Language of document : ECLI:EU:T:2010:152

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

21 aprile 2010 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario figurativo Thai Silk – Marchio nazionale figurativo anteriore che rappresenta un volatile – Ricevibilità del ricorso – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94 [divenuto art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 207/2009]»

Nella causa T‑361/08,

Peek & Cloppenburg, con sede in Amburgo (Germania),

van Graaf GmbH & Co. KG, con sede in Vienna (Austria),

rappresentate dagli avv.ti V. von Bomhard, A. Renck, T. Dolde e J. Pause,

ricorrenti,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. S. Schäffner, in qualità di agente,

convenuto,

interveniente dinanzi al Tribunale, ammesso a sostituirsi all’Office of the Permanent Secretary, The Prime Minister’s Office, Thailand (Tailandia), controinteressato nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI,

The Queen Sirikit Institute of Sericulture, Office of the Permanent Secretary, Ministry of Agriculture and Cooperatives, Thailand (Tailandia), con sede in Bangkok (Tailandia), rappresentato dall’avv. A. Kockläuner,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’UAMI 10 giugno 2008 (procedimento R 1677/2007‑4), relativa ad un’opposizione tra la Peek & Cloppenburg e l’Office of the Permanent Secretary, The Prime Minister’s Office, Thailand,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro (relatore), presidente, dai sigg. S. Papasavvas e N. Wahl, giudici,

cancelliere: sig. J. Plingers, amministratore

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 29 ottobre 2004 l’Office of the Permanent Secretary, The Prime Minister’s Office, Thailand (Tailandia), ha presentato una domanda di registrazione di marchio comunitario presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), in forza del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) del Consiglio 26 febbraio 2009, n. 207, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno figurativo di seguito riprodotto:

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3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 24 e 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 24: «Seta»;

–        classe 25: «Articoli d’abbigliamento in seta».

4        Tale domanda è stata pubblicata sul Bollettino dei marchi comunitari n. 24/2005 del 13 giugno 2005.

5        Il 7 settembre 2005 una delle due ricorrenti nella presente causa, vale a dire la Peek & Cloppenburg, ha proposto opposizione alla registrazione del marchio richiesto in base all’art. 42 del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 41 del regolamento n. 207/2009), facendo valere un rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 [divenuto art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 207/2009].

6        L’opposizione era basata sulla registrazione tedesca n. 30336340 del seguente marchio figurativo:

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7        Tale marchio era stato depositato il 18 luglio 2003 e registrato il 14 giugno 2004 per i prodotti e i servizi seguenti rientranti nelle classi 18, 25 e 35:

–        classe 18: «Articoli in cuoio, in particolare, cinture, borse, contenitori (rientranti nella classe 18), e articoli di pelletteria, segnatamente, portamonete, portafogli, buste per chiavi, ombrelli»;

–        classe 25: «Vestiario (compreso quello lavorato a maglia ed in tessuto e articoli di abbigliamento in cuoio) per donna, uomo e bambino, in particolare, indumenti esterni, biancheria intima, abbigliamento per il tempo libero e sportivo; scarpe, compresi stivali e pantofole, cinture»;

–        classe 35: «Pubblicità, gestione di affari commerciali, amministrazione commerciale, lavori di ufficio, presentazione di prodotti, distribuzione di campioni a fini pubblicitari, vendita all’asta di prodotti e di servizi, studio dei mercati».

8        L’opposizione era diretta contro tutti i prodotti designati dal marchio richiesto.

9        Con decisione 15 ottobre 2007 la divisione di opposizione ha respinto l’opposizione in quanto i segni in conflitto non erano simili e, in ogni caso, non esisteva alcun rischio di confusione sul territorio comunitario.

10      Il 26 ottobre 2007 la Peek & Cloppenburg ha proposto ricorso presso l’UAMI avverso la decisione della divisione di opposizione.

11      Il 15 novembre 2007 la Peek & Cloppenburg ha chiesto al Deutsches Patent- und Markenamt (Ufficio tedesco dei brevetti e dei marchi) il trasferimento del marchio anteriore all’altra ricorrente nella presente causa, vale a dire alla van Graaf GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «van Graaf»).

