21      Il 20 aprile 2009 la ricorrente è stata messa in liquidazione. Con lettera del 25 maggio 2009, inviata alla NPC e alla Delegazione, la ricorrente ha chiesto una proroga del suo contratto. Essa, inoltre, ha in sostanza rinnovato l’invito effettuato ai tecnici della NPC ad assistere all’ispezione dei generatori bloccati nel porto di Tin Can Island ed ha nuovamente segnalato di non essere in possesso di tutti i documenti necessari per lo sdoganamento degli stessi.

22      Il 28 maggio 2009 la ricorrente ha ricordato alla Delegazione ed alla NPC il ritardo nell’invio dei documenti necessari per lo sdoganamento dei generatori ed ha proposto che la Commissione prorogasse il termine per la consegna di questi ultimi fino al 5 novembre 2009 in cambio del rilascio, da parte di essa ricorrente, di una nuova garanzia.

23      L’8 giugno 2009 la ricorrente ha inviato alla NPC e alla Delegazione una proposta di transazione amichevole ai sensi dell’art. 48 del contratto, relativo alle modalità di composizione delle controversie.

24      Con lettere in data 17 giugno e 2 luglio 2009, la ricorrente ha fatto valere la responsabilità della NPC e la violazione, da parte della Delegazione, dell’art. 20 UE, dell’art. 56 del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 25 giugno 2002, n. 1605, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU L 248, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento finanziario»), nonché degli artt. 232 CE e 288 CE. Essa ha inoltre chiesto alla Commissione il pagamento di una somma di EUR 512 613,70.

25      Con una comunicazione, che la ricorrente qualifica come «messa in mora» ed alla quale attribuisce la data del 27 luglio 2009, gli avvocati della ricorrente hanno chiesto alla Delegazione «di intervenire al fine di incitare [la NPC] a trovare una soluzione alla situazione urgente e pericolosa descritta [in questa lettera] e di indennizzare [la ricorrente] per tutti i danni subiti a motivo del comportamento [della Delegazione]».

 Procedimento e conclusioni delle parti

26      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 settembre 2009, la ricorrente ha proposto l’odierno ricorso.

27      Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 novembre 2009, la Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale. Il 26 gennaio 2010 la ricorrente ha presentato le proprie osservazioni in merito a tale eccezione.

28      Con lettera del 27 ottobre 2009 il Tribunale ha invitato le parti a pronunciarsi sulla questione se la Commissione potesse essere considerata quale unica parte convenuta nella presente causa. Con lettere datate, rispettivamente, 2 novembre e 11 novembre 2009, la ricorrente e la Commissione hanno dichiarato che, a loro avviso, la risposta al quesito doveva essere affermativa.

29      Nell’atto introduttivo, la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        accertare, ai sensi dell’art. 232 CE, la carenza della Delegazione e della Commissione;

–        dichiarare, sulla base dell’art. 288 CE, la responsabilità extracontrattuale della Delegazione e della Commissione nei confronti della ricorrente, e condannarle, anche in via solidale, al risarcimento del danno in favore della ricorrente medesima per un importo di EUR 600 000.

30      Nella sua eccezione di irricevibilità, la Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile;

–        condannare la ricorrente al pagamento delle spese processuali;

–        in subordine, nell’ipotesi in cui l’eccezione di irricevibilità non fosse accolta, fissare un nuovo termine per la prosecuzione della causa, in applicazione dell’art. 114, n. 4, secondo comma, del regolamento di procedura.

31      Nelle sue osservazioni in merito all’eccezione di irricevibilità, la ricorrente conclude per il rigetto di quest’ultima e per l’accoglimento delle conclusioni da essa formulate nell’atto introduttivo del giudizio.

 In diritto

32      A norma dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura, se una parte lo chiede, il Tribunale può statuire sull’eccezione di irricevibilità senza impegnare la discussione nel merito. Conformemente al n. 3 dello stesso articolo, il procedimento prosegue in forma orale, salvo diversa decisione del Tribunale.

