Language of document : ECLI:EU:C:2020:159

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GIOVANNI PITRUZZELLA

presentate il 4 marzo 2020(1)

Causa C104/19

Donex Shipping and Forwarding BV

con l’intervento di:

Staatssecretaris van Financiën

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale – Politica commerciale – Dazi antidumping – Validità del regolamento (CE) n. 91/2009 – Importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Cina – Regolamento (CE) n. 384/96 – Articolo 2, paragrafo 10 – Articoli 6, paragrafo 7, 19 e 20 – Diritti procedurali – Violazione dei diritti della difesa – Importatore dell’Unione che non ha partecipato al procedimento antidumping»






1.        La presente causa ha ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), riguardante la validità del regolamento (CE) n. 91/2009 (2) (in prosieguo: il «regolamento controverso»), con cui il Consiglio dell’Unione europea ha istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese.

2.        La domanda di pronuncia pregiudiziale sorge nell’ambito di una controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio concernente l’impugnazione da parte della società Donex Shipping and Forwarding BV (in prosieguo: «Donex») di intimazioni di pagamento di dazi antidumping relativi all’importazione da parte di tale società di prodotti rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento controverso.

3.        Dinanzi al giudice del rinvio Donex fa valere diversi motivi di invalidità del regolamento controverso. Le presenti conclusioni si focalizzano sulla questione se un importatore dell’Unione, quale Donex, che non ha partecipato al procedimento che ha portato all’adozione di un regolamento istitutivo di dazi antidumping possa o meno far valere l’invalidità di tale regolamento invocando una pretesa omissione da parte delle istituzioni dell’Unione di fornire ai produttori-esportatori che hanno cooperato a tale procedimento le informazioni necessarie a permettere loro di presentare in modo utile domande di adeguamento del valore normale utilizzato per la determinazione del margine di dumping.

I.      Quadro giuridico

A.      Diritto internazionale

4.        L’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), contiene, nel suo allegato 1A, l’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (3) (in prosieguo: l’«accordo antidumping»).

5.        L’articolo 2, paragrafo 4, dell’accordo antidumping prevede quanto segue:

«2.4.      Tra il prezzo all’esportazione e il valore normale deve essere effettuato un confronto equo, con riferimento allo stesso stadio commerciale che di solito è quello del prodotto franco fabbrica, e per vendite effettuate a date il più possibile ravvicinate. Nel merito, si tengono nel debito conto le differenze in materia di condizioni di vendita, tassazione, stadio commerciale, quantitativi, caratteristiche fisiche e quant’altro risulti influire sulla comparabilità dei prezzi (…). Nei casi di cui al paragrafo 3, si deve inoltre tener conto delle spese, tra cui dazi e imposte, sostenute tra il momento dell’importazione e la successiva rivendita, nonché del profitto conseguito. Qualora, nei casi citati, la comparabilità dei prezzi ne abbia risentito, le autorità determinano il valore normale con riferimento ad uno stadio commerciale equivalente a quello del prezzo presunto all’esportazione, o tenendo conto delle voci specificate nel presente paragrafo. Spetta alle autorità indicare alle parti interessate le informazioni che devono fornire per consentire un equo confronto, senza imporre alle stesse un eccessivo onere di prova».

B.      Diritto dell’Unione

1.      Regolamento di base

6.        Alla data di adozione del regolamento controverso, le disposizioni sull’adozione di misure antidumping da parte dell’Unione europea erano contenute nel regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (4), come modificato, da ultimo, con il regolamento n. 2117/2005 del Consiglio, del 21 dicembre 2005 (5) (in prosieguo: il «regolamento di base»).

7.        L’articolo 2 del regolamento di base, intitolato «[d]eterminazione del dumping», nel suo paragrafo 10, rubricato «[c]onfronto» dispone:

«Tra il valore normale e il prezzo all’esportazione deve essere effettuato un confronto equo, allo stesso stadio commerciale e prendendo in considerazione vendite realizzate in date per quanto possibile ravvicinate, tenendo debitamente conto di altre differenze incidenti sulla comparabilità dei prezzi. Se il valore normale e il prezzo all’esportazione determinati non si trovano in tale situazione comparabile, si tiene debitamente conto, in forma di adeguamenti, valutando tutti gli aspetti dei singoli casi, delle differenze tra i fattori che, secondo quanto viene parzialmente affermato e dimostrato, influiscono sui prezzi e quindi sulla loro comparabilità. Nell’applicazione di adeguamenti deve essere evitata qualsiasi forma di duplicazione, in particolare per quanto riguarda sconti, riduzioni, quantitativi e stadio commerciale».

8.        L’articolo 6, paragrafo 7 del regolamento di base, rubricato «[l’]inchiesta», dispone:

«I denunzianti, gli importatori, gli esportatori e le loro associazioni rappresentative, gli utenti e le organizzazioni di consumatori che si sono manifestati a norma dell’articolo 5, paragrafo 10, nonché i rappresentanti del paese esportatore, che ne facciano richiesta per iscritto possono prendere conoscenza di tutte le informazioni fornite dalle parti interessate all’inchiesta, tranne i documenti interni preparati dalle autorità [dell’Unione] o degli Stati membri, purché tali informazioni siano pertinenti per la tutela dei loro interessi, non siano riservate ai sensi dell’articolo 19 e siano utilizzate nell’inchiesta. Le parti possono rispondere presentando le loro osservazioni, che sono prese in considerazione, purché siano accompagnate da sufficienti elementi di prova».

9.        L’articolo 19 del regolamento di base, rubricato «[t]rattamento riservato» così dispone, ai paragrafi 1 e 4:

«1.      Le informazioni di natura riservata (ad esempio perché la loro divulgazione implicherebbe un significativo vantaggio concorrenziale per un concorrente oppure danneggerebbe gravemente la persona che ha fornito l’informazione o la persona dalla quale l’ha ottenuta) oppure che sono comunicate a titolo riservato dalle parti interessate dall’inchiesta, per motivi debitamente giustificati, devono essere trattate come tali dalle autorità.

