Language of document : ECLI:EU:T:2014:1031

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

9 dicembre 2014(*)

«Concorrenza – Intese – Mercato del tondo per cemento armato in barre o in rotoli – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 65 CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, in base al regolamento (CE) n. 1/2003 – Fissazione dei prezzi e dei termini di pagamento – Limitazione o controllo della produzione o delle vendite – Violazione delle forme sostanziali – Incompetenza – Base giuridica – Violazione dei diritti della difesa – Principio della buona amministrazione, della proporzionalità e della parità delle armi – Criteri di imputazione – Definizione del mercato – Violazione dell’articolo 65 CA – Ammende – Prescrizione – Gravità – Durata»

Nella causa T‑70/10,

Feralpi Holding SpA, con sede in Brescia (Italia), rappresentata da G. Roberti e I. Perego, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da R. Sauer e B. Gencarelli, successivamente da R. Sauer, R. Striani e T. Vecchi e, da ultimo, da R. Sauer e T. Vecchi, in qualità di agenti, assistiti da P. Manzini, avvocato,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione C (2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione), come modificata dalla decisione C (2009) 9912 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2009, mediante la quale la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda di EUR 10,25 milioni per la violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da M.E. Martins Ribeiro (relatore), presidente, G. Berardis e A. Popescu, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 marzo 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1.     Disposizioni del Trattato CECA

1        L’articolo 36 CA prevedeva quanto segue:

«La Commissione, prima di adottare una delle sanzioni pecuniarie o di fissare una delle penalità previste dal presente Trattato, deve porre l’interessato in grado di presentare le sue osservazioni.

Le sanzioni pecuniarie e le penalità inflitte in virtù delle disposizioni del presente Trattato possono formare oggetto di ricorso di piena giurisdizione.

I ricorrenti possono opporre, a sostegno di tale ricorso, nei modi previsti dal primo comma dell’articolo 33 del presente Trattato, l’irregolarità delle decisioni e delle raccomandazioni di cui viene loro addebitata l’inosservanza».

2        L’articolo 47 CA era del seguente tenore:

«La Commissione può raccogliere le informazioni necessarie, per l’adempimento dei suoi compiti. Essa può far compiere le verifiche necessarie.

La Commissione è tenuta a non divulgare le informazioni che, per la loro natura, sono tutelate dal segreto professionale, e in particolare le informazioni relative ad imprese e che concernano le loro relazioni commerciali o gli elementi dei costi. Con tale limitazione deve pubblicare i dati che possano essere utili ai governi o a ogni altro interessato.

La Commissione può applicare, nei confronti delle imprese che avessero a sottrarsi agli obblighi loro risultanti da decisioni prese in applicazione delle disposizioni del presente articolo o che avessero a fornire scientemente false informazioni, ammende, il cui ammontare massimo sarà dell’1% del volume annuo degli affari, e penalità di mora, nella misura massima del 5% del volume degli affari medio giornaliero, per ogni giorno di ritardo.

Qualsiasi violazione del segreto professionale da parte della Commissione, che abbia causato danno a un’impresa, potrà essere oggetto d’azione di indennizzo avanti la Corte, nei modi previsti all’articolo 40».

3        L’articolo 65 CA così disponeva:

«1.      Sono proibiti gli accordi tra imprese, le decisioni da parte di associazioni di aziende ed i sistemi concordati che tendano, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza ed in particolare:

a)      a fissare o determinare i prezzi;

b)      a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

c)      a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d’approvvigionamento.

(…)

4.      Gli accordi o le decisioni proibiti in forza del paragrafo 1 del presente articolo sono nulli di pieno diritto e non possono essere invocati dinanzi ad alcuna giurisdizione degli Stati membri.

La Commissione ha competenza esclusiva, salvo i ricorsi avanti la Corte, a pronunciarsi sulla conformità con le disposizioni del presente articolo di detti accordi o decisioni.

5.      Alle imprese che:

– abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto;

– abbiano applicato o tentato di applicare per via di arbitrato, disdetta, boicottaggio, o qualsiasi altro mezzo, un accordo o una decisione nulli di pieno diritto o un accordo la cui approvazione sia stata rifiutata o revocata;

– abbiano ottenuto il beneficio di una autorizzazione per mezzo di informazioni scientemente false o deformate;

– abbiano messo in atto sistemi contrari alle disposizioni del paragrafo 1;

la Commissione può infliggere ammende e penalità non superiori al doppio della cifra d’affari realizzata coi prodotti che sono stati oggetto dell’accordo, della decisione o dei sistemi contrari alle disposizioni del presente articolo, con la possibilità, se il loro scopo è stato quello di restringere la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, di un aumento del limite massimo così determinato fino al 10% della cifra d’affari annua delle imprese in causa, per quanto riguarda l’ammenda, ed al 20% della cifra d’affari giornaliera, per quanto riguarda le penalità».

4        Ai sensi dell’articolo 97 CA, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002.

2.     Disposizioni del Trattato CE

5        L’articolo 305, paragrafo 1, CE prevedeva quanto segue:

«Le disposizioni del presente trattato non modificano quelle del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri, i poteri delle istituzioni di tale Comunità e le norme sancite da tale trattato per il funzionamento del mercato comune del carbone e dell’acciaio».

3.     Regolamento (CE) n. 1/2003

6        A termini dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), «[a]i fini dell’applicazione degli articoli 81 [CE] e 82 [CE], alla Commissione sono attribuite le competenze previste dal presente regolamento».

7        L’articolo 7 del regolamento n. 1/2003, rubricato «Constatazione ed eliminazione delle infrazioni», così dispone:

«1.      Se la Commissione constata, in seguito a denuncia o d’ufficio, un’infrazione all’articolo 81 [CE] o all’articolo 82 [CE], può obbligare, mediante decisione, le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata. (…) Qualora la Commissione abbia un legittimo interesse in tal senso, essa può inoltre procedere alla constatazione di un’infrazione già cessata.

(…)».

8        L’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 dispone come segue:

«La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 [CE] o dell’articolo 82 [CE] (…)».

4.     Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

9        Il 18 giugno 2002, la Commissione delle Comunità europee ha adottato la comunicazione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA (GU C 152, pag. 5; in prosieguo: la «comunicazione del 18 giugno 2002»).

10      Al punto 2 della comunicazione del 18 giugno 2002 è precisato che essa si prefigge:

«(…)

–        di sintetizzare per gli operatori economici e gli Stati membri, nella misura in cui essi sono interessati dal trattato CECA e dalla relativa legislazione secondaria, i più importanti cambiamenti che il passaggio al regime CE comporta relativamente alle norme sostanziali e procedurali applicabili (…),

–        di spiegare come la Commissione intende affrontare questioni specifiche sollevate dal passaggio dal regime CECA al regime CE nei settori dell’antitrust (…), del controllo delle concentrazioni (…) e del controllo degli aiuti di Stato».

11      Il punto 31 della comunicazione del 18 giugno 2002, che figura nella sezione relativa alle questioni specifiche che sorgono con il passaggio dal regime del Trattato CECA al regime del Trattato CE, è così formulato:

«Se la Commissione, nell’applicare il diritto di concorrenza comunitario alle intese, individua una violazione in un settore rientrante nel campo di applicazione del [T]rattato CECA, il diritto sostanziale applicabile sarà, indipendentemente dal momento in cui tale applicazione ha luogo, quello in vigore nel momento in cui si sono verificati i fatti che hanno costituito la violazione. In ogni caso, per quanto riguarda la procedura, dopo la scadenza del Trattato CECA, si applicherà il diritto CE (…)».

 Oggetto della controversia

12      La presente causa ha per oggetto un ricorso volto ad ottenere l’annullamento della decisione C (2009) 7492 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2009, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 65 CA (caso COMP/37.956 – Tondo per cemento armato, riadozione) (in prosieguo: la «prima decisione»), quale modificata dalla decisione C (2009) 9912 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2009 (in prosieguo: la «decisione di modifica») (la prima decisione, quale modificata dalla decisione di modifica, è di seguito denominata la «decisione impugnata»), mediante la quale la Commissione ha inflitto alla Feralpi Holding SpA (in prosieguo: la «Feralpi» oppure la «ricorrente») un’ammenda di EUR 10,25 milioni per la violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA.

13      Nella prima decisione, la Commissione ha dichiarato che le seguenti società avevano violato l’articolo 65 CA:

–        Alfa Acciai SpA (in prosieguo: l’«Alfa»);

–        Feralpi;

–        Ferriere Nord S.p.A.;

–        IRO Industrie Riunite Odolesi SpA (in prosieguo: la «IRO»);

–        Leali SpA e Acciaierie e Ferriere Leali Luigi SpA, in liquidazione (in prosieguo: l’«AFLL») (in prosieguo, queste due società saranno congiuntamente denominate: la «Leali-AFLL»);

–        Lucchini SpA e SP SpA, in liquidazione (in prosieguo, queste due società verranno denominate congiuntamente la «Lucchini-SP»);

–        Riva Fire SpA (in prosieguo: la «Riva»);

–        Valsabbia Investimenti SpA e Ferriera Valsabbia SpA (in prosieguo, queste due società saranno congiuntamente denominate: la «Valsabbia»).

14      Nella decisione di modifica, la Commissione ha apportato modifiche alla motivazione della prima decisione.

 Presentazione della ricorrente e fatti

15      La ricorrente è una società con sede a Brescia (Italia). Sino al 2004, le attività siderurgiche del gruppo erano concentrate nella società Feralpi Siderurgica SpA. In seguito a un processo di riorganizzazione, la Feralpi Siderurgica ha variato la propria denominazione sociale in «Feralpi Holding». In data 25 maggio 2004, quest’ultima ha costituito la società Feralpi SpA, che ha poi assunto la denominazione «Feralpi Siderurgica SpA», alla quale ha trasferito le sue attività produttive attraverso il conferimento del ramo acciaio e siderurgia, ivi inclusa la produzione di tondo per cemento armato. La ex Feralpi Siderurgica, divenuta Feralpi Holding, è diventata una holding di controllo diversificata ed una società di servizi per l’intero gruppo (v. anche punti 85 e 86 della prima decisione).

16      Dall’ottobre al dicembre 2000, la Commissione ha effettuato, conformemente all’articolo 47 CA, accertamenti presso imprese italiane produttrici di tondo per cemento armato e presso un’associazione d’imprese siderurgiche italiane. Inoltre, essa ha indirizzato loro talune richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 47 CA (punto 114 della prima decisione).

17      Il 26 marzo 2002 la Commissione ha avviato il procedimento amministrativo e formulato addebiti ai sensi dell’articolo 36 CA (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti») (punto 114 della prima decisione). La ricorrente ha presentato osservazioni scritte sulla comunicazione degli addebiti. Il 13 giugno 2002 si è tenuta un’audizione (punto 118 della prima decisione).

18      Il 12 agosto 2002 la Commissione ha formulato addebiti supplementari (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti supplementari») ai destinatari della comunicazione degli addebiti iniziale. Nella comunicazione degli addebiti supplementari, fondata sull’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), la Commissione precisava la sua posizione quanto alla prosecuzione del procedimento dopo la scadenza del Trattato CECA. Alle imprese interessate è stato assegnato un termine per la presentazione delle loro osservazioni e si è tenuta una seconda audizione in presenza dei rappresentanti degli Stati membri in data 30 settembre 2002 (punto 119 della prima decisione). La ricorrente ha risposto alla comunicazione degli addebiti supplementari il 13 settembre 2002.

19      In esito al procedimento, la Commissione ha adottato la decisione C (2002) 5087 definitivo, del 17 dicembre 2002, relativa ad una procedura di applicazione dell’articolo 65 CA (COMP/37.956 – Tondo per cemento armato) (in prosieguo: la «decisione del 2002»), mediante la quale ha constatato che le imprese destinatarie di quest’ultima avevano posto in essere un’intesa unica, complessa e continuata sul mercato italiano del tondo per cemento armato in barre o in rotoli, che aveva per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi e aveva altresì dato luogo ad una limitazione o ad un controllo concordati della produzione o delle vendite, in contrasto con l’articolo 65, paragrafo 1, CA (punto 121 della prima decisione). In tale decisione, la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda di EUR 10,25 milioni.

20      Il 4 marzo 2003 la ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunale avverso la decisione del 2002. Con sentenza del Tribunale del 25 ottobre 2007, Feralpi Siderurgica/Commissione (T‑77/03, non pubblicata nella Raccolta), il Tribunale ha annullato la decisione del 2002. Il Tribunale ha rilevato che, tenuto conto in particolare del fatto che la decisione del 2002 non conteneva alcun riferimento all’articolo 3 e all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17, tale decisione era fondata unicamente sull’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA (sentenza Feralpi Siderurgica/Commissione, cit., punto 77). Poiché tali disposizioni erano giunte a scadenza il 23 luglio 2002, la Commissione non poteva più trarre da esse, estinte al momento dell’adozione della decisione del 2002, alcuna competenza a constatare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA e ad infliggere ammende alle imprese che avrebbero partecipato a tale infrazione (sentenza Feralpi Siderurgica/Commissione, cit., punto 96).

21      Con lettera del 30 giugno 2008, la Commissione ha informato la ricorrente e le altre imprese interessate della sua intenzione di riadottare una decisione, modificando la base giuridica rispetto a quella prescelta per la decisione del 2002. Essa ha inoltre precisato che, tenuto conto della portata limitata della sentenza Feralpi Siderurgica/Commissione, citata al punto 20 supra, la decisione riadottata sarebbe stata fondata sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari. Alle imprese interessate è stato assegnato un termine per presentare le loro osservazioni (punti 6 e 123 della prima decisione). La Feralpi ha risposto a detta lettera il 31 luglio 2008. La lettera del 30 giugno 2008 è stata seguita da varie richieste di informazioni, alle quali la ricorrente ha dato risposta.

 Prima decisione

22      Il 30 settembre 2009 la Commissione ha adottato la prima decisione, che è stata notificata alla ricorrente con lettera del 2 ottobre 2009.

23      Nella prima decisione, la Commissione ha constatato che le restrizioni della concorrenza in essa riscontrate traevano origine in un’intesa tra produttori italiani di tondo per cemento armato e tra questi ultimi e la loro associazione, che aveva avuto luogo nel periodo tra il 1989 e il 2000 e che aveva avuto per oggetto o per effetto di fissare o di determinare i prezzi e di limitare o di controllare la produzione o le vendite tramite lo scambio di un ampio numero di informazioni relative al mercato del tondo per cemento armato in Italia (punti 7 e 399 della prima decisione).

24      Per quanto riguarda la valutazione giuridica dei comportamenti di cui trattasi nel caso di specie, in primo luogo, ai punti da 353 a 369 della prima decisione, la Commissione ha sottolineato che il regolamento n. 1/2003 doveva essere interpretato nel senso che esso le consentiva di constatare e di sanzionare, dopo il 23 luglio 2002, le intese nei settori rientranti ratione materiae e ratione temporis nell’ambito di applicazione del Trattato CECA. Al punto 370 della prima decisione, essa ha indicato che quest’ultima era stata adottata conformemente alle norme procedurali del Trattato CE e del regolamento n. 1/2003. Ai punti da 371 a 376 della prima decisione, la Commissione ha peraltro ricordato che i principi disciplinanti la successione delle norme nel tempo potevano condurre all’applicazione di disposizioni sostanziali non più in vigore al momento dell’adozione di un atto da parte di un’istituzione dell’Unione europea, fatta salva l’applicazione del principio generale della lex mitior, in forza del quale una persona non può essere sanzionata per un fatto che non costituisce un illecito ai sensi della legislazione entrata in vigore successivamente. Essa è giunta alla conclusione che, nel caso di specie, il Trattato CE non era in concreto più favorevole del Trattato CECA e che, di conseguenza, il principio della lex mitior non avrebbe comunque potuto essere validamente invocato per contestare l’applicazione del Trattato CECA ai comportamenti in esame nella specie.

25      In secondo luogo, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA, anzitutto, la Commissione ha rilevato che l’intesa aveva per oggetto la fissazione dei prezzi, in funzione della quale era stata concordata anche la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite. Secondo la Commissione, per quanto riguarda la fissazione dei prezzi l’intesa si era essenzialmente concretizzata negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti il prezzo base nel periodo dal 15 aprile 1992 al 4 luglio 2000 (e, fino al 1995, negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti i termini di pagamento) e negli accordi o nelle pratiche concordate riguardanti i «supplementi» nel periodo dal 6 dicembre 1989 al 1º giugno 2000 (punti 399 e 400 della prima decisione).

26      Per quanto riguarda, poi, gli effetti sul mercato delle pratiche restrittive di cui trattasi, la Commissione ha indicato che, trattandosi di un’intesa il cui obiettivo era quello di impedire, limitare o alterare il gioco normale della concorrenza, non era necessario verificare se essa avesse prodotto effetti sul mercato (punto 512 della prima decisione). Essa ha nondimeno ritenuto che l’intesa avesse avuto effetti concreti sul mercato (punti da 513 a 518 della prima decisione). In particolare, la Commissione ha concluso che l’intesa aveva influenzato il prezzo di vendita praticato dai produttori di tondo per cemento armato in Italia, sebbene le misure adottate nell’ambito dell’intesa non avessero sempre portato immediatamente ai risultati auspicati dalle imprese che vi partecipavano. Inoltre, secondo la Commissione, possono esserci stati fenomeni con effetti differiti. Peraltro, le imprese di cui trattasi rappresentavano all’incirca il 21% del mercato italiano del tondo per cemento armato nel 1989, il 60% nel 1995 e all’incirca l’83% nel 2000, il che indicherebbe un effetto crescente sul mercato degli aumenti di prezzi concordati. Infine, la Commissione ha sottolineato che il fatto che, dal 1989, le iniziative adottate in tale settore fossero comunicate a tutti i produttori di tondo per cemento armato aveva accresciuto l’importanza di tali effetti anche nei primi anni dell’intesa (punto 519 della prima decisione).

27      In terzo luogo, la Commissione ha individuato i destinatari della prima decisione. Per quanto riguarda la ricorrente, ai punti da 530 a 532 della prima decisione la Commissione ha affermato che, nella decisione del 2002, la Feralpi Siderurgica era l’impresa alla quale erano imputabili, oltre ai propri comportamenti, anche quelli della Feralpi Siderurgica Srl e della precedente Feralpi Siderurgica Spa. Secondo la Commissione, esistevano un’identità e una continuità economica e giuridica evidenti tra la prima Feralpi Siderurgica SpA., la Feralpi Siderurgica Srl e la seconda Feralpi Siderurgica SpA, dato che quest’ultima aveva continuato l’attività delle altre due, in particolare nel settore del tondo per cemento armato. A tal riguardo, la Commissione ha aggiunto che le persone che ricoprivano gli incarichi di Presidente, di Consigliere delegato e di Direttore dell’Ufficio commerciale Italia erano rimaste immutate dal 1989. La Commissione ne aveva tratto la conclusione che la che la prima Feralpi Siderurgica Spa, la Feralpi Siderurgica Srl, la seconda Feralpi Siderurgica SpA e la Feralpi Holding dovevano essere considerate come la stessa persona giuridica e che la ricorrente era responsabile per l’infrazione commessa dai suoi predecessori legali ed era pertanto la destinataria della prima decisione.

28      In quarto luogo, la Commissione ha considerato che l’articolo 65, paragrafo 2, CA e l’articolo 81, paragrafo 3, CE non erano applicabili al caso di specie (punti da 567 a 570 della prima decisione). Essa ha altresì sottolineato che le norme in materia di prescrizione enunciate all’articolo 25 del regolamento n. 1/2003 non le impedivano di adottare la prima decisione (punti da 571 a 574 della prima decisione).

29      In quinto luogo, per quanto riguarda il calcolo dell’importo delle ammende inflitte nel caso di specie, la Commissione ha indicato che, in forza dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, essa poteva infliggere ammende alle imprese che avevano violato le norme sulla concorrenza. Poiché il limite massimo delle ammende previsto dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 è diverso da quello fissato dall’articolo 65, paragrafo 5, CA, la Commissione ha indicato che avrebbe applicato il limite più basso, conformemente al principio della lex mitior (punto 576 della prima decisione). Essa ha altresì indicato che, conformemente a quanto da essa comunicato alle imprese interessate con lettera del 30 giugno 2008, aveva deciso di applicare, nel caso di specie, gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»). Essa ha aggiunto che, nel caso di specie, tuttavia, avrebbe tenuto conto del fatto che, al momento dell’adozione della decisione del 2002, essa aveva già deciso in ordine all’importo delle ammende che intendeva infliggere alle imprese interessate (punti 579 e 580 della prima decisione).

30      Anzitutto, la Commissione ha considerato che un’intesa avente per oggetto la fissazione dei prezzi, attuata in vari modi, segnatamente facendo ricorso alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite, costituiva un’infrazione molto grave al diritto della concorrenza dell’Unione (punto 591 della prima decisione). La Commissione ha respinto gli argomenti delle imprese interessate secondo cui la gravità dell’infrazione sarebbe attenuata alla luce dei limitati effetti concreti sul mercato e del contesto economico in cui le suddette imprese operavano (punti da 583 a 596 della prima decisione). Secondo la Commissione, nonostante il carattere molto grave dell’infrazione, essa ha tenuto conto, nel fissare l’importo di base dell’ammenda, delle caratteristiche specifiche di questo caso, segnatamente del fatto che esso riguardava un mercato nazionale soggetto, all’epoca dei fatti, a una particolare normativa del Trattato CECA e del quale le imprese destinatarie della prima decisione rappresentavano, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata (punto 599 della prima decisione).

31      Successivamente, la Commissione ha considerato il peso specifico di ciascuna impresa e ha classificato le medesime in funzione della loro importanza relativa sul mercato in questione. Dato che le quote di mercato relative ottenute dalle destinatarie della prima decisione nel corso dell’ultimo anno intero dell’infrazione (1999) non erano state considerate dalla Commissione come rappresentative della presenza effettiva di queste ultime sul mercato rilevante nel periodo di riferimento, la Commissione ha distinto, sulla base delle quote di mercato medie nel periodo 1990‑1999, tre gruppi d’imprese, ossia, in primo luogo, la Feralpi e la Valsabbia, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 5 milioni, in secondo luogo, la Lucchini-SP, l’Alfa, la Riva e la Leali-AFLL, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 3,5 milioni, e, in terzo luogo, la IRO e la Ferriere Nord, a cui ha applicato un importo di partenza dell’ammenda di EUR 1,75 milioni (punti da 599 a 602 della prima decisione).

32      Al fine di assicurare all’ammenda un effetto sufficientemente dissuasivo, la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda della Lucchini‑SP del 200% e quello della Riva del 375% (punti 604 e 605 della prima decisione).

33      Inoltre, la Commissione ha ritenuto che l’intesa si fosse protratta dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000. Per quanto riguarda la partecipazione della ricorrente all’infrazione, la Commissione ha rilevato che essa si era protratta dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000 (punto 606 della prima decisione).

34      Poiché l’infrazione è durata oltre dieci anni e sei mesi per l’insieme delle imprese, ad eccezione della Ferriere Nord, l’importo di partenza dell’ammenda è stato aumentato del 105% per tutte le imprese, ad eccezione delle Ferriere Nord, il cui importo di partenza è stato maggiorato del 70%. Gli importi di base delle ammende sono quindi stati fissati nel seguente modo:

–        Feralpi: EUR 10,25 milioni;

–        Valsabbia: EUR 10,25 milioni;

–        Lucchini‑SP: EUR 14,35 milioni;

–        Alfa: EUR 7,175 milioni;

–        Riva: EUR 26,9 milioni;

–        Leali-AFLL: EUR 7,175 milioni;

–        IRO: EUR 3,58 milioni;

–        Ferriere Nord: EUR 2,97 milioni (punti 607 e 608 della prima decisione).

35      Per quanto concerne, poi, le circostanze aggravanti, la Commissione ha rilevato che la Ferriere Nord era già stata destinataria di una decisione della Commissione, adottata il 2 agosto 1989, per la sua partecipazione ad un’intesa riguardante la fissazione dei prezzi e la limitazione delle vendite nel settore delle reti metalliche elettrosaldate e ha aumentato del 50% l’importo di base della sua ammenda. La Commissione non ha applicato alcuna circostanza attenuante (punti da 609 a 623 della prima decisione).

36      In seguito, per quanto riguarda la determinazione dell’importo massimo dell’ammenda conformemente all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione ha ritenuto che l’importo dell’ammenda imposto alle imprese interessate non fosse superiore al massimale del 10% del fatturato realizzato per i prodotti rientranti nell’ambito di applicazione del Trattato CECA sul territorio dell’Unione nel 2007 (punti da 630 a 632 della prima decisione).

37      Infine, per quanto riguarda l’applicazione della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4), la Commissione ha indicato che la Ferriere Nord le aveva fornito indicazioni utili che le avevano consentito di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa prima dell’invio della comunicazione degli addebiti, sicché le aveva concesso una riduzione del 20% dell’importo della sua ammenda. La Commissione ha considerato che le altre imprese interessate non avevano soddisfatto le condizioni della suddetta comunicazione (punti da 633 a 641 della prima decisione).

38      Il dispositivo della prima decisione è così formulato:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 65, paragrafo 1, [CA] partecipando, nei periodi indicati, a un accordo continuato e/o [a] pratiche concertate riguardanti il tondo per cemento armato in barre o in rotoli, aventi per oggetto e/o per effetto la fissazione dei prezzi e la limitazione e/o il controllo della produzione o delle vendite nel mercato comune:

–        [Leali/AFLL], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Alfa], dal 6 dicembre 1989 al 4 luglio 2000;

–        [Ferriera Valsabbia e Valsabbia Investimenti], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Feralpi], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [IRO], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Lucchini‑SP], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Riva], dal 6 dicembre 1989 al 27 giugno 2000;

–        [Ferriere Nord], dal 1° aprile 1993 al 4 luglio 2000;

Articolo 2

Le seguenti ammende sono inflitte per le infrazioni di cui all’articolo 1:

–        [Alfa]: 7,175 milioni di EUR;

–        [Feralpi]: 10,25 milioni di EUR;

–        [Ferriere Nord]: 3,57 milioni di EUR;

–        [IRO]: 3,58 milioni di EUR;

–        [Leali e AFLL], solidalmente: 6,093 milioni di EUR;

–        [Leali]: 1,082 milioni di EUR;

–        [Lucchini e SP], solidalmente: 14,35 milioni di EUR;

–        [Riva]: 26,9 milioni di EUR;

–        [Valsabbia Investimenti e Ferriera Valsabbia], solidalmente: 10,25 milioni di EUR

(…)».

 Sviluppi successivi alla notifica della prima decisione

39      Con lettere inviate tra il 20 e il 23 novembre 2009, otto delle undici società destinatarie della prima decisione, ovvero la ricorrente, l’Alfa, la Riva, la IRO, la Ferriere Nord, la Lucchini, la Ferriera Valsabbia e la Valsabbia Investimenti, hanno indicato alla Commissione che l’allegato della prima decisione, quale notificata ai suoi destinatari, non conteneva le tabelle che illustravano le variazioni di prezzo.

40      Il 24 novembre 2009 i servizi della Commissione hanno informato tutti i destinatari della prima decisione che avrebbero provveduto affinché una decisione contenente le suddette tabelle fosse loro notificata.

 Decisione di modifica

41      L’8 dicembre 2009, la Commissione ha adottato la decisione di modifica, che integrava nel suo allegato le tabelle mancanti e correggeva i riferimenti numerati alle suddette tabelle in otto note a piè di pagina.

42      Il dispositivo di detta decisione recava modifica delle note a piè di pagina nn. 102, 127, 198, 264, 312, 362, 405 e 448 della prima decisione. Le tabelle contenute in allegato della decisione di modifica sono state aggiunte come allegati della prima decisione.

 Procedimento e conclusioni delle parti

43      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 febbraio 2010, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

44      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        disporre, in via istruttoria, le opportune misure, ai sensi degli articoli 65 e 66 del regolamento di procedura del Tribunale, al fine di verificare il rispetto del principio di collegialità nella procedura di adozione della prima decisione;

–        dichiarare, nel merito:

–        la nullità o l’inesistenza della decisione di riadozione;

–        in subordine, l’annullamento totale o parziale della decisione di riadozione per la parte in cui accerta l’esistenza di una violazione dell’articolo 65 CECA, ovvero per la parte in cui accerta la partecipazione della ricorrente all’asserita infrazione, nonché l’annullamento o la riduzione dell’ammenda inflitta alla ricorrente da tale decisione;

–        condannare la Commissione alle spese.

45      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere le richieste di misure istruttorie;

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

46      In seguito alla modifica della composizione delle Sezioni, il giudice relatore è stato assegnato alla Seconda Sezione, alla quale è stata conseguentemente attribuita la presente causa.

47      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso l’apertura della fase orale nella presente causa e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 64 del regolamento di procedura, ha posto un quesito scritto alla Commissione. Questa vi ha risposto entro il termine impartito.

48      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza che ha avuto luogo il 25 marzo 2014.

 In diritto

49      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce sette motivi. Il primo verte sulla violazione dell’obbligo di motivazione e del principio di collegialità e su un difetto nel procedimento di riadozione della decisione del 2002. Il secondo, sull’inadeguatezza della base giuridica della decisione impugnata. Il terzo, sulla violazione dei diritti della difesa e dei principi di buona amministrazione, di proporzionalità e di parità delle armi. Il quarto, sulla violazione dei criteri di imputazione, su un’erronea valutazione dei fatti e su un difetto di istruttoria e di motivazione. Il quinto, sull’errata definizione del mercato rilevante. Il sesto, sull’erronea valutazione dei fatti, sulla violazione dell’articolo 65 CA, sulla violazione del principio di non discriminazione e sulla violazione dell’articolo 296 TFUE. Infine, il settimo, sull’errata determinazione dell’importo dell’ammenda.

1.     Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione e del principio di collegialità e su un difetto nel procedimento di riadozione della decisione del 2002

50      La ricorrente ricorda che la prima decisione non conteneva un allegato con tabelle illustrative delle variazioni dei prezzi del tondo per cemento armato durante l’attuazione dell’intesa. Dette tabelle sarebbero parte integrante della motivazione della prima decisione, dato che in numerosi passaggi essa si limitava a rinviare al contenuto delle tabelle mancanti. Ne conseguirebbe che il collegio dei membri della Commissione non aveva potuto esprimere le proprie valutazioni e deliberare su un atto completo di tutti i suoi elementi in fatto e in diritto, il che metterebbe in dubbio la validità della decisione impugnata, ed anzi la sua stessa esistenza. In considerazione di ciò, la ricorrente chiede al Tribunale di disporre le opportune misure istruttorie, segnatamente ordinando la produzione in giudizio di tutta la documentazione pertinente relativa alle deliberazioni del collegio dei membri della Commissione, al fine di accertare se detto collegio si sia potuto effettivamente pronunciare su tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti nel caso di specie.

51      Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente che pone in dubbio la stessa esistenza della decisione impugnata, si deve ricordare che dalla giurisprudenza della Corte risulta che gli atti delle istituzioni dell’Unione si presumono, in linea di principio, legittimi e producono pertanto effetti giuridici, anche se sono viziati da irregolarità, finché non siano stati annullati o revocati (sentenze della Corte del 15 giugno 1994, Commissione/BASF e a., C‑137/92 P, Racc. pag. I‑2555, punto 48; dell’8 luglio 1999, Hoechst/Commissione, C‑227/92 P, Racc. pag. I‑4443, punto 69, e del 5 ottobre 2004, Commissione/Grecia, C‑475/01, Racc. pag. I‑8923, punto 18).

52      Tuttavia, in deroga a questo principio, gli atti viziati da un’irregolarità la cui gravità sia così evidente che non può essere tollerata dall’ordinamento giuridico dell’Unione non possono vedersi riconosciuto alcun effetto giuridico, neanche provvisorio, devono cioè essere considerati giuridicamente inesistenti. Tale deroga mira a salvaguardare l’equilibrio fra due esigenze fondamentali, ma talvolta confliggenti, cui deve ispirarsi un ordinamento giuridico, e precisamente la stabilità dei rapporti giuridici e il rispetto della legge (sentenze Commissione/BASF e a., cit. al punto 51 supra, punto 49, e Hoechst/Commissione, cit. al punto 51 supra, punto 70).

53      La gravità delle conseguenze che si ricollegano all’accertamento dell’inesistenza di un atto delle istituzioni dell’Unione esige che, per ragioni di certezza del diritto, l’inesistenza venga constatata soltanto in casi del tutto estremi (sentenze Commissione/BASF e a., cit. al punto 51 supra, punto 50, e Hoechst/Commissione, cit. al punto 51 supra, punto 76).

54      Occorre immediatamente constatare nel caso di specie che le irregolarità fatte valere dalla ricorrente non sembrano di una gravità evidente al punto da dover considerare la decisione impugnata giuridicamente inesistente.

55      Sotto un primo profilo, la ricorrente afferma che le tabelle che non figuravano in allegato alla prima decisione costituivano un elemento essenziale della motivazione di tale decisione.

56      Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la motivazione di un atto deve essere adeguata alla natura del medesimo e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità di motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto si deve accertare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 15 CA alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 24 settembre 1996, NALOO/Commissione, T‑57/91, Racc. pag. II‑1019, punto 298, e del 13 dicembre 2001, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, T‑45/98 e T‑47/98, Racc. pag. II‑3757, punto 129; v., altresì, in senso analogo, sentenze della Corte del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc. pag. I‑1719, punto 63, e del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, Racc. pag. I‑9555, punto 131, e la giurisprudenza ivi citata).

57      Inoltre, nel contesto delle decisioni individuali, da una giurisprudenza costante emerge che l’obbligo di motivare una decisione individuale ha lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per sapere se la decisione sia eventualmente affetta da un vizio che consenta di contestarne la validità (v. sentenza della Corte del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, Racc. pag. I‑8947, punto 148, e la giurisprudenza ivi citata).

58      In linea di principio, la motivazione deve dunque essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio (sentenza Elf Aquitaine/Commissione, cit. al punto 57 supra, punto 149).

59      Si deve constatare che la prima decisione non conteneva i suoi allegati, fra i quali figuravano parecchie tabelle alle quali era fatto rinvio ai punti 451 (tabella 13), 513 (tabelle 1 e 3), 515 (tabelle 1, 2 e 3), 516 (tabelle 9, da 11 a 14 e 16) e 518 (tabelle 11, 12 e 14) nonché alle note a piè di pagina nn. 102 (tabelle da 15 a 17), 127 (tabelle da 18 a 21), 198 (tabelle 22 e 23), 264 (tabelle 24 e 25), 312 (tabella 26), 362 (tabella 27), 405 (tabella 28), 448 (tabelle 29 e 30) e 563 (insieme delle tabelle allegate alla decisione impugnata) di tale decisione. A tal riguardo, la Commissione afferma che le tabelle in questione si limitano a riprodurre in modo schematico e sintetico gli elementi già contenuti nella prima decisione.

60      È necessario pertanto verificare se, indipendentemente dall’assenza di tabelle allegate alla prima decisione, citate al precedente punto 55, i punti pertinenti di tale decisione, a sostegno dei quali le suddette tabelle sono state menzionate, facciano apparire in modo chiaro e non equivoco il ragionamento seguito dalla Commissione e abbiano consentito alla ricorrente di conoscere le giustificazioni della misura adottata.

61      Occorre anzitutto rilevare che l’insieme delle tabelle mancanti nella prima decisione era già stato allegato alla comunicazione degli addebiti, prodotta dalla ricorrente in allegato al suo ricorso.

62      Occorre altresì sottolineare che, nella decisione di modifica, la Commissione non ha modificato l’insieme dei rinvii alle tabelle mancanti nella prima decisione, ma unicamente i rinvii compiuti alle note a piè di pagina nn. 102, 127, 198, 264, 312, 362, 405 e 448 di quest’ultima.