33      Inoltre, ai sensi dell’art. 111 del regolamento di procedura, quando il ricorso presentato è manifestamente irricevibile, il Tribunale può, senza proseguire il procedimento, statuire con ordinanza motivata.

34      Nella specie, il Tribunale reputa di essere sufficientemente informato sulla base degli atti del fascicolo e che non sia necessario aprire la fase orale.

35      La Commissione deduce tre profili di irricevibilità. Anzitutto, essa contesta la ricevibilità del ricorso nella parte in cui viene proposto nei confronti della Delegazione, dal momento che quest’ultima non avrebbe la personalità giuridica. La Commissione deduce poi l’irricevibilità delle domande di declaratoria di carenza e di risarcimento danni, a motivo dell’insussistenza di alcuni dei presupposti necessari per la loro presentazione.

36      Per quanto riguarda il primo profilo di irricevibilità, occorre ricordare che – come già indicato supra al punto 29 – la ricorrente, a seguito della comunicazione della cancelleria del 27 ottobre 2009, ha dichiarato, con lettera del 2 novembre 2009, il proprio accordo a che la Commissione venga considerata quale unica parte convenuta nella presente causa. Ne consegue che, avendo la ricorrente rinunciato a proporre il proprio ricorso nei confronti della Delegazione, non vi è più luogo a statuire sul primo profilo di irricevibilità.

 Sulla ricevibilità delle conclusioni intese alla declaratoria di carenza

 Argomenti delle parti

37      La Commissione rileva, in primo luogo, che la descrizione dei fatti contenuta nell’atto introduttivo «non sembra (...) del tutto corretta, né tantomeno obiettiva».

38      Essa asserisce, in secondo luogo, che la ricorrente, adendo il Tribunale, ha scelto il foro sbagliato per tutelare i propri diritti. Le doglianze della ricorrente riguarderebbero essenzialmente inadempimenti di natura contrattuale imputabili all’amministrazione pubblica nigeriana. Di conseguenza, alla luce del contratto stipulato, la ricorrente avrebbe avuto due diverse vie possibili al fine di risolvere la controversia, ossia, da un lato, i sistemi di risoluzione delle controversie «à l’amiable» (non contenziosi) e/o l’arbitrato internazionale e, dall’altro, l’instaurazione di una causa dinanzi alle corti nazionali nigeriane.

39      La Commissione sostiene, in terzo luogo, che i presupposti del ricorso per carenza, stabiliti dall’art. 232 CE, non sono soddisfatti.

40      Anzitutto, la ricorrente sarebbe stata tenuta, preliminarmente all’introduzione del suo ricorso per carenza, a richiedere alla Commissione di agire. Orbene, l’avvenuta presentazione di tale richiesta non risulterebbe da alcun elemento del fascicolo. La lettera inviata alla Delegazione dagli avvocati della ricorrente, peraltro priva di data, non potrebbe costituire una richiesta di adottare uno specifico atto avente efficacia vincolante. Inoltre, la lettera suddetta non preciserebbe quale atto la Commissione avrebbe dovuto adottare.

41      La Commissione sostiene inoltre che, affinché un ricorso per carenza sia ricevibile, la ricorrente deve provare che l’istituzione interessata aveva un preciso obbligo di agire. Orbene, nel caso di specie, nessuna disposizione di diritto comunitario avrebbe obbligato la Commissione ad intervenire nella controversia insorta tra la ricorrente e le autorità nigeriane in maniera diversa da come l’istituzione suddetta è in effetti intervenuta. A questo proposito, la Commissione sostiene che né l’art. 20 UE né gli artt. 3 e 56 del regolamento finanziario le impongono un qualche obbligo di agire.