(…)

4.      Il presente articolo non osta alla divulgazione da parte delle autorità [dell’Unione] di informazioni generali, ed in particolare dei motivi che hanno giustificato le decisioni prese in forza del presente regolamento, né alla divulgazione di elementi di prova su cui le autorità [dell’Unione] si sono basate, qualora ciò sia necessario per illustrare detti motivi nel corso di procedimenti giudiziari. Tale divulgazione deve tener conto del legittimo interesse delle parti a che i loro segreti d’impresa non siano rivelati.»

10.      Ai sensi dell’articolo 20, paragrafi da 2 a 5, del regolamento di base, rubricato «[d]ivulgazione di informazioni»:

«2.      [I denunzianti, gli importatori, gli esportatori e le loro associazioni rappresentative e i rappresentanti del paese esportatore] possono chiedere di essere informat[i] dei principali fatti e considerazioni in base ai quali si intende raccomandare l’istituzione di misure definitive oppure la chiusura di un’inchiesta o di un procedimento senza l’istituzione di misure definitive, in particolare per quanto riguarda eventuali fatti e considerazioni diversi da quelli utilizzati per le misure provvisorie.

3.      Le domande di informazioni a norma del paragrafo 2 devono essere inviate alla Commissione per iscritto […]. Se non è stato istituito un dazio provvisorio, le parti hanno la possibilità di chiedere informazioni finali entro i termini fissati dalla Commissione.

4.      Le informazioni finali sono comunicate per iscritto. La trasmissione tiene debitamente conto dell’esigenza di tutelare le informazioni riservate, avviene il più rapidamente possibile e di norma entro un mese prima della decisione definitiva o della presentazione di qualsiasi proposta di atto definitivo, a norma dell’articolo 9, da parte della Commissione. Eventuali fatti e considerazioni che la Commissione non può comunicare al momento della risposta sono resi noti successivamente il più rapidamente possibile. La divulgazione delle informazioni non pregiudica qualsiasi eventuale decisione della Commissione o del Consiglio, ma, qualora tale decisione si basi su fatti o considerazioni diversi, questi sono comunicati il più rapidamente possibile.

5.      Le osservazioni presentate dopo l’informazione finale sono prese in considerazione unicamente se sono ricevute entro un termine fissato dalla Commissione, per ciascun caso, in funzione dell’urgenza della questione e comunque non inferiore a dieci giorni.»

2.      Il regolamento controverso e i regolamenti successivi relativi ai dazi antidumping sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio

11.      Il 9 novembre 2007 la Commissione ha avviato un procedimento relativo all’esistenza di pratiche di dumping per determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese (6).

12.      L’inchiesta ha riguardato il periodo compreso tra il 1° ottobre 2006 e il 30 settembre 2007. All’inchiesta hanno collaborato 110 società o raggruppamenti cinesi di cui 9 sono stati selezionati come campione (7).

13.      Al termine dell’inchiesta, il 26 gennaio 2009, il Consiglio ha adottato il regolamento controverso il quale ha istituito un dazio antidumping definitivo su determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio non inossidabile originari della Repubblica popolare cinese.

14.      Risulta dal regolamento controverso che, per i produttori-esportatori cinesi ai quali non era stato concesso il trattamento riservato alle società operanti in condizioni di economia di mercato, il valore normale è stato stabilito sulla base di informazioni ricevute da un produttore di un paese di riferimento, nella fattispecie l’India (8).

15.      Per ciò che riguarda specificamente le società che non hanno collaborato all’inchiesta, in ragione del basso grado di collaborazione, il margine di dumping è stato determinato come una media del valore ottenuto a partire dai dati Eurostat e i margini più elevati rilevati per tipi di prodotto venduti in quantità rappresentativa dal produttore esportatore che ha collaborato all’inchiesta con il margine di dumping più elevato. Su tale base, detto margine di dumping è stato calcolato al 115,4% (9).

16.      Tuttavia, poiché il margine di pregiudizio su scala nazionale era stato determinato all’85%, in applicazione della «regola del dazio inferiore», a norma dell’articolo 9, paragrafo 4 del regolamento di base (10), l’aliquota del dazio antidumping definitivo, per le società che non hanno collaborato all’inchiesta, è stata fissata all’85%.

17.      Il 28 luglio 2011 l’organo di conciliazione dell’OMC (Dispute Settlement Body; in prosieguo: il «DSB») ha adottato la relazione dell’organo di appello del 15 luglio 2011 (11), nonché la relazione del gruppo speciale come modificata dalla relazione dell’organo di appello, nel caso «Comunità europee – misure antidumping definitive riguardanti alcuni elementi di fissaggio in ferro o in acciaio provenienti dalla Cina» (WT/DS397). Nelle suddette relazioni si è constatato, in particolare, che, adottando il regolamento controverso, l’Unione aveva agito in modo incompatibile con alcune disposizioni dell’accordo antidumping.

18.      A seguito di tali relazioni, il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 924/2012, del 4 ottobre 2012, che modifica il regolamento n. 91/2009 (12), il quale ha mantenuto le misure antidumping istituite dal regolamento controverso, ma ha ridotto, per il futuro, il dazio antidumping massimo dall’85% al 74,1% (13).

II.    Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

19.      Nel 2011 Donex ha presentato una denuncia di immissione in libera pratica di elementi di fissaggio in ferro o acciaio. A seguito di un’inchiesta dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) è stato constatato che tali elementi erano originari della Repubblica popolare cinese ed erano quindi assoggettati all’imposizione di dazi antidumping a titolo del regolamento controverso.

