Language of document : ECLI:EU:C:2024:277

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

31 maggio 2018 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione europea o in uscita dalla stessa – Regolamento (CE) n. 1889/2005 – Ambito di applicazione – Articolo 63 TFUE – Libera circolazione dei capitali – Cittadino di un paese terzo che trasporta nei suo bagagli una somma ingente di denaro contante non dichiarata – Obbligo di dichiarazione collegato all’uscita di tale somma dal territorio spagnolo – Sanzioni – Proporzionalità»

Nella causa C‑190/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Superior de Justicia de Madrid (Corte superiore di giustizia di Madrid, Spagna), con decisione del 5 aprile 2017, pervenuta in cancelleria il 12 aprile 2017, nel procedimento

Lu Zheng

contro

Ministerio de Economía y Competitividad,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, C.G. Fernlund (relatore), A. Arabadjiev, S. Rodin ed E. Regan, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo spagnolo, da A. Gavela Llopis, in qualità di agente;

–        per il governo belga, da P. Cottin e M. Jacobs, in qualità di agenti;

–        per il governo ellenico, da K. Boskovits, E. Zisi e A. Dimitrakopoulou, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da P. Arenas e M. Wasmeier, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa (GU 2005, L 309, pag. 9).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone il sig. Lu Zheng al Ministerio de Economía y Competitividad (Ministero dell’Economia e della Competitività, Spagna) in merito all’ammenda inflittagli per la violazione dell’obbligo di dichiarare, all’uscita dal territorio spagnolo, determinate somme di denaro contante trasportate.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        I considerando 2 e 3 del regolamento n. 1889/2005 sono così formulati:

«(2)      L’introduzione dei proventi di attività illecite nel sistema finanziario e il loro investimento previo riciclaggio sono pregiudizievoli a uno sviluppo economico sano e sostenibile. La direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite [(GU 1991, L 166, pag. 77)] ha pertanto introdotto un meccanismo comunitario volto a prevenire il riciclaggio di capitali controllando le operazioni effettuate attraverso enti creditizi e finanziari e taluni tipi di professioni. Poiché c’è il rischio che l’applicazione di detto meccanismo provochi l’aumento dei movimenti di denaro contante a fini illeciti, la direttiva [91/308] dovrebbe essere integrata da un sistema di sorveglianza sul denaro contante che entra nella Comunità o ne esce.

(3)      Attualmente siffatti sistemi di sorveglianza sono applicati soltanto da alcuni Stati membri in virtù del diritto nazionale. Le disparità legislative sono pregiudizievoli al corretto funzionamento del mercato interno. Gli elementi fondamentali dovrebbero pertanto essere armonizzati a livello comunitario per garantire un livello equivalente di sorveglianza sui movimenti di denaro contante attraverso le frontiere della Comunità. Detta armonizzazione non dovrebbe tuttavia pregiudicare la possibilità per gli Stati membri di applicare, a norma delle vigenti disposizioni del trattato, controlli nazionali sui movimenti di denaro contante all’interno della Comunità».

4        A termini dell’articolo 1 di tale regolamento:

«1. Il presente regolamento integra le disposizioni della direttiva [91/308] concernenti le operazioni effettuate attraverso enti creditizi e finanziari e taluni tipi di professioni stabilendo norme armonizzate per la sorveglianza, da parte delle autorità competenti, sul denaro contante che entra nella Comunità o ne esce.

2.      Il presente regolamento non pregiudica le misure nazionali volte a controllare i movimenti di denaro contante all’interno della Comunità prese a norma dell’articolo [65 TFUE]».

5        L’articolo 3, paragrafo 1, del menzionato regolamento così recita:

«Ogni persona fisica che entra nella Comunità o ne esce e trasporta denaro contante di importo pari o superiore a 10 000 EUR deve dichiarare tale somma alle autorità competenti dello Stato membro attraverso il quale essa entra nella Comunità o ne esce a norma del presente regolamento. L’obbligo di dichiarazione non è soddisfatto se le informazioni fornite sono inesatte o incomplete».

6        L’articolo 9, paragrafo 1, dello stesso regolamento così prevede:

«Gli Stati membri stabiliscono sanzioni da applicare in caso di inadempienza dell’obbligo di dichiarazione stabilito all’articolo 3. Dette sanzioni sono efficaci, proporzionate e dissuasive».

 Diritto spagnolo.