42      Nell’atto introduttivo la ricorrente afferma che la Commissione, incaricata del controllo e del monitoraggio sull’esecuzione del contratto, «[non ha] fatto alcunché per coadiuvare l’esecuzione [del] contratto medesimo», e ciò in violazione dell’art. 20 UE.

43      Secondo la ricorrente, palese sarebbe anche la violazione del principio della tutela del legittimo affidamento. A suo avviso, «l’assoluto ed ingiustificato silenzio» della NPC l’ha ragionevolmente indotta a ritenere che la situazione di stallo avrebbe trovato una soluzione imminente. Inoltre, sarebbe trascorso un periodo di tempo «sufficientemente lungo» perché la ricorrente potesse reputarsi in diritto di ottenere una presa di posizione da parte della Commissione.

44      La ricorrente asserisce infine che la Commissione ha agito in violazione degli artt. 56, n. 3, e 3 del regolamento finanziario.

45      Nelle sue osservazioni in merito all’eccezione di irricevibilità, la ricorrente sostiene che essa poteva chiedere alla Commissione di intervenire, dal momento che su quest’ultima incombevano obblighi di supervisione, monitoraggio e cooperazione, per quanto riguarda la produzione della documentazione di trasporto della merce. La ricorrente aggiunge che non è lecito affermare che la Commissione potesse discrezionalmente stabilire cosa fare.

46      Inoltre, la ricorrente fa valere che la carenza di una qualsivoglia risposta e indicazione, protrattasi per ben due anni, ha comportato per essa l’assoluta impossibilità di pagare tutti i propri fornitori, con conseguente messa in liquidazione della società.

 Giudizio del Tribunale

47      A termini dell’art. 232, secondo comma, CE, il ricorso per carenza è ricevibile soltanto qualora l’istituzione interessata sia stata preventivamente richiesta di agire.

48      Perché la richiesta di agire possa portare al procedimento di ricorso per carenza, è necessario che essa sia sufficientemente chiara e precisa, in modo da consentire all’istituzione di conoscere concretamente il contenuto della decisione che le si chiede di adottare. Dalla richiesta di agire deve inoltre risultare ch’essa è intesa a costringere l’istituzione a prendere posizione (sentenza della Corte 10 giugno 1986, cause riunite 81/85 e 119/85, Usinor/Commissione, Racc. pag. 1777, punto 15, e ordinanza del Tribunale 30 aprile 1999, causa T‑311/97, Pescados Congelados Jogamar/Commissione, Racc. pag. II‑1407, punto 35). 

49      Nel caso di specie la ricorrente fa riferimento, nell’atto introduttivo, ad un gran numero di lettere inviate alla Delegazione e/o alla Commissione, senza chiarire quale di queste lettere costituirebbe, alla luce del suo contenuto, una richiesta di agire ai sensi dell’art. 232 CE.

50      Nella parte dell’atto introduttivo dedicata al «Fatto», la ricorrente si limita a qualificare come «messa in mora» la lettera inviata dai suoi avvocati alla Commissione e alla Delegazione, la quale è persino priva di data ed il cui contenuto, ricordato supra al punto 25, non è idoneo a configurare una richiesta di agire sufficientemente chiara e precisa ai sensi della giurisprudenza ricordata poc’anzi al punto 48. Tale lettera non può dunque essere considerata come l’atto preliminare di un procedimento giurisdizionale. Inoltre, nella parte dell’atto introduttivo riservata alle considerazioni in «Diritto», nonché nelle sue osservazioni in merito all’eccezione di irricevibilità, la ricorrente non precisa in alcun modo quale delle lettere invocate costituisca una richiesta di agire. È altresì importante osservare che, malgrado l’allegazione della Commissione relativa all’assenza di una richiesta di agire, la ricorrente non chiarisce, nelle sue osservazioni in merito alla suddetta eccezione di irricevibilità, se una qualche lettera, ed in particolare la lettera menzionata supra al punto 25, costituisca una richiesta di agire ai sensi dell’art. 232 CE. Occorre dunque considerare che il ricorso per carenza è stato proposto in violazione dell’art. 232, secondo comma, CE.