20.      Di conseguenza, il 4 giugno 2014 Donex ha ricevuto delle intimazioni di pagamento di dazi antidumping, per un importo calcolato in applicazione dell’aliquota dell’85% stabilita nel regolamento controverso per i produttori-esportatori cinesi che non avevano collaborato all’inchiesta.

21.      Donex ha impugnato tali intimazioni dinanzi al rechtbank Noord-Holland (Tribunale dell’Olanda settentrionale, Paesi Bassi). A seguito del rigetto del suo ricorso, Donex ha proposto appello dinanzi al Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam, Paesi Bassi). Nella sua sentenza, quest’ultimo giudice ha respinto l’impugnazione proposta da Donex rigettando, in particolare, gli argomenti con cui tale società aveva contestato la validità del regolamento controverso.

22.      Contro la sentenza d’appello Donex ha presentato ricorso in cassazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), giudice del rinvio nella presente causa, dinanzi al quale essa ha reiterato i suoi argomenti relativi all’invalidità del regolamento controverso.

23.      Detto giudice si interroga quanto alla validità di tale regolamento con riferimento a due aspetti: in primo luogo, in relazione alla determinazione del margine di dumping effettuata nel regolamento controverso, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base; in secondo luogo, in relazione al confronto equo effettuato ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base.

24.      Per ciò che riguarda questo secondo aspetto, il giudice di rinvio si interroga, in particolare, quanto alla validità del regolamento controverso in relazione all’argomento sollevato da Donex secondo cui le istituzioni dell’Unione avrebbero violato l’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base omettendo di fornire in tempo utile ai produttori-esportatori cinesi che hanno cooperato all’inchiesta tutti i dati del produttore indiano relativi alla determinazione del valore normale. A tale riguardo il giudice del rinvio fa esplicito riferimento alle conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nelle cause riunite Changshu City Standard Parts Factory e Ningbo Jinding Fastener/Consiglio (C‑376/15 P e C‑377/15 P, EU:C:2016:928, in prosieguo: le «conclusioni nelle cause Changshu e Ningbo»).

25.      In tale contesto, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se il regolamento (CE) n. 91/2009 sia invalido nei confronti di un importatore dell’Unione per violazione dell’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento (CE) n. 384/96, posto che il Consiglio, ai fini della determinazione del margine di dumping per i prodotti in questione di produttori esportatori cinesi che non hanno collaborato, nel raffronto ai sensi del detto paragrafo ha escluso le operazioni di esportazione di taluni tipi del prodotto.

2.      Se il regolamento (CE) n. 91/2009 sia invalido nei confronti di un importatore dell’Unione per violazione dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento (CE) n. 384/96, poiché le istituzioni dell’Unione, in sede di calcolo del margine di dumping per i prodotti in questione, nel raffronto del valore normale di prodotti di un produttore indiano con i prezzi all’esportazione di prodotti cinesi simili hanno rifiutato di prendere in considerazione adeguamenti relativi ai dazi all’importazione sulle materie prime e imposte indirette nel paese di riferimento India e alle differenze nei costi di produzione, e/o poiché durante l’inchiesta le istituzioni dell’Unione non hanno fornito (in tempo utile) ai produttori/ esportatori cinesi che hanno collaborato tutti i dati del produttore indiano relativi alla determinazione del valore normale.»

III. Analisi

A.      Osservazioni preliminari sulla domanda di pronuncia pregiudiziale

26.      Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede alla Corte di valutare la validità del regolamento controverso in relazione a tre profili: un’eventuale violazione dell’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base nella determinazione del margine di dumping (prima questione pregiudiziale); un’eventuale violazione dell’articolo 2, paragrafo 10, di detto regolamento, in relazione al presunto rifiuto da parte delle istituzioni dell’Unione di prendere in considerazione taluni adeguamenti (prima parte della seconda questione pregiudiziale); e un’eventuale violazione di tale ultima disposizione in relazione all’asserita omissione da parte di dette istituzioni di fornire ai produttori-esportatori cinesi che hanno cooperato all’inchiesta tutti i dati del produttore indiano relativi alla determinazione del valore normale (seconda parte della questione pregiudiziale).

27.      Conformemente alla richiesta della Corte, le presenti conclusioni si focalizzano sulla seconda parte della seconda questione pregiudiziale.

28.      Tuttavia, a titolo preliminare, ritengo opportuno, in primo luogo, ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, in materia di politica commerciale comune, e specialmente nell’ambito delle misure di difesa commerciale, le istituzioni dell’Unione godono di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche e politiche che devono esaminare. Quanto al controllo giurisdizionale di una siffatta valutazione, esso deve essere quindi limitato alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata, dell’assenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o dell’assenza di sviamento di potere (14).

29.      In secondo luogo, osservo che, a fondamento di alcuni dei suoi dubbi quanto alla validità del regolamento controverso, il giudice del rinvio si riferisce a diverse riprese al regolamento n. 924/2012, adottato a seguito della decisione del DSB del 28 luglio 2011, menzionata al precedente paragrafo 17. Donex stessa nei suoi scritti si riferisce a tale regolamento per fondare alcuni dei suoi argomenti relativi all’invalidità del regolamento controverso. A tale riguardo occorre, tuttavia, osservare che il regolamento n. 924/2012 è posteriore al regolamento controverso ed è stato adottato, al fine di modificare quest’ultimo, a seguito dello svolgimento di una specifica inchiesta, differente da quella che ha portato all’adozione del regolamento controverso. Discende, a mio avviso, da tutto ciò che non è possibile invocare l’illegittimità del regolamento n. 924/2012 o vizi nell’inchiesta che ha portato alla sua adozione, per contestare la validità del regolamento controverso.

B.      Sulla seconda parte della seconda questione pregiudiziale

1.      Osservazioni preliminari

30.      Con la seconda parte della sua seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede alla Corte se il regolamento controverso sia invalido nei confronti di un importatore dell’Unione quale Donex, per violazione dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, in quanto, durante l’inchiesta che ha portato alla sua adozione, le istituzioni dell’Unione non avrebbero fornito in tempo utile ai produttori-esportatori cinesi che hanno collaborato all’inchiesta stessa tutti i dati del produttore indiano utilizzati per la determinazione del valore normale.