7        Dal combinato disposto dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera v), e dell’articolo 34 della Ley 10/2010 de prevención del blanqueo de capitales y de la financiación del terrorismo (legge n. 10/2010 sulla prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo), del 28 aprile 2010 (BOE n. 103, del 29 aprile 2010), risulta che le persone fisiche che entrano nel territorio nazionale, o ne escono, con strumenti di pagamento di importo pari o superiore a EUR 10 000 devono presentare una dichiarazione preventiva recante informazioni esatte riguardanti il titolare, il proprietario, il destinatario, l’importo, la natura, la provenienza, l’uso previsto, i percorsi e i mezzi di trasporto dei mezzi di pagamento.

8        L’articolo 35, paragrafo 2, di detta legge prevede che l’omessa dichiarazione, quando sia obbligatoria, o la mancanza di veridicità dei dati dichiarati, qualora possa ritenersi particolarmente rilevante, determinerà il sequestro da parte dei funzionari della dogana o degli organi di polizia incaricati dell’intero importo degli strumenti di pagamento trovati, ad eccezione dell’importo minimo necessario per la sussistenza.

9        Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, lettera a), della legge n. 10/2010, la violazione di detto obbligo di dichiarazione costituisce un’infrazione grave passibile, ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 3, di tale legge, di un’ammenda il cui importo minimo è pari a EUR 600 e il cui importo massimo può raggiungere il doppio della somma di denaro contante non dichiarata.

10      A norma dell’articolo 59, paragrafo 3, di detta legge:

«Per determinare la sanzione applicabile in caso d’inadempimento dell’obbligo di dichiarazione ai sensi dell’articolo 34, si considerano aggravanti le seguenti circostanze:

a)      L’elevato importo del movimento, intendendosi comunque tale l’importo pari al doppio della soglia che obbliga alla dichiarazione.

b)      La mancata dimostrazione dell’origine lecita degli strumenti di pagamento.

c)      L’incoerenza tra l’attività svolta dall’interessato e l’importo del movimento.

d)      La circostanza che gli strumenti di pagamento si trovano in un luogo o in una situazione tali da rivelare la chiara intenzione d’occultarli;

e)      Le sanzioni amministrative definitive per inadempimento dell’obbligo di dichiarazione già inflitte all’interessato negli ultimi cinque anni».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11      Il 10 agosto 2014, il sig. Zheng, cittadino cinese, ha fatto registrare i propri bagagli all’aeroporto di Gran Canaria (Spagna) per un volo a destinazione Hong Kong (Cina), con scali a Madrid (Spagna) e Amsterdam (Paesi Bassi).

12      In occasione di un controllo effettuato durante lo scalo all’aeroporto di Madrid-Barajas, è stato constatato che i bagagli del sig. Zheng contenevano un importo di EUR 92 900 in contanti, che quest’ultimo aveva omesso di dichiarare in violazione dell’obbligo di cui all’articolo 34 della legge n. 10/2010.

13      Tale importo è stato oggetto di sequestro, previa detrazione di una somma di EUR 1 000 corrispondente al minimo di sussistenza di cui all’articolo 35, paragrafo 2, di detta legge.

14      Il 15 aprile 2015 il Secretario General del Tesoro y Política Financiera (segretario generale del Tesoro e della Politica finanziaria, Spagna), dipendente del Ministero dell’Economia e della Competitività, ha inflitto un’ammenda amministrativa di EUR 91 900 al sig. Zheng, dopo aver rilevato, a titolo di circostanze aggravanti, l’importo elevato della somma non dichiarata, l’assenza di giustificazione dell’origine lecita del denaro contante, l’incoerenza delle dichiarazioni dell’interessato relative alla sua attività professionale e il fatto che il denaro contante si trovava in un luogo che indicava l’intenzione deliberata di occultarlo.

15      Il sig. Zheng ha proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio contro la decisione che gli ha inflitto l’ammenda, chiedendone l’annullamento o l’imposizione di una sanzione minima, o l’applicazione di una sanzione proporzionata all’infrazione commessa. Egli deduce, a tale riguardo, una violazione del principio di proporzionalità.

16      Il giudice del rinvio ritiene in sostanza che, anche se il denaro contante di cui al procedimento principale è rimasto nel territorio dell’Unione europea, il sig. Zheng era soggetto all’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005, dato che l’interessato non poteva, prima del suo arrivo sul territorio cinese, accedere al denaro che si trovava nei suoi bagagli registrati all’aeroporto di Gran Canaria.

17      Alla luce dell’interpretazione data dalla Corte all’articolo 9, paragrafo 1, di tale regolamento nella sua sentenza del 16 luglio 2015, Chmielewski, C‑255/14, EU:C:2015:475), il giudice del rinvio si interroga sulla portata della suddetta disposizione e sulla compatibilità con quest’ultima di taluni aspetti della normativa nazionale che sanziona il mancato rispetto dell’obbligo di dichiarare i movimenti di denaro contante.

