Language of document : ECLI:EU:T:2004:3

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

13 gennaio 2004 (*)

«Concorrenza – Art. 81 CE – Accordi di distribuzione»

Nella causa T-67/01,

JCB Service, con sede in Rocester, Staffordshire (Regno Unito), rappresentata dai sigg. R. Fowler, QC, R. Anderson, barrister, dalla sig.ra L. Carstensen, solicitor, e inizialmente dal sig. M. Israel, quindi dal sig. S. Smith, solicitors, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. A. Whelan e S. Rating, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, una domanda di annullamento della decisione della Commissione 21 dicembre 2000, 2002/190/CE, relativa ad un procedimento in forza dell’articolo 81 del trattato CE (Caso COMP.F.1/35.918 – JCB) (GU 2002, L 69, pag. 1), e, in via subordinata, una domanda di annullamento parziale della medesima decisione e di concomitante riduzione dell’ammenda inflitta alla JCB Service,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),

composto dai sigg. B. Vesterdorf, presidente, J. Azizi e H. Legal, giudici,

cancelliere: sig. J. Plingers, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 22 gennaio 2003,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Ambito normativo

1       L’art. 81 del Trattato CE dispone quanto segue:

«1.      Sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune ed in particolare quelli consistenti nel:

a)      fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione;

b)      limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

c)      ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;

d)      applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;

e)      subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.

2.      Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto.

3.      Tuttavia, le disposizioni del paragrafo 1 possono essere dichiarate inapplicabili:

–       a qualsiasi accordo o categoria di accordi fra imprese,

–       a qualsiasi decisione o categoria di decisioni di associazioni di imprese, e

–       a qualsiasi pratica concordata o categoria di pratiche concordate che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva, ed evitando di:

a)      imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi,

b)      dare a tali imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi». 

2       L’art. 15, relativo alle ammende, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU 1962, 13, pag. 204), prevede quanto segue:

«(...)

2.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille unità di conto ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest’ultimo importo fino al 10 per cento del volume d’affari realizzato durante l’esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all’infrazione, quando intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettano una infrazione alle disposizioni dell’articolo [81], paragrafo 1 o dell’articolo [82] del Trattato,

b)      non osservino un onere imposto in virtù dell’articolo 8, paragrafo 1.

Per determinare l’ammontare dell’ammenda, occorre tener conto oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata.

(...)

5.      Le ammende previste al paragrafo 2, [sub] a) non possono essere inflitte per comportamenti:

a)      posteriori alla notificazione alla Commissione ed anteriori alla decisione con la quale questa concede o rifiuta l’applicazione dell’articolo [81], paragrafo 3 del Trattato, nella misura in cui essi restano nei limiti dell’attività descritta nella notificazione (...)».

 Fatti e procedimento amministrativo

3       La JCB Service è una società di diritto inglese fondata nel 1956 da Joseph Cyril Bamford e avente sede a Rocester, Staffordshire (Regno Unito). La JCB Service è detenuta dalla società Transmission and Engineering Services Netherlands BV e possiede e controlla direttamente o indirettamente le società del gruppo JCB (in prosieguo: «JCB»), il quale conta 28 società tra le quali figurano, in particolare, la JC Bamford Excavators, la JCB Sales, la JCB SA, la JCB Germany e la JCB Spain. JCB produce e commercializza macchine da costruzione, attrezzature per movimento terra e da costruzione, macchine agricole nonché i pezzi di ricambio relativi a tali diversi prodotti.

4       JCB ha realizzato un fatturato di EUR 1 400 milioni nel 2000 per le attrezzature da costruzione ed è al quinto posto tra i produttori mondiali; esso esporta più del 70% della sua produzione con una rete di più di 400 distributori e agenti. Il primo produttore è la Caterpillar, con un fatturato pari a EUR 12 629 milioni. JCB calcola che la sua fetta di mercato per le attrezzature da costruzione e da movimento terra è pari all’8,5% in Europa ed al 4,4% su scala mondiale. Nel 1995 e nel 1996 JCB deteneva una fetta di mercato del 13-14% per volume (8,9% per valore) di tutte le macchine da costruzione e da movimento terra vendute nella Comunità (36,8% per volume e 23,7% per valore nel Regno Unito). Le terne rappresentano il prodotto di punta del gruppo, per il quale JCB aveva, nel 1995, una fetta di mercato mondiale superiore al 23% per valore e pari quasi al 60% nel Regno Unito.

5       La rete distributiva di JCB è strutturata su base nazionale mediante una controllata per ogni paese (Germania, Belgio, Spagna, Francia, Olanda, Italia), ovvero di un importatore esclusivo.

6       Due società del gruppo JCB hanno notificato alla Commissione, nel 1973, secondo il formulario A/B, redatto in applicazione del regolamento n. 17, otto accordi standard di distribuzione dei prodotti JCB, da stipularsi con i distributori ovvero con i rivenditori principali legati al gruppo, fra cui cinque riguardavano paesi del mercato comune, e cioè il Regno Unito (ivi comprese le isole anglo‑normanne) e l’Irlanda (notificati dalla società JCB Sales), nonché la Germania, il Benelux, la Danimarca e l’Italia (notificati dalla società JC Bamford Excavators). Gli accordi sono stati registrati dai servizi della Commissione il 30 giugno 1973.

7       La Commissione [direzione generale (DG) «Concorrenza»] ha comunicato alla JCB Sales, con lettera 27 ottobre 1975, che gli accordi notificati contenevano numerose restrizioni contrarie alle disposizioni dell’art. 85 del Trattato CE (divenuto art. 81 CE). Essa ne ha chiesto la modifica e ha rivolto varie domande alla società. La Commissione ha focalizzato la sua attenzione sui cinque accordi standard relativi al mercato comune, precisando, per gli altri tre, che essi non sembravano idonei a pregiudicare il commercio tra gli Stati membri.

8       Taluni accordi standard, modificati, che interessavano la JCB Sales e che erano applicabili al Regno Unito e all’Irlanda (accordo standard di distribuzione‑esportazione, accordo standard di distribuzione con i distributori del Regno Unito e accordo standard con i rivenditori principali nel Regno Unito) sono stati trasmessi alla Commissione il 18 dicembre 1975.

9       Con lettera 13 gennaio 1976, la Commissione ha accusato ricevuta di tali nuove versioni, ha precisato alla JCB Sales che talune incompatibilità precedentemente segnalate erano state risolte, mentre altre persistevano, e ha chiesto precisazioni in ordine a numerose clausole.

10     La JCB Sales ha risposto a tale richiesta con lettera 11 marzo 1976 ed ha fornito informazioni dettagliate in ordine alle pretese incompatibilità residue indicate dalla Commissione nella sua lettera 13 gennaio 1976.

11     In seguito, il fascicolo delle notifiche di JCB non ha avuto evoluzioni fino al 1980.

12     Il 6 marzo 1980, la JCB Sales ha inviato alla Commissione l’accordo standard con i distributori del Regno Unito, il quale sostituiva l’accordo notificato nel 1975, giunto a scadenza, e che conteneva, a parere della ricorrente, solamente modifiche secondarie. Alla sua scadenza, la JCB Sales ha inviato alla Commissione, con lettera 29 dicembre 1995, l’accordo che sostituiva quello del 1980. La Commissione non ha reagito a quanto inviatole da JCB nel 1980 e nel 1995.

13     Una sentenza del Tribunal de commerce de Paris (Francia) 11 dicembre 1995 ha parzialmente respinto l’azione di concorrenza sleale introdotta dalla controllata di JCB in Francia, JCB SA, che tale società, dichiarandosi importatrice esclusiva dei prodotti JCB in Francia, aveva instaurato il 28 novembre 1990 contro la società Central Parts SA, la quale si procurava nel Regno Unito pezzi di ricambio JCB per rivenderli in Francia. La JCB SA aveva accusato la Central Parts di utilizzare senza autorizzazione l’insegna JCB e la menzione «distributore autorizzato».

14     Il 15 febbraio 1996, la Central Parts ha presentato alla Commissione una denuncia relativa alle pratiche commerciali attuate dalla «società JCB Gran Bretagna» nella distribuzione dei suoi prodotti.

15     La Commissione ha effettuato, in data 5 novembre 1996, un’ispezione nei locali della JCB SA nonché presso due distributrici dei prodotti JCB nel Regno Unito, la Gunn JCB Ltd e la Watling JCB Ltd.

16     La Commissione ha inviato alla JC Bamford Excavators una prima comunicazione degli addebiti il 24 marzo 1998, in cui non esaminava la pertinenza della notificazione effettuata nel 1973 (v. precedente punto 6), il che è stato rilevato dall’interessata il 6 luglio 1998 nelle sue osservazioni scritte in risposta alla comunicazione degli addebiti, e successivamente in occasione della sua audizione presso i servizi della Commissione il 16 ottobre 1998.

17     Nel frattempo, l’8 aprile 1998, la Cour d’appel de Paris aveva emesso una sentenza che annullava la sentenza del Tribunal de commerce de Paris 11 dicembre 1995 e aveva stabilito che la Central Parts aveva compiuto atti di concorrenza sleale a danno della JCB SA.

18     Una seconda comunicazione degli addebiti, che teneva conto della notificazione del 1973, è stata indirizzata alla JCB Service (JC Bamford Excavators) il 30 luglio 1999, cui la JC Bamford Excavators ha risposto il 13 dicembre 1999. La JC Bamford Excavators è stata sentita nuovamente il 16 gennaio 2000.

19     Nel corso del procedimento amministrativo, a seguito di sua istanza, JCB ha avuto per tre volte accesso al suo fascicolo, e cioé il 24 aprile 1998, il 22 ottobre 1999 e il 16 maggio 2000, con l’esclusione dei documenti che la Commissione ha ritenuto inaccessibili, classificazione confermata il 17 settembre 1999 dal consigliere-uditore intervenuto nell’ambito del procedimento interno di esame delle domande di accesso ai fascicoli stabilito dalla comunicazione della Commissione relativa alle regole procedimentali interne per l’esame delle domande di accesso al fascicolo nei casi di applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato CE, degli articoli 65 e 66 del trattato CECA e del regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio (GU 1997, C 23, pag. 3). 

20     La Commissione ha adottato, il 21 dicembre 2000, la decisione 2002/190/CE, relativa ad un procedimento in forza dell’articolo 81 del trattato CE (Caso COMP.F.1/35.918 – JCB) (GU 2002, L 69, pag. 1; in prosieguo: la «decisione impugnata»), il cui art. 1 dispone quanto segue:

«JCB Service e le sue controllate hanno violato l’articolo 81 del trattato attuando con i distributori autorizzati accordi o pratiche concordate aventi per oggetto di restringere la concorrenza all’interno del mercato comune, allo scopo di compartimentare i mercati nazionali e di fornire una protezione assoluta nei territori esclusivi al di fuori dei quali si è impedito ai distributori autorizzati di effettuare vendite attive, e segnatamente ponendo in essere le seguenti pratiche:

a)      restrizioni sulle vendite passive da parte dei distributori autorizzati nel Regno Unito, in Irlanda, in Francia e in Italia, incluse le vendite a distributori non autorizzati, utilizzatori finali e distributori autorizzati situati al di fuori dei territori esclusivi e, in particolare, in altri Stati membri;

b)      restrizioni sulle fonti di approvvigionamento per quanto riguarda gli acquisti dei prodotti contrattuali da parte dei distributori autorizzati situati in Francia e in Italia, che impediscono le forniture incrociate tra distributori;

c)      fissazione degli sconti o dei prezzi di rivendita applicabili dai distributori autorizzati nel Regno Unito e in Francia;

d)      imposizione di contributi per l’assistenza tecnica sulle vendite in altri Stati membri effettuate da distributori autorizzati al di fuori dei territori esclusivi nel Regno Unito, su iniziativa della JC Bamford Excavators Ltd o di altre società controllate dalla JCB Service e in base a formule da questi prefissate, facendo così dipendere la remunerazione dei distributori dalla destinazione geografica delle vendite;

e)      revoca degli sconti accordati a seconda che le vendite nel Regno Unito siano effettuate all’interno o all’esterno dei territori esclusivi o a seconda che i distributori autorizzati, nel territorio dei quali sono utilizzati i prodotti contrattuali, raggiungano un accordo con i distributori autorizzati che effettuano la vendita, facendo così dipendere la remunerazione dei distributori dalla destinazione geografica delle vendite».

21     L’art. 2 della decisione impugnata respinge la domanda di esenzione presentata dalla JC Bamford Excavators il 30 giugno 1973. L’art. 3 ingiunge alla JCB Service e alle sue controllate di porre fine alle infrazioni constatate, mentre l’art. 4 condanna per tale ragione la JCB Service a pagare un’ammenda pari a EUR 39 614 000.

 Procedimento contenzioso e conclusioni delle parti

22     Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 marzo 2001, la JCB Service ha introdotto, sulla base dell’art. 230 CE, il presente ricorso, volto all’annullamento della decisione impugnata.

23     Con atto separato, depositato lo stesso giorno, la ricorrente ha presentato, in base agli artt. 242 CE e 243 CE, una domanda di sospensione dell’esecuzione degli artt. 1, lett. d), 2 e 3, lett. a)-f), della decisione impugnata e, in via subordinata, ha chiesto che il Tribunale disponga tutti i provvedimenti provvisori complementari. Tale procedimento, iscritto al ruolo con il numero T-67/01 R, si è concluso con l’ordinanza di radiazione 10 maggio 2001, in quanto, durante l’audizione 8 maggio 2001, la ricorrente si era dichiarata soddisfatta delle spiegazioni fornite dalla Commissione in ordine all’interpretazione del dispositivo della decisione impugnata.

24     Con un’ulteriore memoria, anch’essa depositata il 22 marzo 2001, la JCB Service ha chiesto al Tribunale di disporre, ai sensi degli artt. 64 e 65 del regolamento di procedura del Tribunale, misure di organizzazione del procedimento e/o mezzi istruttori intesi a far sì che la Commissione le comunicasse, in particolare, taluni documenti, che essa ha numerato da 1 a 19, ai quali non avrebbe avuto accesso nel corso del procedimento amministrativo.

25     La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–       in via principale, annullare la decisione impugnata;

–       in via subordinata, annullare parzialmente la decisione impugnata e conseguentemente ridurre l’importo dell’ammenda inflitta;

–       ordinare alla Commissione di trasmettere alla ricorrente copia dei documenti del fascicolo dichiarati non comunicabili, di tutti i documenti esistenti che riferiscano di contatti telefonici o altro, nonché di tutti gli altri documenti o informazioni che non sono stati comunicati alla ricorrente;

–       condannare la Commissione alle spese.

26     La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–       respingere integralmente il ricorso;

–       condannare la ricorrente alle spese.

27     Con una misura di organizzazione del procedimento, notificata il 18 novembre 2002, il Tribunale ha chiesto alla Commissione di produrre le versioni confidenziali e non confidenziali dei documenti del fascicolo che non sono stati comunicati a JCB nel corso del procedimento amministrativo e numerati da 14 a 19 negli atti della ricorrente, di precisare il metodo seguito per la determinazione dell’importo dell’ammenda, fornendo elementi di confronto con cause analoghe, e di rispondere all’osservazione secondo cui il dispositivo della decisione impugnata sarebbe contraddittorio.

28     Il 4 dicembre 2002, la Commissione ha trasmesso al Tribunale le versioni non confidenziali dei documenti richiesti e ha risposto alle domande che le sono state poste.

29     Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza del 22 gennaio 2003.

30     La Commissione ha consegnato al Tribunale, il giorno dell’udienza, le versioni confidenziali dei documenti nn. 14-19, così da consentire al giudice di valutare se il carattere confidenziale fosse stato correttamente fatto valere. All’udienza si è inoltre stabilito che la Commissione avrebbe comunicato al Tribunale e ai consulenti di JCB i documenti nn. 1-13. La Commissione ha effettuato le comunicazioni richieste ed il 13 febbraio 2003 i consulenti della ricorrente hanno svolto le loro osservazioni scritte in ordine a tutti i documenti.

 In diritto

31     Il ricorso contiene motivi di carattere procedurale, con i quali la JCB Service contesta alla Commissione di aver violato, nel corso del procedimento d’applicazione dell’art. 81 CE, le forme sostanziali nonché i diritti fondamentali della difesa. Il ricorso contiene inoltre motivi relativi alla fondatezza della decisione impugnata.

