Language of document : ECLI:EU:C:2022:298

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

26 aprile 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Libera circolazione delle persone – Regolamento (UE) 2016/399 – Codice frontiere Schengen – Articolo 25, paragrafo 4 – Ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne nel limite di una durata massima totale di sei mesi – Normativa nazionale che prevede diversi periodi successivi di controlli che portano a un superamento di tale durata – Mancata conformità di una siffatta normativa all’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen nel caso in cui i periodi successivi siano fondati sulla stessa minaccia o sulle stesse minacce – Normativa nazionale che impone di esibire un passaporto o una carta d’identità all’atto del controllo di frontiera alla frontiera interna a pena di sanzione – Mancata conformità di un siffatto obbligo all’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen quando il controllo è esso stesso contrario a tale disposizione»

Nelle cause riunite C‑368/20 e C‑369/20,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Landesverwaltungsgericht Steiermark (Tribunale amministrativo regionale della Stiria, Austria), con decisioni del 23 luglio 2020, pervenute in cancelleria il 5 agosto 2020, nei procedimenti

NW

contro

Landespolizeidirektion Steiermark (C‑368/20),

Bezirkshauptmannschaft Leibnitz (C‑369/20),

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Arabadjiev, K. Jürimäe, C. Lycourgos, E. Regan (relatore), S. Rodin, I. Jarukaitis e J. Passer, presidenti di sezione, M. Ilešič, J.-C. Bonichot, M. Safjan, F. Biltgen, P.G. Xuereb, N. Piçarra e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: D. Dittert, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 giugno 2021,

considerate le osservazioni presentate:

–        per NW, da C. Tometten, Rechtsanwalt;

–        per il governo austriaco, da A. Posch, M. Witzmann, J. Schmoll e M. Augustin, in qualità di agenti;

–        per il governo danese, inizialmente da M. Søndahl Wolff, J. Nymann-Lindegren e P. Brøchner Jespersen, successivamente da M. Søndahl Wolff e V. Jørgensen, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, inizialmente da E. de Moustier, D. Dubois e T. Stéhelin, successivamente da D. Dubois e T. Stéhelin, in qualità di agenti;

–        per il governo svedese, da H. Shev, C. Meyer-Seitz, A. Runeskjöld, M. Salborn Hodgson, R. Shahsavan Eriksson e H. Eklinder, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da G. Wils e J. Tomkin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 ottobre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli articoli 22, 25 e 29 del regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2016, L 77, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) 2016/1624 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016 (GU 2016, L 251, pag. 1) (in prosieguo: il «codice frontiere Schengen»), nonché dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 45, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie che oppongono NW alla Landespolizeidirektion Steiermark (direzione generale della polizia della Stiria, Austria) (C‑368/20) e alla Bezirkshauptmannschaft Leibnitz (autorità amministrativa del distretto di Leibnitz, Austria) (C‑369/20), in merito a verifiche di frontiera nell’ambito delle quali l’interessato è stato invitato a esibire, in un caso, un passaporto o una carta d’identità e, nell’altro, un passaporto.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2004/38/CE

3        L’articolo 5 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77 e rettifica in GU 2004, L 229, pag. 35), intitolato «Diritto d’ingresso», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Senza pregiudizio delle disposizioni applicabili ai controlli dei documenti di viaggio alle frontiere nazionali, gli Stati membri ammettono nel loro territorio il cittadino dell’Unione [europea] munito di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità, nonché i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, muniti di valido passaporto.

(...)».

 Regolamento (CE) n. 562/2006

4        L’articolo 21 del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2006, L 105, pag. 1), intitolato «Verifiche all’interno del territorio», così disponeva:

«La soppressione del controllo di frontiera alle frontiere interne non pregiudica:

a)      l’esercizio delle competenze di polizia da parte delle autorità competenti degli Stati membri in forza della legislazione nazionale, nella misura in cui l’esercizio di queste competenze non abbia effetto equivalente alle verifiche di frontiera; ciò vale anche nelle zone di frontiera. (...)

(...)».

 Regolamento (UE) n. 1051/2013

5        Ai sensi dei considerando 1 e 2 del regolamento (UE) n. 1051/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, che modifica il regolamento (CE) n. 562/2006 al fine di introdurre norme comuni sul ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne in circostanze eccezionali (GU 2013, L 295, pag. 1):

«(1)      La creazione di uno spazio in cui è assicurata la libera circolazione delle persone attraverso le frontiere interne è una delle principali conquiste dell’Unione. In uno spazio senza controllo alle frontiere interne, occorre una risposta comune alle situazioni che incidono gravemente sull’ordine pubblico o sulla sicurezza interna di tale spazio, di alcune sue parti o di uno o più Stati membri, che autorizzi il ripristino temporaneo del controllo alle frontiere interne in circostanze eccezionali senza compromettere il principio della libera circolazione delle persone. Considerato l’impatto che possono avere tali misure di extrema ratio su tutti coloro che esercitano il diritto di circolare nello spazio senza controllo alle frontiere interne, è opportuno stabilire le condizioni e le procedure per il ripristino di tali misure al fine di assicurare il carattere eccezionale delle stesse e che sia rispettato il principio di proporzionalità. L’estensione e la durata del ripristino temporaneo di tali misure dovrebbero essere limitate allo stretto necessario per rispondere a una grave minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna.