12      Con decisione 10 giugno 2008 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il ricorso. Quest’ultima ha confermato la decisione della divisione di opposizione in quanto i segni di cui trattasi erano diversi dal punto di vista visivo, fonetico e concettuale, cosicché non era necessario confrontare i prodotti interessati poiché mancava una delle condizioni di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Essa ha precisato che, anche supponendo l’esistenza di una somiglianza dei segni a causa della loro sola somiglianza concettuale, il risultato non cambierebbe quand’anche i prodotti di cui trattasi fossero considerati identici, poiché il pubblico interessato non sarebbe indotto in errore quanto alla loro origine commerciale.

13      L’11 agosto 2008 il Deutsches Patent- und Markenamt ha redatto un certificato dal quale risultava che la van Graaf era il nuovo titolare del marchio al posto della Peek & Cloppenburg con effetto dal 17 novembre 2007.

 Procedimento e conclusioni delle parti

14      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 agosto 2008 le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

15      L’UAMI e The Queen Sirikit Institute of Sericulture, Office of the Permanent Secretary, Ministry of Agriculture and Cooperatives, Thailand, hanno depositato il loro controricorso nella cancelleria del Tribunale il 16 dicembre 2008.

16      Il 16 dicembre 2008, nell’ambito del suo controricorso, The Queen Sirikit Institute of Sericulture, Office of the Permanent Secretary, Ministry of Agriculture and Cooperatives, Thailand ha presentato una domanda di sostituzione al fine d’intervenire nel procedimento dinanzi al Tribunale al posto dell’Office of the Permanent Secretary, The Prime Minister’s Office, Thailand e, l’8 gennaio 2009, ha trasmesso alla cancelleria del Tribunale copia del contratto di cessione del marchio comunitario Thai Silk.

17      Con lettera registrata presso la cancelleria del Tribunale il 2 febbraio 2009, l’UAMI ha espresso il proprio consenso in merito a tale domanda di sostituzione. Con lettera registrata lo stesso giorno, le ricorrenti hanno dichiarato di non avere alcuna obiezione avverso quest’ultima.

18      Con ordinanza 19 giugno 2009 il Tribunale ha ammesso la sostituzione del The Queen Sirikit Institute of Sericulture, Office of the Permanent Secretary, Ministry of Agriculture and Cooperatives, Thailand all’Office of the Permanent Secretary, The Prime Minister’s Office, Thailand, in quanto interveniente nel procedimento dinanzi al Tribunale.

19      Con decisione 9 luglio 2009 il Tribunale ha deciso di dichiarare irricevibile il controricorso del The Queen Sirikit Institute of Sericulture, Office of the Permanent Secretary, Ministry of Agriculture and Cooperatives, Thailand, poiché quest’ultimo è divenuto parte interveniente nella controversia solo a decorrere dall’ordinanza del Tribunale 19 giugno 2009, cosicché, alla data di deposito di detto controricorso, ovvero il 16 dicembre 2008, esso era una parte terza della controversia. Il Tribunale ha invitato l’interveniente a presentare in udienza i propri argomenti riguardanti la causa in esame.

20      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 24 luglio 2009, The Queen Sirikit Institute of Sericulture, Office of the Permanent Secretary, Ministry of Agriculture and Cooperatives, Thailand ha depositato nuovamente il suo controricorso del 16 dicembre 2008, nonché i suoi allegati, affinché venissero presi in considerazione nel presente procedimento, e ciò al fine di preservare effettivamente il proprio diritto al contraddittorio.

21      Il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale, alla luce delle circostanze specifiche del caso di specie, ha deciso di accettare detto documento e di consentire alle altre parti di potersi pronunciare sullo stesso in udienza.

22      Le ricorrenti, la Peek & Cloppenburg, nonché la van Graaf, chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

23      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare irricevibile il ricorso della van Graaf;

–        respingere il ricorso della Peek & Cloppenburg in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

24      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare irricevibile il ricorso;

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

25      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti loro posti dal Tribunale all’udienza dell’8 ottobre 2009.