18      È in tali circostanze che il Tribunal Superior de Justicia de Madrid (Corte superiore di giustizia di Madrid, Spagna) ha deciso di sospendere il procedimento e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento [n. 1889/2005] debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, che, per sanzionare l’inadempimento dell’obbligo di dichiarazione previsto dall’articolo 3 dello stesso regolamento, consente di infliggere una sanzione pecuniaria pari sino al doppio del valore degli strumenti di pagamento utilizzati.

2)      Se l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento [n. 1889/2005] debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, che prevede come circostanze aggravanti dell’inadempimento dell’obbligo della dichiarazione la mancata dimostrazione dell’origine lecita degli strumenti di pagamento e l’incoerenza tra l’attività svolta dall’interessato [e l’importo trasportato].

3)      Nel caso di risposta affermativa alle due precedenti questioni, se l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento [n. 1889/2005] debba essere interpretato nel senso che soddisfa l’esigenza di proporzionalità l’irrogazione di una sanzione economica che, indipendentemente dall’importo trasportato, si elevi sino al 25% del denaro contante non dichiarato».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità della prima questione

19      Il governo spagnolo contesta la ricevibilità della prima questione, in ragione del fatto che l’ammenda di cui al procedimento principale è inferiore all’importo di denaro contante non dichiarato e, quindi, molto minore del doppio di detto importo. Pertanto, la risposta a tale questione non sarebbe necessaria alla soluzione della controversia.

20      Si deve rilevare a questo proposito che spetta esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione o sulla validità di una norma di diritto dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire (sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 24).

21      Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione o l’esame di validità richiesto relativamente ad una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 25).

22      Nella fattispecie, il governo spagnolo non contesta il fatto che la normativa nazionale di cui al procedimento principale consenta l’imposizione di un’ammenda che può arrivare fino al doppio dell’importo di denaro contante non dichiarato. Infatti, come risulta dal punto 9 della presente sentenza, l’articolo 57, paragrafo 3, della legge n. 10/2010 prevede che l’inosservanza dell’obbligo di dichiarazione, come quella di cui al procedimento principale, è passibile di un’ammenda il cui importo minimo è di EUR 600 e il cui importo massimo può raggiungere il doppio della somma di denaro contante non dichiarata.

23      Se è vero che l’ammenda di cui trattasi nel procedimento principale non raggiunge l’importo massimo consentito da tale normativa, ciò non toglie che l’importo di tale ammenda è stato fissato in applicazione di detta normativa, tenendo conto dell’importo massimo ivi previsto.

24      Non appare manifesto, pertanto, che la prima questione pregiudiziale presenti carattere ipotetico o sia priva di relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale.

25      Alla luce di queste considerazioni, la prima questione deve essere dichiarata ricevibile.

 Sulle questioni prima e seconda

 Osservazioni preliminari

26      La prima e la seconda questione, che occorre esaminare congiuntamente, vertono sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005, e più precisamente sulla questione se tale disposizione osti a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, che prevede che l’inosservanza dell’obbligo di dichiarare somme ingenti di denaro contante in entrata o in uscita dal territorio di tale Stato è passibile di un’ammenda calcolata tenendo conto di talune circostanze aggravanti e che può arrivare fino al doppio dell’importo non dichiarato.

27      In limine, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia che gli è sottoposta. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. Inoltre, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme del diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nelle questioni pregiudiziali (sentenza del 13 ottobre 2016, M. et S., C‑303/15, EU:C:2016:771, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).

28      A tale riguardo, occorre rilevare che il giudice del rinvio parte dalla premessa che il movimento di denaro contante di cui al procedimento principale deve essere considerato in uscita dall’Unione, dal momento che il sig. Zheng non poteva, prima del suo arrivo in Cina, accedere al denaro che si trovava nella sua valigia registrata all’aeroporto di Gran Canaria.

29      Occorre ricordare, in tale contesto, che l’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005 grava solo sulle persone fisiche in entrata o in uscita dall’Unione con almeno EUR 10 000 in contanti. Inoltre, si evince da tale disposizione che la dichiarazione prevista da tale regolamento deve essere effettuata dalla persona fisica interessata alle autorità competenti dello Stato membro attraverso il quale essa entra nell’Unione o ne esce.

30      Se è vero che tale regolamento non definisce la nozione di «persona fisica che entra [nell’Unione] o ne esce», la Corte ha già dichiarato che tale nozione non presenta ambiguità e deve essere intesa nel suo significato abituale, vale a dire come riferita allo spostamento di una persona fisica da un luogo che non fa parte del territorio dell’Unione a un luogo che ne fa parte o da quest’ultimo territorio a un luogo che non ne fa parte (sentenza del 4 maggio 2017, El Dakkak e Intercontinental, C‑17/16, EU:C:2017:341, punti da 19 a 21).