(2)      La libera circolazione delle persone nello spazio senza controllo alle frontiere interne è una grande conquista dell’Unione. Poiché il ripristino temporaneo del controllo alle frontiere interne si ripercuote proprio sulla libera circolazione delle persone, è opportuno che qualunque decisione di ripristino di tale controllo sia adottata conformemente a criteri convenuti di comune accordo e sia debitamente notificata alla Commissione [europea] o raccomandata da un’istituzione dell’Unione. In ogni caso, il ripristino del controllo alle frontiere interne dovrebbe costituire un’eccezione e dovrebbe costituire una misura di ultima istanza, in misura e per una durata strettamente limitate, in base a criteri obiettivi specifici e previa valutazione della sua necessità che dovrebbe essere monitorata a livello di Unione. Qualora una grave minaccia all’ordine pubblico o alla sicurezza interna richieda un’azione immediata, è opportuno che uno Stato membro abbia facoltà di ripristinare il controllo alle proprie frontiere interne per un periodo non superiore a dieci giorni. Ogni proroga di tale periodo è monitorata a livello di Unione».

 Codice frontiere Schengen

6        Il regolamento n. 562/2006 e le sue successive modifiche sono stati codificati e sostituiti dal codice frontiere Schengen.

7        Ai sensi del considerando 21 di tale codice:

«In uno spazio di libera circolazione delle persone, il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne dovrebbe costituire un’eccezione. Non si dovrebbero effettuare controlli di frontiera o imporre formalità a causa del solo attraversamento della frontiera».

8        I considerando 22 e 23 di detto codice riproducono, in sostanza, i considerando 1 e 2 del regolamento n. 1051/2013.

9        Ai sensi dei considerando 27 e 34 del codice frontiere Schengen:

«(27)      Conformemente alla giurisprudenza della Corte (…), una deroga al principio fondamentale della libera circolazione delle persone deve essere interpretata in modo restrittivo e il concetto di ordine pubblico presuppone l’esistenza di una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave nei confronti di interessi fondamentali della società.

(...)

(34)      Poiché l’obiettivo del regolamento [n. 562/2006] e successive modifiche, vale a dire l’istituzione di norme applicabili all’attraversamento delle frontiere da parte delle persone, non poteva essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri, ma poteva essere realizzato meglio a livello di Unione, quest’ultima è potuta intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 [TUE]. (...)».

10      L’articolo 1 di detto codice, intitolato «Oggetto e principi», dispone quanto segue:

«Il presente regolamento prevede l’assenza del controllo di frontiera sulle persone che attraversano le frontiere interne tra gli Stati membri dell’Unione.

(...)».

11      L’articolo 22 del codice frontiere Schengen, intitolato «Attraversamento delle frontiere interne», è così formulato:

«Le frontiere interne possono essere attraversate in qualunque punto senza che sia effettuata una verifica di frontiera sulle persone, indipendentemente dalla loro nazionalità».

12      Ai sensi dell’articolo 23 di tale codice, intitolato «Verifiche all’interno del territorio»:

«L’assenza del controllo di frontiera alle frontiere interne non pregiudica:

(...)

c)      la possibilità per uno Stato membro di prevedere nella legislazione nazionale l’obbligo di possedere o di portare con sé documenti d’identità;

(...)».

13      L’articolo 25 di detto codice, intitolato «Quadro generale per il ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne», così dispone:

«1.      In caso di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna di uno Stato membro nello spazio senza controllo alle frontiere interne, detto Stato membro può in via eccezionale ripristinare il controllo di frontiera in tutte le parti o in parti specifiche delle sue frontiere interne per un periodo limitato della durata massima di trenta giorni o per la durata prevedibile della minaccia grave se questa supera i trenta giorni. L’estensione e la durata del ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne non eccedono quanto strettamente necessario per rispondere alla minaccia grave.

2.      Il controllo di frontiera alle frontiere interne è ripristinato solo come misura di extrema ratio e in conformità degli articoli 27, 28 e 29. Ogniqualvolta si contempli la decisione di ripristinare il controllo di frontiera alle frontiere interne ai sensi, rispettivamente, degli articoli 27, 28 o 29, sono presi in considerazione i criteri di cui agli articoli 26 e 30, rispettivamente.