31.      Tale questione sorge in un contesto in cui, come ricordato al precedente paragrafo 14, nel regolamento controverso, per ciò che riguarda i produttori-esportatori cinesi cui non era stato concesso il trattamento riservato alle società operanti in condizioni di economia di mercato, le istituzioni dell’Unione avevano determinato il valore normale sulla base delle informazioni ricevute da un produttore di un paese di riferimento, nella fattispecie l’India.

32.      La questione del giudice del rinvio si fonda sugli argomenti avanzati da Donex dinanzi a tale giudice, e da essa ripresi in sostanza dinanzi alla Corte. Secondo Donex, la asserita circostanza che, durante l’inchiesta, la Commissione non abbia fornito in tempo utile ai produttori-esportatori cinesi che hanno cooperato le informazioni necessarie, ed in particolare tutti i dati relativi al produttore indiano, avrebbe impedito a questi di esercitare il loro diritto di richiedere adeguamenti ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10 del regolamento di base.

33.      Le istituzioni dell’Unione, oltre a contestare nel merito l’esistenza nella presente fattispecie di una violazione dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, sollevano un’eccezione avente carattere preliminare. Esse sostengono che, non avendo partecipato al procedimento antidumping in questione, Donex non può invocare la violazione dei diritti della difesa di terzi, ossia dei produttori-esportatori cinesi che hanno cooperato all’inchiesta.

34.      Occorre pertanto, a mio avviso, esaminare anzitutto l’eccezione sollevata dalle istituzioni dell’Unione, la quale ha carattere preliminare rispetto all’analisi nel merito della questione posta dal giudice del rinvio.

2.      Sulla possibilità per un importatore di far valere la violazione di diritti procedurali di terzi nellambito di un procedimento antidumping cui non ha partecipato

35.      Nelle loro osservazioni presentate dinanzi alla Corte le istituzioni dell’Unione sostengono che, in quanto importatore dei prodotti sottoposti a dazio antidumping che non ha partecipato al procedimento che ha portato all’istituzione di tale dazio, Donex non può avvalersi, dinanzi al giudice del rinvio, della violazione dei diritti della difesa dei produttori-esportatori cinesi che hanno cooperato all’inchiesta. Donex non potrebbe pertanto trarre alcun beneficio da un’eventuale violazione, nel corso del procedimento che ha portato all’adozione del regolamento controverso, di un presunto obbligo di informazione a carico delle istituzioni dell’Unione nei confronti dei suddetti produttori-esportatori per permettere loro di presentare domande di adeguamenti. Tale conclusione si imporrebbe a maggior ragione in considerazione del fatto che i produttori‑esportatori cinesi da cui Donex ha importato i prodotti sottoposti a dazio non hanno nemmeno collaborato all’inchiesta.

36.      A fondamento della loro argomentazione le istituzioni dell’Unione si riferiscono alla sentenza del 10 settembre 2015, Fliesen-Zentrum Deutschland (C‑687/13, EU:C:2015:573; in prosieguo: la «sentenza Fliesen-Zentrum»).

37.      In tale sentenza, come nel presente caso, un giudice nazionale aveva posto alla Corte una questione pregiudiziale riguardante la validità di un regolamento istitutivo di un dazio antidumping nell’ambito di una causa intentata dinanzi ad esso da un importatore di prodotti sottoposti al dazio. Il giudice nazionale si chiedeva, tra le altre cose, se le istituzioni dell’Unione avessero violato i diritti della difesa dell’importatore in questione avendo fornito informazioni vaghe sul calcolo esatto del valore normale e avendo, quindi, reso impossibile la presentazione di osservazioni debitamente fondate riguardo specificamente ad un adeguamento effettuato ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base (15).

38.      In tale sentenza, dopo aver constatato che era pacifico che l’importatore in causa non avesse partecipato al procedimento d’inchiesta che aveva portato all’istituzione del dazio antidumping e che tale importatore non fosse legato ad alcun produttore cinese interessato, la Corte ha statuito che detto importatore non poteva far valere una violazione dei diritti della difesa nel corso di un procedimento cui non aveva partecipato (16).

39.      Senza negare le similitudini esistenti tra il caso deciso nella succitata sentenza Fliesen-Zentrum e la presente fattispecie, Donex sostiene, tuttavia, che l’omissione da parte delle istituzioni di fornire ai produttori-esportatori cinesi che hanno cooperato all’inchiesta le informazioni necessarie a permettere loro di presentare in modo utile domande di adeguamento del valore normale non integra una violazione dei diritti di difesa, ma costituisce un vero e proprio errore nell’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base. Tale errore, avendo un impatto sul confronto equo tra valore normale e prezzo all’esportazione effettuato nel regolamento controverso ai sensi di tale disposizione, si sarebbe ripercosso sul margine di dumping determinato per i produttori-esportatori che non hanno cooperato all’inchiesta, come quelli da cui essa ha importato i beni in causa (17). Donex fonda la sua argomentazione sull’articolo 2.4, ultima frase dell’accordo antidumping, quale interpretato dal DSB (18), nonché sulle conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nelle cause Changshu e Ningbo (19).

40.      In tale contesto, si pone quindi la questione di verificare se si possa desumere dall’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base un obbligo a carico delle istituzioni di fornire ai produttori-esportatori che cooperano all’inchiesta – o più in generale alle parti interessate – le informazioni necessarie a permettere loro di presentare in modo utile domande di adeguamento, e, susseguentemente, se un’eventuale violazione di tale obbligo debba essere qualificata come una violazione sostanziale dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base oppure come una violazione dei diritti della difesa o di altri diritti procedurali di tali produttori-esportatori.