 1. Sul procedimento


 Sul primo motivo, basato sull’inadempimento, da parte della Commissione, dell’obbligo di agire entro un termine ragionevole

 Argomenti delle parti

32     La JCB Service sostiene che la Commissione non ha adempiuto l’obbligo di agire entro un termine ragionevole, che emerge sia da un principio generale di diritto comunitario, riconosciuto dalla giurisprudenza, sia dall’art. 6, n. 1, della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) firmata a Roma il 4 novembre 1950 (sentenza del Tribunale 22 ottobre 1997, cause riunite T-213/95 e T-18/96, SCK e FNK/ Commissione, Racc. pag. II‑1739, punti 56 e 57).

33     Da un lato, mentre JCB ha notificato taluni accordi relativi al suo sistema distributivo il 30 giugno 1973, la Commissione ha chiuso tale procedimento 27 anni più tardi, respingendo, all’art. 2 della decisione impugnata, la domanda di esenzione ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE, formulata nel 1973. D’altro lato, il procedimento instaurato a seguito della denuncia della Central Parts, in data 15 febbraio 1996, è durato quasi cinque anni.

34     La Commissione contesta l’applicabilità dell’art. 6, n. 1, della CEDU ai procedimenti amministrativi in materia di diritto della concorrenza, in quanto la citata convenzione non rientra, in quanto tale, nel diritto comunitario (sentenza del Tribunale 20 febbraio 2001, causa T-112/98, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, Racc. pag. II-729, punto 59).

35     Inoltre, la Commissione sostiene di non aver violato l’obbligo, ad essa incombente, di agire entro un termine ragionevole. Da un lato, JCB, che non avrebbe mai sollecitato decisioni formali da parte della Commissione, avrebbe attuato un sistema diverso da quello degli accordi notificati nel 1973 e non avrebbe notificato tutti gli accordi, posto che gli invii effettuati nel 1980 e nel 1995 non avrebbero dato luogo a notificazioni ai sensi del regolamento n. 17. D’altro lato, il procedimento di infrazione non avrebbe superato un termine ragionevole, tenuto conto della complessità del fascicolo, delle verifiche necessarie nonché delle modifiche intervenute parallelamente nel diritto comunitario dei contratti di distribuzione, che hanno condotto a riconsiderare taluni punti della prima comunicazione degli addebiti. JCB sarebbe inoltre responsabile di un ritardo di più di sette mesi sui 33 del procedimento di infrazione.

 Giudizio del Tribunale

36     Il rispetto di un termine ragionevole nella gestione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza rappresenta un principio generale di diritto comunitario di cui il giudice comunitario garantisce l’osservanza (sentenza della Corte 18 marzo 1997, causa C-282/95 P, Guérin automobiles/Commissione, Racc. pag. I-1503, punti 36 e 37; 15 ottobre 2002, cause riunite C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C‑250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I-8375, punti 167-171, e sentenza SCK e FNK, cit., punti 55 e 56) e che è richiamato, quale componente del diritto a una buona amministrazione, dall’art. 41, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU 2000, C 364, pag. 1). Pertanto, senza che sia necessario pronunciarsi in ordine all’applicabilità, in quanto tale, dell’art. 6, n. 1, della CEDU, ai procedimenti amministrativi dinanzi alla Commissione in materia di politica della concorrenza, occorre verificare se, nella fattispecie, la Commissione abbia violato il principio generale di diritto comunitario di rispetto di un termine ragionevole nel procedimento che precede l’adozione della decisione controversa.

37     Nella valutazione di tale motivo occorre distinguere tra i due procedimenti amministrativi in oggetto, cioè, da un lato, l’esame degli accordi notificati nel 1973, al quale ha posto fine l’art. 2 della decisione impugnata, respingendo la domanda di esenzione, e, d’altro lato, l’istruzione della denuncia presentata nel 1996, le cui conclusioni sono contenute negli altri articoli del dispositivo della decisione impugnata, relativi all’infrazione.

38     Per quanto riguarda il procedimento che ha seguito la notifica del 1973, emerge dai documenti del fascicolo che nel 1992 la Commissione ha classificato gli accordi notificati senza assumere alcuna decisione, e che solo la risposta di JCB alla prima comunicazione degli addebiti ha condotto la convenuta a riesaminare tali accordi nell’ambito dell’istruzione della denuncia. È evidente che la durata di 27 anni di tale procedimento viola l’obbligo, gravante sull’amministrazione, di prendere posizione e di chiudere un procedimento pendente entro un termine ragionevole. Tuttavia, per quanto censurabile sia tale violazione, essa non ho potuto incidere né sulla legittimità del rigetto della domanda di esenzione, né sulla regolarità del procedimento di accertamento dell’infrazione.

39     Infatti, per quanto riguarda il rigetto della domanda di esenzione, che rappresenta una decisione distinta rispetto a quella che dichiara l’esistenza di un’infrazione, da costante giurisprudenza risulta che una decisione assunta dalla Commissione a seguito della notificazione di un accordo non diviene illegittima per il semplice fatto di essere stata adottata oltre un termine ragionevole (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 14 febbraio 2001, causa T-26/99, Trabisco/Commissione, Racc. pag. II-633, punto 52, e Sodima/Commissione, causa T-62/99, Racc. pag. II-655, punto 94).

40     Anche a supporla accertata, tuttavia, la violazione del principio del termine ragionevole giustificherebbe l’annullamento di una decisione assunta a seguito di un procedimento amministrativo in materia di concorrenza solo qualora comporti anche una violazione dei diritti della difesa dell’impresa interessata. Infatti, quando non è dimostrato che un lasso di tempo eccessivo abbia pregiudicato la capacità delle imprese interessate di difendersi in modo efficace, il mancato rispetto del termine ragionevole non incide sulla validità del procedimento amministrativo (sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T-305/94 a T-307/94, da T-313/94 a T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./ Commissione, Racc. pag. II-931, punto 122, non riformata sul punto dalla sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punti 176 e 177).

41     Per quanto riguarda la decisione che conclude nel senso dell’esistenza di un’infrazione, è sufficiente rilevare che quest’ultima evita di fondarsi su elementi che siano stati oggetto di notificazione e mira a dimostrare che le pratiche contestate a JCB si discostano dalle clausole degli accordi notificati. Di conseguenza, il carattere risalente della notificazione degli accordi non può incidere sulla regolarità del procedimento d’infrazione, che si basa su elementi diversi da quelli notificati.

42     Inoltre, la JCB Service non sostiene che la lunga durata del procedimento avrebbe avuto come conseguenza una particolare irregolarità procedurale, e si limita ad affermare che il comportamento della Commissione rivela una cattiva gestione del fascicolo. Dal tempo trascorso a partire dalle notificazioni effettuate nel 1973 non può quindi trarsi alcuna conseguenza ai fini dell’esame delle richieste di annullamento.

43     In ordine all’istruzione della denuncia presentata alla Commissione il 15 febbraio 1996, la durata totale del procedimento, pari a quattro anni, dieci mesi e sei giorni, non risulta eccessiva, tenuto conto della complessità della questione, che riguarda numerosi Stati membri e che ha ad oggetto cinque infrazioni, nonché della necessità di predisporre una seconda comunicazione degli addebiti, come ricordato ai precedenti punti 16 e 18.

44     Anche a supporre che un tale termine sia giudicato eccessivo, tale conclusione potrebbe comportare l’annullamento degli articoli pertinenti della decisione impugnata solo qualora si dimostrasse che ne è derivata una violazione dei diritti della difesa (sentenza 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punto 122, non riformata sul punto dalla sentenza 15 ottobre 2002 Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit.).

45     Orbene, è giocoforza rilevare che la ricorrente non sostiene che la presunta inosservanza di un termine ragionevole da parte della Commissione nell’istruzione della denuncia abbia comportato, nel caso di specie, una violazione dei diritti della difesa. Come confermato all’udienza, la JCB Service si limita a sostenere che la durata del procedimento rivela la parzialità e la cattiva gestione del fascicolo da parte della Commissione e dimostra, perciò, l’illegittimità della decisione impugnata. Di conseguenza, senza che vi sia necessità di pronunciarsi in ordine alla durata, che si asserisce eccessiva, del periodo di istruzione della denuncia, è giocoforza rilevare che il motivo, come formulato, non è idoneo a condurre all’annullamento totale o parziale del dispositivo della decisione impugnata.

46     Risulta da quanto precede che il motivo, inidoneo ad incidere sulla legittimità della decisione impugnata, sia con riferimento alla domanda di esenzione, sia con riferimento all’infrazione, dev’essere respinto in quanto inoperante.

 Sul secondo motivo, basato sulla violazione del principio di presunzione d’innocenza

 Argomenti delle parti

47     La JCB Service sostiene che la Commissione non le ha concesso un’equa audizione e che non ha rispettato il principio della presunzione d’innocenza, che si applica alle procedure relative alla violazione delle norme sulla concorrenza che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende inflitte alle imprese (sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C-199/92 P, Hüls/Commissione, Racc. pag. I-4287, punti 149 e 150). La Commissione avrebbe in tal modo violato il suo dovere di imparzialità, esaminando i fatti in maniera parziale, trascurando gli elementi a favore e presumendo la sua colpevolezza, in violazione del principio del beneficio del dubbio (sentenza del Tribunale 6 luglio 2000, causa T-62/98, Volkswagen/Commissione, Racc. pag. II-2707, punto 269, e conclusioni del giudice sig. Vesterdorf, facente funzioni di avvocato generale con riferimento alla sentenza del Tribunale 24 ottobre 1991, causa T-1/89, Rhône Poulenc/Commissione, Racc. pag. II-867, II-869, II-954 e II-956).

48     La JCB Service contesta alla Commissione di essersi fatta subito un’opinione sfavorevole a suo riguardo, senza aver verificato se vi fossero accordi di distribuzione non notificati; quindi, una volta completato il fascicolo, di essere rimasta ancorata alla sua posizione iniziale presumendo la colpevolezza dell’impresa. La ricorrente ritiene, fornendo esempi in tal senso, che la Commissione non ha esaminato, ovvero ha soppresso, elementi di prova a favore e ha dato un’interpretazione erronea dei documenti e delle circostanze del caso.

49     La Commissione afferma che il procedimento è stato gestito in maniera equa, in quanto la JCBamford Excavators è stata sentita due volte ed ha avuto preliminarmente accesso al fascicolo. La Commissione aggiunge di aver adottato la seconda comunicazione degli addebiti in quanto le osservazioni scritte e orali della ricorrente l’hanno condotta a esaminare in maniera approfondita la notificazione del 1973 e a riconsiderare la sua valutazione. La Commissione nega, di conseguenza, di aver agito con parzialità.

 Giudizio del Tribunale

50     Il motivo si suddivide in due parti. Per un verso, esso riguarda il rispetto dei diritti della difesa, di cui trattano, con riferimento all’applicazione degli artt. 81 CE e 82 CE, le disposizioni dell’art. 19, n. 1, del regolamento n. 17, nonché quelle del regolamento della Commissione 25 luglio 1963, n. 99/63/CEE, relativo alle audizioni previste all’art. 19, nn. 1 e 2, del regolamento del Consiglio n. 17 (GU 1963, n. 127, pag. 2268). Le citate disposizioni prescrivono che le imprese coinvolte in un procedimento per l’accertamento di un’infrazione vengano messe in condizioni, durante il procedimento amministrativo, di presentare utilmente le loro difese circa tutti gli addebiti loro mossi nella decisione (sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 9, e sentenza SCK e FNK/ Commissione, cit., punto 65). Per altro verso, la ricorrente invoca il principio della presunzione d’innocenza, che fa parte dell’ordinamento giuridico comunitario e che si applica ai procedimenti relativi a violazioni delle norme sulla concorrenza che riguardano imprese e che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende (sentenza Hüls/Commissione, cit., punti 149 e 150, e sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C-235/92 P, Montecatini/Commissione, Racc. pag. I-4539, punti 175 e 176).

51     Per quanto riguarda il rispetto dei diritti della difesa, come precisato ai precedenti punti 16 e 18, la JC Bamford Excavators ha avuto la possibilità di presentare le sue osservazioni ed è stata sentita dalla Commissione a seguito di ciascuna delle due comunicazioni degli addebiti.

52     La stesura di una seconda comunicazione degli addebiti è divenuta necessaria a seguito delle osservazioni formulate in risposta alla prima comunicazione degli addebiti, le quali segnalavano, in particolare, l’esistenza di accordi notificati. La Commissione era tenuta a riconsiderare i suoi addebiti, alla luce di tali accordi, per il fatto che l’art. 15, n. 5, del regolamento n. 17 le vietava di applicare a JCB un’ammenda con riferimento a clausole notificate. Lungi dal compromettere i diritti della difesa, il riesame dell’infrazione con riferimento ai citati nuovi elementi nonché l’adozione della seconda comunicazione degli addebiti avevano ad oggetto la correzione delle iniziali lacune procedurali e degli errori di valutazione che potevano derivarne (v., in tal senso, sentenza della Corte 14 luglio 1972, causa 51/69, Bayer/Commissione, Racc. pag. 745, punto 11). Da tale punto di vista, il procedimento seguito non rivela, di conseguenza, alcuna irregolarità o violazione dei diritti della difesa.

53     Quanto al principio della presunzione d’innocenza, il solo fatto che la Commissione abbia adottato due successive comunicazioni degli addebiti non può essere sufficiente a dimostrare che tale principio sia stato violato. Inoltre, una presunzione generale di colpevolezza dell’impresa di cui trattasi potrebbe essere eventualmente attribuita alla Commissione solamente qualora gli accertamenti di fatto che essa ha svolto nella decisione non fossero supportati dagli elementi di prova da essa prodotti.

54     Quale esempio della presunta parzialità della Commissione, la JCB Service cita, in primo luogo, una nota datata 16 maggio 1995 del direttore del servizio delle vendite, inviata ai dirigenti delle società del gruppo, che precisa che il divieto delle importazioni parallele è contrario alle decisioni della Commissione nonché alla giurisprudenza della Corte di giustizia. Essa afferma che la Commissione ha utilizzato tale documento per dar prova della conoscenza del diritto comunitario di JCB, il che rappresenterebbe una circostanza aggravante. Tuttavia, la JCB Service non può affermare di aver ignorato le disposizioni del diritto comunitario della concorrenza, il che è dimostrato, del resto, dalla notificazione dei suoi accordi a partire dall’entrata del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nella Comunità europea. La preoccupazione di JCB in ordine alla compatibilità dei suoi accordi e delle sue pratiche con il diritto comunitario, che emerge dalla nota sopra citata, è una constatazione di fatto di carattere oggettivo, del resto non smentita dalla ricorrente. Il fatto che la Commissione abbia preso in considerazione il documento in oggetto ed il comportamento di cui esso riferisce non dimostra pertanto un comportamento parziale della Commissione stessa.

55     La JCB Service sostiene, in secondo luogo, che la Commissione ha interpretato erroneamente la lettera 13 aprile 1995 della Berkeley JCB alla JCB Sales, citata al ‘considerando’ 89 della decisione impugnata. Tale lettera menziona talune sollecitazioni di cui tale distributore poteva essere oggetto sia da parte di utilizzatori finali che di agenti («by both end users and agents»). Anche a supporre che la Commissione abbia interpretato erroneamente tale parte di frase, indicando al ‘considerando’ 143 della decisione impugnata che erano indicati utilizzatori finali all’estero e i loro agenti debitamente nominati («overseas end-users and their duly appointed agents»), questa eventuale inesattezza non dimostrerebbe, in sé stessa, un atteggiamento di parzialità, bensì rivelerebbe al massimo un’erronea comprensione del documento.

56     La JCB Service ritiene, in terzo luogo, che la Commissione abbia in ogni caso ritenuto scontata la sua colpevolezza. Essa le contesta in tal modo di non aver tenuto conto della sentenza della Cour d’appel de Paris 8 aprile 1998, ad essa favorevole. La sentenza, che accerta che la Central Parts ha utilizzato l’insegna JCB senza autorizzazione e che ha fatto sparire taluni numeri di serie delle macchine JCB, conclude che la Central Parts ha compiuto atti di concorrenza sleale nei confronti di JCB. La Commissione avrebbe del pari interpretato erroneamente il «contenzioso Rouvière», dal nome di un cliente della Central Parts che aveva acquistato da quest’ultima una macchina JCB, che tale rivenditore non autorizzato avrebbe in seguito riparato male. Orbene, il fatto che l’autore della denuncia in un procedimento di applicazione del regolamento n. 17 abbia potuto, eventualmente, tenere un comportamento censurabile, per il quale è stato condannato con decisione giurisdizionale, è privo di rilevanza per quanto riguarda l’esistenza delle infrazioni addebitate a JCB, che sono, per di più, diverse.

