Language of document : ECLI:EU:C:2004:249

Arrêt de la Cour

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
29 aprile 2004 (1)

«Ricorsi contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Decisione della Commissione che nega il versamento del saldo di un contributo finanziario»

Nei procedimenti riuniti C-199/01 P e C-200/01 P,

IPK-München GmbH, con sede a Monaco di Baviera (Germania), rappresentata dall'avv. H.-J. Prieß, Rechtsanwalt, con domicilio eletto in Lussemburgo,

e

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. Grunwald, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrenti,

aventi ad oggetto due ricorsi diretti all'annullamento parziale della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (Terza Sezione) il 6 marzo 2001, nella causa T-331/94, IPK-München/Commissione (Racc. pag. II-779),



LA CORTE (Sesta Sezione),



composta dal sig. V. Skouris, facente funzione di presidente della Sesta Sezione, dai sigg.  J. N. Cunha Rodrigues, J.-P. Puissochet e R. Schintgen, e dalla sig.ra F. Macken (relatore), giudici,  

avvocato generale: sig. J. Mischo
cancelliere: sig. R. Grass

vista la relazione del giudice relatore,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 10 luglio 2003,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
Con due atti introduttivi depositati presso la cancelleria della Corte il 14 maggio 2001, la IPK‑München GmbH (in prosieguo: la «IPK») e la Commissione delle Comunità europee hanno proposto ciascuna, a norma dell’art. 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, ricorso avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee il 6 marzo 2001, nella causa T‑331/94, IPK‑München/Commissione (Racc. pag. II‑779; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), che aveva annullato la decisione della Commissione 3 agosto 1994 con cui era stato negato alla IPK il versamento del saldo di un contributo finanziario concesso nell’ambito di un progetto inteso alla creazione di una banca dati sul turismo ecologico in Europa (in prosieguo: la «decisione contestata»).

2
Con ordinanza del presidente della Corte 15 ottobre 2001, le due cause sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché ai fini della sentenza.


I fatti all’origine della controversia

3
I fatti all’origine della controversia, come accertati dal Tribunale nella sentenza impugnata, possono essere così riassunti.

4
Il 26 febbraio 1992 la Commissione pubblicava nella GazzettaufficialedelleComunitàeuropee un invito a presentare proposte, al fine di sostenere progetti nel settore del turismo e dell’ambiente (GU C 51, pag. 15).

5
Il 22 aprile 1992 la IPK, operante nel settore del turismo, presentava alla Commissione un progetto nel quale era prevista la creazione di una banca dati sul turismo ecologico in Europa (in prosieguo: la «proposta»). Questa banca dati doveva essere denominata «Ecodata» (in prosieguo: il «progetto»). Nella proposta, che si articolava in sette fasi di esecuzione del progetto, si precisava che la IPK si sarebbe incaricata del coordinamento del progetto stesso e che, per la realizzazione dei lavori, sarebbe stata assistita da tre soci, vale a dire l’impresa francese Innovence, l’impresa italiana Tourconsult e l’impresa greca 01-Pliroforiki.

6
Con lettera 4 agosto 1992 la Commissione comunicava alla IPK la propria decisione di concedere a favore del progetto un contributo pari a ECU 530 000, corrispondente al 53% delle spese previste per il progetto medesimo, invitandola a sottoscrivere e a rispedire la dichiarazione di beneficiario del contributo (in prosieguo: la «dichiarazione»), allegata alla lettera stessa e nella quale erano elencate le condizioni per poter beneficiare del detto contributo.

7
Nella dichiarazione era stabilito che il 60% dell’importo del contributo sarebbe stato versato al momento del ricevimento, da parte della Commissione, della dichiarazione debitamente firmata dalla IPK e che il saldo sarebbe stato erogato previo ricevimento e accettazione, da parte della Commissione, delle relazioni sull’esecuzione del progetto, vale a dire una relazione intermedia che avrebbe dovuto essere presentata entro tre mesi dall’inizio dell’esecuzione del progetto ed una relazione finale, corredata di documenti contabili, da presentare entro tre mesi dal completamento del progetto e non oltre il 31 ottobre 1993.

8
La dichiarazione veniva sottoscritta dalla IPK il 23 settembre 1992 e veniva registrata presso la direzione generale «Politica delle imprese, commercio, turismo ed economia sociale» (DG XXIII) della Commissione in data 29 settembre 1992.

9
Con lettera 23 ottobre 1992 la Commissione comunicava alla IPK di attendere la prima relazione per il 15 gennaio 1993. Nella stessa lettera la Commissione pregava altresì la detta impresa di presentare altre due relazioni intermedie, l’una entro il 15 aprile 1993 e l’altra entro il 15 luglio 1993, ricordando, in fine, che la relazione finale doveva essere presentata non oltre il 31 ottobre 1993. La Commissione proponeva parimenti alla IPK la partecipazione al progetto di un’impresa tedesca, lo Studienkreis für Tourismus (in prosieguo: lo «Studienkreis»).

10
Il 24 novembre 1992 il capodivisione in seno alla DG XXIII convocava la IPK e la 01-Pliroforiki ad una riunione che si svolgeva in assenza dell’Innovence e della Tourconsult, nel corso della quale questi avrebbe preteso che la maggior parte dei lavori e dei fondi venissero assegnati alla 01-Pliroforiki. La IPK si sarebbe opposta a tale pretesa.

11
La prima parte del contributo, pari a ECU 318 000 (il 60% del contributo finanziario totale di ECU 530 000), veniva versata nel gennaio 1993.

