Language of document : ECLI:EU:T:2019:141

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

7 marzo 2019 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti relativi agli studi di tossicità svolti nell’ambito del rinnovo dell’approvazione della sostanza attiva glifosato – Rifiuto parziale di accesso – Eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali – Interesse pubblico prevalente – Regolamento (CE) n. 1367/2006 – Nozione di informazioni riguardanti emissioni nell’ambiente»

Nella causa T‑716/14,

Anthony C. Tweedale, residente in Bruxelles (Belgio), rappresentato da B. Kloostra, avvocato,

ricorrente,

sostenuto da:

Regno di Svezia, rappresentato inizialmente da A. Falk, C. Meyer-Seitz, U. Persson, N. Otte Widgren, E. Karlsson e L. Swedenborg, successivamente da Falk, Meyer-Seitz, H. Shev, Swedenborg e F. Bergius, in qualità di agenti,

interveniente,

contro

Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), rappresentata da D. Detken, J. Tarazona, C. Pintado e B. Vagenende, in qualità di agenti, assistiti inizialmente da R. van der Hout e A. Köhler, poi da van der Hout e C. Wagner, avvocati,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda basata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento parziale della decisione dell’EFSA del 16 ottobre 2017, che annulla e sostituisce la decisione del 30 luglio 2014 e che concede un accesso parziale a due studi di tossicità sulla sostanza attiva glifosato, svolti nell’ambito della procedura di rinnovo dell’approvazione di tale sostanza attiva a norma del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU 2009, L 309, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da A.M. Collins, presidente, M. Kancheva e G. De Baere (relatore), giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 settembre 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il glifosato è un prodotto chimico utilizzato nei pesticidi, i quali sono prodotti fitosanitari.

2        Ai fini della sua iscrizione come sostanza attiva nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (GU 1991, L 230, pag. 1), il glifosato è stato oggetto di un rapporto valutativo elaborato dalla Repubblica federale di Germania, sul cui fondamento la Commissione delle Comunità europee ha adottato, il 29 giugno 2001, una relazione di riesame del glifosato resa pubblica il 21 gennaio 2002.

3        Il glifosato è stato iscritto nell’elenco delle sostanze attive dell’allegato I della direttiva 91/414 dalla direttiva 2001/99/CE della Commissione, del 20 novembre 2001, che modifica l’allegato I della direttiva 91/414 con l’iscrizione delle sostanze attive glifosato e tifensulfuron metile (GU 2001, L 304, pag. 14). L’iscrizione del glifosato come sostanza attiva era valida dal 1o luglio 2002 al 30 giugno 2012.

4        La Commissione, avendo ricevuto domanda di rinnovo dell’approvazione del glifosato come sostanza attiva, ha prorogato temporaneamente l’iscrizione di questo nell’elenco delle sostanze attive di cui all’allegato I della direttiva 91/414 fino al 31 dicembre 2015 con la direttiva 2010/77/UE della Commissione, del 10 novembre 2010, che modifica la direttiva 91/414 per quanto riguarda le scadenze dell’iscrizione di determinate sostanze attive nell’allegato I (GU 2010, L 293, pag. 48).

5        A seguito dell’adozione del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU 2009, L 309, pag. 1), il glifosato è stato iscritto nell’allegato del regolamento d’esecuzione (UE) n. 540/2011 della Commissione, del 25 maggio 2011, recante disposizioni di attuazione del regolamento n. 1107/2009 per quanto riguarda l’elenco delle sostanze attive approvate (GU 2011, L 153, pag. 1). La data di scadenza dell’approvazione è rimasta invariata al 31 dicembre 2015.

6        Il regolamento (UE) n. 1141/2010 della Commissione, del 7 dicembre 2010, che stabilisce la procedura per il rinnovo dell’iscrizione di un secondo gruppo di sostanze attive nell’allegato I della direttiva 91/414 e fissa l’elenco di tali sostanze (GU 2010, L 322, pag. 10), ha designato la Repubblica federale di Germania quale Stato membro relatore e la Repubblica slovacca quale Stato membro correlatore per la procedura di rinnovo dell’approvazione della sostanza attiva glifosato.

7        Per il rinnovo dell’approvazione della sostanza attiva glifosato, in conformità del regolamento n. 1141/2010, la Repubblica federale di Germania ha presentato alla Commissione e all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) un «progetto di rapporto valutativo per il rinnovo» (in prosieguo: l’«RVR»), del 18 dicembre 2013, la cui versione pubblica è stata pubblicata dall’EFSA il 12 marzo 2014.

8        Con lettera dell’11 aprile 2014, inviata mediante posta elettronica il giorno successivo, il sig. Anthony C. Tweedale, ricorrente, ha presentato all’EFSA una domanda di accesso a documenti in forza del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), nonché in forza del regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU 2006, L 264, pag. 13).

9        Tale richiesta riguardava gli studi di tossicità ASB2012-11499 e TOX95552393, «i due “studi chiave” utilizzati per determinare la dose giornaliera ammissibile (Acceptable Daily Intake — ADI) di glifosato» (in prosieguo: gli «studi richiesti»).

10      Nella propria richiesta, il ricorrente affermava che «l’RVR non contene[va] sintesi pubbliche di tali studi né alcun dettaglio sui protocolli seguiti o sui loro risultati, necessari per valutarne l’affidabilità, valutazione che [era] compito non esclusivo dell’EFSA», e che «[l]e informazioni richieste [erano] la relazione sulla sperimentazione animale e tutti i dati grezzi o altri dati ausiliari di tale sperimentazione».

11      Con lettera del 5 giugno 2014, l’EFSA ha negato l’accesso agli studi richiesti. L’EFSA ha riferito di avere consultato i proprietari degli studi richiesti a norma dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001. Essa ha dichiarato che, in base alla posizione di questi ultimi e sulla scorta della propria valutazione, gli studi in questione erano coperti dall’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, relativa alla tutela degli interessi commerciali, ivi compresa la proprietà intellettuale, e che la loro piena tutela era altresì conseguenza diretta della loro qualificazione come «riservati» a norma dell’articolo 63 del regolamento n. 1107/2009. Essa ha ritenuto che la divulgazione degli studi richiesti avrebbe rivelato il know-how in materia di competenze scientifiche e la strategia commerciale dei loro proprietari, incluso il loro know how in materia di elaborazione del fascicolo, e avrebbe pregiudicato i loro interessi commerciali.