 Sulla ricevibilità del ricorso

 Argomenti delle parti

26      Le ricorrenti precisano che per motivi processuali e a titolo di precauzione il ricorso è stato proposto dalla Peek & Cloppenburg in quanto parte formalmente lesa ai sensi dell’art. 63, n. 4, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 65, n. 4, del regolamento n. 207/2009), e dalla van Graaf in quanto parte materialmente lesa. Esse chiedono altresì di essere informate di qualunque eventuale decisione del Tribunale secondo la quale solo una di esse sarebbe legittimata ad agire.

27      L’UAMI, basandosi sull’art. 63, n. 4, del regolamento n. 40/94, rileva che la Peek & Cloppenburg era parte nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, di modo che solo essa possiede un diritto a presentare ricorso. È vero che il marchio sarebbe stato ceduto alla van Graaf e che quest’ultima sarebbe stata materialmente lesa dalla decisione impugnata. Tuttavia, ai fini di tale disposizione, sarebbe determinante la qualità formale di parte nel procedimento di ricorso. Dato che la van Graaf non è mai stata parte del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, essa non avrebbe la legittimazione ad agire.

28      Secondo l’UAMI, il quale si riferisce alla giurisprudenza del Tribunale, la van Graaf potrebbe intervenire al posto della Peek & Cloppenburg a causa della cessione del marchio comunitario Thai Silk, a condizione che essa chieda di essere sostituita nei diritti di quest’ultima e che il Tribunale autorizzi tale sostituzione sulla base di un’ordinanza. Orbene, la van Graaf non avrebbe presentato alcuna domanda di sostituzione.

29      L’interveniente afferma che il ricorso è irricevibile in quanto, da un lato, la Peek & Cloppenburg non è più titolare del marchio dal 17 novembre 2007, cosicché la decisione impugnata non può arrecarle pregiudizio ai sensi dell’art. 63, n. 4, del regolamento n. 40/94, e, dall’altro, la van Graaf non è stata parte del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso e non è intervenuta in tale procedimento, benché sia divenuta titolare del marchio anteriore appena dopo la proposizione del ricorso dinanzi alla commissione di ricorso. Nessuna delle due ricorrenti, pertanto, sarebbe legittimata ad agire.

 Giudizio del Tribunale

30      L’art. 63, n. 4, del regolamento n. 40/94 stabilisce che il ricorso avverso una decisione di una commissione di ricorso può essere «proposto da una qualsiasi delle parti nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, se nella propria decisione questa non ne ha accolto le richieste».

31      Al riguardo, si deve rilevare che in una causa in cui la cessione di marchio era avvenuta successivamente alla decisione della commissione di ricorso, ma prima della proposizione del ricorso dinanzi al Tribunale, è stato dichiarato che, conformemente all’art. 63, n. 4, del regolamento n. 40/94, i nuovi titolari di un marchio anteriore possono presentare ricorso dinanzi al Tribunale e debbono essere ammessi quali parti del procedimento una volta che abbiano dimostrato di essere titolari del diritto invocato dinanzi all’UAMI [sentenza del Tribunale 28 giugno 2005, causa T‑301/03, Canali Ireland/UAMI – Canal Jean (CANAL JEAN CO. NEW YORK), Racc. pag. II‑2479, punto 19].

32      Occorre altresì osservare che in tale causa, che ha dato luogo alla sentenza CANAL JEAN CO. NEW YORK, cit. supra al punto 31, poiché il nuovo titolare del marchio aveva presentato la prova della cessione di detto marchio e l’UAMI aveva registrato questa cessione in seguito al procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, tale nuovo titolare era divenuto parte del procedimento dinanzi all’UAMI (punto 20).