12
Nel corso di una riunione, tenutasi presso la Commissione il 19 febbraio 1993, veniva discussa la partecipazione dello Studienkreis al progetto. Alcuni giorni dopo al detto capodivisione della DG XXIII veniva revocato l’incarico di occuparsi del progetto. Nei suoi confronti veniva successivamente avviato un procedimento disciplinare, concluso con la destituzione del medesimo.

13
Infine, lo Studienkreis non veniva associato all’esecuzione del progetto. Il 29 marzo 1993 la IPK, l’Innovence, la Tourconsult e la 01-Pliroforiki concludevano un accordo formale sulla ripartizione dei compiti e dei fondi nell’ambito del progetto, ripartizione che veniva illustrata in dettaglio nella relazione iniziale della IPK, presentata nell’aprile del 1993.

14
La IPK presentava una seconda relazione nel luglio 1993 ed una relazione finale dell’ottobre seguente. Essa invitava altresì la Commissione ad una presentazione dei lavori compiuti che aveva luogo il 15 novembre 1993.

15
Con lettera 30 novembre 1993, la Commissione comunicava alla IPK che, a suo parere, i lavori compiuti sino al 31 ottobre 1993 non corrispondevano in modo soddisfacente a quanto previsto nella proposta e che, pertanto, l’istituzione riteneva di non dovere versare il restante 40% del contributo complessivamente pari a ECU 530 000 previsto per il detto progetto. Le ragioni che avevano indotto la Commissione ad adottare tale decisione venivano illustrate ai punti1-5 della detta lettera nei termini seguenti:

«1.
Il progetto è tutt’altro che portato a termine. In realtà, la proposta iniziale prevedeva che la quinta fase del progetto sarebbe stata una fase pilota. Le fasi sei e sette dovevano riguardare, rispettivamente, la valutazione del sistema e la sua estensione (ai dodici Stati membri), ed il calendario di cui a pag. 17 della proposta mostra chiaramente che queste fasi andavano portate a buon fine in quanto parte del progetto che la Commissione doveva cofinanziare.

2.
Il questionario pilota era palesemente troppo dettagliato per il progetto di cui trattasi, tenuto conto in particolare delle risorse disponibili e della natura del progetto. Esso avrebbe dovuto essere basato su una valutazione più realistica delle informazioni fondamentali di cui hanno bisogno le persone che si occupano di questioni di turismo e ambiente (...).

3.
L’interconnessione di un certo numero di dati per creare un sistema di banche dati ripartite non è stata realizzata entro il 31 ottobre 1993.

4.
La natura e la qualità dei dati ottenuti dalle regioni pilota sono estremamente deludenti, in particolare perché l’inchiesta riguardava soltanto quattro Stati membri e tre regioni in ciascuno Stato. Numerosi dati contenuti nel sistema sono di interesse secondario o nullo per le questioni connesse agli aspetti ambientali del turismo, in particolare a livello regionale.

5.
Queste ragioni, ed altre del pari manifeste, dimostrano in modo sufficiente che la [ricorrente] ha mediocremente diretto e coordinato il progetto e non lo ha attuato in modo corrispondente ai propri obblighi».

16
Inoltre, nella detta lettera, la Commissione comunicava alla IPK che l’istituzione doveva accertarsi che il 60% già versato della sovvenzione (vale a dire ECU 318 000) fosse stato utilizzato, conformemente alla dichiarazione, unicamente per la realizzazione del progetto descritto nella proposta e, ai punti 6-12 della lettera medesima, formulava talune osservazioni in ordine alla relazione della IPK relativa all’utilizzazione di tali fondi.

17
La IPK manifestava il proprio dissenso in ordine al contenuto della lettera 30 novembre 1993, in particolare, con comunicazione inviata alla Commissione in data 28 dicembre 1993. Il 29 aprile 1994 si svolgeva una riunione tra la IPK e rappresentanti della Commissione ai fini di una discussione della controversia.

18
Con la decisione contestata, il direttore della DG XXIII comunicava alla IPK che la lettera di quest’ultima del 28 dicembre 1993 non conteneva alcun elemento che potesse far mutare parere alla Commissione e confermava che, per i motivi già esposti nella lettera 30 novembre 1993, l’istituzione non avrebbe proceduto a nessun ulteriore versamento in ordine al progetto. Inoltre, la Commissione avrebbe continuato ad esaminare unitamente agli altri servizi la questione dell’eventuale ripetizione, o meno, di parte del 60% del contributo finanziario già versato.


Il procedimento

19
Con atto introduttivo registrato presso la cancelleria del Tribunale il 13 ottobre 1994, la IPK proponeva ricorso diretto all’annullamento della decisione impugnata.

20
Con sentenza 15 ottobre 1997 nella causa T-331/94, IPK/Commissione (Racc. pag. II-1665), il Tribunale respingeva il ricorso.

21
Al punto 47 di tale sentenza il Tribunale dichiarava quanto segue:

«(...) la [IPK] non può rimproverare alla Commissione di aver provocato i ritardi nell’esecuzione del progetto. A questo proposito, si deve rilevare che la IPK ha aspettato fino al marzo 1993 prima di avviare trattative con i propri soci in ordine alla suddivisione dei compiti per l’esecuzione del progetto, pur essendone l’impresa coordinatrice. Così, la [IPK] ha lasciato trascorrere la metà del tempo previsto per l’esecuzione del progetto senza poter realmente svolgere un’azione efficace. Anche se ha fornito indizi del fatto che uno o più funzionari della Commissione si sono intromessi in modo inquietante nel progetto nel periodo dal novembre 1992 al febbraio 1993, essa non ha affatto dimostrato che queste ingerenze l’abbiano privata di ogni possibilità di avviare una effettiva collaborazione con i propri soci anteriormente al marzo 1993».