31      Ne deriva che l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005 deve essere interpretato nel senso che una persona fisica la quale, come il sig. Zheng, esce fisicamente dall’Unione con almeno EUR 10 000 in denaro contante è tenuta a dichiarare la somma trasportata alle autorità competenti dello Stato membro attraverso il quale tale persona lascia fisicamente l’Unione.

32      Nella specie, dal momento che dalla decisione di rinvio risulta che il sig. Zheng sarebbe dovuto uscire dal territorio dell’Unione dall’aeroporto di Amsterdam, esso era tenuto, in forza del medesimo regolamento, a dichiarare il denaro contante di cui al procedimento principale non alle autorità spagnole, bensì alle competenti autorità olandesi.

33      Tuttavia, si deve considerare che il regolamento n. 1889/2005 non osta, in linea di principio, ad una normativa di uno Stato membro che imponga altri obblighi di dichiarazione rispetto a quelli da esso previsti.

34      Infatti, dal considerando 3 e dall’articolo 1, paragrafo 2, di tale regolamento risulta che esso non incide sulla possibilità, per gli Stati membri, di esercitare, conformemente alle disposizioni del Trattato FUE, e in particolare dell’articolo 65 dello stesso, controlli nazionali sui movimenti di denaro contante all’interno dell’Unione.

35      Pertanto, le prime due questioni sollevate devono essere intese nel senso che, con esse, il giudice del rinvio chiede se gli articoli 63 e 65 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, che prevede che l’inosservanza dell’obbligo di dichiarare somme ingenti di denaro contante in entrata o in uscita dal territorio di tale Stato è passibile di un’ammenda calcolata tenendo conto di talune circostanze aggravanti e che può arrivare fino al doppio dell’importo non dichiarato.

 Sulla libera circolazione dei capitali

36      L’articolo 65, paragrafo 1, lettera b), TFUE dispone che l’articolo 63 TFUE, il quale, secondo giurisprudenza costante, vieta in maniera generale le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri (sentenza del 6 marzo 2018, SEGRO e Horváth, C‑52/16 e C‑113/16, EU:C:2018:157, punto 61 e giurisprudenza ivi citata), non pregiudica il diritto degli Stati membri, in particolare, di stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

37      A tale titolo, normative nazionali restrittive della libera circolazione dei capitali possono essere giustificate dai motivi contemplati nell’articolo 65 TFUE, a condizione che rispettino il principio di proporzionalità che impone che esse siano idonee a garantire la realizzazione dell’obiettivo legittimamente perseguito e che non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (v., in tal senso, sentenza del 6 marzo 2018, SEGRO e Horváth, C‑52/16 e C‑113/16, EU:C:2018:157, punti 76 e 77 e giurisprudenza ivi citata).

38      A tale riguardo, occorre rilevare che la Corte ha già riconosciuto che la lotta contro il riciclaggio di capitali, che si ricollega all’obiettivo di tutela dell’ordine pubblico, costituisce un obiettivo legittimo tale da giustificare un ostacolo alle libertà fondamentali garantite dal Trattato (sentenza del 25 aprile 2013, Jyske Bank Gibraltar, C‑212/11, EU:C:2013:270, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

39      Peraltro, per quanto riguarda più particolarmente l’obbligo di dichiarazione di cui al procedimento principale, da una giurisprudenza ben consolidata risulta che la libera circolazione dei capitali, come istituita dai trattati, non osta a che l’esportazione di banconote sia subordinata ad una dichiarazione previa (v., in tal senso, sentenze del 23 febbraio 1995, Bordessa e a., C‑358/93 e C‑416/93, EU:C:1995:54, punto 31, nonché del 14 dicembre 1995, Sanz de Lera e a., C‑163/94, C‑165/94 e C‑250/94, EU:C:1995:451, punto 10).

40      Tuttavia, il principio di proporzionalità si impone non solamente per quanto concerne la determinazione degli elementi costitutivi di un’infrazione, ma anche riguardo alle norme relative all’entità delle sanzioni pecuniarie e alla valutazione degli elementi che possono essere presi in considerazione per la fissazione della sanzione. (v., in tal senso, sentenza del 9 febbraio 2012, Urbán, C‑210/10, EU:C:2012:64, punti 53 e 54).

41      In particolare, le misure amministrative o repressive consentite da una normativa nazionale non devono eccedere i limiti di ciò che è necessario al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti da tale normativa (v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2015, Chmielewski, C‑255/14, EU:C:2015:475, punto 22).