63      In primo luogo, riguardo alle tabelle da 15 a 17 (menzionate nella nota a piè di pagina n. 102 della prima decisione), si deve constatare che esse riproducono, secondo tale nota a piè di pagina, i «dati riguardanti le modifiche dei prezzi degli “extra di dimensione” che hanno caratterizzato l’industria del tondo per cemento armato in Italia dal dicembre 1989 al giugno 2000». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno della prima frase del punto 126 della prima decisione, formulato come segue:

«Nella prima riunione della quale è a conoscenza la Commissione (quella del 6 dicembre 1989 presso l’[Associazione Industriale Bresciana], i partecipanti hanno deciso all’unanimità di aumentare, dal lunedì 11 dicembre 1989, i prezzi degli “extra di dimensione” del tondo per cemento armato sia in barre che in rotoli destinato al mercato italiano (+ 10 ITL/Kg per gli “extra” da 14 a 30 mm, + 15 ITL/Kg per quelli da 8 a 12 mm, + 20 ITL/Kg per quelli da 6 mm; tutti aumentati di 5 ITL/Kg per il materiale in rotoli)».

64      Si deve rilevare che la Commissione ha espressamente indicato, nel suddetto punto, gli aumenti dei prezzi degli extra legati al diametro del tondo per cemento armato che erano stati decisi dai partecipanti alla riunione del 6 dicembre 1989 nonché la loro data di entrata in vigore. Inoltre, per quanto riguarda gli ulteriori aumenti che, secondo la nota a piè di pagina n. 102 della prima decisione, sono indicati anche in tali tabelle (dato che esse riguardano il periodo dal 1989 al 2000), si deve notare che essi non sono oggetto del capitolo 4.1 della prima decisione, al quale si riferisce il punto 126, relativo al comportamento delle imprese fra il 1989 e il 1992. In ogni caso, tali aumenti sono menzionati, fra l’altro, anche ai punti da 126 a 128 e 133 (per gli anni 1989‑1992), 93 e 94 (per gli anni 1993‑1994), 149, 150, 151, 162 e 163 (per il 1995), 184 e 185 (per il 1996), 199, 200 e 213 (per il 1997), 269 (per il 1999), e da 296 a 304 (per il 2000) nonché ai punti 439 e 515 della prima decisione.

65      In secondo luogo, riguardo alle tabelle da 18 a 21, citate nella nota a piè di pagina n. 127 della prima decisione, si deve rilevare che esse riproducono, secondo tale nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti riguardanti il periodo fine 1989/fine 1992 dei quali [era] in possesso la Commissione». Tali tabelle sono menzionate dalla Commissione a sostegno del punto 131 della prima decisione, che enuncia quanto segue:

«Per quel che riguarda i prezzi base per il tondo per cemento armato applicati durante il periodo di vigenza del suddetto accordo, si rileva che la IRO e la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A. hanno applicato, a partire dal 16 aprile 1992, quello di ITL/Kg 210 e, a partire dal 1°/6 maggio 1992, quello di ITL/Kg 225. Dal 1°/8 giugno 1992, la IRO, la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A., la Acciaieria di Darfo S.p.A. e la Acciaierie e Ferriere Leali Luigi S.p.A. hanno applicato quello di ITL/Kg 235».

66      Occorre pertanto constatare che, pur richiamandosi a cinque pagine del fascicolo amministrativo, menzionate nella nota a piè di pagina n. 126 della prima decisione, la Commissione ha espressamente indicato, al suddetto punto, i prezzi base che erano stati fissati dalle imprese ivi menzionate, nonché la data a partire dalla quale essi erano applicati. Inoltre, si deve rilevare che, al punto 419 della prima decisione, la Commissione ha osservato che il primo comportamento relativo alla fissazione del prezzo base si era verificato, al più tardi, il 16 aprile 1992. Gli eventuali dati figuranti nelle tabelle da 18 a 21 della decisione di modifica, relativi ai prezzi base per il periodo compreso, secondo la nota a piè di pagina n. 127 della prima decisione, tra la «fine [del] 1989» e il 16 aprile 1992, sono dunque privi di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 131 della prima decisione.

67      In terzo luogo, riguardo alle tabelle 22 e 23, citate nella nota a piè di pagina n. 198 della prima decisione, si deve constatare che esse riproducono, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti riguardanti il 1993 ed il 1994 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno del punto 145 della prima decisione, così formulato:

«Come previsto nel telefax della Federacciai del 25 novembre 1994, il 1° dicembre 1994 si è svolta a Brescia una ulteriore riunione, dove sono state prese le decisioni precisate in un altro telefax della Federacciai, ricevuto dalle imprese il 5 dicembre 1994. Dette decisioni riguardavano:

–        i prezzi del tondo per cemento armato (320 ITL/Kg base partenza Brescia, con decorrenza immediata);

–        i pagamenti (dal 1° gennaio 1995 la dilazione massima sarà di 60/90 giorni fine mese, dal 1° marzo 1995 la dilazione sarà contenuta nei 60 giorni) e gli sconti;

–        la produzione (obbligo, per ciascuna impresa di comunicare alla Federacciai, entro il 7 dicembre 1994, le tonnellate di tondo per cemento armato prodotte in settembre, ottobre e novembre 1994).

La Alfa Acciai S.R.L. ha adottato il nuovo prezzo base il 7 dicembre 1994. Il 21 dicembre 1994 lo ha adottato anche la Acciaieria di Darfo S.p.A., e l’Alfa Acciai S.R.L. ha riconfermato il medesimo prezzo. Anche il prezzo base della [Lucchini‑SP] relativo al gennaio 1995 era di ITL/Kg 320».

68      A tal riguardo, si deve sottolineare che le tabelle indicate nella nota a piè di pagina n. 198 della prima decisione sono state menzionate dalla Commissione a sostegno della sua affermazione secondo cui «la Alfa Acciai S.R.L. [avev]a adottato il nuovo prezzo base il 7 dicembre 1994», «[i]l 21 dicembre 1994 lo [avev]a adottato anche la Acciaieria di Darfo S.p.A., e l’Alfa Acciai S.R.L. [avev]a riconfermato il medesimo prezzo». Ora, il «nuovo prezzo base» e il «medesimo prezzo» a cui si faceva riferimento erano il prezzo di 320 lire italiane al chilo (ITL/kg) indicato al primo trattino del suddetto punto. Gli eventuali dati figuranti nelle tabelle 22 e 23 della decisione di modifica, relative ai prezzi base per il periodo tra il 1993 e il 7 dicembre 1994 sono pertanto privi di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 145 della prima decisione.

69      In quarto luogo, riguardo alle tabelle 24 e 25, menzionate nella nota a piè di pagina n. 264 della prima decisione, si deve rilevare che esse riproducono, secondo tale nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica S.p.A., anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1995 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono citate dalla Commissione a sostegno del punto 174 della prima decisione, che è formulato come segue:

«Successivamente, in un documento dei primi giorni di ottobre del 1995, in possesso della Federacciai (manoscritto dalla segretaria del Direttore generale facente funzione) è affermato che:

–        la clientela rimetteva in discussione i pagamenti (da cui la necessità di una comunicazione che ribadisse la fermezza sui pagamenti);

–        dalla settimana precedente il prezzo del tondo per cemento armato era sceso di ulteriori 5/10 ITL/Kg, collocandosi tra le 260/270 ITL/Kg in zona Brescia, con quotazioni al di sotto delle 250 ITL/Kg fuori di detta zona;

–        la situazione del mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo; e

–        si dovevano richiedere alle imprese i dati riguardanti gli ordini della 39ma (dal 25 al 29 settembre 1995) e 40ma (dal 2 al 6 ottobre 1995) settimana».

70      Deve pertanto essere rilevato che, al punto 174 della prima decisione, la Commissione si è limitata a prendere atto del contenuto di un documento manoscritto della segretaria del direttore generale facente funzione, redatto nell’ottobre 1995. A tal riguardo, la Commissione ha rinviato alle tabelle 24 e 25 unicamente a sostegno dell’affermazione contenuta in tale documento, secondo cui «la situazione di mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo». Le tabelle 24 e 25 appaiono dunque prive di rilevanza ai fini della comprensione degli addebiti della Commissione indicati al punto 174 della prima decisione.

71      In quinto luogo, riguardo alla tabella 26, menzionata nella nota a piè di pagina n. 312 della prima decisione, si deve constatare che essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica S.p.A., anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1996 dei quali [era] in possesso la Commissione». Tale tabella è citata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione, contenuta al punto 200 della prima decisione, secondo cui «[d]urante il periodo che va dal 22 ottobre 1996 al 17 luglio 1997 c[’erano] state almeno dodici riunioni dei responsabili commerciali delle imprese, svoltesi [,in particolare, il] martedì 22 ottobre 1996, data in cui [erano] stat[i] riconfermat[i] per il mese di novembre 1996 il prezzo di ITL/Kg 230 base partenza Brescia e il mantenimento della quotazione di ITL/Kg 210 esclusivamente per le consegne di ottobre».

72      Si deve pertanto constatare che, nonostante l’assenza della tabella 26 nella prima decisione, la Commissione ha espressamente citato, al punto 200 della stessa, il prezzo base del periodo in questione nonché il momento della loro entrata in vigore.

73      In sesto luogo, per quanto riguarda la tabella 27, menzionata nella nota a piè di pagina n. 362 della prima decisione, essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini Siderurgica S.p.A., anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1997 dei quali [era] in possesso la Commissione». Detta tabella è menzionata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione, contenuta al punto 216 della prima decisione, secondo cui:

«Comunque, la [Lucchini‑SP …], l’Acciaieria di Darfo S.p.A., l’Alfa Acciai S.R.L., la Feralpi Siderurgica S.R.L., la IRO, la Riva Prodotti Siderurgici S.p.A. e la (ex) Ferriera Valsabbia S.p.A. sono le sette imprese destinatarie di una comunicazione (datata 24 novembre 1997) del Dott. Pierluigi Leali, avente ad oggetto l’“ACCORDO PREZZO-CONSEGNE” (…) “Il prezzo di ITL 270/Kg è stato solo chiesto, senza risultato – continuava la comunicazione – da un paio di ferriere mentre in realtà, come dichiarato da più parti nel corso dell’ultima riunione dei commerciali, la quotazione è assestata a ITL 260/Kg con punte al di sotto. Rileviamo tuttavia con parziale soddisfazione che la caduta si è arrestata grazie al contingentamento delle consegne che tutti stiamo rispettando e che, come da accordi, sarà verificato da ispettori esterni all’uopo nominati”. “In questo fine mese – continuava sempre la comunicazione – che ormai si sta trascinando per inerzia, è indispensabile intervenire con immediato irrigidimento sulla quotazione minima di ITL 260/Kg (che non andrebbe sicuramente ad incidere sulle scarse acquisizioni del periodo). Con la pianificazione delle consegne di dicembre concordate (– 20% sulla quota di novembre) siamo sicuramente nella condizione di mantenere il livello di prezzo concordato; è però indispensabile – concludeva il Dott. Pierluigi Leali – che nessuno accetti deroghe sul prezzo minimo stabilito (ITL 260/Kg)”».

74      Dalla formulazione del suddetto punto si evince quindi che la Commissione si è limitata a riprodurre il testo della comunicazione del 24 novembre 1997 ivi menzionata. La tabella 27 risulta pertanto priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 216 della prima decisione.

75      In settimo luogo, riguardo alla tabella 28, menzionata nella nota a piè di pagina n. 405 della prima decisione, si deve constatare che essa riproduce, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e per la Lucchini/Siderpotenza anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1998 dei quali [era] in possesso la Commissione». Detta tabella è citata dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta al punto 241 della prima decisione, che enuncia quanto segue:

«L’11 settembre 1998 il Dott. Pierluigi Leali ha inviato una comunicazione (…) nella quale, facendo riferimento all’intenzione espressa (in un incontro avvenuto il 9 settembre 1998) di mantenere la quotazione minima, a ITL “170 [base di partenza]”???, si rilevavano “comportamenti anomali, ovvero quotazioni mediamente inferiori [di ITL] 5/Kg al livello stabilito, che in alcune zone del sud diventavano ancora maggiori”. “Per parte nostra – scriveva il Dott. Pierluigi Leali – il livello minimo concertato viene mantenuto con conseguente riduzione del flusso di ordini”. “Ci auguriamo – terminava la comunicazione – che nell’incontro tra i responsabili commerciali di martedì 15 c.m. venga riscontrata una sostanziale tenuta dei prezzi, valida per un eventuale recupero della quotazione”».

76      Risulta, pertanto, dalla stessa formulazione di tale punto che la Commissione si è limitata a riprodurre il contenuto della comunicazione dell’11 settembre 1998 ivi menzionato. La tabella 28 appare dunque priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al punto 241 della prima decisione.

77      In ottavo luogo, riguardo alle tabelle 29 e 30, citate nella nota a piè di pagina n. 448 della prima decisione, si deve constatare che esse riproducono, secondo la suddetta nota, i «dati relativi ai prezzi base di listino o comunicati agli agenti (e, per la Lucchini/Siderpotenza, anche quelli relativi alla situazione mensile) riguardanti il 1999 dei quali [era] in possesso la Commissione». Dette tabelle sono menzionate dalla Commissione a sostegno dell’affermazione contenuta al punto 276 della prima decisione, così formulato:

«Ulteriori informazioni, sulla situazione del mercato del tondo per cemento armato in Italia in questo periodo, sono contenute in un documento redatto dalla Leali il 10 novembre 1999, e in particolare nella sezione intitolata “BENEFICI E LIMITI DELL’ACCORDO COMMERCIALE ANNO 1999” in cui si legge: “L’accordo base raggiunto tra i produttori nazionali ha consentito, durante i1 1999, di invertire la situazione di debolezza dei prezzi che aveva caratterizzato i due precedenti esercizi 1997 e 1998 e di recuperare oltre 50 ITL/Kg di margine lordo. Durante l’anno 1998 il margine lordo medio (prezzo di vendita – costo materie prime) era risultato di ITL/Kg 70, e per ben 5 mesi era sceso al di sotto di tale soglia”. (…) “L’accordo raggiunto ha consentito di stabilizzare i prezzi di vendita in corso di anno, ed i produttori hanno potuto beneficiare della situazione dei costi della materia prima, incrementando il margine lordo di oltre 50 ITL il Kg, portandolo a ITL/Kg 122 nette”».

78      Risulta pertanto dalla formulazione del punto 276 della prima decisione che la Commissione si è limitata a riprodurre il contenuto della comunicazione del 10 novembre 1999 ivi menzionato. L’assenza delle tabelle 29 e 30 è quindi priva di rilevanza ai fini della comprensione dell’addebito della Commissione indicato al suddetto punto della prima decisione.

79      In nono luogo, la tabella 13, menzionata al punto 451 della prima decisione, è citata a sostegno dell’affermazione secondo cui «[p]er quel che riguarda il 1997, occorre[va] constatare che esso [era] stato caratterizzato, nel suo primo semestre, da un aumento costante del prezzo base fissato dall’intesa anticoncorrenziale: ITL/Kg 190, fissato nella riunione del 30 gennaio; ITL/Kg 210, fissato nella riunione del 14 febbraio; ITL/Kg 250, fissato nella riunione del 10 luglio (punto 200)» e secondo cui «[n]ello stesso periodo, il prezzo base medio di mercato [era] anch’esso costantemente aumentato, passando dalle 170 ITL/Kg di gennaio alle 240 ITL/Kg di luglio (tabella 13, in allegato); a settembre dello stesso anno, il prezzo base medio di mercato [era] ulteriormente aumentato, raggiungendo le 290 ITL/Kg (tabella 13, in allegato)». Occorre pertanto constatare che la Commissione ha espressamente indicato, nel suddetto punto, gli aumenti del prezzo base durante l’anno 1997, con la conseguenza che la suddetta tabella non risulta indispensabile ai fini della comprensione del ragionamento della Commissione.

80      In decimo luogo, occorre rilevare che, al punto 496 della prima decisione (nota a piè di pagina n. 563 di questa decisione), la Commissione si è riferita in modo globale alle «tabelle allegate alla presente decisione» al fine di sostenere l’affermazione secondo cui «[d]alle informazioni (…) risulta[va] che tutte le imprese coinvolte nel presente procedimento [avevano] pubblicato listini prezzi base nel periodo in esame». Occorre tuttavia sottolineare che il punto 496 della prima decisione rinvia altresì ai punti da 419 a 433 di quest’ultima, i quali «elencano tutte le occasioni documentate in cui il prezzo base è stato oggetto di discussione tra le imprese (ivi compresa l’associazione)». A tal riguardo, la Commissione ha precisato che «[t]ra esse alcune [erano] già state menzionate quando si [era] parlato di concorso di volontà (si vedano i punti da 473 a 475)», che «[p]er le altre occasioni, tra il 1993 e il 2000, si [doveva] ricorrere alla nozione di concertazione» e che «[l]’oggetto di questa concertazione era influire sul comportamento dei produttori sul mercato e rendere manifesto il comportamento che ciascuno di loro si proponeva di tenere sul mercato, in pratica, sulla determinazione del prezzo base». L’insieme delle tabelle allegate alla decisione di modifica non appare dunque indispensabile ai fini della comprensione dell’addebito formulato dalla Commissione.

81      In undicesimo luogo, riguardo ai riferimenti alle tabelle da 1 a 3, 9, da 11 a 14 e 16 operati ai punti 513, 515, 516 e 518 della prima decisione, occorre sottolineare che i suddetti punti si inseriscono nella parte di questa decisione relativa agli effetti sul mercato delle pratiche restrittive e che, dall’analisi del loro contenuto, risulta che le tabelle ivi menzionate o si limitano a riprendere le cifre citate in tali punti, oppure non sono indispensabili ai fini della comprensione del ragionamento della Commissione riguardo agli effetti dell’intesa.

82      Alla luce delle considerazioni che precedono, non si può ritenere che l’assenza delle tabelle allegate alla prima decisione citate al punto 55 supra abbia impedito alla ricorrente di comprendere le censure formulate in tale decisione.

83      Sotto un ulteriore profilo, la ricorrente deduce la violazione del principio di collegialità.

84      Occorre ricordare che il dispositivo e la motivazione di una decisione, che dev’essere obbligatoriamente motivata ai sensi dell’articolo 15 CA, costituiscono un tutto inscindibile, di modo che spetta soltanto al collegio dei membri della Commissione, in forza del principio di collegialità, adottare nel contempo l’uno e l’altra, così come spetta esclusivamente al collegio qualsiasi modifica della motivazione che non costituisca una correzione meramente ortografica o grammaticale (v., per analogia, sentenza Commissione/BASF e a., cit. al punto 51 supra, punti da 66 a 68, e sentenza del Tribunale del 18 gennaio 2005, Confédération nationale du Crédit mutuel/Commissione, T‑93/02, Racc. pag. II‑143, punto 124).

85      Nel caso di specie occorre considerare, da un lato, che la ricorrente non afferma la mancata deliberazione in comune della prima decisione, né la responsabilità collettiva del collegio, sul piano politico, di tale decisione e, dall’altro, che la mancanza in allegato alla prima decisione delle tabelle menzionate al precedente punto 55 può comportare l’illegittimità della decisione impugnata solo qualora siffatta mancanza non abbia consentito al collegio di sanzionare la condotta di cui all’articolo 1 della prima decisione con piena cognizione di causa, vale a dire senza essere stato indotto in errore su un punto essenziale da inesattezze od omissioni (v., in senso analogo, sentenze del Tribunale del 10 luglio 1991, RTE/Commissione, T‑69/89, Racc. pag. II‑485, punti da 23 a 25; del 27 novembre 1997, Kaysersberg/Commissione, T‑290/94, Racc. pag. II‑2137, punto 88; del 15 marzo 2000, Cimenteries CBR e a./Commissione, T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Racc. pag. II‑491, punto 742, e del 17 febbraio 2011, Zhejiang Xinshiji Foods e Hubei Xinshiji Foods/Consiglio, T‑122/09, non pubblicata nella Raccolta, punti 104 e 105).

86      Atteso che, indipendentemente dall’assenza delle precitate tabelle, gli elementi su cui si basa la prima decisione sono sufficientemente riportati nel testo stesso di quest’ultima (v. punti da 62 a 81 supra), non si può affermare che il collegio dei membri della Commissione non aveva, al momento dell’adozione della prima decisione, una piena cognizione di causa degli elementi su cui si basava la misura. Ne consegue che il collegio ha sanzionato la condotta di cui all’articolo 1 della prima decisione con piena cognizione di causa.

87      Di conseguenza, occorre respingere il presente motivo, senza che si debbano accogliere le richieste di misure istruttorie formulate dalla ricorrente (v., in tal senso, sentenza della Corte del 22 novembre 2007, Sniace/Commissione, C‑260/05 P, Racc. pag. I‑10005, punti da 77 a 79, e la giurisprudenza ivi citata).

2.     Sul secondo motivo, vertente sull’inadeguatezza della base giuridica della decisione impugnata

88      La ricorrente sostiene che il fondamento giuridico delle decisione impugnata è inadeguato, dato che, a seguito della scadenza del Trattato CECA il 23 luglio 2002, non esisterebbe più alcuna norma attributiva di competenza ad agire in capo alla Commissione.

89      In primo luogo, la ricorrente ricorda i motivi della sentenza Feralpi Siderurgica/Commissione, citata al punto 20 supra, che non sembra escludere affatto la tesi della ricorrente secondo cui era necessario adottare una specifica disciplina transitoria a livello intergovernativo per assicurare la transizione dal regime del Trattato CECA a quello del Trattato CE, in particolare riguardo alle procedure in materia di concorrenza.

90      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la scadenza del Trattato CECA ha determinato un problema di successione tra organizzazioni internazionali e di trasferimento delle funzioni fino ad allora esercitate dalla Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), in considerazione dell’assenza di disposizioni transitorie nel Trattato CECA dirette a regolare le conseguenze della sua estinzione o di disposizioni di questo tipo successivamente adottate dagli Stati membri, con separato accordo. Innanzitutto, il trasferimento di funzioni e di competenze da un’organizzazione internazionale a un’altra presupporrebbe il consenso preliminare degli Stati interessati, espresse nelle forme tradizionali del diritto internazionale. Inoltre, una ricognizione degli approcci seguiti nei diversi settori interessati permetterebbe di dimostrare che la scelta della Commissione di adottare la comunicazione del 18 giugno 2002 inficerebbe la validità dell’intero sistema di transizione dal regime del Trattato CECA a quello del Trattato CE relativamente alle procedure in materia di concorrenza. A tal riguardo, la Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio del 20 luglio 1998 sulla scadenza del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (GU C 247, pag. 5), avrebbe già previsto che allo scadere del Trattato CECA la proprietà delle attività e passività della CECA sarebbe tornata nel patrimonio degli Stati membri, conformemente al diritto internazionale, salvo diversa decisione adottata di comune accordo dagli Stati membri, e avrebbe invitato la Commissione a presentare proposte per altri settori interessati dalla scadenza del trattato CECA. Tali misure avrebbero interessato la gestione del patrimonio della CECA, il finanziamento e la gestione dei programmi di ricerca e la politica commerciale. La successione tra il regime del Trattato CECA e quello del Trattato CE non sarebbe quindi stata o automatica, ma sarebbe avvenuta attraverso uno specifico intervento normativo degli Stati membri, facendo ricorso a una decisione governativa o a un atto regolamentare.

91      La tesi della Feralpi sarebbe rinforzata dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ed in particolare del suo articolo 1, terzo comma, e del titolo VII del protocollo n. 36 sulle disposizioni transitorie, dato che gli Stati membri avrebbero ritenuto necessario disciplinare espressamente la successione dell’Unione e della Comunità europea (CE). In entrambi i casi si sarebbe in presenza di un identico fenomeno.

92      In terzo luogo, dalle suddette considerazioni risulterebbe che la Commissione è incorsa in un errore nella scelta della base giuridica della decisione impugnata. Innanzitutto, l’assenza di un regime transitorio renderebbe del tutto inconferente il richiamo degli articoli 7 e 23 del regolamento n. 1/2003. Tali disposizioni limiterebbero espressamente la loro applicabilità alle sole infrazioni relative agli articoli 81 CE e 82 CE. Il regolamento n. 1/2003 sarebbe entrato in vigore in un momento successivo all’adozione della decisione del 2002, pertanto, se davvero il Consiglio avesse voluto procedere ad una tale estensione, avrebbe potuto prevederne all’occorrenza l’applicazione ad ipotesi infrattive sorte e divenute definitive sotto la vigenza del Trattato CECA, attraverso l’introduzione di uno specifico regime transitorio. Inoltre, detto regolamento avrebbe modificato la ripartizione delle competenze per l’applicazione delle regole di concorrenza e, secondo tale atto, l’autorità antitrust nazionale avrebbe dovuto trattare il caso. Infine, anche ritenendo che il regolamento n. 1/2003 costituisse la base giuridica appropriata per la decisione impugnata, quod non, la Commissione avrebbe comunque operato in modo scorretto, poiché non ha applicato l’articolo 81 CE.

93      In quarto luogo, la ricorrente afferma che la violazione del principio di legalità delle pene risulta in modo evidente dal richiamo dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003. Tale principio esigerebbe che la norma sanzionatoria sia in vigore nel momento in cui viene commessa l’infrazione, il che varrebbe anche per la competenza relativa alla sua applicazione. Orbene, nel caso di specie, la Commissione avrebbe fatto ricorso a un potere sanzionatorio che non esisteva al momento in cui l’infrazione sarebbe stata commessa.

 Sulla scelta della base giuridica della decisione impugnata

94      Va ricordato che i trattati comunitari hanno instaurato un ordinamento giuridico di nuovo genere, a favore del quale gli Stati hanno limitato, in settori sempre più ampi, i loro poteri sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini (v., in tal senso, sentenze della Corte del 5 febbraio 1963, van Gend & Loos, 26/62, Racc. pag. 3, e del 15 luglio 1964, Costa, 6/64, Racc. pag. 1141, 1144; parere della Corte 1/91, del 14 dicembre 1991, Racc. pag. I‑6079, punto 21; sentenze del Tribunale del 25 ottobre 2007, SP e a./Commissione, T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03, Racc. pag. II‑4331, punto 70, e del 1° luglio 2009, ThyssenKrupp Stainless/Commissione, T‑24/07, Racc. pag. II‑2309, punto 63).

95      In tale ordinamento giuridico, le istituzioni dispongono soltanto di competenze di attribuzione. Per questo motivo nel preambolo degli atti comunitari viene indicata la base giuridica che abilita l’istituzione di cui trattasi ad agire nel settore considerato. La scelta della base giuridica appropriata riveste, infatti, un’importanza di natura costituzionale (v. sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 71, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 64, e la giurisprudenza ivi citata).

96      Nel caso di specie, va constatato che il preambolo della prima decisione contiene riferimenti a disposizioni del Trattato CECA, ossia agli articoli 36 CA, 47 CA e 65 CA, ma anche la menzione del Trattato CE, del regolamento n. 17, in particolare del suo articolo 11, del regolamento n. 1/2003, ossia del suo articolo 7, paragrafo 1, del suo articolo 18 e del suo articolo 23, paragrafo 2, e quella del regolamento (CE) n. 2842/98 della Commissione, del 22 dicembre 1998, relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma dell’articolo [81 CE] e dell’articolo [82 CE] (GU L 354, pag. 18).

97      Si deve altresì rilevare che, nella motivazione della prima decisione, la Commissione ha indicato, al punto 1, che «[l]a presente decisione constata[va] un’infrazione dell’articolo 65, paragrafo 1 [CA]» e che essa era «adottata sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1/2003». Al punto 3 della prima decisione, la Commissione ha aggiunto che «[c]on la presente decisione, [essa] irroga[va] ammende alle imprese destinatarie della stessa, sulla base dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003».

98      Al punto 350 della decisione impugnata, la Commissione ha quindi affermato di ritenere che «l’articolo 7, paragrafo 1 e l’articolo 23, paragrafo 2 del regolamento n. 1/2003 rappresenta[ssero] le basi giuridiche appropriate che l’autorizza[vano] ad adottare la presente decisione» e che «[s]ulla base dell’articolo 7, paragrafo l, [essa] constata[va] un’infrazione dell’articolo 65, paragrafo l [CA] e obbliga[va] le destinatarie della presente decisione a porvi fine, mentre sulla base dell’articolo 23, paragrafo 2 infligge[va] loro ammende» (v. anche il punto 361 della decisione impugnata).

99      In tale contesto, si deve ritenere che la decisione impugnata, con cui la Commissione ha accertato un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA ed inflitto alla ricorrente un’ammenda, ha la sua base giuridica, quanto all’accertamento dell’infrazione, nell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e, quanto all’imposizione dell’ammenda, nell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

 Sulla competenza della Commissione a constatare e a sanzionare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento n. 1/2003

100    In primo luogo, occorre ricordare che la disposizione che costituisce la base giuridica di un atto e legittima l’istituzione dell’Unione ad adottarlo dev’essere in vigore al momento dell’adozione di quest’ultimo (sentenze della Corte del 4 aprile 2000, Commissione/Consiglio, C‑269/97, Racc. pag. I‑2257, punto 45; del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, Racc. pag. I‑2239, punto 75, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, Racc. pag. I‑2359, punto 88; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 118, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 74), ciò che incontestabilmente vale per l’articolo 7, paragrafo 1, e per l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, che costituiscono la base giuridica della decisione impugnata.

101    In secondo luogo, si deve sottolineare che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, i Trattati comunitari hanno istituito un ordinamento giuridico unico, nel cui contesto, come emerge dall’articolo 305, paragrafo 1, CE, il Trattato CECA costituiva un regime specifico, che derogava alle norme di carattere generale fissate dal Trattato CE (v. sentenze del Tribunale del 31 marzo 2009, ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, T‑405/06, Racc. pag. II‑771, punto 57, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 75, e la giurisprudenza ivi citata).

102    Il Trattato CECA costituiva quindi, ai sensi dell’articolo 305, paragrafo 1, CE, una lex specialis che derogava alla lex generalis rappresentata dal Trattato CE (sentenza della Corte del 24 ottobre 1985, Gerlach, 239/84, Racc. pag. 3507, punti da 9 a 11; parere della Corte 1/94, del 15 novembre 1994, Racc. pag. I‑5267, punti da 25 a 27; sentenze SP e a./Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 111, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 76, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punti 70 e 73).

103    Ne consegue che, per quel che riguarda il funzionamento del mercato comune, le norme del Trattato CECA e tutte le disposizioni adottate per la sua attuazione sono rimaste in vigore, nonostante l’entrata in vigore del Trattato CE (sentenze della Corte Gerlach, cit. al punto 102 supra, punto 9, e del 24 settembre 2002, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, C‑74/00 P e C‑75/00 P, Racc. pag. I‑7869, punto 100; sentenza ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 77, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punti 70 e 73).

104    Nondimeno, nei limiti in cui determinate questioni non fossero disciplinate dal Trattato CECA o da una regolamentazione adottata in forza di esso, il Trattato CE e le disposizioni emanate per la sua attuazione potevano essere applicati a prodotti rientranti nell’ambito CECA già prima della scadenza del relativo trattato (sentenze della Corte del 15 dicembre 1987, Deutsche Babcock, 328/85, Racc. pag. 5119, punto 10, e Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, cit. al punto 103 supra, punto 100; sentenze del Tribunale del 25 ottobre 2007, Ferriere Nord/Commissione, T‑94/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 83, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 78, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punti 70 e 73).

105    In forza del suo articolo 97, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002. Di conseguenza, il 24 luglio 2002 l’ambito di applicazione del regime generale istituito dal Trattato CE si è esteso ai settori che erano inizialmente disciplinati dal Trattato CECA (sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 58, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 79, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punti 59 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punti 70 e 73).

106    Se è pur vero che il passaggio dal quadro normativo del Trattato CECA a quello del Trattato CE ha comportato, a partire dal 24 luglio 2002, una modifica delle basi giuridiche, delle procedure e delle norme sostanziali applicabili, quest’ultima si inserisce tuttavia nel contesto dell’unità e della continuità dell’ordinamento giuridico comunitario e dei suoi obiettivi (sentenze del Tribunale del 12 settembre 2007, González y Díez/Commissione, T‑25/04, Racc. pag. II‑3121, punto 55; ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 59, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 80, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punti 71 e 73).

107    A questo proposito, va rilevato che l’istituzione e il mantenimento di un regime di libera concorrenza, nel cui ambito siano garantite le normali condizioni di concorrenza, e che è in particolare all’origine delle norme in materia di aiuti di Stato e di intese tra imprese, costituiscono uno degli obiettivi essenziali sia del Trattato CE che del Trattato CECA (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 60, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 81, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punti 71 e 73).

108    In questo contesto, per quanto le norme dei Trattati CECA e CE che disciplinano la materia delle intese divergano in una certa misura, occorre sottolineare che le nozioni di accordo e di pratiche concordate sotto la vigenza dell’articolo 65, paragrafo 1, CA corrispondono a quelle di accordo e di pratiche concordate ai sensi dell’articolo 81 CE e che entrambe tali disposizioni vengono interpretate allo stesso modo dal giudice dell’Unione. Pertanto, il perseguimento dell’obiettivo di una concorrenza non falsata nei settori inizialmente rientranti nel mercato comune del carbone e dell’acciaio non subisce interruzione a seguito della scadenza del Trattato CECA, poiché questo obiettivo è parimenti perseguito nell’ambito del Trattato CE e dalla medesima istituzione, la Commissione, autorità amministrativa incaricata dell’attuazione e dello sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse generale della Comunità europea (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 61, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 82, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punti 60 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punti 71 e 73).

109    La continuità dell’ordinamento giuridico comunitario e degli obiettivi che presiedono al suo funzionamento richiede, pertanto, che la Comunità, in quanto subentrata alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio, e nel suo proprio quadro procedurale, assicuri, nei riguardi delle situazioni sorte sotto la vigenza del Trattato CECA, il rispetto dei diritti e degli obblighi che a suo tempo si imponevano sia agli Stati membri, sia ai singoli, in forza del Trattato CECA e delle disposizioni adottate per la sua applicazione. Tale esigenza si afferma a maggior ragione in quanto la distorsione della concorrenza risultante dal mancato rispetto delle norme in materia di intese può estendere i propri effetti nel tempo successivamente alla scadenza del Trattato CECA sotto la vigenza del Trattato CE (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 63, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 83, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punti 62 e 63, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punti 72 e 73).

110    La Corte ha altresì ricordato che la successione dei Trattati CECA, CE e FUE assicurava, al fine di garantire la libera concorrenza, che qualsiasi comportamento corrispondente alla fattispecie contemplata dall’articolo 65, paragrafo 1, CA, indipendentemente dal fatto che si fosse verificato prima o dopo il 23 luglio 2002, potesse essere sanzionato dalla Commissione e possa continuare ad esserlo (sentenze ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punti da 65 a 67 e 77, e ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punti da 55 a 57 e 65).

111    Inoltre, dalla giurisprudenza emerge, da un lato, che, conformemente ad un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le cui origini risalgono al diritto romano, qualora venga mutata la legge ed il legislatore non esprima una volontà contraria, è opportuno assicurare la continuità degli istituti giuridici e, dall’altro, che tale principio si applica alle modifiche del diritto primario dell’Unione (sentenze della Corte del 25 febbraio 1969, Klomp, 23/68, Racc. pag. 43, punto 13, e ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punto 63).

112    Orbene, non sussiste alcun indizio del fatto che il legislatore dell’Unione abbia inteso sottrarre i comportamenti collusivi vietati dal Trattato CECA all’applicazione di qualsivoglia sanzione successivamente alla scadenza di quest’ultimo (sentenza ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punto 64).