33      Nella fattispecie, dal fascicolo risulta che la Peek & Cloppenburg, con lettera 15 novembre 2007, ha chiesto al Deutsches Patent- und Markenamt la cessione di vari marchi, tra cui il marchio anteriore, a vantaggio della van Graaf, e che il Deutsches Patent- und Markenamt, l’11 agosto 2008, ha rilasciato al rappresentante di quest’ultima un certificato che dimostrava la cessione a suo favore di tale marchio con effetto dal 17 novembre 2007, cosicché la van Graaf è divenuta parte del procedimento dinanzi all’UAMI ai sensi dell’art. 63, n. 4, del regolamento n. 40/94 [v., parimenti, in tal senso, sentenza del Tribunale 13 dicembre 2007, causa T‑134/06, Xentral/UAMI – Pages jaunes (PAGESJAUNES.COM), Racc. pag. II‑5213].

34      Tale conclusione non può essere inficiata dal fatto che la cessione del marchio anteriore è stata registrata ufficialmente dal Deutsches Patent- und Markenamt e non dall’UAMI, poiché il marchio anteriore è stato registrato in Germania e la sua cessione a vantaggio della van Graaf non è stata contestata.

35      Il ricorso, pertanto, è ricevibile per quanto concerne la van Graaf.

36      Trattandosi di un unico ricorso, non occorre esaminare la legittimazione ad agire della Peek & Cloppenburg (v., in tal senso, sentenza della Corte 24 marzo 1993, causa C‑313/90, CIRFS e a./Commissione, Racc. pag. I‑1125, punto 31; sentenze del Tribunale 8 luglio 2003, causa T‑374/00, Verband der freien Rohrwerke e a./Commissione, Racc. pag. II‑2275, punto 57, e 9 luglio 2007, causa T‑282/06, Sun Chemical Group e a./Commissione, Racc. pag. II‑2149, punto 50).

37      Dal complesso delle argomentazioni sopra esposte discende che il ricorso deve essere dichiarato ricevibile.

 Nel merito

38      Le ricorrenti deducono un unico motivo vertente sulla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

 Argomenti delle parti

39      Le ricorrenti sostengono che i prodotti designati dal marchio richiesto che rientrano nella classe 25 siano identici a quelli contemplati dal marchio anteriore. Quanto ai prodotti coperti dal marchio richiesto rientranti nella classe 24 e a quelli designati dal marchio anteriore appartenenti alla classe 25, esisterebbe una somiglianza, poiché gli articoli d’abbigliamento, nonché la seta, appartengono alla categoria dei tessuti. Peraltro, dato che il vestiario è destinato all’abbigliamento, come la seta che è in esso contenuta e che serve alla sua fabbricazione, tali prodotti sarebbero in concorrenza. Anche i canali di distribuzione ed i luoghi di commercializzazione sarebbero spesso identici.

40      Le ricorrenti fanno valere che i segni di cui trattasi sono molto simili sul piano visivo, poiché in essi risalta l’illustrazione di un pavone, cosicché le differenze minime tra detti segni nella rappresentazione dei pavoni e negli elementi secondari non sarebbero sufficienti per comportare una percezione diversa di tali segni da parte del consumatore. Esse affermano che non è realistico ed è del tutto incomprensibile, come ha fatto la commissione di ricorso, considerare che sia impossibile «associare i rispettivi elementi figurativi ad una determinata specie animale». Esse ritengono, al contrario, che un consumatore medio riconosca nei segni di cui trattasi la rappresentazione di un pavone, il quale non possiede alcun carattere descrittivo in relazione ai prodotti rientranti nelle classi 24 e 25, attirando in tal modo l’attenzione di detto consumatore. Inoltre, gli elementi che si differenzierebbero tra un segno e l’altro, vale a dire il contorno, la linea e i colori, sarebbero secondari al punto di non distogliere l’attenzione del consumatore medio dagli elementi dominanti comuni. Peraltro, l’espressione «thai silk» sarebbe descrittiva della seta e del vestiario per il consumatore tedesco, il quale comprenderebbe perfettamente il suo significato e, pertanto, essa non influirebbe sulla percezione del marchio richiesto.

41      Secondo le ricorrenti, diverse sentenze del Tribunale hanno constatato l’esistenza di un rischio di confusione a causa di elementi visivi simili, sebbene uno dei segni da confrontare contenga anche un elemento denominativo, senza che sia preso in considerazione l’accresciuto carattere distintivo dell’altro segno.