3.      Se la minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna nello Stato membro interessato perdura oltre il periodo di cui al paragrafo 1 del presente articolo, detto Stato membro può prorogare il controllo di frontiera alle sue frontiere interne, tenuto conto dei criteri di cui all’articolo 26 e secondo la procedura di cui all’articolo 27, per gli stessi motivi indicati al paragrafo 1 del presente articolo e, tenuto conto di eventuali nuovi elementi, per periodi rinnovabili non superiori a 30 giorni.

4.      La durata totale del ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne, incluse eventuali proroghe di cui al paragrafo 3 del presente articolo, non è superiore a sei mesi. Qualora vi siano circostanze eccezionali, come quelle di cui all’articolo 29, tale durata totale può essere prolungata fino a un massimo di due anni, in conformità del paragrafo 1 di detto articolo».

14      L’articolo 26 del medesimo codice, intitolato «Criteri per il ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne», così dispone:

«Qualora uno Stato membro decida, come extrema ratio, di ripristinare temporaneamente il controllo di frontiera a una o più delle sue frontiere interne o su parti delle stesse o decida di prorogare tale ripristino ai sensi dell’articolo 25 o dell’articolo 28, paragrafo 1, esso valuta fino a che punto tale misura possa rispondere in modo adeguato alla minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna e valuta la proporzionalità della misura rispetto a tale minaccia. Nell’effettuare tale valutazione, lo Stato membro tiene conto in particolare delle seguenti considerazioni:

a)      il probabile impatto della minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna nello Stato membro interessato, anche a seguito di attentati o minacce terroristiche, comprese quelle connesse alla criminalità organizzata;

b)      l’impatto probabile di una tale misura sulla libera circolazione delle persone all’interno dello spazio senza controllo alle frontiere interne».

15      L’articolo 27 del codice frontiere Schengen, intitolato «Procedura per il ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne a norma dell’articolo 25», è così formulato:

«1.      Quando uno Stato membro intende ripristinare il controllo di frontiera alle frontiere interne a norma dell’articolo 25, lo notifica agli altri Stati membri e alla Commissione entro quattro settimane prima del ripristino previsto, o in tempi più brevi se le circostanze che rendono necessario il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne sono note meno di quattro settimane prima del ripristino previsto. A tal fine lo Stato membro fornisce le seguenti informazioni:

a)      i motivi del ripristino proposto, compresi tutti i dati pertinenti relativi agli eventi che costituiscono una minaccia grave per il suo ordine pubblico o sicurezza interna;

b)      l’estensione del ripristino proposto, precisando la parte o le parti delle frontiere interne alle quali sarà ripristinato il controllo di frontiera;

c)      la denominazione dei valichi di frontiera autorizzati;

d)      la data e la durata del ripristino previsto;

e)      eventualmente, le misure che devono essere adottate dagli altri Stati membri.

(...)

4.      A seguito della notifica di uno Stato membro ai sensi del paragrafo 1 ed in vista della consultazione di cui al paragrafo 5, la Commissione o qualsiasi altro Stato membro può emettere un parere, fatto salvo l’articolo 72 TFUE.

Se, sulla base delle informazioni contenute nella notifica o di eventuali informazioni supplementari ricevute, la Commissione nutre preoccupazione sulla necessità o [sul]la proporzionalità del previsto ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne, o se ritiene opportuna una consultazione su certi aspetti della notifica, emette un parere a tal fine.

5.      Le informazioni di cui al paragrafo 1 ed eventuali pareri della Commissione o di uno Stato membro ai sensi del paragrafo 4 sono oggetto di consultazioni fra cui, se necessario, riunioni congiunte, tra lo Stato membro che prevede di ripristinare il controllo di frontiera alle frontiere interne, gli altri Stati membri, specialmente quelli direttamente colpiti da tali misure, e la Commissione, al fine di organizzare, se necessario, una cooperazione reciproca tra gli Stati membri ed esaminare la proporzionalità delle misure rispetto agli avvenimenti all’origine del ripristino del controllo di frontiera e alla minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna.

(...)».

16      Ai sensi dell’articolo 28 di tale codice, intitolato «Procedura specifica nei casi che richiedono un’azione immediata»:

«1.      Quando una minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna di uno Stato membro richiede un’azione immediata, lo Stato membro interessato può, in via eccezionale, ripristinare immediatamente il controllo di frontiera alle frontiere interne per un periodo limitato di una durata massima di dieci giorni.

(...)