12      L’EFSA ha aggiunto che, quanto alla ponderazione degli interessi e alla verifica dell’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione degli studi richiesti, l’interesse del pubblico ad avere accesso alle informazioni scientifiche riguardanti l’innocuità della sostanza attiva glifosato era chiaramente e pienamente soddisfatto dalla pubblicazione della versione pubblica dell’RVR (disponibile sul sito web dell’EFSA). L’EFSA ha rifiutato di mettere a disposizione del ricorrente gli studi richiesti in forza delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, in combinato disposto con le disposizioni del medesimo regolamento relative al trattamento riservato dei dati commerciali ricevuti in vista della valutazione scientifica, fatto salvo il regolamento n. 1367/2006.

13      Con messaggio di posta elettronica del 24 giugno 2014, il ricorrente ha presentato una domanda di conferma, chiedendo all’EFSA di rivedere la propria posizione.

14      Con decisione del 30 luglio 2014, l’EFSA ha confermato il suo rifiuto di accesso agli studi richiesti sulla base dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 e dell’articolo 63 del regolamento n. 1107/2009. Essa ha altresì specificato che tali studi non configuravano informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006.

15      A seguito della proposizione del presente ricorso, la valutazione della sostanza attiva glifosato è stata ritardata e, quindi, il periodo di validità della sua approvazione è stato prorogato fino al 30 giugno 2016 dal regolamento di esecuzione (UE) 2015/1885 della Commissione, del 20 ottobre 2015, che modifica il regolamento di esecuzione n. 540/2011 per quanto riguarda la proroga dei periodi di approvazione delle sostanze attive 2,4-D, acibenzolar-s-metile, amitrolo, bentazone, cialofop butile, diquat, esfenvalerate, famoxadone, flumiossazina, DPX KE 459 (flupirsulfuron metile), glifosate, iprovalicarb, isoproturon, lambda-cialotrina, metalaxyl-M, metsulfuron metile, picolinafen, prosulfuron, pimetrozina, piraflufen-etile, tiabendazolo, tifensulfuron metile e triasulfuron (GU 2015, L 276, pag. 48).

16      La valutazione dei rischi della sostanza attiva glifosato realizzata dallo Stato membro relatore nell’RVR è stata oggetto di un esame inter pares dell’EFSA (in prosieguo: l’«esame inter pares»). Le conclusioni dell’esame inter pares sono state adottate il 30 ottobre 2015 e pubblicate il 12 novembre 2015.

17      Il regolamento di esecuzione (UE) 2016/1056 della Commissione, del 29 giugno 2016, che modifica il regolamento di esecuzione n. 540/2011 per quanto riguarda la proroga del periodo di approvazione della sostanza attiva glifosato (GU 2016, L 173, pag. 52), ha prorogato l’iscrizione del glifosato nell’allegato del regolamento n. 540/2011 fino al 31 dicembre 2017, in considerazione del fatto che la valutazione della sostanza e la decisione sul rinnovo della sua approvazione erano state ritardate.

18      Il 16 ottobre 2017, l’EFSA ha adottato una nuova decisione di conferma, che annulla e sostituisce la decisione del 30 luglio 2014 e che concede al richiedente un accesso parziale agli studi richiesti.

19      In tale decisione, l’EFSA ha precisato che gli studi richiesti erano stati identificati come segue:

–        1991, Brooker e a., «The Effect of Glyphosate on Pregnancy of the Rabbit (Incorporates Preliminary Investigations)», Huntingdon Research Centre, dated: 1991-10-14, Reference TOX95552393,

–        1996, Coles e a., «Glyphosate technical: oral gavage teratology study in the rabbit Safepharm Laboratories Limited», Shardlow Business Park, dated 1996-07-04.

20      L’EFSA, tenuto conto degli argomenti del ricorrente nell’ambito del presente ricorso, ha deciso di accordargli l’accesso ai dati grezzi e alle conclusioni (aggregate in tabelle e grafici) degli studi richiesti. Essa ha ritenuto che le richieste di riservatezza presentate dai proprietari di tali studi, sulla base del regolamento n. 1049/2001, in combinato disposto con l’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009, non fossero applicabili a tali informazioni.

21      Per contro, in primo luogo, l’EFSA ha ritenuto che le parti degli studi richiesti individuate come rientranti nell’elenco delle informazioni che potevano essere pregiudizievoli per gli interessi commerciali dei proprietari degli studi in questione, ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009, dovevano essere tutelate in conformità dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. In secondo luogo, l’EFSA ha ritenuto che le informazioni relative al «know-how scientifico» contenute negli studi richiesti, ossia l’introduzione, contenente informazioni amministrative su tali studi, le parti riguardanti materiali e metodi in cui erano incluse informazioni sui lotti e i metodi di analisi fossero del pari coperte dall’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. In terzo luogo, essa ha ritenuto che gli allegati e le altre parti amministrative degli studi richiesti, contenenti la certificazione regolamentare di tali studi da parte dei laboratori specializzati e comprendenti la dichiarazione di conformità alle buone pratiche di laboratorio, nonché i protocolli seguiti dai proprietari di tali studi, fossero protetti in forza della medesima disposizione.

22      L’EFSA ha anche precisato che i nomi e le firme contenute negli studi richiesti, che non erano già di dominio pubblico, erano coperti dall’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001.

23      Inoltre, l’EFSA ha riferito di aver proceduto al bilanciamento degli interessi, ai sensi dei regolamenti nn. 1049/2001 e 1367/2006, e di aver concluso che non era applicabile alcun interesse pubblico prevalente alla divulgazione degli studi richiesti. Essa ha considerato che le informazioni comunicate al ricorrente soddisfacevano la necessità di conoscenza del pubblico e consentivano di ricostruire la valutazione dalla medesima svolta, tutelando nel contempo gli interessi dei proprietari degli studi richiesti. Secondo l’EFSA, i dati grezzi e le conclusioni erano sufficienti per esaminare con cura la valutazione dei risultati degli studi richiesti effettuata in occasione della valutazione del glifosato e della determinazione delle «dosi senza effetto avverso osservabile» (no-observed-adverse-effect level, NOAEL) selezionate e, unitamente alle informazioni già pubblicate, erano sufficienti per verificare il loro ruolo nella definizione della dose giornaliera ammissibile (ADI) proposta.

24      Infine, l’EFSA ha ritenuto che le parti degli studi richiesti che non erano state divulgate non contenessero informazioni riguardanti emissioni di prodotti fitosanitari o i loro residui nell’ambiente, né informazioni riguardanti emissioni o rilasci di glifosato o i loro effetti sull’ambiente e che la presunzione di cui all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 non fosse quindi applicabile.

25      Inoltre, il regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017, che rinnova l’approvazione della sostanza attiva glifosato, in conformità del regolamento (CE) n. 1107/2009 e che modifica l’allegato del regolamento di esecuzione (UE) n. 540/2011 (GU 2017, L 333, pag. 10), ha rinnovato l’approvazione del glifosato fino al 15 dicembre 2022, fatte salve le condizioni stabilite nell’allegato I.