57     La JCB Service afferma, in quarto luogo, che la registrazione del colloquio intervenuto il 6 novembre 1996 nei locali del distributore autorizzato Watling JCB tra agenti della DG «Concorrenza» e taluni responsabili del distributore, realizzata dagli agenti di tale direzione, rappresentava una prova a suo favore che a torto la Commissione non avrebbe preso in considerazione.

58     Emerge dal testo della registrazione, che è stato allegato al fascicolo nel corso del presente procedimento, come precisato ai precedenti punti 27, 28 e 30, che le indicazioni fornite alla Commissione dalla Watling JCB nel corso di tale colloquio riguardano in particolare le modalità con cui venivano attuate le restrizioni imposte alle vendite al di fuori del territorio, le relazioni tra la ricorrente e la JCB Dealer Association (associazione dei rivenditori di JCB), i contributi per l’assistenza tecnica sulle vendite e la redazione di elenchi di prezzi di vendita al dettaglio. Nella descrizione, che emerge da tale colloquio, dei rapporti tra il gruppo JCB e uno dei suoi distributori autorizzati, nessun elemento può essere chiaramente isolato come costitutivo di una prova, negativa o positiva, del fatto che le pratiche della rete distributiva rappresentassero un’infrazione. Non sembra quindi possibile affermare che la Commissione abbia escluso il documento dall’esame degli elementi dell’infrazione al fine di eliminare una prova a favore. La Commissione dichiara, d’altronde, di aver escluso tale documento in quanto avrebbe avuto dubbi in ordine alla regolarità delle circostanze in cui esso era stato ottenuto, il che rappresenta, nella fattispecie, una spiegazione verosimile.

59     Di conseguenza, tenuto conto delle circostanze sopra descritte e del contenuto della registrazione di cui trattasi, la decisione della Commissione di escludere tale documento dagli atti del fascicolo non può essere sufficiente a fondare la censura di parzialità rivolta alla Commissione nella gestione del caso.

60     In conclusione, dalla gestione del procedimento amministrativo non risulta che la Commissione abbia interpretato i documenti e i fatti in maniera tendenziosa o inattendibile, né che la stessa abbia dimostrato un comportamento parziale nei confronti di JCB. Il motivo basato sulla violazione del principio della presunzione d’innocenza nell’esame delle prove deve pertanto essere respinto.

61     Da quanto precede risulta che non vi è stata alcuna violazione del diritto all’audizione, né del principio della presunzione d’innocenza.

 Sul terzo motivo, basato sulla violazione del diritto di accesso al fascicolo

 Argomenti delle parti

62     La JCB Service contesta alla Commissione di aver violato il suo diritto di accesso ai documenti del fascicolo, che, a suo parere, interessavano la sua difesa e non rappresentavano documenti interni della Commissione che quest’ultima poteva dichiarare inaccessibili (documenti 1-19, citati al precedente punto 24).

63     La Commissione sostiene che JCB ha avuto accesso a tutti i documenti non confidenziali del suo fascicolo. In ordine ai documenti recanti i nn. 6-10, la Commissione afferma di non averli utilizzati per dar prova dell’infrazione e che, di conseguenza, essi non avrebbero potuto essere utili alla difesa dell’impresa.

 Giudizio del Tribunale

64     L’accesso al fascicolo fa parte delle garanzie procedurali destinate a tutelare i diritti della difesa. La violazione del diritto di accesso al fascicolo detenuto dalla Commissione nel corso del procedimento preliminare all’adozione di una decisione in materia di concorrenza può, in linea di principio, comportare l’annullamento di tale decisione quando siano stati lesi i diritti della difesa dell’impresa interessata. In tale ipotesi, la violazione intervenuta non è sanata dal semplice fatto che l’accesso è stato reso possibile nel corso del procedimento giurisdizionale relativo ad un ricorso diretto all’annullamento di tale decisione. Qualora l’accesso sia stato autorizzato in tale fase, l’impresa interessata non deve dimostrare che, se avesse avuto accesso ai documenti non forniti, la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto differente, ma soltanto che avrebbe potuto utilizzare detti documenti per difendersi (sentenza 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punti 316-318).

65     In conformità ai principi sopra richiamati, occorre verificare se il rifiuto della Commissione di concedere a JCB l’accesso ai documenti controversi, che sono stati comunicati solamente nell’ambito del procedimento giurisdizionale, abbia impedito alla ricorrente di avere conoscenza di atti potenzialmente utili alla sua difesa e se, in tal modo, siano stati violati i diritti della difesa.

66     Il documento che porta il n. 1, secondo la numerazione della ricorrente, consiste in un elenco dei distributori autorizzati di JCB per il Benelux, è tratto da una pubblicazione ufficiale di JCB ed è stato comunicato dalla Central Parts alla Commissione nell’ambito dell’istruzione della sua denuncia. Le informazioni ivi contenute, in forma di un semplice repertorio di indirizzi, erano evidentemente note a JCB, e la stessa ricorrente non sostiene che dalla mancata comunicazione di questo documento sia derivata una violazione dei suoi diritti.

67     I documenti che, secondo la numerazione della ricorrente, portano i nn. 2, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17 rappresentano richieste di informazioni che la Commissione ha rivolto alla Central Parts, alla Gunn JCB e alla Watling JCB nell’ambito dei suoi poteri investigativi derivanti dall’art. 14 del regolamento n. 17. Quali semplici richieste di informazioni, i citati documenti non contengono alcun elemento utile alla difesa di JCB. Il rifiuto di comunicazione degli stessi non ha quindi compromesso i diritti della difesa.

68     I documenti che portano i nn. 3, 18 e 19 rappresentano risposte alle richieste di informazioni o di ragguagli citate al precedente punto 67, ai sensi dell’art. 14 per il primo documento e dell’art. 11 del regolamento n. 17 per gli altri due. Essi fanno riferimento a fonti d’informazione della Commissione. A buon diritto quest’ultima ha potuto opporre, nella fattispecie, la confidenzialità e negare a JCB l’accesso a tali elementi del fascicolo nel corso del procedimento amministrativo.

69     Infine, i documenti che recano i nn. 6, 7, 8, 9 e 10 si riferiscono al colloquio tra gli agenti della DG «Concorrenza» e i responsabili della Watling JCB, svoltosi nei locali della Watling JCB il 6 novembre 1996 (v. i precedenti punti 57 e 58). Benché il citato colloquio contenga testimonianze relative alle modalità con cui funzionava concretamente, dal punto di vista dei concessionari, la rete distributiva di JCB, non può ritenersi che tale colloquio avrebbe potuto essere utile alla difesa dell’impresa interessata.

70     Infatti, da un lato, gli elementi menzionati dagli autori del colloquio ricorrono tutti in altri documenti del fascicolo, sui quali l’impresa ha avuto la possibilità di esprimere il suo punto di vista: trattasi delle vendite fuori territorio, delle relazioni tra la ricorrente e la JCB Dealer Association, dei contributi per l’assistenza tecnica sulle vendite e della predisposizione di elenchi di prezzi di vendita al dettaglio. Come rilevato al precedente punto 58, il testo della registrazione non contiene alcun elemento che possa essere isolato come costitutivo di una prova, negativa o positiva, del fatto che le pratiche della rete distributiva rappresentassero un’infrazione. La decisione impugnata si fonda d’altronde sui documenti in questione e non sul contenuto del colloquio, il cui mancato esame è contestato appunto da JCB alla Commissione nell’ambito del motivo precedentemente esaminato.

71     D’altro lato, le circostanze del caso di specie permettono di ritenere provato che JCB conosceva, mediante il suo distributore Watling JCB, il contenuto del colloquio prima dell’adozione della decisione impugnata. In particolare, i fatti esposti al punto 4.59 del ricorso implicano che JCB ha ricevuto copia del documento dalla Watling JCB prima dell’adozione della decisione. Inoltre, la JCB Service stessa ammette di essere stata informata dalla Watling JCB dell’ispezione effettuata dalla Commissione nei suoi locali e del colloquio registrato il secondo giorno di tale ispezione. Essa non precisa la data di tale informazione, ma, pur contestando alla Commissione di non averle concesso di accedere al documento, essa non sostiene di aver ignorato il contenuto dello stesso nel corso del procedimento.

72     Risulta da quanto precede che il motivo basato sulla violazione del diritto d’accesso al fascicolo, nonché sulla violazione dei diritti della difesa che ne sarebbe derivata, dev’essere respinto.

73     Inoltre, non è più necessario statuire in ordine alle richieste di produzione di taluni documenti del fascicolo, ai quali JCB non aveva potuto accedere nel corso del procedimento amministrativo, posto che tali documenti sono stati integralmente comunicati alla ricorrente nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale.

 2. Sulla fondatezza della decisione impugnata


 Sul motivo relativo alla mancanza di prova dell’infrazione

74     La Commissione ha identificato cinque infrazioni alle disposizioni dell’art. 81 CE, indicate al precedente punto 20.

 Osservazioni preliminari delle parti sulla notificazione

75     La JCB Service afferma che, poiché aveva notificato i suoi accordi a partire dal 1973, li aveva modificati tenendo conto delle osservazioni della Commissione, aveva trasmesso i suoi accordi riesaminati nel 1975, e in seguito le relative modifiche nel 1980 e nel 1995, essa aveva potuto ritenere, in assenza di qualsiasi manifestazione dell’amministrazione sino alla denuncia depositata dalla Central Parts nel 1996, che i suoi accordi modificati e, a suo parere, regolarmente notificati, erano conformi al diritto comunitario e tacitamente approvati dalla Commissione.

76     La Commissione spiega che solamente gli accordi di distribuzione regolarmente notificati il 30 giugno 1973, secondo il formulario A/B , che riguardavano tutti gli Stati allora membri della Comunità, eccettuata la Repubblica francese, e gli accordi inviati il 18 dicembre 1975, che modificavano taluni dei precedenti accordi, possono essere ritenuti regolarmente notificati. Al contrario, i contratti trasmessi nel 1980 e nel 1995, non essendo stati notificati mediante il richiesto formulario A/B, non sono stati, a parere della convenuta, validamente notificati. Essa precisa che il diritto comunitario e, in particolare, il regolamento n. 17, non consentono di condividere la tesi della JCB Service, relativa ad un’approvazione tacita ovvero ad una presunzione di liceità.

 Giudizio del Tribunale

77     Nella questione in tal modo sollevata dalle parti deve essere accertato se, a prescindere dall’invio, nel 1975, di accordi modificati a seguito delle osservazioni della Commissione, per i quali quest’ultima riconosce che vi è stata notificazione, come precisato al precedente punto 76, gli invii successivi, effettuati nel 1980 e nel 1995, possano essere considerati regolarmente notificati ai sensi delle disposizioni del regolamento n. 17 e del regolamento della Commissione 3 maggio 1962, n. 27, primo regolamento d’applicazione del regolamento n. 17 (GU 1962, n. 35, pag. 1118), come modificato dal regolamento (CEE) della Commissione 26 luglio 1968, n. 1133 (GU L 189, pag. 1), e sostituito dal regolamento (CE) della Commissione 21 dicembre 1994, n. 3385, relativo alla forma, al contenuto e alle altre modalità delle domande e delle notificazioni presentate in forza del regolamento n. 17 (GU L 377, pag. 28), entrato in vigore il 1º marzo 1995.

78     Gli invii effettuati dalla JCB nel 1980 e nel 1995 riguardano l’accordo con i distributori del Regno Unito e la questione relativa alla loro regolarità può incidere sull’esame del primo elemento dell’infrazione, relativo alle restrizioni imposte alle vendite passive dei concessionari del Regno Unito (v. i seguenti punti 86-89).

79     Secondo una giurisprudenza consolidata, gli effetti della notificazione valgono solamente per contratti che abbiano identico contenuto e che siano stati stipulati dalla stessa impresa (sentenza della Corte 30 giugno 1970, causa 1/70, Rochas, Racc. pag. 515, punto 5). L’uso del modulo è obbligatorio e condiziona la validità della notifica (sentenza della Corte 29 ottobre 1980, cause riunite 209/78-215/78 e 218/78, Van Landewyck/Commissione, Racc. pag. 3125, punti 61 e 62), dovendosi effettuare una nuova notificazione in caso di estensione o aggravamento delle restrizioni e, a fortiori, di introduzione di nuove restrizioni (sentenza della Corte 24 aprile 1997, causa C-39/96, Free Record Shop, Racc. pag. I-2303, punto 15). Un’impresa non può sostenere che talune clausole di esclusiva contenute in un accordo notificato, sono venute meno se essa non ha notificato, nelle forme previste dal regolamento n. 17, le modifiche che sarebbero state apportate. La Commissione e il giudice prenderanno in considerazione solamente l’accordo inizialmente notificato (sentenza della Corte 17 gennaio 1984, cause riunite 43/82 e 63/82, VBVB e VBBB/Commissione, Racc. pag. 19, punto 8). Solamente nel caso specifico del rinnovo di una domanda di esenzione, la Corte ha giudicato sufficiente l’invio della domanda di rinnovo e delle modifiche senza richiedere una nuova notificazione formale (sentenza della Corte 22 ottobre 1986, causa 75/84, Metro/Commissione, Racc. pag. 3021, punti 29-31).

80     Inoltre, come giustamente rilevato dalla Commissione, il diritto comunitario della concorrenza, specificamente per quanto concerne il sistema di notificazione previsto dal regolamento n. 17, non contiene alcun dispositivo di approvazione tacita degli accordi in tal modo notificati.

81     Nella fattispecie, l’accordo del 1980 contiene nuove clausole relative, in particolare, ai diritti di proprietà intellettuale nonché alla procedura richiesta per porre fine ai rapporti contrattuali. Esso contiene integrazioni relative agli obblighi del distributore. La clausola n. 4, relativa alle vendite all’ingrosso, che limita la libertà dei distributori a tal proposito, è stata modificata nel nuovo accordo. Nella versione del 1995, la clausola n. 4 è stata riscritta per quanto concerne le eccezioni alle restrizioni imposte ai distributori. Sono stati inoltre introdotti nuovi obblighi a carico del distributore.

82     Con riferimento alle modifiche sostanziali così apportate ai suoi accordi, nonché alle nuove clausole che vi sono state inserite, JCB avrebbe dovuto effettuare una notificazione, in occasione degli invii da essa effettuati nel 1980 e nel 1995, completando il formulario previsto a tal fine, in modo da permettere alla Commissione di effettuare utilmente il controllo di cui è incaricata. Di conseguenza, solamente gli accordi notificati nel 1973 e modificati nel 1975 in risposta alle osservazioni della Commissione devono essere considerati regolarmente notificati.

 Sul primo elemento dell’infrazione, relativo alle restrizioni sulle vendite passive da parte dei distributori nel Regno Unito, in Irlanda, in Francia e in Italia ai rivenditori non autorizzati, agli utilizzatori finali o ai distributori aventi sede al di fuori dei territori esclusivi, e in particolare in altri Stati membri

 Argomenti delle parti

83     La JCB Service afferma che la Commissione non ha supportato la censura secondo cui sarebbero state imposte restrizioni sulle vendite passive ai distributori autorizzati nel Regno Unito, in Irlanda, in Francia e in Italia, vietando loro di esportare anche ad utilizzatori finali e a distributori autorizzati al di fuori del loro territorio esclusivo e, in particolare, negli altri Stati membri, e che il solo divieto esplicito contenuto nei suoi accordi riguarda le vendite a rivenditori non autorizzati. La ricorrente sottolinea che la maggior parte dei documenti citati dalla Commissione riguarda l’applicazione della clausola n. 4 degli accordi notificati. La JCB Service sostiene, inoltre, che il suo atteggiamento nei confronti delle esportazioni «dubbie» (grey exports) si riferiva ad operatori economici paralleli, esterni alla sua rete, e che i documenti citati nella decisione impugnata a tal proposito non sono rilevanti al fine di dimostrare il comportamento illegittimo contestato.

84     La Commissione sostiene che JCB ha effettivamente imposto restrizioni alle vendite passive al di fuori del territorio assegnato a ciascun agente autorizzato, ingerendosi nelle vendite all’esportazione dei suoi distributori aventi sede nel Regno Unito, obbligando i distributori italiani a vendere unicamente sul territorio assegnato, subordinando alla sua approvazione i rifornimenti dei suoi distributori irlandesi al di fuori del territorio assegnato e partecipando, mediante la sua controllata francese, alla negoziazione dei contributi per l’assistenza tecnica sulle vendite in Francia. La Commissione aggiunge che la clausola n. 4 degli accordi notificati è stata applicata in maniera diversa e più restrittiva di quanto previsto dalla lettera stessa della clausola notificata. La convenuta ritiene, inoltre, che JCB disincentivasse attivamente tutte le vendite all’estero, fossero esse effettuate da agenti autorizzati o non autorizzati, nel caso delle esportazioni parallele.