113    Infatti, da un lato, la Corte ha rilevato che il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri avevano affermato di essere disposti ad adottare tutte le misure necessarie per far fronte alle conseguenze derivanti dalla scadenza del suddetto Trattato. Dall’altro, la Corte ha sottolineato che la Commissione aveva precisato di dover sottoporre proposte di disposizioni transitorie solamente nel caso in cui tale passo fosse stato ritenuto necessario e che, alla luce dei principi generali di diritto applicabili, essa riteneva che nel settore del diritto delle intese non sussistesse una siffatta necessità (sentenza ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punto 75).

114    Ne consegue che la ricorrente non può trarre alcun valido argomento dall’assenza di disposizioni transitorie in materia (v., in tal senso, sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punto 76). Né essa può trarre argomenti nella «clausola di sostituzione e di successione» da essa invocata, che sarebbe stata introdotta dal Trattato di Lisbona all’articolo 1, terzo comma, TUE, o nel titolo VII del protocollo n. 36 sulle disposizioni transitorie. Oltre al fatto che un tale argomento si fonda sull’erronea premessa secondo cui l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona avrebbe modificato le norme giuridiche applicabili alla fattispecie, si deve constatare, da un lato, che l’articolo 1, terzo comma, del suddetto Trattato prevede la sostituzione e la successione dell’Unione alla CE ed è privo di effetti relativamente all’applicazione da parte delle istituzioni dell’Unione delle norme del trattato CECA in seguito alla scadenza di quest’ultimo, e, dall’altro, che il titolo VII del protocollo n. 36 riguarda disposizioni transitorie concernenti gli atti adottati sulla base del titolo V, rubricato «Disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune» e del titolo V, rubricato «Disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale», del Trattato UE prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, e, di conseguenza, è irrilevante nel caso di specie.

115    Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il regolamento n. 1/2003 e, più in particolare, il suo articolo 7, paragrafo 1, e il suo articolo 23, paragrafo 2, devono essere interpretati nel senso che consentono alla Commissione di constatare e di sanzionare, successivamente al 23 luglio 2002, le intese realizzate nei settori ricompresi nell’ambito di applicazione del Trattato CECA ratione materiae e ratione temporis, e questo benché le citate disposizioni di detto regolamento non menzionino espressamente l’articolo 65 CA (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 64, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 84, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con le sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punto 74, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punti 72, 73 e 87).

116    A tal riguardo, l’argomentazione della ricorrente relativa alla scelta della Commissione di avvalersi della comunicazione del 18 giugno 2002, che avrebbe inficiato la validità dell’intero sistema di transizione che la medesima ha in tal modo inteso stabilire, è inoperante in quanto la competenza della Commissione non si fonda, nel caso di specie, sulla suddetta comunicazione, bensì sui citati articoli del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 71).

117    Si deve, inoltre, rilevare che l’applicazione, in seno all’ordinamento giuridico dell’Unione, delle norme del Trattato CE in un settore inizialmente regolato dal Trattato CECA deve avvenire nel rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo. A questo proposito, secondo costante giurisprudenza, benché le norme di procedura si ritengano generalmente applicabili a tutte le controversie pendenti al momento in cui entrano in vigore, altrettanto non vale per le norme sostanziali. Infatti, queste ultime devono essere interpretate, onde garantire il rispetto dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, nel senso che non riguardano situazioni maturate anteriormente alla loro entrata in vigore salvo che emerga chiaramente dai loro termini, dalle loro finalità o dalla loro economia che si deve attribuire loro questo effetto (sentenze della Corte del 12 novembre 1981, Meridionale Industria Salumi e a., da 212/80 a 217/80, Racc. pag. 2735, punto 9, e del 10 febbraio 1982, Bout, 21/81, Racc. pag. 381, punto 13; sentenze del Tribunale del 19 febbraio 1998, Eyckeler & Malt/Commissione, T‑42/96, Racc. pag. II‑401, punto 55; ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 65, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 85, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punto 79).

118    In quest’ottica, per quanto riguarda la questione delle disposizioni sostanziali applicabili ad una situazione giuridica definitivamente maturata anteriormente alla scadenza del Trattato CECA, la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e i dettami dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle disposizioni sostanziali adottate in applicazione del Trattato CECA ai fatti rientranti nel loro ambito di applicazione ratione materiae e ratione temporis. La circostanza che, a causa della scadenza del Trattato CECA, il quadro normativo di cui trattasi non sia più in vigore al momento in cui viene compiuta la valutazione della situazione di fatto, non modifica tale considerazione perché tale valutazione verte su una situazione giuridica definitivamente maturata in un’epoca in cui erano applicabili le disposizioni sostanziali adottate ai sensi del Trattato CECA (sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 66, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 86, confermata a seguito di impugnazione con la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punto 79; v. inoltre, nello stesso senso, sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 104 supra, punto 96).

119    Nel caso in esame, per quanto riguarda le norme di merito, si deve osservare che la decisione impugnata riguarda una situazione giuridica definitivamente acquisita anteriormente alla scadenza del Trattato CECA, il 23 luglio 2002, e che il periodo dell’infrazione è compreso tra il 6 dicembre 1989 e il 4 luglio 2000 (v. punto 33 supra). Mancando qualsiasi efficacia retroattiva al diritto sostanziale della concorrenza applicabile dal 24 luglio 2002, si deve rilevare che l’articolo 65, paragrafo 1, CA costituisce la norma sostanziale applicabile, e di fatto applicata, dalla Commissione nella decisione impugnata, fermo restando che proprio dalla natura di lex generalis del Trattato CE rispetto al Trattato CECA, sancita dall’articolo 305 CE, risulta che il regime specifico istituito dal Trattato CECA e dalle norme adottate per la sua applicazione è, in forza del principio lex specialis derogat legi generali, l’unico applicabile alle situazioni acquisite prima del 24 luglio 2002 (v., in tal senso, sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 68, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 89, confermate a seguito di impugnazione con sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punto 77, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punto 79).

120    Ne consegue che la ricorrente non può affermare che il potere sanzionatorio della Commissione non esistesse al momento in cui l’infrazione è stata commessa, in violazione del principio di legalità delle pene. Essa non può neanche affermare che la Commissione avrebbe dovuto sanzionare le imprese in questione in applicazione dell’articolo 81 CE, dopo aver dimostrato che erano soddisfatte, in fatto e in diritto, le condizioni di applicazione di tale disposizione.

121    A tal riguardo, la Corte ha ricordato che il principio della legalità dei reati e delle pene, quale sancito, segnatamente, all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, esige che la normativa dell’Unione definisca chiaramente le infrazioni e le sanzioni (v. sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punto 80, e la giurisprudenza ivi citata).

122    Considerato che i Trattati definivano chiaramente, già prima della data dei fatti, le infrazioni nonché la natura e l’entità delle sanzioni che potevano essere inflitte a tal titolo, i suddetti principi non sono volti a garantire alle imprese che successive modifiche dei fondamenti normativi e delle disposizioni procedurali assicurino loro di sfuggire a qualsivoglia sanzione relativa ai loro comportamenti illeciti tenuti in passato (sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punto 70, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punto 83).

123    Si deve rilevare che un’impresa diligente, nella situazione della ricorrente, non poteva in alcun momento ignorare le conseguenze del proprio comportamento, né fare affidamento sul fatto che il passaggio dal contesto normativo del Trattato CECA a quello del Trattato CE avrebbe prodotto la conseguenza di sottrarla a qualsiasi sanzione per le infrazioni all’articolo 65 CA da essa commesse nel passato (sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punto 73, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punto 86, e la giurisprudenza ivi citata).

124    Inoltre, la decisione impugnata è stata adottata sul fondamento dell’articolo 7, paragrafo 1, e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, a seguito di un procedimento esperito in conformità al regolamento n. 17 e al regolamento n. 1/2003. Le disposizioni relative alla base giuridica e al procedimento seguito fino all’adozione della decisione impugnata rientrano nelle norme di procedura ai sensi della giurisprudenza citata al punto 117 supra. Dato che la decisione impugnata è stata adottata successivamente alla scadenza del Trattato CECA, correttamente la Commissione ha applicato disposizioni contenute nel regolamento n. 1/2003 (v. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 67, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 87, e la giurisprudenza ivi citata, confermate a seguito di impugnazione con sentenze ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit. al punto 100 supra, punti 74 e 77, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punto 90).

125    Alla luce delle precedenti considerazioni, il presente motivo deve essere respinto.

3.     Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e dei principi di buona amministrazione, di proporzionalità e di parità delle armi

 Sulle violazioni dei diritti della difesa che inficerebbero l’adozione della decisione impugnata

 Sulla mancata contestazione degli addebiti e la mancata rinnovazione degli atti di procedura

126    La ricorrente ritiene che le modalità con cui i servizi della Commissione hanno gestito la procedura di riadozione della decisione del 2002 abbiano inciso negativamente sulle condizioni concrete di esercizio dei propri diritti della difesa. Infatti, in seguito all’annullamento della decisione del 2002, la Commissione si sarebbe limitata a trasmettere la lettera del 30 giugno 2008 alle imprese (v. punto 21 supra), concedendo loro il termine di solo un mese per presentare osservazioni.

127    In primo luogo, l’annullamento della decisione del 2002 avrebbe influenzato profondamente il contenuto delle motivazioni esposte nella comunicazione degli addebiti e nella comunicazione degli addebiti supplementari, e avrebbe inciso necessariamente sugli atti preparatori della decisione del 2002, quanto meno nella parte in cui la Commissione avrebbe esposto le proprie tesi sulla base giuridica che avrebbe poi assunto per l’adozione delle sue determinazioni finali. Di conseguenza, la Commissione non avrebbe potuto limitarsi a trasmettere alle imprese coinvolte la lettera del 30 giugno 2008, ma avrebbe dovuto riattivare in toto il procedimento anteriore, adottare una nuova comunicazione degli addebiti ed organizzare un’audizione, conformemente agli articoli 10 e 11 del regolamento n. 773/2004. Sotto tale profilo, la decisione sarebbe viziata da una contraddizione intrinseca. Infatti, la scadenza del trattato CECA sarebbe stata considerata come un fatto nuovo idoneo a giustificare l’adozione della comunicazione degli addebiti supplementari. Allo stesso modo, la sentenza Feralpi Siderurgica/Commissione, citata al precedente punto 20, costituirebbe un fatto essenziale in merito a cui la Commissione avrebbe dovuto rappresentare alle imprese destinatarie degli addebiti le proprie intenzioni, conformemente ai principi di certezza del diritto e del rispetto dei diritti della difesa.

128    In via preliminare, va rammentato che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 dispone quanto segue:

«Prima di adottare qualsiasi decisione prevista dagli articoli 7, 8, 23 e 24, paragrafo 2, la Commissione dà modo alle imprese e associazioni di imprese oggetto del procedimento avviato dalla Commissione di essere sentite relativamente agli addebiti su cui essa si basa. La Commissione basa le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite. I ricorrenti sono strettamente associati al procedimento».

129    Risulta inoltre da costante giurisprudenza che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento all’esito del quale possano essere inflitte sanzioni, specialmente ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa. A tal riguardo, la comunicazione degli addebiti costituisce la garanzia procedurale del principio fondamentale del diritto dell’Unione che esige il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento. In forza di detto principio, in particolare, la comunicazione degli addebiti trasmessa dalla Commissione a un’impresa alla quale intende infliggere una sanzione per violazione delle norme sulla concorrenza deve contenere gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova su cui si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico (v., in tal senso, sentenze della Corte del 3 settembre 2009, Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, Racc. pag. I‑7191, punti 34 e 36 e giurisprudenza ivi citata, e Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, Racc. pag. I‑7415, punti da 26 a 28).

130    Il rispetto dei diritti della difesa esige infatti che l’impresa interessata sia stata posta in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita infrazione nei suoi confronti (v. sentenza della Corte del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

131    Deve inoltre ricordarsi che la comunicazione degli addebiti è un documento di natura processuale e preparatoria che, al fine di garantire l’esercizio efficace dei diritti della difesa, circoscrive l’oggetto del procedimento amministrativo avviato dalla Commissione, impedendo così a quest’ultima di formulare altre censure nella decisione con cui essa conclude il procedimento di cui trattasi (ordinanza della Corte del 18 giugno 1986, British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, 142/84 e 156/84, Racc. pag. 1899, punti 13 e 14, e sentenza della Corte del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, Racc. pag. I‑4951, punto 63).

132    Sebbene la comunicazione degli addebiti debba consentire agli interessati di prendere realmente atto dei comportamenti loro ascritti dalla Commissione, tale obbligo è rispettato quando la decisione definitiva non pone a carico degli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prende in considerazione soltanto fatti sui quali gli interessati hanno avuto modo di esporre le proprie ragioni. Nessuna norma impedisce alla Commissione di comunicare alle parti in un procedimento in materia di concorrenza, dopo aver inviato la comunicazione degli addebiti, altri elementi pertinenti che la possano integrare, a partire dal momento in cui tali elementi non modificano le infrazioni addebitate alle imprese e in cui queste ultime hanno avuto la possibilità di esprimersi su tutti gli elementi addotti a loro carico (sentenza della Corte del 25 ottobre 1983, AEG-Telefunken/Commissione, 107/82, Racc. pag. 3151, punto 29; sentenze del Tribunale del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Racc. pag. II‑931, punto 497; del 20 marzo 2002, LR AF 1998/Commissione, T‑23/99, Racc. pag. II‑1705, punto 190; del 12 luglio 2011, Fuji Electric/Commissione, T‑132/07, Racc. pag. II‑4091, punto 238, e del 27 giugno 2012, Microsoft/Commissione, T‑167/08, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti da 182 a 186).

133    Infine si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’annullamento di un atto dell’Unione non incide necessariamente sugli atti preparatori, poiché, in linea di principio, il procedimento diretto a sostituire l’atto annullato può ripartire dal punto preciso in cui l’illegittimità si è verificata (v. sentenze della Corte del 12 novembre 1998, Spagna/Commissione, C‑415/96, Racc. pag. I‑6993, punti 31 e 32, e del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Racc. pag. I‑8375, punto 73; sentenze del Tribunale del 15 ottobre 1998, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, T‑2/95, Racc. pag. II‑3939, punto 91, e del 25 giugno 2010, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑66/01, Racc. pag. II‑2631, punto 125 e giurisprudenza ivi citata).

134    Per prima cosa, come osservato al precedente punto 20, la decisione del 2002 è stata annullata a causa del fatto che l’articolo 65, paragrafi 4 e 5, CA era scaduto il 23 luglio 2002 e che la Commissione non poteva quindi più fondare la propria competenza sulle suddette disposizioni, estinte al momento dell’adozione della decisione in parola, per constatare una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA e per infliggere ammende alle imprese che avrebbero partecipato alla suddetta infrazione. Per quanto riguarda la giurisprudenza menzionata al punto 133 supra, l’esecuzione della sentenza Feralpi Siderurgica/Commissione, citata al precedente punto 20, imponeva alla Commissione di far ripartire il procedimento dal punto preciso in cui l’illegittimità si era verificata, vale a dire dal momento dell’adozione della decisione del 2002.

135    Poiché il vizio che rendeva illegittima la decisione del 2002 si era verificato al momento dell’adozione di tale decisione (sentenza Feralpi Siderurgica/Commissione, cit. al punto 20 supra, punto 96), l’annullamento di detta decisione non ha inficiato la validità delle misure preparatorie della stessa, precedenti alla fase in cui il vizio in questione si è prodotto (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 75, e sentenza Imperial Chemical Industries/Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 126).

136    Per seconda cosa, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che la Commissione ha il diritto ed eventualmente il dovere di procedere, nel corso del procedimento amministrativo, a nuove indagini qualora lo svolgimento di tale procedimento faccia emergere la necessità di accertamenti ulteriori, ma che la comunicazione agli interessati di addebiti supplementari è necessaria solo qualora il risultato degli accertamenti induca la Commissione a porre atti nuovi a carico delle imprese o ad assumere fatti notevolmente diversi come prova delle infrazioni contestate (sentenze della Corte del 14 luglio 1972, Farbenfabriken Bayer/Commissione, 51/69, Racc. pag. 745, punto 11, e Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 130 supra, punto 192).

137    Ora, si deve necessariamente rilevare che questo non si verifica nel caso di specie. Infatti, da un lato, al momento dell’annullamento della decisione del 2002, gli atti preparatori compiuti dalla Commissione, ed in particolare la comunicazione degli addebiti e la comunicazione degli addebiti supplementari, consentivano un’analisi esaustiva del comportamento delle imprese interessate con riferimento all’articolo 65, paragrafo 1, CA. Quindi, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, le conseguenze della sentenza di annullamento della decisione del 2002, la quale non ha affrontato il merito della controversia, non inciderebbero in alcun modo sui fatti e comportamenti che la Commissione ha addebitato alla ricorrente.

138    Dall’altro lato, come risulta dalla giurisprudenza, l’obbligo che incombe alla Commissione nella fase della comunicazione degli addebiti si limita all’esposizione degli addebiti dedotti e all’enunciazione, in modo chiaro, dei fatti sui quali essa si fonda nonché alla qualificazione degli stessi, affinché i suoi destinatari possano utilmente difendersi. La Commissione non è obbligata ad esporre le conclusioni che essa trae dai fatti, documenti ed argomenti giuridici (v. sentenze del Tribunale dell’8 luglio 2004, JFE Engineering e a./Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, Racc. pag. II‑2501, punto 453, e la giurisprudenza ivi citata). In ogni caso, la Commissione aveva già informato la ricorrente circa le conseguenze che essa aveva tratto dalla scadenza del Trattato CECA nella comunicazione degli addebiti supplementari e la ricorrente ha avuto la possibilità di fare valere le sue osservazioni al riguardo, come del resto ha fatto il 13 settembre 2002.

139    Occorre altresì sottolineare che, secondo la giurisprudenza, quando, in seguito all’annullamento di una decisione in materia di concorrenza, la Commissione sceglie di rimediare all’illegittimità o alle illegittimità accertate e di adottare una decisione identica non viziata da tali illegittimità, quest’ultima decisione riguarda i medesimi addebiti in merito ai quali le imprese si sono già pronunciate (sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 98).

140    A tal proposito, si deve osservare che, con la sua lettera del 30 giugno 2008 la Commissione si è limitata ad informare le imprese in causa, a seguito dell’annullamento della decisione del 2002 ad opera del Tribunale, della sua intenzione di riadottare tale decisione nei confronti di tutte le partecipanti all’intesa per le quali il Tribunale l’aveva annullata. Essa ha altresì indicato alle imprese la base giuridica che l’autorizzava a riadottare la decisione nonché le disposizioni sostanziali e procedurali applicabili. Essa ha infine affermato espressamente che, «[c]onsiderata la portata limitata della sentenza [di annullamento della decisione del 2002] (che non affronta questioni fattuali), la decisione riadottata si baser[ebbe] nuovamente sulle prove presentate nella comunicazione degli addebiti del 26 marzo 2002 e nella comunicazione supplementare degli addebiti del 13 agosto 2002, tenendo conto nel contempo del giudizio del Tribunale in merito alla definizione della base giuridica che legittima la Commissione ad agire».

141    Occorre inoltre rilevare che la ricorrente ha potuto formulare le proprie osservazioni riguardo alle conseguenze che la Commissione intendeva trarre dall’annullamento della decisione del 2002 nella sua riposta del 1° agosto 2008 alla lettera del 30 giugno 2008.

142    Da quanto precede risulta che la Commissione non era obbligata, in seguito all’annullamento della decisione del 2002, a riaprire la procedura e ad adottare una nuova comunicazione degli addebiti. Dato che le imprese interessate avevano già avuto la possibilità di essere sentite oralmente durante l’audizione del 13 giugno 2002, successiva alla comunicazione degli addebiti, e durante l’audizione del 30 settembre 2002, che ha fatto seguito alla comunicazione degli addebiti supplementari, la Commissione non era obbligata ad organizzare una nuova audizione.

143    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la riadozione della decisione del 2002 è stata l’occasione per la Commissione per condurre un’operazione di «maquillage» sul suo testo, che avrebbe reso ancor più problematico il complessivo esame del nuovo atto. Così, la memoria della Ferriere Nord del 13 luglio 2001, a cui la ricorrente non avrebbe avuto accesso, sarebbe stata stralciata dalla motivazione della decisione impugnata. Inoltre, taluni punti della decisione del 2002 sarebbero stati eliminati o in parte modificati e corretti, mentre altri introdurrebbero nuove modificazioni.

144    Innanzitutto, per quanto concerne l’impossibilità di accedere alla memoria della Ferriere Nord del 13 luglio 2001, che avrebbe impedito alla ricorrente di esprimersi sul fondamento probatorio indicato dalla Commissione per giustificare alcuni specifici addebiti, si deve ricordare che dalla giurisprudenza risulta che la mancata comunicazione di un documento costituisce una violazione dei diritti della difesa solo qualora l’impresa interessata dimostri, da un lato, che la Commissione si sia fondata su tale documento per suffragare il suo addebito riguardante l’esistenza di un’infrazione, e, dall’altro, che detto addebito sia dimostrabile solo attraverso detto documento. In presenza di altre prove documentali di cui le parti siano venute a conoscenza durante il procedimento amministrativo e che suffraghino specificamente le conclusioni della Commissione, l’eliminazione dai mezzi di prova del documento a carico non comunicato non inficerebbe la fondatezza degli addebiti accertati nella decisione contestata. Pertanto, spetta all’impresa interessata dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se dai mezzi di prova a carico avesse dovuto essere eliminato un documento non comunicato sul quale la Commissione si è basata per incriminare tale impresa (v. sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 130 supra, punti da 71 a 73, e la giurisprudenza ivi citata). Orbene, è necessario constatare che la ricorrente non fornisce, nei suoi atti, la benché minima dimostrazione in tal senso, dato che essa si limita ad asserire che ai punti 415, 422, 437 e 513 della decisione impugnata figurava il riferimento alla memoria della Ferriere Nord del 13 luglio 2001, senza tuttavia rilevare che alcuni addebiti figuranti nella decisione impugnata sarebbero basati unicamente su detto documento.

145    In ogni caso, si deve ricordare che, secondo il punto 636 della prima decisione, la «Ferriere Nord ha fornito alla Commissione indicazioni utili che hanno permesso alla Commissione di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa». Al punto 637 della prima decisione, la Commissione ha aggiunto che la «Ferriere Nord [era] stata l’unica a comunicar[le] (...) informazioni che le [avevano] permesso di comprendere meglio il funzionamento dell’intesa». La Commissione ha precisato, nella nota a piè di pagina n. 685 della prima decisione, che la «Ferriere Nord [aveva] comunicato delle precisazioni sui documenti ritrovati presso la sua sede» e che essa le aveva comunicato spontaneamente la tabella menzionata al punto 251 della prima decisione, che la Commissione aveva completato indicandovi i nomi delle imprese, criptati nel documento in suo possesso. Così, secondo la Commissione, il contributo della Ferriere Nord le ha consentito di stabilire un nesso con il documento intitolato «Ipotesi di lavoro», di cui al punto 247 della prima decisione, confermando che il codice e la chiave di lettura erano gli stessi. Essa ha altresì sottolineato che il parziale accoglimento delle richieste delle due imprese che avevano chiesto un aumento delle loro quote, oggetto dell’accordo della fine del 1998, aveva contribuito a mostrare come l’ipotesi di lavoro non fosse rimasta tale e che all’accordo di settembre-novembre 1998 era stata data esecuzione.

146    Il contributo della Ferriere Nord ha dunque soltanto consentito alla Commissione di stabilire un nesso con il documento considerato al punto 247 della prima decisione, relativo all’accordo del settembre-novembre 1998, del quale, secondo il suddetto punto, la Commissione disponeva di tre versioni. Il documento della Ferriere Nord a cui la ricorrente non ha avuto accesso non è pertanto servito quale unico fondamento degli addebiti formulati dalla Commissione.

147    Inoltre, trattandosi delle asserite modifiche riscontrate fra la decisione del 2002 e la decisione impugnata, occorre sottolineare che l’annullamento della decisione del 2002 da parte della sentenza Feralpi Siderurgica/Commissione, citata al punto 20 supra, ha comportato la scomparsa di quest’ultima dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Occorre peraltro ricordare che sono la comunicazione degli addebiti, da un lato, e l’accesso al fascicolo, dall’altro, i mezzi che consentono alle imprese oggetto di un’indagine di prendere conoscenza degli elementi di prova di cui dispone la Commissione e di conferire ai diritti della difesa la loro piena effettività (sentenze della Corte Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 133 supra, punti 315 e 316; Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 130 supra, punti 66 e 67, e del 10 maggio 2007, SGL Carbon/Commissione, C‑328/05 P, Racc. pag. I‑3921, punto 55), cosicché le comparazioni operate dalla ricorrente tra la decisione del 2002 e la decisione impugnata sono del tutto inconferenti.

148    A tal riguardo, da un lato, la ricorrente afferma che taluni punti della decisione impugnata introducono nuove valutazioni sulle ammende. Un siffatto argomento dev’essere respinto. Infatti, dalla giurisprudenza risulta che, qualora la Commissione dichiari espressamente, nella comunicazione degli addebiti, che vaglierà se sia il caso di infliggere ammende alle imprese interessate e indichi inoltre le principali considerazioni di fatto e di diritto che possono comportare l’irrogazione di un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione, ed il fatto di averla commessa intenzionalmente o per negligenza, essa adempie il suo obbligo di rispettare il diritto delle imprese ad essere sentite. In tal modo, essa fornisce loro le indicazioni necessarie per difendersi non solo contro l’accertamento dell’infrazione, ma altresì contro il fatto di vedersi infliggere un’ammenda (sentenza della Corte del 7 giugno 1983, Musique Diffusion française e a./Commissione, da 100/80 a 103/80, Racc. pag. 1825, punto 21; sentenze del Tribunale del 20 marzo 2002, ABB Asea Brown Boveri/Commissione, T‑31/99, Racc. pag. II‑1881, punto 78; del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, Racc. pag. II‑4407, punto 50, e del 17 maggio 2011, Arkema France/Commissione, T‑343/08, Racc. pag. II‑2287, punto 54).

149    Dall’altro lato, numerosi punti della decisione del 2002 sarebbero stati eliminati o corretti. Anche un simile argomento dev’essere respinto, dato che la ricorrente non indica in alcun modo le ragioni per cui l’asserita mancata formulazione, nella decisione impugnata, di addebiti contenuti nella decisione del 2002 oppure l’asserita correzione di taluni punti abbiano potuto costituire una violazione dei suoi diritti della difesa.

150    Risulta dalle considerazioni che precedono che gli argomenti della ricorrente relativi all’assenza di riapertura del procedimento devono essere respinti.

 Sull’eccessiva durata del procedimento di riadozione della decisione del 2002

151    La ricorrente sostiene che, anche volendo assumere che la procedura seguita dalla Commissione per la riadozione della decisione del 2002 possa rientrare nella definizione di «procedimento», quod non, un siffatto procedimento avrebbe avuto una durata eccessiva, in violazione del principio della ragionevole durata del procedimento ripreso all’articolo 41, paragrafo 1, della carta dei diritti fondamentali, con conseguente pregiudizio per la medesima. La ricorrente sostiene che il Tribunale dovrebbe per lo meno tenerne conto in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda. In tale contesto, la ricorrente deduce altresì una violazione del principio di parità delle armi, atteso che, a fronte dell’inerzia della Commissione prolungatasi per 18 mesi, le imprese interessate si sono viste riconoscere una sola possibilità per esercitare il proprio diritto della difesa.

152    Occorre ricordare che secondo costante giurisprudenza, l’osservanza di un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto dell’Unione, sancito espressamente all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, del quale i giudici dell’Unione assicurano il rispetto (v., in tal senso, sentenza della Corte del 19 dicembre 2012, Bavaria/Commissione, C‑445/11 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 77, e la giurisprudenza ivi citata, e sentenza del Tribunale del 16 giugno 2011, Bavaria/Commissione, T‑235/07, Racc. pag. II‑3229, punto 316).

153    Sempre secondo una giurisprudenza consolidata, il carattere ragionevole della durata di un procedimento amministrativo dev’essere valutato alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso e, in particolare, del contesto in cui esso si inserisce, delle varie fasi procedurali espletate, della complessità del caso nonché degli interessi delle diverse parti interessate (sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 187; sentenze del Tribunale del 16 settembre 1999, Partex/Commissione, T‑182/96, Racc. pag. II‑2673, punto 177, e del 30 settembre 2003, Aristoteleio Panepistimio Thessalonikis/Commissione, T‑196/01, Racc. pag. II‑3987, punto 230).

154    Inoltre, si deve ricordare che il superamento di un termine ragionevole, ammettendo che sia dimostrato, non giustifica necessariamente l’annullamento della decisione. Infatti, per quanto riguarda l’applicazione delle regole di concorrenza, il superamento del termine ragionevole può costituire un motivo di annullamento solo nel caso di una decisione che constati la commissione di infrazioni, qualora sia dimostrato che la violazione di tale principio ha pregiudicato i diritti della difesa delle imprese interessate. Al di fuori di tale specifica ipotesi, il mancato rispetto dell’obbligo di decidere entro un termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo ai sensi del regolamento n. 17 e del regolamento n. 1/2003 (sentenze della Corte del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, Racc. pag. I‑8417, punto 49, e del 21 settembre 2006, Technische Unie/Commissione, C‑113/04 P, Racc. pag. I‑8831, punti 47 e 48; sentenza del Tribunale del 18 giugno 2008, Hoechst/Commissione, T‑410/03, Racc. pag. II‑881, punto 227).

155    Una siffatta violazione può tuttavia indurre il Tribunale a ridurre l’importo dell’ammenda inflitta (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2011, Bavaria/Commissione, cit. al punto 152 supra, punto 340).

156    Nel caso di specie, la ricorrente contesta unicamente la durata del procedimento amministrativo trascorsa fra la pronuncia, in data 25 ottobre 2007, della sentenza Feralpi Siderurgica/Commissione, citata al punto 20 supra, da un lato, e l’adozione della decisione impugnata, in data 30 settembre 2009, come modificata in data 8 dicembre 2009, dall’altro.

157    Occorre constatare che, sebbene la Commissione si sia fondata sulle stesse censure nella decisione del 2002 e nella decisione impugnata, in seguito alla sentenza Feralpi Siderurgica/Commissione, citata al punto 20 supra, essa ha integrato la sua decisione con una valutazione giuridica dettagliata delle conseguenze giuridiche della scadenza del Trattato CECA alla luce delle sentenze Feralpi Siderurgica/Commissione, citata al punto 20 supra, ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, citata al punto 101 supra, e ThyssenKrupp Stainless/Commissione, citata al punto 94 supra (punti da 342 a 398 della decisione impugnata).

158    Per quanto riguarda gli atti compiuti dalla Commissione durante la procedura di riadozione della decisione del 2002, si deve sottolineare che, in data 30 giugno 2008, essa ha indirizzato alle imprese coinvolte una lettera al fine di informarle della sua intenzione di riadottare la decisione del 2002 dopo averne rettificato la base giuridica, contestualmente invitando le parti a presentare le loro eventuali osservazioni entro il termine di un mese (punto 123 della decisione impugnata).

159    Dopo aver esaminato l’insieme delle osservazioni delle imprese interessate, la Commissione ha loro trasmesso anche talune richieste di informazioni. Fra queste ultime figuravano richieste specificamente rivolte alla ricorrente il 24 luglio 2008, il 25 settembre 2008, il 30 settembre 2008, il 13 marzo 2009, il 30 giugno 2009 e il 17 luglio 2009, alle quali la ricorrente ha risposto, rispettivamente, il 4 settembre 2008, il 17 ottobre 2008, il 3 aprile 2009, il 6 luglio 2009 e il 22 luglio 2009.

160    Alla luce di tutti i suddetti elementi, la durata della procedura di riadozione che si è svolta fra la sentenza Feralpi Siderurgica/Commissione, citata al punto 20 supra, e l’adozione della decisione impugnata non può, nel caso di specie, essere considerata eccessiva. La ricorrente non può peraltro dedurre una violazione del principio di parità delle armi a motivo del termine asseritamente troppo corto che le è stato assegnato per rispondere alla lettera del 30 giugno 2008. Stante la portata limitata di tale lettera, un termine simile dev’essere infatti considerato sufficiente.

161    Ne consegue che occorre respingere gli argomenti della ricorrente vertenti sull’asserita durata eccessiva della procedura di riadozione della decisione del 2002.

 Sulle altre violazioni dei diritti della difesa, connesse alla procedura di adozione della decisione del 2002

162    In primo luogo, la ricorrente deduce il carattere irragionevole e inadeguato dei termini impartiti per la presentazione delle osservazioni scritte sulla comunicazione degli addebiti, per la quale essa ha disposto soltanto di due mesi, mentre il fascicolo della Commissione sarebbe stato voluminoso e sarebbe stato composto da circa 20 408 pagine. La ricorrente sarebbe stata costretta a domandare varie proroghe del termine inizialmente assegnato, dato che tali proroghe intervenivano soltanto a ridosso della scadenza dei suddetti termini, in tal modo rendendole impossibile una pianificazione della redazione delle sue osservazioni con certezza e cognizione di causa.

163    Si deve ricordare che, secondo l’articolo 14 del regolamento (CE) n. 2842/98 della Commissione, del 22 dicembre 1998, relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma dell’articolo [81 CE] e dell’articolo [82 CE] (GU L 354, pag. 18), nel fissare il termine per presentare osservazioni riguardo alla comunicazione degli addebiti, la Commissione tiene conto del tempo necessario per presentare le osservazioni e dell’urgenza del caso. Tale disposizione prevede altresì che il termine per presentare osservazioni riguardo alla comunicazione degli addebiti non può essere inferiore a due settimane e può essere prorogato.

164    Nel caso di specie, si deve rilevare che la comunicazione degli addebiti è pervenuta a tutti i suoi destinatari in data 28 marzo 2002. Il termine iniziale per presentare osservazioni era stato fissato in sei settimane a partire dalla ricezione della suddetta comunicazione.

165    Dal fascicolo di causa risulta che, con lettera del 12 aprile 2002, la Feralpi ha chiesto alla Commissione una proroga di sei settimane del termine che le era stato inizialmente assegnato dalla Commissione per formulare le sue osservazioni sulla comunicazione degli addebiti. Il 23 aprile 2002, la Commissione ha respinto la suddetta domanda, nondimeno le ha accordato una dilazione del termine dal 9 al 16 maggio 2002, a motivo, da un lato, di un errore nella trasmissione di un CD‑ROM e, dall’altro, di tre giorni festivi dei mesi di marzo, aprile e maggio 2002. Il 24 aprile 2002, la Feralpi ha espresso il suo dissenso e ha chiesto una proroga di due settimane del termine per rispondere. Con lettera del 29 aprile 2002, la Feralpi ha chiesto che detta proroga, richiesta cinque giorni prima, fosse portata a tre settimane. Benché la Commissione avesse espresso il suo disaccordo con la Feralpi in ordine alle motivazioni delle sue istanze di proroga, essa ha accettato di prendere parzialmente in considerazione siffatte richieste, purché ciò non comportasse un indebito rinvio dell’audizione, e ha fissato il termine ultimo per rispondere alla comunicazione degli addebiti al 23 maggio 2002.

166    Alla luce di quanto precede, il termine accordato dalla Commissione per rispondere alla comunicazione degli addebiti non può essere considerato irragionevole. In particolare, per quanto concerne l’argomento della ricorrente vertente sull’impossibilità di pianificare il lavoro necessario alla formulazione di dette osservazioni, basti osservare che la Commissione aveva respinto la domanda di proroga già il 23 aprile 2002, vale a dire due settimane prima della scadenza del termine iniziale e tre settimane prima della scadenza del termine risultante dalla prima proroga di cui alla lettera in pari data. La ricorrente non può pertanto invocare una qualsiasi violazione del principio di buona amministrazione da parte della Commissione.