3.      Se la minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna perdura oltre il periodo di cui al paragrafo 1 del presente articolo, lo Stato membro può decidere di prorogare il controllo di frontiera alle frontiere interne per periodi rinnovabili non superiori a venti giorni. Nel prorogare tale periodo, lo Stato membro interessato tiene conto dei criteri di cui all’articolo 26, compresa una valutazione aggiornata della necessità e della proporzionalità della misura, nonché di eventuali nuovi elementi.

(...)

4.      Fatto salvo l’articolo 25, paragrafo 4, la durata totale del ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne, sulla base del periodo iniziale di cui al paragrafo 1 del presente articolo e delle eventuali proroghe di cui al paragrafo 3 del presente articolo, non è superiore a due mesi.

(...)».

17      L’articolo 29 di detto codice, intitolato «Procedura specifica in caso di circostanze eccezionali che mettono a rischio il funzionamento globale dello spazio senza controllo alle frontiere interne», prevede quanto segue:

«1.      In circostanze eccezionali in cui il funzionamento globale dello spazio senza controllo alle frontiere interne è messo a rischio a seguito di carenze gravi e persistenti nel controllo di frontiera alle frontiere esterne ai sensi dell’articolo 21 del presente regolamento oppure in conseguenza della mancata conformità di uno Stato membro alla decisione del Consiglio [dell’Unione europea] di cui all’articolo 19, paragrafo 1, del [regolamento 2016/1624], e nella misura in cui tali circostanze costituiscono una minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna nello spazio senza controllo alle frontiere interne o su parti dello stesso, il controllo di frontiera alle frontiere interne può essere ripristinato in conformità del paragrafo 2 del presente articolo per una durata massima di sei mesi. Tale periodo può essere prorogato non più di tre volte, per ulteriori sei mesi al massimo, se le circostanze eccezionali perdurano.

2.      Il Consiglio, allorché tutte le altre misure, in particolare quelle di cui all’articolo 21, paragrafo 1, [del presente regolamento,] non hanno consentito di ridurre efficacemente la grave minaccia individuata, raccomanda a uno o [a] più Stati membri, come extrema ratio e come misura volta a proteggere gli interessi comuni nello spazio senza controllo alle frontiere interne, di decidere di ripristinare il controllo di frontiera in tutte le rispettive frontiere interne o in parti specifiche delle stesse. La raccomandazione del Consiglio si basa su una proposta della Commissione. Gli Stati membri possono chiedere alla Commissione di presentare una tale proposta di raccomandazione al Consiglio.

Nella sua raccomandazione, il Consiglio indica almeno le informazioni di cui all’articolo 27, paragrafo 1, lettere da a) a e).

Il Consiglio può raccomandare una proroga secondo le condizioni e la procedura di cui al presente articolo.

Prima che uno Stato membro ripristini il controllo di frontiera in tutte le sue frontiere interne o in parti specifiche delle stesse ai sensi del presente paragrafo, esso ne informa gli altri Stati membri, il Parlamento europeo e la Commissione.

(...)

4.      Per motivi di urgenza debitamente giustificati e connessi a situazioni in cui le circostanze che rendono necessaria la proroga del controllo di frontiera alle frontiere interne, conformemente al paragrafo 2, sono note meno di dieci giorni prima della fine del periodo di ripristino precedente, la Commissione può adottare le eventuali raccomandazioni necessarie mediante atti di esecuzione immediatamente applicabili ai sensi della procedura di cui all’articolo 38, paragrafo 3. Entro quattordici giorni dall’adozione di tali raccomandazioni, la Commissione presenta al Consiglio una proposta di raccomandazione in conformità del paragrafo 2 del presente articolo.

5.      Il presente articolo lascia impregiudicate le misure che gli Stati membri possono adottare in caso di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna a norma degli articoli 25, 27 e 28».

18      Come risulta dal suo titolo, l’articolo 30 del medesimo codice prevede i criteri applicabili al ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne nelle circostanze eccezionali che mettono a rischio il funzionamento globale dello spazio senza controllo alle frontiere interne di cui all’articolo 29.

 Diritto austriaco

 Legge relativa ai passaporti

19      Il Bundesgesetz betreffend das Passwesen für österreichische Staatsbürger (Passgesetz 1992) [legge federale sul rilascio di passaporti ai cittadini austriaci (legge del 1992 sui passaporti)] (BGBl. 839/1992), nella versione applicabile ai procedimenti principali (in prosieguo: la «legge sui passaporti»), al suo articolo 2, paragrafo 1, prevede quanto segue:

«Salvo altrimenti disposto da accordi o prassi internazionali, i cittadini austriaci (…) che intendano entrare nel territorio della Repubblica d’Austria o uscirne devono essere muniti di un documento di viaggio valido (passaporto o documento equivalente). (…)».