 Giudizio del Tribunale

85     L’elemento d’infrazione di cui all’art. 1, lett. a), della decisione impugnata riguarda una restrizione imposta alle vendite passive dei distributori autorizzati nel Regno Unito, in Irlanda, in Francia e in Italia, i quali sarebbero stati ostacolati o dissuasi dal vendere non solamente a distributori non autorizzati, ma anche a distributori autorizzati aventi sede al di fuori del loro territorio, nonché ad utilizzatori finali. Una tale restrizione, che ha ad oggetto e per effetto di limitare gli sbocchi ed di ripartire i mercati, è vietata dall’art. 81, n. 1, lett. b) e c), CE (v., in tal senso, sentenza della Corte 21 febbraio 1984, causa 86/82, Hasselblad/Commissione, Racc. pag. 883, punto 46).

–       Sul Regno Unito

86     Gli accordi notificati relativi ai distributori e ai rivenditori principali del Regno Unito (registrati, rispettivamente, ai nn. IV 28696 e IV 28697) contengono, nella loro versione modificata nel 1975 a seguito delle osservazioni della Commissione, una clausola che dispone, quanto ai primi, che «

[i]l distributore accetta di non vendere prodotti JCB all’ingrosso per la loro rivendita al dettaglio, salvo a un sub-rivenditore autorizzato ovvero, nel caso di prodotti “B”, a un rivenditore principale» e, quanto ai secondi, che «[i]l rivenditore principale accetta di non vendere prodotti JCB all’ingrosso per la loro rivendita al dettaglio, salvo a un sub-rivenditore autorizzato». Queste clausole, contenenti un divieto di vendita ad agenti non autorizzati, non prevedevano un generale divieto di vendita a rivenditori finali, né ad agenti autorizzati, al di fuori del territorio concesso. Orbene, la Commissione sostiene che la clausola di cui trattasi è stata interpretata come implicante un generale divieto delle vendite al di fuori del territorio.

87     La JCB Service sostiene che i documenti sui quali la Commissione si è basata ai ‘considerando’ 143 e 144 della decisione impugnata per affermare che le restrizioni risultavano dimostrate non permettono di giungere a una simile conclusione.

88     A tal proposito, in una lettera inviata il 26 ottobre 1992 dalla Watling JCB al segretario del «Queen’s Award Office» (onorificenza dello Stato che premia i risultati in materia di esportazioni) al fine di ottenere un premio per i suoi risultati nelle esportazioni, essa precisa esplicitamente che il suo accordo di distribuzione le vieta di vendere macchine o pezzi nuovi all’esportazione. Emerge da una lettera della Berkeley JCB alla JCB Sales 13 aprile 1995 che tale distributore autorizzato si ritiene vincolato da una clausola che gli vieta di vendere al di fuori del suo territorio e promette di riferire a JCB in caso di richieste dubbie provenienti sia da utilizzatori finali che da agenti. In una lettera datata 21 novembre 1995, la TC Harrison JCB, un altro distributore autorizzato, spiega alla Central Parts di non avere il diritto di effettuare esportazioni. Una lettera della Gunn JCB alla JCB Sales del 30 novembre 1992, in cui detto distributore autorizzato si difende per aver venduto una macchina nuova in Francia, conferma che la JCB Sales vigila sul rispetto dell’esclusività territoriale da parte dei suoi agenti. Tali documenti dimostrano, in maniera concordante, che taluni distributori hanno ritenuto che il loro contratto con JCB li obbligasse a pratiche commerciali restrittive e hanno adottato, di conseguenza, il comportamento corrispondente; al di là del divieto di vendere ad agenti non autorizzati, di cui alla clausola n. 4, essi si sono comportati come se fossero sottoposti a un divieto più generale di vendita al di fuori del loro territorio, e, in particolare, all’esportazione.

89     Risulta da quanto precede che nel Regno Unito sono state attuate pratiche restrittive diverse rispetto al contenuto degli accordi notificati. L’elemento dell’infrazione relativo alle vendite passive effettuate dai distributori autorizzati nei confronti di distributori autorizzati e di utilizzatori finali al di fuori del loro territorio risulta, di conseguenza, provato.

–       Sull’Irlanda

90     Gli accordi standard di distribuzione-esportazione notificati nel 1973 e nel 1975 (registrati al n. IV 28695) che si riferivano, in particolare, all’Irlanda e che citavano, quale contraente in tale paese, la società Blackwood Hodge, non contenevano clausole che vietassero le vendite all’ingrosso ad agenti non autorizzati analoghe a quelle esaminate al precedente punto 86 per quanto concerne il Regno Unito. Al contrario, l’accordo concluso dalla JCB Sales nel 1992 con la Earthmover Commercial Industrial (ECI) JCB, suo distributore per l’Irlanda, contiene una clausola n. 4, relativa alle vendite all’ingrosso, analoga alle clausole n. 4 degli accordi relativi ai distributori ed ai rivenditori principali del Regno Unito, nella versione del 1975. La clausola dell’accordo del 1992 dispone che «[i]l distributore accetta di non vendere prodotti JCB all’ingrosso per la loro rivendita al dettaglio, salvo a un rivenditore ovvero a un sub-rivenditore autorizzato». Poiché l’accordo non è stato notificato, la clausola n. 4, che riguarda sia le vendite passive che le vendite attive, può quindi valere come elemento di prova dell’infrazione.

91     Per quanto riguarda l’esecuzione dell’accordo con riferimento alle vendite passive, la JCB Service mette in dubbio la forza probatoria dei documenti citati al ‘considerando’ 122 della decisione impugnata, sui quali la Commissione si basa ai fini della prova dell’infrazione.

92     Emerge da un fax della JCB Sales alla JCB SA, datato 31 gennaio 1995, nonché da due altri fax della ECI JCB alla JCB Sales datati 31 gennaio e 30 marzo 1995, relativi a taluni tentativi della Central Parts di ottenere pezzi di ricambio presso il deposito della ECI JCB a Cork, che il distributore irlandese ha eluso le richieste della Central Parts affermando di avere lavoro a sufficienza sul suo mercato, e ha chiesto simultaneamente alla JCB Sales se doveva dar seguito alle richieste di fornitura ricevute dalla Francia. Nel contesto di accordi contrattuali identici a quelli del Regno Unito, ma non notificati, tali elementi fattuali, supportati dal comportamento generale di limitazione delle vendite fuori dal territorio nel resto della rete distributiva di JCB, sono atti a dar prova dell’elemento di infrazione, cioè delle restrizioni imposte alle vendite passive al di fuori del territorio.

93     Il fatto che l’Irish Competition Authority (autorità della concorrenza irlandese) abbia concesso alla ECI JCB, con decisione 5 novembre 1993, un’esenzione per categoria relativa al suo accordo di distribuzione esclusiva con la JCB Sales, senza aver sollevato alcuna obiezione in ordine alla clausola n. 4, è privo di rilevanza con riferimento all’esercizio, da parte della Commissione, dei poteri che le sono conferiti dal diritto comunitario in materia di concorrenza. Peraltro, la decisione dell’Irish Competition Authority, assunta in applicazione del Competition Act 1991, concede l’esenzione facendo salvi l’art. 81, n. 1, CE, nonché il regolamento (CEE) della Commissione 22 giugno 1983, n. 1983, relativo all’applicazione dell’art. [81], paragrafo 3, del trattato CEE a categorie di accordi di distribuzione esclusiva (GU L 173, pag. 1). Inoltre, per giurisprudenza costante, le analogie eventualmente esistenti fra la legislazione di uno Stato membro in materia di concorrenza e il regime degli artt. 81 CE e 82 CE non possono in nessun caso limitare l’autonomia di cui la Commissione dispone nell’applicazione di tali norme, né imporle di adottare lo stesso punto di vista degli organi incaricati di applicare una siffatta legislazione nazionale (sentenza della Corte 28 marzo 1985, causa 298/83, CICCE/Commissione, Racc. pag. 1105, punto 27).

94     In ogni modo, la decisione dell’Irish Competition Authority si basa sulla clausola n. 4, come risultante dall’accordo del 1992, citato al precedente punto 90, stipulato tra la JCB Sales e la ECI JCB, che non è stato notificato alla Commissione.

95     Da quanto precede risulta che l’elemento dell’infrazione relativo all’Irlanda risulta provato anche per quanto riguarda le vendite passive.

–       Sulla Francia

96     Il contratto standard di concessione fra la JCB SA e la JCB Service e ciascun concessionario, datato 1991, contiene, all’art. 2, una clausola di esclusiva reciproca che vieta, in particolare, al concessionario di vendere, diffondere o promuovere direttamente o indirettamente i prodotti e i pezzi JCB al di fuori del territorio assegnato. Tale accordo non notificato, che può quindi essere preso in considerazione ai fini della prova dell’infrazione, vieta le vendite attive e, nella sua stessa formulazione, contiene altresì un divieto di effettuare vendite passive al di fuori del territorio assegnato.

97     La JCB Service afferma tuttavia che i documenti sui quali si basa la Commissione, ai ‘considerando’ 111, 113 e 134 della sua decisione, non dimostrano l’esistenza delle restrizioni contestate.

98     Risulta a tal proposito che un fax della JCB SA a un concessionario autorizzato, datato 21 giugno 1988, avverte il destinatario che alle vendite al di fuori del territorio attribuito non possono applicarsi aiuti né sconti, e ad esse sarà applicata una penalità dell’8% per l’assistenza tecnica sulle vendite. La JCB SA, in una lettera 10 gennaio 1995 a uno dei suoi concessionari, la società Philippe MPT, riferendosi ad alcuni incidenti che vi sarebbero stati con tale agente e con alcune società clienti in ordine a «vendite o proposte fuori settore», richiama il concessionario ai suoi obblighi contrattuali. In una lettera 31 gennaio 1996, indirizzata alla JCB SA, un concessionario, la Pinault équipement, con sede a Tolosa, si lamenta della concorrenza della JCB Île de France (controllata della JCB SA) sul suo territorio, nonché delle reti parallele della Central Parts e della Renault agricole. Esso chiede alla JCB SA di intervenire energicamente affinché gli siano comunicate le domande di pezzi di ricambio nella regione d’Aquitania. Tali documenti confermano in gran parte le pratiche restrittive e di compartimentazione del mercato che sono inserite nell’accordo standard di concessione.

99     La JCB Service si avvale della decisione del consiglio della concorrenza francese, intervenuta in corso di causa il 20 luglio 2001, che dimostrerebbe l’assenza di restrizioni imposte alle vendite passive. Tale decisione non è tuttavia rilevante ai fini della presente controversia. Risulta infatti che essa si riferisce ad un’intesa, denunciata dai concessionari di JCB in Francia, intervenuta tra il gruppo JCB e la società Renault agricole in ordine alla distribuzione dei materiali agricoli. Orbene, tali materiali sono espressamente esclusi dall’art. 1 del contratto standard di concessione in causa, e, oltretutto, essi sono oggetto di una rete distributiva distinta.

100   Emerge da quanto precede che l’elemento dell’infrazione relativo a talune restrizioni sulle vendite passive risulta provato per quanto riguarda la Francia.

–       Sull’Italia

101   Il contratto standard di distribuzione del 1993 tra la JCB SpA, la controllata italiana di JCB, e ciascun distributore prevede che questo si impegni a vendere prodotti JCB solamente sul territorio assegnato (clausola n. 4). Tale clausola dell’accordo, che, non essendo stato notificato, può essere preso in considerazione ai fini della prova dell’infrazione, vieta tutte le vendite al di fuori del territorio assegnato. La citata clausola, di carattere restrittivo, include di conseguenza il divieto di effettuare vendite all’esportazione ed ha quindi ad oggetto la compartimentazione del mercato.

102   Emerge inoltre da due comunicazioni della JCB Sales alla JCB SpA, datate rispettivamente 24 marzo 1994 e 14 febbraio 1996, di cui ai ‘considerando’ 108 e 124 della decisione impugnata, che la Sofim, una distributrice in Italia, è stata chiamata in causa per avere, nel primo caso, venduto macchine JCB in Slovenia, dove l’agente locale è Terra, e, nel secondo, per aver effettuato una promozione «aggressiva» dei prodotti JCB nel sud dell’Austria a prezzi inferiori rispetto a quelli degli agenti locali. La JCB Service sostiene che la clausola n. 4 riguardava solamente le vendite attive, e che vi erano di frequente vendite passive fuori dal territorio. La ricorrente dimostra, per il periodo che va dal 1990 al 1999, che sono state vendute macchine JCB sui territori assegnati a due distributori autorizzati, la Somi (territorio di Roma) e la Vames (territorio di Torino) ad opera di distributori autorizzati per altri territori (Rimac e Stella da un lato, Panero e Meta dall’altro). Sembra che il 25% in media delle vendite effettuate sui territori della Somi e della Vames sia stato realizzato da distributori autorizzati per altri territori.

103   La JCB Service dimostra così che vi sono state vendite nell’ambito dei territori dei distributori italiani e che, di conseguenza, la prassi non è stata così rigida come l’accordo prevedeva. Le critiche cui è stato sottoposto il comportamento della Sofim dimostrano, invece, la rigidità del sistema distributivo di JCB in ordine alle vendite all’esportazione e conferma che l’obiettivo perseguito era la compartimentazione dei mercati nazionali. Tuttavia, qualunque sia l’attuazione pratica degli accordi, l’art. 81, n. 1, CE vieta l’esistenza stessa, all’interno di contratti di distribuzione, di clausole che abbiano ad oggetto o per effetto di limitare le vendite. Queste ultime rappresentano una limitazione della concorrenza, sanzionabile ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, in quanto possono pregiudicare il commercio tra gli Stati membri (sentenza della Corte 28 aprile 1998, causa C-306/96, Javico, Racc. pag. I-1983, punti 14 e 15). Il fatto che una clausola di un accordo mirante a restringere la concorrenza non sia stata applicata dai contraenti non è sufficiente a sottrarla al divieto di cui all’art. 81, n. 1, CE (sentenze della Corte Hasselblad/Commissione, cit., punto 46, e 31 marzo 1993, cause riunite C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C‑125/85 a C-129/85, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, Racc. pag. I-1307, punto 175, e del Tribunale 14 luglio 1994, causa T-77/92, Parker Pen/Commissione, Racc. pag. II-549, punto 55).

104   Risulta da quanto precede che l’elemento dell’infrazione relativo alle vendite passive risulta provato nel caso dell’Italia.

–       Sulle esportazioni parallele in tutto il mercato geografico interessato

105   La JCB Service sostiene che i documenti citati ai ‘considerando’ 93, 118 e 119 della decisione impugnata, che sarebbero relativi ad esportazioni parallele, destinate ad operatori non appartenenti alla sua rete distributiva, non dimostrano l’esistenza dell’infrazione contestata.

106   A tal proposito, in una lettera 2 giugno 1992, che la JCB Sales invia alla Watling JCB, JCB espone la propria posizione, invariata per quanto concerne le esportazioni parallele, che è quella di disincentivare attivamente la vendita di qualsiasi nuova macchina all’estero, sia con l’intermediazione di un distributore del Regno Unito, sia mediante una società terza di locazione di materiale. Due fax, datati 11 e 15 maggio 1995, menzionano del pari le proteste della controllata tedesca, la JCB Germany, rivolte alla JCB Sales in merito alle vendite effettuate dalla Berkeley JCB, distributore nel Regno Unito, e da una società di locazione di materiali a un concorrente locale.

107   I documenti sopra analizzati dimostrano che JCB persegue una politica di compartimentazione dei territori dei suoi distributori e dei mercati nazionali che la conduce a vietare, in via generale, qualsiasi vendita al di fuori del territorio, in particolare all’estero, che si tratti o meno di esportazioni parallele, al di fuori della sua rete distributiva. Tale comportamento ha l’effetto di rinforzare le limitazioni imposte alle vendite passive.

108   Risulta da quanto precede che a buon diritto la Commissione ha ritenuto che JCB, mediante i suoi accordi e le sue pratiche, ha inteso preservare l’esclusiva dei suoi distributori sul territorio ad essi attribuito, ha perseguito la compartimentazione dei mercati nazionali e ha disincentivato ovvero vietato le esportazioni. L’argomentazione della ricorrente relativa al primo elemento dell’infrazione deve pertanto essere respinta.