42      Le ricorrenti aggiungono che, sul piano fonetico, i segni di cui trattasi sono molto simili oppure non sono comparabili, e, sul piano concettuale, sono molto simili oppure identici.

43      Esse concludono che sul mercato tedesco sussiste un rischio di confusione per il pubblico interessato, il quale è costituito da consumatori normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti. Inoltre, occorrerebbe prendere in considerazione il fatto che, da un lato, il consumatore mantiene in memoria un’immagine approssimativa dei marchi, e, dall’altro, il marchio anteriore ha un carattere distintivo intrinseco elevato. Il confronto visivo dei marchi sarebbe particolarmente importante rispetto ai prodotti di cui trattasi, i quali vengono venduti generalmente in negozi self-service.

44      L’UAMI e l’interveniente concludono per il rigetto del motivo.

 Giudizio del Tribunale

45      In base all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se «a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore».

46      Peraltro, in forza dell’art. 8, n. 2, lett. a), ii), del regolamento n. 40/94 [divenuto art. 8, n. 2, lett. a), ii), del regolamento n. 207/2009], per marchi anteriori occorre intendere i marchi registrati in uno Stato membro, la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

47      Secondo una costante giurisprudenza, costituisce un rischio di confusione il rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente connesse [v. sentenza del Tribunale 10 settembre 2008, causa T‑325/06, Boston Scientific/UAMI – Terumo (CAPIO), punto 70, e la giurisprudenza ivi citata; v. altresì, analogamente, sentenze della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 29, e 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 17].

48      Inoltre, il rischio di confusione nella percezione del pubblico deve essere valutato globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti del caso di specie (v. sentenza CAPIO, punto 47 supra, punto 71, e la giurisprudenza ivi citata; v., analogamente, sentenze della Corte 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I‑6191, punto 22, e 22 giugno 2000, causa C‑425/98, Marca Mode, Racc. pag. I‑4861, punto 40).

49      Tale valutazione globale comporta una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o servizi cui essi si riferiscono. In tal senso, un limitato grado di somiglianza tra i prodotti o servizi contrassegnati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi, e viceversa [sentenza della Corte 13 settembre 2007, causa C‑234/06 P, Il Ponte Finanziaria/UAMI, Racc. pag. I‑7333, punto 48, e sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑6/01, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), Racc. pag. II‑4335, punto 25]. L’interdipendenza tra tali fattori trova la sua espressione nel settimo ‘considerando’ del regolamento n. 40/94, secondo cui è opportuno interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione, la cui valutazione dipende da numerosi fattori, e segnatamente dalla notorietà del marchio di impresa sul mercato, dall’associazione che può essere fatta tra il marchio di impresa e il segno usato o registrato, dal grado di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi designati (v. sentenza CAPIO, punto 47 supra, punto 72, e la giurisprudenza ivi citata).

50      Peraltro, la valutazione globale deve essere fondata, per quanto riguarda la somiglianza visiva, fonetica e concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione generale prodotta da questi ultimi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. Emerge infatti dal tenore letterale dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, ai sensi del quale «sussiste un rischio di confusione per il pubblico», che la percezione dei marchi che il consumatore medio ha del tipo di prodotto o di servizio di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione complessiva del rischio di confusione. Orbene, il consumatore medio percepisce di regola un marchio nella sua totalità e non procede ad un esame dei suoi diversi dettagli (v. sentenza CAPIO, punto 47 supra, punto 73, e la giurisprudenza ivi citata; v. altresì, analogamente, sentenze SABEL, punto 48 supra, punto 23, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 47 supra, punto 25).

51      Ai fini della valutazione globale del rischio di confusione, si ritiene che il consumatore medio dei prodotti interessati sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Tuttavia occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine imperfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o servizi di cui trattasi [sentenze del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑104/01, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties), Racc. pag. II‑4359, punto 28, e 30 giugno 2004, causa T‑186/02, BMI Bertollo/UAMI – Diesel (DIESELIT), Racc. pag. II‑1887, punto 38; v., analogamente, sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 47 supra, punto 26].