51      Ad ogni modo, quand’anche la lettera menzionata supra al punto 25 costituisse una richiesta di agire ai sensi dell’art. 232 CE e fosse databile al 27 luglio 2009 come asserisce la ricorrente, è giocoforza constatare che il ricorso per carenza è manifestamente prematuro.

52      Infatti, risulta dal chiaro dettato dell’art. 232 CE che il ricorso per carenza può essere proposto soltanto entro un termine di due mesi dopo la scadenza di un primo termine di due mesi decorrente dalla richiesta di agire. Pertanto, la presentazione di un ricorso per carenza deve essere imperativamente preceduta da una fase precontenziosa, il cui scopo è di offrire la possibilità per l’istituzione di porre termine all’omissione addebitata e per la persona fisica o giuridica di rinunciare alla presentazione del ricorso per carenza.

53      Di conseguenza, un ricorso per carenza proposto prima della scadenza del termine di due mesi decorrente dalla richiesta di agire è, in ragione del suo carattere prematuro, irricevibile (v., per analogia, sentenze del Tribunale 20 giugno 1990, cause riunite T‑47/89 e T‑82/89, Marcato/Commissione, Racc. pag. II‑231, punto 32, e 8 giugno 2006, causa T‑156/03, Pérez‑Díaz/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑2‑135 e II‑A‑2‑649, punto 27).

54      Nel caso di specie, supponendo avverate le condizioni ipotizzate supra al punto 51, consta che il ricorso per carenza, depositato nella cancelleria del Tribunale il 18 settembre 2009, è stato presentato anteriormente alla scadenza del termine di due mesi che era iniziato a decorrere, al più presto, dalla data della lettera menzionata supra al punto 25, qualificata dalla ricorrente come «messa in mora».

55      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che le conclusioni intese alla declaratoria di carenza devono essere respinte in quanto irricevibili.

 Sulle conclusioni intese al risarcimento del danno

 Argomenti delle parti

56      Fondandosi sull’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia e sull’art. 44 del regolamento di procedura, la Commissione sostiene che il ricorso per responsabilità extracontrattuale della Comunità deve contenere elementi che consentano di identificare il comportamento che il ricorrente addebita all’istituzione, le ragioni per le quali egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento ed il danno che asserisce di aver subìto, nonché il carattere e l’entità di tale danno. Orbene, la Commissione sostiene che tali elementi fanno chiaramente difetto nel ricorso introdotto dalla ricorrente.

57      In primo luogo, la ricorrente si limiterebbe a citare le norme giuridiche e i principi generali che la Commissione avrebbe violato, senza tuttavia fornire alcun chiarimento.

58      La violazione del principio di buona amministrazione non verrebbe presa in esame dalla ricorrente, la quale si limiterebbe a citare l’art. 20 UE. Posto che l’art. 20 UE non costituirebbe né un’espressione né un’emanazione di detto principio, non sarebbe dato comprendere, sulla base dell’atto introduttivo, se la ricorrente intenda far valere una violazione del principio di buona amministrazione oppure una violazione dell’art. 20 UE. Ad ogni modo, quest’ultima norma sarebbe oggetto di un’erronea interpretazione da parte della ricorrente.

59      Per quanto riguarda la violazione del principio della tutela del legittimo affidamento fatta valere dalla ricorrente, la Commissione sostiene che l’atto introduttivo non precisa gli aspetti in ordine ai quali essa avrebbe fornito assicurazioni, né indica attraverso quali comportamenti o atti essa avrebbe fornito alla ricorrente assicurazioni precise. La ricorrente si limiterebbe a sostenere che assicurazioni siffatte emergono dalla documentazione versata in atti. Orbene, il generico rinvio ad imprecisati documenti non soddisfarebbe i requisiti stabiliti dall’art. 44 del regolamento di procedura.