 Sul secondo elemento dell’infrazione, relativo alle restrizioni sulle fonti di approvvigionamento imposte ai concessionari situati in Francia e in Italia, che vietano le forniture incrociate tra concessionari

 Argomenti delle parti

109   La JCB Service sostiene che la censura secondo cui gli accordi introdurrebbero restrizioni sulle fonti di approvvigionamento dei distributori autorizzati in Francia e in Italia, obbligando questi ultimi a rifornirsi unicamente presso la controllata nazionale di JCB e vietando loro di effettuare forniture incrociate tra distributori autorizzati, deriva da un’erronea interpretazione degli accordi da parte della Commissione, in quanto l’obiettivo delle clausole controverse sarebbe solamente quello di garantire che i distributori commercializzino esclusivamente prodotti JCB. Inoltre, la ricorrente contesta alla Commissione di non aver verificato se le clausole contestate fossero effettivamente applicate.

110   La Commissione afferma che le restrizioni imposte ai distributori francesi e italiani per quanto riguarda le fonti d’approvvigionamento emergono dalla lettera dei contratti in questione, senza che vi sia necessità di valutarne l’effettiva esecuzione. Essa aggiunge che JCB non ha mai segnalato tali restrizioni, che hanno l’effetto di rinforzare quelle che sono state notificate.

 Giudizio del Tribunale

111   La ripartizione delle fonti d’approvvigionamento è vietata dall’art. 81, n. 1, lett. c), CE. L’elemento di infrazione di cui all’art. 1, lett. b), della decisione impugnata si riferisce a restrizioni che sarebbero state imposte ai distributori situati in Francia e in Italia per quanto riguarda le loro fonti d’approvvigionamento di prodotti contrattuali, impedendo le forniture incrociate tra tali distributori.

112   In Francia, l’art. 2 del contratto standard di concessione impone, quale condizione essenziale del contratto, l’approvvigionamento di prodotti e di pezzi di ricambio JCB esclusivamente presso la controllata francese, la JCB SA, e presso la JCB Service. In Italia, il contratto standard di distribuzione vieta ai distributori di vendere, ovvero di essere coinvolti direttamente o indirettamente nella vendita di prodotti diversi da quelli JCB (art. 4), e impone loro di rifornirsi di pezzi di ricambio e di altri prodotti di carattere sussidiario utilizzati per la riparazione dei prodotti JCB esclusivamente presso la JCB SpA (art. 6), salvo preliminare consenso scritto di JCB, nei casi considerati da tali due articoli.

113   Le clausole di tali accordi, che non sono stati notificati e che possono valere come prova dell’elemento dell’infrazione, hanno carattere restrittivo.

114   La JCB Service nega qualsiasi valore probatorio ai documenti sui quali la Commissione si basa al ‘considerando’ 110 della decisione impugnata.

115   In ordine a tali documenti, va rilevato che, per quanto riguarda la Francia, una lettera datata 21 giugno 1996, indirizzata dalla JCB SA alla Sem-Cedima, una delle sue concessionarie, annuncia che il contratto di concessione sarà risolto dalla controllata francese con due concessionarie, la società Sem-Cedima e la società K. Malecot, a causa della loro politica degli acquisti, in quanto hanno acquistato macchine nuove e pezzi di ricambio non presso società del gruppo JCB in Francia, bensì presso società inglesi, e in ordine a tale prassi la JCB SA esprime la propria disapprovazione. Un’altra lettera, datata 10 febbraio 1999, di un concessionario autorizzato in Francia, la cui identità è nascosta, e che risponde a una richiesta di informazioni della DG «Concorrenza», menziona un divieto di acquistare pezzi di ricambio e materiali JCB al di fuori delle fonti d’approvvigionamento della JCB SA, nonché le pressioni esercitate a tal proposito sulla rete distributiva di JCB nonché sulla sua società. Il concessionario critica tale comportamento, previsto dall’art. 2 del contratto, denuncia l’esistenza di reti parallele di distribuzione per materiali agricoli, industriali e per lavori pubblici e spiega che la principale ragione per la quale vi è un interesse a rifornirsi nel Regno Unito è la differenza di prezzo. Tali documenti confermano l’esecuzione degli accordi nonché l’esistenza, in Francia, di restrizioni relative alle fonti di approvvigionamento degli agenti autorizzati di JCB.

116   Per quanto riguarda l’Italia, la Commissione non si è basata, ai fini della valutazione dell’elemento dell’infrazione, su prove diverse dalle clausole contrattuali. La JCB Service afferma che la Commissione non può sottoporla a sanzioni per clausole che non sarebbero state interpretate ed applicate in maniera rigorosa, senza verificare e dimostrare che esse fossero effettivamente attuate.

117   Come già affermato al precedente punto 103, il fatto che talune clausole restrittive della concorrenza non siano state interpretate ed applicate in maniera rigorosa è irrilevante per quanto riguarda la prova della presunta infrazione. L’assenza di qualsiasi analisi degli effetti dell’accordo nella decisione impugnata non rappresenta quindi, in quanto tale, un vizio di tale decisione (sentenza della Corte 13 luglio 1966, cause riunite 56/64 e 58/64, Consten e Grundig/Commissione, Racc. pagg. 429, 496; v., inoltre, sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T‑143/89, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. II-917, punti 30 e 31, confermata dalla sentenza della Corte 17 luglio 1997, causa C-219/95 P, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I-4411, punti 13, 14 e 15), dovendosi precisare che l’oggetto e l’effetto anticoncorrenziale di un accordo sono presi in considerazione in maniera alternativa e non cumulativa (sentenza della Corte 30 giugno 1966, causa 56/65, Societé technique minière, Racc. pagg. 377, 359; v., inoltre, sentenza 6 aprile 1995, Ferriere Nord/Commissione, cit., punti 30 e 31).

118   Da quanto precede, emerge che la Commissione ha giustamente ritenuto provato l’elemento dell’infrazione relativo alle restrizioni sulle fonti di approvvigionamento per quanto riguarda gli acquisti di prodotti contrattuali da parte di concessionari operanti in Francia e in Italia; l’argomentazione svolta dalla ricorrente a tal proposito deve quindi essere respinta.

 Sul terzo elemento dell’infrazione, relativo alla determinazione degli sconti o dei prezzi di rivendita applicabili dai concessionari aventi sede nel Regno Unito e in Francia

 Argomenti delle parti

119   La JCB Service nega di aver fissato sconti o prezzi di rivendita imposti ai suoi distributori autorizzati nel Regno Unito e in Francia. La ricorrente ritiene che la Commissione non fornisca alcuna prova che dimostri l’esistenza di pratiche illegittime in tal senso. Essa sostiene che i documenti sui quali la Commissione ha basato la sua valutazione attestano semplicemente i suoi tentativi di aumentare i propri prezzi di vendita ai distributori, testimoniano l’esistenza di normali preoccupazioni e di relazioni commerciali ordinarie nell’ambito di una rete distributiva, ovvero si riferiscono all’attuazione di una nuova rete distributiva per quanto riguarda i prodotti agricoli.

120   La Commissione afferma che JCB partecipava alla determinazione degli sconti e dei prezzi di rivendita dei propri distributori nel Regno Unito e in Francia, e che il suo intervento aveva carattere vincolante. La Commissione ritiene che i documenti sui quali essa ha basato la sua valutazione, relativi alle relazioni tra JCB e l’associazione dei suoi rivenditori, la JCB Dealer Association, dimostra che JCB, con le sue istruzioni e le sue revisioni dei prezzi, che erano diffuse nell’ambito dell’associazione dei rivenditori, ha necessariamente influenzato la politica dei prezzi dei suoi distributori nel Regno Unito. La convenuta afferma inoltre che JCB fissava altresì i prezzi in Francia tramite la JCB SA, aggiungendo alle restrizioni territoriali le restrizioni tariffarie. Essa sostiene infine che, nel contesto delle relazioni contrattuali che caratterizzano gli accordi di distribuzione verticali in questo settore, le prove raccolte dimostrano l’esistenza di una strategia anticoncorrenziale.

 Giudizio del Tribunale

121   L’art. 81, n. 1, lett. a), CE vieta accordi o pratiche concordate intese a fissare direttamente o indirettamente prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione.

122   Gli accordi, notificati, per quanto riguarda il Regno Unito, nel 1963 e nel 1975, non notificati per quanto riguarda la Francia, contengono clausole secondo cui JCB stabilisce il prezzo di fatturazione «all’uscita dalla fabbrica», ai concessionari e ai dettaglianti dei suoi prodotti, mediante l’applicazione di uno sconto (discount) sul prezzo di vendita al dettaglio raccomandato. La ricorrente ha ammesso, nella sua risposta alla seconda comunicazione degli addebiti, che essa predisponeva elenchi di prezzi di vendita ai rivenditori nonché elenchi di prezzi raccomandati di vendita al dettaglio.

123   Per quanto riguarda il Regno Unito, emerge dagli accordi notificati, relativi ai distributori e ai rivenditori principali, che i prezzi pagati da tali agenti per le macchine e per i pezzi di ricambio corrispondono ai prezzi di vendita al dettaglio raccomandati da JCB («JCB’s Recommended Retail Selling Price»), ridotti di uno sconto variabile a seconda del prodotto. A seguito della notifica del 1973, la Commissione, nella sua lettera 27 ottobre 1975, aveva criticato dette clausole precisando, in particolare, che esse avrebbero potuto essere utilizzate per la determinazione dei prezzi di rivendita.

124   L’accordo relativo ai distributori, trasmesso nel 1980, è identico ai precedenti. L’accordo inviato nel 1995, che lo ha sostituito, cambia la modalità di calcolo, in quanto i prezzi pagati corrispondevano, per le macchine, all’elenco dei «prezzi di fabbrica» (ex-works price list) e, per i pezzi di ricambio, al prezzo d’ordine su stock (stock order price), ma mantiene l’indicazione dei prezzi al dettaglio raccomandati e prevede il diritto di JCB di modificare unilateralmente i suoi sconti e i suoi prezzi.

125   Del pari, per quanto riguarda la Francia, il contratto-tipo di concessione del 1992 tra la JCB Service e la JCB SA, da un lato, e il concessionario, d’altro lato, prevede che i prezzi fatturati al concessionario siano, per le macchine, i prezzi fissati con applicazione di un sconto sui «prezzi massimi consigliati» e, per i pezzi di ricambio, i prezzi che risultano dal «catalogo distributori JCB».

126   Da tali clausole contrattuali risulta che la JCB Sales, predisponendo elenchi indicativi dei prezzi di rivendita al dettaglio dei suoi prodotti e determinando i prezzi di fatturazione interni alla sua rete in funzione dei prezzi al dettaglio indicati, esercitava un’influenza sulla determinazione dei prezzi di vendita al dettaglio. Tuttavia, vi è una differenza tra la predisposizione di elenchi di prezzi consigliati e la determinazione dei prezzi di vendita al dettaglio. Spetta inoltre chiaramente al fornitore determinare i prezzi «all’uscita dalla fabbrica», ai quali esso fattura i suoi prodotti. I documenti contrattuali, in quanto tali, non sono quindi sufficienti, nella fattispecie, a dimostrare la determinazione diretta o indiretta dei prezzi di vendita al dettaglio.

127   Per la prova del comportamento illecito, la Commissione si è basata, nel Regno Unito, su documenti relativi ai rapporti tra JCB e l’associazione dei suoi rivenditori e, in Francia, su circostanze relative alla JCB SA, come risulta dai ‘considerando’ 128-133 e 168-171 della decisione impugnata.

128   Per quanto riguarda il Regno Unito, i documenti che sono stati oggetto di discussione tra le parti (citati ai ‘considerando’ 131 e 132 della decisione impugnata) dimostrano che JCB si preoccupava per un livello giudicato troppo basso dei prezzi di vendita al dettaglio, e che a tal proposito si sono svolti studi e discussioni all’interno della JCB Dealer Association su richiesta della ricorrente. Le lettere del segretario dell’associazione dei rivenditori britannici datate 11 e 20 gennaio 1993 possono essere interpretate, secondo la tesi della ricorrente, come tentativi di aumentare i propri prezzi di vendita ai propri distributori. La lettera della JCB Service 16 luglio 1991 al segretario dell’associazione rivela del pari che la ricorrente aveva l’obiettivo di aumentare del 2% il margine lordo medio dei rivenditori per i pezzi di ricambio. Da tali documenti può dedursi che i membri della rete distributiva si coordinavano ed erano incoraggiati in tal senso, se non addirittura che JCB orientava e influenzava il comportamento dei membri dell’associazione. Tuttavia, non risulta che essi fossero sottoposti a uno stretto inquadramento in materia di prezzi di rivendita al dettaglio. La conclusione della Commissione, secondo cui i citati documenti dimostrerebbero che tutti i concessionari avevano accettato accordi tariffari orizzontali relativi all’intero Regno Unito non risulta pertanto dimostrata in base agli elementi di fatto accolti a sostegno di tali tesi.

129   Quanto alla Francia, numerosi fax (citati ai ‘considerando’ 133 della decisione impugnata) sono stati considerati dalla Commissione come prove del comportamento anticoncorrenziale di JCB. Alcuni fax indirizzati alla JCB SA da parte di concessionari, datati 18 luglio 1994 e 23 ottobre 1995, rivelano l’esistenza di trattative commerciali tra il distributore nazionale e taluni concessionari che chiedono alla JCB SA di rifornirli a prezzo inferiore in ragione delle tariffe concesse ad alcuni clienti. I fatti riferiti sembrano piuttosto risultare dalla normale discussione commerciale fra un grossista e un dettagliante, ma non permettono di concludere nel senso dell’esistenza di una pratica di determinazione autoritativa dei prezzi di vendita al dettaglio. Un altro fax, dalla JCB SA alla JCB Sales, datato 10 giugno 1996, riferisce di un coordinamento per i prezzi dei pezzi di ricambio, senza che questa indicazione, da sola, permetta di concludere nel senso dell’esistenza, in tale ambito, di una sistematica determinazione dei prezzi di vendita al dettaglio imposti dalla JCB Sales. I citati documenti rivelano, comunque, che non era raro il caso che taluni rivenditori effettuassero vendite al di sotto del prezzo suggerito e chiedessero al fornitore un prezzo di fatturazione ridotto, così da tenerne conto e non ridurre eccessivamente il margine di utile sperato. Al contrario, tali documenti non dimostrano in alcun modo che la JCB Sales fosse obbligata a dar seguito a tale domanda.

130   In definitiva, dai documenti del fascicolo emerge che gli interventi di JCB consistevano nel fissare i propri prezzi «all’uscita dalla fabbrica», puntualmente negoziabili, e nella predisposizione di tabelle indicative di prezzi di vendita al dettaglio. L’influenza di JCB sui prezzi di vendita al dettaglio era perciò rilevante; lo era, tuttavia, come lo è necessariamente quella di un produttore che redige elenchi indicativi di prezzi di rivendita al dettaglio e che fissa i prezzi di fatturazione interna alla sua rete in funzione dei prezzi di vendita al dettaglio auspicati. Inoltre, le tabelle dei prezzi di vendita al dettaglio, pur potendo avere grande influenza, non avevano tuttavia natura obbligatoria. Nulla rivela che gli sforzi di JCB, volti a influenzare i rivenditori e disincentivarli dall’applicare prezzi di vendita ritenuti troppo bassi, siano stati accompagnati da provvedimenti coercitivi.

131   La giurisprudenza, che ammette le giustificazioni dei sistemi di distribuzione, ritiene, in particolare, che una limitazione della concorrenza mediante i prezzi è inerente a qualsiasi sistema di distribuzione selettiva (sentenza della Corte 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG/Commissione, Racc. pag. 3151, punto 42). I rivenditori non possono vedersi imporre legittimamente un obbligo in materia di prezzi (sentenza AEG/Commissione, cit., punto 43), tuttavia, la Corte ha ritenuto, con riferimento ai rapporti tra concedente e concessionario, che, in mancanza di pratiche concordate ai fini dell’applicazione effettiva di prezzi indicativi, la comunicazione di tali prezzi non comportava una restrizione della concorrenza (sentenza della Corte 28 gennaio 1986, causa 161/84, Pronuptia, Racc. pag. 353, punto 25); lo stesso può dirsi nel caso in cui venga preso in considerazione un adeguato margine di utile dei rivenditori (sentenza Metro/Commissione, cit., punto 45). Dev’essere invece contrastato un aumento della rigidità della struttura dei prezzi (sentenza Metro/Commissione, cit., punto 44), tale da ostacolare un’efficace concorrenza in materia di prezzi (sentenza del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T-88/92, Leclerc/Commissione, Racc. pag. II-1961, punto 171).