52      Nella fattispecie, dal punto 16 della decisione impugnata risulta, da un lato, che la commissione di ricorso ha preso in considerazione il pubblico germanofono, poiché il marchio anteriore è un marchio tedesco e, dall’altro, che il pubblico considerato presso il quale il rischio di confusione deve essere valutato è quello costituito dal consumatore germanofono medio che si ritiene essere normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Tale premessa, d’altronde non contestata dalle ricorrenti, deve essere condivisa.

53      È vero che l’interveniente afferma che il pubblico interessato è un pubblico avente un elevato grado di attenzione.

54      Tuttavia, riguardo ai prodotti quali quelli della fattispecie, che sono di consumo corrente, è giocoforza constatare che la commissione di ricorso ha considerato giustamente che il pubblico di cui trattasi era costituito dal consumatore medio che si ritiene essere normalmente informato e ragionevolmente attento ed accorto [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 5 ottobre 2005, causa T‑423/04, Bunker & BKR/UAMI – Marine Stock (B.K.R.), Racc. pag. II‑4035, punto 54, e la giurisprudenza ivi citata].

 Sulla somiglianza dei segni

55      In primo luogo, per quanto concerne il confronto sul piano visivo, al punto 17 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha giustamente dichiarato che su tale piano i segni in esame erano diversi.

56      Infatti, è vero che i due segni sono costituiti da un elemento che rappresenta un animale. Così, il marchio richiesto è composto da un animale che si ritiene rappresenti in modo stilizzato un pavone visto di profilo in posizione eretta e rivolto a destra; gli arti non appaiono e la lunga coda sembra essere rivestita di ocelli. Tale elemento è di colore blu e compare al centro di un cerchio, anch’esso di colore blu, al di sotto del quale figura l’espressione «thai silk». In confronto, il marchio anteriore è costituito, del pari, da un elemento rappresentante un volatile, visto di profilo in posizione eretta e rivolto a destra, il quale non è subito riconoscibile come un pavone, poiché la rappresentazione è schematica. Questo volatile possiede una cresta, degli arti delineati schematicamente e una coda che sembra rivestita di scaglie. Tuttavia, anche se una parte del pubblico interessato potesse percepire in questo elemento figurativo la rappresentazione di un pavone, quest’ultima è talmente diversa dalla rappresentazione stilizzata di detto animale nel marchio richiesto che tale pubblico percepirebbe dette rappresentazioni in modo differente sul piano visivo.

57      Come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso al punto 21 della decisione impugnata, il semplice fatto che le due rappresentazioni siano orientate verso destra non può creare una somiglianza visiva tra i segni in conflitto.

58      In secondo luogo, per quanto concerne il confronto sul piano fonetico, occorre ricordare che la riproduzione fonetica di un segno complesso corrisponde, in senso stretto, a quella di tutte le sue componenti denominative, indipendentemente dalle loro specificità grafiche, che ricadono piuttosto nell’analisi del segno sul piano visivo [sentenza del Tribunale 25 maggio 2005, causa T‑352/02, Creative Technology/UAMI – Vila Ortiz (PC WORKS), Racc. pag. II‑1745, punto 42].

59      Al riguardo, come osservato giustamente dalla commissione di ricorso al punto 23 della decisione impugnata, si deve considerare che anche i segni di cui trattasi sono diversi. Infatti, il marchio richiesto è costituito dall’elemento denominativo «thai silk», che non figura nel marchio anteriore. Dato che il pubblico interessato utilizzerà tale elemento denominativo per riferirsi al marchio richiesto, non sussiste alcuna somiglianza fonetica che potrebbe derivare, se del caso, dal fatto che detto pubblico possa identificare lo stesso animale nei due segni. Infatti, non si può ritenere che il pubblico di cui trattasi si riferisca al marchio richiesto non pronunciando l’elemento denominativo di quest’ultimo, bensì il termine tedesco che corrisponde all’animale rappresentato nell’elemento figurativo di detto marchio, peraltro in certo qual modo impreciso, poiché non si può escludere che detto pubblico non riconosca direttamente un pavone in questo elemento figurativo.