 Procedimento e conclusioni delle parti

26      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 ottobre 2014, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

27      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 gennaio 2015, l’EFSA ha chiesto la sospensione del procedimento in attesa delle decisioni conclusive dei procedimenti nella causa C‑673/13 P, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe, e nella causa C‑442/14, Bayer CropScience e Stichting De Bijenstichting. Il ricorrente non ha presentato osservazioni su tale domanda.

28      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 gennaio 2015, il Regno di Svezia ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni del ricorrente.

29      Con ordinanza del 14 aprile 2015, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha accolto la domanda di sospensione del procedimento sulla base dell’articolo 54, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 77, lettera a), del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991.

30      A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, a norma dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Quarta Sezione alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

31      A seguito della pronuncia delle sentenze del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe/Commissione (C‑673/13 P, EU:C:2016:889), e del 23 novembre 2016, Bayer CropScience e Stichting De Bijenstichting (C‑442/14, EU:C:2016:890), il procedimento è stato ripreso.

32      Con decisione dell’8 dicembre 2016, il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha accolto l’istanza di intervento del Regno di Svezia, che ha depositato la propria memoria d’intervento il 28 febbraio 2017. Il ricorrente e l’EFSA hanno presentato osservazioni su tale memoria entro il termine impartito.

33      Con decisione del presidente del Tribunale, la presente causa è stata attribuita ad un nuovo giudice relatore, appartenente all’Ottava Sezione.

34      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 19 ottobre 2017, l’EFSA ha informato il Tribunale dell’adozione della decisione del 16 ottobre 2017.

35      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 dicembre 2017, il ricorrente ha adeguato le sue conclusioni richiedendo anche l’annullamento della decisione del 16 ottobre 2017.

36      L’EFSA e il Regno di Svezia hanno presentato le proprie osservazioni sulla memoria di adattamento delle conclusioni, rispettivamente, il 9 febbraio e il 19 marzo 2018.

37      Le parti hanno svolto le proprie difese e hanno risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza del 13 settembre 2018.

38      Nella memoria di adattamento delle conclusioni, il ricorrente, sostenuto dal Regno di Svezia, chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare le decisioni del 30 luglio 2014 e del 16 ottobre 2017;

–        condannare l’EFSA alle spese.

39      L’EFSA chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

40      In udienza, il ricorrente ha ritirato la sua domanda di annullamento della decisione dell’EFSA del 30 luglio 2014. Il richiedente ha altresì precisato che non chiedeva la divulgazione dei nomi e delle firme delle persone menzionate negli studi richiesti. Pertanto, il presente ricorso dev’essere considerato diretto all’annullamento parziale della decisione della Commissione del 16 ottobre 2017 (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 In diritto

41      A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce due motivi nel ricorso e quattro nuovi motivi nella memoria di adattamento delle conclusioni.

42      Il primo motivo verte sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 e dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, in quanto gli studi richiesti potrebbero essere qualificati come informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente» ai sensi di quest’ultima disposizione.

43      Il secondo motivo verte sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 e dell’articolo 4 della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»), in quanto l’EFSA non ha valutato il rischio concreto di danno che deriverebbe dalla divulgazione degli studi richiesti agli interessi commerciali invocati.

44      Il terzo motivo verte su un’erronea applicazione dell’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009.

45      Il quarto motivo verte sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, in quanto l’EFSA non avrebbe riconosciuto l’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione degli studi richiesti.

46      Il quinto motivo verte sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, in quanto l’EFSA avrebbe omesso di ponderare l’interesse del pubblico ad avere accesso alle informazioni ambientali contenute negli studi richiesti con l’interesse delle società a proteggere i loro interessi commerciali e/o facendo prevalere l’interesse economico di tali società.

47      Il sesto motivo verte sulla violazione degli articoli 2 e 4 del regolamento n. 1049/2001 e dell’articolo 41 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’EFSA e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU 2002, L 31, pag. 1), in quanto l’EFSA avrebbe negato l’interesse pubblico e l’interesse del ricorrente alla divulgazione degli studi richiesti.

48      Con il primo motivo, il ricorrente sostiene che l’EFSA ha violato l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 e l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, non riconoscendo che gli studi richiesti potessero essere considerati informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente» ai sensi di quest’ultima disposizione.

49      Secondo il ricorrente, occorre escludere l’applicabilità dell’eccezione alla divulgazione di documenti fondata sulla tutela degli interessi commerciali di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 in ragione dell’esistenza di un interesse pubblico prevalente. Infatti, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, si ritiene che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione qualora le informazioni richieste «riguardino emissioni nell’ambiente». Orbene, gli studi richiesti configurerebbero, per quanto riguarda il glifosato, informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente» a norma di detta disposizione, e quindi avrebbero dovuto essere divulgati.

50      L’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 dispone quanto segue:

«2.      Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

–        gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale,

–        le procedure giurisdizionali e la consulenza legale,

–        gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile,

a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione».

51      Il considerando 15 del regolamento n. 1367/2006 così recita:

«Le eccezioni previste dal regolamento (CE) n. 1049/2001 dovrebbero trovare applicazione, fatte salve eventuali disposizioni più specifiche del presente regolamento in materia di richieste di informazioni ambientali. Le motivazioni di rifiuto per quanto riguarda l’accesso alle informazioni ambientali dovrebbero essere interpretate in modo restrittivo, tenendo conto dell’interesse pubblico che la rivelazione di dette informazioni persegue e valutando se le informazioni richieste riguardano le emissioni nell’ambiente. I termini “interessi commerciali” abbracciano accordi in materia di riservatezza conclusi da istituzioni o organismi che agiscono a titolo di istituto bancario».

52      L’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 è così formulato:

«Per quanto concerne l’articolo 4, paragrafo 2, primo e terzo trattino, del regolamento (…) n. 1049/2001, eccezion fatta per le indagini, in particolare quelle relative ad una possibile violazione della normativa comunitaria, si ritiene che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione qualora le informazioni richieste riguardino emissioni nell’ambiente. Circa le altre eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento (…) n. 1049/2001, i motivi del rifiuto di accesso vanno interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione e del fatto che le informazioni richieste riguardino emissioni nell’ambiente».

53      L’articolo 6 del regolamento n. 1367/2006 aggiunge al regolamento n. 1049/2001 norme specifiche relative alle richieste di accesso a informazioni ambientali (sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 79).

54      Per quanto riguarda la nozione d’informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, occorre ricordare che la Corte ha dichiarato che dal considerando 2 del regolamento n. 1049/2001 emerge che la trasparenza permette di conferire alle istituzioni dell’Unione una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità nei confronti dei cittadini dell’Unione in un sistema democratico e che, consentendo che i diversi punti di vista vengano apertamente discussi, essa contribuisce ad accrescere la fiducia di detti cittadini (sentenza del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 75).