132   Tali soluzioni giurisprudenziali possono essere trasposte, per analogia, al caso in esame, in quanto si tratta di un sistema di distribuzione ibrido ma molto simile a un sistema di distribuzione selettiva (v. seguenti punti 165-167).

133   Pertanto, in mancanza di elementi probatori univoci che dimostrino che i prezzi di vendita al dettaglio e gli sconti venivano fissati ovvero rigidamente definiti, occorre accogliere l’argomentazione della ricorrente a tal proposito e rilevare che il terzo elemento dell’infrazione non è sufficientemente dimostrato.

 Sul quarto elemento dell’infrazione, relativo all’imposizione di contributi per l’assistenza alla clientela sulle vendite effettuate da distributori aventi sede nel Regno Unito verso altri Stati membri, secondo tariffari imposti da JCB

 Argomenti delle parti

134   La JCB Service sostiene che i contributi per l’assistenza alla clientela applicati alle vendite effettuate verso altri Stati membri da parte dei distributori autorizzati del Regno Unito sono determinati sulla base di una stima preliminare ragionevole delle spese reali e non hanno l’effetto di disincentivare le esportazioni. Contrariamente all’analisi svolta dalla Commissione, tali contributi non sarebbero né uniformi né determinati in base a un tariffario fisso imposto da JCB. La ricorrente precisa che la sua partecipazione alla negoziazione dei contributi, prevista dagli accordi notificati, era vantaggiosa per i piccoli distributori e che la Commissione non aveva manifestato alcuna obiezione in proposito. Il dispositivo posto in essere non comporterebbe alcuna violazione dell’art. 81 CE.

135   La Commissione afferma che il sistema dei contributi per l’assistenza alla clientela, fissato preliminarmente e in maniera forfettaria, è rigido e limita l’autonomia dei distributori, e la partecipazione di JCB alla determinazione di tali contributi, sin dall’inizio e ancor prima che possa essere stato rilevato un’eventuale dissenso, ostacola qualsiasi negoziazione tra i distributori. La convenuta aggiunge che, unitamente ad altre clausole, tale dispositivo penalizza finanziariamente le vendite all’esportazione, sulle quali esso ha un effetto dissuasivo.

 Giudizio del Tribunale

136   Una clausola dal titolo «contributi per l’assistenza alla clientela: vendite al di fuori del territorio» è stata introdotta negli accordi modificati, notificati nel 1975, registrati ai nn. IV 28696 e IV 28697, che riguardavano, rispettivamente, i distributori nel Regno Unito e i rivenditori principali nel Regno Unito. La clausola sopra citata disponeva che il distributore, ovvero il rivenditore principale, si impegnava, nel caso di una vendita al di fuori del territorio assegnato, a versare un contributo per l’assistenza alla clientela al distributore territorialmente competente, il cui importo doveva essere concordato tra i due distributori, e che, in mancanza d’accordo, JCB avrebbe determinato l’importo, tenendo conto delle circostanze dell’affare, del costo del servizio svolto nonché di un ragionevole margine di profitto (clausola n. 5 degli accordi nn. IV 28696 e IV 28697).

137   Tale disposizione non è criticabile dal punto di vista del diritto della concorrenza e il principio su cui si basa non è, del resto, messo in discussione dalla Commissione. Tuttavia, quest’ultima sostiene che la clausola modificata non è stata applicata letteralmente e che JCB è intervenuto in maniera sistematica nella negoziazione del contributo, imponendo un importo forfettario predeterminato che eccedeva i costi reali e che, pertanto, era tale da disincentivare le esportazioni.

138   L’attuazione di una disposizione atta a compromettere il commercio tra gli Stati membri, in particolare fissando direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione, ovvero limitando o controllando la produzione o gli sbocchi, in particolare, all’esportazione, è vietata dall’art. 81 CE. Qualora le pratiche descritte dalla Commissione si rivelassero sussistenti, l’infrazione dovrebbe ritenersi provata per quanto concerne l’elemento di cui trattasi. 

139   La JCB Service afferma che i documenti sui quali la Commissione ha basato la sua valutazione dell’infrazione, citati ai ‘considerando’ 123-127 della decisione impugnata, non sono convincenti.

140   Nel caso della Francia, un fax della JCB SA, 21 giugno 1988, precisa che le vendite al di fuori del settore non riceveranno alcun aiuto a titolo di sostegno commerciale alle operazioni multiple e ad esse sarà applicata una penalità pari all’8% per garantire l’assistenza alla clientela. Tre documenti, cioé un fax della JCB Sales alla Watling JCB, datato 9 febbraio 1995, un fax della JCB SA alla Gunn JCB del 29 maggio 1996, prodotto dalla ricorrente in allegato alla sua replica, nonché una lettera della JCB SA a un concessionario dell’Hérault, datata 5 giugno 1996, menzionano l’importo di 10 000 franchi francesi (FRF), corrispondente al contributo per l’assistenza alla clientela per una terna. Per quanto riguarda la Spagna, emerge da un fax della JCB Spain alla JCB Sales, datato 22 luglio 1994, che il contributo per l’assistenza alla clientela doveva essere negoziato per un valore pari a circa il 5% del prezzo d’acquisto del rivenditore e che JCB avrebbe svolto il ruolo di arbitro in mancanza di accordo. Per quanto riguarda la Germania, un fax della JCB Sales alla JCB Germany, del 15 maggio 1995, precisa che il contributo per l’assistenza alla clientela è normalmente pari al 4% del prezzo pagato dal cliente locale, che tale contributo deve essere versato al distributore del Regno Unito e che JCB può svolgere il ruolo di arbitro in mancanza di accordo. Per quanto riguarda l’Irlanda, un fax della TC Harrison JCB, distributore nel Regno Unito, alla controllata irlandese, la ECI JCB, del 29 febbraio 1996, menziona sette macchine vendute nel sud dell’Irlanda per le quali il contributo per l’assistenza alla clientela dovuto è pari a 850 sterline inglesi (GBP), in tutti i casi, salvo uno, nel quale tale contributo è pari a GBP 1 700.

141   Emerge da tali documenti che i contributi per l’assistenza alla clientela applicati corrispondevano a un importo forfettario prestabilito, ovvero venivano determinati sulla base di una tariffa indicativa, e che l’intervento di JCB era previsto in caso di mancato accordo tra i suoi agenti. Orbene, dal momento che gli accordi notificati prevedevano l’intervento di JCB in caso di disaccordo tra i distributori interessati, la previa determinazione di una tariffa indicativa idonea ad essere utilizzata in mancanza di accordo tra tali distributori poteva essere considerata come un’attuazione ragionevole della clausola di cui trattasi.

142   Occorre tuttavia accertare se il contributo fissato sulla base di tali calcoli preliminari corrisponde ad una valutazione realistica del costo dell’assistenza alla clientela, aumentato di un ragionevole margine di profitto (v. precedente punto 136), ovvero se, fissato a un livello irragionevole, esso abbia potuto avere un oggetto o un effetto disincentivante per le esportazioni.

143   La JC Bamford Excavators ha esposto le modalità di calcolo dei contributi per l’assistenza alla clientela, in particolare per la Francia, nell’allegato 1 della sua risposta alla seconda comunicazione delle censure. La ricorrente distingue quattro categorie di costi corrispondenti al controllo che precede la consegna (cinque ore di lavoro), all’installazione (quattro ore di lavoro), alla revisione dopo cento ore di utilizzazione (tre ore di lavoro) nonché ai costi che non rientrano nella garanzia (distanze, spostamenti) e calcola ciascuno di tali costi, per tipo di macchina, in funzione del costo del lavoro. In Francia, per una terna, ne risulterebbe un contributo pari a FRF 10 000.

144   La Commissione non ha dimostrato che tale modalità di calcolo, che si basa su criteri oggettivi, non corrisponde a costi reali ovvero che essa non può prendere in considerazione rischi coperti nel corso del periodo di garanzia. Inoltre, nulla dimostra che essa avrebbe avuto ad oggetto o per effetto di impedire le vendite al di fuori del territorio assegnato al distributore, in particolare all’esportazione. I documenti citati al precedente punto 140 danno atto dell’esistenza di simili vendite, prive, a quanto sembra, di carattere eccezionale. Inoltre, l’esistenza di regole indicative precise in ordine al contributo dovuto dal venditore al distributore territorialmente competente può, evitando negoziazioni non regolamentate tra i due concessionari interessati, avere l’effetto di facilitare le vendite al di fuori del territorio, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione.

145   Si deve quindi accogliere l’argomentazione della ricorrente in ordine alle regole applicate in materia di contributi per l’assistenza tecnica sulle vendite e dichiarare che il quarto elemento dell’infrazione non risulta sufficientemente provato.

 Sul quinto elemento dell’infrazione, relativo alla revoca del sostegno commerciale alle operazioni multiple agli agenti del Regno Unito in caso di vendite esterne, facendo dipendere la remunerazione dei concessionari dalla destinazione geografica delle vendite

 Argomenti delle parti

146   La JCB Service sostiene che la Commissione ha interpretato erroneamente la sua clausola di sostegno commerciale alle operazioni multiple (multiple deal trading support). Quest’ultima rappresenta un aiuto finanziario concesso, senza condizioni legate alla destinazione geografica della vendita, ai suoi agenti autorizzati che realizzano vendite multiple ad utilizzatori finali, in quanto la revoca dell’aiuto è prevista solamente se l’acquirente non è un utilizzatore finale. La JCB Service sostiene che tale clausola è destinata a favorire la posizione commerciale dei suoi agenti.

147   La Commissione ritiene che il sistema di sostegno commerciale alle operazioni multiple può essere criticato non per il principio su cui si basa, bensì per la modalità con cui è stato attuato da JCB, che ne ha escluso la concessione in caso di vendite al di fuori del territorio attribuito al distributore e ha subordinato il medesimo ad un accordo tra i distributori, affinché tale sostegno sia condiviso con gli agenti nel cui territorio le macchine sono destinate ad essere utilizzate. Ne risulterebbe una compartimentazione rinforzata del mercato.

 Giudizio del Tribunale

148   Dai documenti del fascicolo emerge che, per far fronte ad una concorrenza divenuta più forte nel Regno Unito, a partire dagli anni ‘70, e al fine di permettere ai suoi agenti di vendere a prezzi competitivi, JCB ha posto in essere, nel 1977, una clausola di sostegno commerciale alle operazioni multiple. Tale clausola, non prevista dagli accordi notificati, non è stata di conseguenza esaminata dalla Commissione nell’ambito della notificazione. In forza di tale sistema, i distributori e i rivenditori del Regno Unito ricevono un aiuto finanziario da parte di JCB, che si traduce in uno sconto concesso da JCB sui prezzi «all’uscita dalla fabbrica», quando essi realizzano vendite multiple ad uno stesso utilizzatore finale. Secondo le indicazioni fornite dalla JC Bamford Excavators nel corso del procedimento amministrativo, in particolare, in data 6 luglio 1998, nella sua risposta alla prima comunicazione degli addebiti (v. il suo allegato n. 12), il sostegno rappresentava il 4-5% del prezzo di fabbrica per una terna e il 3-4% del prezzo di fabbrica per gli altri prodotti. Inoltre, secondo questa stessa risposta, il sostegno è escluso a priori, ovvero eventualmente ne è chiesto a posteriori il rimborso, quando l’operazione commerciale realizzata dal distributore non è una vendita al dettaglio destinata ad un utilizzatore finale.

149   Una clausola di sostegno commerciale alle operazioni multiple degli agenti di una rete distributiva che mira solamente ad aiutare le vendite agli utilizzatori finali non ha, in sé stessa, effetti anticoncorrenziali. Tuttavia, se si dimostrasse che tale clausola ha avuto l’effetto di limitare gli sbocchi e di ripartire i mercati, essa rappresenterebbe effettivamente una pratica vietata dall’art. 81, n. 1, lett. b) e c), CE.

150   La JCB Service afferma che tale clausola non era legata alla destinazione geografica delle vendite, ma imponeva semplicemente che l’acquirente fosse un utilizzatore finale il quale volesse acquistare più macchine, e non un rivenditore. La Commissione contesta tale affermazione e sostiene che l’applicazione della clausola ha avuto un effetto restrittivo che si è combinato con gli ulteriori elementi di compartimentazione dei mercati del sistema distributivo di JCB.

151   Quattro documenti, citati ai ‘considerando’ 102-105 della decisione impugnata, sono oggetto di discussione tra le parti. In una lettera inviata il 18 marzo 1992 ai suoi concessionari nel Regno Unito, in un contesto nel quale si trattava di operazioni sul mercato scozzese, la JCB Sales precisa di non essere interessata a sostenere operazioni che possono essere destinate al territorio di un altro distributore, sia nel Regno Unito che all’estero, a prescindere dal fatto che si tratti di vendite a rivenditori non autorizzati ovvero di vendite effettuate in vista di contratti di locazione di macchine. Un fax della JCB Sales alla Gunn JCB, distributrice nel Regno Unito, datato 12 maggio 1992, conferma l’esistenza di una richiesta di rimborso del sostegno commerciale ottenuto dalla Gunn JCB, in quanto le macchine sono state in seguito consegnate a un rivenditore non autorizzato per l’esportazione. In una lettera da essa inviata alla Watling JCB il 2 giugno 1992, la JCB Sales esamina la questione dei contratti di locazione, cioè dei casi di vendite a una società di locazione di macchine che in seguito sono cedute in locazione. La JCB Sales precisa che le macchine possono essere interessate dal sostegno solamente se utilizzate sul territorio del distributore-venditore, salvo accordo trilaterale tra quest’ultimo, l’agente autorizzato del territorio in cui la macchina è utilizzata e JCB. Infine, una relazione della Kroll Associates UK Ltd, detective privato, del 1° luglio 1994, richiesta dalla JCBamford Excavators, rivela che la Gunn JCB ha fraudolentemente percepito il sostegno commerciale alle operazioni multiple.

152   Tali elementi dimostrano che il sostegno è stato ritirato con riferimento ad operazioni aventi ad oggetto la vendita di più macchine, le quali si ritrovavano in seguito sul mercato dell’usato, o sul mercato della locazione-vendita, oppure presso rivenditori non autorizzati e, in generale, al di fuori del territorio del distributore, ivi compresa l’esportazione. La vendita per la quale è stato ritirato il sostegno era al tempo stesso una vendita non destinata ad un utilizzatore finale e altresì una vendita fuori dal territorio, ma il motivo determinante del rifiuto, dal punto di vista della JCB Service, sembra riferirsi al primo elemento. La clausola di sostegno poteva infatti riguardare vendite destinate ad acquirenti situati all’estero ovvero al di fuori del territorio attribuito al distributore, in quanto la concessione del sostegno era subordinata, in tal caso, solamente a un accordo tra il rivenditore che effettuava la vendita e il rivenditore territorialmente competente. La JCB Service sostiene che l’accordo in questione doveva riguardare l’importo del contributo per l’assistenza alla clientela, il che sembra plausibile nelle circostanze della fattispecie.

153   Emerge dal fascicolo che il sostegno commerciale alle vendite multiple, che aveva ad oggetto solamente le vendite destinate ad utilizzatori finali, è stato rifiutato o revocato, nei casi esaminati, in quanto l’acquirente non era un utilizzatore finale. Il fatto che l’acquirente non fosse un utilizzatore finale giustificava, di per sé, il rifiuto ovvero la revoca del sostegno, indipendentemente dalla localizzazione geografica dell’acquirente. Non è quindi dimostrato che l’applicazione del sistema di sostegno commerciale alle operazioni multiple abbia avuto l’effetto contestato di rinforzare la compartimentazione dei mercati.

154   Si deve quindi accogliere l’argomentazione presentata dalla ricorrente a tal proposito e rilevare che il quinto elemento dell’infrazione non risulta sufficientemente dimostrato.

155   Da quanto precede risulta che il primo e il secondo elemento dell’infrazione, relativi alle restrizioni delle vendite passive e delle fonti d’approvvigionamento, devono essere ritenuti provati, tuttavia che, per quanto concerne il terzo, il quarto e il quinto elemento, relativi alla determinazione dei prezzi di vendita al dettaglio, all’imposizione di contributi per l’assistenza tecnica sulle vendite e al ritiro del sostegno commerciale alle operazioni multiple, la Commissione non ha adeguatamente dimostrato la sussistenza dell’infrazione contestata. Devono quindi essere annullati l’art. 1, lett. c), d) ed e), e l’art. 3, lett. d) ed e), della decisione impugnata.