60      Anche supponendo che l’elemento denominativo del marchio richiesto possa essere considerato descrittivo, come sostengono le ricorrenti, ciò non impedisce che il pubblico interessato, indotto a fare riferimento a detto marchio, pronunci esclusivamente l’elemento denominativo di quest’ultimo e non il termine corrispondente all’animale rappresentato nell’elemento figurativo di detto marchio, poiché tale corrispondenza, per sua natura, è indiretta, nonché, nella fattispecie, incerta riguardo a detto termine, nonostante la giurisprudenza, invocata dalle ricorrenti, in base alla quale il pubblico non considererà un elemento descrittivo facente parte di un marchio complesso come l’elemento distintivo e dominante dell’impressione globale prodotta da quest’ultimo [v. sentenza del Tribunale 22 maggio 2008, causa T‑205/06, NewSoft Technology/UAMI – Soft (Presto! Bizcard Reader), punto 56, e la giurisprudenza ivi citata].

61      In terzo luogo, riguardo al confronto concettuale, è certamente vero che, come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 24 della decisione impugnata, perché vi sia somiglianza, sarebbe necessario che le due rappresentazioni fossero direttamente percepite dal pubblico interessato come rappresentazioni di un pavone. È anche vero che un’ipotesi siffatta non può essere confermata in quanto le due rappresentazioni sono visivamente dissimili.

62      Tuttavia, non si può escludere che una parte del pubblico di cui trattasi riconosca un pavone nei due elementi figurativi, il che potrebbe pertanto condurre ad una certa somiglianza concettuale dei segni in conflitto. Infatti, il marchio anteriore, sebbene delineato in modo schematico, riprende alcune delle caratteristiche del pavone, vale a dire la cresta e la lunga coda. Quanto al marchio richiesto, esso si avvicina maggiormente ad una rappresentazione del pavone, data la presenza degli ocelli e della postura generale.

63      Al riguardo, va ricordato che la somiglianza concettuale deriva dal fatto che due marchi utilizzano immagini concordanti nel loro contenuto semantico (sentenza SABEL, punto 48 supra, punto 24). Di conseguenza, laddove si consideri che il pubblico interessato possa essere indotto a percepire un pavone nei segni in conflitto, questi ultimi utilizzano immagini concordanti nel loro contenuto concettuale, nel senso che immagini siffatte suggeriscono o trasmettono a detto pubblico un’idea di bellezza o di eleganza dei prodotti di cui trattasi, la quale viene tradizionalmente attribuita al pavone.

64      Tuttavia, è giocoforza constatare che una tale somiglianza concettuale deve essere considerata debole a causa del fatto che, solo indirettamente, i segni in conflitto suggeriscono o trasmettono al pubblico interessato lo stesso contenuto concettuale.

65      Pertanto, va osservato che la commissione di ricorso, al punto 24 della decisione impugnata, ha negato erroneamente l’esistenza di una somiglianza concettuale dei segni in esame. Tuttavia, è giocoforza rilevare che tale constatazione non può comportare, in questa fase, l’annullamento della decisione impugnata, poiché la commissione di ricorso, al punto 29 della decisione impugnata, ritenendo sussistente una somiglianza concettuale tra i segni in oggetto, ha peraltro esaminato l’esistenza di un eventuale rischio di confusione.

 Sulla somiglianza dei prodotti

66      Come risulta dal punto 29 della decisione impugnata, i prodotti designati dal marchio anteriore appartenenti alla classe 25, vale a dire gli articoli di abbigliamento, includono quelli contrassegnati dal marchio comunitario figurativo Thai Silk delle classi 24 e 25, ossia, rispettivamente, la seta e gli articoli d’abbigliamento in seta.

67      Ne consegue che i prodotti di cui trattasi devono essere considerati identici, cosicché non può essere accolto l’argomento dell’interveniente in base al quale gli articoli di abbigliamento e la seta non sarebbero simili.

