Language of document : ECLI:EU:F:2009:135

ORDINANZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Prima Sezione)

7 ottobre 2009 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Rifiuto di un’istituzione di tradurre una decisione – Ricorso manifestamente infondato in diritto – Art. 94 del regolamento di procedura»

Nella causa F‑3/08,

avente ad oggetto il ricorso proposto ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA,

Luigi Marcuccio, funzionario della Commissione delle Comunità europee, residente in Tricase (Italia), rappresentato dall’avv. G. Cipressa,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra C. Berardis‑Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto dai sigg. S. Gervasoni, presidente, H. Kreppel (relatore) e H. Tagaras, giudici,

cancelliere: sig.ra W. Hakenberg

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con ricorso pervenuto alla cancelleria del Tribunale il 3 gennaio 2008 per telefax (ove l’originale è stato depositato il 10 gennaio successivo), il ricorrente chiede l’annullamento della decisione con la quale la Commissione delle Comunità europee ha rifiutato di inviargli la traduzione in lingua italiana di una precedente decisione e chiede la condanna della Commissione al risarcimento del danno.

 Fatti

2        Il ricorrente, funzionario di grado A7 presso la direzione generale «Sviluppo» della Commissione, dal 16 giugno 2000 veniva assegnato alla delegazione della Commissione di Luanda, in Angola (in prosieguo: la «delegazione») come funzionario in prova.

3        L’8 agosto 2000, il ricorrente prendeva effettivamente servizio nell’ambito della delegazione.

4        Il ricorrente è funzionario di ruolo a far data dal 16 marzo 2001.

5        Dal 4 gennaio 2002 il ricorrente è in congedo malattia presso il suo domicilio a Tricase e non ha mai ripreso servizio.

6        Con nota datata 19 luglio 2005 e redatta in lingua italiana, il ricorrente, sul fondamento dell’art. 90, n. 1, dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»), adiva l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») chiedendo che gli fosse corrisposta, riguardo al periodo di prova aumentato di un mese, l’indennità giornaliera di cui all’art. 10, n. 2, lett. b), dell’allegato VII allo Statuto (in prosieguo: la «domanda del 19 luglio 2005»).

7        Con decisione datata 13 dicembre 2005 e redatta in lingua inglese, la Commissione respingeva esplicitamente la domanda del 19 luglio 2005 (in prosieguo: la «decisione del 13 dicembre 2005»).

8        Con nota datata 27 gennaio 2007 e redatta in italiano, il ricorrente chiedeva che gli venisse inviata una traduzione in lingua italiana della decisione del 13 dicembre 2005 (in prosieguo: la «domanda del 27 gennaio 2007»).

9        Con decisione datata 15 febbraio 2007, parimenti redatta in lingua inglese e che il ricorrente indica di aver ricevuto il successivo 19 marzo, la Commissione respingeva la domanda del 27 gennaio 2007 (nel prosieguo: la «decisione controversa»). La Commissione ha motivato la decisione controversa, in sostanza, affermando che il ricorrente, che aveva fatto parte del servizio estero della Commissione e espletato le sue funzioni nell’ambito di una delegazione in un paese terzo, possedeva una conoscenza molto buona della lingua inglese e che era pertanto inutile fargli pervenire una siffatta traduzione.

10      Con nota datata 26 maggio 2007 e pervenuta all’istituzione il successivo 4 giugno, il ricorrente, sul fondamento dell’art. 90, n. 2, dello Statuto, introduceva reclamo avverso la decisione controversa.

11      Tale reclamo era oggetto, quattro mesi dopo essere stato proposto, vale a dire il 4 ottobre 2007, di una decisione implicita di rigetto (nel prosieguo: la «decisione di rigetto del reclamo»).

 Conclusioni delle parti

12      Il ricorso è stato proposto il 3 gennaio 2008.

13      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia disporre:

«–      l’annullamento della [decisione controversa];

–        l’annullamento della decisione di rigetto della domanda datata 27 gennaio 2007;

–        per quanto necessario, l’annullamento della decisione di rigetto del reclamo (…);

–        la condanna della [Commissione] a risarcir[lo] del danno derivante dagli atti controversi, quantificabile nella misura di EUR 1 000,00 (diconsi euro mille), ovvero in quella somma maggiore ovvero minore che codesto Ecc.mo Tribunale riterrà giusta ed equa;

–        la condanna della [Commissione] alla rifusione, in [suo] favore, di tutte le spese, diritti ed onorari di procedura».