167    In secondo luogo, la ricorrente contesta le modalità di accesso al fascicolo. In particolare, a seguito di un errore della Commissione, il CD‑ROM contenente l’insieme del fascicolo sarebbe stato trasmesso alla ricorrente sette giorni dopo l’invio della comunicazione degli addebiti. Nuove copie del CD‑ROM sarebbero state trasmesse alle imprese almeno a due riprese, obbligando la ricorrente a procedere per tre volte alla stampa del fascicolo. Peraltro, l’indice del fascicolo non permetteva alle imprese di indentificare né quanto in esso effettivamente contenuto, né la provenienza dei documenti che lo componevano, in tal modo violando anche il principio della parità delle armi.

168    Si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza, la circostanza che un documento sia menzionato in una comunicazione degli addebiti senza esservi allegato non costituisce, in linea di principio, una violazione dei diritti della difesa purché i destinatari di detta comunicazione possano prenderne visione prima di rispondere alla stessa (sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, Dalmine/Commissione, T‑50/00, Racc. pag. II‑2395, punto 60). Nel caso di specie, la comunicazione degli addebiti, spedita il 26 marzo 2002, è pervenuta ai suoi destinatari giovedì 28 marzo 2002, mentre il CD-ROM contenente i documenti del fascicolo è stato trasmesso agli stessi giovedì 4 aprile 2002.

169    Come osservato al precedente punto 164, il termine assegnato dalla Commissione alle imprese interessate per presentare le loro osservazioni, inizialmente fissato in sei settimane, è stato prorogato di quattro giorni supplementari a motivo della trasmissione tardiva del CD‑ROM (nonché di ulteriori tre giorni per tenere conto del fatto che il periodo così prorogato includeva giorni festivi) (punto 116 della decisione impugnata). Non si può quindi considerare che i diritti della difesa della ricorrente siano stati violati a causa di una comunicazione tardiva del CD-ROM contenente il fascicolo d’istruttoria.

170    Per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente relativi all’indice del fascicolo, si deve considerare che, mentre nel suo ricorso la ricorrente ha affermato che l’indice non le avrebbe permesso di identificare l’effettivo contenuto del fascicolo e la provenienza dei documenti che lo costituivano, nella sua replica la ricorrente ha affermato che un tale indice non le è stato trasmesso. Interrogata al riguardo durante l’udienza, la ricorrente ha infine indicato che l’indice in questione le era stato trasmesso «in un secondo tempo». A fronte di simili dichiarazioni contraddittorie, non è possibile accogliere il suo argomento. In ogni caso, si deve constatare che la ricorrente, quando nel suo ricorso ha criticato l’indice del fascicolo redatto dalla Commissione, che durante l’udienza ha affermato di aver concretamente ricevuto, si è limitata a fare un’affermazione astratta, senza neppure produrre il suddetto indice al fine di suffragare le proprie dichiarazioni.

171    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere il presente capo del terzo motivo nonché tale motivo nel suo complesso.

4.     Sul quarto motivo, vertente su una violazione dei criteri di imputazione, su un’erronea valutazione dei fatti e su un difetto di istruttoria e di motivazione

172    La ricorrente rileva che la Commissione è incorsa in un errore nell’identificazione del destinatario della decisione impugnata. La Commissione non avrebbe tratto, ai punti da 530 a 532 della decisione impugnata (v. punto 27 supra), le conclusioni appropriate derivanti dalle modifiche intervenute nel 2004 in seno al gruppo della ricorrente, che tuttavia le sarebbero state correttamente rappresentate nella risposta a una richiesta di informazioni del 24 luglio 2008. Contrariamente a quanto afferma la Commissione, la società Feralpi Holding sarebbe il frutto di una riorganizzazione complessa del gruppo e delle attività ad essa attribuite, che non sarebbe riassumibile con una modifica della sua denominazione sociale. Così, dopo aver assunto la denominazione di Feralpi Holding, quest’ultima ha costituito la società Feralpi SpA, società di cui detiene il 100% del capitale, che ha poi assunto la denominazione di Feralpi Siderurgica SpA, alla quale ha trasferito tutte le attività produttive rientranti nel ramo acciaio e siderurgia, e dunque anche quelle dedicate alla produzione di tondo per il cemento armato. In seguito a tale conferimento, la Feralpi Holding sarebbe divenuta una holding di controllo diversificata ed una società di servizi per l’intero gruppo, laddove l’attività operativa del settore siderurgico, ivi inclusa quella interessata dalla presunta infrazione oggetto della decisione di riadozione, sarebbe passata sotto il controllo della Feralpi Siderurgica. Di conseguenza, la Commissione avrebbe effettuato un’erronea applicazione dei principi di imputabilità e, in tal modo, avrebbe violato i diritti della difesa della Feralpi Siderurgica, dato che quest’ultima non avrebbe mai beneficiato di un contraddittorio circa gli addebiti accolti nella decisione impugnata. Dato che, al punto 532 della decisione impugnata, la Commissione si sarebbe riferita unicamente alla modifica della ragione sociale della Feralpi Holding, essa avrebbe altresì violato il proprio obbligo di motivazione.

173    In primo luogo, occorre respingere la censura della ricorrente vertente su un asserito difetto di motivazione della decisione impugnata quanto all’imputazione alla ricorrente delle azioni ivi constatate, esposta in modo adeguato ai punti da 530 a 532 della decisione impugnata. Tali punti sono così formulati:

«(530)      Per quel che riguarda la destinataria Feralpi Holding S.p.A., la Commissione aveva spiegato nella decisione annullata che la Feralpi Siderurgica quale esisteva nel 2002 (…) corrispondeva a un’impresa alla quale erano imputabili, oltre che i comportamenti della stessa Feralpi Siderurgica S.p.A., anche quelli della Feralpi Siderurgica S.R.L. e della precedente Feralpi Siderurgica S.p.A.. Esiste infatti una evidente identità-continuità economica e giuridica tra la prima Feralpi Siderurgica S.p.A., Feralpi Siderurgica S.R.L. e la seconda Feralpi Siderurgica S.p.A. Quest’ultima ha continuato l’attività delle altre due, in particolare nel settore del tondo per cemento armato, come confermato [dal] fatto che la Feralpi S.p.A. stessa ha dichiarato, nella sua risposta alla richiesta di informazioni formulata dalla Commissione il 18 luglio 2001 in base all’articolo 47 CECA, “La [nostra] azienda è attiva nel settore del tondo dal 1969 in Italia”. Erano rimaste inoltre immutate le persone che dal 1989, ricoprono, rispettivamente, l’incarico di Presidente, Consigliere delegato e Direttore dell’Ufficio commerciale Italia.

(531)  Come già indicato, nel corso dell’anno 2004 la seconda Feralpi Siderurgica S.p.A. ha variato la denominazione sociale in Feralpi Holding S.p.A.

(532)  Applicando alla sopra illustrata situazione i principi di diritto sanciti dalla Corte di [g]iustizia per quanto riguarda i casi di cambiamento di denominazione giuridica di una società ([sentenza] Aalborg Portland del 7 gennaio 2004, già illustrata nel punto 526), ne risulta che la prima Feralpi Siderurgica S.p.A., la Feralpi Siderurgica S.R.L., la seconda Feralpi Siderurgica S.p.A. e la Feralpi Holding S.p.A. debbano vedersi come la stessa persona giuridica. Ai fini della presente decisione pertanto, Feralpi Holding S.p.A. è responsabile per l’infrazione commessa dai suoi predecessori legali ed è quindi destinataria della presente decisione».

174    A tal riguardo, si deve sottolineare che, al punto 532 della decisione impugnata, la Commissione si riferisce alla «sopra illustrata situazione» e alla sentenza «Aalborg Portland del 7 gennaio 2004, già illustrata nel punto (526)», riguardante l’Alfa. Detto rinvio al punto 526 costituisce manifestamente un errore di battitura, dato che i principi giuridici risultanti segnatamente dalla sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, citata al punto 130 supra, sono stati ricordati al punto 527 della decisione impugnata nei seguenti termini:

«(527)       Alla sopra illustrata situazione si devono applicare i seguenti principi di diritto:

–        allorquando un’unica e medesima persona giuridica assume successivamente diverse denominazioni sociali (...), le eventuali infrazioni del diritto comunitario della concorrenza commesse da detta persona giuridica all’epoca in cui aveva una denominazione sociale diversa (...) da quella attuale (...) devono essere imputate alla medesima persona giuridica, in quanto il cambiamento della sua denominazione sociale non ha per effetto di sottrarla alla responsabilità per le eventuali infrazioni del diritto comunitario della concorrenza commesse allorquando essa aveva una diversa denominazione sociale [(sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, punto 130 supra, punto 59)];

–        la circostanza che una controllata (...) abbia una personalità giuridica distinta non basta a escludere la possibilità che il suo comportamento sia imputato a una società controllante (...), in particolare qualora la controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono fornite da detta società controllante. In tali casi la Commissione può presupporre che una società interamente controllata (o quasi interamente controllata) segua essenzialmente le istruzioni impartitele dalla società madre o controllante, senza dover verificare se quest’ultima abbia effettivamente esercitato tale potere. Tuttavia, la società controllante e/o la controllata possono vincere tale presunzione producendo prove sufficienti a dimostrare che la controllata “ha deciso la propria condotta sul mercato in modo indipendente invece di seguire le istruzioni impartitele dalla controllante”.

(…)».

175    In secondo luogo, relativamente all’asserito errore nell’identificazione del destinatario della decisione impugnata, si deve rilevare che la ricorrente non contesta che, malgrado una modifica della sua ragione sociale, sussista un’identità giuridica tra essa e la società Feralpi Siderurgica, quale esisteva nel 2002, dato che quest’ultima era stata segnatamente la destinataria della comunicazione degli addebiti, della comunicazione degli addebiti supplementari e della decisione del 2002. La stessa ricorrente afferma, nel ricorso, quanto segue:

«Le attività siderurgiche del Gruppo sono state concentrate sino al 2004 nella società Feralpi Siderurgica S.p.A., destinataria della [decisione del 2002], società direttamente incaricata della produzione siderurgica, nonché di detenere partecipazioni in altre società attive nel medesimo settore. Nel corso di tale anno, la struttura societaria del gruppo ha subito un profondo processo di riorganizzazione aziendale. In esito a tale processo, la Feralpi Siderurgica S.p.A. ha variato la propria denominazione sociale in Feralpi Holding (...)».

176    Essa sostiene unicamente che la Commissione avrebbe dovuto imputare le azioni accertate nella decisione impugnata alla nuova società Feralpi SpA, divenuta la società Feralpi Siderurgica SpA, controllata detenuta al 100% dalla ricorrente e costituita successivamente alla riorganizzazione del gruppo Feralpi nel 2004, alla quale sono state trasferite le attività relative al tondo per cemento armato.

177    Tuttavia, per costante giurisprudenza, il cambiamento della forma giuridica e del nome dell’impresa non ha l’effetto di creare una nuova impresa esente dalla responsabilità per i comportamenti anticoncorrenziali della precedente, qualora, sotto l’aspetto economico, vi sia identità fra le due imprese (sentenze della Corte del 28 marzo 1984, Compagnie royale asturienne des mines e Rheinzink/Commissione, 29/83 e 30/83, Racc. pag. 1679; Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 130 supra, punti da 356 a 359, e dell’11 dicembre 2007, ETI e a., C‑280/06, Racc. pag. I‑10893, punto 42).

178    Occorre quindi constatare che vi è identità tra, da un lato, la società Feralpi Siderurgica SpA, destinataria della comunicazione degli addebiti, della comunicazione degli addebiti supplementari e della decisione del 2002, e, dall’altro, la ricorrente nella presente causa, destinataria della decisione impugnata. È pertanto a giusto titolo che la Commissione ha imputato alla ricorrente le azioni accertate nella decisione impugnata.

179    A tal riguardo, è irrilevante il fatto che, il 25 maggio 2004, la ricorrente abbia costituito una nuova entità giuridica alla quale ha trasferito le sue attività di produzione rientranti nel ramo acciaio e siderurgia, e dunque anche la produzione di tondo per il cemento armato. Infatti, in via di principio, la responsabilità per l’infrazione incombe alla persona fisica o giuridica che dirigeva l’impresa interessata al momento in cui l’infrazione è stata commessa, anche qualora, alla data di adozione della decisione che ha constatato l’infrazione, la gestione dell’impresa non fosse più sotto la sua responsabilità (sentenze della Corte del 16 novembre 2000, KNP BT/Commissione, C‑248/98 P, Racc. pag. I‑9641, punto 71; Cascades/Commissione, C‑279/98 P, Racc. pag. I‑9693, punto 78; Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, C‑286/98 P, Racc. pag. I‑9925, punto 37, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 100 supra, punto 143). Quest’ultima circostanza non si verifica, del resto, nella fattispecie in esame, dato che la ricorrente non contesta che la sua controllata Feralpi Siderurgica, da essa detenuta al 100%, si trovi in concreto sotto la sua responsabilità.

180    Occorre pertanto respingere il presente motivo.

5.     Sul quinto motivo, vertente sull’errata definizione del mercato rilevante

181    La ricorrente contesta la definizione del mercato rilevante effettuata dalla Commissione ai punti da 8 a 60 della decisione impugnata.

182    In primo luogo, la ricorrente ritiene che la Commissione, limitando il mercato del prodotto a quello del tondo per cemento armato nervato in barre o in rotoli, abbia indebitamente trascurato ogni possibile correlazione del mercato così definito con quelli di altri prodotti siderurgici potenzialmente sostituibili, quali la rete metallica elettrosaldata e le travi d’acciaio. Da un lato, nella sua decisione 89/515/CEE del 2 agosto 1989, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [81 CE] (IV/31.553 – Rete metallica elettrosaldata) (GU L 260, pag. 1; in prosieguo: la «decisione Rete metallica elettrosaldata»), la Commissione aveva ritenuto che sussistesse una correlazione tra la rete metallica elettrosaldata e il tondo per il cemento armato, aspetto che consentiva di ridurre sensibilmente il margine di manovra per gli aumenti di prezzo che possono essere realizzati nel settore in questione. Dall’altro lato, le travi in acciaio costituirebbero, in particolare nel settore delle grandi opere, sostituiti del tondo per cemento armato nervato.

183    Innanzitutto, si deve sottolineare, riguardo alla rete metallica elettrosaldata, che al punto 29 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato che questa, pur essendo utilizzata nello stesso settore del tondo per cemento armato nervato, segnatamente l’edilizia, non è un prodotto per l’armatura di strutture portanti, ma un prodotto di rinforzo che, solo in alcuni limitati impieghi (per esempio, l’armatura dei solai e delle pareti non portanti), generalmente sostituisce il cosiddetto «tondino di rinforzo», in quanto consente un risparmio di tempo e di manodopera e minori sfridi. La Commissione ha aggiunto, al punto 30 della decisione impugnata, di aver considerato tale prodotto come costituente un mercato rilevante nella decisione Rete metallica elettrosaldata.

184    Rispondendo all’argomento di talune parti, inclusa la ricorrente, formulato durante il procedimento amministrativo in merito alla sostituibilità tra la rete metallica elettrosaldata e il tondo per cemento armato, ai punti 36 e 37 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato quanto segue:

«(36)       Per quanto riguarda la rete elettrosaldata, Feralpi, Valsabbia ed Alfa si richiamano alla decisione Rete metallica elettrosaldata. In detta decisione, al punto (202), la Commissione aveva stabilito che era “stato altresì tenuto conto della correlazione tra la rete saldata e il tondino per il cemento armato. Il tondino per il cemento armato è un prodotto CECA anch’esso interessato dalle ‘misure anticrisi’ della Commissione per l’industria siderurgica nel periodo di riferimento. Come [sopra] esposto, la rete saldata offre rispetto al tondino determinati vantaggi in termini di costo che giustificano un prezzo più elevato. Tuttavia la rete saldata non è un prodotto del tutto sostituibile al tondino per il cemento armato. Vi è dunque un limite economico per la differenza di prezzo che può esistere tra i due prodotti. Ciò riduce il margine di manovra per gli aumenti di prezzo che possono essere realizzati da un cartello dei prezzi nel settore in questione”.

(37)             La Commissione rileva da un lato che la suddetta decisione, non contestata in ciò dalle parti al presente procedimento, parla di una sostituibilità limitata tra la rete e il tondo (“non è un prodotto del tutto sostituibile al tondino”). Anche nel quadro del presente procedimento, alcune parti hanno riconosciuto che detta sostituibilità è limitata. D’altra parte, la decisione in questione ha tenuto conto della sostituibilità limitata dei due prodotti esclusivamente ai fini del calcolo dell’ammenda e non ha in nessun caso definito il mercato rilevante come la somma di quello della rete metallica elettrosaldata e di quello del tondo per cemento armato».

185    Si deve constatare che la ricorrente non deduce alcun argomento volto a opporsi alle constatazioni della Commissione di cui ai suddetti punti della decisione impugnata. Inoltre, giustamente la Commissione ha sottolineato che, nella decisione Rete metallica elettrosaldata, era stato tenuto conto della sostituibilità limitata esclusivamente ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, ma senza che la Commissione considerasse che la rete metallica elettrosaldata e il tondo per cemento armato appartenessero allo stesso mercato di prodotto.

186    Riguardo alle travi in acciaio, poi, la Commissione ha indicato, sempre al punto 29 della decisione impugnata, che, «pur essendo utilizzat[e] anche nello stesso settore del tondo per cemento armato (l’edilizia), sono prodotti che, per quel che riguarda questo tipo di utilizzazione, trovano il loro essenziale impiego nelle grandi opere pubbliche (ponti, viadotti)» e che «detti prodotti possono quindi sostituire il tondo per cemento armato solo in modo limitato». Essa ha aggiunto, al punto 30 della decisione impugnata, che aveva considerato detto prodotto come costituente un mercato rilevante nella decisione n. 94/215/CECA della Commissione, del 16 febbraio 1994, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 65 [CA] concernente gli accordi e le pratiche concordate posti in essere dai produttori europei di travi (GU L 116, pag. 1). La Commissione ha aggiunto, al punto 38 della decisione impugnata, quanto segue:

«Anche per quanto riguarda le travi, la Commissione ha fatto riferimento alla propria decisione n. 94/215/CECA, relativa [a detto settore] (...). Nella decisione della Commissione il mercato in cui vengono contestati determinati comportamenti anticoncorrenziali è esclusivamente quello delle travi. In tutta la decisione non vi è alcun riferimento al tondo per cemento armato».

187    A tal riguardo, la ricorrente si limita ad affermare che le travi sono dei sostituti, a volte preferibili, al tondo per cemento armato nervato, senza tuttavia fornire il benché minimo argomento in merito, né il minimo elemento di prova. La sua affermazione secondo cui «il rilievo mosso dalla Commissione, per cui la sostituibilità del tondo con le travi non si manifesterebbe al momento dell’uso del prodotto, bensì in quello della progettazione, non valga in realtà ad escludere del tutto l’esistenza di correlazione tra la domanda dei due prodotti» non può essere sufficiente a dimostrare che le travi e i tondi per cemento armato sono prodotti sostituibili fra loro.

188    Infine, la ricorrente fa valere che nella decisione impugnata non è riscontrabile alcun elemento che testimoni l’esercizio teorico suggerito al paragrafo 15 della comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU 1997, C 372, pag. 5). A tal riguardo, basti evidenziare quanto indicato nel suddetto paragrafo: «[l]’analisi della sostituibilità sul versante della domanda implica la determinazione della gamma di prodotti che vengono considerati come intercambiabili dal consumatore. Una delle tecniche per compiere tale analisi è un esercizio teorico, che consiste nel postulare una piccola variazione non transitoria dei prezzi relativi e nel valutare le presumibili reazioni dei clienti (...)». Risulta quindi da tale comunicazione che spetta alla Commissione determinare l’insieme dei prodotti che il consumatore percepisce come intercambiabili, e che l’esercizio teorico in tal senso previsto non è obbligatorio. Ora, tale determinazione è enunciata ai punti da 28 a 46 della decisione impugnata.

189    Da quanto precede risulta che gli argomenti della ricorrente relativi alla definizione del mercato dei prodotti rilevante devono essere respinti.

190    In secondo luogo, la ricorrente censura l’affermazione che appare al punto 48 della decisione impugnata, secondo cui, nei limiti in cui la Commissione constati un’infrazione avente per oggetto una restrizione della concorrenza sull’intero territorio della Repubblica italiana, la constatazione di tale restrizione non richiede alcuna previa definizione del mercato geografico. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, un’esatta delimitazione del mercato rilevante, anche dal punto di vista geografico, è fondamentale per valutare il carattere sensibile degli effetti di un accordo sul funzionamento della concorrenza, vale a dire la sua idoneità ad alterare in modo consistente il gioco normale della concorrenza.

191    Un siffatto argomento è inoperante, dato che la Commissione non si è astenuta dal delimitare il mercato geografico rilevante nel caso di specie, avendo essa, ai punti da 47 a 60 della decisione impugnata, definito il mercato geografico del tondo per cemento armato nervato in barre o in rotoli come il territorio della Repubblica italiana ed essendosi in particolare riferita, ai fini della definizione del suddetto mercato, al fatto che il prodotto proveniente da altre zone geografiche aveva rappresentato, sulla base dei dati Eurostat (l’Ufficio statistico dell’Unione), dallo 0% al 6% del totale delle vendite sul territorio italiano, e che pertanto i flussi di prodotto verso l’Italia erano stati molto limitati durante il periodo preso in considerazione. Essa ha altresì richiamato la strutturale mancanza di convenienza economica per le imprese degli altri Stati membri a vendere il tondo per cemento armato in Italia (punto 50 della decisione impugnata).

192    In terzo luogo, la ricorrente afferma che l’estensione del mercato geografico del tondo per cemento armato coincide, per lo meno, con il territorio dell’Unione. Innanzitutto, dalla decisione impugnata risulterebbe che i costi di trasporto non hanno limitato i flussi di tondo per cemento armato verso l’Italia, non avendo impedito le correnti di traffico in uscita da tale paese, piuttosto consistenti. Inoltre, riguardo alle barriere all’entrata, la Commissione riconoscerebbe che la non completa unificazione della normativa sulla qualità e sul mercato del prodotto a livello europeo e internazionale non costituisce un ostacolo rilevante ai flussi, in entrata o in uscita, del prodotto. Ancora, per quanto riguarda le caratteristiche dell’offerta, il tondo per cemento armato sarebbe una materia prima la cui commercializzazione non necessita di particolari infrastrutture di vendita o di assistenza tecnica. In ordine alla giustificazione addotta dalla Commissione, vertente sulla strutturale mancanza di convenienza economica per le imprese degli altri Stati membri a vendere il tondo per cemento armato in Italia, connessa ai prezzi praticati in tale paese, la ricorrente fa valere, da un lato, che i livelli di prezzo erano tendenzialmente più bassi in Italia rispetto a quelli rilevabili sugli altri mercati europei, il che avrebbe comportato un effetto deterrente sui flussi di importazione in Italia. Dall’altro lato, la Commissione avrebbe omesso di considerare la forte congiuntura negativa del settore edilizio e la significativa contrazione della domanda, così come la politica di contenimento dei livelli di prezzo posta in essere dalle imprese italiane. Infine, dalla prassi decisionale della Commissione relativa ai prodotti siderurgici lunghi risulterebbe che il mercato geografico rilevante aveva una dimensione quanto meno comunitaria.

193    Si deve rilevare che, ai punti 50 e 51 della decisione impugnata, la Commissione ha risposto agli argomenti delle imprese interessate riguardanti la portata, asseritamente più ampia, del mercato geografico rilevante. Essa ha quindi sottolineato che sia le parti che la stessa Commissione concordavano sul fatto che non vi fossero più ostacoli agli scambi e che esistesse una strutturale mancanza di convenienza economica per le imprese degli altri Stati membri a vendere tondo per cemento armato in Italia, allo stesso tempo evidenziando che, indipendentemente dalla causa di tale mancanza di convenienza, non fosse interessante per le imprese degli altri Stati membri esportare tondo per cemento armato in Italia. Essa ha aggiunto di aver tenuto conto del fatto che, tra il 1989 e il 2000, i flussi di prodotti verso l’Italia avrebbero potuto essere per lo più trascurabili e che, per undici anni, il mercato italiano non avrebbe praticamente conosciuto importazioni significative in provenienza dagli altri Stati membri. Al punto 56 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso il suo discorso evidenziando che il consumatore italiano in pratica non avrebbe potuto sostituire, durante il periodo esaminato, il tondo di produzione italiana con quello proveniente da altri Stati membri.

194    A tal riguardo, si deve constatare che gli argomenti della ricorrente citati al punto 193 supra, relativi ai costi del trasporto, all’assenza di barriere all’entrata o, ancora, alle ragioni della strutturale mancanza di convenienza economica per le imprese degli altri Stati membri a vendere il tondo per cemento armato in Italia, non consentono di confutare la conclusione della Commissione di cui al punto 50 della decisione impugnata, relativa al flusso limitato di prodotto verso l’Italia nel corso del periodo in esame ed alla concretezza della suddetta strutturale mancanza di convenienza economica per le imprese degli altri Stati membri a vendere tondo per cemento armato in Italia. Per quanto riguarda la prassi decisionale della Commissione relativa ai prodotti siderurgici lunghi, si deve sottolineare che le decisioni della Commissione citate dalla ricorrente nel suo ricorso riguardano mercati di prodotti siderurgici diversi dal mercato del prodotto oggetto della presente causa. Infine, per quanto riguarda lo studio Lear (Laboratorio di Economia, Antitrust, Regolamentazione), intitolato «L’industria del tondo per cemento armato in Italia dal 1989 al 2000», commissionato dalle imprese Alfa, Feralpi, IRO, SP e Valsabbia, (in prosieguo: lo «studio Lear»), citato nella replica, le cui conclusioni andrebbero chiaramente nel senso di una portata transfrontaliera del mercato geografico rilevante, si deve constatare che la ricorrente non formula alcun argomento preciso atto a inficiare le affermazioni della Commissione ai punti da 51 a 53 della decisione impugnata, secondo cui, da un lato, la teoria dei flussi prospettata dallo studio Lear, era basata solo su casi di scuola, su teorie economiche e non su considerazioni di fatto e, dall’altro, tale studio applicherebbe il test di Elzinga e di Hogarthy ai paesi dell’Unione, dal quale emergerebbe che solo l’Italia, tra tutti gli Stati membri, potrebbe costituire il mercato geografico rilevante.

195    Ne consegue che occorre respingere gli argomenti della ricorrente relativi alla definizione del mercato geografico rilevante nonché il motivo nel suo insieme.

6.     Sul sesto motivo, vertente sull’erronea valutazione dei fatti, sulla violazione dell’articolo 65 CA, sulla violazione del principio di non discriminazione e sulla violazione dell’«articolo 296 TFUE»

196    Con il suo sesto motivo, la ricorrente intende dimostrare che la valutazione dell’insieme dei fatti operata dalla Commissione, nonché la loro qualificazione giuridica, costituiscono una violazione dell’articolo 65 CA e dei principi in materia di onere della prova. La Commissione avrebbe inoltre violato l’obbligo previsto all’«articolo 296 TFUE» e il principio di non discriminazione.

197    Il presente motivo è suddiviso in quattro capi. Il primo verte sulla «perimetrazione soggettiva dell’infrazione». Il secondo, sulle censure relative al periodo dal 1989 al 1992. Il terzo, su quelle relative al periodo dal 1993 al 1995. Il quarto, su quelle relative al periodo dal 1996 al 2000.

198    Si devono preliminarmente formulare varie considerazioni, da un lato, sulle nozioni di accordi e di pratiche concertate e, dall’altro, sui principi relativi all’onere della prova.

 Sulle nozioni di accordi e di pratiche concertate

199    Si deve ricordare che l’articolo 65 CA vieta in particolare tutti gli accordi tra imprese e tutte le pratiche concertate che tendano, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, a limitare o a falsare il gioco normale della concorrenza ed in particolare a fissare o determinare i prezzi, a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti o a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d’approvvigionamento (v. punto 3 supra).

200    La nozione di accordo ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA deriva dall’espressione, da parte delle imprese partecipanti, della volontà comune di comportarsi sul mercato in un determinato modo (v., riguardo all’articolo 81, paragrafo 1, CE, sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, Racc. pag. I‑4125, punto 130; v., riguardo all’articolo 65, paragrafo 1, CA, sentenza del Tribunale dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione, T‑141/94, Racc. pag. II‑347, punto 262) (v. anche il punto 403 della decisione impugnata).

201    Peraltro, come rilevato dalla Commissione ai punti 491 e 492 della decisione impugnata, la nozione di pratica concordata ai sensi di tale disposizione riguarda una forma di coordinamento tra imprese le quali, pur senza essersi spinte sino alla costituzione di un vero e proprio accordo, abbiano consapevolmente sostituito una reciproca cooperazione pratica ai rischi della concorrenza (sentenze della Corte del 16 dicembre 1975, Suiker Unie e a./Commissione, da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Racc. pag. 1663, punto 26; del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, C‑89/85, C‑104/85, C‑114/85, C‑116/85, C‑117/85 e da C‑125/85 a C‑129/85, Racc. pag. I‑1307, punto 63; Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 200 supra, punto 115, e dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C‑199/92 P, Racc. pag. I‑4287, punto 158; sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 200 supra, punto 266).

202    La Corte ha aggiunto che i criteri del coordinamento e della cooperazione dovevano essere intesi alla luce della concezione inerente alle norme del Trattato in materia di concorrenza, secondo la quale ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che egli intende seguire sul mercato comune (sentenze della Corte Suiker Unie e a./Commissione, cit. al punto 201 supra, punto 173; Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, cit. al punto 201 supra, punto 63; Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 200 supra, punto 116, e del 2 ottobre 2003, Corus UK/Commissione, C‑199/99 P, Racc. pag. I‑11177, punto 106).

203    Secondo questa giurisprudenza, se è vero che la suddetta esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei loro concorrenti, essa vieta però rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti che possano influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, o rivelare a tale concorrente la condotta che essi hanno deciso o intendono seguire sul mercato quando tali contatti abbiano lo scopo o l’effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato di cui trattasi, tenuto conto della natura della merce e delle prestazioni fornite, dell’importanza e del numero delle imprese e del volume di detto mercato (sentenze Suiker Unie e a./Commissione, cit. al punto 201 supra, punto 174; Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 200 supra, punto 117; Hüls/Commissione, cit. al punto 201 supra, punto 160, e Corus UK/Commissione, cit. al punto 202 supra, punto 107).

204    Bisogna inoltre presumere, fatta salva la prova contraria il cui onere incombe agli operatori interessati, che le imprese partecipanti alla concertazione e che rimangono presenti su tale mercato tengano conto degli scambi di informazioni con i loro concorrenti per decidere il proprio comportamento sul mercato. Ciò a maggior ragione allorché la concertazione ha luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 200 supra, punto 121; v. anche, in tal senso, sentenza Hüls/Commissione, cit. al punto 201 supra, punto 162).

205    Occorre peraltro rilevare che il paragone tra la nozione di accordo e quella di pratica concordata dimostra che, dal punto di vista soggettivo, esse ricomprendono forme di collusione che condividono la stessa natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme con cui si manifestano (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 200 supra, punto 131).

 Sui principi relativi all’onere della prova

206    Dall’articolo 2 del regolamento n. 1/2003 nonché da una giurisprudenza costante deriva che, nel settore del diritto della concorrenza, in caso di controversia sulla sussistenza di un’infrazione, spetta alla Commissione produrre la prova delle infrazioni da essa accertate e raccogliere elementi di prova atti a dimostrare adeguatamente la sussistenza dei fatti costitutivi di un’infrazione (sentenze della Corte Baustahlgewebe/Commissione, cit. al punto 154 supra, punto 58; del 6 gennaio 2004, BAI e Commissione/Bayer, C‑2/01 P e C‑3/01 P, Racc. pag. I‑23, punto 62, e del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, C‑89/11 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 71; sentenza del Tribunale del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, Racc. pag. II‑3601, punto 688).

207    A tal fine, essa deve raccogliere elementi di prova sufficientemente precisi e concordanti per fondare la ferma convinzione che l’asserita infrazione abbia avuto luogo (v., in tal senso, sentenze della Corte del 28 marzo 1984, CRAM e Rheinzink/Commissione, 29/83 e 30/83, Racc. pag. 1679, punto 20; del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeytiö e a./Commissione, cit. al punto 201 supra, punto 127; del Tribunale del 21 gennaio 1999, Riviera Auto Service e a./Commissione, T‑185/96, T‑189/96 e T‑190/96, Racc. pag. II‑93, punto 47, e del 15 dicembre 2010, E.ON Energie/Commissione, T‑141/08, Racc. pag. II‑5761, punto 48).

208    In tale contesto, l’esistenza di un dubbio nella mente del giudice deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione che constata un’infrazione. Il giudice non può quindi concludere che la Commissione abbia sufficientemente dimostrato l’esistenza dell’infrazione in questione qualora egli nutra ancora dubbi in merito a tale questione, in particolare nell’ambito di un ricorso diretto all’annullamento di una decisione che infligge un’ammenda (sentenze del Tribunale JFE Engineering e a./Commissione, cit. al punto 138 supra, punto 177; del 27 settembre 2006, Dresdner Bank e a./Commissione, T‑44/02 OP, T‑54/02 OP, T‑56/02 OP, T‑60/02 OP e T‑61/02 OP, Racc. pag. II‑3567, punto 60, e del 15 dicembre 2010, E.ON Energie/Commissione, punto 207 supra, punto 51).

209    Infatti, in quest’ultimo caso, si deve tenere conto del principio della presunzione d’innocenza, oggi sancito all’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali e che si applica alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza che possono sfociare nella pronuncia di ammende o penalità di mora (sentenze della Corte Hüls/Commissione, cit. al punto 201 supra, punti 149 e 150; dell’8 luglio 1999, Montecatini/Commissione, C‑235/92 P, Racc. pag. I‑4539, punti 175 e 176, e del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, cit. al punto 206 supra, punti 72 e 73; sentenza JFE Engineering e a./Commissione, cit. al punto 138 supra, punto 178).

210    Tuttavia, occorre sottolineare che non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere ai criteri indicati al precedente punto 207 con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito (v. sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 133 supra, punti da 513 a 523, e sentenza Dresdner Bank e a./Commissione, cit. al punto 208 supra, punto 63, e la giurisprudenza ivi citata).

211    In considerazione della notorietà del divieto degli accordi anticoncorrenziali, non può imporsi alla Commissione di produrre documenti attestanti in modo esplicito un contatto tra gli operatori interessati. Gli elementi frammentari e sporadici di cui la Commissione potrebbe disporre dovrebbero in ogni caso poter essere completati con deduzioni che permettano di ricostruire le circostanze pertinenti. L’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale può dunque essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi, i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole di concorrenza (v., in tal senso, sentenze Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 130 supra, punti da 55 a 57, e Dresdner Bank e a./Commissione, cit. al punto 208 supra, punti 64 e 65).

212    È vero che, quando la Commissione si basa unicamente sul comportamento sul mercato delle imprese in questione per concludere per l’esistenza di un’infrazione, è sufficiente per queste ultime dimostrare l’esistenza di circostanze che mettono in una luce diversa i fatti dimostrati dalla Commissione e che consentono in tal modo di sostituire una diversa spiegazione plausibile dei fatti a quella adottata dalla Commissione per concludere per l’esistenza di una violazione delle regole di concorrenza dell’Unione (v., in tal senso, sentenza JFE Engineering e a./Commissione, cit. al punto 138 supra, punto 186 e giurisprudenza ivi citata). Così, se la Commissione constata una violazione delle norme sulla concorrenza basandosi sulla supposizione che i fatti accertati possono trovare spiegazione soltanto in funzione della sussistenza di un comportamento anticoncorrenziale, il giudice dell’Unione sarà indotto ad annullare la decisione di cui trattasi qualora le imprese interessate adducano un’argomentazione che ponga in una luce diversa i fatti accertati dalla Commissione e che consenta quindi di sostituire una diversa spiegazione plausibile dei fatti a quella indicata dalla Commissione per concludere per la sussistenza di un’infrazione. Infatti, in un’ipotesi del genere, non si può ritenere che la Commissione abbia fornito la prova della sussistenza di un’infrazione al diritto della concorrenza (v, in tal senso, sentenze della Corte CRAM e Rheinzink/Commissione, cit. al punto 207 supra, punto 16; Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, cit. al punto 201 supra, punti 126 e 127, e del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, cit. al punto 206 supra, punto 74).