60      Quanto alla presunta violazione del regolamento finanziario, la Commissione rileva che le disposizioni di quest’ultimo non conferiscono alcun diritto ai singoli. Inoltre, la ricorrente non individuerebbe le condotte costituenti violazione del regolamento finanziario. Essa si limiterebbe semplicemente a dolersi di una supposta mancanza di controllo o di sorveglianza da parte della Commissione.

61      In secondo luogo, la Commissione ritiene che la ricorrente non abbia indicato con la dovuta chiarezza e precisione gli elementi tesi a dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità tra le condotte imputate alla Commissione medesima ed il danno presuntivamente subìto.

62      La ricorrente si limiterebbe a far valere l’esistenza di un nesso di causalità «in re ipsa». Nessun argomento, documento o altro elemento di prova verrebbe fornito a supporto di tale allegazione.

63      In terzo luogo, la Commissione dichiara di non comprendere la quantificazione del presunto danno operata dalla ricorrente. Quest’ultima elencherebbe una serie di spese per un totale di EUR 150 000, senza chiarire la misura in cui ciascuna di queste spese inciderebbe sull’importo complessivo. Inoltre, la ricorrente si dichiarerebbe disponibile a giustificare tali spese mediante la presentazione di fatture dettagliate, rivelando dunque l’assenza di prove a sostegno delle proprie conclusioni. In aggiunta a ciò, la Commissione rileva che la ricorrente chiede il risarcimento di una «cifra tonda», ciò che sarebbe del tutto inusuale. Infine, la ricorrente farebbe valere nell’atto introduttivo un danno di importo pari a EUR 150 000, mentre nelle conclusioni del medesimo atto introduttivo reclamerebbe il versamento di un risarcimento di EUR 600 000.

64      Quanto al presunto danno di immagine o al presunto lucro cessante, la ricorrente non fornirebbe alcuna spiegazione del metodo di calcolo degli stessi e non produrrebbe alcuna documentazione comprovante le sue stime.

65      Nell’atto introduttivo, la ricorrente deduce che la Commissione ha palesemente violato il principio di buona amministrazione, il principio della tutela del legittimo affidamento, il regolamento finanziario e il Trattato UE, nel testo precedente al Trattato di Lisbona. Pertanto, l’illiceità della condotta della Commissione sarebbe indiscutibile.

66      Quanto al nesso di causalità, la ricorrente sostiene che esso sussiste «in re ipsa».

67      La ricorrente asserisce inoltre che il danno da essa subìto è incontestabile e quantificabile. A questo proposito, essa lo valuta in misura pari a EUR 150 000 e si dichiara disposta a presentare fatture comprovanti tale importo.

68      La ricorrente aggiunge che non v’è alcun dubbio che la non esecuzione del contratto cui essa è stata paradossalmente costretta le ha causato una grave perdita di immagine sia nei confronti dei clienti che dei suoi partner commerciali. Essa sostiene che tale voce di danno sfugge ad una precisa quantificazione e deve calcolarsi tenendo conto di parametri quali la notorietà da essa raggiunta nel settore nonché la stima goduta fra la clientela e più in generale nel mondo delle società di engineering.

69      Infine, la ricorrente afferma che la sua reintegrazione nella situazione in cui essa si sarebbe trovata se l’evento pregiudizievole non si fosse prodotto implica la necessità di risarcire la totalità del pregiudizio economico da essa subìto e comprende, quindi, sia la perdita patrimoniale in senso stretto, ossia il danno emergente, sia il mancato incremento del patrimonio che si sarebbe altrimenti prodotto, vale a dire il lucro cessante.

70      Nelle sue osservazioni in merito all’eccezione di irricevibilità, la ricorrente afferma di aver diffusamente messo in evidenza gli incomprensibili silenzi della Delegazione ovvero le risposte del tutto dilatorie di quest’ultima, suscettibili di ingenerare un legittimo affidamento.