55      A tal fine, il regolamento n. 1049/2001 è volto, come si evince dal suo considerando 4 e dal suo articolo 1, a conferire al pubblico un diritto di accesso il più ampio possibile ai documenti delle istituzioni. Analogamente, il regolamento n. 1367/2006, come prevede il suo articolo 1, è volto a garantire la più ampia possibile disponibilità e diffusione sistematica delle informazioni ambientali in possesso delle istituzioni e degli organi dell’Unione (v. sentenza del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe, C‑673/13 P, EU:C:2016:889, punto 52 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 98).

56      Pertanto, solo nella misura in cui deroghino al principio dell’accesso più ampio possibile a detti documenti, limitando tale accesso, le eccezioni al principio in parola, in particolare quelle previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, secondo costante giurisprudenza della Corte, devono essere interpretate ed applicate restrittivamente. La necessità di tale interpretazione restrittiva è confermata, inoltre, dal considerando 15 del regolamento n. 1367/2006 (v. sentenza del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe, C‑673/13 P, EU:C:2016:889, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

57      Per contro, nell’istituire una presunzione secondo cui si ritiene che la divulgazione delle informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente», ad eccezione di quelle relative alle indagini, presenti un interesse pubblico prevalente rispetto all’interesse concernente la tutela degli interessi commerciali di una determinata persona fisica o giuridica, cosicché la tutela di tali interessi commerciali non può essere opposta alla divulgazione di dette informazioni, l’articolo 6, paragrafo 1, primo periodo, del regolamento n. 1367/2006 deroga, è vero, alla norma che prescrive la ponderazione degli interessi di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. Tuttavia, lo stesso articolo 6, paragrafo 1, primo periodo, consente, in tal modo, un’attuazione concreta del principio dell’accesso più ampio possibile alle informazioni in possesso delle istituzioni e degli organi dell’Unione, ragion per cui non può giustificarsi un’interpretazione restrittiva di tale disposizione (sentenza del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe, C‑673/13 P, EU:C:2016:889, punto 54).

58      Ciò implica che un’istituzione dell’Unione, quando riceve una domanda di accesso a un documento, non possa giustificare il suo rifiuto di divulgarlo sulla base dell’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali di una determinata persona fisica o giuridica, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, qualora le informazioni contenute in tale documento configurino informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006.

59      Orbene, nel caso di specie si deve rilevare che, nella decisione impugnata, l’EFSA ha motivato il suo rifiuto di divulgare talune parti degli studi richiesti, sulla base dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, invocando la tutela degli interessi commerciali dei proprietari degli studi richiesti.

60      Gli studi richiesti sono stati definiti dal ricorrente, nella sua domanda di accesso ai documenti, come «i “due studi chiave” utilizzati per determinare la [ADI] del glifosato». Si tratta di due studi di tossicità sullo sviluppo utilizzati nella domanda di rinnovo dell’approvazione della sostanza attiva glifosato.

61      Tra le parti è pacifico che i due studi succitati siano stati condotti in laboratorio su conigli femmina gravide con dosi elevate di glifosato mediante sonda. Tali studi avevano l’obiettivo di valutare gli effetti sull’embrione e sullo sviluppo fetale in caso di esposizione alla sostanza attiva glifosato e di stabilire la dose senza effetto avverso osservato (NOAEL) sulla tossicità materna e sullo sviluppo fetale.

62      Le parti concordano anche sul fatto che, sulla base degli studi richiesti, il NOAEL è stato fissato a 50 mg per chilogrammo di peso corporeo e per giorno (in prosieguo: l’«mg/kg pc/giorno») e che l’ADI per il glifosato, calcolata in base al NOAEL applicando un fattore di sicurezza di 100, è stata determinata nell’RVR in 0,5 mg/kg pc/giorno.

63      L’articolo 3, paragrafo 2, lettera j), del regolamento (CE) n. 396/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 febbraio 2005, concernente i livelli massimi di residui di antiparassitari nei o sui prodotti alimentari e mangimi di origine vegetale e animale e che modifica la direttiva 91/414 (GU 2005, L 70, pag. 1), definisce l’ADI come «la quantità stimata di una sostanza presente in un alimento riferita al peso corporeo che, sulla base di tutte le conoscenze disponibili al momento della valutazione, può essere ingerita quotidianamente, durante l’intero periodo di vita, senza rischi significativi per i consumatori, tenendo conto dei gruppi sensibili di popolazione (ad esempio bambini e nascituri)».

64      Dalla parte 2.6 del volume 1 dell’RVR, relativa agli effetti sulla salute umana e degli animali della sostanza attiva glifosato, risulta che il NOAEL determinato sulla base degli studi richiesti ha permesso anche di stabilire la «dose acuta di riferimento» (Acute Reference Dose — ARfD) fissata, mediante l’applicazione di un fattore di sicurezza di 100 a 0,5 mg per chilogrammo di peso corporeo.

65      L’articolo 3, paragrafo 2, i), del regolamento (CE) n. 396/2005 definisce la «dose acuta di riferimento» come «la quantità stimata di una sostanza in un alimento riferita al peso corporeo, che sulla base dei dati prodotti da studi appropriati e tenendo conto dei gruppi sensibili di popolazione (ad esempio bambini e nascituri) può essere ingerita per un breve arco di tempo, di norma nel corso di una giornata, senza rischi significativi per i consumatori».

66      Da un lato, va osservato che gli studi richiesti, definiti come gli «”studi chiave” utilizzati per determinare la [ADI] del glifosato», costituiscono informazioni necessarie che devono essere incluse nel fascicolo di rinnovo.

67      Infatti, l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1107/2009 prevede che la domanda volta ad ottenere l’approvazione di una sostanza attiva sia presentata dal fabbricante di tale sostanza allo Stato membro relatore e unitamente a un fascicolo sintetico e a un fascicolo completo, secondo quanto previsto dall’articolo 8, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1107/2009.

68      Il punto 3.1. dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009 precisa, in particolare, che «[i] fascicoli presentati a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, contengono le informazioni necessarie per stabilire, se necessario, la [ADI], il livello ammissibile di esposizione degli operatori (Acceptable Operator Exposure Level — AOEL) e la [ARfD]».

69      Dall’altro lato, si deve considerare che gli studi richiesti sono volti a individuare gli effetti dell’esposizione al glifosato sulla salute umana.