213    Tuttavia, quando, in sede di accertamento di una violazione al diritto della concorrenza, la Commissione si fondi su elementi di prova documentali, incombe alle imprese interessate non semplicemente di presentare una spiegazione alternativa plausibile alla tesi della Commissione, ma di confutare proprio l’insufficienza delle prove assunte nella decisione impugnata al fine di constatare l’esistenza dell’infrazione (sentenze del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 132 supra, punti da 725 a 728; JFE Engineering e a./Commissione, cit. al punto 138 supra, punto 187, e del 15 dicembre 2010, E.ON Energie/Commissione, cit. al punto 207 supra, punto 55).

214    Per quanto riguarda i mezzi di prova che possono essere invocati per dimostrare l’infrazione all’articolo 65 CA, occorre rilevare che nel diritto dell’Unione prevale il principio della libertà di forma dei mezzi probatori (v., in tal senso, sentenza Dalmine/Commissione, cit. al punto 168 supra, punto 72). In particolare, nessuna norma né alcun principio generale del diritto dell’Unione impediscono alla Commissione di avvalersi, contro un’impresa, delle dichiarazioni di altre imprese incriminate. Se così non fosse, l’onere della prova dei comportamenti contrari all’articolo 65 CA, che incombe alla Commissione, sarebbe insostenibile ed incompatibile con il compito di vigilanza sulla corretta applicazione di tali disposizioni ad essa attribuita dal Trattato CE (v., in tal senso, sentenza JFE Engineering e a./Commissione, cit. al punto 138 supra, punto 192).

215    Infine, quanto al valore probatorio che occorre riconoscere ai differenti elementi di prova, si deve sottolineare che l’unico criterio pertinente per valutare le prove liberamente prodotte consiste nella loro attendibilità (v. sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, T‑44/00, Racc. pag. II‑2223, punto 84, e la giurisprudenza ivi citata; sentenze Dalmine/Commissione, cit. al punto 168 supra, punto 72, e JFE Engineering e a./Commissione, cit. al punto 138 supra, punto 273). Secondo le regole generalmente applicabili in materia di prova, l’attendibilità e, pertanto, il valore probatorio di un documento dipendono dalla sua fonte, dalle circostanze in cui è stato redatto, dal suo destinatario e dalla sensatezza ed attendibilità del suo contenuto (sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. al punto 85 supra, punto 1053). In particolare, occorre riconoscere speciale valore alla circostanza che un documento sia stato redatto in collegamento immediato con i fatti (sentenze del Tribunale dell’11 marzo 1999, Ensidesa/Commissione, T‑157/94, Racc. pag. II‑707, punto 312, e del 16 dicembre 2003, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied e Technische Unie/Commissione, T‑5/00 e T‑6/00, Racc. pag. II‑5761, punto 181) o da un testimone diretto degli stessi. Inoltre, le dichiarazioni contrarie agli interessi del dichiarante devono essere considerate, in linea di principio, come elementi di prova particolarmente affidabili (sentenza JFE Engineering e a./Commissione, cit. al punto 138 supra, punti 207, 211 e 212).

 Sulla «perimetrazione soggettiva dell’infrazione»

216    In primo luogo, la ricorrente deduce un motivo vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione da parte della Commissione. Da un lato, il modo in cui la Commissione ha definito la perimetrazione soggettiva dell’infrazione non sarebbe chiara, poiché, nella comunicazione degli addebiti, essa avrebbe addebitato le azioni in questione all’Alfa, alla Feralpi Siderurigica (ora Feralpi Holding), alla Ferriere Nord, all’IRO, alla Leali‑AFLL, alla Lucchini‑SP, alla Riva, alla Valsabbia ed alla Federacciai. La Commissione avrebbe confermato siffatta perimetrazione soggettiva nella decisione impugnata, escludendo la Federacciai. Dall’altro lato, i motivi addotti dalla Commissione per perseguire le imprese in questione sarebbero lacunosi e in contraddizione fra loro.

217    Si deve constatare che la motivazione delle ragioni per le quali la Commissione ha indirizzato la decisione impugnata alle imprese che ne sono le destinatarie risulta ai punti da 525 a 566 della decisione impugnata. Per quanto riguarda, in particolare, le obiezioni della ricorrente relative alla «perimetrazione soggettiva dell’infrazione», la Commissione ha formulato le seguenti osservazioni ai punti da 551 a 553 della decisione impugnata:

«(551)       Si ricorda che la Commissione dispone di un potere discrezionale nel perseguire le infrazioni alle regole di concorrenza. Tale discrezionalità non deve tuttavia essere esercitata in modo arbitrario e occorre giustificarne i motivi. Nella fattispecie, le imprese coinvolte nel presente procedimento sono le più importanti del settore e quelle nei confronti delle quali le indagini hanno permesso di raccogliere le maggiori prove. Si ricorda inoltre che la maggior parte delle imprese italiane che erano attive in detto settore all’inizio del periodo in esame hanno nel frattempo cessato di operarvi. Della quarantina di operatori presenti sul mercato all’inizio degli anni Novanta, ne rimanevano una decina nel 2000. Nel 1998, il numero delle imprese era lievemente superiore, visto che nel 1995 ventidue imprese erano ancora attive. Tuttavia, di queste, le nove destinatarie della presente decisione rappresentavano, sempre nel 1998, una quota dell’86,9% del mercato italiano del tondo per cemento armato. La quota media di mercato delle imprese non destinatarie della presente decisione era quindi minima.

(552)       Per quanto riguarda tali imprese, la Commissione non è in grado di dimostrare la loro partecipazione all’intesa per quei comportamenti messi in atto dalle più grandi imprese senza che [la] Federacciai li rendesse noti all’insieme del settore come nel caso della fissazione dei prezzi. Si ricorda comunque che [la] Federacciai è destinataria della presente decisione, per i motivi che verranno spiegati in prosieguo, ed essendo l’associazione pari all’insieme degli associati, la presente decisione coinvolge l’intero settore.

(553)       Alla luce di quanto detto dalle parti, la Commissione conferma integralmente quanto affermato nella comunicazione degli addebiti e conclude che i destinatari della presente decisione hanno messo in atto, nelle modalità precisate in detti punti, un’intesa avente per oggetto la fissazione dei prezzi del tondo per cemento armato sul mercato italiano mediante la fissazione o determinazione dei prezzi, la limitazione o controllo della produzione e la ripartizione dei mercati. Questa intesa costituisce un’infrazione all’articolo 65, paragrafo l del trattato CECA».

218    Innanzitutto, si deve osservare che la motivazione della decisione impugnata riguardo all’identificazione dei destinatari della decisione impugnata risponde ai criteri richiamati ai precedenti punti da 56 a 58.

219    Inoltre, è necessario rilevare che il punto 552 della decisione impugnata afferma che la «Federacciai è destinataria della presente decisione», mentre quest’ultima non figura fra i destinatari della decisione impugnata menzionati nel suo dispositivo.

220    A tal riguardo, occorre ricordare che la motivazione di un atto dev’essere logica, e non presentare, segnatamente, contraddizioni interne che impediscano la buona comprensione dei motivi che lo sottendono (sentenza Elf Aquitaine/Commissione, cit. al punto 57 supra, punto 151). Una contraddizione nella motivazione di una decisione integra un’inosservanza dell’obbligo di motivazione tale da inficiare la validità dell’atto di cui trattasi qualora risulti che, a causa di tale contraddizione, il destinatario dell’atto non è in grado di conoscere la reale motivazione della decisione, nel suo complesso o in parte, e che pertanto il dispositivo dell’atto è, in tutto o in parte, privo di qualsiasi fondamento giuridico (sentenze del Tribunale del 24 gennaio 1995, Tremblay e a./Commissione, T‑5/93, Racc. pag. II‑185, punto 42, e del 30 marzo 2000, Kish Glass/Commissione, T‑65/96, Racc. pag. II‑1885, punto 85).

221    Tuttavia, ciò non si verifica nel caso di specie, dato che è pacifico che la decisione del 2002 è divenuta definitiva nei confronti della Federacciai e che per questo motivo detta associazione d’imprese non fa più parte dei destinatari della decisione impugnata. La menzione della Federacciai nel punto 552 della decisione impugnata non è, a tal riguardo, idonea ad impedire alla ricorrente la corretta comprensione della suddetta decisione. Ne consegue che la decisione impugnata è adeguatamente motivata e che i motivi di quest’ultima non mancano di chiarezza e non sono né lacunosi né in contraddizione fra loro.

222    In secondo luogo, la ricorrente ricorda che la perimetrazione soggettiva costituisce un elemento decisivo nella valutazione delle infrazioni alle norme sulla concorrenza, ai fini della definizione dell’infrazione e della valutazione della «sensibilità» anticoncorrenziale dell’intesa. Da un lato, essa osserva che l’identità dei partecipanti a una concertazione è un elemento costitutivo dell’infrazione. Orbene, i vari aspetti della collusione si sarebbero estesi ad operatori diversi, la cui implicazione sarebbe variabile, il che renderebbe difficile ricondurre i vari comportamenti ad un unico disegno e qualificare come unica l’infrazione. Inoltre, la circostanza che un’impresa, la cui partecipazione a un’intesa sia dimostrata, esca dal settore interessato dall’infrazione non varrebbe ad esimerla dalla responsabilità per i comportamenti anticoncorrenziali. Dall’altro lato, non sarebbe vero che le otto imprese destinatarie della decisione impugnata sarebbero le più importanti del settore, per lo meno nel corso del primo periodo dell’asserita intesa, dato che tra il 1989 e il 1985 il mercato era caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di operatori di dimensioni diverse. Quanto alla «sensibilità», la Commissione non avrebbe fornito alcun elemento atto a dimostrare la partecipazione dell’insieme delle imprese del settore. Avendo effettuato un’arbitraria selezione delle imprese cui addebitare i comportamenti anticoncorrenziali, la Commissione avrebbe violato anche il principio di non discriminazione.

223    Per prima cosa, si deve rilevare che la ricorrente non può affermare che la Commissione, in violazione della sentenza Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, citata al punto 201 supra (punto 69), non ha accertato l’identità dei partecipanti alla concertazione sanzionata nella decisione impugnata, poiché l’identificazione dei suddetti partecipanti figura in particolare ai punti da 525 a 566 della decisione impugnata nonché nel suo dispositivo.

224    L’argomento formulato dalla ricorrente, secondo cui le imprese non sarebbero tutte e sempre implicate in tutti i comportamenti, di modo che la collusione sarebbe a geometria variabile, non può essere accolto.

225    A tal riguardo, si deve ricordare che un’impresa la quale abbia partecipato ad un’infrazione unica e complessa con comportamenti suoi propri, rientranti nella nozione di accordo o di pratica concordata a scopo anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 65 CA e miranti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può essere responsabile anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione per tutto il periodo della sua partecipazione alla stessa qualora sia dimostrato che detta impresa era al corrente dei comportamenti illeciti degli altri partecipanti o che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne il rischio (sentenze della Corte Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 200 supra, punto 203, e del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 42; sentenze del Tribunale del 20 marzo 2002, Brugg Rohrsysteme/Commissione, T‑15/99, Racc. pag. II‑1613, punto 73, e del 28 aprile 2010, Gütermann e Zwicky/Commissione, T‑456/05 e T‑457/05, Racc. pag. II‑1443, punto 50).

226    Di conseguenza, il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa o che abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti cui ha partecipato non è rilevante per dimostrare l’esistenza di un’infrazione da parte sua. Ove si accerti che un’impresa era a conoscenza dei comportamenti illeciti delle altre partecipanti o che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne i rischi, essa è altresì considerata responsabile, per tutta la durata della sua partecipazione all’infrazione, dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 130 supra, punto 328, e sentenza Gütermann e Zwicky/Commissione, cit. al punto 225 supra, punto 156).

227    Per seconda cosa, riguardo alle imprese la cui partecipazione all’intesa sarebbe dimostrata, ma che non sarebbero state sanzionate dalla Commissione, si deve rilevare che per tali imprese, che non sono destinatarie della decisione impugnata e la cui situazione non è sottoposta alla valutazione del Tribunale, la Commissione ritiene di non disporre di prove sufficienti a dimostrare la loro partecipazione all’intesa (v. in particolare i punti da 549 a 552 della decisione impugnata), e che di conseguenza la loro situazione è diversa da quella dei destinatari della suddetta decisione (v., in tal senso, sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. al punto 85 supra, punti 4426 e 4427) e che quindi non è stato violato il principio di non discriminazione. In ogni caso, anche supponendo che la posizione di qualche impresa non destinataria della decisione impugnata sia stata analoga a quella della ricorrente, siffatta constatazione non consentirebbe di cancellare l’infrazione contestata in capo a quest’ultima, dal momento che l’infrazione è stata correttamente accertata (v., in tal senso, sentenze del Tribunale Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. al punto 85 supra, punto 4428, e del 20 marzo 2002, KE KELIT/Commissione, T‑17/99, Racc. pag. II‑1647, punto 101). Da una giurisprudenza consolidata risulta infatti che un’impresa, se con il suo comportamento ha violato le disposizioni del Trattato sulle intese, non può sfuggire a qualsiasi sanzione per il fatto che ad altri operatori economici non sono state inflitte ammende quando, come nella fattispecie, il giudice dell’Unione non venga investito della questione concernente la posizione di questi ultimi (sentenza Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, cit. al punto 201 supra, punto 197; v. sentenza KE KELIT/Commissione, cit., punto 101, e la giurisprudenza ivi citata).

228    Per terza cosa, riguardo al numero degli operatori sul mercato, la ricorrente non contesta l’affermazione di cui al punto 551 della decisione impugnata (v. punto 217 supra), secondo cui la maggior parte delle imprese italiane che erano attive in detto settore all’inizio del periodo in esame hanno nel frattempo cessato di operarvi e che i destinatari della decisione impugnata rappresentavano, nel 1998, una quota superiore all’85% del mercato italiano del tondo per cemento armato, cosicché la quota media di mercato delle imprese non destinatarie della decisione impugnata è minimale. Essa si limita a tal riguardo a sottolineare che così non era per il periodo dal 1989 al 1995, durante il quale sarebbe esistito un numero elevato di operatori di dimensioni diverse. Tuttavia, alla luce delle considerazioni ai punti da 551 a 553 della decisione impugnata (v. punto 217 supra), un siffatto argomento non può dimostrare il presunto carattere arbitrario della scelta dei destinatari di detta decisione da parte della Commissione.

229    Tenuto conto di quanto precede, occorre respingere il primo capo del presente motivo.

 Sulle censure relative al periodo che va dal 1989 al 1992

 Sugli extra di dimensione

230    La ricorrente rileva che la decisione impugnata fa risalire l’inizio dei comportamenti collusivi riguardanti gli extra di dimensione al 6 dicembre 1989 e che la prova dell’adesione di tutti i produttori di tondo per cemento armato consisterebbe, da un lato, nel telefax inviato in pari data dalla Federacciai e, dall’altro, nella circolare inviata dalla Feralpi il giorno successivo ai suoi rappresentanti e clienti in cui comunicava i nuovi prezzi degli extra come pure nelle comunicazioni indirizzate lo stesso giorno dalle società IRO, Riva, SP, Darfo, Alfa e Valsabbia alla Commissione. Per quanto riguarda il periodo che va dal 1989 al 1992, la prova della continuazione dell’intesa consisterebbe nell’allineamento dei prezzi degli extra di dimensione. La ricorrente sostiene che, in tal modo, la Commissione ha operato un’inversione dell’onere della prova a carico delle imprese interessate. Inoltre, la decisione impugnata si fonderebbe su una lettura parziale dei fatti, che non terrebbe conto in maniera adeguata delle caratteristiche del settore, del funzionamento del mercato e che si baserebbe su alcuni assunti non dimostrati.

231    In primo luogo, si deve rilevare che, per accertare la partecipazione della ricorrente, a partire dal 6 dicembre 1989, alla parte dell’intesa relativa agli extra di dimensione, la Commissione si è basata, al punto 126 delle decisione impugnata, sull’esistenza di una riunione in tale data all’Associazione Industriale Bresciana, nel corso della quale i partecipanti hanno deciso all’unanimità di aumentare, a partire dal lunedì 11 dicembre 1989, i prezzi degli extra legati al diametro per il tondo per cemento armato, in barre e in rotoli, destinato al mercato italiano. La Federacciai, con telefax inviato a tutte le imprese produttrici di tondo per cemento armato in Italia lo stesso giorno della riunione del 6 dicembre 1989, ha comunicato le conclusioni della medesima riunione. A tal riguardo, risulta da detto telefax, prodotto in giudizio dalla Commissione, che la Federacciai ha richiamato l’attenzione sugli aumenti che erano stati decisi «nella odierna riunione dei produttori a Brescia» e ha precisato la data della loro entrata in vigore.

232    Al punto 126 della decisione impugnata, la Commissione ha aggiunto di essere in possesso della circolare recante data 7 dicembre 1989, trasmessa dalla Feralpi ai suoi rappresentanti e clienti, con la quale, facendo espresso riferimento a quanto stabilito nella suddetta riunione, essa ha loro comunicato le decisioni ivi prese. Dai termini di detta circolare, parimenti prodotta in giudizio dalla Commissione, risulta che i prezzi così comunicati nonché la data della loro entrata in vigore corrispondevano a quanto precisato nel telefax della Federacciai del 6 dicembre 1989.

233    Al punto 128 della decisione impugnata, la Commissione rileva che sei imprese, fra cui la ricorrente, avevano successivamente modificato a più riprese, e in modo sostanzialmente identico, i prezzi degli extra il 21 marzo e il 2 aprile 1990, il 1° e il 20 agosto 1990, il 17 gennaio e il 1° febbraio 1991 e il 1° giugno e il 28 agosto 1991.

234    Nella decisione impugnata, la Commissione cita altresì la testimonianza della Riva, non contestata dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo o dinanzi al Tribunale, secondo cui la Feralpi partecipava a riunioni con i responsabili commerciali di altre imprese produttrici di tondo per cemento armato, aventi ad oggetto le quote di mercato detenute dai produttori di tondo per cemento armato nonché i prezzi dagli stessi praticati (punto 125 della decisione impugnata).

235    In considerazione di tali sviluppi, erroneamente la ricorrente afferma che la Commissione ha violato l’onere della prova nell’ambito dell’intesa sugli extra di dimensione nel corso del periodo che va dal 1989 al 1992. Quanto al telefax della Federacciai trasmesso a tutti i produttori italiani di tondo per cemento armato, relativo alla riunione del 6 dicembre 1989, i cui risultati sono stati comunicati il giorno successivo dalla Feralpi ai suoi rappresentati e clienti, nonché alle modifiche successive dei prezzi dei suoi extra di dimensione conformemente alle decisioni adottate nel corso di tale riunione, la ricorrente non può validamente affermare che la Commissione avrebbe dovuto precisare l’identità di tutti i partecipanti alla suddetta riunione oppure precisare l’esatta portata della sua partecipazione a quest’ultima. Alla luce degli elementi di prova sopra citati, la ricorrente non potrebbe neppure affermare che la sua partecipazione all’intesa sui supplementi di prezzo si fondasse unicamente sulla sua qualità di affiliata alla Federacciai, in violazione del principio della responsabilità personale.

236    Per le stesse ragioni, deve essere respinto anche l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione non avrebbe dimostrato che tutte le imprese siano state effettivamente invitate alla riunione del 6 dicembre 1989. La ricorrente non può neppure avvalersi del fatto che le imprese interessate non sarebbero state informate dell’ordine del giorno o dell’oggetto delle discussioni, in quanto dal telefax della Federacciai del 6 dicembre 1989 risulta che la riunione aveva lo scopo di fissare i prezzi degli extra di dimensione e la loro entrata in vigore, ciò che del resto la ricorrente ha comunicato ai suoi rappresentanti e ai suoi clienti.

237    In secondo luogo, la ricorrente afferma che, stante la natura di commodity del prodotto in questione, un’intesa sui prezzi avrebbe potuto essere conclusa solo con la partecipazione della maggioranza degli operatori interessati o di un numero di produttori tali da rappresentare una quota significativa del mercato, a meno di avere un carattere instabile e di non essere atta ad incidere sull’esistenza di una concorrenza efficace. Un siffatto argomento deve tuttavia essere respinto, per le ragioni citate al punto 228 supra. In ogni caso, dalla decisione impugnata (note a piè di pagina nn. 115 e 117) risulta che le modifiche dei prezzi degli extra di dimensione effettuate nell’agosto 1990 e nel giugno 1991 hanno interessato la generalità della produzione italiana, circostanza che non è stata contestata dalla ricorrente.

238    In terzo luogo, la ricorrente afferma che non sussiste alcun elemento che consenta di ritenere che le discussioni sugli extra di dimensione avessero un carattere regolare o periodico. Un simile argomento è tuttavia inoperante. La Commissione, del resto, vi ha risposto al punto 321 della decisione impugnata come segue:

«Secondo [la] Feralpi, nessun elemento indica che le discussioni sugli extra avvenissero regolarmente o a cadenze periodiche. La Commissione non ha sostenuto ciò, ma si è limitata ad affermare che il 6 dicembre 1989 i partecipanti alla riunione hanno deciso all’unanimità di aumentare gli extra e che dal testo del documento pertinente non risulta che si trattasse di un fatto nuovo, anche se non era possibile dire quando un simile comportamento aveva avuto inizio. Detto documento costituisce solamente la prima prova identificata del comportamento in questione».

239    In quarto luogo, la ricorrente afferma che la Commissione avrebbe dovuto produrre una prova diretta del concorso di volontà intorno ad un progetto volto a falsare il normale gioco della concorrenza, dato che i comportamenti attuati possono essere spiegati in modo diverso dalla concertazione. Una tale affermazione dev’essere respinta, alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 200 a 205 supra. Infatti, soltanto qualora la Commissione si basi unicamente sul comportamento nel mercato delle imprese interessate al fine di dichiarare la sussistenza di un’infrazione è sufficiente per queste ultime dimostrare l’esistenza di circostanze che danno una diversa spiegazione dei fatti accertati dalla Commissione. Tuttavia, ciò non avviene quando la Commissione si basi su elementi di prova documentali, come i documenti citati ai punti 231 e 232 supra.

240    In ogni caso, gli elementi dedotti dalla ricorrente volti a dimostrare una spiegazione alternativa dei comportamenti attuati dalle imprese in questione non possono essere accolti.

241    Primo, la ricorrente sostiene che è perfettamente normale che i produttori si incontrino presso le sedi delle loro associazioni per discutere dei problemi del comparto. Tuttavia, si deve rilevare che i temi in discussione non si limitavano a detti problemi, ma riguardavano i prezzi degli extra nonché la data della loro entrata in vigore.

242    Secondo, la ricorrente afferma che questi incontri erano l’occasione per rilevare ex post i prezzi del mercato, in vista delle riunioni che avevano luogo presso la Camera di commercio di Brescia, che erano pubblicati nei bollettini di quest’ultima. Un siffatto argomento non può essere accolto. Il telefax della Federacciai del 6 dicembre 1989 menziona infatti in modo specifico i prezzi degli extra di dimensione che dovranno essere applicati a partire dal 2 gennaio 1990, dunque non si tratta di un qualsiasi rilievo ex post dei prezzi sul mercato.

243    Terzo, i comportamenti delle imprese tra il 1989 e il 1992 dovrebbero essere analizzati alla luce delle condizioni di trasparenza particolari del mercato, derivanti in particolare dalla normativa CECA. Un simile argomento dev’essere ugualmente respinto. Infatti, secondo la giurisprudenza, la pubblicità obbligatoria dei prezzi prevista all’articolo 60, paragrafo 2, CA aveva lo scopo, in primo luogo, di impedire, per quanto possibile, le pratiche vietate, in secondo luogo, di permettere agli acquirenti di essere esattamente informati dei prezzi e di partecipare altresì all’accertamento delle discriminazioni e, in terzo luogo, di consentire alle imprese di conoscere esattamente i prezzi praticati dai concorrenti, in modo da potervisi allineare (v. sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 200 supra, punto 308, e la giurisprudenza ivi citata). Inoltre, i prezzi che compaiono nei listini devono essere stabiliti per ciascuna impresa in maniera indipendente, senza accordo, sia pur tacito, tra le imprese. In particolare, il fatto che le disposizioni dell’articolo 60 CA tendano a limitare la concorrenza non impedisce l’applicazione del divieto delle intese previsto all’articolo 65, paragrafo 1, CA. Peraltro, l’articolo 60 CA non prevede alcun contatto tra le imprese, precedente la pubblicazione dei listini, ai fini di una reciproca informazione sui loro futuri prezzi. Orbene, poiché detti contatti impediscono che tali listini siano fissati in modo indipendente, essi possono falsare il gioco normale della concorrenza, ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, CA (v. sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 200 supra, punti 312 e 313, e la giurisprudenza ivi citata).

244    La ricorrente non può affermare che la Commissione non ha dimostrato che il coordinamento è «il frutto di contatti diretti o indiretti tra le imprese» o che quest’ultima ha dichiarato l’esistenza di una pratica concordata basandosi su un mero parallelismo di comportamenti, tenuto conto dei documenti citati ai precedenti punti 231 e 232.

245    Quarto, la ricorrente afferma che un’analisi più puntuale delle comunicazioni con cui le imprese trasmettevano ai servizi competenti della Commissione i loro listini permette di constatare che dette comunicazioni riflettono comportamenti assai variegati. Tuttavia, tale ipotesi non ricorre nella specie. A tal riguardo, dal considerando 128 della decisione impugnata, già citato al precedente punto 233, risulta che la Feralpi, l’IRO, la Riva, la SP, la Valsabbia e l’Alfa avevano modificato a più riprese, e in modo sostanzialmente identico, i prezzi degli extra il 21 marzo e il 2 aprile 1990, il 1° e il 20 agosto 1990, il 17 gennaio e il 1° febbraio 1991 e il 1° giugno e il 28 agosto 1991, la Darfo e l’AFLL avevano anch’esse modificato, rispettivamente il 2 aprile 1990 e il 1° giugno 1991, i prezzi degli extra in modo corrispondente a quello delle sei imprese sopra menzionate. Risulta inoltre dal punto 133 della decisione impugnata che la IRO, la Feralpi, la Riva, la Darfo, l’Alfa e la Valsabbia hanno continuato a modificare in modo sostanzialmente identico i loro prezzi degli extra il 15 ottobre e il 1° novembre 1992 e il 17 e 23 novembre 1992, mentre le modificazioni di prezzo del 17 e 23 novembre 1992 sono state poste in essere anche dall’AFLL. A tal riguardo, per quanto concerne le comunicazioni espressamente citate dalla ricorrente nei suoi scritti difensivi, segnatamente quelle della Darfo e della SP del 28 marzo 1990, si deve constatare che esse prevedono taluni allineamenti attuati a sole 24 ore di distanza (rispettivamente, il 1° aprile e il 2 aprile 1990).

246    Quinto, la ricorrente deduce che la Commissione non ha tenuto conto della circostanza che la sostanziale uniformità degli extra sarebbe riconducibile ai costi di produzione, non dissimili per i diversi produttori, come illustrato in una perizia tecnica prodotta dalla ricorrente. Orbene, tutte le modifiche dei prezzi degli extra attuate dalla Feralpi avrebbero tenuto conto, in primo luogo ed essenzialmente, dell’andamento dei costi di produzione. Occorre tuttavia rilevare, come fa la Commissione (punto 488 della decisione impugnata), che, se così fosse, ciascun’impresa riaggiusterebbe i propri prezzi degli extra individualmente, poiché non è dimostrato che tutte fanno gli stessi investimenti e sostengono gli stessi costi allo stesso momento, dato che ciò dipende dalle loro capacità finanziarie, che non sono identiche.

247    In considerazione di quanto precede, occorre respingere le censure della ricorrente riguardanti l’intesa sugli extra di dimensione fra il 1989 e il 1992.

 Sui prezzi base e sui termini di pagamento

248    La ricorrente ricorda che la Commissione addebita a 19 imprese di aver concluso, in un periodo compreso tra il 13 aprile e il 31 maggio 1992, un accordo volto a fissare i prezzi minimi di vendita del tondo per cemento armato, che sarebbe entrato in vigore e sarebbe stato possibile prorogare. Otto altre imprese avrebbero inteso aderire, il 1° giugno 1992, allo spirito e alle condizioni dell’accordo in essere. Secondo la Commissione, la fissazione del prezzo base avrebbe comunque continuato a costituire una parte dell’oggetto dell’intesa fino al 2000 (punti da 129 a 132 e 419 della decisione impugnata). Tuttavia, gli elementi addotti dalla Commissione non parrebbero atti a supportare siffatta conclusione.

249    In primo luogo, la ricorrente afferma che il presunto accordo non sarebbe altro che un progetto di accordo, non firmato, rinvenuto nella sede della Federacciai. Benché non sia necessaria l’esistenza di un accordo sottoscritto per provare un comportamento collusivo, l’esistenza di un progetto non sarebbe sufficiente a dimostrare un accordo, in mancanza di elementi idonei a dimostrare che esso riflette un comune consenso effettivamente intervenuto tra le parti. Se la ricorrente dichiara di non contestare che vi siano state discussioni tra le imprese indicate nel progetto di accordo, esse non sarebbero pervenute ad alcun risultato concreto. Il protocollo d’adesione rappresenterebbe solo la prova di un ulteriore tentativo di arrivare all’adozione di un piano comune di azione. A parte il progetto di accordo rinvenuto presso la Federacciai, la Commissione non avrebbe trovato alcun riscontro o alcuna menzione del suddetto accordo presso alcuna delle imprese coinvolte. D’altronde, molte parti di questo accordo non avrebbero avuto applicazione. A tal riguardo, la modifica dei listini da parte di talune imprese al fine di allinearli con i prezzi indicati nel progetto di accordo non sarebbe decisiva per provare l’effettiva applicazione dell’accordo.

250    Si deve per prima cosa rilevare che, ai fini di dimostrare l’esistenza di un’intesa sui prezzi base e sui termini di pagamento, la Commissione si è basata, al punto 129 della decisione impugnata, sull’entrata in vigore, in un momento compreso tra il 13 aprile 1992 e il 31 maggio 1992, di un accordo valido fino al 30 luglio 1992 e prorogabile dalle parti di trimestre in trimestre. Come risulta dalla formulazione di tale progetto d’accordo, che è stato prodotto dalla Commissione, esso doveva essere stipulato da 19 imprese produttrici di tondo per cemento armato, fra cui la ricorrente, e aveva per oggetto principale quello di obbligare le parti a rispettare i prezzi minimi di vendita del tondo per cemento armato sul mercato italiano citati nell’accordo (in una prima fase ITL/kg 210, successivamente ITL/kg 225, e, per il mese di giugno 1992, ITL/kg 235). Considerato in particolare il contesto descritto ai punti da 124 a 134 della decisione impugnata, l’argomento della ricorrente secondo cui il suddetto progetto non sarebbe né siglato né firmato è privo di rilevanza. Infatti, poiché sono noti tanto il divieto di partecipare a pratiche e accordi anticoncorrenziali quanto le sanzioni che possono essere irrogate ai contravventori, di norma la documentazione ad essi relativa è ridotta al minimo (v., in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 130 supra, punto 55).

251    Si deve considerare, come fa la Commissione (punto 130 della decisione impugnata), che detto accordo è effettivamente entrato in vigore, dato che, come risulta dal protocollo di adesione, otto imprese che non vi avevano preso parte hanno inteso aderire, a partire dal 1° giugno 1992, «allo spirito ed alle condizioni dell’accordo in essere» fra alcuni produttori di tondo per cemento armato per tutto il periodo di validità di tale accordo, il che dimostra in termini giuridicamente soddisfacenti che lo stesso era in vigore il 31 maggio 1992, vale a dire alla data immediatamente precedente quella in cui le otto imprese ulteriori già ricordate avevano espresso l’intenzione di aderirvi (v. altresì punto 478 della decisione impugnata). La ricorrente non può, pertanto, sostenere che l’esistenza del suddetto progetto d’accordo non basti a dimostrare l’esistenza di una volontà comune effettiva delle parti.

252    Per seconda cosa, la ricorrente ammette espressamente l’esistenza di discussioni tra le imprese il cui nome figurava nel progetto di accordo, ma sostiene che quest’ultime non siano pervenute ad alcun risultato concreto. Si deve necessariamente constatare, da un lato, che la Commissione, al punto 131 della decisione impugnata, ha rilevato che diverse imprese (in particolare, la IRO, la Valsabbia e l’AFLL) avevano effettivamente attuato l’accordo sui prezzi base del tondo per cemento armato praticati durante il periodo di applicazione dell’accordo sopra menzionato. Dall’altro lato, secondo la stessa ricorrente, numerose «parti dell’accordo» non avrebbero avuto esecuzione, il che implica necessariamente che talune parti dell’accordo così concluso siano state effettivamente applicate.

253    Per terza cosa, la ricorrente afferma che è indubbio che essa non ha proceduto ad alcuna modifica dei suoi listini nel periodo di asserita vigenza dell’accordo dell’aprile/maggio 1992, come risulterebbe dalle tabelle 7.1 e 7.2 allegate alla decisione impugnata, e che l’analisi della tabella dei prezzi base medi applicati dalla società in quel periodo dimostra che i prezzi applicati non erano affatto in linea con quelli indicati nell’ipotesi di accordo in questione.

254    Tuttavia, si deve constatare che la ricorrente ammette espressamente l’esistenza di discussioni con i suoi concorrenti e che il suo nome figura nell’accordo sopra menzionato. Orbene, dalla giurisprudenza del Tribunale richiamata al punto 481 della decisione impugnata risulta che la circostanza che un’impresa non si adegui ai risultati delle riunioni aventi un oggetto manifestamente anticoncorrenziale non è atta a privarla della sua piena responsabilità per la partecipazione all’intesa, qualora essa non abbia preso pubblicamente le distanze dall’oggetto delle riunioni. Anche supponendo che il comportamento sul mercato della ricorrente e quello degli altri produttori, che avrebbero annunciato obiettivi di prezzo diversi, non fosse conforme al comportamento convenuto, ciò non incide in nulla sulla loro responsabilità (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 14 maggio 1998, Sarrió/Commissione, T‑334/94, Racc. pag. II‑1439, punto 118, confermata in sede di impugnazione con sentenza della Corte del 16 novembre 2000, Sarrió/Commissione, C‑291/98 P, Racc. pag. I‑9991, punti 43 e 49), dato che essi hanno semplicemente potuto tentare di utilizzare l’intesa a loro vantaggio (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 74, e la giurisprudenza ivi citata). L’asserita assenza di modifiche dei suoi listini nel corso del periodo durante cui è stato applicato l’accordo dell’aprile/maggio 1992 non sarebbe tale da dimostrare l’assenza di responsabilità della ricorrente a tal riguardo.

255    Per quarta cosa, la ricorrente fa valere che, in ogni caso, dalle prove utilizzate nella decisione impugnata appare in modo incontrovertibile che l’accordo non è stato formalmente prorogato, né applicato oltre il giugno 1992. I prezzi di listino indicati nella tabella 7.2 allegata alla decisione impugnata mostrerebbero un crollo dei prezzi base e un elevato grado di dispersione dei prezzi. Un siffatto argomento non può essere accolto. Come giustamente rilevato dalla Commissione al punto 419 della decisione impugnata, l’eventuale mancanza di proroga formale di detto accordo oltre il mese di giugno 1992 non ha comunque impedito che la fissazione del prezzo base continuasse a costituire parte dell’oggetto dell’intesa anche nel 1993, 1994, 1995, 1996, 1997, 1998, 1999 e 2000 (punti da 420 a 433 della decisione impugnata), alla quale la Feralpi ha partecipato (punto 558 della decisione impugnata), in particolare a motivo del fatto che la stessa ha continuato a ricevere le comunicazioni della Federacciai e ha modificato ad alcune riprese i suoi prezzi base in linea con le decisioni adottate in seno all’intesa.