 Sul motivo relativo al rigetto della domanda d’esenzione

 Argomenti delle parti

156   La JCB Service afferma che la sua domanda d’esenzione ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE, è giustificata, in quanto la combinazione dell’esclusiva territoriale e della selettività dei rivenditori nel suo sistema distributivo non sarebbe contraria al diritto comunitario. Essa non avrebbe alcun effetto pregiudizievole, in particolare, per i consumatori, bensì comporterebbe taluni dei vantaggi considerati da tale disposizione, quale il miglioramento della distribuzione dei prodotti. I suoi accordi di distribuzione presenterebbero quindi i requisiti per una esenzione individuale. La ricorrente afferma che la Commissione non ha opposto alcun valido motivo per respingere la sua domanda d’esenzione.

157   La JCB Service aggiunge che la Commissione ha concesso esenzioni individuali in casi di sistemi distributivi che combinavano l’esclusività e la selettività [decisione della Commissione 13 dicembre 1974, 75/73/CEE, relativa ad una procedura ai sensi dell’art. [81] del trattato CEE (IV/14.650 - Bayerische Motoren Werke, AG) – (GU 1975, L 29, pag. 1); decisione della Commissione 27 novembre 1985, 85/559/CEE, relativa ad una procedura ai sensi dell’art. [81] del trattato CEE (IV/30.846 Ivoclar) (GU L 369, pag. 1), e comunicazione della Commissione – 93/C 275/03, ai sensi dell’art. 19, n. 3, del regolamento n. 17 – Caso IV/34.084 – Sony España SA (GU 1993, C 275, pag. 3)], e che il regolamento (CE) della Commissione 28 giugno 1995, n. 1475, relativo all’applicazione dell’art. [81], paragrafo 3 del trattato a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il relativo servizio di assistenza alla clientela (GU L 145, pag. 25), che ha introdotto un’esenzione per categoria nella distribuzione di autoveicoli, sarebbe applicabile alle sue macchine ovvero, quantomeno, che l’argomentazione sottesa a tale regolamento sarebbe applicabile per analogia.

158   La Commissione precisa che il sistema distributivo della ricorrente, considerato nel suo insieme, si presenta come una combinazione di varie restrizioni, che contiene elementi di esclusività e di selettività, e che essa non ha mai concesso esenzioni individuali in casi analoghi, posto che non vi può essere esenzione in caso di notificazione incompleta. La ricorrente non avrebbe inoltre dimostrato che le restrizioni di cui trattasi fossero necessarie a garantire la sicurezza dei prodotti distribuiti.

159   La Commissione spiega che JCB non può neppure pretendere una esenzione per categoria sulla base del regolamento n. 1475/95, che riguarda gli autoveicoli, cui non possono essere assimilate le macchine da costruzione prodotte dalla ricorrente, come non può pretenderla ai sensi del regolamento n. 1983/83, di cui JCB non rispetterebbe i requisiti.

 Giudizio del Tribunale

160   Dalla decisione impugnata emerge che la Commissione ha respinto la domanda d’esenzione presentata nel 1973, in quanto l’esame di tale domanda richiedeva una valutazione d’insieme del sistema distributivo di JCB, che sarebbe stata impossibile tenuto conto del carattere parziale delle notificazioni, nonché in quanto gli accordi e le pratiche di JCB contenevano restrizioni alla concorrenza e non soddisfacevano le condizioni cumulative richieste dall’art. 81, n. 3, CE, per essere oggetto di un’esenzione. Si deve precisare che tale domanda aveva solamente ad oggetto l’accordo standard di distribuzione-esportazione relativo all’Irlanda, alla Svezia e alle isole anglo-normanne, registrato dalla Commissione al n. IV 28695, e proveniva dalla JCB Sales – e non, invece, dalla JC Bamford Excavators, come erroneamente indicato dall’art. 2 della decisione impugnata.

161   Nell’ambito della controversia, le parti hanno dibattuto la questione generale se il sistema distributivo di JCB potesse essere oggetto di una decisione ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE. Tale questione è affrontata ai ‘considerando’ 201-222 della decisione impugnata. Spetta infatti alla Commissione, investita di una denuncia, verificare se eventualmente gli accordi o le pratiche di cui trattasi possano essere oggetto di una decisione ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE, ovvero se rientrino in un regime già esistente di esenzione per categoria. Tuttavia, nel caso di specie, un’esenzione avrebbe potuto essere comunque concessa solamente per l’accordo regolarmente notificato per il quale essa era stata richiesta. Le conclusioni del ricorso mirano, del resto, solamente all’annullamento dell’art. 2 della decisione impugnata, che respinge la domanda formulata nel 1973. Di conseguenza, è solo con riferimento all’accordo citato al precedente punto 160 che dev’essere valutata la fondatezza della domanda di esenzione, senza che sia necessario, per il Tribunale, verificare se una tale esenzione avrebbe potuto essere concessa per tutti gli accordi inviati da JCB alla Commissione.

162   Grava sull’impresa ricorrente l’onere di fornire ogni elemento probatorio idoneo a dimostrare la giustificazione economica di un’esenzione, nonché di provare che essa soddisfa tutte e quattro le condizioni dettate dall’art. 81, n. 3, CE, che hanno carattere cumulativo (sentenza della Corte 17 gennaio 1984, VBVB e VBBB/Commissione, cit., punti 52 e 61, e sentenza del Tribunale 9 luglio 1992, causa T-66/89, Publishers Association/Commissione, Racc. pag. II-1995, punto 69). Del pari, spetta a tale impresa dimostrare che le restrizioni della concorrenza conseguono gli obiettivi previsti dall’art. 81, n. 3, CE e che essi non potrebbero essere raggiunti senza tali restrizioni (sentenza del Tribunale 28 febbraio 2002, causa T-86/95, Compagnie générale maritime e a./Commissione, Racc. pag. II‑1011, punto 381).

163   In primo luogo, in ordine alla questione se l’accordo di cui trattasi potesse rientrare nel regime di esenzione per categoria previsto dal regolamento (CEE) della Commissione 12 dicembre 1984, n. 123/85 relativo all’applicazione dell’art. [81], paragrafo 3, CE a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il servizio di assistenza alla clientela (GU 1985, L 15, pag. 16), sostituito dal regolamento n. 1475/95, JCB afferma che le sue macchine possono essere utilizzate e sono destinate ad essere utilizzate sia come veicoli stradali che come veicoli non stradali.

164   Tuttavia, il regolamento sopra citato ha ad oggetto, ai sensi del suo art. 1, nella sua versione del 1984, «autoveicoli a tre o più ruote per l’utilizzazione sulla via pubblica», mentre il regolamento del 1995 aggiunge che tali veicoli devono essere nuovi. Inoltre, i regolamenti di esenzione per categoria sono oggetto di un’interpretazione restrittiva (v. sentenza della Corte 28 febbraio 1991, causa C‑234/89, Delimitis, Racc. pag. I-935, punti 36, 37 e 46). Orbene, è chiaro che le macchine da costruzione prodotte da JCB sono concepite per il movimento terra e la costruzione e che, seppure idonee a percorrere la via pubblica, non sono destinate a tale utilizzazione ai sensi del regolamento di esenzione di cui trattasi. I prodotti di JCB non rientrano quindi nell’ambito applicativo del regolamento di cui sopra, il quale non può essere applicato per analogia a categorie di veicoli diverse da quelle che esso contempla. La ricorrente non è quindi legittimata a sostenere che il suo accordo poteva essere oggetto di una esenzione su questa base.

165   Quanto alla questione se l’accordo di cui trattasi potesse o meno essere oggetto di un’esenzione individuale ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE, si deve ricordare che una tale possibilità è prevista nel caso in cui gli accordi ovvero le pratiche in questione contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva, evitando di imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi, ed evitando di dare a talune imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi. Nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che la combinazione della selettività e dell’esclusività proprie del sistema distributivo di JCB comportava un cumulo di restrizioni non indispensabili, senza che tali limitazioni fossero controbilanciate da effetti benefici, in particolare, per i consumatori.

166   Orbene, da un lato, la JCB Service si limita ad affermare in maniera generica che gli accordi di distribuzione presentavano i requisiti richiesti per la concessione di un’esenzione, senza precisare quali vantaggi specifici fossero connessi all’accordo di cui trattasi affinché questo potesse essere oggetto di una simile decisione. La ricorrente si limita ad affermare che tale accordo non è sfavorevole per i consumatori e che la Commissione non dà prova che da esso non derivino taluni vantaggi, tuttavia essa non specifica in alcun modo i vantaggi e le giustificazioni delle restrizioni attuate. Infine, tenuto conto dei motivi del rigetto della domanda di esenzione da parte della Commissione, richiamati al precedente punto 165, la JCB Service non potrebbe validamente affermare che la Commissione non ha precisato le ragioni della sua decisione in proposito.

167   D’altra parte, se la JCB Service invoca le decisioni, citate al precedente punto 157, con le quali la Commissione ha concesso esenzioni individuali con riferimento a sistemi distributivi che presenterebbero analogie con quello di cui trattasi, la convenuta dimostra che le situazioni non sono comparabili. La Commissione sostiene, senza essere validamente contraddetta, che, nel caso della BMW, le vendite attive al di fuori del territorio non erano vietate, a fortiori le vendite passive e le forniture in seno alla rete che, per quanto concerne il sistema distributivo della Ivoclar, è stato successivamente chiesto all’interessata di scegliere tra un modello esclusivo e un modello selettivo e che la Sony España presentava un unico elemento restrittivo comune al sistema di JCB. Inoltre, se nei citati tre casi erano presenti taluni elementi restrittivi che ricorrevano nel sistema attuato da JCB, essi non erano presenti in forma cumulativa. Le soluzioni accolte in tali casi non risultano di conseguenza applicabili al sistema distributivo di JCB.

168   Pertanto, la JCB Service non ha dimostrato che il suo accordo poteva rientrare nel regime di esenzione per categoria previsto dal regolamento n. 123/85, sostituito dal regolamento n. 1475/95. Essa non ha neppure dimostrato che il suo accordo poteva essere oggetto di una decisione di esenzione individuale ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE.

169   Risulta da quanto precede che la JCB Service non è legittimata a chiedere l’annullamento dell’art. 2 della decisione impugnata che respinge la sua domanda di esenzione.

 Sui motivi relativi all’importo dell’ammenda

 Argomenti delle parti

170   La JCB Service contesta l’ammenda inflitta sia in linea di principio sia per quanto riguarda il suo importo. Essa afferma che i fatti sono stati, per la maggior parte, se non completamente, erroneamente qualificati come violazioni dell’art. 81 CE, e che essi si collegavano inoltre ad accordi notificati e non potevano quindi essere oggetto di un’ammenda in applicazione dell’art. 15, n. 5, lett. a), del regolamento n. 17. La ricorrente precisa che gli accordi notificati a partire dal 1973 lo sono stati nelle forme richieste e che i regolamenti successivi, n. 27 e n. 3385/94, relativi alle modalità di notificazione, non richiedono la presentazione della versione modificata degli accordi anteriormente notificati secondo un nuovo formulario A/B. Essa aggiunge che gli accordi non notificati erano analoghi a quelli che erano stati notificati in precedenza, e pertanto essa ne poteva presumere l’approvazione tacita. La JCB Service ritiene che, contrariamente a quanto affermato nella decisione impugnata, la Commissione le ha inflitto un’ammenda in ragione della clausola n. 4 dell’accordo con gli agenti del Regno Unito, che vieta agli agenti principali di vendere prodotti JCB all’ingrosso per la rivendita, salvo si tratti di un agente secondario autorizzato. Tale punto di vista è, a suo parere, confermato dall’elevato importo dell’ammenda.

171   La JCB Service sostiene che l’ammenda è sproporzionata, in particolare se confrontata con ammende inflitte secondo lo stesso procedimento a imprese quali la Volkswagen e la Opel [decisione della Commissione 28 gennaio 1998, 98/273/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’art. [81] del trattato CE (IV/35.733 – VW) (GU L 124, pag. 60), nonché decisione della Commissione 20 settembre 2000, 2001/146/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’art. 81 del trattato CE (Caso COMP/36.653 Opel) (GU 2001, L 59, pag. 1)]. La Commissione avrebbe esagerato la gravità dell’infrazione e si sarebbe astenuta dal prendere in considerazione l’effettivo impatto delle pratiche contestate con riferimento alla posizione di JCB sui mercati nazionali di cui trattasi e di verificare in che misura le restrizioni fossero effettivamente attuate. Essa avrebbe falsificato i fatti per prolungare la durata delle infrazioni, senza tener conto della loro intensità variabile nel tempo, mentre i 5 capi di infrazione indicati nella decisione impugnata si sarebbero trovati riuniti solamente nel corso di cinque anni al massimo. La Commissione non avrebbe tenuto conto delle circostanze attenuanti, quale l’esenzione individuale concessa dall’Irish Competition Authority con riferimento al suo accordo di distribuzione esclusiva in Irlanda, oppure la sentenza favorevole della Cour d’appel de Paris 8 aprile 1998, resa nella causa intercorsa tra la sua controllata francese, JCB SA, e la ricorrente in tale controversia, la Central Parts.

172   La Commissione precisa che nessuna tra le clausole contenute negli accordi notificati è stata sottoposta ad ammenda. Essa sostiene di aver tenuto conto della variabile intensità dell’infrazione e che la maggiorazione inflitta, pari al 55%, sarebbe potuta arrivare, secondo le sue linee direttrici, al 100%, con riferimento alla durata di undici anni dell’infrazione e al fatto che le misure di rappresaglia attuate da JCB nei confronti dei suoi contraenti sono considerate circostanze aggravanti.

173   La Commissione spiega che, per determinare l’importo dell’ammenda, essa ha preso in considerazione l’infrazione nel suo insieme e che non è certo che la scomposizione di quest’ultima nei suoi diversi elementi costitutivi avrebbe condotto a un importo inferiore. Essa ricorda infine che dispone di un margine di discrezionalità e non può esserle imposto l’obbligo di applicare una precisa formula matematica (sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C-286/98 P, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, Racc. pag. I-9925, punto 119).

 Giudizio del Tribunale

174   Il dibattito tra le parti è incentrato sulla questione se la Commissione abbia inflitto alla JCB Service un’ammenda in particolare a causa delle clausole contenute negli accordi notificati, e se essa abbia fissato per quest’ultima un importo sproporzionato, specie se confrontato con casi analoghi, senza aver tenuto conto della sua posizione sui mercati nazionali, dell’effettiva esecuzione dell’infrazione, né delle circostanze attenuanti.

175   Ai sensi dell’art. 15, n. 5, lett. a), del regolamento n. 17, non può essere inflitta alcuna ammenda per comportamenti posteriori alla notificazione, nella misura in cui essi restano nei limiti dell’attività descritta nella notificazione.

176   La Commissione non poteva, senza violare la citata disposizione del regolamento n. 17, infliggere un’ammenda alla JCB Service in ragione degli accordi notificati nel 1973 e nel 1975. La legittimità della sua decisione a tal proposito dev’essere esaminata unicamente con riferimento agli elementi dell’infrazione interessati dalla notificazione e che il Tribunale ritiene dimostrati. Si tratta delle restrizioni imposte alle vendite passive, di cui all’art. 1, lett. a), della decisione impugnata. Tali restrizioni sono connesse agli accordi notificati per il Regno Unito. Esse si riferiscono, in particolare, alla clausola n. 4, relativa alle vendite all’ingrosso in vista della rivendita al dettaglio, dell’accordo con i distributori, nonché alla medesima clausola dell’accordo con i rivenditori principali, le quali sono state esaminate al precedente punto 86. L’altro elemento dell’infrazione che si ritiene provato, ovvero il secondo, relativo alle limitazioni delle fonti d’approvvigionamento, di cui all’art. 1, lett. b), della decisione impugnata, non è stato oggetto di notificazione.

177   Come rilevato al precedente punto 88, la clausola n. 4 è stata applicata in maniera diversa dal suo stesso disposto, in quanto la sua portata è stata estesa in modo da ricomprendervi un divieto generale per i distributori di vendere al di fuori del loro territorio, in particolare all’esportazione. Poiché le pratiche che hanno dato luogo all’applicazione di un’ammenda non rimangono nei limiti delle clausole degli accordi notificati, come rilevato dal Tribunale nell’analisi dell’elemento dell’infrazione di cui trattasi, il motivo basato sulla violazione delle disposizioni sopra citate del regolamento n. 17 dev’essere respinto.