14      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

«–      respingere il ricorso come irricevibile o infondato;

–        condannare il ricorrente al pagamento delle spese ai sensi dell’art. 88 del regolamento di procedura (…)».

 In diritto

15      Ai sensi dell’art. 76 del regolamento di procedura, quando il Tribunale è manifestamente incompetente a conoscere di un ricorso o di alcune sue conclusioni o quando il ricorso è, in tutto o in parte, manifestamente irricevibile o manifestamente infondato in diritto, il Tribunale può, senza proseguire il procedimento, statuire con ordinanza motivata.

16      Nel caso di specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa e decide, ai sensi di tali disposizioni, di statuire senza proseguire il procedimento.

 Sulle domande di annullamento

 Osservazioni preliminari sulla portata delle domande di annullamento

17      È pacifico che il ricorrente abbia chiesto, con la domanda del 27 gennaio 2007, che gli fosse inviata una traduzione in lingua italiana della decisione del 13 dicembre 2005 e che tale domanda sia stata respinta con la decisione controversa, notificata all’interessato il successivo 19 marzo, vale a dire entro un termine di quattro mesi dalla presentazione della domanda. Pertanto, le domande dirette contro la «decisione controversa » e quelle avverso la «decisione di rigetto della domanda del 27 gennaio 2007» vanno considerate come relative, de facto, ad un’unica decisione, nel caso di specie la decisione controversa.

18      Peraltro, il ricorrente chiede l’annullamento della decisione di rigetto del reclamo. Tuttavia, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la domanda di annullamento della decisione di rigetto di un reclamo comporta che il giudice comunitario sia chiamato a conoscere dell’atto arrecante pregiudizio che è stato oggetto del reclamo stesso (sentenza della Corte 17 gennaio 1989, causa 293/87, Vainker/Parlamento, Racc. pag. 23, punto 8; sentenze del Tribunale di primo grado 23 marzo 2004, causa T‑310/02, Theodorakis/Consiglio, Racc. PI pagg. I‑A‑95 e II‑427, punto 19, e 9 giugno 2005, causa T‑80/04, Castets/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑161 e II‑729, punto 15). Pertanto, le domande di annullamento della decisione di rigetto del reclamo si confondono con quelle intese all’annullamento della decisione controversa e non devono essere esaminate autonomamente.

19      Ciò premesso, occorre statuire unicamente sulle domande dirette all’annullamento della decisione controversa.

 Argomenti delle parti

20      A sostegno di dette domande, il ricorrente deduce tre motivi.

21      Il primo motivo attiene alla circostanza che la decisione controversa sarebbe viziata da una «carenza assoluta» di motivazione, in quanto sarebbe stata redatta in inglese, lingua che il ricorrente non conoscerebbe e che sarebbe diversa dalla lingua utilizzata nella sua domanda del 27 gennaio 2007.

22      Il secondo motivo attiene alla «violazione di legge e delle forme sostanziali». Il ricorrente chiarisce che in applicazione, in primo luogo, dell’art. 21, terzo comma, CE, in secondo luogo, del punto 4 del codice di buona condotta amministrativa, allegato alla decisione della Commissione 17 ottobre 2000, 2000/633/CE, CECA, Euratom, recante modificazione del suo regolamento interno (GU L 267, pag. 63) e, in terzo luogo, dell’art. 41, n. 4, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364, pag. 1), la decisione del 13 dicembre 2005 avrebbe dovuto essere redatta nella medesima lingua utilizzata nella domanda del 19 luglio 2005, nel caso di specie la lingua italiana. Pertanto, il diniego della Commissione, con la decisione controversa, di comunicargli una traduzione in italiano della decisione del 13 dicembre 2005 sarebbe illegittimo.

23      Il terzo motivo attiene alla violazione del dovere di sollecitudine e di quello di buona amministrazione. Secondo il ricorrente, il fatto che la Commissione abbia risposto alle sue domande in una lingua diversa da quella utilizzata nelle domande medesime avrebbe leso il suo diritto di scegliere liberamente, ai fini della tutela dei suoi interessi, un avvocato esercente la professione nei pressi del suo luogo di dimora e l’avrebbe costretto a limitare tale scelta agli avvocati che comprendono la lingua inglese ovvero a dover far tradurre in italiano le decisioni della Commissione redatte in inglese, con il rischio di abbagli dovuti ad errori di traduzione.

24      Nel controricorso, la Commissione chiede anzitutto al Tribunale di dichiarare l’irricevibilità delle domande argomentando che il ricorrente non avrebbe interesse a chiedere l’annullamento della decisione controversa. Nel merito, e in ogni caso, la Commissione fa valere che nessuno dei motivi dedotti dall’interessato sarebbe fondato.