256    In secondo luogo, per quanto riguarda l’intesa sui termini di pagamento a partire dal 15 aprile 1992 (punti 129 e 435 della decisione impugnata), la ricorrente afferma che la previsione di una clausola diretta a stabilire una regola generale di pagamento a 90 giorni fine mese era del tutto priva di qualsivoglia influenza sulla sua politica commerciale, poiché tali termini di pagamento erano quelli che la Feralpi normalmente applicava. Inoltre, prima della suddetta data, essa avrebbe applicato termini di pagamento più lunghi. A tal riguardo, si deve considerare che giustamente la Commissione ha osservato, al punto 487 della decisione impugnata, che un accordo consistente nel mettere in atto comportamenti abituali o tradizionali può restringere la libertà delle parti di competere tra di loro adottando comportamenti diversi e che il fatto che le fermate produttive fossero effettuate da tutti in periodi festivi e che ciò costituisse una pratica abituale o che i termini di pagamento fossero quelli abitualmente praticati sarebbe rilevante soltanto se non ci fosse stata una preventiva concertazione.

257    Alla luce di quanto precede, occorre respingere le censure della ricorrente riguardanti l’intesa sui prezzi base fra il 1989 e il 1992.

 Sulle censure relative al periodo che va dal 1993 al 1995

 Sugli extra di dimensione

258    Con riguardo alla concertazione finalizzata alla fissazione dei prezzi degli extra di dimensione, la ricorrente afferma che la Commissione deduce la prova della sua sussistenza, ancora una volta, dalle riunioni che sarebbero avvenute periodicamente presso la Federacciai nonché dai telefax successivamente inviati a tutte le imprese produttrici di tondo per cemento armato. Orbene, la Commissione non avrebbe provato che la ricorrente abbia partecipato alle suddette riunioni, pertanto non sarebbe possibile ricondurre ad un comportamento collusivo il parallelismo del comportamento della Feralpi in materia di prezzi relativi agli extra, in considerazione della trasparenza del mercato instaurata dal Trattato CECA. In tale contesto, le comunicazioni della Federacciai costituirebbero la mera diffusione di dati che le stesse imprese avevano trasmesso agli organi competenti in ottemperanza agli oneri imposti dalla legge.

259    Occorre rilevare che, al punto 439 della decisione impugnata, la Commissione ha ricordato, riguardo al periodo che va dal 1993 al 1995, che le imprese avevano deciso di mettere in atto aumenti di prezzo degli extra di dimensione, una prima volta, nel gennaio 1993, considerato lo svolgimento di una riunione il 25 gennaio, la comunicazione dei risultati di quest’ultima da parte della Federacciai alle imprese ed il conseguente adeguamento dei listini dei prezzi degli extra (in particolare, della IRO, della Leali, della Lucchini‑SP, e della Riva) (punti 135 e 136 della decisione impugnata); una seconda volta, nell’aprile 1993, considerato lo svolgimento di una riunione del 1° aprile, la comunicazione dei suoi risultati da parte della Federacciai alle imprese ed il conseguente adeguamento dei listini dei prezzi degli extra (in particolare, della Feralpi, della IRO, delle Ferriere Nord, dell’Alfa, della Valsabbia e della Darfo) (punto 137 della decisione impugnata); una terza volta, nel febbraio 1994, considerata una riunione del 7 febbraio, la comunicazione dei suoi risultati alle imprese da parte della Federacciai e il conseguente adeguamento dei listini dei prezzi degli extra (della Ferriere Nord, della Feralpi, della Lucchini‑SP, della IRO, della Darfo, della Riva, della Valsabbia e della Leali) (punti 138 e 139 della decisione impugnata); una quarta volta, nell’agosto 1994, considerata una riunione del 30 agosto riguardante anche la modifica degli extra, la comunicazione dei suoi risultati alle imprese da parte della Federacciai e il conseguente adeguamento dei listini degli extra (in particolare, della IRO, della Darfo, della Ferriere Nord, della Riva, della Valsabbia e dell’Alfa) (punti 140 e 141 della decisione impugnata); una quinta volta, nel febbraio 1995, considerata la comunicazione del 22 febbraio della Federacciai alle imprese e il conseguente adeguamento dei listini degli extra (in particolare, della Darfo, della Feralpi, della Valsabbia, della IRO, dell’Alfa, della Riva, della Leali e delle Ferriere Nord) (punti 149, 150 e 151 della decisione impugnata), e, una sesta volta, nel luglio 1995, considerata la notizia dell’applicazione dei nuovi prezzi degli extra comunicata dalla Leali alla Federacciai nell’ambito delle politiche tese a un concordato aumento dei prezzi, e il concomitante adeguamento dei listini degli extra (in particolare, della IRO, della Darfo, della Riva, dell’Alfa, della Valsabbia e della Feralpi) (punti 162 e 163 della decisione impugnata).

260    Alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 200 a 205 supra, la ricorrente non può affermare che l’infrazione non è stata dimostrata a motivo della mancata prova della sua partecipazione alle riunioni citate al punto precedente, tanto più che essa non nega di aver modificato i suoi listini in linea con i telefax della Federacciai del 1° aprile 1993, del 7 febbraio 1994, del 21 febbraio 1995 e del 19 luglio 1995.

261    Del resto, da questi telefax, prodotti dalla Commissione, risulta che essi indicano precisamente i prezzi degli extra di dimensione, le date di validità degli stessi («per nuovi ordini a partire da oggi e consegne da lunedì 5.4.1993», «a far data da lunedì 14 Febbraio 1994», «da applicare con decorrenza immediata»), come pure le date delle riunioni di verifica, con la conseguenza che la ricorrente non può sostenere l’impossibilità per la Commissione di ricondurre a un comportamento collusivo il parallelismo del comportamento della Feralpi in materia di prezzi relativi agli extra.

262    In considerazione di quanto precede, occorre respingere le censure della ricorrente relative all’intesa sugli extra di dimensione tra il 1993 e il 1995.

 Sulla fissazione dei prezzi base e sui termini di pagamento

263    In una prima parte del suo motivo, la ricorrente formula vari argomenti volti a contestare il valore probatorio dei documenti utilizzati dalla Commissione al fine di constatare l’infrazione relativa alla fissazione del prezzo base nel 1993, 1994 e 1995.

264    In primo luogo, per il 1993, la ricorrente fa valere che i telefax del 25 gennaio e del 1° aprile, sui quali si fonda la Commissione (punti da 135 a 137, 420 e 516 della decisione impugnata), non specificano i nomi delle imprese che hanno partecipato agli incontri. Innanzitutto, la Commissione non dimostrerebbe che i delegati della Feralpi hanno partecipato alle suddette riunioni. Inoltre, i termini utilizzati in detti telefax non significherebbero che, nel corso di tali riunioni, i prezzi base siano stati «determinati a tavolino». La Commissione non motiverebbe la sua posizione su detto punto. Infine, ulteriori documenti relativi alla riunione del 25 gennaio 1993 dimostrerebbero che, in occasione delle suddette riunioni, si sarebbe proceduto ad una rilevazione ex post dei prezzi applicati sul mercato, sulla base delle comunicazioni unilaterali dei produttori. In ogni caso, la presunta intesa avrebbe avuto soltanto un’incidenza assai limitata sui comportamenti tenuti dai produttori, in quanto i valori indicati in tali documenti sarebbero stati poi applicati esclusivamente da un numero ristretto di imprese produttrici di tondo per cemento armato.

265    Si deve rilevare che, ai punti da 135 a 137 della decisione impugnata, la Commissione ha osservato in particolare quanto segue:

«(135)       Il 25 gennaio 1993 la Federacciai ha comunicato alle imprese che, durante la riunione tenutasi quello stesso giorno, era stato rilevato che il prezzo base partenza Brescia era di ITL/Kg 280; che gli “extra di dimensione” di alcuni diametri (6, 8, 10, 12, 14 e 25 mm) erano aumentati di ITL/Kg 10 per adeguarli a quelli degli altri Paesi europei (Francia e Germania) a partire, per tutti gli ordini, dal 26 gennaio 1993 e, per le consegne, dal 1° febbraio 1993; e che era istituito, sempre a partire dal 26 gennaio 1993, il pagamento a 60 giorni massimo fine mese; incaricando le stesse imprese di far conoscere tutte queste nuove condizioni ad agenti e clienti con apposita lettera.

(136)       La IRO, l’[Alfa], la [Darfo], l’[AFLL], la [Lucchini], e la [Valsabbia] hanno portato il prezzo base a ITL/Kg 280, con decorrenza, rispettivamente, dal 27 gennaio, dal 28 gennaio, dal 1° febbraio (sia la terza che la quarta fra le imprese qui elencate), dal 12 febbraio e dal 4 marzo 1993. (…)

(137)       Il l° aprile 1993 la Federacciai ha inviato alle imprese una comunicazione analoga a quella sopra menzionata, dove è fatto riferimento a una riunione, svoltasi quello stesso giorno, nella quale erano emerse le indicazioni per il prezzo base partenza Brescia (ITL/Kg 270) e quelle per i prezzi degli “extra”, per nuovi ordini (a partire dal 10 aprile 1993) e consegne (a partire dal 5 aprile 1993). Una riunione di verifica, come ugualmente annunciato nella comunicazione, sarebbe stata convocata, dalla stessa Federacciai, per il 20 aprile 1993 alle ore 10.30. La [Valsabbia] ha adottato il nuovo prezzo base il 13 aprile 1993.

Occorre aggiungere, per quel che riguarda i prezzi degli “extra di dimensione”, che il conseguente comportamento di almeno sei imprese può essere verificato mediante le variazioni dei loro rispettivi listini (…)».

266    Al punto 420 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che «[r]elativamente al 1993, [il fatto che la fissazione del prezzo base ha continuato a essere oggetto dell’intesa] è provato dalla riunione fra alcune imprese del 25 gennaio (riguardante anche i termini di pagamento) e dal telefax di pari data della Federacciai alle imprese (punto 135); dal corrispondente prezzo base successivamente adottato dalla IRO, dalla [Darfo], dalla Leali, dalla [Lucchini‑SP] e dalla Valsabbia (punto 136); nonché dalla riunione del 1° aprile fra alcune imprese, dal telefax della Federacciai alle imprese di pari data e dal corrispondente prezzo base successivamente adottato dalla Valsabbia (punto 137)».

267    Per quanto concerne gli effetti dell’intesa sul mercato, la Commissione ha sottolineato, al punto 516 della decisione impugnata, quanto segue:

«Nella riunione del 25 gennaio 1993 è stato “rilevato” il prezzo base di 280 ITL/Kg. Come mostrato al punto (136), la IRO, la [Darfo], la Leali, la [Lucchini‑SP] e la Valsabbia hanno adottato detto prezzo. Quest’ultima impresa ha applicato il prezzo in questione almeno fino all’11 marzo 1993. Nella riunione del 1° aprile 1993 sono emerse le indicazioni per il prezzo base partenza Brescia di ITL/Kg 270 (punto 137). La Valsabbia ha adottato questo nuovo prezzo base il 13 aprile 1993».

268    Per prima cosa, quanto alle constatazioni risultanti dai punti sopra menzionati, la ricorrente non può affermare che la Commissione abbia violato il suo obbligo di motivare l’interpretazione da essa data al testo dei telefax ivi menzionati.

269    Per seconda cosa, riguardo all’argomento della ricorrente vertente sul fatto che la Commissione non avrebbe stabilito che i delegati della ricorrente avessero partecipato alle riunioni sui prezzi base tra il 1993 ei il 1995, al precedente punto 203 è stato ricordato che è vietata fra gli operatori stessi qualsiasi presa di contatto diretto o indiretto che possa influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, o rivelare a tale concorrente la condotta che essi hanno deciso o intendono seguire sul mercato quando tali contatti abbiano lo scopo o l’effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato di cui trattasi. Orbene, i telefax della Federacciai devono essere considerati come simili prese di contatto.

270    In tale contesto, occorre ricordare che, al punto 466 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato, riguardo alle riunioni organizzate dalla Federacciai sui prezzi, per le quali le prove disponibili non consentivano di identificare chiaramente i partecipanti, che tutti i produttori italiani di tondo per cemento armato vi erano invitati e ricevevano il resoconto redatto dalla Federacciai. Quindi, relativamente alla fissazione del prezzo base fra il 1993 e il 1995, la Commissione ha sottolineato di essere in possesso di tali resoconti, recanti le date del 25 gennaio e 1° aprile 1993 (punti 135 e 137 della decisione impugnata), del 7 febbraio, 30 agosto, 13 settembre, 25 novembre e 1° dicembre 1994 (punti 138, 140, 142, 143 e 145 della decisione impugnata), del 22 febbraio, 4 luglio e 29 agosto 1995 (punti 149, 160 e 168 della decisione impugnata).

271    Per terza cosa, la ricorrente non può affermare che le espressioni usate nei telefax in questione facevano pensare che, nel corso di dette riunioni, erano stati «rilevati» o erano «emersi» dati esistenti, sulla base dell’osservazione di un trend in atto. Infatti, le espressioni usate in detti telefax devono essere interpretate alla luce del loro contesto, in particolare degli altri elementi figuranti negli stessi telefax.

272    A tal riguardo, se il telefax del 25 gennaio 1993 afferma che il prezzo base di 280 ITL/Kg è stato «rilevato» durante la riunione in pari data, esso afferma altresì che è stato rilevato un aumento del prezzo degli extra volto ad adeguarli a quelli degli altri paesi europei. Come osservato dalla Commissione, non è plausibile che il mercato spontaneamente abbia proceduto a un aumento del prezzo degli extra per «adeguarli» a quelli degli altri paesi europei. Lo stesso telefax menziona altresì la possibilità di «istituire» un pagamento a 60 giorni a partire dal 26 gennaio, circostanza che non può essere interpretata come una mera presa d’atto relativa al mercato. Analogamente, come sottolineato dalla Commissione, il termine «rilevare» è stato anche usato nel telefax del 30 agosto 1994, ove si afferma che «nell’odierna riunione è stato rilevato che con decorrenza immediata per tutti gli ordini il prezzo è di: 300 ITL/Kg base partenza Brescia». Ora, una tale «decorrenza immediata» non può essere associata a un esame ex post del mercato.

273    Per quanto riguarda il telefax del 1° aprile 1993, si deve considerare che il verbo «emergere» ivi utilizzato si riferisce a quanto emerso dalla «riunione odierna» e dalle discussioni dei partecipanti alla stessa. Come rilevato dalla Commissione, il medesimo termine è utilizzato nel telefax del 29 agosto 1995, il quale menziona le decisioni adottate dai produttori nella riunione dello stesso giorno e reca l’espressa indicazione «Da distruggere dopo il ricevimento», il che non avrebbe senso se effettivamente si trattasse di osservazioni ex post di dati emersi dal mercato e lascia poco margine di dubbio in ordine al carattere anticoncorrenziale del contenuto del telefax.

274    Per quarta cosa, per le ragioni esposte ai precedenti punti 225, 269 e 270, si deve respingere l’argomento vertente sull’asserita mancata applicazione dei prezzi base nel 1993 da parte della Feralpi.

275    In secondo luogo, riguardo all’anno 1994, al punto 422 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato che «il fatto che la fissazione del prezzo base [continuasse] a far parte dell’oggetto dell’intesa è provato dalla riunione del Consiglio direttivo dell’Associazione Prodotti Lunghi della Federacciai del 7 febbraio e dal telefax della Federacciai alle imprese di pari data (punto 138); dalla riunione fra alcune imprese del 30 agosto e dal telefax della Federacciai alle imprese di pari data (punto 140); dalla riunione fra alcune imprese del 13 settembre e dal telefax della Federacciai alle imprese di pari data (punto 142); dalla riunione fra alcune imprese del 25 novembre 1994 e dal telefax della Federacciai alle imprese di pari data (punto 143); dalla riunione fra alcune imprese del 1° dicembre, dal telefax della Federacciai ricevuto dalle imprese il 5 dicembre (la riunione e il telefax riguardavano anche i termini di pagamento e gli sconti) e dal corrispondente prezzo base successivamente adottato dalla Alfa, dalla [Darfo] e dalla [Lucchini‑SP] (punto 145); nonché, per quel che riguarda i termini di pagamento, dalle comunicazioni inviate, in risposta al summenzionato telefax del 5 dicembre, dalla ALFER Azienda Laminazione Ferro S.p.A. e dalla Ferriera Tre Valli S.p.A., alla Federacciai (punto 146)».

276    Al punto 423 della decisione impugnata, essa ha aggiunto quanto segue:

«[I]l prezzo base “rilevato” nella riunione del 30 agosto, era in realtà il prezzo base da adottare “con decorrenza immediata”; la riunione del 30 agosto sarà seguita da una riunione di “verifica” entro la settimana seguente; nella riunione del 13 settembre era stat[o] deciso di “riconfermare” un determinato prezzo base, che in realtà era quello già “rilevato” nella riunione del 30 agosto; nella riunione del 25 novembre “è stato deciso” di indicare un determinato prezzo base, anche in ragione del programma di fermate relativo ai due mesi seguenti; quanto “emerso” nella riunione del 1° dicembre relativamente al prezzo base, consisteva in realtà nel fatto che “era stato deciso di indicare” un determinato prezzo base; il prezzo base che “era stato deciso di indicare” nella riunione del 1°dicembre sarà quello successivamente adottato da Alfa, da [Darfo] e da [Lucchini‑SP]».

277    Per quanto riguarda gli effetti dell’intesa, al punto 516 della decisione impugnata la Commissione ha affermato quanto segue:

«Nella riunione del Consiglio Direttivo dell’Associazione Prodotti Lunghi della Federacciai del 7 febbraio 1994 è stato indicato il nuovo prezzo di ITL/Kg 290 base partenza Brescia, da applicare a partire da lunedì 14 febbraio 1994 per ordini e consegne (punto 138). Dai listini prezzi in possesso della Commissione non appare che sia stato possibile sostenere questo prezzo, salvo nel caso della [Lucchini‑SP] che applicava un prezzo di 310 ITL/Kg dal 18 gennaio 1994 e un prezzo di 300 ITL/Kg dal 4 marzo al 25 aprile 1994 (tabella 9, in allegato). Dal 30 agosto 1994 al 25 novembre 1994 si sono svolte almeno tre riunioni (punti 140, 142 e 143) nelle quali è stato deciso di fissare e poi di riconfermare un prezzo base di ITL/Kg 300. Sempre con l’eccezione dei listini prezzi comunicati dalla [Lucchini‑SP], non sembra che sia stato possibile sostene[r]e tale obiettivo. Va tuttavia notato che nelle due prime riunioni era stato deciso un aumento dei prezzi degli “extra di dimensione”, regolarmente applicato. Nella riunione del 1° dicembre 1994 è stato deciso di portare il prezzo base a ITL/Kg 320 (punto 145). Il nuovo prezzo è stato applicato dalla Alfa, dalla [Darfo] (nel dicembre 1994) e dalla [Lucchini‑SP] nel gennaio del 1995».

278    La ricorrente deduce, innanzitutto, che la Commissione interpreta erroneamente l’espressione «nella riunione (...) sono emerse le seguenti indicazioni (…)» di cui al telefax del 7 febbraio 1994. Un siffatto argomento deve tuttavia essere respinto per ragioni identiche a quelle menzionate al punto 272 supra. In particolare, fra le informazioni che «sono emerse» figurano anche i nuovi prezzi degli extra applicabili a partire dal 14 febbraio 1994.

279    Inoltre, la ricorrente asserisce che la Commissione non è in grado di indicare le imprese che hanno partecipato alle riunioni tenutesi nella sede della Federacciai, né che la Feralpi vi abbia effettivamente assistito. Tale argomento deve però essere respinto per le ragioni esposte al punto 203 supra.

280    Ancora, la Commissione non avrebbe dimostrato l’allineamento eventuale del prezzo base applicato dalla Feralpi a quello indicato nei telefax della Federacciai, come sarebbe confermato dalla tabella 9 allegata alla decisione impugnata. Pertanto, i prezzi base della ricorrente sarebbero stati sempre nettamente inferiori a quelli che sarebbero stati «concordati» nel corso delle riunioni. Occorre tuttavia respingere un simile argomento per le ragioni esposte ai punti 225, 269 e 270 supra.

281    In terzo luogo, per quanto riguarda l’anno 1995, al punto 424 della decisione impugnata la Commissione ha evidenziato quanto segue:

«Per il 1995 la Commissione è in possesso dei seguenti riscontri riguardanti la continuazione dei comportamenti relativi alla fissazione del prezzo base: il telefax della Federacciai inviato il 22 febbraio alle imprese (punto 149); la riunione “tondo” del 13 giugno, che ha riguardato anche i ribassi d’uso (punto 153); la comunicazione del 15 giugno della Federacciai alla Leali (punto 155); la nota del Direttore generale facente funzione al Presidente della Federacciai del 19 giugno (punto 156); l’appunto manoscritto del Direttore generale facente funzione della Federacciai del 27 giugno (punto 159); la riunione fra alcune imprese del 4 luglio e il telefax della Federacciai alle imprese di pari data (punto 160); la comunicazione del 5 luglio della Federacciai alle imprese che riguardava anche i termini di pagamento (punto 161); il telefax del 19 luglio della Federacciai alla Leali, che riguardava anche i termini di pagamento (punto 163); il telefax del 21 luglio della Federacciai alle imprese che riguardava i termini di pagamento (punto 164), le risposte del 21-27 luglio della Alfa, della Artfer SRL, della Riva, della Acciaierie Ferrero S.p.A e della [Lucchini‑SP], e il telefax del 24 luglio della Federacciai alla Leali, tutti riguardanti i termini di pagamento (punto 165), la circolare agli agenti e il telefax alla Federacciai della IRO del 27 luglio, che riguardava anche i termini di pagamento (punto 165), il telefax del 26 luglio della Federacciai alla Leali riguardante i termini di pagamento (punto 165); la comunicazione della Leali del 28 luglio riguardante i termini di pagamento (punto 166); il giro d’orizzonte menzionato nel testo della Federacciai del 31 luglio (punto 167); la riunione del 29 agosto fra alcune imprese e la comunicazione in pari data della Federacciai alle imprese, che riguardava i termini di pagamento (punto 168) e il manoscritto della segretaria del Direttore generale facente funzione della Federacciai dei primi giorni di ottobre, che riguardava anche i termini di pagamento (punto 174)».

282    Al punto 425, essa ha aggiunto quanto segue:

«Sempre per quel che riguarda il 1995 occorre notare che: nel telefax della Federacciai del 22 febbraio si informavano le imprese che era stato “confermato” un determinato prezzo base. Esso pertanto doveva già essere stato precedentemente “indicato”; nella riunione “tondo” del 13 giugno “viene approvata all’unanimità” la conferma di un determinato prezzo base di riferimento; la comunicazione della Federacciai del 15 giugno si è riferita alle “conclusioni” della riunione del 13 giugno, con l’espressione “quello deciso il 13.6”, distinguendolo da “quanto discusso il 6.5”; la nota del 19 giugno del Direttore generale facente funzione al Presidente della Federacciai conferma la decisione presa nella riunione “tondo” del 13 giugno relativa al prezzo base; l’appunto manoscritto del giugno 1995 del Direttore generale facente funzione della Federacciai costituisce ulteriore conferma della decisione del 13 giugno; nella riunione del 4 luglio “è stato deciso di confermare la precedente indicazione di prezzo”, che doveva quindi essere stata decisa nell’ultima decade di giugno. Si prevedeva inoltre lo svolgimento di una successiva riunione per indicare il prezzo base per il “periodo feriale e successivo”; la comunicazione della Federacciai relativa alla riunione del 4 luglio, cos[ì] come la successiva comunicazione del 5 luglio, contengono l’indicazione di distruggere il documento dopo presa visione; “le nuove politiche di prezzi validi a partire dal mese di agosto” saranno discusse nella riunione del 18 luglio: ciò era quanto previsto nel calendario di riunioni trasmesso dalla Federacciai con la comunicazione del 5 luglio; il calendario deve essere stato sostanzialmente rispettato, e la discussione sulle “politiche di prezzi deve aver avuto buon esito, se la Federacciai poteva informare, il 19 luglio, la Leali che aveva notizie abbastanza buone sull’avanzamento del prezzo e che, quindi credeva che, con qualche cautela, le politiche potevano essere tranquillamente accettate anche per agosto e poi successivamente; il 29 agosto le considerazioni “emerse” nella riunione tenutasi in tale data hanno fatto “emergere” alcune “decisioni”. Una di esse riguardava la “fissazione” del prezzo base. Quanto scritto nella comunicazione del 29 agosto della Federacciai alle imprese va messo nella dovuta evidenza sia perché questa comunicazione si inserisce nelle serie di comunicazioni che resocontano una riunione avente ad oggetto la fissazione del prezzo base ed al contempo ne indicano una successiva “per l’esame del mercato”, sia perché essa si inserisce altresì nella serie di comunicazioni che contengono l’indicazione di essere distrutte dopo il ricevimento. Notiamo infine che il verbo “emergere”, con il quale la Federacciai suole indicare il processo che conduce una riunione al suo risultato, non è evidentemente alternativo rispetto al carattere decisionale del risultato stesso; il momento di incertezza documentato dal manoscritto della segretaria del Direttore generale facente funzione della Federacciai (redatto nei primi giorni di ottobre) conferma che il comportamento usuale era quello di dare un riferimento preciso per il prezzo base».

283    Quanto agli effetti dell’intesa durante tale periodo, al punto 516 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato che:

«Nella riunione del 13 giugno 1995 è stata approvata all’unanimità la conferma a 290 ITL/Kg del prezzo base di riferimento (…) (punto 153). Gli effetti concreti di tali decisioni sono riscontrati da due note del Direttore Generale facente funzione della Federacciai. Nella prima, veniva constatato che non si era ancora raggiunto l’obiettivo proposto (nonostante i sensibili miglioramenti in atto) (punto 155). Nella seconda, veniva affermato che nelle ultime due settimane i produttori erano riusciti a fa[r] risalire il prezzo del tondo dal livello minimo di 235 ITL/Kg a quello di 280/290 ITL/Kg, anche se si erano fatti ovviamente pochi affari a tale livello di prezzo (punto 156). Nella riunione del 4 luglio 1995, constatato il miglioramento costante delle condizioni di mercato, era stato deciso di confermare la precedente indicazione di prezzo di ITL/Kg 300 base partenza Brescia con l’impegno generale di muoversi verso tale obiettivo (punto 160). La Commissione nota che il 31 luglio 1995 la Federacciai riteneva che esistessero le condizioni per applicare pienamente il prezzo minimo di 320 ITL/Kg (punto 167). Dai listini prezzi in possesso della Commissione risulta che tale prezzo è stato applicato dalla IRO (a partire dal 27 luglio 1995), dalla Valsabbia (a partire dal 1° agosto 1995), e dalla Alfa (a partire dal 23 agosto 1995) (tabella 11, in allegato). Nella riunione del 29 agosto 1995, è stato deciso di fissare il prezzo a 320 ITL/Kg base partenza Brescia per ordini di tre carichi o più, e a 330 ITL/Kg per ordini di uno o due carichi (punto 168). Dai listini prezzi in possesso della Commissione non risulta che sia stato possibile applicare tali prezzi. Nei primi giorni di ottobre la Federacciai riconosceva che “… dalla settimana precedente il prezzo del tondo per cemento armato era sceso di ulteriori 5/10 ITL/Kg collocandosi tra le 260/270 ITL/Kg in zona Brescia, con quotazioni al di sotto delle 250 ITL/Kg fuori di detta zona”. Inoltre, la stessa Federacciai constatava che “la situazione del mercato piuttosto confusa rendeva difficile dare un riferimento preciso per il prezzo” (punto 174)».

284    La ricorrente deduce anzitutto che la Commissione non dimostra neppure quali sono le imprese che hanno partecipato alle riunioni del 21 febbraio, del 13 giugno, del 4 luglio e del 28 agosto 1995, né dimostra che la Feralpi vi abbia partecipato. Tuttavia, un argomento siffatto dev’essere respinto per i motivi esposti ai punti 225, 269 e 270 supra.

285    Inoltre, gli importi asseritamente confermati o fissati non sarebbero stati mai presi in considerazione dalla ricorrente o dalla maggioranza delle imprese coinvolte dal procedimento. Infatti, il 22 febbraio 1995, la Feralpi aveva comunicato alla Commissione i nuovi valori dei propri listini, fissati su livelli sensibilmente inferiori a quelli indicati nel telefax del 21 febbraio. Ancora, dalla tabella 10 allegata alla decisione impugnata risulterebbe che le altre imprese oggetto degli addebiti si sono allontanate dal prezzo stabilito, come riconosciuto al punto 516 della decisione impugnata. Pertanto, anche qualora la collusione tra le parti fosse dimostrata, essa non avrebbe avuto alcun effetto sul funzionamento del mercato. Occorre tuttavia respingere un simile argomento per le ragioni esposte al punto 254 supra. Inoltre, qualora, come nella presente fattispecie, la Commissione abbia fornito la prova dell’esistenza di un accordo, spetta all’impresa che vi ha partecipato fornire la prova di essersene dissociata, prova che deve dimostrare una volontà chiara, e portata a conoscenza delle altre imprese partecipanti, di sottrarsi a tale accordo (v. sentenza del Tribunale del 27 settembre 2006, GlaxoSmithKline Services/Commissione, T‑168/01, Racc. pag. II‑2969, punto 86, e la giurisprudenza ivi citata). Inoltre, il fatto di approvare tacitamente un’iniziativa illecita, senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto o denunciarla agli organi amministrativi, ha l’effetto di incoraggiare la continuazione dell’infrazione e ne pregiudica la scoperta. Tale complicità rappresenta una modalità passiva di partecipazione all’infrazione, idonea quindi a far sorgere la responsabilità dell’impresa nell’ambito di un unico accordo (v. sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 130 supra, punto 84).

286    Nel secondo capo del suo motivo, relativo all’intesa sui termini di pagamento fra il 1993 e il 1995, la ricorrente, rinviando agli argomenti da essa in precedenza formulati, sostiene che i termini «convenuti» erano quelli comunemente in uso presso la stessa. Ora, come è stato ricordato al precedente punto 256, un accordo consistente nel mettere in atto comportamenti abituali o tradizionali può restringere la libertà delle parti di competere tra di loro adottando comportamenti diversi. Quindi, il fatto che i termini «convenuti» costituissero una pratica abituale della ricorrente sarebbe rilevante soltanto se non ci fosse stata una preventiva concertazione. Detto argomento deve dunque essere scartato.

 Sulla limitazione o sul controllo della produzione o delle vendite

–       Sul compattamento delle fermate produttive dell’estate 1995

287    La ricorrente ricorda che, secondo il punto 174 della decisione impugnata, l’intesa relativa alla limitazione o al controllo della produzione o delle vendite sarebbe iniziata il 13 giugno 1995, data in cui avrebbe avuto luogo una riunione tra produttori, nell’ambito della quale sarebbe stato deciso all’unanimità di procedere a una temporanea interruzione della produzione. Secondo la decisione impugnata, detta iniziativa sarebbe stata coordinata dal dott. Leali, che il 22 giugno avrebbe inviato alle acciaierie produttrici di tondo per cemento armato un messaggio in cui le invitava a confermare per iscritto il calendario delle fermate. Secondo i punti 158 e 159 della decisione impugnata, l’adesione della Feralpi risulterebbe da una dichiarazione relativa al proprio programma di fermate estive allegato ad un telefax che sarebbe stato inviato dal Direttore generale facente funzione della Federacciai al dott. Leali, in un diverso contesto, in data 24 luglio 1995.

288    La ricorrente afferma che non soltanto è rimasta estranea alla suddetta iniziativa, ma altresì che la sua dissociazione era chiara agli altri operatori. Da un lato, non vi sarebbe alcuna traccia, tra le risposte alla comunicazione del dott. Leali del 22 giugno 1995, di un telefax della ricorrente, come la stessa Commissione riconoscerebbe al punto 323 della decisione impugnata. L’unica dichiarazione della Feralpi relativa alle fermate produttive estive del 1995 sarebbe quella contenuta nel telefax della Federacciai del 24 luglio. Orbene, la comunicazione sarebbe posteriore di un mese a quella delle altre imprese e il suo contenuto non sarebbe conforme a quanto asseritamente concordato. Il periodo di chiusura sarebbe coinciso con il normale periodo di sospensione dell’attività produttiva per le ferie estive in Italia. Dall’altro lato, la decisione impugnata non darebbe il giusto rilievo alla circostanza che la risposta della Feralpi veniva qualificata come «strana» dal Direttore generale facente funzione della Federacciai nel telefax del 24 luglio 1995. Inoltre, in un successivo telefax del 26 luglio, indirizzato al dott. Leali, il suddetto Direttore generale avrebbe rilevato che in occasione di un colloquio con il responsabile commerciale della Feralpi era emerso che l’impresa poteva programmare una fermata produttiva per una quarta settimana soltanto nel mese di settembre. Questa eventualità non avrebbe peraltro avuto seguito.

289    Nella decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato che, «[a]llorquando l’oggetto dell’intesa si è esteso anche alla limitazione o controllo della produzione o delle vendite, la Feralpi ha da subito (13 giugno 1995) partecipato anche a questa parte dell’intesa, come si evince, in particolare, dal fatto che la Feralpi ha risposto (punto 158) al questionario inviatole dalla Leali, su indicazione della Federacciai, riguardante l’attuazione dell’accordo sul compattamento delle fermate (punto 157), nonché dal messaggio della Federacciai alla Leali del 26 luglio 1995 (punto 165)» (punto 558 della decisione impugnata).

290    A tal riguardo, occorre ricordare che, dal resoconto della riunione del 13 giugno 1995 risulta che era stata decisa una fermata di quattro settimane prima della fine di agosto. Dal fascicolo di causa risulta che l’AFLL si è vista affidare il coordinamento dell’attuazione dell’accordo, dato che il suo consigliere delegato ha ricevuto dalla Federacciai un telefax in data 21 giugno 1995 recante il messaggio che l’AFLL doveva mandare a tutte le altre imprese, riguardante la necessità di fare seguito alle decisioni adottate sulla fermata di quattro settimane e contenente una domanda di conferma per iscritto del calendario delle fermate. Risulta inoltre, da una comunicazione dell’AFLL del 22 giugno 1995, che la stessa ha trasmesso alle altre imprese esattamente lo stesso messaggio che aveva ricevuto dalla Federacciai.

291    Come indicato dalla Commissione al punto 158 della decisione impugnata, essa è in possesso delle risposte di numerose imprese, fra cui la IRO, la Lucchini, la Riva, l’AFLL, l’Alfa e la Valsabbia. Se è vero che la Commissione non è in possesso di un telefax della Feralpi in risposta al telefax del 22 giugno 1995, si deve constatare che la Feralpi ha ricevuto quest’ultimo telefax, dato che la ricorrente non nega che il suo nome figuri nel rapporto di trasmissione del 22 giugno 1995. Orbene, il telefax del 22 giugno 1995 faceva espresso riferimento «ai colloqui ed alle dichiarazioni dei giorni scorsi» e ringraziava i suoi destinatari «per la disponibilità espressa ad aumentare il periodo di fermata inizialmente previsto», mentre la conferma scritta doveva consentire di «rassicurare reciprocamente tutti gli attori». Alla luce del contenuto di detto telefax, la ricorrente non può affermare di essere rimasta estranea alla suddetta iniziativa, anche in assenza di un suo telefax di conferma.