41.      A tale riguardo occorre, anzitutto rilevare, che l’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, rubricato «confronto», prevede che tra il valore normale e il prezzo all’esportazione debba essere effettuato un confronto equo tenendo debitamente conto delle differenze incidenti sulla comparabilità dei prezzi e, in caso di esistenza di una situazione di non comparabilità tra il valore normale e il prezzo all’esportazione determinati, tenendo debitamente conto, in forma di adeguamenti, delle differenze tra i fattori che influiscono sui prezzi e quindi sulla loro comparabilità, indicati alle lettere da a) a k) di tale disposizione.

42.      In quanto tale, pertanto, l’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base contiene esclusivamente disposizioni di natura sostanziale concernenti l’effettuazione dell’equo confronto tra il valore normale e il prezzo all’esportazione Esso non contiene, invece, alcuna disposizione di carattere procedurale che obblighi esplicitamente le istituzioni dell’Unione a fornire specifiche informazioni alle parti interessate.

43.      Tuttavia, occorre altresì rilevare che la disposizione dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base si ispira manifestamente all’articolo 2.4 dell’accordo antidumping.

44.      Al proposito, si è evidenziato che l’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base impiega, nella sua prima frase, sostanzialmente, gli stessi termini utilizzati nella prima frase dell’articolo 2.4 dell’accordo antidumping. Ciò permetterebbe di desumere che, almeno per quanto concerne l’obbligo di effettuare un «confronto equo» tra il valore normale e il prezzo all’esportazione, il testo di tale disposizione dimostrerebbe la chiara volontà del legislatore dell’Unione di attuare nel diritto dell’Unione l’obbligo particolare scaturito dall’articolo 2.4 dell’accordo antidumping (20), nel senso della sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Rusal Armenal (C‑21/14 P, EU:C:2015:494)(21). Ne conseguirebbe che, il giudice dell’Unione dovrebbe verificare la legittimità degli atti dell’Unione in base alla loro conformità a tale disposizione dell’accordo antidumping, dando alla nozione di «confronto equo» il significato che essa riveste nella normativa dell’OMC (22).

45.      Per fondare la sua argomentazione Donex si riferisce, però, non alla prima frase dell’articolo 2.4 dell’accordo antidumping, ma all’ultima frase di tale articolo, quale interpretata nelle decisioni e raccomandazioni dell’ORD. Ai sensi di tale ultima frase, «[s]petta alle autorità indicare alle parti interessate le informazioni che devono fornire per consentire un equo confronto, senza imporre alle stesse un eccessivo onere di prova».

46.      Al riguardo, si deve, tuttavia, constatare che l’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, contrariamente a ciò che è il caso per la prima frase dell’articolo 2.4 dell’accordo antidumping, non riprende in maniera specifica la disposizione contenuta nell’ultima frase dello stesso. Tale disposizione non appare essere trasposta specificamente in nessun altro articolo del regolamento di base.

47.      La Corte ha, peraltro, avuto più volte modo di chiarire che, benché il considerando 5 del regolamento di base enunci che occorre trasporre «per quanto possibile» le norme dell’accordo antidumping nel diritto dell’Unione, tale sintagma deve essere interpretato nel senso che, sebbene il legislatore dell’Unione intendesse certamente tener conto delle norme dell’accordo in parola al momento dell’adozione del regolamento di base, esso non ha tuttavia manifestato la volontà di procedere alla trasposizione di ciascuna di tali norme in detto regolamento (23).

48.      Alla luce di ciò, ritengo, che, in applicazione dei criteri elaborati nella succitata sentenza Commissione/Rusal Armenal, nel contesto del regolamento di base, non si possa desumere dall’articolo 2, paragrafo 10, né da nessun’altra disposizione di detto regolamento, la chiara volontà del legislatore dell’Unione di attuare un obbligo particolare scaturito dalla disposizione di cui all’ultima frase dell’articolo 2.4 dell’accordo antidumping.

49.       Ne consegue che il giudice dell’Unione non può controllare la legittimità del regolamento controverso in base alla sua conformità con tale disposizione e che, pertanto, Donex non può avvalersi della disposizione di cui all’ultima frase dell’articolo 2.4 dell’accordo antidumping, quale interpretata dal DSB, per contestare la validità di detto regolamento (24).

50.      Peraltro, per ciò che concerne gli argomenti avanzati da Donex riguardo all’invalidità del regolamento controverso fondati sulla decisione del DSB del 28 luglio 2011 menzionata al precedente paragrafo 17, la Corte ha già constatato che, essendo successiva a tale regolamento, tale decisione non può costituirne il fondamento legale (25).

51.      Si desume, altresì, da quanto precede che, contrariamente a quanto sostiene Donex, l’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base non prevede, in quanto tale, nessun obbligo positivo per le istituzioni dell’Unione di fornire specifiche informazioni alle parti interessate.

52.      Ciò non significa però che nel regolamento di base non sia presa in considerazione l’esigenza, espressa nell’ultima frase dell’articolo 2.4 dell’accordo antidumping, secondo cui alle parti interessate vengano indicate le informazioni che devono fornire per consentire la realizzazione di un equo confronto.

53.      Tale esigenza va inquadrata nel sistema procedurale creato dal legislatore dell’Unione nell’ambito dei procedimenti antidumping che le istituzioni attuano in forza di tale regolamento.

54.      A tale riguardo, rilevano, in particolare, le disposizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 7 e all’articolo 20, paragrafi da 2 a 5 del regolamento di base le quali permettono ad alcuni soggetti interessati di ricevere informazioni riguardanti lo svolgimento dell’inchiesta e di presentare osservazioni al riguardo.