 Giudizio del Tribunale

25      Occorre ricordare, in limine, che secondo la giurisprudenza il giudice comunitario può valutare se la corretta amministrazione della giustizia giustifichi, nelle circostanze del caso di specie, il rigetto del ricorso nel merito senza che occorra statuire sull’eccezione di irricevibilità sollevata dal convenuto (v., in tal senso, sentenze della Corte 26 febbraio 2002, causa C‑23/00 P, Consiglio/Boehringer, Racc. pag. I‑1873, punti 51 e 52, e 23 marzo 2004, causa C‑233/02, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑2759, punto 26; sentenza del Tribunale di primo grado 15 giugno 2005, causa T‑171/02, Regione autonoma della Sardegna/Commissione, Racc. pag. II‑2123, punto 155; sentenza del Tribunale 8 aprile 2008, causa F‑134/06, Bordini/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 56).

26      Nel caso di specie, occorre esaminare il ricorso nel merito.

27      Per quanto riguarda il motivo attinente al fatto che la decisione controversa, essendo redatta in lingua inglese, sarebbe viziata da una «carenza assoluta» di motivazione, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l’obbligo di motivare una decisione arrecante pregiudizio mira a fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per stabilire se la decisione sia fondata o sia inficiata da un vizio che permetta di contestarne la legittimità e che consenta al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato sulla legittimità della decisione impugnata (sentenza della Corte 26 novembre 1981, causa 195/80, Michel/Parlamento, Racc. pag. 2861, punto 22; sentenze del Tribunale di primo grado 16 dicembre 1993, causa T‑80/92, Turner/Commissione, Racc. pag. II‑1465, punto 62, e 20 luglio 2001, causa T‑351/99, Brumter/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑165 e II‑757, punto 28).

28      Nel caso di specie, dagli atti di causa risulta che la lingua inglese era la lingua di lavoro del ricorrente quando esercitava le sue funzioni presso la delegazione. Peraltro, nel curriculum vitae dallo stesso redatto, di cui la Commissione ha versato una copia agli atti, l’interessato ha indicato di padroneggiare la lingua in questione («fluency in English») e di possedere diplomi che dimostrano tale conoscenza («Certificate of Advanced Proficiency in English»). Il ricorrente non può pertanto, data la sua ottima conoscenza della lingua inglese, sostenere seriamente di non essere in grado di comprendere i motivi della decisione controversa, come esposti al punto 9 della presente ordinanza. Ne consegue che il motivo attinente al fatto che la decisione controversa sarebbe viziata da una «carenza assoluta» di motivazione deve essere respinto.

29      Riguardo al secondo motivo, attinente alla «violazione di legge e delle forme sostanziali», in quanto la Commissione avrebbe, con la decisione controversa, rifiutato di comunicare al ricorrente la traduzione della decisione del 13 dicembre 2005 nella lingua utilizzata nella domanda del 19 luglio 2005, nel caso di specie la lingua italiana, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, spetta alle istituzioni, in forza del dovere di sollecitudine, indirizzare a un funzionario una decisione individuale redatta in una lingua che questi conosce in maniera approfondita (sentenze del Tribunale di primo grado 23 marzo 2000, causa T‑197/98, Rudolph/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑55 e II‑241, punto 46, e 17 maggio 2006, causa T‑95/04, Lavagnoli/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑2‑121 e II‑A‑2‑569, punto 48). Orbene, nel caso di specie, il ricorrente, possedendo una conoscenza approfondita della lingua inglese, non può censurare la Commissione né per aver redatto in lingua inglese la decisione del 13 dicembre 2005 né, conseguentemente, per aver respinto la sua richiesta che gli fosse comunicata una traduzione in lingua italiana della decisione medesima.

30      Una tale conclusione non può essere confutata dall’argomento secondo il quale, sulla base, in primo luogo, dell’art. 21, terzo comma, CE, in secondo luogo, del punto 4 del codice di buona condotta amministrativa e, in terzo luogo, dell’art. 41, n. 4, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, esisterebbe un diritto del funzionario di ricevere le risposte alle lettere che questi invia nella lingua della corrispondenza iniziale.