22
Con ricorso depositato presso la cancelleria della Corte il 22 dicembre 1997, la IPK impugnava, ai sensi dell’art. 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, la menzionata sentenza del Tribunale 15 ottobre 1997, IPK/Commissione.

23
Nella sentenza 5 ottobre 1999 nella causa C-433/97 P, IPK/Commissione (Racc. pag. I-6795), la Corte dichiarava quanto segue:

«15 (...) va rilevato che, come emerge dal punto 47 della sentenza [del Tribunale 15 ottobre 1997, IPK/Commissione, cit.], la [IPK] ha fornito indizi relativi a ingerenze nella gestione del progetto poste in essere da funzionari della Commissione e precisate nei punti 9 e 10 della sentenza [del Tribunale IPK/Commissione, cit.], ingerenze che potevano avere ripercussioni sul corretto svolgimento del progetto.

16
Ciò posto, incombeva alla Commissione dimostrare che, nonostante i comportamenti in questione, la [IPK] rimaneva in grado di gestire il progetto in maniera soddisfacente.

17
Ne consegue che il Tribunale è incorso in errore di diritto ponendo a carico della [IPK] l’onere di provare che i comportamenti dei funzionari della Commissione l’avevano privata di qualsiasi possibilità di avviare un’effettiva collaborazione con i soci del progetto».

24
Conseguentemente, la Corte annullava la menzionata sentenza del Tribunale 15 ottobre 1997, IPK/Commissione, e rinviava la causa dinanzi al Tribunale, ai sensi dell’art. 54, primo comma, dello Statuto CE della Corte.

25
A seguito di tale rinvio, la IPK deduceva dinanzi al Tribunale due motivi di annullamento relativi, rispettivamente, alla violazione di taluni principi generali di diritto nonché alla violazione dell’art. 190 del Trattato CE (divenuto art. 253 CE).


La sentenza impugnata

26
Quanto all’oggetto della controversia, il Tribunale ha rilevato, al punto 35 della sentenza impugnata, che la lettera 30 novembre 1993 si articolava in due parti. Una prima parte, vale a dire i punti 1-5 della motivazione della detta lettera, riguardava il diniego della Commissione di versare la seconda parte della sovvenzione ed esponeva, quindi, la motivazione della decisione contestata. La seconda parte, vale a dire i punti 6-12 della motivazione della lettera 30 novembre 1993, riguardava l’eventuale ripetizione del 60% del contributo finanziario già versato.

27
Al successivo punto 36 il Tribunale ha rilevato che, come riconosciuto dalla Commissione, i punti 6-12 della motivazione della lettera 30 novembre 1993 non facevano parte della motivazione della decisione contestata. Atteso che la questione oggetto di tali punti era stata sollevata solamente nel contesto di un’eventuale decisione futura della Commissione di procedere alla ripetizione della parte della sovvenzione già versata, il Tribunale ha ritenuto che gli argomenti svolti dalla IPK nel proprio ricorso in ordine a tale questione dovessero essere considerati irricevibili.

28
Quanto al primo motivo dedotto dalla IPK, concernente la pretesa violazione di vari principi generali di diritto, il Tribunale ha riassunto, in primo luogo, ai punti 42-55 della sentenza impugnata, gli argomenti delle parti relativi alla data limita prevista per la conclusione del progetto. Il Tribunale ha ritenuto che la decisione di concessione del contributo finanziario del 4 agosto 1992 e la dichiarazione ivi allegata imponessero alla IPK di portare a termine il progetto entro e non oltre il 31 ottobre 1993 e che la IPK avesse peraltro riconosciuto, alla pag. 89 della propria relazione finale, che tale data fosse quella prevista per il completamento del progetto.

29
In secondo luogo, ai punti 56-63 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato gli argomenti delle parti relativi allo stato di avanzamento del progetto al 31 ottobre 1993, per poi concludere che fosse pacifico che, a tale data, il progetto non rispondesse, quanto meno con riguardo alla settima fase, alle condizioni indicate nella proposta della IPK.

30
In terzo luogo, ai punti 64-75 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ricordato le giustificazioni addotte dalla IPK in ordine al superamento della data limite del 31 ottobre 1993, vale a dire il tardivo versamento della prima parte dei contributo finanziario, la riunione del 24 novembre 1992 nonché i tentativi della Commissione di associare lo Studienkreis all’esecuzione del progetto. A parere del Tribunale, dagli atti di causa risulterebbe che, dall’estate del 1992 sino quanto meno al 15 marzo 1993, la Commissione avrebbe esercitato pressioni sulla IPK affinché lo Studienkreis venisse associato all’esecuzione del progetto.

31
In quarto luogo, ai punti 76-85 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato se la Commissione avesse fornito la prova che, malgrado l’ingerenza diretta a far sì che lo Studienkreis venisse associato all’esecuzione del progetto, la IPK fosse rimasta in grado di gestire il progetto in maniera soddisfacente (v. sentenza della Corte 5 ottobre 1999, IPK/Commissione, cit., punto 16). Considerato che l’ingerenza della Commissione avrebbe ritardato l’esecuzione del progetto sino al marzo del 1993, il Tribunale rilevava, al punto 84 della sentenza impugnata, che nessun elemento consentirebbe di concludere che lo stato di parziale esecuzione del progetto al 31 ottobre 1993 fosse imputabile ad una presunta incapacità dell’IPK.