70      Ai sensi dell’articolo 3, punto 23, del regolamento n. 1107/2009, i «test e studi» sono definiti come le «ricerche o esperimenti che abbiano lo scopo di determinare le proprietà e il comportamento di una sostanza attiva o di prodotti fitosanitari, di prevedere l’esposizione a sostanze attive e/o ai loro metaboliti rilevanti, di determinare i livelli sicuri di esposizione e di stabilire le condizioni per l’impiego sicuro di tali prodotti».

71      Inoltre, l’articolo 3 del regolamento (UE) n. 283/2013 della Commissione, del 1o marzo 2013, che stabilisce i requisiti relativi ai dati applicabili alle sostanze attive, conformemente al regolamento n. 1107/2009 (GU 2013, L 93, pag. 1), prevede che il regolamento (UE) n. 544/2011 della Commissione, del 10 giugno 2011, recante disposizioni di attuazione del regolamento n. 1107/2009 (GU 2011, L 155, pag. 1), si applichi alle procedure relative al rinnovo dell’approvazione di una sostanza attiva avviate prima del 31 dicembre 2013. Il regolamento n. 544/2011 si applica pertanto alla procedura per il rinnovo dell’approvazione del glifosato (v. punto 4 supra).

72      L’allegato al regolamento n. 544/2011 stabilisce i requisiti in materia di dati per le sostanze attive, a norma dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1107/2009.

73      Per quanto attiene agli studi tossicologici e sul metabolismo, il punto 5 dell’allegato al regolamento n. 544/2011, nella sua introduzione è così formulato:

«i)      Le informazioni fornite, insieme con quelle precisate per uno o più preparati contenenti la sostanza attiva, devono essere tali da consentire una valutazione dei rischi per l’uomo associati alla manipolazione e all’utilizzazione di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva, nonché il rischio per l’uomo derivante da tracce residue negli alimenti e nell’acqua. Inoltre, le informazioni fornite devono essere sufficienti per:

–        poter decidere se la sostanza attiva possa essere approvata o meno,

–        specificare le opportune condizioni o limitazioni a cui subordinare l’eventuale approvazione,

–        classificare la sostanza attiva in base alla sua pericolosità,

–        stabilirne il livello di [ADI] per l’uomo,

–        stabilirne i [AOEL],

–        (…)».

74      Per quanto riguarda più in particolare gli studi di tossicità sullo sviluppo, ai quali sono riconducibili gli studi richiesti, il punto 5.6.2 dell’allegato al regolamento n. 544/2011 stabilisce quanto segue:

«Le relazioni sugli studi effettuati, congiuntamente con altri dati sulla sostanza attiva, devono essere sufficienti per poter valutare gli effetti sullo sviluppo embrionale e fetale conseguenti ad esposizione ripetuta alla sostanza attiva e, in particolare, per:

–        individuare gli effetti diretti e indiretti sullo sviluppo embrionale e fetale derivanti da esposizione alla sostanza attiva,

(…)

–        stabilire il NOAEL».

75      Ne consegue che gli studi richiesti, consentendo di determinare, in particolare, l’ADI e l’ARfD del glifosato, che configurano una stima della quantità presente negli alimenti che può essere ingerita quotidianamente o per tutta la vita senza rischio per la salute dei consumatori, fanno parte del processo di valutazione dei rischi della sostanza attiva per la salute umana ai fini del rinnovo dell’approvazione del glifosato.

76      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre verificare se le informazioni contenute negli studi richiesti configurino informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, circostanza che l’EFSA contesta.

77      In primo luogo, l’EFSA sostiene che gli studi richiesti non riguardano emissioni effettive o prevedibili nell’ambiente né gli effetti di tali emissioni.

78      Secondo la giurisprudenza della Corte, dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1367/2006, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), del medesimo, risulta sostanzialmente che l’obiettivo di detto regolamento consiste nel garantire il diritto d’accesso alle informazioni concernenti fattori, quali le emissioni, che incidono, o possono incidere, sugli elementi dell’ambiente, in particolare sull’aria, l’acqua e il suolo. Orbene, tale ipotesi non ricorre nel caso di emissioni meramente ipotetiche (v. sentenza del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe, C‑673/13 P, EU:C:2016:889, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

79      Tuttavia, la nozione di informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente» non può limitarsi unicamente alle informazioni attinenti alle emissioni effettivamente rilasciate nell’ambiente durante l’applicazione del prodotto fitosanitario o della sostanza attiva di cui trattasi sulle piante o sul suolo, le quali dipendono in particolare dalle quantità di prodotto utilizzate in concreto dagli agricoltori nonché dalla composizione esatta del prodotto finale commercializzato (sentenza del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe, C‑673/13 P, EU:C:2016:889, punto 73).

80      Pertanto, rientrano in detta nozione anche le informazioni sulle emissioni prevedibili del prodotto fitosanitario o della sostanza attiva in questione nell’ambiente, in condizioni normali o realistiche di utilizzo di tale prodotto o di tale sostanza, analoghe a quelle per le quali è stata concessa l’autorizzazione all’immissione in commercio ed esistenti nella zona di prevista utilizzazione di tale prodotto o di tale sostanza (v. sentenza del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe, C‑673/13 P, EU:C:2016:889, punto 74 e giurisprudenza ivi citata).

81      Infatti, sebbene l’immissione in commercio di un prodotto o di una sostanza non sia sufficiente, in generale, per considerare che tale prodotto o tale sostanza sarà necessariamente rilasciata nell’ambiente e che le informazioni corrispondenti riguardino «emissioni nell’ambiente», la situazione è diversa laddove si tratti di un prodotto, come un prodotto fitosanitario, e di sostanze in esso contenute che, nell’ambito di un utilizzo normale, sono destinati ad essere liberati nell’ambiente a motivo della loro stessa funzione. In tal caso, le emissioni prevedibili nell’ambiente, in condizioni normali o realistiche di utilizzo, del prodotto di cui trattasi o delle sostanze in esso contenute non sono ipotetiche e rientrano nella nozione di «emissioni nell’ambiente» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, primo periodo, del regolamento n. 1367/2006 (v. sentenza del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe, C‑673/13 P, EU:C:2016:889, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

82      Ne consegue che una sostanza attiva contenuta nei prodotti fitosanitari, come il glifosato, è, nell’ambito del suo utilizzo normale, destinata a essere rilasciata nell’ambiente in ragione della sua stessa funzione e le sue prevedibili emissioni, quindi, non possono essere considerate meramente ipotetiche.

83      In ogni caso, le emissioni di glifosato non possono essere qualificate come emissioni soltanto prevedibili. Infatti, gli studi richiesti facevano parte del fascicolo per il rinnovo dell’approvazione della sostanza attiva glifosato.