31      Vero è che l’art. 21, terzo comma, CE prevede che «[o]gni cittadino dell’Unione può scrivere alle istituzioni o agli organi di cui al presente articolo o all’articolo 7 in una delle lingue menzionate all’art. 314 e ricevere una risposta nella stessa lingua», ma il ricorrente non può avvalersi utilmente, nel contesto del presente ricorso, di tale disposizione. Essa, infatti, è applicabile alle relazioni tra le istituzioni e i loro agenti solo quando questi ultimi inviano un testo alle istituzioni unicamente nella loro qualità di cittadini dell’Unione e non quando presentano una domanda, un reclamo o un ricorso ai sensi degli artt. 90 e 91 dello Statuto, in qualità di funzionario o di altro agente della Comunità, come nel caso di specie [v., in tal senso, riguardo all’art. 2 del regolamento del Consiglio 15 aprile 1958, n. 1, che stabilisce il regime linguistico della Comunità Economica Europea (GU 1958, 17, pag. 385), sentenza del Tribunale di primo grado 7 febbraio 2001, causa T‑118/99, Bonaiti Brighina/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑25 e II‑97, punto 13]. Del resto, l’interpretazione proposta dal ricorrente dell’art. 21, terzo comma, CE – secondo cui le istituzioni sarebbero tenute in ogni caso a rispondere alla domanda di un funzionario nella stessa lingua utilizzata nella domanda – comporterebbe difficoltà insormontabili per le istituzioni (v., per analogia, riguardo all’assenza di obbligo per l’amministrazione di rispondere alla domanda di un funzionario nella sua lingua madre, sentenza del Tribunale 13 dicembre 2007, cause riunite F‑51/05 e F‑18/06, Duyster/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 58 e 59).

32      Deve peraltro, per le medesime ragioni, essere respinto in quanto inconferente l’argomento secondo cui il codice di buona condotta amministrativa reciterebbe, al punto 4, che, « [a] norma dell’art. 21 [CE], la Commissione deve rispondere nella lingua in cui è stata redatta la lettera pervenutale, sempreché si tratti di una delle lingue ufficiali delle Comunità». Del resto, si deve rilevare che detto codice sottolinea, nella sua introduzione, che « [l]e relazioni tra la Commissione e il suo personale sono disciplinate esclusivamente dallo statuto».

33      Infine, il ricorrente non può nemmeno invocare utilmente la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il cui art. 41, n. 4, prevede che « [o]gni individuo può rivolgersi alle istituzioni dell’Unione in una delle lingue del trattato e deve ricevere una risposta nella stessa lingua», atteso che tale disposizione non riguarda, per le medesime ragioni esposte ai punti 31 e 32 della presente ordinanza, le relazioni tra le istituzioni e i loro agenti.

34      Il terzo motivo, con il quale il ricorrente censura la Commissione in quanto, rifiutando di comunicargli la traduzione in italiano della decisione del 13 dicembre 2005, essa avrebbe violato il dovere di sollecitudine e di buona amministrazione, deve essere anch’esso respinto poiché la Commissione, avendo inviato al ricorrente la decisione del 13 dicembre 2005 in una lingua che questi conosce in maniera approfondita, ha ottemperato alle esigenze che discendono dal dovere di sollecitudine e di buona amministrazione, e ciò quand’anche l’interessato si sia ritenuto costretto, per difendere successivamente i propri diritti dinanzi ai giudici comunitari, a rivolgersi a un avvocato che conosca la lingua inglese o a far tradurre in italiano le decisioni della Commissione redatte in inglese.

35      Ne consegue che, senza che occorre statuire sulla ricevibilità del ricorso, tali domande devono essere respinte in quanto manifestamente infondate in diritto.

 Sulle domande risarcitorie

36      Secondo costante giurisprudenza, in materia di funzione pubblica, le domande di risarcimento di un danno devono essere respinte ove presentino uno stretto collegamento con domande di annullamento che, dal canto loro, siano state respinte perché infondate (sentenza del Tribunale di primo grado 10 giugno 2004, causa T‑330/03, Liakoura/Consiglio, Racc. PI pagg. I‑A‑191 e II‑859, punto 69; v. parimenti, in tal senso, sentenza del Tribunale di primo grado 16 luglio 1992, causa T‑1/91, Della Pietra/Commissione, Racc. pag. II‑2145, punto 34).

37      Nel caso di specie, le domande del ricorrente di annullamento della decisione controversa sono state respinte in quanto manifestamente infondate in diritto. Conseguentemente, le domande di risarcimento del danno che il ricorrente avrebbe subito a causa di tale decisione sono anch’esse manifestamente infondate in diritto.

38      Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente infondato in diritto.

 Sulle spese

39      Ai sensi dell’art. 87, n. 1, del regolamento di procedura, fatte salve le altre disposizioni del capo relativo alle spese, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi del n. 2 dello stesso articolo, il Tribunale può decidere, per ragioni di equità, che una parte soccombente sia condannata solo parzialmente alle spese, o addirittura che non debba essere condannata a tale titolo.