32
Nella sentenza impugnata il Tribunale ha affermato, in particolare, quanto segue:

«85
Alla luce di quanto sopra, e in assenza di altri argomenti della Commissione, occorre concludere che quest’ultima non ha fornito la prova del fatto che, nonostante le sue ingerenze, e in particolare quella volta a far associare lo Studienkreis al progetto (…), “la [IPK] rimaneva in grado di gestire il progetto in maniera soddisfacente”.

86
Pertanto, visto che, dall’estate 1992 al 15 marzo 1993 almeno, la Commissione ha insistito affinché la [IPK] associasse lo Studienkreis al progetto (…) sebbene la proposta della [IPK] e la decisione di concessione del contributo non prevedessero la partecipazione di tale impresa al progetto – il che ha necessariamente ritardato l’esecuzione dello stesso – e dato che la Commissione non ha fornito la prova del fatto che, nonostante tale ingerenza, la [IPK] rimaneva in grado di gestire il progetto in maniera soddisfacente, si deve concludere che, negando l’erogazione della seconda parte del contributo in quanto il 31 ottobre 1993 il progetto non era ultimato, la Commissione ha violato il principio di buona fede».

33
Il Tribunale ha quindi accolto tale motivo senza ritenere necessario esaminare gli altri comportamenti della Commissione.

34
Ai punti 88 e 89 della sentenza impugnata il Tribunale ha riportato l’argomento della Commissione relativo all’illecita collusione tra il capodivisione in seno alla DG XXIII, vale a dire il sig. Tzoanos, al quale si fa riferimento al punto 10 della presente sentenza, l’impresa 01-Pliroforiki e la IPK. Tale argomento è stato quindi respinto nei termini seguenti:

«90
(…) né la decisione [contestata] né la lettera 30 novembre 1993, richiamata [dalla] decisione [contestata], fanno riferimento all’esistenza di una collusione tra il sig. Tzoanos, la 01-Pliroforiki e la [IPK] che osterebbe al versamento a quest’ultima della seconda parte del contributo. Inoltre, la decisione [contestata] e la lettera 30 novembre 1993 non contengono alcuna indicazione nel senso che la Commissione ritenesse irregolare la concessione del contributo alla [IPK]. Di conseguenza, la spiegazione proposta dalla Commissione in merito alla presunta collusione tra le parti interessate non può essere considerata una chiarificazione nel corso del procedimento di motivi esposti nella decisione [contestata] (v., in tal senso, sentenza della Corte 26 novembre 1981, causa 195/80, Michel/Parlamento europeo, Racc. pag. 2861, punto 22; sentenze del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T-16/91 RV, Rendo e a./Commissione, Racc. pag. II-1827, punto 45, e 25 maggio 2000, causa T-77/95 RV, Ufex e a./Commissione, Racc. pag. II-2167, punto 54).

91
Tenuto conto del fatto che, ai sensi dell’art. 173 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE), il Tribunale deve limitarsi ad un sindacato di legittimità della decisione [contestata] sulla base dei motivi in essa contenuti, l’argomentazione della Commissione relativa al principio fraus omnia corrumpit non può essere accolto.

92
Si deve aggiungere che, se la Commissione avesse ritenuto, dopo aver adottato la decisione [contestata], che gli indizi menzionati al precedente punto 89 fossero sufficienti a dimostrare l’esistenza di una collusione tra il sig. Tzoanos, la 01-Pliroforiki e la [IPK] tale da viziare il procedimento di attribuzione del contributo a favore del progetto (…), essa avrebbe potuto, anziché addurre nel presente giudizio un motivo non menzionato nella detta decisione, revocare quest’ultima e adottare una nuova decisione recante non solo il diniego di pagare la seconda parte della sovvenzione, ma anche l’ordine di rimborsare la parte già versata.

93
Da quanto precede risulta che la decisione impugnata deve essere annullata, senza che sia necessario esaminare l’altro motivo dedotto dalla [IPK]».

35
Il Tribunale ha quindi annullato la decisione impugnata, condannando la Commissione a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla IPK nei due gradi del giudizio.


Le impugnazioni

36
Con il proprio ricorso la IPK chiede ora alla Corte di:

annullare la sentenza impugnata nella parte in cui, ai punti 34-36, si fonda sul principio che i punti 6-12 della motivazione della lettera della Commissione 30 novembre 1993 non farebbero parte della motivazione della decisione contestata;

dichiarare il ricorso della Commissione irricevibile ovvero, in subordine, respingerlo in quanto infondato;

condannare la Commissione alle spese.

37
A sostegno del ricorso la IPK deduce tre motivi, relativi, il primo, al fatto che non sarebbe stato tenuto in debito conto l’oggetto della controversia, il secondo, alla violazione dell’obbligo di motivazione e, il terzo, alla violazione degli effetti cogenti della menzionata sentenza della Corte 5 ottobre 1999, IPK/Commissione.

38
Con il proprio ricorso la Commissione chiede ora alla Corte di:

annullare la sentenza impugnata e respingere il ricorso proposto dalla IPK avverso la decisione contestata;

annullare, in subordine, la sentenza impugnata e rinviare la causa dinanzi al Tribunale;

dichiarare il ricorso della IPK irricevibile ovvero, in subordine, respingerlo in quanto infondato;

condannare la IPK alle spese.

39
La Commissione deduce, dal canto suo, cinque motivi, relativi, il primo, all’incompleto esame della motivazione della decisione contestata ed alla violazione del divieto di arricchimento senza causa, il secondo, alla erronea valutazione della pretesa illecita collusione tra il sig. Tzoanos, l’impresa 01-Pliroforiki e la IPK, il terzo, alla pretesa erronea valutazione della proposta della Commissione di far partecipare lo Studienkreis al progetto, il quarto, all’omesso esame delle conseguenze della violazione del principio di buona fede e, il quinto, all’omesso esame del principio dolo agit, qui petit, quod statim redditurus est nonché del principio fraus omnia corrumpit.