292    Va peraltro notato che la Feralpi ha comunicato il suo programma di chiusura estiva alla Federacciai con telefax del 21 luglio 1995. Si deve considerare, come fa la Commissione, che, sebbene tale programma sia stato indirizzato alla Federacciai e non all’AFLL e ciò sia avvenuto varie settimane dopo il telefax del 22 giugno 1995, questo conferma la partecipazione della Feralpi a detta parte dell’intesa. Invero, da un lato, il telefax si riferisce al programma di fermate che era stato «già anticipato». Dall’altro lato, la Federacciai ha trasmesso questo telefax della Feralpi all’AFLL (incaricata del coordinamento dell’attuazione degli accordi) il 24 luglio 1995, segnalando come «strano» il programma delle fermate produttive della Feralpi, circostanza che si spiega con il fatto che il programma in tal modo comunicato non corrispondeva esattamente a quanto era stato deciso di comune accordo.

293    Riguardo all’argomento della ricorrente secondo cui tale parte dell’intesa avrebbe interessato un grande numero d’imprese che non sarebbero state perseguite dalla Commissione, esso si confonde con l’argomento già sollevato nel capo del presente motivo vertente sulla «perimetrazione soggettiva dell’infrazione» e deve essere respinto per le stesse ragioni (v. punti da 216 a 229 supra).

–       Sullo scambio di informazioni confidenziali

294    La ricorrente ricorda l’affermazione, ai punti 153 e 445 della decisione impugnata, secondo cui in occasione della riunione del 13 giugno 1995 le imprese partecipanti hanno deciso di scambiarsi informazioni circa gli ordini acquisiti da ciascuna di esse nel periodo maggio-giugno 1995, al fine di verificare l’impatto avuto degli aumenti di prezzo più recenti. Secondo la Commissione, tale scambio d’informazioni sarebbe stato funzionale ai comportamenti collusivi in materia di prezzi e di limitazione o controllo della produzione o delle vendite.

295    In primo luogo, la ricorrente afferma che occorre situare tale scambio d’informazioni nel particolare quadro del mercato siderurgico, caratterizzato da una certa trasparenza e dalla presenza di numerose fonti di dati statistici dettagliati, la cui raccolta era stata organizzata dalla stessa Commissione. In particolare, quest’ultima, con la decisione n. 1566/86/CECA, del 24 febbraio 1986, relativa alle statistiche del ferro e dell’acciaio (GU L 141, pag. 1), ha imposto agli operatori del settore di comunicarle una serie di dati statistici mensili relativi alla produzione, agli approvvigionamenti di materie prime e di energia, agli ordini e alle consegne, nonché al livello di occupazione delle imprese. Dato che le informazioni scambiate fra i produttori in merito all’evoluzione del mercato erano le stesse che formavano oggetto di periodiche comunicazioni alla Commissione, le imprese erano indotte a ritenere che simili scambi fossero innocui per la concorrenza. A sostegno di tale argomento, la ricorrente menziona la decisione n. 98/4/CECA della Commissione, del 26 novembre 1997, relativa ad un procedimento d’applicazione dell’articolo 65 [CA] (Caso IV/36.069 Wirtschaftsvereinigung Stahl) (GU 1998, L 1, pag. 10).

296    Giova sottolineare che la Commissione, per fondare la sua constatazione riguardante lo scambio di informazioni confidenziali, ha indicato, ai punti 154 e 155 della decisione impugnata, che il 14 giugno 1995 un responsabile della Federacciai ha inviato alle imprese un telefax urgente invitandole a produrre i dati riguardanti gli ordini assunti. Dal suddetto telefax, prodotto dalla Commissione, risulta che la Federacciai si riferiva alla riunione commerciale denominata «Tondo per cemento armato» tenutasi a Brescia il 13 giugno 1995 e invitava le imprese a far pervenire tempestivamente i loro dati affinché la Federacciai potesse presentare i risultati di tale raccolta durante la riunione del 20 giugno 1995. Al punto 154 della decisione impugnata, la Commissione indica altresì di essere in possesso delle risposte a questo telefax di numerose imprese, che comunicano gli ordini assunti, mentre al punto 155 della decisione impugnata essa richiama una comunicazione del 15 giugno 1995, che il Direttore generale facente funzione della Federacciai aveva l’intenzione di trasmettere alle imprese, chiedendo a tal fine l’approvazione dell’AFLL, nella quale veniva constatato che non si era ancora raggiunto l’obiettivo proposto e che si raccomandava pertanto di insistere puntualmente con tutta la clientela, e che un particolare vigore era necessario anche in vista della riunione del 20 giugno 1995.

297    Se la ricorrente non contesta le suddette affermazioni della Commissione, essa deduce che tale scambio di informazioni deve essere collocato nel particolare contesto della trasparenza del mercato siderurgico. Come già osservato al punto 243 supra, un tale argomento si fonda su un’erronea interpretazione del sistema di pubblicità previsto dal Trattato CECA.

298    Pertanto, giustamente la Commissione ha osservato, al punto 502 della decisione impugnata, che lo scambio di informazioni relative agli ordini di acquisto permetteva alle poche imprese coinvolte di acquisire una migliore conoscenza del mercato, che favoriva la realizzazione di comportamenti contrari al Trattato, come il controllo della produzione o delle vendite. Inoltre, dato che la stessa Feralpi ha riconosciuto che le informazioni costituivano la base dello scambio e delle discussioni, in particolare circa i problemi connessi alla costante eccedenza di offerta, non si può affermare il carattere innocuo degli scambi, in quanto è proprio per combattere l’eccesso di offerta che è stato istituito il controllo della produzione.

299    In secondo luogo, la ricorrente afferma che, tenuto conto dello scarso livello di concentrazione del mercato, sul quale nel 1995 operavano circa 31 imprese, lo scambio di informazioni non avrebbe comunque potuto essere tale da incidere sul funzionamento del mercato, anche se tali informazioni contenevano, per certi versi, un valore aggiunto rispetto a quelle comunicate ai servizi della Commissione in forza della decisione n. 1566/86. Inoltre, lo scambio di dati avrebbe riguardato solo undici imprese (punti 175 e 176 della decisione impugnata), mentre le altre avevano fornito solo delle stime. Il «perimetro soggettivo» dell’infrazione comprenderebbe solo cinque delle sei imprese destinatarie della decisione impugnata ed altre sei imprese, di cui alcune ancora in attività. In considerazione di tale circostanza, sarebbe difficile ricondurre gli accadimenti in questione ad un disegno unitario e sostenere che i comportamenti addebitati costituiscano la manifestazione di un’infrazione unica, complessa e continuata.

300    Per prima cosa, occorre respingere l’argomento vertente sull’assenza di incidenza sul funzionamento del mercato, per le ragioni esposte al punto 298 supra.

301    Inoltre, riguardo al fatto che fra il 1989 e il 1995 l’intesa non avesse carattere unico, stante la partecipazione di diverse imprese a diverse intese, si deve anzitutto ricordare che la nozione di infrazione unica riguarda una situazione in cui più imprese hanno preso parte ad un’infrazione costituita da un comportamento continuato o ripetuto avente un unico obiettivo economico volto a falsare la concorrenza, oppure da infrazioni singole tra loro collegate da un’identità di oggetto (stessa finalità dell’insieme degli elementi) e di soggetti (identità delle imprese interessate consapevoli di partecipare all’obiettivo comune) (v., in tal senso, sentenze del Tribunale dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, Racc. pag. II‑1333, punto 257; del 28 aprile 2010, Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, T‑446/05, Racc. pag. II‑1255, punto 89; del 24 marzo 2011, Aalberts Industries e a./Commissione, T‑385/06, Racc. pag. II‑1223, punto 86, e del 27 giugno 2012, Coats Holdings/Commissione, T‑439/07, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 141).

302    Si deve poi osservare che una violazione delle regole di concorrenza relative alle intese può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o, ancora, da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contraddetta sulla base del fatto che uno o più elementi di tale serie di atti o di tale comportamento continuato potrebbero anche costituire, di per sé stessi e presi isolatamente, una violazione della suddetta disposizione. Ove le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto, consistente nel falsare il gioco della concorrenza in seno al mercato interno, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (v., in tal senso, sentenze della Corte Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 130 supra, punto 258; Commissione/Verhuizingen Coppens, cit. al punto 225 supra, punto 41, e dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 49; del Tribunale del 12 dicembre 2007, BASF e UCB/Commissione, T‑101/05 e T‑111/05, Racc. pag. II‑4949, punto 161; Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, cit. al punto 301 supra, punto 90; Aalberts Industries e a./Commissione, cit. al punto 301 supra, punto 87, e Coats Holdings/Commissione, cit. al punto 301 supra, punto 142).

303    Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di infrazione unica può riferirsi alla qualificazione giuridica di un comportamento anticoncorrenziale consistente nell’esistenza di accordi, pratiche concordate e decisioni di associazioni di imprese (sentenze del Tribunale del 20 marzo 2002, HFB e a./Commissione, T‑9/99, Racc. pag. II‑1487, punto 186; BASF e UCB/Commissione, cit. al punto 302 supra, punto 159; Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, cit. al punto 301 supra, punto 91, e Coats Holdings/Commissione, cit. al punto 301 supra, punto 143).

304    Occorre altresì precisare che la nozione di obiettivo unico non può essere determinata riferendosi in generale alla distorsione della concorrenza nel mercato interessato dall’infrazione, dal momento che l’incidenza sulla concorrenza costituisce, come oggetto o effetto, un elemento intrinseco a qualunque comportamento rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE. Una siffatta definizione della nozione di obiettivo unico rischierebbe di privare la nozione di infrazione unica e continuata di una parte del suo significato, in quanto avrebbe per conseguenza che vari comportamenti concernenti un settore economico, vietati dall’articolo 81, paragrafo 1, CE, dovrebbero essere sistematicamente qualificati come elementi costitutivi di un’infrazione unica. Pertanto, ai fini della qualificazione di comportamenti illeciti diversi come infrazione unica e continuata occorre verificare se essi presentino un nesso di complementarietà, nel senso che ciascuno di essi è destinato a far fronte ad una o più conseguenze del gioco normale della concorrenza e se essi contribuiscano, interagendo reciprocamente, alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali voluti dai rispettivi autori nell’ambito di un piano complessivo diretto ad ottenere un unico obiettivo. A tale riguardo, occorre tenere conto di tutte le circostanze che possono provare o mettere in dubbio tale nesso, quali il periodo di applicazione, il contenuto, inclusi i metodi utilizzati, e, correlativamente, l’obiettivo dei diversi comportamenti illeciti in questione (v., in tal senso, sentenze BASF e UCB/Commissione, cit. al punto 302 supra, punti da 179 a 181; Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, cit. al punto 301 supra, punto 92, e Aalberts Industries e a./Commissione, cit. al punto 301 supra, punto 88).

305    Infine, va ricordato che un’impresa che abbia partecipato ad un’infrazione unica e complessa attraverso comportamenti propri, rientranti nelle nozioni di accordo o di pratica concordata aventi un’oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE e diretti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può ugualmente essere responsabile, per tutta la durata della sua partecipazione alla detta infrazione, anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione. Tale caso ricorre ove si accerti che l’impresa di cui trattasi era a conoscenza dei comportamenti d’infrazione degli altri partecipanti o che poteva ragionevolmente prevederli ed era disposta ad accettarne il rischio (sentenze Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 200 supra, punti 83 e 203; Commissione/Verhuizingen Coppens, cit. al punto 225 supra, punto 42, e Team Relocations e a./Commissione, cit. al punto 302 supra, punto 50; sentenze del Tribunale BASF e UCB/Commissione, cit. al punto 302 supra, punto 160, e del 6 marzo 2012, UPM-Kymmene/Commissione, T‑53/06, non pubblicata nella Raccolta, punto 52).

306    Secondo tale giurisprudenza, sebbene certamente l’identità delle imprese partecipanti all’infrazione costituisca un elemento rilevante da prendere in considerazione ai fini della valutazione del carattere unico di un’infrazione, rimane nondimeno vero che il criterio essenziale che consente di qualificare un’intesa come «unica» risiede nel fatto che le varie azioni sono riconducibili ad un piano d’insieme, stante il loro oggetto identico consistente nel falsare il gioco della concorrenza (v. punto 302 supra). Orbene, da un lato, come la Commissione ha osservato al punto 445 della decisione impugnata, la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite si manifesta come funzionale rispetto all’obiettivo del prezzo base concordato, mentre lo scambio di informazioni confidenziali è funzionale a comportamenti collusivi in materia di prezzi e di limitazione o controllo della produzione o delle vendite. Dall’altro lato, come affermato dalla Commissione al punto 507 della decisione impugnata, sia le intese in materia di prezzi base che quelle in materia di extra avevano per scopo l’aumento del prezzo del tondo per cemento armato sul mercato italiano. Gli accordi o pratiche concordate riguardanti i termini di pagamento avevano lo stesso scopo di quelle riguardanti la fissazione del prezzo base, poiché equivalevano a sopprimere, o comunque a ridurre, possibili differenziazioni tra i prezzi dei vari concorrenti.

307    Alla luce di quanto precede, gli argomenti della ricorrente devono essere respinti.

 Sulle censure relative al periodo che va dal 1996 al 2000

 Sugli extra di dimensione e i prezzi base

308    La ricorrente osserva che, secondo i punti da 426 a 433 e 439 della decisione impugnata, la fissazione dei prezzi degli extra di dimensione e dei prezzi base ha continuato a fare parte dell’oggetto dell’intesa durante tutto l’arco di tempo che va dal 1996 al 2000.

309    In primo luogo, riguardo all’intesa sugli extra di dimensione, la ricorrente rinvia agli argomenti formulati riguardo ai periodi precedenti. Orbene, tali argomenti sono stati respinti ai punti da 230 a 247 e da 258 a 262 supra.

310    In secondo luogo, con riferimento alla fissazione dei prezzi base, la ricorrente ammette che la questione è ripetutamente stata oggetto di discussioni, tenuto conto della progressiva riduzione dei margini di redditività delle imprese e del trend negativo dell’evoluzione dei prezzi espressi in termini reali tra il 1999 e il 2000, constatato nello studio Lear.

311    La Commissione avrebbe tuttavia riconosciuto, al punto 516 della decisione impugnata, la totale inefficacia delle decisioni adottate in materia di prezzi.

312    Innanzitutto, la Commissione avrebbe dovuto inferire, dalle prove documentali in suo possesso, che i prezzi praticati dai produttori corrispondevano a quelli risultanti dall’evoluzione della domanda e dell’offerta e che le asserite decisioni di ottenere un determinato prezzo non erano in grado di esercitare alcuna influenza sul mercato. Ciò spiegherebbe che sono rinvenibili soltanto pochissimi riscontri dell’adozione da parte della Feralpi e di altre imprese dei prezzi discussi durante tali riunioni, come risulterebbe dalle tabelle da 12.1 a 15 della decisione impugnata.

313    Inoltre, la fortissima pressione esercitata sul mercato italiano del tondo per cemento armato dalle importazioni provenienti dai Paesi terzi, soprattutto nel periodo che va dal 1998 al 2000, avrebbe dato un contributo decisivo all’ulteriore riduzione della già scarsa possibilità dei produttori di controllare in modo effettivo i prezzi.

314    Infine, la Feralpi, di fatto, non avrebbe mai applicato i prezzi obiettivo. L’autonomia decisionale che ha caratterizzato le determinazioni strategiche della società, in particolare nel periodo dal 1998 al 2000, sarebbe testimoniata dal fatto che più del 40% del tondo per cemento armato prodotto in questo periodo era commercializzato nell’ambito di contratti di fornitura, normalmente di durata annuale, dove il prezzo e le altre condizioni di vendita erano state negoziate con il singolo cliente e non prendevano come termine di riferimento i prezzi auspicati nel corso dei contatti con gli altri produttori, bensì quelli pubblicati nel bollettino periodico della Camera di Commercio di Brescia, con la possibilità di prevedere ulteriori sconti.

315    In primo luogo, si deve rilevare, come la Commissione, che la ricorrente non contesta alcuna delle affermazioni della Commissione relative alla sua partecipazione all’intesa tra il 1996 e il 2000, ad eccezione di quelle espressamente citate ai punti 324 e seguenti, che sono ricordate al punto 558 della decisione impugnata.

316    Quindi, nel 1996, la Feralpi è stata invitata e ha partecipato a numerose riunioni (punti 180, 181, 182, 183 della decisione impugnata), ha ricevuto alcune comunicazioni della Leali indirizzate alle imprese attivamente partecipanti all’intesta (punti da 185 a 191 della decisione impugnata), ha contribuito all’attuazione di pratiche concordate relative ai prezzi degli «extra di dimensione» del febbraio e ottobre 1996 (punti 184 e 199 della decisione impugnata), ha continuato a ricevere le consuete comunicazioni della Federacciai riguardanti la determinazione del prezzo base nell’ottobre 1996 (punti 192 e 200 della decisione impugnata), ha aderito all’accordo del settembre 1996 concernente la ripartizione del mercato italiano del tondo per cemento armato (punto 196 della decisione impugnata) ed è stata una delle imprese che la Leali, nella convocazione alla riunione del 7 gennaio 1997, ha ringraziato «della collaborazione e disponibilità manifestata nel corso del 1996 per mantenere una situazione di mercato ordinata» (punto 202 della decisione impugnata). Nel 1997, la Feralpi ha fra l’altro continuato a ricevere le comunicazioni della Federacciai riguardanti il prezzo base e il prezzo degli «extra di dimensione» ed altresì a modificare i propri listini conformemente a quanto era stato deciso in seno all’intesa (punto 200 della decisione impugnata), ha continuato a ricevere le consuete comunicazioni della Federacciai riguardanti il prezzo base e il prezzo degli extra di dimensione (punti da 210 a 216 della decisione impugnata), ha partecipato agli esercizi di controllo di uno studio di revisori nel dicembre 1997 (punto 217 della decisione impugnata). Nel 1998, la Feralpi ha partecipato a tutti gli esercizi di controllo del medesimo studio di revisori (punti da 223 a 244 della decisione impugnata) e ha aderito all’accordo sulle quote di vendita (entrato in vigore almeno a partire dal dicembre 1998) ed alle successive modifiche di tale accordo (punti da 245 a 267 della decisione impugnata). Nel 1999, la Feralpi ha continuato a partecipare all’intesa, aderendo alla pratica concordata riguardante il prezzo degli extra di dimensione (punto 269 della decisione impugnata) e ha partecipato alla fermata produttiva concordata (punto 277 della decisione impugnata). Infine, nel 2000, la Feralpi ha partecipato alle riunioni dell’11 gennaio, 25 gennaio, 1° febbraio, 10 marzo, 18 aprile, 16 maggio, 23 maggio e 27 giugno 2000 (punti 280, 282, 283, 289, 294, 298, 299 e 304 della decisione impugnata).

317    In secondo luogo, riguardo alla totale inefficacia delle decisioni adottate nell’ambito dell’intesa, si deve ricordare che dalla giurisprudenza risulta che l’articolo 65, paragrafo 1, CA vieta gli accordi che «tendano» a impedire, limitare o falsare il gioco normale della concorrenza. Ne consegue che è vietato, ai sensi di detta disposizione, un accordo che abbia lo scopo di restringere la concorrenza, ma i cui effetti anticoncorrenziali non siano stati dimostrati. Poiché al punto 399 della decisione impugnata la Commissione ha constatato che l’intesa aveva per oggetto la fissazione dei prezzi in funzione della quale è stata anche decisa la limitazione o il controllo della produzione o delle vendite, essa non era tenuta a dimostrare l’esistenza di un effetto pregiudizievole sulla concorrenza per dimostrare una violazione dell’articolo 65, paragrafo 1, CA (sentenza della Corte del 2 ottobre 2003, Ensidesa/Commissione, C‑198/99 P, Racc. pag. I‑11111, punti 59 e 60, e sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 200 supra, punto 277) (v. anche punto 463 della decisione impugnata). In ogni caso, la Commissione ha esaminato, per uno scrupolo di completezza, gli effetti dell’intesa e ha considerato, sulla base di un insieme di elementi esposti ai punti da 513 a 524 della decisione impugnata, che l’intesa aveva prodotto effetti concreti.

318    Al fine di contestare tale conclusione, la ricorrente si limita a sostenere, per prima cosa, che la Commissione non ha confutato le conclusioni dello studio Lear, secondo il quale i prezzi sarebbero scesi del 32% lungo l’arco del periodo considerato. Tuttavia, si deve constatare che, per quanto riguarda in particolare le conclusioni dello studio Lear sugli effetti dell’intesa, al punto 513 della decisione impugnata la Commissione ha segnatamente rilevato che, «prendendo come punti di riferimento i prezzi medi degli extra di dicembre 1989-gennaio 1990 e maggio-giugno 2000, (...) [essa] stima[va] un aumento del prezzo degli extra di circa 40% in termini reali». Secondo la Commissione, «[c]iò significa[va] che anche volendo considerare importanti riduzioni del prezzo base in termini reali, i dati non sembra[va]no supportare la tesi dello studio Lear di una riduzione del prezzo totale del 32% in termini reali» e che, «[d]el resto, lo studio Lear si basa[va] su ipotesi necessarie alla ricostruzione di una parte dei dati (relativi al periodo iniziale) che non erano disponibili». Inoltre, al punto 521 della decisione impugnata, la Commissione ha ricordato la giurisprudenza del Tribunale secondo la quale un’analisi economica non poteva cancellare un dato di fatto incontrovertibile consistente in prove documentali (sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit. al punto 85 supra, punto 1088). Orbene, la ricorrente non deduce alcunché riguardo a tali conclusioni.

319    Inoltre, la ricorrente richiama la sequenza delle riunioni svoltesi tra il gennaio e il maggio 2000, volte alla pratica di un determinato prezzo (sostanzialmente lo stesso durante tutto il periodo), la quale metterebbe in luce che i prezzi riscontrati non coincidevano con gli obiettivi auspicati. Tuttavia, la Commissione ha constatato, senza in ciò esser contraddetta dalla ricorrente, che, tra il 1989 e il 2000, il livello dei prezzi degli extra di dimensione era stato grosso modo moltiplicato per due (punto 515 della decisione impugnata). Riguardo ai prezzi base nel corso del medesimo periodo, al punto 516 della decisione impugnata, neanch’esso contestato dalla ricorrente, emerge che le imprese valutavano l’evoluzione del mercato allo scopo di adottare misure correttive. Inoltre, i listini prezzi di cui dispone la Commissione mostrano un aumento del prezzo base da 180 ITL/kg in gennaio a 220 ITL/kg al 30 maggio, conformemente alle decisioni adottate. La ricorrente stessa ha applicato, nel mese di giugno 2000, il prezzo di 210 ITL/kg deciso durante la riunione del 13 giugno 2000 (punto 302 della decisione impugnata).

320    Inoltre, la ricorrente menziona il prezzo di 230 ITL/kg deciso durante la riunione del 13 febbraio 1996, al quale le imprese interessate non avrebbero dato alcun seguito, al fine di dimostrare il pieno disallineamento tra l’obiettivo teorico e la sua applicazione in concreto. Riguardo a detta riunione, si deve notare che dai rilievi della decisione impugnata non contestati dalla ricorrente emerge che la decisione adottata durante la riunione del 13 febbraio 1996 non aveva sortito completamente gli effetti sperati, dato che, in un promemoria del Consigliere delegato della Leali, si rilevava che, al 28 febbraio 1996, si riscontravano delle difficoltà per ottenere la quotazione concordata di ITL/kg 230 a causa del mercato gravemente stagnante e per il mancato sincronismo tra i produttori nel momento della variazione del listino. Si riscontrava comunque – continuava il promemoria – un aumento delle quotazioni (punto 516 della decisione impugnata).

321    Inoltre, la ricorrente sostiene che la fortissima pressione esercitata dalle importazioni sul mercato italiano provenienti da Paesi terzi aveva dato un contributo decisivo alla riduzione della capacità di controllo effettivo del prezzo da parte dei produttori. Un tale argomento è manifestamente inoperante, in quanto non mira a dimostrare l’assenza di effetti sul mercato derivanti dall’intesa, ma soltanto un’asserita maggiore difficoltà per le imprese a controllare i prezzi.

322    Infine, l’argomento della ricorrente secondo cui più del 40% del tondo per cemento armato prodotto nel periodo che va dal 1998 al 2000 è stato commercializzato nell’ambito di contratti di fornitura, normalmente di durata annuale, nei quali il prezzo e le altre condizioni erano state oggetto di un negoziato con ciascun singolo cliente e che neppure prendeva come termine di riferimento i prezzi decisi con i concorrenti, è limitato a una parte dei contratti stipulati dalla medesima ricorrente con taluni dei suoi clienti ed è, in ogni caso, irrilevante ai fini della dimostrazione dell’assenza di effetti dell’intesa sui prezzi base e sugli extra di dimensione.

323    In considerazione di quanto precede, occorre respingere gli argomenti della ricorrente.

 Sulla limitazione o il controllo della produzione o delle vendite

324    La ricorrente sostiene che, pur non contestando nella loro materialità i fatti accertati dalla Commissione per quanto riguarda i contatti intercorsi tra le imprese nel periodo considerato, essa nega di aver partecipato ad alcune delle iniziative che le sono addebitate. In tal senso, la ricorrente sarebbe rimasta estranea all’iniziativa del 2 aprile 1996, come risulterebbe da due circolari interne del 25 marzo e del 23 aprile 1996, e all’accordo relativo alla limitazione delle consegne sul mercato nazionale del novembre e dicembre 1997. Inoltre, la Commissione avrebbe sottovalutato l’impatto della mancata reazione dei suoi servizi alla notifica dell’accordo Darfo sul convincimento delle imprese circa l’assoluta liceità del loro comportamento.

325    Come già ricordato al punto 315 supra, la ricorrente non contesta le affermazioni della Commissione ricordate al punto 558 della decisione impugnata (v. punto 316 supra), ad eccezione di quelle indicate al punto 324 supra.

326    Riguardo a queste ultime, è sufficiente constatare, innanzi tutto, per quanto riguarda la riunione del 2 aprile 1996, che dal fascicolo di causa risulta che la Feralpi vi è stata concretamente invitata (v. anche il punto 190 della decisione impugnata). Nella decisione impugnata, la Commissione non ha affermato che la Feralpi abbia effettivamente fermato la sua produzione conformemente alle raccomandazioni formulate durante la suddetta riunione. Così, al punto 191 della decisione impugnata, la Commissione si limita a menzionare il promemoria riguardante detta riunione, ove si legge che la maggioranza dei produttori aveva programmato «una settimana di fermate a Pasqua e almeno un altro ponte nel periodo dal 25 aprile al 5 maggio».

327    Per quanto riguarda, poi, il suo argomento secondo cui essa sarebbe rimasta estranea all’accordo relativo alla limitazione delle consegne sul mercato nazionale del novembre e del dicembre 1997 (punto 208 della decisione impugnata), la ricorrente si limita ad affermare che i «dati in [suo] possesso (…) non confermano che questa riduzione abbia avuto luogo per quel che la riguarda nelle percentuali ivi indicate». Tuttavia, un argomento simile è anch’esso manifestamente inoperante, dato che non dimostra che la ricorrente sia rimasta estranea alla suddetta iniziativa. Inoltre, la ricorrente non formula alcuna osservazione su quanto affermato dalla Commissione al punto 208 della decisione impugnata, secondo cui, in un manoscritto della Feralpi recante il resoconto della riunione del 17 novembre 1997 alla quale hanno partecipato i «titolari» di sette delle otto imprese, è scritto che «è stato considerato che in dicembre verrà detratta un’ulteriore quota del 20% rispetto alla quota di consegna di novembre», il che dimostra che la limitazione prevista per novembre ha effettivamente avuto luogo.

328    Infine, riguardo all’asserita convinzione delle imprese circa la liceità del loro comportamento, che discenderebbe dall’assenza di reazione della Commissione alla notifica dell’accordo Darfo, dal fascicolo di causa risulta che numerose comunicazioni indirizzate ai produttori di tondo per cemento armato indicavano precisamente l’oggetto delle riunioni e recavano altresì l’indicazione «Da distruggere dopo presa visione», il che non lascia alcun dubbio circa il loro carattere collusivo.

329    In considerazione di quanto precede, si devono respingere gli argomenti della ricorrente relativi all’intesa sulla limitazione o sul controllo della produzione o delle vendite tra il 1996 e il 2000, nonché il presente motivo nel suo insieme.

7.     Sul settimo motivo, vertente sull’errata determinazione dell’importo dell’ammenda

330    Nel presente motivo, la ricorrente sostiene, da un lato, che una parte delle infrazioni è prescritta e, dall’altro, che la Commissione ha erroneamente valutato la gravità dell’infrazione accertata nella decisione impugnata.

 Osservazioni preliminari

331    Occorre rammentare che risulta da una costante giurisprudenza che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo dell’importo delle ammende. Tale metodo, delimitato dagli orientamenti del 1998, prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, cit. al punto 129 supra, punto 112, e la giurisprudenza ivi citata).

332    La gravità delle infrazioni al diritto della concorrenza dell’Unione deve essere accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali, segnatamente, le particolari circostanze del procedimento, il suo contesto e la portata dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o tassativo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (sentenze della Corte del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑510/06 P, Racc. pag. I‑1843, punto 72, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 129 supra, punto 54).

333    Come esposto al punto 29 supra, la Commissione, nel caso di specie, ha determinato l’importo delle ammende applicando il metodo definito negli orientamenti del 1998.

334    Tali orientamenti, anche se non possono essere qualificati come norme giuridiche che l’amministrazione deve rispettare in ogni caso, enunciano pur sempre una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui l’amministrazione non può discostarsi, in un’ipotesi specifica, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (v. sentenza della Corte del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 209, e la giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale dell’8 ottobre 2008, Carbone-Lorraine/Commissione, T‑73/04, Racc. pag. II‑2661, punto 70).

335    Adottando siffatte regole di condotta ed annunciando, con la loro pubblicazione, che essa le applicherà da quel momento in avanti ai casi a cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali regole, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi generali del diritto, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 334 supra, punto 211, e la giurisprudenza ivi citata; sentenza Carbone-Lorraine/Commissione, punto 334 supra, punto 71).

336    Inoltre, gli orientamenti del 1998 stabiliscono, in modo generale ed astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’importo delle ammende e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto nei confronti delle imprese (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 334 supra, punti 211 e 213).

337    Secondo gli orientamenti del 1998, la metodologia applicabile per la determinazione dell’importo dell’ammenda si basa sulla fissazione di un importo di base al quale si applicano talune maggiorazioni, per tener conto delle circostanze aggravanti, e talune diminuzioni per tener conto delle circostanze attenuanti.

338    Secondo il punto 1 degli orientamenti del 1998, l’importo di base è determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione.

339    Per quanto attiene alla valutazione della gravità dell’infrazione, gli orientamenti del 1998, al punto 1 A, primo e secondo comma, indicano quanto segue:

«Per valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante. Le infrazioni saranno pertanto classificate in tre categorie, in modo tale da distinguere tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi».

340    Dagli orientamenti del 1998 risulta che le infrazioni poco gravi potrebbero consistere, ad esempio, in «restrizioni, per lo più verticali, intese a limitare gli scambi, ma il cui impatto sul mercato resta circoscritto e che riguardano inoltre una parte sostanziale ma relativamente ristretta del mercato comunitario» (punto 1 A, secondo comma, primo trattino, degli orientamenti del 1998). Quanto alle infrazioni gravi, la Commissione precisa che «trattasi per lo più di restrizioni orizzontali o verticali della medesima natura che nel caso [delle infrazioni poco gravi], ma applicate in maniera più rigorosa, il cui impatto sul mercato è più vasto e che sono atte a produrre effetti su ampie zone del mercato comune». Essa indica inoltre che potrebbe trattarsi di «abusi di posizione dominante» (punto 1 A, secondo comma, secondo trattino, degli orientamenti del 1998). Quanto alle infrazioni molto gravi, la Commissione indica che «trattasi essenzialmente di restrizioni orizzontali, quali “cartelli di prezzi” e di ripartizione dei mercati, o di altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno, ad esempio quelle miranti a compartimentare i mercati nazionali, o di abusi incontestabili di posizione dominante da parte di imprese in situazione di quasi‑monopolio» (punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

341    La Commissione precisa altresì che, da un lato, nell’ambito di ciascuna di tali categorie, ed in particolare per le categorie denominate gravi e molto gravi, la forcella delle sanzioni previste consentirà di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse, e, dall’altro, che sarà necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e fissare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, terzo e quarto comma, degli orientamenti del 1998).

342    Secondo gli orientamenti del 1998, per le infrazioni «molto gravi», l’importo di partenza delle ammende applicabile va oltre EUR 20 milioni; per le infrazioni «gravi», esso può variare tra EUR 1 milione e EUR 20 milioni; per le infrazioni «poco gravi», l’importo di partenza delle ammende applicabile è compreso tra EUR 1 000 e EUR 1 milione (punto 1 A, secondo comma, dal primo al terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

343    Per quanto riguarda la durata dell’infrazione, secondo il punto 1 B degli orientamenti del 1998, essa dovrebbe essere presa in considerazione in modo da distinguere tra:

–        infrazioni di breve durata (in generale per periodi inferiori a 1 anno), per le quali non è prevista nessuna maggiorazione;

–        infrazioni di media durata (in generale per periodi da 1 a 5 anni), per le quali la maggiorazione può arrivare fino al 50% dell’ammenda applicabile in funzione della gravità dell’infrazione;

–        infrazioni di lunga durata (in generale per periodi superiori a 5 anni): per le quali la maggiorazione applicabile per ciascun anno può essere pari al 10% dell’ammenda applicabile in funzione della gravità dell’infrazione.

344    A tal riguardo, come ricordato dalla Corte nelle sentenze dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione (C‑389/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 129), e KME Germany e a./Commissione (C‑272/09 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 102), spetta al giudice dell’Unione effettuare il controllo di legittimità ad esso incombente sulla base degli elementi prodotti dalle ricorrenti a sostegno dei loro motivi. In occasione di tale controllo, il giudice non può basarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione, né per quanto riguarda la scelta degli elementi presi in considerazione in sede di applicazione dei criteri indicati negli orientamenti del 1998 né per quanto riguarda la valutazione di tali elementi, al fine di rinunciare a un controllo approfondito tanto in fatto quanto in diritto.

345    È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare il presente motivo.

 Sulla prescrizione delle infrazioni

346    La ricorrente afferma che, mancando nel caso di specie il presupposto della continuazione dell’infrazione, le eventuali infrazioni riferibili al primo periodo esaminato devono ritenersi prescritte, dato che il potere della Commissione di infliggere ammende è soggetto a un termine di prescrizione quinquennale. Tenuto conto del fatto che i primi atti di indagine compiuti dalla Commissione risalgono all’ultimo trimestre del 2000, le infrazioni commesse oltre cinque anni prima da tale momento non sarebbero riconducibili a un disegno unitario e sarebbero prescritte.

347    Si deve constatare che il motivo così dedotto dalla ricorrente si fonda sulla premessa secondo cui le infrazioni constatate nella decisione impugnata non siano riconducibili a un disegno unitario. Ebbene, un simile argomento è stato respinto nell’ambito del sesto motivo (v. punti da 216 a 329 supra) e pertanto questo motivo dev’essere respinto.

348    Ad ogni modo, come sottolineato dalla Commissione, il termine di prescrizione quinquennale previsto dall’articolo 25, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 [e dall’articolo 1, paragrafo 1, della decisione n. 715/78/CECA della Commissione, del 6 aprile 1978, relativa alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel campo di applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (GU L 94, pag. 22)] non è scaduto.

349    Infatti, dall’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (e dall’articolo 1, paragrafo 2, della decisione n. 715/78) risulta che, per le infrazioni continuate o ripetute, la prescrizione decorre dal giorno in cui ha preso fine l’infrazione, ovvero, nel caso di specie, il 5 luglio 2000, data in cui è cessata l’infrazione (punto 606 della decisione impugnata).