84      Si deve ricordare, a questo proposito, che il glifosato è stato iscritto come sostanza attiva a decorrere dal 1o luglio 2002. A partire da tale data, il glifosato è stato autorizzato negli Stati membri ed è stato effettivamente utilizzato in prodotti fitosanitari. Come indicato nel considerando 19 del regolamento di esecuzione n. 2017/2324, il glifosato è uno degli erbicidi maggiormente usati nell’Unione.

85      Le emissioni di glifosato nell’ambiente sono quindi reali. Detta sostanza attiva è in particolare presente sotto forma di residui nelle piante, nell’acqua e negli alimenti.

86      Gli studi richiesti sono, di conseguenza, studi diretti a stabilire la tossicità di una sostanza attiva che è effettivamente presente nell’ambiente.

87      Pertanto, l’EFSA non può sostenere che gli studi richiesti non riguardano emissioni effettive né gli effetti di emissioni effettive.

88      In secondo luogo, l’EFSA sostiene che gli studi richiesti sono stati condotti per determinare le proprietà pericolose del glifosato e non per stabilire il livello di emissioni che potrebbe essere autorizzato e che, di conseguenza, essi non avevano il fine di valutare le emissioni effettive o prevedibili. Un nesso con emissioni nell’ambiente non sarebbe sufficiente perché tali studi ricadano nell’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006.

89      È vero che la Corte ha dichiarato che, sebbene non sia necessario adottare un’interpretazione restrittiva della nozione di informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente», tale nozione non può, tuttavia, includere qualsiasi informazione che presenti un qualche nesso, ancorché diretto, con emissioni nell’ambiente. Infatti, se detta nozione fosse interpretata nel senso di comprendere informazioni del genere, essa priverebbe in gran parte di contenuto la nozione di «informazioni ambientali» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1367/2006. Una simile interpretazione priverebbe, pertanto, di ogni effetto utile la possibilità per le istituzioni, prevista all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, di negare la divulgazione di informazioni ambientali, per il motivo, in particolare, che una divulgazione del genere pregiudicherebbe la tutela degli interessi commerciali di una determinata persona fisica o giuridica e comprometterebbe l’equilibrio che il legislatore dell’Unione ha inteso garantire tra l’obiettivo di trasparenza e la tutela di detti interessi. Essa arrecherebbe altresì un pregiudizio sproporzionato alla tutela del segreto professionale garantita dall’articolo 339 TFUE (sentenza del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe, C‑673/13 P, EU:C:2016:889, punto 81).

90      Occorre tuttavia ricordare che, secondo la giurisprudenza citata al punto 55 supra, il regolamento n. 1367/2006 persegue, conformemente all’articolo 1 dello stesso, l’obiettivo di garantire le più ampie disponibilità e diffusione sistematiche possibile al pubblico dell’informazione ambientale. Infatti, dal considerando 2 del regolamento succitato risulta sostanzialmente che l’accesso alle informazioni ambientali garantito da tale regolamento mira, in particolare, a favorire una partecipazione pubblica più efficace al processo decisionale, in modo da accrescere la responsabilità degli organi competenti nell’ambito del processo decisionale al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica e di ottenerne il sostegno nei confronti delle decisioni adottate (sentenze del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe, C‑673/13 P, EU:C:2016:889, punto 80, e del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 98).

91      Orbene, per assicurarsi che le decisioni adottate dalle autorità competenti in materia ambientale siano fondate e per poter partecipare efficacemente al processo decisionale in materia ambientale, il pubblico deve aver accesso alle informazioni che gli consentono di verificare se le emissioni siano state correttamente valutate e deve poter ragionevolmente comprendere il modo in cui l’ambiente rischi di subire gli effetti di dette emissioni. Da ciò la Corte ha desunto che nella nozione di informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente» occorre includere le informazioni che consentono al pubblico di controllare se la valutazione delle emissioni effettive o prevedibili, sulla cui base l’autorità competente ha autorizzato il prodotto o la sostanza in questione, sia corretta, nonché i dati relativi agli effetti di tali emissioni sull’ambiente (sentenza del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe, C‑673/13 P, EU:C:2016:889, punto 80).

92      Dalla summenzionata giurisprudenza risulta chiaramente che la nozione di informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, non è circoscritta alle informazioni che consentono di valutare le emissioni in quanto tali, ma comprende anche le informazioni relative agli effetti di dette emissioni.

93      A tale riguardo, la Corte ha fornito talune precisazioni nella sua interpretazione della nozione di «informazioni sulle emissioni nell’ambiente» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva n. 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU 2003, L 41, pag. 26).

94      L’articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2003/4 mira a dare attuazione all’articolo 4, paragrafo 4, lettera d), della Convenzione di Aarhus, le cui disposizioni sono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione (v. sentenza del 15 marzo 2018, North East Pylon Pressure Campaign e Sheehy, C‑470/16, EU:C:2018:185, punto 46 e giurisprudenza ivi citata). Detta Convenzione prevale sugli atti di diritto derivato dell’Unione, che devono essere interpretati, nella misura massima possibile, in conformità con la stessa (v., per analogia, sentenza dell’11 luglio 2018, Bosphorus Queen Shipping, C‑15/17, EU:C:2018:557, punto 44).

95      Pertanto, ai fini dell’interpretazione della direttiva 2003/4 occorre tenere conto della Convenzione di Aarhus (sentenza del 23 novembre 2016, Bayer CropScience e Stichting De Bijenstichting, C‑442/14, EU:C:2016:890, punto 54) e del regolamento n. 1367/2006 (sentenza del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe, C‑673/13 P, EU:C:2016:889, punto 61).

96      Va osservato che l’articolo 4, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2003/4 e l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 sono diretti all’attuazione della stessa disposizione della Convenzione di Aarhus.

97      Come l’avvocato generale Szpunar ha rilevato al paragrafo 40 delle sue conclusioni nella causa Saint-Gobain Glass Deutschland/Commissione (C‑60/15 P, EU:C:2016:778), è auspicabile assicurare una coerenza nell’interpretazione di tali due atti (la direttiva 2003/4 e il regolamento n. 1367/2006) nei limiti in cui essi danno attuazione alle medesime disposizioni della Convenzione di Aarhus. Salvo espressa indicazione contraria, è ragionevole ritenere che il legislatore dell’Unione abbia inteso dare attuazione alla citata Convenzione in maniera uniforme nel diritto dell’Unione, sia per gli Stati membri che per le istituzioni dell’Unione.

98      Pertanto, si deve rilevare che l’interpretazione adottata dalla Corte nella sentenza del 23 novembre 2016, Bayer CropScience e Stichting De Bijenstichting (C‑442/14, EU:C:2016:890), della nozione di «informazioni sulle emissioni nell’ambiente», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, punto d), della direttiva 2003/4, si applica anche alla nozione di informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006.