71      La ricorrente sostiene poi che la violazione degli obblighi di supervisione e monitoraggio rientra nella violazione del principio di buona amministrazione, il quale dovrebbe essere definito in via interpretativa ed evolutiva.

72      Infine, la ricorrente rileva che, pur tenendo conto delle lacune del quadro normativo di riferimento, il rigetto del ricorso a motivo di irricevibilità le arrecherebbe un danno irreparabile, trovandosi essa privata della possibilità di far valere le proprie ragioni, e contribuirebbe pertanto «alla creazione di un precedente di intoccabilità e di immunità dell’Esecutivo comunitario, in un mercato sensibile, quale quello dei finanziamenti ai “Paesi Terzi”».

 Giudizio del Tribunale

73      In via preliminare, occorre rilevare che il Tribunale non è competente a pronunciarsi sui diritti che la ricorrente può eventualmente far valere sulla base dei contratti controversi al fine di ottenerne l’esecuzione. Tale questione deve essere risolta utilizzando i rimedi previsti per la composizione delle controversie contrattuali. Infatti, dagli artt. 235 CE e 288, secondo comma, CE risulta che la competenza del Tribunale in materia di ricorsi per risarcimento danni è limitata alle questioni di responsabilità extracontrattuale. Per contro, nulla impedisce che il Tribunale esamini il comportamento della Commissione alla luce degli eventuali obblighi a questa incombenti e si pronunci sulla responsabilità extracontrattuale che potrebbe derivarne (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 25 giugno 1997, causa T‑7/96, Perillo/Commissione, Racc. pag. II‑1061, punti 35‑37).

74      Secondo una consolidata giurisprudenza, l’insorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità, ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE, è subordinato al soddisfacimento di un insieme di presupposti, vale a dire l’illegittimità del comportamento contestato alle istituzioni, l’effettiva esistenza del danno e la sussistenza di un nesso di causalità fra l’asserito comportamento e il danno lamentato (sentenze del Tribunale 11 luglio 1997, causa T‑267/94, Oleifici Italiani/Commissione, Racc. pag. II‑1239, punto 20, e 4 ottobre 2006, causa T‑193/04, Tillack/Commissione, Racc. pag. II‑3995, punto 116). 

75      Risulta del pari da una costante giurisprudenza che, quando uno di questi presupposti non è soddisfatto, il ricorso per risarcimento danni deve essere integralmente respinto, senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti della responsabilità suddetta (sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C‑146/91, KYDEP/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑4199, punto 81; sentenze del Tribunale 20 febbraio 2002, causa T‑170/00, Förde‑Reederei/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑515, punto 37, e Tillack/Commissione, cit., punto 119). 

76      Il presupposto relativo al nesso di causalità richiesto dall’art. 288, secondo comma, CE implica l’esistenza di un rapporto sufficientemente diretto di causa ad effetto tra il comportamento delle istituzioni ed il danno (sentenza del Tribunale 24 ottobre 2000, causa T‑178/98, Fresh Marine/Commissione, Racc. pag. II‑3331, punto 118, e ordinanza del Tribunale 17 dicembre 2008, causa T‑137/07, Portela/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 79), la cui prova deve essere fornita dal ricorrente (v. sentenza del Tribunale 24 aprile 2002, causa T‑220/96, EVO/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑2265, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata).

77      Risulta inoltre dalla giurisprudenza che, nel caso in cui il comportamento asseritamente all’origine del danno lamentato consista in un’omessa azione, è necessario avere la certezza che tale danno sia stato effettivamente causato dalle condotte omissive censurate e non possa essere stato determinato da comportamenti diversi da quelli imputati all’istituzione convenuta (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 13 dicembre 2006, causa T‑138/03, É.R. e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑4923, punto 134; ordinanza Portela/Commissione, cit., punto 80). 