178   Ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, la Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese che abbiano commesso, intenzionalmente o per negligenza, un’infrazione alle disposizioni dell’art. 81, n. 1, CE, ammende che variano da un minimo di mille euro ad un massimo di un milione di euro, con facoltà di aumentare quest’ultimo importo fino al 10% del volume d’affari realizzato durante l’esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all’infrazione. L’ammontare dell’ammenda è determinato tenendo conto sia della gravità dell’infrazione sia della sua durata.

179   Secondo una giurisprudenza costante, l’importo dell’ammenda dev’essere commisurato alle circostanze della violazione ed alla gravità dell’infrazione, e la valutazione di quest’ultima deve essere effettuata tenendo conto, in particolare, della natura delle restrizioni provocate alla concorrenza (sentenza della Corte 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punto 176; sentenze Parker Pen/Commissione, cit., punto 92, e SCK e FNK/ Commissione, cit., punto 246). Anche se la scelta dell’importo dell’ammenda costituisce uno strumento della politica della Commissione in materia di concorrenza al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle norme in tale settore (sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II-1165, punto 59, e 11 dicembre 1996, causa T-49/95, Van Megen Sports/Commissione, Racc. pag. II-1799, punto 53), spetta tuttavia al Tribunale verificare se l’importo dell’ammenda irrogata sia proporzionale alla gravità e alla durata dell’infrazione (sentenza del Tribunale 21 ottobre 1997, causa T-229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II-1689, punto 127). In particolare, il Tribunale deve soppesare la gravità dell’infrazione e le circostanze invocate dalla ricorrente (sentenza della Corte 14 novembre 1996, causa C-333/94 P, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. I-5951, punto 48).

180   In applicazione delle disposizioni del regolamento n. 17, richiamate al precedente punto 178, e seguendo gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’art. 65, paragrafo 5 del trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3), la Commissione ha determinato l’importo dell’ammenda inflitta alla JCB Service, prendendo in considerazione la gravità e la durata dell’infrazione, in una somma pari a EUR 38 750 000. Un importo pari a EUR 25 000 000 è stato determinato con riferimento alla gravità, mentre un importo pari a EUR 13 750 000 è stato aggiunto a questo tenuto conto della durata, ritenuta pari a 11 anni. La Commissione ha applicato, alla parte dell’ammenda inflitta con riferimento alla gravità, un tasso di aumento pari al 55%, corrispondente al 5% annuo. Aggiungendo EUR 864 000 in ragione delle circostanze aggravanti, la Commissione ha definito l’importo totale dell’ammenda come pari a EUR 39 614 000.

181   Come rilevato dal Tribunale al precedente punto 155, l’infrazione non può essere ritenuta provata con riferimento a tre dei suoi elementi, cioè la determinazione degli sconti o dei prezzi di vendita al dettaglio applicabili dai distributori con sede nel Regno Unito e in Francia, l’imposizione di contributi per l’assistenza alla clientela sulle vendite verso altri Stati membri effettuate dai distributori con sede al di fuori dei territori esclusivi del Regno Unito, e la soppressione del sostegno commerciale alle operazioni multiple secondo la destinazione geografica delle vendite, come precisato ai precedenti punti 133, 145 e 154.

182   Gli elementi dell’infrazione che risultano provati sono relativi alle limitazioni delle vendite passive dei distributori con sede, da un lato, nel Regno Unito, e destinate ad agenti autorizzati e a rivenditori finali aventi sede al di fuori dei territori esclusivi, e, d’altro lato, in Irlanda, in Francia e in Italia, e destinate a rivenditori non autorizzati, a utilizzatori finali ovvero a distributori con sede al di fuori dei territori esclusivi, e in particolare in altri Stati membri. È inoltre dimostrata l’esistenza di limitazioni imposte alle fonti di approvvigionamento per quanto riguarda gli acquisti di prodotti contrattuali ad opera di concessionari con sede in Francia e in Italia. Tali due forme di pratiche anticoncorrenziali rappresentano elementi essenziali nel comportamento illegittimo di JCB. Esse possono essere considerate assai gravi a causa dei rischi che comportano per il buon funzionamento del mercato interno, in particolare a causa della compartimentazione dei mercati nazionali che queste producono. Esse giustificano di conseguenza per sé sole un’ammenda elevata.

183   Per quanto riguarda la gravità dell’infrazione con riferimento alla posizione di JCB sui mercati nazionali in cui sono attuati gli accordi e le pratiche, emerge dai dati che risultano dai ‘considerando’ 26 e 27 della decisione impugnata, non contestati dalla ricorrente, che nel 1995 JCB era al quinto posto tra i costruttori di tutto il mondo, con una quota del 7,9% delle vendite complessive (23,1% per le terne) e nel 1995-96, deteneva una quota in volume pari a circa il 13-14% di tutte le macchine per la costruzione e il movimento terra vendute nella Comunità europea. In valore, JCB stima la propria quota all’8,9% nella Comunità europea e al 23,7% nel Regno Unito. Se la ricorrente afferma di disporre di una parte relativamente ridotta nell’offerta di attrezzature da costruzione e da movimento terra in tutta l’Unione europea e sostiene, per quanto concerne la Francia e l’Italia, che le cifre più recenti sono assai meno elevate, essa non fornisce alcun elemento a sostegno di quanto afferma. Orbene, dalle quote di mercato sopra citate risulta che JCB è un’impresa relativamente importante all’interno della Comunità europea e nel settore di cui trattasi. Non sembra quindi che la Commissione abbia commesso alcun errore nella valutazione dell’impatto dell’infrazione sui mercati nazionali interessati al fine di determinare l’importo dell’ammenda.

184   Per quanto riguarda la durata dell’infrazione, la Commissione ha rilevato taluni fatti connessi ai due elementi dell’infrazione che risultano provati, per un periodo che va dall’inizio dell’anno 1989 sino alla fine dell’anno 1998, per quanto riguarda il primo elemento dell’infrazione, e per un periodo che va dall’inizio dell’anno 1992 alla fine dell’anno 1996 per quanto riguarda il secondo. Dal fascicolo risultano elementi di prova, che sono stati precedentemente esaminati, per il periodo globale considerato. Il periodo totale in cui è stata compiuta l’infrazione si è dunque esteso non a undici, bensì a dieci anni.

185   I due elementi dell’infrazione sono stati presenti simultaneamente nel corso della metà di tale periodo. La JCB Service ha inoltre sottolineato che tutti gli elementi dell’infrazione – (ridotti al numero di due) – si sono trovati riuniti solamente per un periodo di cinque anni. Tuttavia, le limitazioni imposte alle esportazioni, che costituiscono il primo elemento dell’infrazione e che sono alla base del sistema distributivo di JCB, rivestono un’importanza preminente, e da esse derivano logicamente le limitazioni delle fonti di approvvigionamento, che costituiscono il secondo elemento dell’infrazione. Nelle circostanze del caso in esame, dato il carattere preminente del primo elemento dell’infrazione, che si riferisce ad un aspetto centrale del sistema distributivo di JCB, non si può ritenere che la durata dell’infrazione avrebbe dovuto essere ridotta a meno di dieci anni.

186   Quanto agli elementi di confronto ricercati con le ammende inflitte secondo il medesimo procedimento a imprese quali la Volkswagen e la Opel (decisioni 98/273 e 2001/146), la Commissione, invitata dal Tribunale a precisare, in proposito, le modalità di calcolo applicate a JCB, ha dichiarato di aver seguito i principi individuati nei suoi orientamenti e di aver tenuto conto delle due decisioni sopra citate. La convenuta rileva, in particolare, che l’infrazione sanzionata è stata commessa in quattro Stati membri mentre, negli altri casi, un solo paese era interessato, e che il tasso annuo di maggiorazione del 5% applicato a JCB è inferiore o pari a quelli accolti nei casi precedenti. JCB, da parte sua, ha sottolineato che l’ammenda iniziale inflitta alla Volkswagen (ricondotta a EUR 90 milioni dalla sentenza Volkswagen/Commissione, cit., punto 348) era pari a EUR 102 milioni, corrispondenti allo 0,5% del fatturato dell’impresa, e quella inflitta alla Opel era pari a EUR 43 milioni, pari allo 0,16% del suo fatturato, mentre l’ammenda che le è stata inflitta è pari al 4% del suo fatturato.

187   Il rispetto del principio della parità di trattamento, che osta a che situazioni analoghe siano trattate in maniera differenziata e a che situazioni diverse siano trattate in maniera analoga, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato, si impone alla Commissione quando essa infligge un’ammenda a un’impresa a causa di un’infrazione alle regole di concorrenza, come a qualsiasi istituzione nell’ambito di tutte le sue attività (sentenze della Corte 13 dicembre 1984, causa 106/83, Sermide, Racc. pag. 4209, punto 28, e del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-31/99, ABB Asea Brown Boveri/Commissione, Racc. pag. II-1881, punto 240). A prescindere dai confronti che la Commissione abbia potuto ritenere utile effettuare al fine di determinare l’importo dell’ammenda inflitta alla JCB Service, tali elementi possono avere solamente carattere indicativo, in quanto i dati relativi alle circostanze dei casi, quali i mercati, i prodotti, i paesi, le imprese e i periodi interessati non sono identici. In ordine ai confronti effettuati dalla JCB Service in termini di fatturato, va rilevato che le differenze sono notevolmente attenuate quando le si consideri in valore assoluto, dovendosi ricordare che esse rientrano nell’ambito del potere discrezionale della Commissione (v., in tal senso, sentenza Martinelli/Commissione, citata, punto 59). Inoltre, l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 fissa un massimale all’importo delle ammende, ma non implica che la Commissione sia tenuta, in sede di determinazione dell’ammontare dell’ammenda in funzione della gravità e della durata dell’infrazione in questione, ad effettuare il calcolo dell’ammenda a partire da importi basati sul fatturato delle imprese interessate (sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II-1705, punto 278).

188   La Commissione valuta la gravità delle infrazioni in funzione di un gran numero di elementi che non derivano da un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere in considerazione (sentenze Ferriere Nord/Commissione, cit., punto 33, e LR AF 1998/Commissione, cit., punti 236 e 279). La sua precedente pratica decisionale non funge di per sé da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza, poiché quest’ultimo è definito, esclusivamente, dal regolamento n. 17 (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 234). Inoltre, la Commissione non è tenuta ad applicare una formula matematica precisa, sia che si tratti dell’importo totale dell’ammenda applicata ovvero della sua scomposizione in diversi elementi (sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-354/94, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, Racc. pag. II-2111, punto 119).

189   Da quanto precede risulta che il fatto che l’importo delle ammende inflitte alla Volkswagen, alla Opel e alla JCB Service corrisponda a percentuali diverse dei rispettivi fatturati non rivela, nel caso di specie, un trattamento discriminatorio nei confronti della ricorrente.

190   Al ‘considerando’ 257 della decisione impugnata, la Commissione ha rifiutato di prendere in considerazione circostanze attenuanti. La ricorrente ne invoca di vari generi. Essa non può tuttavia sostenere validamente che l’assenza di formale presa di posizione della Commissione in ordine ai suoi accordi valeva quale «implicita approvazione», in quanto un simile approccio è estraneo al diritto comunitario della concorrenza. Essa non può nemmeno avvalersi della decisione favorevole dell’Irish Competition Authority, come già affermato sopra al punto 93, né della sentenza pronunciata dalla Cour d’appel de Paris, la quale non riguarda i fatti contestati alla ricorrente. Del pari, poiché il rigetto della sua domanda di esenzione è stato considerato fondato al precedente punto 169, non può essere riconosciuta alcuna circostanza attenuante basata su una pretesa compatibilità del sistema distributivo di JCB con le regole comunitarie in materia di concorrenza.

191   La Commissione ha riconosciuto talune circostanze aggravanti, considerando tale la sanzione pecuniaria inflitta da JCB alla Gunn JCB per la violazione della clausola n. 4, qualificata come rappresaglia. La Commissione ha quindi aumentato l’importo dell’ammenda inflitta di EUR 864 000, come ricordato al precedente punto 180. Non è contestato che la Gunn JCB avesse un comportamento contrario ai suoi obblighi contrattuali e che essa abbia percepito senza giusto motivo il sostegno commerciale alle operazioni multiple. Dagli scritti della Commissione emerge che essa ha qualificato come «misure di rappresaglia» da parte di JCB il pagamento richiesto alla società madre della Gunn, per un importo di GBP 288 721, corrispondente a perdite di utile sulle vendite di pezzi di ricambio risultante, per JCB, dalle vendite realizzate fuori dal territorio concesso. Orbene, tali vendite erano state realizzate dal citato distributore in violazione degli obblighi contrattuali che lo legavano a JCB, più in particolare in violazione della clausola n. 4 dell’accordo dei distributori del Regno Unito, come modificato nel 1975. JCB ha sanzionato la violazione di una clausola contrattuale, la cui portata restrittiva della concorrenza è stata analizzata in sede di esame del primo elemento dell’infrazione nel Regno Unito ai precedenti punti 86-89. Tuttavia, a prescindere dalla legittimità ovvero dall’illegittimità di una clausola, poiché essa risulta all’interno di un accordo notificato, deve beneficiare dell’immunità da ammenda risultante dall’art. 15, n. 5, del regolamento n. 17.

192   Di conseguenza, la Commissione non poteva legittimamente infliggere un’ammenda per un’azione qualificata come circostanza aggravante ma connessa all’applicazione di una clausola di un accordo regolarmente notificato. La Commissione non poteva quindi aumentare l’importo dell’ammenda per tener conto delle asserite circostanze aggravanti.

193   Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che la Commissione ha erroneamente stabilito l’importo dell’ammenda da infliggersi alla ricorrente nella somma di EUR 39 614 000. Da un lato, come rilevato al precedente punto 192, l’aumento dell’importo dell’ammenda in base alle circostanze aggravanti non era giustificato e la somma di EUR 864 000, aggiunta a questo titolo, dev’essere detratta. D’altro lato, si deve tener conto degli elementi dell’infrazione non sufficientemente dimostrati (v. i precedenti punti 133, 145 e 154). Il primo e il secondo elemento costitutivo dell’infrazione, che si riferiscono alle restrizioni imposte alle vendite passive e a quelle relative alle fonti di approvvigionamento, sono dimostrati e si sono trovati alla base del sistema distributivo di JCB, come attuato in pratica, per un periodo di dieci anni per quanto riguarda il primo elemento; invece, l’assenza di sufficienti prove in ordine ai tre ulteriori elementi dell’infrazione rilevata nella decisione impugnata giustifica una riduzione significativa dell’importo dell’ammenda inflitta. A questo titolo, dev’essere effettuata una riduzione supplementare pari a EUR 8 750 000.

194   Il Tribunale, pronunciandosi nell’esercizio della sua competenza di piena giurisdizione fondata sull’art. 229 CE e sull’art. 17 del regolamento n. 17, ritiene pertanto giustificato ricondurre l’importo dell’ammenda applicata dall’art. 4 della decisione impugnata alla somma di EUR 30 milioni.

 Sulle spese

195   Ai sensi dell’art. 87, n. 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi. Poiché il ricorso è stato accolto parzialmente, il Tribunale ritiene che sia fatta un’equa valutazione delle circostanze decidendo che la ricorrente sopporterà i tre quarti delle proprie spese e che la Commissione sopporterà le proprie spese nonché un quarto delle spese sostenute dalla ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’art. 1, lett. c), d) ed e), e l’art. 3, lett. d) ed e), della decisione della Commissione 21 dicembre 2000, 2002/190/CE, relativa ad un procedimento in forza dell’articolo 81 del Trattato CE (Caso COMP.F.1/35.918 – JCB), sono annullati.

2)      L’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente dall’art. 4 della decisione 2002/190 è ricondotto a EUR 30 milioni.

3)      Non si deve più statuire in ordine alle conclusioni volte a ottenere la produzione di taluni documenti del fascicolo dichiarati inaccessibili nel corso del procedimento amministrativo.

4)      Il ricorso, per il resto, è respinto.

5)      La ricorrente sopporterà i tre quarti delle proprie spese.

6)      La Commissione sopporterà le proprie spese e un quarto delle spese sostenute dalla ricorrente.

Vesterdorf

Azizi

Legal

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 gennaio 2004.

Il cancelliere

 

      Il presidente

H. Jung

 

      B. Vesterdorf


* Lingua processuale: l'inglese.