20      L’articolo 24, paragrafo 1, di tale legge così dispone:

«Chiunque

1)      entri irregolarmente nel territorio nazionale o ne esca irregolarmente (articolo 2),

(...)

commette un illecito amministrativo sanzionabile con un’ammenda fino a EUR 2 180 o con una pena detentiva fino a sei settimane, a meno che il fatto non costituisca reato. In caso di recidiva, ammenda e pena detentiva sono inflitte cumulativamente qualora sussistano circostanze aggravanti».

 Legge sul controllo di frontiera

21      Il Bundesgesetz über die Durchführung von Personenkontrollen aus Anlaß des Grenzübertritts (Grenzkontrollgesetz – GrekoG) [legge federale sullo svolgimento di controlli sulle persone all’atto dell’attraversamento della frontiera (legge sul controllo di frontiera)] (BGBl. 435/1996), nella versione applicabile ai procedimenti principali (in prosieguo: la «legge sul controllo di frontiera»), così prevede, al suo articolo 10, intitolato «Attraversamento della frontiera»:

«1.      Fatto salvo quanto diversamente disposto da accordi o prassi internazionali, la frontiera esterna può essere attraversata esclusivamente ai valichi di frontiera.

2.      La frontiera interna può essere attraversata in qualunque luogo. Qualora risulti evidente che ciò sia richiesto per il mantenimento della tranquillità, dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza, il Ministro federale degli Interni è tuttavia autorizzato, entro i limiti di cui alle convenzioni internazionali, ad adottare un decreto che disponga che, per un certo periodo, taluni tratti di frontiera interna potranno essere attraversati soltanto ai valichi di frontiera.

(...)».

22      L’articolo 11 di tale legge, intitolato «Obbligo di controllo di frontiera», così dispone:

«1.      L’attraversamento della frontiera ai valichi di frontiera (…) comport[a] per l’interessato l’obbligo di sottoporsi al controllo (obbligo di controllo di frontiera).

2.      L’attraversamento della frontiera alla frontiera interna non comporta, salvo nei casi di cui all’articolo 10, paragrafi 2 e 3, alcun obbligo di controllo di frontiera.

(...)».

23      L’articolo 12 di detta legge, intitolato «Esecuzione del controllo di frontiera», al suo paragrafo 1, così recita:

«Il controllo di frontiera spetta all’autorità. Qualora la sua attuazione implichi l’esercizio di un potere diretto di ingiunzione e di coercizione da parte dell’autorità amministrativa, questo è riservato agli organi di pubblica sicurezza e alla direzione generale della polizia (articolo 12b). (…)».

24      L’articolo 12a della medesima legge, intitolato «Poteri degli organi di pubblica sicurezza», al suo paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Gli organi di pubblica sicurezza sono autorizzati a effettuare il controllo di frontiera nei confronti di una persona qualora vi siano ragioni per ritenere che tale persona sia soggetta all’obbligo di controllo di frontiera (…)».

 Decreto n. 114/2019 relativo al controllo di frontiera

25      La Verordnung des Bundesministers für Inneres über die vorübergehende Wiedereinführung von Grenzkontrollen an den Binnengrenzen (decreto del Ministro federale degli Interni, relativo al ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne), del 9 maggio 2019 (BGBl. II, 114/2019) (in prosieguo: il «decreto n. 114/2019 relativo al controllo di frontiera») è così formulato:

«Sul fondamento dell’articolo 10, paragrafo 2, [della legge sul controllo di frontiera], si dispone quanto segue:

Articolo 1.      Al fine di preservare la tranquillità, l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza, le frontiere interne con la Repubblica di Slovenia e l’Ungheria, tra le ore 00:00 del 13 maggio 2019 e le ore 24:00 del 13 novembre 2019, possono essere attraversate per via terrestre esclusivamente ai valichi di frontiera.

Articolo 2.      Il presente decreto cesserà di avere efficacia alla mezzanotte del 13 novembre 2019».

 Procedimenti principali, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

26      Come risulta dagli elementi di cui dispone la Corte, la Repubblica d’Austria ha ripristinato il controllo di frontiera alle sue frontiere con l’Ungheria e la Repubblica di Slovenia a partire dal 16 settembre 2015. I primi due mesi, tale controllo era fondato sull’articolo 25 del regolamento n. 562/2006 (divenuto articolo 28 del codice frontiere Schengen). A partire dal successivo 16 novembre, la Repubblica d’Austria si è fondata sugli articoli 23 e 24 del regolamento n. 562/2006 (divenuti articoli 25 e 27 del codice frontiere Schengen). A partire dal 16 maggio 2016, tale Stato membro si è fondato su quattro raccomandazioni successive del Consiglio adottate sul fondamento dell’articolo 29 del codice frontiere Schengen per effettuare detto controllo per ulteriori 18 mesi. La quarta di tali raccomandazioni è scaduta il 10 novembre 2017.