Sulla ricevibilità dei ricorso

Il ricorso della IPK

40
Ai sensi dell’art. 92, n. 2, del regolamento di procedura della Corte:

«L’irricevibilità per motivi di ordine pubblico può in qualsiasi momento venir rilevata d’ufficio dalla Corte, che statuisce nelle forme previste dall’art. 91, paragrafi 3 e 4, del presente regolamento».

41
Ai sensi dell’art. 49, primo e secondo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia:

«Può essere proposta impugnazione dinanzi alla Corte, entro un termine di due mesi a decorrere dalla notifica della decisione impugnata, contro le decisioni del Tribunale che concludono il procedimento nonché contro le pronunzie che decidono parzialmente la controversia nel merito o che pongono termine ad un incidente di procedura relativo ad un’eccezione di incompetenza o di irricevilità.

L’impugnazione può essere proposta da qualsiasi parte che sia rimasta parzialmente o totalmente soccombente nelle sue conclusioni (…)».

42
Come emerge dal punto 28 della sentenza impugnata, la IPK aveva chiesto al Tribunale di annullare la decisione contestata. Il Tribunale, dichiarando, nel dispositivo della sentenza impugnata, che la detta decisione doveva essere annullata in toto, ha quindi integralmente accolto la domanda della IPK. Ne consegue che, atteso che la IPK non è rimasta né parzialmente né totalmente soccombente dinanzi al Tribunale, essa non è legittimata ad impugnare dinanzi alla Corte la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 49, secondo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia.

43
Conseguentemente, da tutte le suesposte considerazioni emerge che, senza necessità di procedere all’esame del motivo di irricevibilità dedotto dalla Commissione, il ricorso della IPK dev’essere dichiarato irricevibile.

Sul ricorso della Commissione

44
La IPK deduce che il ricorso proposto dalla Commissione è manifestamente irricevibile. A suo parere, la Commissione dedurrebbe espressamente solo vizi procedurali. Tuttavia, non si tratterebbe assolutamente di vizi procedurali deducibili nell’ambito dell’impugnazione dinanzi alla Corte. Tali vizi consisterebbero unicamente nella violazione di norme relative al procedimento giudiziario che non riguarderebbero né il contenuto della sentenza né errori nell’applicazione del diritto sostanziale.

45
Secondo la IPK, inoltre, un’incompleta o erronea valutazione giuridica, infondatamente fatta valere dalla Commissione quale primo, secondo e terzo vizio procedurale, non costituirebbe un vizio di tal genere. Ciò risulterebbe dal fatto che l’erronea o incompleta valutazione giuridica riguarda il contenuto di una sentenza. Inoltre, l’omesso esame delle conseguenze giuridiche derivanti dalla violazione dei principi generali di diritto costituirebbe un errore sostanziale che vizierebbe la sentenza e non un errore procedurale.

46
Inoltre, il primo, secondo, quarto e quinto motivo riguarderebbero, da un lato, la questione della cosiddetta non conformità della prestazione della IPK e, dall’altro, la questione della illecita collusione, apparentemente dedotta in malafede, tra il capodivisione in seno alla DG XXIII, l’impresa 01-Pliroforiki e la IPK. Si tratterebbe quindi solamente di questioni di fatto che non potrebbero costituire oggetto di sindacato da parte della Corte che, nell’ambito di un’impugnazione, è limitato al sindacato di legittimità. In realtà, il ricorso della Commissione mirerebbe ad ottenere un nuovo esame degli argomenti già dedotti dinanzi al Tribunale, il che sarebbe inammissibile ai sensi della giurisprudenza della Corte.

47
A tal riguardo si deve rilevare, in primo luogo, che, considerato che tutti i motivi di ricorso della Commissione sono diretti a contestare la valutazione operata dal Tribunale in ordine a questioni di diritto e sono quindi diretti ad ottenere un sindacato sia sulla qualificazione giuridica dei fatti sia sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto, l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla IPK, secondo cui tali motivi atterrebbero unicamente alla valutazione dei fatti da parte del Tribunale, è infondata. Inoltre, l’erronea qualificazione di tali motivi da parte della Commissione quali pretese irregolarità procedurali è irrilevante sulla questione della loro ricevibilità.

48
In secondo luogo, dagli artt. 225 CE, 58, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia e 112, n. 1, primo comma, lett. c), del regolamento di procedura della Corte emerge che il ricorso avverso una sentenza del Tribunale deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si richiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda (v., in particolare, sentenze 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I-5291, punto 34; 8 gennaio 2002, causa C‑248/99 P, Francia/Monsanto e Commissione, Racc. pag. I‑1, punto 68, e 6 marzo 2003, causa C‑41/00 P, Interporc/Commissione, Racc. pag. I‑2125, punto 25).

49
Così, non risponde ai requisiti di motivazione stabiliti da queste disposizioni un ricorso che si limiti a ripetere o a riprodurre pedissequamente i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale, ivi compresi gli argomenti di fatto da questo espressamente disattesi (v., segnatamente, ordinanza 25 marzo 1998, causa C‑174/97 P, FFSA e a./Commissione, Racc. pag. I‑1303, punto 24, e sentenza Interporc/Commissione, cit., punto 16).