55.      La prima disposizione permette ai denunzianti, agli importatori, agli esportatori e alle loro associazioni rappresentative, agli utenti e alle organizzazioni di consumatori nonché ai rappresentanti del paese esportatore, di prendere conoscenza di tutte le informazioni fornite dalle parti interessate all’inchiesta pertinenti per la tutela dei loro interessi, ad eccezione dei documenti interni preparati dalle autorità dell’Unione o degli Stati membri e purché tali informazioni non siano riservate ai sensi dell’articolo 19 del regolamento di base e siano utilizzate nell’inchiesta (26). Tali parti possono anche rispondere presentando osservazioni che debbono essere prese in considerazione dalla Commissione. Tale possibilità è tuttavia sottoposta a due condizioni: in primo luogo, che detti soggetti si siano manifestati nei termini indicati nell’avviso di apertura del procedimento (27) e, in secondo luogo, che facciano richiesta per iscritto di prendere conoscenza delle informazioni in questione.

56.      Il secondo gruppo di diposizioni permette ai denunzianti, agli importatori, agli esportatori e alle loro associazioni rappresentative nonché ai rappresentanti del paese esportatore di chiedere di essere informati dei principali fatti e considerazioni in base a cui si intende raccomandare l’istituzione di misure definitive oppure la chiusura di un’inchiesta o di un procedimento senza l’istituzione di misure definitive. Tuttavia, anche in questo caso, la possibilità di ricevere le informazioni finali e, susseguentemente, di presentare osservazioni al riguardo, è subordinata alla presentazione di una domanda per iscritto alla Commissione (28).

57.      Si deve pertanto constatare che, nel sistema del procedimento antidumping il regolamento di base attribuisce ad alcuni soggetti interessati diritti e garanzie procedurali (29), l’esercizio dei quali, tuttavia, dipende dalla partecipazione attiva di tali soggetti al procedimento stesso che deve esplicarsi, per lo meno, mediante la presentazione di una richiesta scritta entro termini determinati.

58.      È nell’ambito di tale contesto procedurale che va inquadrata la summenzionata esigenza, espressa nell’ultima frase dell’articolo 2.4 dell’accordo antidumping, che alle parti interessate vengano indicate le informazioni da fornire per consentire la realizzazione di un equo confronto.

59.      È nell’ambito dello stesso contesto procedurale che, a mio avviso, vanno altresì inquadrate le affermazioni dell’avvocato generale Mengozzi nelle sue conclusioni nelle cause Changshu e Ningbo, invocate da Donex e menzionate dal giudice del rinvio, secondo cui, con riferimento al principio di buona amministrazione sancito nell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, spetta alle istituzioni fornire ai produttori-esportatori oggetto dell’inchiesta informazioni sufficienti da permettere loro di presentare domande di adeguamento, in particolare nell’ambito di inchieste in cui il valore normale è stabilito sulla base dei prezzi di un produttore di un paese di riferimento (30).

60.      Discende dal sistema del procedimento antidumping quale configurato dal regolamento di base che, essendo i diritti e le garanzie procedurali attribuiti da tale regolamento subordinati ad una partecipazione attiva all’inchiesta, essi spettano esclusivamente ai soggetti che siano intervenuti attivamente in tale procedimento. Di conseguenza, un’eventuale loro violazione nel corso dell’inchiesta, la quale tipicamente si configura come una violazione delle esigenze connesse al rispetto dei diritti della difesa dei soggetti interessati (31), quali il diritto di essere ascoltati (32), può essere fatta valere solo dal soggetto cui tale diritto o garanzia spetta (33).

61.      Occorre, inoltre, ancora osservare che l’accesso delle parti interessate alle informazioni riguardanti l’inchiesta antidumping in forza dell’articolo 6, paragrafo 7, e dell’articolo 20 del regolamento di base è, in ogni caso, esplicitamente limitato dalla natura riservata di tali informazioni. I principi che governano il diritto all’informazione delle parti interessate devono, pertanto, essere conciliati con i requisiti di riservatezza, e in particolare con l’obbligo delle istituzioni dell’Unione di rispettare il segreto commerciale (34).

62.      Il regolamento di base prevede pertanto un certo numero di disposizioni, tra cui in particolare l’articolo 19 del regolamento di base, che consentono di conciliare le esigenze connesse ai diritti delle parti interessate di difendere utilmente i propri interessi con quelle connesse alla necessità di tutelare le informazioni riservate (35). La necessità di conciliazione tra tali esigenze appare, del resto, particolarmente rilevante nei casi in cui, come nel regolamento controverso, il valore normale è determinato in applicazione del metodo del paese di riferimento (36).

3.      Sul motivo di invalidità del regolamento controverso sollevato nella seconda parte della seconda questione pregiudiziale

63.      Nella seconda parte della sua seconda questione pregiudiziale il giudice del rinvio si interroga sulla validità del regolamento controverso nei confronti di Donex in ragione della pretesa omissione da parte delle istituzioni dell’Unione di fornire ai produttori‑esportatori cinesi che hanno cooperato all’inchiesta le informazioni necessarie a permettere loro di presentare in modo utile domande di adeguamento del valore normale, in particolare tutti i dati del produttore indiano utilizzati per la costruzione di tale valore.

64.      Risulta, tuttavia, dall’analisi effettuata ai precedenti paragrafi delle presenti conclusioni che, anche supponendo che una tale omissione fosse constatata in fatto, essa integrerebbe eventualmente una violazione dei diritti della difesa dei produttori-esportatori cinesi che hanno esercitato i loro diritti procedurali nel corso del procedimento antidumping che ha portato all’adozione del regolamento controverso.

65.      Visto che, come risulta dal precedente paragrafo 60, tali diritti spettano soltanto ai soggetti che hanno partecipato al procedimento antidumping, ed essendo pacifico che Donex non ha partecipato a tale procedimento, occorre concludere che Donex non potrebbe in ogni caso avvalersi di un’eventuale violazione di tal genere per contestare la validità del regolamento controverso.