99      La Corte ha dichiarato che il pubblico deve avere accesso non solo alle informazioni sulle emissioni in quanto tali, ma anche a quelle riguardanti le conseguenze a termine più o meno lungo di dette emissioni sullo stato dell’ambiente, come gli effetti di tali emissioni sugli organismi non bersaglio. Infatti, l’interesse del pubblico ad accedere alle informazioni sulle emissioni nell’ambiente è appunto non solo quello di sapere che cosa è, o prevedibilmente sarà, rilasciato nell’ambiente, ma anche di comprendere il modo in cui l’ambiente rischia di essere danneggiato dalle emissioni in questione (v., per analogia, sentenza del 23 novembre 2016, Bayer CropScience e Stichting De Bijenstichting, C‑442/14, EU:C:2016:890, punto 86).

100    Ne consegue che la nozione di informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, dev’essere interpretata nel senso che essa include non solo le informazioni sulle emissioni in quanto tali, ossia le indicazioni relative alla natura, alla composizione, alla quantità, alla data e al luogo di tali emissioni, ma anche i dati relativi agli effetti a termine più o meno lungo di dette emissioni sull’ambiente (v., per analogia, sentenza del 23 novembre 2016, Bayer CropScience e Stichting De Bijenstichting, C‑442/14, EU:C:2016:890, punto 87).

101    A tale proposito, per stabilire il NOAEL e l’ADI del glifosato, ossia la dose massima di esposizione alla sostanza attiva alla quale non si è osservato alcun effetto avverso nonché la quantità stimata della sostanza che può essere assunta quotidianamente nell’arco della vita senza rischi apprezzabili per il consumatore, gli studi richiesti devono essere considerati, conformemente alla definizione di cui all’articolo 3, punto 23, del regolamento n. 1107/2009, tali da aver condotto a «determinare i livelli sicuri di esposizione» e a «stabilire le condizioni per l’impiego sicuro» del glifosato.

102    Inoltre, dal punto 5 dell’allegato del regolamento n. 544/2011 emerge che gli studi richiesti, permettendo di stabilire l’ADI del glifosato, costituiscono informazioni che consentono una «valutazione dei rischi per l’uomo associati alla manipolazione e all’utilizzazione di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva», nonché del «rischio per l’uomo derivante da tracce residue negli alimenti e nell’acqua». Più specificamente, gli studi richiesti, in quanto studi della tossicità sullo sviluppo, hanno lo scopo, ai sensi del punto 5.6.2 dell’allegato del regolamento n. 544/2011, di «poter valutare gli effetti sullo sviluppo embrionale e fetale conseguenti ad esposizione ripetuta alla sostanza attiva».

103    Occorre di conseguenza ritenere che gli studi richiesti, stabilendo il NOAEL, sulla cui base sono stati calcolati l’ADI e l’ARfD, abbiano consentito di stabilire i limiti entro i quali il glifosato, se presente negli alimenti, non presenta alcun rischio, a termine più o meno lungo, per la salute umana e, quindi, di fissare i diversi valori relativi agli effetti delle emissioni del glifosato sulla salute umana.

104    Inoltre, come rilevato dal Regno di Svezia, l’ADI rappresenta una soglia di esposizione senza rischio a lungo termine per i consumatori. Pertanto, se l’uso o i residui di un prodotto fitosanitario hanno l’effetto di superare l’ADI, essi saranno considerati nocivi per la salute.

105    A tale proposito, l’EFSA riconosce che l’ADI è parte del processo di valutazione dei rischi per l’approvazione di una sostanza attiva, che impone che le condizioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009 siano soddisfatte. Essa precisa che, a tal fine, è necessario valutare se la sostanza attiva o i suoi residui possano avere effetti nocivi per la salute umana. L’EFSA sottolinea che, in una prima fase, il valore tossicologico di riferimento utilizzato per valutare l’esposizione dell’uomo a lungo termine è l’ADI, calcolata in base al NOAEL e che, in una seconda fase, l’esposizione alla sostanza attiva e ai suoi residui viene valutata e confrontata con l’ADI.

106    Orbene, dall’esame inter pares emerge, ed è pacifico tra le parti, che, sulla base degli studi richiesti, l’ADI del glifosato è passata da 0,3 mg/kg pc/giorno della prima approvazione del glifosato a 0,5 mg/kg pc/giorno al momento del rinnovo dell’approvazione di tale sostanza attiva.

107    Un aumento dell’ADI implica la possibilità di un aumento dei residui di glifosato considerati privi di effetti avversi per la salute. Come osserva il Regno di Svezia, un aumento dell’ADI comporta che le autorità competenti accettino residui di glifosato più elevati negli alimenti.

108    In terzo luogo, l’EFSA sostiene che le dosi somministrate ai vertebrati in laboratorio non sono equivalenti alle dosi con cui gli esseri umani entreranno in contatto durante l’uso della sostanza e che tali studi effettuati in laboratorio sono indipendenti dalle modalità di utilizzo previsto e non rispecchiano condizioni realistiche. Le condizioni di esposizione utilizzate negli studi in laboratorio non sarebbero paragonabili alla gamma delle esposizioni umane e ambientali per l’irrorazione di glifosato conformemente alla buona pratica agricola.

109    È vero che, nel caso di specie, non è oggetto di contestazione che gli studi richiesti siano stati effettuati in laboratorio mediante sonda su conigli femmina gravide con dosi elevate di glifosato che non corrispondono a quelle cui un essere umano viene esposto durante il normale utilizzo di tale sostanza.

110    Orbene, la Corte ha statuito che ciò che rileva non è tanto che i dati di cui trattasi provengano da studi realizzati in tutto o in parte sul campo o in laboratorio, o ancora dall’esame della traslocazione, ma che i suddetti studi siano intesi a valutare «emissioni nell’ambiente» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, ossia le emissioni effettive o prevedibili del prodotto o della sostanza in questione nell’ambiente in circostanze rappresentative delle condizioni normali o realistiche di utilizzo di tale prodotto o di tale sostanza, o ad analizzare gli effetti di dette emissioni (v., per analogia, sentenza del 23 novembre 2016, Bayer CropScience e Stichting De Bijenstichting, C‑442/14, EU:C:2016:890, punto 89).

111    In tal modo non costituirebbero, in particolare, informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente» dati ricavati da test volti a studiare gli effetti dell’utilizzo di una dose del prodotto o della sostanza di cui trattasi nettamente superiore alla dose massima per la quale è concessa l’autorizzazione all’immissione in commercio e che sarà utilizzata in pratica, o in una concentrazione molto più elevata, poiché simili dati si riferiscono a emissioni non prevedibili in condizioni normali o realistiche di utilizzo (v., per analogia, sentenza del 23 novembre 2016, Bayer CropScience e Stichting De Bijenstichting, C‑442/14, EU:C:2016:890, punto 90).