40      Dalla suesposta motivazione risulta la soccombenza del ricorrente. Inoltre la Commissione, nelle sue conclusioni, ha espressamente chiesto la condanna del ricorrente alle spese. Atteso che le circostanze del caso di specie non giustificano l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, il ricorrente deve essere condannato alle spese.

 Sull’applicazione dell’art. 94 del regolamento di procedura

41      L’art. 94 del regolamento di procedura così recita:

«Il procedimento dinanzi al Tribunale è gratuito, fatte salve le disposizioni seguenti:

a) se il Tribunale ha dovuto sopportare spese che avrebbero potuto essere evitate, in particolare se il ricorso è manifestamente ingiustificato, esso può condannare la parte che le ha provocate a rimborsarle integralmente o in parte, senza che l’ammontare di tale rimborso possa eccedere la somma di 2 000 euro;

(…)».

42      Nel caso in esame, occorre anzitutto ricordare che il presente ricorso è stato respinto in quanto manifestamente infondato in diritto.

43      Peraltro, tra tutti i ricorsi che il ricorrente ha presentato ai giudici comunitari anteriormente a quello in oggetto nella presente causa, occorre rilevare che, se è pur vero che quattro di essi sono stati accolti, non avendo l’amministrazione motivato gli atti impugnati (sentenze del Tribunale di primo grado 5 luglio 2005, causa T‑9/04, Marcuccio/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑195 e II‑881, e 10 giugno 2008, causa T‑18/04, Marcuccio/Commissione, non pubblicata nella Raccolta; sentenza del Tribunale 4 novembre 2008, causa F‑41/06, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale di primo grado, causa T‑20/09 P) o avendo essa violato il principio del rispetto dei diritti della difesa (sentenza della Corte 6 dicembre 2007, causa C‑59/06 P, Marcuccio/Commissione, non pubblicata nella Raccolta), altri dodici ricorsi sono stati già respinti, almeno in parte, in quanto manifestamente irricevibili o manifestamente infondati (ordinanze del Tribunale di primo grado 9 settembre 2008, causa T‑143/08, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, oggetto di impugnazione pendente dinanzi alla Corte, causa C‑513/08 P, e causa T‑144/08, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, oggetto di impugnazione pendente dinanzi alla Corte, causa C‑528/08 P; ordinanze del Tribunale 11 maggio 2007, causa F‑2/06, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta; 6 dicembre 2007, causa F‑40/06, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale di primo grado, causa T‑46/08 P; 14 dicembre 2007, causa F‑21/07, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale di primo grado, causa T‑114/08 P; 4 novembre 2008, causa F‑133/06, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale di primo grado, causa T‑9/09 P, causa F‑18/07, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale di primo grado, causa T‑32/09 P, causa F‑87/07, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale di primo grado, causa T‑16/09 P; 18 febbraio 2009, causa F‑70/07, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta; 31 marzo 2009, causa F‑146/07, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale di primo grado, causa T‑239/09 P; 20 luglio 2009, causa F‑86/07, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, e 7 ottobre 2009, causa F‑122/07, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta).

44      Peraltro, il Tribunale di primo grado, con ordinanza 17 maggio 2006, causa T‑241/03, Marcuccio/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A‑2‑111 e II‑A‑2‑517, punto 65), nonché il Tribunale, con ordinanze 6 dicembre 2007, Marcuccio/Commissione, cit. (punto 50), e 4 novembre 2008, causa F‑133/06, Marcuccio/Commissione, cit. (punto 58), hanno già dichiarato che in tali controversie il ricorrente aveva optato senza alcuna giustificazione per la via contenziosa. Orbene, è manifesto che la presente causa, introdotta per giunta ad una data in cui l’art. 94, lett. a), del regolamento di procedura era già entrato in vigore, si colloca nel solco di tale comportamento. Occorre pertanto, in considerazione della rilevanza delle spese che il Tribunale ha dovuto sopportare, condannare il ricorrente a rimborsare una parte di tali spese al Tribunale per un importo di EUR 1 000.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

così provvede:

1)      Il ricorso del sig. Marcuccio è respinto in quanto manifestamente infondato in diritto.

2)      Il sig. Marcuccio è condannato alle spese.

3)      Il sig. Marcuccio è condannato a versare al Tribunale la somma di EUR 1 000.

Lussemburgo, 7 ottobre 2009

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

       S. Gervasoni


* Lingua processuale: l’italiano.