66.      Inoltre, considerato che, come osservato dinanzi alla Corte dalle istituzioni dell’Unione senza che ciò sia contestato da Donex, se non la totalità, almeno una parte maggioritaria dei dati relativi al produttore indiano utilizzati per la costruzione del valore normale era di natura riservata, le istituzioni non avrebbero in ogni caso potuto fornire «tutti» i dati di tale produttore, come indicato dal giudice del rinvio nella sua questione pregiudiziale.

67.      A titolo sussidiario, osservo ancora che risulta dalla giurisprudenza che l’esistenza di un’irregolarità relativa ai diritti della difesa può portare all’annullamento del regolamento controverso solo in quanto esista la possibilità che, in ragione di tale irregolarità, il procedimento amministrativo avrebbe potuto portare ad un risultato differente, ledendo così in concreto i diritti della difesa della parte che fa valere tale violazione (37).

68.      Al riguardo anche se, quod non, si sostenesse che un importatore possa essere surrogato nella posizione del produttore-esportatore da cui ha acquistato i beni oggetto dei dazi e potesse far valere un’eventuale violazione dei diritti della difesa di questo, è giocoforza constatare che, nella presente fattispecie, è pacifico che i produttori-esportatori cinesi da cui Donex ha acquistato i prodotti in causa non hanno nemmeno essi partecipato all’inchiesta che ha portato all’adozione del regolamento controverso. Essi non hanno quindi esercitato diritti procedurali di cui avrebbero, eventualmente, potuto beneficiare nel corso di tale procedimento.

69.      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre, a mio avviso, rispondere alla seconda parte della seconda questione pregiudiziale – analogamente a quanto deciso dalla Corte nella succitata sentenza Fliesen-Zentrum e senza che sia necessario constatare in fatto se, omettendo di fornire ai produttori-esportatori che hanno cooperato all’inchiesta informazioni sufficienti da permettere loro di presentare domande di adeguamento, le istituzioni dell’Unione abbiano o meno eventualmente violato i loro diritti di difesa – nel senso che Donex non può, per contestare dinanzi al giudice del rinvio la validità del regolamento controverso, avvalersi di una violazione dei diritti della difesa di terzi, ossia di detti produttori-esportatori cinesi, nel corso di un procedimento cui essa non ha partecipato. La seconda parte della seconda questione pregiudiziale è, pertanto, irricevibile.

IV.    Conclusione

70.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla seconda parte della seconda questione pregiudiziale sollevata dall’Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) nei seguenti termini:

Un importatore dell’Unione europea di prodotti sottoposti a dazi antidumping in virtù di un regolamento quale il regolamento (CE) n. 91/2009 del Consiglio, del 26 gennaio 2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese, il quale non ha partecipato al procedimento che ha portato all’adozione di tale regolamento, non può successivamente contestarne la validità dinanzi ad un giudice nazionale facendo valere la violazione di diritti della difesa di soggetti che hanno partecipato a detto procedimento. La seconda parte della seconda questione pregiudiziale è, pertanto, irricevibile.


1      Lingua originale: l’italiano.


2      Regolamento (CE) n. 91/2009 del Consiglio, del 26 gennaio 2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese (GU 2009, L 29, pag. 1).


3      GU 1994, L 336, pag. 103.


4      GU 1996, L 56, pag. 1.


5      GU 2005, L 340, pag. 17.


6      GU 2007, C 267, pag. 31.


7      Considerando 13 e 16 del regolamento controverso.


8      Considerando da 86 a 98 del regolamento controverso.


9      Del prezzo cif franco frontiera comunitaria, dazio non corrisposto. V. considerando 110 e 111 del regolamento controverso.


10      Ai sensi dell’ultima frase di tale disposizione «[l’]importo del dazio antidumping non deve superare il margine di dumping accertato e dovrebbe essere inferiore a tale margine, qualora un importo inferiore sia sufficiente per eliminare il pregiudizio causato all’industria [dell’Unione]».


11      WT/DS397/AB/R.


12      GU 2012, L 275, pag. 1.


13      A seguito di una seconda denuncia della Repubblica popolare cinese, l’organo d’appello dell’OMC il 18 gennaio 2016 ha presentato una relazione, che è stata adottata dal DSB il 12 febbraio 2016, in cui è stato dichiarato che, con l’adozione del regolamento di esecuzione n. 924/2012, l’Unione aveva violato anche l’accordo antidumping. In tali circostanze, la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) 2016/278, del 26 febbraio 2016, che abroga il dazio antidumping definitivo istituito sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese, esteso alle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio spediti dalla Malaysia, indipendentemente dal fatto che siano dichiarati o no originari della Malaysia (GU 2016, L 52, pag. 24).


14      V., da ultimo, sentenza del 19 settembre 2019, Trace Sport (C‑251/18, EU:C:2019:766, punto 47 e giurisprudenza citata).


15      V. punto 71 della sentenza Fliesen-Zentrum.


16      V. punto 73 della sentenza Fliesen-Zentrum.


17      In effetti, come rilevato al precedente paragrafo 15, risulta dai considerando 110 e 111 del regolamento controverso che, per i produttori-esportatori che non hanno cooperato all’inchiesta, il margine di dumping è stato determinato sulla base, tra l’altro, dei margini più elevati di uno dei produttori-esportatori che hanno cooperato all’inchiesta.


18      In particolare nella relazione dell’organo di appello del 15 luglio 2011, menzionata al precedente paragrafo 17; v. il punto 489 di tale relazione.


19      Si vedano in particolare i punti da 113 a 120 di tali conclusioni.


20      V. il paragrafo 37 delle conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nelle cause Changshu e Ningbo. Al riguardo, si veda anche sentenza dell’8 luglio 2008, Huvis/Consiglio (T‑221/05, non pubblicata, EU:T:2008:258, punto 73).