50
Tuttavia, ove un ricorrente contesti l’interpretazione o l’applicazione del diritto comunitario effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere di nuovo discussi nel corso di un’impugnazione (v. sentenza 13 luglio 2000, causa C-210/98 P, Salzgitter/Commissione, Racc. pag. I-5843, punto 43). Infatti, se un ricorrente non potesse basare così l’impugnazione su motivi e argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, il procedimento d’impugnazione sarebbe privato di una parte di significato (v., in particolare, sentenza Interporc/Commissione, cit., punto 17, nonché ordinanza 11 novembre 2003, causa C‑488/01 P, Martinez/Parlamento, Racc. pag. I‑13355, punto 39).

51
Orbene, nella specie, il ricorso è appunto diretto a contestare le valutazioni operate dal Tribunale in merito alle varie questioni di diritto sottopostegli in primo grado. Nel ricorso vengono con precisione indicati gli aspetti della sentenza impugnata censurati nonché i motivi e gli argomenti sui quali l’impugnazione è fondata.

52
Tuttavia, ai sensi dell’art. 118 del regolamento di procedura della Corte, l’art. 42, n. 2, del medesimo regolamento, che vieta in linea di principio la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, si applica al procedimento dinanzi alla Corte avente ad oggetto il ricorso avverso una decisione del Tribunale. Nell’ambito di un siffatto ricorso, la competenza della Corte è pertanto limitata alla valutazione, da parte del Tribunale, dei motivi dinanzi ad esso discussi (v. sentenze 1° giugno 1994, causa C-136/92 P, Commissione/Brazzelli Lualdi e a., Racc. pag. I-1981, punto 59, e 28 maggio 1998, causa C‑7/95 P, Commissione/Brazzelli Lualdi e a., Racc. pag.I‑3111, punto 62, nonché ordinanza 28 giugno 2001, causa C-352/99 P, Eridania e a./Consiglio, Racc. pag. I-5037, punti 52 e 53).

53
A tal riguardo, da un lato, la Commissione contesta al Tribunale, con il primo capo del primo motivo, la pretesa incompleta valutazione della motivazione della decisione contestata, per non aver tenuto conto del fatto che la decisione stessa si basava su due ragioni totalmente diverse, vale a dire, in primo luogo, la circostanza che, considerata la mancanza della sesta e settima fase (v. punti 1 e 3 della lettera 30 novembre 1993), il progetto non era stato portato a termine entro il 31 ottobre 1993 e, in secondo luogo, che il lavoro già compiuto dalla IPK nelle fasi comprese tra la prima e la quinta e fatturato a prezzo elevato era inutilizzabile (v. punti 2 e 4 della lettera medesima).

54
La Commissione sostiene che, per quanto le considerazioni da essa esposte ai punti 2 e 4 della lettera 30 novembre 1993 non riguardassero la sesta e la settima fase, bensì le fasi preliminari del progetto nel corso delle quali la IPK aveva effettuato lavori quantitativamente importanti – per i quali essa aveva avuto evidentemente a disposizione tempo sufficiente –, ma inutili, la sentenza impugnata, richiamando solamente il punto 1 della detta lettera, si riferirebbe esclusivamente alla mancata esecuzione delle detti fasi sesta e settima. Considerato che il Tribunale non avrebbe esaminato tale secondo motivo di diniego di versamento del contributo fatto valere dalla Commissione nella decisione contestata, la sentenza impugnata sarebbe insufficientemente motivata e viziata da errore di diritto.

55
Nella specie, si deve necessariamente rilevare che, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 45 delle proprie conclusioni, dinanzi al Tribunale la Commissione non ha sostenuto che le considerazioni esposte ai punti 2 e 4 della lettera 30 novembre 1993 sarebbero state da sole sufficienti per motivazione la decisione contestata e sottrarla alla nullità che, secondo il Tribunale, deriverebbe dalla violazione del principio di buona fede.

56
Pertanto, il primo capo del primo motivo, costituendo un motivo nuovo, dev’essere dichiarato irricevibile.

57
Dall’altro, la Commissione contesta al Tribunale, con il quarto motivo, di aver fatto derivare dalla violazione del principio di buona fede la nullità in toto della decisione contestata. A suo parere, il Tribunale avrebbe erroneamente supposto l’esistenza di una corrispondenza tra il valore economico della sesta e settima fase del progetto, che non sono state realizzate, e l’importo della seconda rata del contributo finanziario, che non è stato versato, il che significa che il Tribunale ha ritenuto che il valore della sesta e settima fase del progetto ammontasse esattamente al 40% del costo complessivo del progetto medesimo.

58
La Commissione deduce che il Tribunale avrebbe dovuto annullare la decisione contestata solamente nella parte in cui, nella detta decisione, è stata negata la partecipazione finanziaria alle spese che la IPK aveva legittimamente sostenuto per le fasi sesta e settima del progetto che, successivamente, non sono state realizzate per mancanza di tempo. Il Tribunale, dichiarando, al punto 93 della sentenza impugnata, l’annullamento della decisione in toto, sarebbe incorso, secondo la Commissione, in un errore di diritto.

59
A tal riguardo è sufficiente rilevare che, dinanzi al Tribunale, la Commissione né ha chiesto che l’eventuale annullamento della decisione contestata fosse parziale né ha dedotto un motivo come quello in esame.

60
Ne consegue che la Commissione, avendo dedotto un motivo nuovo dinanzi alla Corte, non può contestare al Tribunale di non aver annullato parzialmente la decisione contestata, con riguardo al diniego della Commissione stessa di versare un contributo finanziario per la sesta e settima fase del progetto; il quarto motivo dev’essere pertanto dichiarato irricevibile.

61
Da tutte le suesposte considerazioni emerge che il ricorso della Commissione, ad eccezione del primo capo del primo motivo e del quarto motivo, dev’essere dichiarato ricevibile.