78      Pertanto, la responsabilità della Comunità per il danno lamentato dalla ricorrente può sorgere soltanto qualora le omissioni asseritamente illegittime della Commissione si pongano in modo diretto all’origine della comparsa del danno, e dunque soltanto a condizione che, se fossero stati presi i provvedimenti dei quali la ricorrente addebita alla detta istituzione l’omessa adozione, il danno in questione verosimilmente non si sarebbe prodotto (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 13 dicembre 2006, causa T‑304/01, Abad Pérez e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑4857, punto 108; ordinanza Portela/Commissione, cit., punto 81). 

79      Occorre dunque esaminare se, nel caso di specie, la ricorrente abbia fornito la prova del fatto che i danni asseriti derivano in modo sufficientemente diretto dalla carenza imputata alla Commissione.

80      Nel caso di specie, la ricorrente stabilisce un nesso di causalità tra, da un lato, i presunti danni sofferti, ossia l’effettiva perdita patrimoniale, il mancato guadagno ed il pregiudizio per la sua immagine, e, dall’altro, la «non esecuzione del contratto».

81      Orbene, è importante rilevare che né la Commissione né la Delegazione sono parti del contratto in questione. Inoltre, la stessa ricorrente rileva che la non esecuzione del contratto trova la propria origine direttamente nei comportamenti della controparte contrattuale, la NPC. Nell’atto introduttivo, essa afferma che il blocco dei generatori nel porto di Tin Can Island consegue alla mancata fornitura, da parte della NPC, dei documenti necessari ai fini del loro sdoganamento. Essa fa altresì osservare che la NPC non ha mai proceduto all’ispezione dei generatori. La ricorrente sottolinea inoltre l’oggettiva impossibilità di proseguire l’esecuzione del contratto tenuto conto dell’estrema difficoltà di dialogare con la NPC.

82      La ricorrente reputa nondimeno che la carenza dei servizi centrali della Commissione e della Delegazione abbia contribuito al danno da essa subìto, in quanto tali soggetti non avrebbero «fatto alcunché per coadiuvare l’esecuzione [del] contratto».

83      Tuttavia, non è possibile riconoscere l’esistenza di un nesso di causalità, ai sensi della giurisprudenza citata supra ai punti 76‑78, tra il mancato intervento della Commissione al fine di contribuire all’esecuzione del contratto, da un lato, e i danni asseriti dalla ricorrente, dall’altro. Infatti, le omissioni denunciate dalla ricorrente si riferiscono a misure che la Commissione avrebbe dovuto prendere dopo che la NPC aveva mancato di agire. Orbene, poiché il danno subìto dalla ricorrente trova la propria causa nel comportamento della NPC, le eventuali omissioni della Commissione, che sono necessariamente successive alla comparsa del danno suddetto, non possono essere direttamente all’origine di quest’ultimo.

84      Ad ogni modo, anche se la Commissione fosse intervenuta al fine di contribuire all’esecuzione del contratto, la ricorrente omette di dimostrare che, per effetto di tale intervento, detto contratto sarebbe stato effettivamente eseguito e che pertanto essa non avrebbe subìto alcun danno.

85      Da quanto sopra esposto risulta che l’atto introduttivo non contiene alcun elemento idoneo a dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità diretto tra, da un lato, le varie omissioni imputate alla Commissione e, dall’altro, i danni asseritamente subiti dalla ricorrente. Pertanto, le conclusioni intese al risarcimento del danno devono essere respinte in quanto manifestamente infondate in diritto.

86      Alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte, il ricorso deve essere respinto in quanto in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondato in diritto.

 Sulle spese

87      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

così provvede:

1)      Il ricorso è respinto in quanto in parte irricevibile e in parte manifestamente infondato in diritto.

2)      La Tecnoprocess Srl è condannata alle spese.

Lussemburgo, 30 giugno 2011

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       L. Truchot


* Lingua processuale: l’italiano.