112    Per contro, rientrano nella nozione d’informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente» gli studi volti a determinare la tossicità, gli effetti e altri aspetti di un prodotto o di una sostanza nelle condizioni realistiche più sfavorevoli che possano ragionevolmente presentarsi, nonché studi realizzati in condizioni il più possibile simili alle normali pratiche agricole e alle condizioni diffuse nella zona in cui detto prodotto o detta sostanza saranno utilizzati (v., per analogia, sentenza del 23 novembre 2016, Bayer CropScience e Stichting De Bijenstichting, C‑442/14, EU:C:2016:890, punto 91).

113    Ne consegue che, perché degli studi possano essere qualificati quali informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, ciò che rileva non sono tanto le condizioni di realizzazione di tali studi, in particolare se dette condizioni siano state realizzate o meno in laboratorio, ma il loro scopo.

114    Pertanto, l’EFSA non può sostenere che, dal momento che le dosi elevate utilizzate negli studi richiesti per determinare l’ADI non corrispondono a quelle rilasciate effettivamente nell’ambiente, gli studi richiesti non avrebbero rapporto con gli utilizzi previsti e sarebbero puramente teorici.

115    Infatti, ciò significherebbe che gli studi richiesti abbiano definito il NOAEL per l’essere umano, a partire dal quale è stata calcolata l’ADI, sulla base di dati meramente ipotetici, privi di qualunque collegamento con il modo in cui gli esseri umani saranno esposti al glifosato durante il suo utilizzo.

116    Pertanto, l’argomento dell’EFSA, secondo cui le condizioni di realizzazione degli studi richiesti non sono collegate alle emissioni, non è pertinente. Ciò che rileva non sono tanto le condizioni di realizzazione degli studi richiesti quanto il loro scopo, che è quello di definire il NOAEL, che ha fornito la base per la determinazione dell’ADI e dell’ARfD. Ne consegue che lo scopo degli studi richiesti è quello di stabilire i limiti oltre i quali l’esposizione alla sostanza attiva glifosato presenti dei rischi per la salute umana.

117    Pertanto, gli studi richiesti, consentendo di definire la dose massima di esposizione al glifosato al di là della quale i residui della sostanza attiva saranno considerati nocivi per la salute umana, configurano studi volti a determinare la tossicità del glifosato nelle condizioni realistiche peggiori che possano ragionevolmente verificarsi.

118    Inoltre, in applicazione della giurisprudenza citata al punto 91 supra, secondo la quale il pubblico deve avere la possibilità di comprendere ragionevolmente il modo in cui l’ambiente rischi di essere compromesso dalle emissioni, si deve ritenere che l’accesso del ricorrente agli studi richiesti gli consenta di comprendere in che modo la salute umana rischi di essere pregiudicata da rilasci di glifosato nell’ambiente.

119    Da quanto precede risulta che gli studi richiesti devono essere considerati informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006.

120    Pertanto, in applicazione di tale disposizione, si ritiene che la loro divulgazione presenti un interesse pubblico prevalente e che l’EFSA non potesse negarne la divulgazione, adducendo che ciò avrebbe arrecato pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali dei proprietari degli studi richiesti, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

121    Ne consegue che non è pertinente l’argomento dell’EFSA secondo cui, dato che le parti degli studi richiesti che sono state divulgate consentono di verificare i risultati degli studi e della valutazione effettuata, l’accesso agli studi completi non sarebbe necessario.

122    Inoltre, nella decisione impugnata, nell’applicare l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, l’EFSA ha precisato che l’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009 contiene un elenco non esaustivo di informazioni sensibili la cui divulgazione è di norma considerata pregiudizievole per la tutela degli interessi commerciali degli interessati. Essa ha concluso che le parti degli studi identificate come rientranti in tale elenco dovevano essere tutelate ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

123    Da una parte, dalla decisione impugnata risulta che l’EFSA non specifica quali parti degli studi richiesti siano state individuate come rientranti nell’elenco dell’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009.

124    A tale riguardo si deve rilevare che, per quanto riguarda le informazioni relative ai nomi e agli indirizzi delle persone impegnate nella sperimentazione su animali vertebrati, di cui all’articolo 63, paragrafo 2, lettera g), del regolamento n. 1107/2009, l’EFSA ha espressamente affermato che esse erano protette in virtù dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001. Orbene, occorre ricordare che tali informazioni non sono oggetto del presente ricorso.

125    Invece, l’EFSA non indica quali informazioni contenute negli studi richiesti sarebbero riconducibili ad una delle altre eccezioni previste nell’elenco dell’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009. A tale riguardo, va osservato che la tabella allegata alla decisione impugnata, che individua le parti degli studi richiesti che sono state comunicate o meno e per quale motivo, fa riferimento all’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009 solo per quanto riguarda le parti di tali studi che sono state divulgate, cioè il titolo, l’indice e le tabelle, i diagrammi e gli allegati contenenti i dati grezzi degli studi.

126    Dall’altra parte, l’EFSA afferma espressamente, nella decisione impugnata, di aver applicato l’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009 nel contesto dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, vale a dire la tutela degli interessi commerciali.

127    Orbene, da quanto precede si evince che l’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali, prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, non può essere fatta valere per opporsi alla divulgazione degli studi richiesti che sono considerati informazioni «[riguardanti] emissioni nell’ambiente», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006.

128    Di conseguenza, si deve dichiarare che l’EFSA non ha giustificato l’applicazione dell’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento n. 1107/2009.

129    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre accogliere il primo motivo e, pertanto, annullare la decisione impugnata nella parte in cui ha negato la divulgazione di tutti gli studi richiesti, ad eccezione dei nomi e delle firme delle persone ivi menzionate.

 Sulle spese

130    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

131    L’EFSA, rimasta soccombente, deve essere condannata a sostenere le proprie spese nonché quelle sostenute dal ricorrente, conformemente alla domanda di quest’ultimo.

132    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri intervenuti nella causa restano a loro carico. Pertanto, il Regno di Svezia sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), del 16 ottobre 2017, che annulla e sostituisce la decisione del 30 luglio 2014 e che concede un accesso parziale a due studi di tossicità sulla sostanza attiva glifosato, elaborati nell’ambito della procedura di rinnovo dell’approvazione di tale sostanza attiva, è annullata nella parte in cui l’EFSA nega la divulgazione di tutti i suddetti studi, ad eccezione dei nomi e delle firme delle persone ivi menzionate.

2)      L’EFSA sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dal sig. Anthony Tweedale.

3)      Il Regno di Svezia sopporterà le proprie spese.

Collins

Kancheva

De Baere

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 marzo 2019.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.