Esame nel merito del ricorso della Commissione

Sul secondo e sul quinto motivo

62
Con il secondo e con il quinto motivo, che appare opportuno esaminare congiuntamente ed in primo luogo, la Commissione contesta al Tribunale, da un lato, di aver ignorato le considerazioni esposte ai punti 15 e 16 della menzionata sentenza della Corte 5 ottobre 1999, IPK/Commissione, segnatamente per quanto attiene alla pertinenza della pretesa illecita collusione tra il capodivisione in seno alla DG XXIII, l’impresa 01-Pliroforiki e la IPK.

63
Secondo la Commissione, tale collusione avrebbe ritardato l’esecuzione del progetto quanto meno sino al febbraio 1993, considerato che, da un lato, i soci del progetto non avrebbero potuto raggiungere un accordo in merito all’attribuzione dei fondi a favore del socio greco pretesa dal detto capodivisione della DG XXIII, con conseguente stallo del progetto medesimo, e che, dall’altro, la IPK avrebbe espressamente coperto il comportamento del menzionato capodivisione. Conformemente a quanto affermato dalla Corte ai punti 15 e 16 della citata sentenza 5 ottobre 1999, IPK/Commissione, il Tribunale avrebbe dovuto verificare se la Commissione avesse dimostrato che la IPK, malgrado i comportamenti di cui trattasi, fosse rimasta in grado di gestire il progetto in maniera soddisfacente. Conseguentemente, a parere della Commissione, il Tribunale, accantonando come non pertinente l’argomento dedotto dall’istituzione stessa relativo alla detta collusione, sarebbe incorso in un errore di diritto.

64
D’altro lato, la Commissione deduce che il Tribunale, affermando di non essere un giudice penale e di non poter conoscere della questione di una siffatta collusione, avrebbe violato il principio dolo agit, qui petit, quod statim redditurus est nonché il principio fraus omnia corrumpit.

65
La IPK sottolinea, per contro, che non vi sarebbe stata alcuna illecita collusione tra la medesima, il capodivisione in seno alla DG XXIII e l’impresa 01-Pliroforiki. In ogni caso, la legittimità della decisione dovrebbe essere valutata unicamente con riguardo alla motivazione sulla base della quale la decisione è stata emanata e, come affermato dal Tribunale, la decisione contestata non conterrebbe alcun rilievo in ordine ad una pretesa illecita collusione della IPK con il detto capodivisione e l’impresa 01-Pliroforiki.

66
Secondo costante giurisprudenza, l’obbligo di motivare una decisione che arreca pregiudizio ha lo scopo di consentire alla Corte di esercitare il suo controllo sulla legittimità della decisione e di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per stabilire se la decisione sia fondata o e se sia inficiata da un vizio che permetta di contestarne la legittimità. Ne deriva che la motivazione deve, in via di principio, essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio e che la mancanza di motivazione non può essere sanata dal fatto che l’interessato viene a conoscenza dei motivi della decisione nel corso del procedimento dinanzi alla Corte (v. sentenza Michel/Parlamento, cit., punto 22).

67
Peraltro, ai sensi dell’art. 173 del Tratttato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE), il Tribunale deve limitarsi a conoscere della legittimità della decisione contestata sulla base della motivazione esposta nell’atto medesimo.

68
Nella specie, con la decisione contestata la Commissione ha negato alla IPK, per i motivi esposti nella lettera 30 novembre 1993, il versamento del 40% non ancora erogato del contributo finanziario di ECU 530 000 stanziati dall’istituzione per il progetto. In quest’ultima lettera, la Commissione ha comunicato alla IPK che, a suo parere, i lavori effettuati sino al 31 ottobre 1993 non corrispondevano in maniera soddisfacente a quanto previsto nella proposta e, ai punti 1-6 della medesima, ha dettagliatamente indicato i motivi che l’avevano indotta ad adottare tale decisione.

69
Dal punto 15 della presente sentenza risulta che né nella lettera 30 novembre 1993 né nella decisione contestata si fa menzione della sussistenza di una collusione tra il capodivisione in seno alla DG XXIII, la 01-Pliroforiki e la IPK. Correttamente, quindi, al punto 90 della sentenza impugnata il Tribunale ha escluso che tale collusione costituisse motivazione della decisione contestata.

70
Peraltro, considerando che la lettera 30 novembre 1993 e la decisione contestata non contenevano alcuna indicazione quanto al fatto che la Commissione considerasse che il contributo finanziario fosse stato concesso alla IPK irregolarmente, il Tribunale ha correttamente tratto la conclusione che le spiegazioni fornite dalla Commissione in merito alla pretesa sussistenza di un’illecita collusione tra le parti interessate non poteva essere considerata quale chiarimento, fornito nel corso del procedimento, relativo alla motivazione esposta nella decisione contestata e che la giurisprudenza indicata al punto 66 della presente sentenza trovava applicazione nella specie.

71
Ciò premesso, al punto 91 della sentenza impugnata il Tribunale ha quindi potuto correttamente dedurre da tutti i suesposti motivi che l’argomento della Commissione, relativo al principio fraus omnia corrumpit, non potesse essere accolto. Peraltro, il principio dolo agit, qui petit, quod statim redditurus est non è stato fatto valere dinanzi al Tribunale, ragion per cui l’argomento della Commissione, secondo cui tale principio sarebbe stato ignorato, è irricevibile.

72
Il secondo e il quinto motivo della Commissione devono essere, pertanto, in parte respinti ed in parte dichiarati irricevibili.