27      Il 12 ottobre 2017 la Repubblica d’Austria ha notificato agli altri Stati membri nonché a varie istituzioni dell’Unione, tra cui la Commissione, il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere con l’Ungheria e la Repubblica di Slovenia per sei mesi, durante il periodo dall’11 novembre 2017 all’11 maggio 2018. Tale controllo è stato poi nuovamente ripristinato per diversi periodi successivi di sei mesi, durante il periodo dall’11 maggio all’11 novembre 2018, poi durante il periodo dal 12 novembre 2018 al 12 maggio 2019 e dal 13 maggio al 13 novembre 2019. Tale Stato membro ha effettuato ulteriori notifiche per ripristinare detto controllo fino al novembre 2021.

 Causa C368/20

28      Il 16 novembre 2019 il ricorrente nel procedimento principale, NW, è stato sottoposto a una verifica di frontiera sulla base dell’articolo 12a, paragrafo 1, della legge sul controllo di frontiera, mentre si apprestava ad entrare in auto nel territorio austriaco in provenienza dalla Slovenia al valico transfrontaliero di Spielfeld (Austria).

29      L’agente di controllo di frontiera ha invitato NW a identificarsi tramite passaporto o carta d’identità. NW ha chiesto a tale agente di controllo se detta operazione consistesse in una verifica di frontiera o in un controllo di identità. Dopo essere stato informato del fatto che si trattava di una verifica di frontiera, NW ha chiesto di conoscere il numero di matricola di servizio di detto agente di controllo. NW è stato quindi invitato a spostare il suo veicolo sul bordo della strada e un altro agente di controllo di frontiera si è unito a detta operazione. Gli organi di controllo di frontiera hanno terminato la stessa operazione e hanno comunicato i loro numeri di matricola di servizio a NW.

30      Il 19 dicembre 2019 NW ha proposto un ricorso dinanzi al Landesverwaltungsgericht Steiermark (Tribunale amministrativo regionale della Stiria, Austria), giudice del rinvio, per contestare l’esercizio di un potere diretto di ingiunzione e di coercizione da parte delle autorità austriache di controllo. Egli sostiene che il fatto di procedere a una verifica di frontiera sulla base dell’articolo 12a, paragrafo 1, della legge sul controllo di frontiera costituisce un atto adottato nell’esercizio di un siffatto potere.

31      Il giudice del rinvio si chiede se il decreto n. 114/2019 relativo al controllo di frontiera nonché l’articolo 24, paragrafo 1, della legge sui passaporti, che tale decreto applica, siano compatibili con il diritto dell’Unione e, in particolare, con le disposizioni del codice frontiere Schengen, alla luce, in particolare, del diritto di libera circolazione dei cittadini dell’Unione, sancito all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE nonché all’articolo 45, paragrafo 1, della Carta e precisato dalle disposizioni della direttiva 2004/38.

32      In particolare, tale giudice osserva che la verifica di frontiera di cui trattasi nel procedimento principale costituisce, in linea di principio, una verifica vietata in forza dell’articolo 22 del codice frontiere Schengen. Quest’ultimo prevedrebbe, tuttavia, due eccezioni a tale principio. Da un lato, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 1, di tale codice, sarebbe possibile ripristinare il controllo di frontiera alle frontiere interne, ma solo in caso di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna. Dall’altro lato, il controllo di frontiera alle frontiere interne potrebbe parimenti essere ripristinato in applicazione dell’articolo 29, paragrafo 1, di detto codice, ma a condizione che sussistano carenze gravi e persistenti nel controllo di frontiera alle frontiere esterne, che mettano a rischio il funzionamento dello spazio senza controllo alle frontiere interne e l’ordine pubblico o la sicurezza interna.

33      Il giudice del rinvio rileva che il modo di procedere scelto dalla Repubblica d’Austria, consistente nell’adottare in successione diversi decreti ministeriali che prevedono il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne, ha fatto sì che tale ripristino perdurasse oltre la durata massima di sei mesi prevista all’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen. Tale giudice si chiede, pertanto, se detto modo di procedere sia conforme al diritto dell’Unione e, in particolare, agli articoli 25 e 29 di tale codice.

34      Segnatamente, il giudice del rinvio ritiene che, se, in un primo tempo, la Repubblica d’Austria si è fondata, per giustificare il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne, sull’articolo 29 del codice frontiere Schengen, nei limiti in cui, dopo l’11 novembre 2017, la Commissione non aveva sottoposto al Consiglio nuove proposte di proroga del controllo di frontiera alle frontiere interne sulla base di tale articolo, detto Stato membro potesse fondarsi, in un secondo tempo, a partire da tale data, soltanto sull’articolo 25, paragrafo 1, di tale codice per giustificare la proroga di detto ripristino.