350    Conformemente all’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e all’articolo 2, paragrafo 3, della decisione n. 715/78, la prescrizione è interrotta, in particolare, da qualsiasi atto della Commissione concernente l’istruzione o la repressione dell’infrazione. Ne consegue che nel presente caso la prescrizione è stata interrotta dall’invio della comunicazione degli addebiti nel marzo 2002, nonché dall’invio della comunicazione degli addebiti supplementari nell’agosto 2002.

351    Inoltre, secondo l’articolo 25, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 (che corrisponde all’articolo 3 della decisione n. 715/78), la prescrizione rimane sospesa per il tempo in cui pende dinanzi alla Corte un procedimento avente ad oggetto la decisione della Commissione, vale a dire, nel caso di specie, fino al 25 ottobre 2007.

352    La Commissione ha dunque correttamente sottolineato, al punto 572 della decisione impugnata, che erano trascorsi soltanto sette mesi tra la notifica della comunicazione degli addebiti supplementari, nell’agosto 2002, e l’avvio del procedimento dinanzi al Tribunale, mentre un anno e undici mesi erano trascorsi tra la pronuncia delle sentenze del 25 ottobre 2007, tra cui la sentenza Feralpi Siderurgica/Commissione, citata al punto 20 supra, e la data di notifica della decisione impugnata. Ne consegue che il termine di prescrizione quinquennale non era scaduto al momento in cui è stata adottata la decisione impugnata.

353    Tenuto conto del complesso delle considerazioni che precedono, il presente capo del settimo motivo dev’essere respinto.

 Sulla valutazione della gravità dell’infrazione

354    La ricorrente contesta la qualificazione dell’infrazione come «molto grave». A tal riguardo, la qualificazione dell’infrazione come «grave» avrebbe comportato una diversa fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda.

 Sulla natura dell’infrazione

355    Innanzitutto, la ricorrente afferma che la Commissione utilizza argomenti contraddittori per qualificare l’infrazione come «molto grave». Infatti, sebbene al punto 597 della decisione impugnata essa abbia riconosciuto che l’infrazione era relativamente meno grave prima del 1995 e, al successivo punto 600, si sia impegnata a tener conto delle caratteristiche specifiche del caso in oggetto, relativo a un mercato nazionale soggetto all’epoca dei fatti alla particolare normativa CECA ed in cui le imprese destinatarie della decisione hanno rappresentato, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata del mercato in questione, essa sostiene, al medesimo punto, che dette valutazioni non pregiudicano il carattere «molto grave» dell’infrazione. In tal modo, la Commissione non avrebbe adeguatamente motivato, e avrebbe quindi erroneamente motivato, le proprie considerazioni in merito alla gravità dell’infrazione contestata alla Feralpi. Occorrerebbe tener conto del fatto che i comportamenti addebitati alla Feralpi sono stati adottati nella convinzione della loro sostanziale legittimità e della loro innocuità rispetto alle disposizioni che caratterizzavano il sistema normativo del Trattato CECA. Il ragionamento della Commissione sarebbe inconciliabile con la prassi comunemente seguita in casi analoghi e con la giurisprudenza in materia.

356    In primo luogo, si deve necessariamente constatare che, al punto 597 della decisione impugnata, la Commissione ha considerato che, sebbene certamente, mentre riguardo al periodo anteriore al 1995 si poteva considerare che l’intesa fosse «relativamente meno grave», dato che i comportamenti erano meno strutturati e quindi relativamente meno pericolosi per la concorrenza, la gravità dell’infrazione è aumentata in seguito, quando sono state introdotte nuove misure restrittive, quali il controllo o la riduzione della produzione o delle vendite. Tale comportamento, che, nei fatti, era sempre collegato all’aumento del prezzo, ha reso l’intesa ancora più strutturata. Pertanto, al suddetto punto, la Commissione non ha qualificato sotto il profilo giuridico l’infrazione come solamente «grave». Per contro, al punto 591 della decisione impugnata, la Commissione ha espressamente ribadito la qualifica di «molto grave» dell’infrazione. L’argomento della ricorrente relativo all’insufficienza della motivazione deve quindi essere respinto.

357    In secondo luogo, come ricordato al punto 340 supra, dagli orientamenti del 1998 risulta che le restrizioni orizzontali del tipo «cartelli di prezzi» figurano espressamente tra le infrazioni qualificate come «molto gravi». La ricorrente non può, a tal riguardo, far valere la sua convinzione circa la «sostanziale legittimità» delle pratiche in oggetto rispetto alle disposizioni che caratterizzavano il Trattato CECA. Come ricordato al punto 328 supra, numerose comunicazioni indirizzate ai produttori di tondo per cemento armato indicavano precisamente l’oggetto delle riunioni di cui trattasi e recavano altresì l’indicazione «Da distruggere dopo presa visione», il che non può lasciare alcun dubbio circa il loro carattere collusivo.

358    In ogni caso, come ricordato al punto 341 supra, la forcella delle sanzioni previste dalla Commissione consente di differenziare il trattamento da riservare alle imprese secondo la natura delle infrazioni commesse. Orbene, nel caso di specie, la Commissione ha reputato opportuno fissare l’importo di partenza dell’ammenda inflitta alla ricorrente in EUR 5 milioni, ossia un quarto della soglia minima di EUR 20 milioni normalmente prevista dagli orientamenti del 1998 per tale tipo di infrazione molto grave (v. punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti del 1998). Si deve quindi ritenere che la Commissione ha debitamente tenuto conto delle circostanze ricordate al punto 355 supra.

359    In secondo luogo, la ricorrente, inserita nel primo gruppo, contesta la ripartizione per categorie operata dalla Commissione nell’ambito della determinazione dell’importo di partenza specifico dell’ammenda. La Commissione non avrebbe adeguatamente valutato il peso specifico della ricorrente, che è una società la cui produzione è incentrata sul tondo per cemento armato, di dimensione nettamente inferiore rispetto a quella di altri potenti e articolati gruppi industriali coinvolti nella procedura. Peraltro, l’Alfa e la Lucchini, che deterrebbero quote di mercato prossime a quelle della ricorrente (le loro quote di mercato rappresentano circa l’80% di quella della Feralpi), sarebbero state inserite nel secondo gruppo, nel quale avrebbero dovuto figurare imprese aventi una quota media di mercato pari a circa il 70% di quella delle imprese del primo gruppo.

360    Dagli orientamenti del 1998 emerge che essi prevedono, innanzitutto, la valutazione della gravità dell’infrazione in quanto tale, sulla cui base può essere fissato un importo generale di partenza (punto 1 A, secondo comma, degli orientamenti del 1998). Inoltre, la gravità è esaminata in relazione alla natura delle infrazioni commesse e alle caratteristiche dell’impresa interessata, in particolare rispetto alle sue dimensioni e alla sua posizione sul mercato rilevante, il che può comportare la ponderazione dell’importo di partenza, la classificazione delle imprese in categorie e la fissazione di un importo di partenza specifico (punto 1 A, dal terzo al settimo comma, degli orientamenti del 1998).

361    Occorre altresì ricordare che, nell’ambito del calcolo dell’importo delle ammende inflitte ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, un trattamento differenziato tra le imprese interessate rientra nell’esercizio dei poteri spettanti alla Commissione in forza di tale disposizione. Invero, nell’ambito del suo margine di discrezionalità, la Commissione è chiamata a individualizzare la sanzione in funzione dei comportamenti e delle caratteristiche propri delle imprese interessate, al fine di garantire, in ogni caso specifico, la piena efficacia delle norme dell’Unione in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenze della Corte Musique Diffusion française e a./Commissione, cit. al punto 148 supra, punto 109; del 7 giugno 2007, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, C‑76/06 P, Racc. pag. I‑4405, punto 44, e del 18 luglio 2013, Dow Chemical e a./Commissione, C‑499/11 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 87).

362    Così, gli orientamenti del 1998 dispongono che, per un’infrazione di una determinata gravità, può essere opportuno, nei casi che coinvolgono più imprese, come i cartelli, ponderare l’importo di partenza generale per stabilire un importo di partenza specifico tenendo conto del peso, e dunque dell’impatto reale, sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione (punto 1 A, sesto comma degli orientamenti del 1998). In particolare, è necessario valutare l’effettiva capacità economica degli autori dell’infrazione di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori (punto 1 A, quarto comma, degli orientamenti del 1998).

363    Gli orientamenti del 1998 precisano altresì che il principio di parità della sanzione per un medesimo comportamento può dar luogo, in determinate circostanze, all’applicazione di importi differenziati per le imprese interessate, senza che tale differenziazione derivi da un calcolo rigorosamente aritmetico (punto 1 A, settimo comma degli orientamenti del 1998).

364    Di conseguenza, per verificare se una ripartizione in categorie dei partecipanti di un’intesa sia conforme ai principi di parità di trattamento e di proporzionalità, occorre verificare se la ripartizione operata dalla Commissione sia coerente ed obiettivamente giustificata (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 19 marzo 2003, CMA CGM e a./Commissione, T‑213/00, Racc. pag. II‑913, punti 406 e 416; del 15 marzo 2006, BASF/Commissione, T‑15/02, Racc. pag. II‑497, punto 157, e dell’8 ottobre 2008, Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, T‑69/04, Racc. pag. II‑2567, punto 184).

365    Nel caso di specie, come rilevato al punto 31 supra, la Commissione ha individuato tre gruppi di imprese in base alle quote medie di mercato nel periodo dal 1990 al 1999, le quali sono state calcolate nel seguente modo (punti 79, 82, 85, 87, 89, 94, da 98 a 100, 104, 107, da 599 a 602 della decisione impugnata): la Feralpi (10,31%) e la Valsabbia (10,03%) sono state collocate nel primo gruppo; la Lucchini (7,92%), l’Alfa (7,87%), la Riva (7%) e la Leali (6,4%) sono state collocate nel secondo gruppo (con una quota media di mercato pari, secondo il punto 601 delle decisione impugnata, a circa il 70% della quota media di mercato delle imprese del primo gruppo); la IRO (4,99%) e la Ferriere Nord (3,65%) sono state collocate nel terzo gruppo (con una quota media di mercato pari, secondo il punto 601 delle decisione impugnata, a circa il 35% della quota media di mercato delle imprese del primo gruppo).

366    Si deve in proposito rilevare che il punto 601 della decisione impugnata contiene un errore, nel senso che la quota media di mercato delle imprese collocate nel terzo gruppo non rappresenta circa il 35% della quota di mercato del primo gruppo, come la Commissione ha ammesso durante l’udienza. Siffatto errore non è comunque tale da comportare l’illegittimità della ripartizione delle imprese in categorie operata dalla Commissione, né quella dell’inclusione della ricorrente nella prima categoria.

367    Invero, oltre al fatto che, come già sottolineato al precedente punto 363, conformemente al punto 1 A, settimo comma, degli orientamenti del 1998, la differenziazione tra imprese che hanno partecipato ad una stessa infrazione non deve derivare da un calcolo rigorosamente aritmetico (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 334 supra, punto 266, e sentenza BASF/Commissione, cit. al punto 364 supra, punto 149), dal punto 601 della decisione impugnata risulta che gli importi di partenza delle sanzioni inflitte alle imprese del secondo e del terzo gruppo sono stati calcolati come percentuale della quota media di mercato delle imprese del primo gruppo. L’errore commesso nel calcolo della quota media di mercato della terza categoria è quindi ininfluente sull’importo di partenza dell’ammenda inflitta alla ricorrente.

368    In ogni caso, si deve constatare che la prima categoria comprende le imprese con una quota media di mercato superiore al 10%; la seconda categoria comprende le imprese con una quota media di mercato tra il 6 e l’8%; infine, la terza categoria comprende le imprese con una quota di mercato inferiore al 5%. La ripartizione operata dalla Commissione risulta quindi coerente e oggettivamente giustificata.

369    In terzo luogo, la ricorrente afferma di essere un’impresa a conduzione familiare che non disponeva, al tempo dei fatti per cui è causa, di conoscenze e di infrastrutture giuridico-economiche paragonabili a quelle di altre imprese sanzionate per cartelli. Essa non avrebbe disposto di un servizio legale interno e avrebbe agito nella convinzione della correttezza dei propri comportamenti e senza una vera cognizione delle loro possibili conseguenze.

370    Un simile argomento dev’essere respinto in quanto, anche supponendo che la ricorrente non abbia disposto di un servizio legale interno e non abbia reputato utile ottenere un qualche parere legale, è stato considerato che la stessa non poteva nutrire alcun ragionevole dubbio sul carattere illecito del suo comportamento (v. punto 357 supra).

 Sull’impatto reale dell’infrazione

371    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha tenuto conto dell’impatto reale dell’intesa. Orbene, dalla prassi decisionale della Commissione risulterebbe che infrazioni ritenute «molto gravi» in ragione della loro natura sono state qualificate come «gravi» a seguito dell’analisi del loro impatto effettivo. Una corretta valutazione dell’impatto dell’infrazione rivestirebbe una fondamentale importanza per ragioni di equità e per evitare l’applicazione di sanzioni sproporzionate rispetto all’infrazione di cui trattasi. Ai fini della corretta valutazione dell’impatto dell’infrazione, la Commissione sarebbe tenuta a verificare se l’infrazione sia stata effettivamente posta in esecuzione. Essa non potrebbe, tuttavia, basarsi esclusivamente su una relazione di causa‑effetto tra l’attuazione di un accordo e il suo impatto concreto sul mercato. Nel caso di specie, in primo luogo, la Feralpi avrebbe dimostrato che le asserite infrazioni non hanno avuto alcun impatto reale sul mercato. A tal riguardo, la Commissione avrebbe sistematicamente disatteso le risultanze deducibili dalla documentazione economica prodotta dalla ricorrente, segnatamente lo studio Lear, integrato ai fini del presente procedimento da un ulteriore documento che dimostrerebbe l’assenza di un impatto significativo sui prezzi. Essa non fonderebbe tuttavia le proprie asserzioni su una motivazione obiettiva e su un’analisi di carattere economico. In secondo luogo, le imprese coinvolte avrebbero rappresentato solo una parte limitata del mercato italiano del tondo per cemento armato, per il quale la Commissione avrebbe dovuto tenere conto della pressione concorrenziale di altri prodotti siderurgici, quali le reti metalliche elettrosaldate o le travi. In terzo luogo, le imprese coinvolte avrebbero rappresentato solo una parte modesta del mercato europeo, che avrebbe dovuto essere preso in considerazione come parametro di riferimento per definire il mercato in esame. In quarto luogo, la Feralpi avrebbe registrato un risultato negativo per gran parte del periodo in questione.

372    In via preliminare, riguardo all’obbligo o meno per la Commissione di provare, ai fini del calcolo dell’ammenda, l’esistenza di un impatto concreto dell’infrazione sul mercato, occorre ricordare che, se anche l’impatto concreto dell’infrazione è un elemento da prendere in considerazione per valutare la gravità della stessa, si tratta di un criterio che si accompagna ad altri, quali la natura propria dell’infrazione e l’ampiezza del mercato geografico. Del pari, il punto 1 A, primo comma, degli orientamenti del 1998 precisa che tale impatto concreto sul mercato è da prendersi in considerazione solo qualora esso sia misurabile (sentenze della Corte del 9 luglio 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑511/06 P, Racc. pag. I‑5843, punto 125, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 129 supra, punto 74; sentenze del Tribunale del 9 luglio 2003, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, T‑224/00, Racc. pag. II‑2597, punto 143, e del 13 luglio 2011, ThyssenKrupp Liften Ascenseurs e a./Commissione, T‑144/07, da T‑147/07 a T‑150/07 e T‑154/07, Racc. pag. II‑5129, punto 207).

373    Per quanto riguarda la presa in considerazione degli effetti dell’intesa per la determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta alle imprese di cui trattasi, la Commissione ha innanzitutto ricordato, ai punti 589 e 595 della decisione impugnata, che l’effetto che ha potuto avere un accordo o una pratica concordata sul normale gioco della concorrenza non era un criterio determinante nella valutazione dell’importo adeguato dell’ammenda e che elementi riconducibili all’aspetto intenzionale, e quindi allo scopo di un comportamento, potevano di fatto avere maggiore rilevanza di quelli relativi ai suoi effetti soprattutto qualora riguardassero infrazioni intrinsecamente gravi, quali la fissazione dei prezzi e la ripartizione dei mercati. Orbene, l’infrazione riscontrata nel caso di specie costituiva un’infrazione decisamente molto grave al diritto dell’Unione (punto 591 della decisione impugnata).

374    Inoltre, la Commissione ha considerato, al punto 520 della prima decisione, che non poteva essere accolta l’affermazione delle parti dell’intesa secondo cui quest’ultima non aveva avuto alcun effetto. A tal riguardo, la Commissione si è riferita ai punti da 513 a 524 della decisione impugnata, nei quali ha esaminato gli effetti concreti dell’intesa ed è giunta alla conclusione che essa aveva influenzato il prezzo di vendita praticato dai produttori di tondo per cemento armato in Italia, sebbene le misure adottate nell’ambito dell’intesa non avessero sempre prodotto immediatamente i risultati auspicati dalle imprese che vi partecipavano. La Commissione ha parimenti rilevato che l’insufficiente incidenza di alcune iniziative riguardanti i prezzi aveva anche indotto le imprese in questione a combinarle con altre misure sui volumi o a modificare quelle prese sui prezzi. Peraltro, la Commissione ha sottolineato che le imprese in questione rappresentavano all’incirca il 21% del mercato italiano del tondo per cemento armato nel 1989, il 60% nel 1995 e l’83% nel 2000, in tal modo rendendo sempre più rilevante l’effetto sul mercato di aumenti di prezzo concordati. Infine, la Commissione ha aggiunto che il fatto che, fin dal 1989, le iniziative adottate in tale settore fossero comunicate a tutti i produttori di tondo per cemento armato aveva accresciuto l’importanza di tali effetti nei primi anni dell’intesa (punto 519 della decisione impugnata).

375    Infine, la Commissione ha sottolineato che la circostanza che l’intesa avesse prodotto effetti su una parte limitata del mercato comune, nella specie la totalità del territorio italiano, non attenuava la gravità dell’infrazione, in considerazione dell’importanza della produzione italiana (punto 592 della decisione impugnata). La Commissione ha tuttavia tenuto conto, in sede di determinazione dell’importo di base dell’ammenda, del fatto che l’intesa avesse riguardato un mercato nazionale soggetto, all’epoca dei fatti, ad una particolare normativa del Trattato CECA e del quale le imprese interessate rappresentavano, nel primo periodo dell’infrazione, una parte limitata (punto 599 della decisione impugnata) (v. punto 30 supra).

376    In primo luogo, riguardo all’invocazione della prassi decisionale della Commissione, si deve ricordare che la Corte ha ripetutamente affermato che la precedente prassi decisionale della Commissione non funge da contesto normativo per le ammende in materia di diritto della concorrenza e che decisioni relative ad altri casi hanno un carattere soltanto indicativo in ordine all’esistenza di discriminazioni (sentenze della Corte del 21 settembre 2006, JCB Service/Commissione, C‑167/04 P, Racc. pag. I‑8935, punto 205; del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P, Racc. pag. I‑8681, punto 233, e del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione, C‑549/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 104).

377    In secondo luogo, la ricorrente non può sostenere che la Commissione si è limitata ad affermare, in risposta allo studio Lear, che le parti non avevano prodotto elementi di prova idonei a dimostrare che l’evoluzione dei prezzi sarebbe stata la stessa in assenza d’intesa (punto 593 della decisione impugnata). Occorre sottolineare che la Commissione ha tenuto conto dello studio Lear ai punti da 50 a 53, 62, 513, 521 e 585 della decisione impugnata. Nell’ambito della sua valutazione, essa ha segnatamente indicato che lo studio Lear non inficiava la sua posizione secondo cui non era conveniente per le imprese degli altri Stati membri esportare verso l’Italia (punto 50 della decisione impugnata) e che la teoria dei flussi prospettata dallo studio Lear si basava «su teorie economiche e non su considerazioni di fatto» (punto 51 della decisione impugnata).

378    Per quanto riguarda, in particolare, le conclusioni dello studio Lear sugli effetti dell’intesa, al punto 513 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato quanto segue:

«[… L]a Commissione, prendendo come punti di riferimento i prezzi medi degli extra di dicembre 1989‑gennaio 1990 e maggio giugno 2000 (...), stima un aumento del prezzo degli extra di circa 40% in termini reali. Ciò significa che anche volendo considerare importanti riduzioni del prezzo base in termini reali, i dati non sembrano supportare la tesi dello studio Lear di una riduzione del prezzo totale del 32% in termini reali. Del resto, lo studio Lear si basa su ipotesi necessarie alla ricostruzione di una parte dei dati (relativi al periodo iniziale) che non erano disponibili».

379    Orbene, la ricorrente si limita, nel presente ricorso, ad affermare che l’evoluzione dei prezzi sul mercato italiano ha seguito l’andamento dei principali fattori di costo, mantenendosi peraltro generalmente a livelli inferiori rispetto a quello prevalente sul mercato europeo, che i prezzi espressi in termini reali hanno subito una forte diminuzione, che le scelte delle imprese in materia di prezzi denotano una tendenza alla variabilità e non all’allineamento, che i costi di produzione delle imprese italiane sono stati sempre più elevati di quelli dei loro concorrenti europei e che i margini delle imprese si sarebbero ridotti nel periodo considerato.

380    Argomenti siffatti sono stati però respinti ai punti 245, 246, 249, 259, 260 e 318 supra. Essi non possono, in ogni caso, permettere di qualificare l’infrazione soltanto come «grave». Infatti, dal sistema delle sanzioni per violazione delle norme in materia di concorrenza dell’Unione, quale delineato dal regolamento n. 1/2003 ed interpretato dalla giurisprudenza, risulta che le intese meritano, a causa della loro stessa natura, le ammende più severe. Il loro eventuale impatto concreto sul mercato – e segnatamente stabilire in che misura la restrizione della concorrenza abbia determinato un prezzo di mercato superiore a quello che avrebbe prevalso nell’ipotesi di assenza del cartello – non costituisce un criterio decisivo per la fissazione del livello delle ammende. Si deve aggiungere che dagli orientamenti del 1998 risulta che gli accordi o le pratiche concordate i quali, come nel caso di specie, siano diretti in particolare alla fissazione dei prezzi possono essere qualificati come «molto gravi» solo a motivo della loro stessa natura, senza che occorra circostanziare tali comportamenti in funzione di un’incidenza o di un’estensione geografica specifici. Tale conclusione è corroborata dal fatto che, mentre la descrizione delle infrazioni «gravi» menziona espressamente l’impatto sul mercato e gli effetti su ampie zone del mercato comune, quella delle infrazioni «molto gravi», viceversa, non indica alcuna necessità di un concreto impatto sul mercato, né di spiegamento degli effetti in una zona geografica particolare (v. sentenza del Tribunale del 6 maggio 2009, KME Germany e a./Commissione, T‑127/04, Racc. pag. II‑1167, punti 65 e 66, e la giurisprudenza ivi citata).

381    In terzo luogo, secondo la giurisprudenza, è legittimo che la Commissione deduca che l’infrazione ha prodotto effetti dal fatto che i partecipanti all’intesa hanno adottato provvedimenti per applicare i prezzi concordati, per esempio annunciandoli ai clienti, dando ai propri dipendenti istruzione di utilizzarli come base delle trattative e vigilando sull’applicazione degli stessi da parte dei propri concorrenti e dei propri servizi di vendita. Infatti, per concludere nel senso di un impatto sul mercato, è sufficiente che i prezzi concordati siano serviti da base per la fissazione dei prezzi di transazione individuali, limitando così il margine di negoziazione dei clienti (sentenze del Tribunale del 17 dicembre 1991, Hercules Chemicals/Commissione, T‑7/89, Racc. pag. II‑1711, punti 340 e 341; del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 132 supra, punti da 743 a 745, e del 14 dicembre 2006, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Racc. pag. II‑5169, punto 285).

382    Per contro, una volta accertata l’attuazione di un’intesa, non si può esigere che la Commissione dimostri in modo sistematico che gli accordi hanno effettivamente permesso alle imprese interessate di raggiungere un livello di prezzi di transazione superiore a quello che si sarebbe imposto in mancanza dell’intesa (sentenze Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 381 supra, punto 286, e Gütermann e Zwicky/Commissione, cit. al punto 225 supra, punto 129).

383    In quarto luogo, riguardo all’asserita pressione concorrenziale di altri prodotti siderurgici, occorre ricordare che giustamente la Commissione ha definito il mercato del prodotto in esame come quello del tondo per cemento armato nervato in barre o in rotoli (v. punti da 181 a 195 supra). Ora, come emerge segnatamente dal paragrafo 2 della comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU 1997, C 372, pag. 5), la definizione del mercato consente di individuare e di definire il perimetro all’interno del quale si svolge la concorrenza tra le imprese e di determinare se esistono concorrenti reali, capaci di pesare sul comportamento delle imprese di cui trattasi o di impedire loro di agire indipendentemente dalle pressioni esercitate da una concorrenza effettiva.

384    Peraltro, la ricorrente si limita ad invocare in modo specifico la pressione concorrenziale che verrebbe esercitata dalla rete metallica elettrosaldata e le travi, e ciò al solo fine di dimostrare che l’intesa non ha avuto gli effetti constatati nella decisione impugnata. Orbene, un’argomentazione del genere può essere condivisa solo se, nell’ipotesi in cui una siffatta pressione concorrenziale della rete metallica elettrosaldata e delle travi risultasse accertata, la Commissione fosse stata indotta a constatare che l’intesa non aveva avuto alcun impatto sul mercato da essa esaminato. Invero, solo una siffatta dimostrazione è tale da inficiare la valutazione dell’importo dell’ammenda effettuata dalla Commissione in funzione della gravità dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 27 settembre 2006, Archer Daniels Midland/Commissione, T‑329/01, Racc. pag. II‑3255, punti da 229 a 231). Tuttavia, tale ipotesi non ricorre nella specie.

385    In quinto e ultimo luogo, l’argomento vertente sull’asserito «risultato negativo» della Feralpi durante una gran parte del periodo dell’infrazione è del tutto irrilevante riguardo all’esistenza di un impatto dell’infrazione sul mercato.

386    In considerazione di quanto precede, occorre respingere gli argomenti volti a contestare la qualificazione dell’infrazione come «molto grave» fatta propria dalla Commissione.

 Sull’estensione del mercato geografico

387    La ricorrente sostiene che dalla prassi decisionale della Commissione risulta che in genere le infrazioni da essa qualificate come «molto gravi» interessano un mercato geografico sovranazionale, mentre le infrazioni aventi un ambito territoriale nazionale sono qualificate come «gravi» o «poco gravi». In considerazione di tale prassi decisionale, la Commissione dovrebbe motivare in termini più esaurienti la sua conclusione circa la gravità dell’infrazione. Inoltre, l’impatto dell’infrazione dovrebbe esse valutato non sul solo mercato geografico rilevante, bensì su un più ampio orizzonte geografico. Pertanto non sarebbe sufficiente il riferimento della Commissione alla quota di mercato complessivamente detenuta dalle imprese interessate nel 2000 sul mercato italiano.

388    In primo luogo, si deve respingere l’argomento della ricorrente vertente sull’asserita violazione dell’obbligo di motivazione.

389    Infatti, va rilevato che, al punto 592 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che la limitazione degli effetti dell’intesa al solo mercato italiano non consentiva di ridurre la gravità dell’infrazione da «molto grave» a «grave», poiché si sarebbe dovuto tenere conto dell’importanza della produzione italiana. Infatti, l’Italia sarebbe stato il primo produttore di tondo per cemento armato della Comunità. Inoltre, il fatturato delle imprese destinatarie della decisione in esame avrebbe rappresentato più dell’80% del mercato (nel 2000) e si sarebbe aggirato intorno ad EUR 900 milioni nel 2000-2001. La Commissione ha aggiunto che il fatto che l’intesa avesse avuto un oggetto anticoncorrenziale doveva, in ogni caso, avere un maggior peso nella qualifica dell’infrazione rispetto alla mancata constatazione di effetti (punto 595 della decisione impugnata).

390    Inoltre, al punto 599 della decisione impugnata, la Commissione ha evidenziato che, fermo restando il carattere molto grave dell’infrazione, avrebbe tenuto conto, nel determinare l’importo di partenza dell’ammenda, delle caratteristiche specifiche del presente caso, e segnatamente del fatto che quest’ultimo riguardava un mercato nazionale soggetto, all’epoca dei fatti, ad una particolare normativa del Trattato CECA e sul quale le imprese destinatarie della decisione rappresentavano, nel primo periodo dell’infrazione, quote limitate (v. punto 30 supra).

391    In secondo luogo, la ricorrente non può affermare che l’impatto dell’infrazione avrebbe dovuto essere valutato in un ambito geografico più esteso.

392    A tal riguardo, si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, l’effetto di una pratica anticoncorrenziale non è un criterio decisivo ai fini della valutazione della gravità di un’infrazione. Elementi riguardanti la intenzionalità possono essere più importanti di quelli relativi ai suddetti effetti, soprattutto quando si tratti di infrazioni intrinsecamente gravi come la fissazione dei prezzi (v. sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 129 supra, punto 96, e sentenza del Tribunale del 13 luglio 2011, General Technic‑Otis e a./Commissione, T‑141/07, T‑142/07, T‑145/07 e T‑146/07, Racc. pag. II‑4977, punto 159, e la giurisprudenza ivi citata).

393    Così, la natura dell’infrazione svolge un ruolo preminente, in particolare, al fine di qualificare le infrazioni come «molto gravi». Dalla descrizione delle infrazioni molto gravi ad opera degli orientamenti del 1998 risulta che accordi o pratiche concertate aventi segnatamente per oggetto, come nella fattispecie, la fissazione dei prezzi possono essere qualificati come «molto gravi» sul solo fondamento della loro natura, senza che sia necessario dimostrare che detti comportamenti sono caratterizzati da un impatto o un’estensione geografica particolari (v., in tal senso, sentenze Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 129 supra, punto 75, e Erste Group Bank e a./Commissione, cit. al punto 376 supra, punto 103). Tale conclusione è avvalorata dal fatto che, se la descrizione delle infrazioni gravi menziona espressamente l’incidenza sul mercato e gli effetti su zone estese del mercato comune, quella delle infrazioni molto gravi, invece, non menziona alcuna condizione relativa all’impatto concreto sul mercato o alla produzione di effetti su una determinata zona geografica (v. sentenza General Technic‑Otis/Commissione, cit. al punto 392 supra, punto 160, e la giurisprudenza ivi citata).

394    Pertanto, alla luce del loro oggetto, le infrazioni valutate nella decisione impugnata sono, per loro natura, molto gravi, anche se dovesse essere dimostrato che le imprese coinvolte hanno detenuto una quota di mercato inferiore a quella stabilita dalla Commissione nella decisione impugnata.

 Sull’erroneo apprezzamento della durata dell’infrazione

395    La ricorrente afferma che dagli argomenti esposti nell’ambito del sesto motivo emerge che la Commissione ha erroneamente valutato la gravità dell’infrazione.

396    Si deve tuttavia constatare che i suddetti argomenti sono stati respinti e che, di conseguenza, non occorre censurare la maggiorazione dell’ammenda operata dalla Commissione in ragione della durata dell’infrazione.

 Sull’eccessiva durata del procedimento

397    La ricorrente sostiene che l’ammenda inflittale debba essere ridotta in ragione della durata del tutto anomala della procedura di riadozione della decisione del 2002.

398    Un tale argomento dev’essere disatteso per i motivi esposti ai precedenti punti da 151 a 161.

 Sulla situazione di crisi del mercato siderurgico

399    La ricorrente deduce che la Commissione ha riadottato la decisione del 2002 infliggendo alla stessa, così come alle altre imprese coinvolte, un’ammenda di importo identico a quella già irrogata nella suddetta decisione, senza tuttavia tenere conto della sfavorevole congiuntura verificatasi nel 2008 e 2009. Pertanto, il fatturato della produzione siderurgica italiana della Feralpi avrebbe registrato nel 2009 una contrazione negativa del 60% rispetto al 2008. Secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe dovuto tenere conto di un simile elemento quando ha fissato l’importo dell’ammenda.

400    Occorre tuttavia respingere un simile argomento, dato che, come sottolineato dalla Commissione, mentre nel 2000 il fatturato della Feralpi era pari a EUR 374 milioni, nel 2008 era pari a EUR 1,5 miliardi, così che, anche se nel 2009 il fatturato della Feralpi si fosse ridotto, esso sarebbe rimasto di molto superiore a quello realizzato nel 2000.

401    In considerazione di quanto precede, occorre respingere il presente motivo, nonché il ricorso nel suo insieme.

 Sulle spese

402    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

403    La ricorrente, essendo rimasta soccombente, va condannata alle spese del presente giudizio, conformemente a quanto richiesto dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Feralpi Holding SpA è condannata alle spese.

Martins Ribeiro

Berardis

Popescu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo, il 9 dicembre 2014.

Firme

Indice


Contesto normativo

1.  Disposizioni del Trattato CECA

2.  Disposizioni del Trattato CE

3.  Regolamento (CE) n. 1/2003

4.  Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti del trattamento di casi in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA

Oggetto della controversia

Presentazione della ricorrente e fatti

Prima decisione

Sviluppi successivi alla notifica della prima decisione

Decisione di modifica

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione e del principio di collegialità e su un difetto nel procedimento di riadozione della decisione del 2002

2.  Sul secondo motivo, vertente sull’inadeguatezza della base giuridica della decisione impugnata

Sulla scelta della base giuridica della decisione impugnata

Sulla competenza della Commissione a constatare e a sanzionare un’infrazione all’articolo 65, paragrafo 1, CA, dopo la scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento n. 1/2003

3.  Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e dei principi di buona amministrazione, di proporzionalità e di parità delle armi

Sulle violazioni dei diritti della difesa che inficerebbero l’adozione della decisione impugnata

Sulla mancata contestazione degli addebiti e la mancata rinnovazione degli atti di procedura

Sull’eccessiva durata del procedimento di riadozione della decisione del 2002

Sulle altre violazioni dei diritti della difesa, connesse alla procedura di adozione della decisione del 2002

4.  Sul quarto motivo, vertente su una violazione dei criteri di imputazione, su un’erronea valutazione dei fatti e su un difetto di istruttoria e di motivazione

5.  Sul quinto motivo, vertente sull’errata definizione del mercato rilevante

6.  Sul sesto motivo, vertente sull’erronea valutazione dei fatti, sulla violazione dell’articolo 65 CA, sulla violazione del principio di non discriminazione e sulla violazione dell’«articolo 296 TFUE»

Sulle nozioni di accordi e di pratiche concertate

Sui principi relativi all’onere della prova

Sulla «perimetrazione soggettiva dell’infrazione»

Sulle censure relative al periodo che va dal 1989 al 1992

Sugli extra di dimensione

Sui prezzi base e sui termini di pagamento

Sulle censure relative al periodo che va dal 1993 al 1995

Sugli extra di dimensione

Sulla fissazione dei prezzi base e sui termini di pagamento

Sulla limitazione o sul controllo della produzione o delle vendite

–  Sul compattamento delle fermate produttive dell’estate 1995

–  Sullo scambio di informazioni confidenziali

Sulle censure relative al periodo che va dal 1996 al 2000

Sugli extra di dimensione e i prezzi base

Sulla limitazione o il controllo della produzione o delle vendite

7.  Sul settimo motivo, vertente sull’errata determinazione dell’importo dell’ammenda

Osservazioni preliminari

Sulla prescrizione delle infrazioni

Sulla valutazione della gravità dell’infrazione

Sulla natura dell’infrazione

Sull’impatto reale dell’infrazione

Sull’estensione del mercato geografico

Sull’erroneo apprezzamento della durata dell’infrazione

Sull’eccessiva durata del procedimento

Sulla situazione di crisi del mercato siderurgico

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.