Sul terzo motivo

73
Con il terzo motivo, che appare opportuno esaminare in secondo luogo, la Commissione sostiene che, ai punti 64-86 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe valutato erroneamente e analizzato in modo contraddittorio la proposta della Commissione stessa di associare lo Studienkreis al progetto.

74
Secondo la Commissione, il Tribunale, pur rilevando che, nella specie, essa non aveva subordinato la concessione del contributo finanziario all’accettazione della partecipazione dello Studienkreis, ha affermato che essa avrebbe potuto imporre tale partecipazione mediante apposita clausola nella decisione di concessione. La Commissione deduce quindi l’esistenza di una contraddittorietà nel ragionamento del Tribunale, laddove nella sentenza si afferma peraltro che la proposta effettiva della Commissione di associare lo Studienkreis costituiva violazione del principio di buona fede.

75
Tale motivo si fonda su un’erronea lettura della sentenza impugnata.

76
Al punto 69 di tale sentenza il Tribunale ha ritenuto che la Commissione, ove avesse considerato la partecipazione dello Studienkreis essenziale o auspicabile per la buona esecuzione del progetto, avrebbe potuto imporre una condizione in tal senso. Gli eventuali candidati avrebbero saputo cosa attendersi ed avrebbero potuto disporre di conseguenza. Dagli atti risulta tuttavia che, nella decisione di concessione del contributo finanziario, la Commissione aveva accettato la proposta della IPK senza la condizione di un’eventuale partecipazione dello Studienkreis alla realizzazione del progetto.

77
D’altronde, come rilevato dal Tribunale ai punti 70-75 della sentenza impugnata, dall’estate 1992 e, quanto meno, sino al 15 marzo 1993 la Commissione ha esercitato pressioni sulla IPK affinché lo Studienkreis venisse associato all’esecuzione del progetto. Correttamente il Tribunale ha quindi concluso che tale pressione esercitata dalla Commissione sulla IPK costituiva un’ingerenza, ostacolando la IPK nella gestione del progetto.

78
Ai punti 76-85 della sentenza impugnata il Tribunale ha parimenti affermato che la Commissione non aveva fornito la prova che, malgrado le proprie ingerenze, in particolare quella diretta a far associare lo Studienkreis al progetto, la IPK fosse rimasta in grado di gestire il progetto in maniera soddisfacente. Correttamente il Tribunale ha quindi concluso, al successivo punto 86, che la Commissione, negando il versamento della seconda rata del contributo finanziario sulla base del rilievo che il progetto, al 31 ottobre 1993, non era stato portato a termine, aveva violato il principio di buona fede.

79
Conseguentemente, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, tale ragionamento del Tribunale non può essere considerato contraddittorio.

80
Ciò premesso, il terzo motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

Sul secondo capo del primo motivo

81
Con il secondo capo del primo motivo, che appare opportuno esaminare da ultimo, la Commissione contesta al Tribunale di aver determinato un arricchimento senza causa a favore della IPK, avendo obbligato la Comunità a retribuire lavori inutili e contrari al progetto, senza aver proceduto ad un’idonea analisi giuridica.

82
A tal riguardo si deve rilevare che, nell’ambito del sindacato di legittimità degli atti emanati dalle istituzioni comunitarie, ai sensi dell’art. 231, primo comma, CE, se il ricorso è fondato la Corte di giustizia dichiara nullo e non avvenuto l’atto impugnato.

83
A termini dell’art. 233, primo comma, CE, l’istituzione da cui emana l’atto annullato è tenuta a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta. Tale disposizione impone all’istituzione interessata di evitare che ogni atto destinato a sostituire l’atto annullato sia viziato dalle stesse irregolarità individuate nella sentenza di annullamento (v. sentenza 14 settembre 1999, causa C‑310/97 P, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., Racc. I‑5363, punto 56).

84
Nella specie, la Commissione ha ignorato sia gli effetti della sentenza impugnata, di cui all’art. 231, primo comma, CE, sentenza che ha annullato la decisione contestata, sia i provvedimenti che essa era tenuta a prendere, a norma dell’art. 233, primo comma, CE, ai fini dell’esecuzione della sentenza medesima.

85
Il Tribunale ha annullato la decisione contestata con cui la Commissione aveva negato alla IPK il versamento del 40% non ancora erogato del contributo finanziario di ECU 530 000 da essa previsto per il progetto. Al punto 94 della sentenza impugnata il Tribunale ha affermato che spetterà alla Commissione adottare i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza stessa comporta. Il Tribunale ha quindi imposto alla Commissione di evitare che ogni atto destinato a sostituire l’atto annullato sia viziato dalle stesse irregolarità individuate nella sentenza impugnata. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, non ha obbligato la Comunità a versare il 40% non ancora erogato del contributo finanziario e non ha, quindi, costretto l’istituzione a retribuire lavori che, a parere della medesima, sarebbero inutili e contrari al progetto.

86
Il secondo capo del primo motivo dev’essere pertanto respinto in quanto infondato.

87
Atteso che i motivi dedotti dalla Commissione a sostegno del suo ricorso sono in parte irricevibili e in parte infondati, il ricorso dev’essere respinto in toto.


Sulle spese

88
A termini dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto dell’art. 118 del regolamento medesimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell’art. 69, n. 3, primo comma, del regolamento stesso, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, la Corte può decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese. Atteso che le due ricorrenti sono rimaste soccombenti nel presente giudizio di impugnazione, dev’essere disposta la compensazione delle spese.


Per questi motivi,

LA CORTE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
I ricorsi sono respinti.

2)
Ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese.

Skouris

Cunha Rodrigues

Puissochet

Schintgen

Macken

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 aprile 2004.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

V. Skouris


1
Lingua processuale: il tedesco.