35      Di conseguenza, il giudice del rinvio si chiede se, nei limiti in cui la formulazione stessa dell’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen esclude un superamento della durata massima autorizzata di ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne, lo Stato membro resti libero di adottare in successione e senza interruzione decreti ministeriali che prevedano il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne il cui effetto cumulato superi tale durata massima.

36      Il giudice del rinvio rileva che le notifiche con le quali il Ministro federale degli Interni ha informato la Commissione del ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne non sarebbero state fondate sull’articolo 72 TFUE, dato che quest’ultimo non è menzionato in nessuna delle notifiche considerate. In ogni caso, esso dubita che sia possibile invocare l’articolo 72 TFUE, dal momento che le disposizioni derogatorie di detto codice costituirebbero, esse stesse, eccezioni in materia di controllo di frontiera alle frontiere interne che riguardano l’ordine pubblico e la sicurezza interna e dovrebbero essere qualificate, di conseguenza, come legge speciale rispetto all’articolo 72 TFUE. La limitazione nel tempo del ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne imposta dal medesimo codice sarebbe priva di effetto utile se, dopo la scadenza di un termine espressamente fissato dal diritto derivato, uno Stato membro potesse basarsi ripetutamente sull’articolo 72 TFUE.

37      In tali circostanze, il Landesverwaltungsgericht Steiermark (Tribunale amministrativo regionale della Stiria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il diritto dell’Unione osti a legislazioni nazionali, le quali, in forza di una serie di regolamenti interni, determinano un cumulo di periodi di proroga con l’effetto di rendere possibile il ripristino del controllo di frontiera oltre il limite temporale di due anni stabilito dagli articoli 25 e 29 del [codice frontiere Schengen] e in assenza di una corrispondente decisione di esecuzione del Consiglio ai sensi dell’articolo 29 del [suddetto codice].

Nell’ipotesi di risposta negativa alla prima questione:

2)      Se il diritto alla libera circolazione di ogni cittadino dell’Unione sancito dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e dall’articolo 45, paragrafo 1, della [Carta], in particolare alla luce del principio dell’assenza di verifiche sulle persone alle frontiere interne enunciato dall’articolo 22 del [suddetto codice], debba essere interpretato nel senso che esso comprende il diritto di non sottostare a verifiche sulle persone alle frontiere interne, fatte salve le condizioni e le deroghe contemplate dai trattati e in particolare dal [medesimo codice]».

 Causa C369/20

38      Il 29 agosto 2019 NW aveva già tentato di entrare nel territorio austriaco al valico transfrontaliero di Spielfeld.

39      Nell’ambito di controlli effettuati in modo casuale dall’agente di controllo interessato, NW è stato invitato a esibire il suo passaporto. NW ha allora chiesto se si trattasse di una verifica di frontiera o di un controllo d’identità. Poiché tale agente di controllo ha risposto che si trattava di una verifica di frontiera, NW ha rifiutato di esibire il suo passaporto e si è identificato mediante la sua patente di guida, ritenendo che il controllo di frontiera fosse, a tale data, contrario al diritto dell’Unione. Sebbene detto agente di controllo avesse invitato più volte NW a esibirgli il suo passaporto e informato l’interessato che, con il suo rifiuto, egli violava la legge sui passaporti, lo stesso non ha esibito alcun passaporto. Di conseguenza, lo stesso agente di controllo ha posto fine all’operazione di cui trattasi e ha informato NW che sarebbe stata presentata una denuncia nei suoi confronti.

40      I fatti contestati a NW sono stati portati a conoscenza delle autorità austriache da agenti di polizia della direzione generale della polizia della Stiria, il 6 settembre 2019.

41      Con provvedimento del 9 settembre 2019, NW è stato dichiarato colpevole di una violazione dell’articolo 2, paragrafo 1, della legge sui passaporti. Nel reclamo avverso tale provvedimento, presentato il 23 settembre successivo, NW ha fatto valere, da un lato, che la verifica di frontiera così effettuata era illegittima, in quanto il titolo III del codice frontiere Schengen non fornisce alcuna base giuridica per l’operazione di cui trattasi e, dall’altro, che tale verifica e il provvedimento del 9 settembre 2019 ledevano il diritto di libera circolazione a lui riconosciuto dal combinato disposto dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 22 di tale codice.