 Sul rischio di confusione

68      Sebbene i prodotti in oggetto siano identici e nonostante l’esistenza di una debole somiglianza concettuale tra i segni in conflitto, la commissione di ricorso ha giustamente concluso che l’impressione globale prodotta dai marchi di cui trattasi non poteva creare un rischio di confusione per il pubblico interessato.

69      Al riguardo, occorre ricordare che non si può escludere che la somiglianza concettuale derivante dal fatto che due marchi utilizzino immagini concordanti nel loro contenuto semantico possa generare un rischio di confusione, nel caso in cui il marchio anteriore possieda un carattere distintivo particolare, o intrinsecamente, o grazie alla notorietà di cui gode presso il pubblico. Tuttavia, nell’ipotesi in cui il marchio non goda di particolare notorietà e consista di un’immagine recante pochi elementi di fantasia, la semplice somiglianza concettuale tra i marchi non è sufficiente a creare un rischio di confusione (v. sentenza SABEL, punto 48 supra, punti 24 e 25).

70      Orbene, è giocoforza constatare che dal fascicolo o dagli argomenti delle ricorrenti non risulta in alcun modo che il marchio anteriore possieda un carattere distintivo particolare, o intrinsecamente, o a causa di un’asserita notorietà.

71      Tuttavia, occorre rilevare che, nella valutazione globale del rischio di confusione, gli aspetti visivo, fonetico e concettuale dei segni in conflitto non hanno sempre lo stesso valore. Occorre analizzare le condizioni obiettive nelle quali i marchi possono presentarsi sul mercato. L’importanza degli elementi di somiglianza o di differenza tra i segni può dipendere, in particolare, dalle caratteristiche intrinseche degli stessi o dalle condizioni di commercializzazione dei prodotti o servizi contrassegnati dai marchi in conflitto. Ove i prodotti contrassegnati dai marchi in questione siano, di norma, venduti in negozi self-service, in cui è lo stesso consumatore a scegliere il prodotto, facendo quindi affidamento principalmente sull’immagine del marchio apposto su di esso, una somiglianza visiva tra i segni avrà, in linea generale, maggiore rilevanza. Se, invece, il prodotto considerato viene per lo più offerto in vendita oralmente, verrà normalmente attribuito più valore ad una somiglianza fonetica tra i segni [sentenza del Tribunale 6 ottobre 2004, cause riunite da T‑117/03 a T‑119/03 e T‑171/03, New Look/UAMI – Naulover (NLSPORT, NLJEANS, NLACTIVE e NLCollection), Racc. pag. II‑3471, punto 49].

72      Con riferimento ai prodotti considerati e alla loro modalità di commercializzazione, va constatato che mancano proprio le somiglianze visive e fonetiche dei segni di cui trattasi, le quali sono le più rilevanti nella fattispecie.

73      Pertanto, le differenze visive e fonetiche accertate sono idonee a neutralizzare la debole somiglianza concettuale. Infatti, è totalmente escluso che il pubblico interessato, che si trovi di fronte ai due segni in oggetto, possa stabilire tra essi un nesso tale da generare, nella sua percezione, un rischio di confusione e tale da fargli credere che i prodotti di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente connesse. Peraltro, anche se i produttori di articoli di abbigliamento realizzano talvolta varie linee di prodotti, è assolutamente improbabile, come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso al punto 32 della decisione impugnata, che il pubblico in esame che si trovi di fronte ai due segni in oggetto possa credere che si tratti di varianti dello stesso marchio o di sottomarchi di uno stesso fabbricante.

74      Ciò premesso, occorre respingere il motivo unico e, conseguentemente, il ricorso.

 Sulle spese

75      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Peek & Cloppenburg nonché la van Graaf, rimaste soccombenti, vanno condannate alle spese, conformemente alle conclusioni dell’UAMI e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Peek & Cloppenburg nonché la van Graaf GmbH & Co. KG sono condannate alle spese.

Martins Ribeiro

Papasavvas

Wahl

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 aprile 2010.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.