21      V., in particolare, punti 45 e 46 di tale sentenza.


22      V. riferimenti alla nota 20 supra.


23      Sentenze del 16 luglio 2015, Commissione/Rusal Armenal (C‑21/14 P, EU:C:2015:494, punto 52) e del 4 febbraio 2016, C & J Clark International (C‑659/13 e C‑34/14, EU:C:2016:74, punto 90). Si veda, da ultimo, anche sentenza del 15 novembre 2018, Baby Dan (C‑592/17, EU:C:2018:913, punto 72).


24      V., in tal senso, sentenze del 4 febbraio 2016, C & J Clark International (C‑659/13 e C‑34/14, EU:C:2016:74, punto 92) e del 15 novembre 2018, Baby Dan (C‑592/17, EU:C:2018:913, punto 75). Per quanto attiene, specificamente, alle decisioni e raccomandazioni del DSB, la Corte ha escluso che un operatore economico possa invocare dinanzi al giudice dell’Unione l’incompatibilità di un atto di quest’ultima con una decisione del DSB. Così, secondo la giurisprudenza della Corte, perlomeno al di fuori delle ipotesi in cui, in seguito a tali decisioni e raccomandazioni, l’Unione abbia inteso assumere un obbligo particolare, una decisione o una raccomandazione del DSB che accerta l’inosservanza delle norme dell’OMC non può essere fatta valere, non diversamente dalle norme sostanziali contenute negli accordi OMC, dinanzi al giudice dell’Unione al fine di stabilire se un atto di quest’ultima sia incompatibile con la suddetta raccomandazione o decisione. V., in tal senso, il punto 96 della succitata sentenza C & J Clark International, nonché la sentenza del 10 novembre 2011, X e X BV (C‑319/10 e C‑320/10, non pubblicata, EU:C:2011:720, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).


25      Sentenza del 18 ottobre 2018, Rotho Blaas (C‑207/17, EU:C:2018:840, punto 51).


26      Riguardo all’articolo 6, paragrafo 7 del regolamento di base si veda la sentenza del 28 novembre 2013, CHEMK e KF/Consiglio (C‑13/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:780, punti 32 e segg.).


27      A norma dell’articolo 5, paragrafo 10, del regolamento di base.


28      Sulla portata dell’articolo 20 del regolamento di base si veda anche la sentenza del Tribunale del 30 giugno 2016, Jinan Meide Casting/Consiglio (T‑424/13, EU:T:2016:378, punti da 99 a 102).


29      Sulla relazione tra il riconoscimento di tali diritti e garanzie procedurali nell’ambito del procedimento antidumping e la possibilità di presentare ricorso contro un regolamento istitutivo di dazi antidumping, si veda, con specifico riferimento alla situazione di associazioni rappresentative degli interessi dei produttori interessati dal procedimento in causa, la sentenza del 28 febbraio 2019, Consiglio/Growth Energy e Renewable Fuels Association (C‑465/16 P, EU:C:2019:155, punti 97 e da 106 a 108).


30      V., in particolare, paragrafi da 116 a 119 delle conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nelle cause Changshu e Ningbo.


31      V., al riguardo, sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP (C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punti da 75 a 87) riguardo specificamente ad un adeguamento effettuato ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base.


32      V., per esempio, sentenza del 10 aprile 2019, Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione (T‑301/16, EU:T:2019:234, punti da 59 a 77 e giurisprudenza ivi citata).


33      Il Tribunale, nella sua giurisprudenza, ha già riconosciuto a diverse riprese la natura soggettiva della violazione dei diritti della difesa. V., inter alia, sentenze del 12 dicembre 2018, Freistaat Bayern/Commissione (T‑683/15, EU:T:2018:916, punto 44 e giurisprudenza citata) e del 16 marzo 2016, Frucona Košice/Commissione (T‑103/14, EU:T:2016:152, punto 81).


34      V., in tal senso, sentenza del 20 marzo 1985, Timex/Consiglio e Commissione (264/82, EU:C:1985:119, punto 24). Al riguardo si veda anche la sentenza del Tribunale del 30  iugno 2016, Jinan Meide Casting/Consiglio (T‑424/13, EU:T:2016:378, punto 94). La Corte ha peraltro rilevato che l’obbligo delle istituzioni dell’Unione di osservare il principio della riservatezza delle informazioni relative alle imprese, ed in particolare a quelle di paesi terzi che si siano dichiarate disposte a collaborare all’inchiesta, non può essere interpretato in modo da svuotare del loro contenuto essenziale i diritti attribuiti alle parti interessate dal regolamento di base. V., in tal senso, il punto 29 della succitata sentenza Timex/Consiglio e Commissione.


35      In particolare l’articolo 6, paragrafo 7, l’articolo 19, paragrafi da 2 a 4 e l’articolo 20 paragrafo 4 del regolamento di base. V., più nel dettaglio, la sentenza del Tribunale del 30 giugno 2016, Jinan Meide Casting/Consiglio (T‑424/13, EU:T:2016:378, punto 105).


36      Come rilevato dall’avvocato generale Mengozzi al paragrafo 113 delle sue conclusioni nelle cause Changshu e Ningbo, all’esigenza di permettere alle parti che presentano domande di adeguamento in forza dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base di disporre delle informazioni necessarie per poter motivare la fondatezza delle loro domande si contrappone quella di salvaguardare la riservatezza dei dati delle imprese del paese di riferimento che accettano di cooperare con le istituzioni nell’ambito delle inchieste antidumping le quali nei casi di applicazione del metodo del paese di riferimento, costituiscono la fonte fondamentale dei dati su cui le istituzioni si fondano, generalmente. Non tenendo conto di detta esigenza si rischierebbe, infatti, di compromettere seriamente la possibilità di effettuare siffatte inchieste.


37      Tale parte non può, tuttavia, essere obbligata a produrre la prova che la decisione sarebbe stata differente, bensì solo che tale ipotesi non vada totalmente esclusa in quanto essa avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza dell’irregolarità procedurale. V. sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP (C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punti 78 e 79).