42      In tale contesto, la severità delle sanzioni deve essere adeguata alla gravità delle violazioni che esse reprimono (v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2015, Chmielewski, C‑255/14, EU:C:2015:475, punto 23).

43      A tale proposito, occorre ricordare che la Corte ha dichiarato che, anche se, in forza dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005, gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità quanto alla scelta delle sanzioni da irrogare al fine di garantire il rispetto dell’obbligo di dichiarazione previsto dall’articolo 3 del regolamento medesimo, un’ammenda il cui importo corrisponda al 60% della somma di denaro contante non dichiarata, ove tale somma sia superiore a EUR 50 000, inflitta in caso di violazione di tale obbligo, non appare proporzionata, tenuto conto della natura dell’infrazione di cui trattasi. Infatti, la Corte ha ritenuto che un’ammenda del genere ecceda i limiti di quanto è necessario per garantire il rispetto di detto obbligo e assicurare il conseguimento degli scopi perseguiti dal regolamento, poiché la sanzione prevista da tale articolo 9 è intesa non a punire eventuali attività fraudolente o illecite, bensì unicamente la violazione di questo stesso obbligo (sentenza del 16 luglio 2015, Chmielewski, C‑255/14, EU:C:2015:475, punti da 29 a 31).

44      Orbene, nella fattispecie, è giocoforza constatare che l’articolo 57, paragrafo 3, della legge n. 10/2010, come l’articolo 9 del regolamento n. 1889/2005, è inteso non a sanzionare eventuali attività fraudolente o illecite, bensì la violazione di un obbligo di dichiarazione.

45      Inoltre, anche se tale ammenda è calcolata tenendo conto di talune circostanze aggravanti, a condizione che esse rispettino il principio di proporzionalità, il fatto che il suo importo massimo possa raggiungere il doppio della somma di denaro contante non dichiarata e che, in ogni caso, come nella fattispecie, l’ammenda possa essere fissata a un importo corrispondente a quasi il 100% di tale importo eccede i limiti di quanto è necessario per garantire l’osservanza di un obbligo di dichiarazione.

46      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alle questioni prima e seconda dichiarando che gli articoli 63 e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, che prevede che l’inosservanza dell’obbligo di dichiarare somme ingenti di denaro contante in entrata o in uscita dal territorio di tale Stato è passibile di un’ammenda che può arrivare fino al doppio dell’importo non dichiarato.

 Sulla terza questione

47      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione pertinente nel procedimento principale debba essere interpretato nel senso che l’irrogazione di un’ammenda che, a prescindere dall’importo oggetto del movimento di denaro, può raggiungere il 25% della somma in contanti non dichiarata soddisfa il requisito di proporzionalità.

48      A tale riguardo, sebbene le questioni relative al diritto dell’Unione godano di una presunzione di rilevanza, come è stato ricordato ai punti 20 e 21 della presente sentenza, da una giurisprudenza costante risulta che la necessità di pervenire ad un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale esige che tale giudice definisca il contesto di fatto e di diritto nel quale si collocano le questioni da esso sollevate o che esso, quanto meno, chiarisca le ipotesi di fatto sulle quali tali questioni si fondano. La decisione di rinvio deve inoltre indicare le ragioni precise che hanno indotto il giudice nazionale a interrogarsi sull’interpretazione del diritto dell’Unione e a ritenere necessario sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale (sentenza del 14 giugno 2017, Online Games e a., C‑685/15, EU:C:2017:452, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

49      Nella specie, dalla decisione di rinvio risulta che la sanzione economica alla quale fa riferimento il giudice del rinvio nella terza questione pregiudiziale non corrisponde a quella inflitta al ricorrente nel procedimento principale e d’altronde non sembra esistere, allo stato attuale, nell’ordinamento giuridico spagnolo. In ogni caso, nessun elemento del fascicolo di cui dispone la Corte attesta l’esistenza di una tale sanzione.

50      Tale questione deve, pertanto, essere dichiarata irricevibile, poiché la funzione assegnata alla Corte, nell’ambito dell’articolo 267 TFUE, è quella di contribuire all’amministrazione della giustizia negli Stati membri, e non di esprimere pareri consultivi su questioni generali o teoriche (sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

 Sulle spese

51      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

Gli articoli 63 e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, che prevede che l’inosservanza dell’obbligo di dichiarare somme ingenti di denaro contante in entrata o in uscita dal territorio di tale Stato è passibile di un’ammenda che può arrivare fino al doppio dell’importo non dichiarato.

Firme


*      Lingua processuale: lo spagnolo.