42      Con decisione amministrativa di natura penale del 7 novembre 2019, NW è stato dichiarato colpevole di aver attraversato la frontiera austriaca al momento del suo ingresso nel territorio austriaco senza essere munito di un documento di viaggio valido. Pertanto, è stato ritenuto che NW avesse violato l’articolo 2, paragrafo 1, della legge sui passaporti ed egli è stato condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria di importo pari a EUR 36 in applicazione dell’articolo 24, paragrafo 1, di tale legge.

43      NW ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al giudice del rinvio, il quale si interroga sulla compatibilità con il diritto dell’Unione della verifica cui è stato sottoposto NW nonché della sanzione inflittagli di conseguenza.

44      In particolare, oltre alle considerazioni esposte ai punti da 31 a 35 della presente sentenza, da un lato, il giudice del rinvio si chiede se, alla luce dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 45, paragrafo 1, della Carta, i cittadini dell’Unione abbiano il diritto di non essere sottoposti a una verifica di frontiera alle frontiere interne nel caso in cui una siffatta verifica non soddisfi le condizioni e/o non rientri nelle eccezioni previste dai Trattati e, in particolare, dal codice frontiere Schengen.

45      Dall’altro lato, il giudice del rinvio osserva che, conformemente alla giurisprudenza della Corte risultante dalla sentenza del 21 settembre 1999, Wijsenbeek (C‑378/97, EU:C:1999:439, punti 43 e 44), gli Stati membri mantengono il diritto di imporre ad una persona l’obbligo di esibire, in occasione di un controllo d’identità, una carta d’identità o un passaporto validi e di sanzionare la violazione di tale obbligo. Le disposizioni del diritto nazionale, come l’articolo 24 della legge sui passaporti, devono tuttavia essere interpretate conformemente al diritto dell’Unione. In particolare, in forza della giurisprudenza della Corte risultante dalla sentenza del 10 aprile 2003, Steffensen (C‑276/01, EU:C:2003:228, punti da 66 a 71), occorrerebbe vigilare sulla compatibilità dell’applicazione concreta di una disposizione nazionale con i diritti fondamentali.

46      Così, nella sentenza del 13 dicembre 2018, Touring Tours und Travel e Sociedad de Transportes (C‑412/17 e C‑474/17, EU:C:2018:1005), la Corte avrebbe dichiarato che, se una sanzione mira a garantire il rispetto di un obbligo di sottoporsi ad un controllo che non è esso stesso conforme al diritto dell’Unione, tale sanzione è anch’essa contraria a detto diritto.

47      Il giudice del rinvio rileva che, nel caso di specie, l’obbligo generale di essere muniti di un documento di viaggio valido è enunciato all’articolo 2, paragrafo 1, della legge sui passaporti. L’obbligo speciale sancito all’articolo 24, paragrafo 1, di tale legge significherebbe che l’interessato deve non solo essere munito di passaporto, ma anche esibirlo nell’ambito di una verifica di frontiera contraria al diritto dell’Unione. Orbene, il giudice del rinvio dubita della compatibilità di un siffatto obbligo con l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e con l’articolo 45, paragrafo 1, della Carta.

48      In tali circostanze, il Landesverwaltungsgericht Steiermark (Tribunale amministrativo regionale della Stiria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il diritto dell’Unione osti a legislazioni nazionali, le quali, in forza di una serie di regolamenti interni, determinano un cumulo di periodi di proroga con l’effetto di rendere possibile il ripristino del controllo di frontiera oltre il limite temporale di due anni stabilito dagli articoli 25 e 29 del [codice frontiere Schengen] e in assenza di una decisione di esecuzione del Consiglio ai sensi dell’articolo 29 [di detto codice].

2)      Se il diritto alla libera circolazione di ogni cittadino dell’Unione sancito dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e dall’articolo 45, paragrafo 1, della [Carta], in particolare alla luce del principio dell’assenza di verifiche sulle persone alle frontiere interne enunciato dall’articolo 22 del [suddetto codice], debba essere interpretato nel senso che esso comprende il diritto di non sottostare a verifiche sulle persone alle frontiere interne, fatte salve le condizioni e le deroghe contemplate dai trattati e in particolare dal [medesimo codice].

3)      Nell’ipotesi di risposta affermativa alla seconda questione:

Se l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 45, paragrafo 1, della [Carta], alla luce dell’effetto utile del diritto alla libera circolazione debbano essere interpretati nel senso che ostano all’applicazione di una normativa nazionale, la quale impone, a pena di una sanzione amministrativa, di esibire il passaporto o la carta d’identità all’ingresso attraverso le frontiere interne anche nel caso in cui la verifica specifica alle frontiere interne sia in contrasto con le disposizioni di diritto dell’Unione».

 Procedimento dinanzi alla Corte

49      Con decisione del presidente della Corte del 10 settembre 2020 le cause C‑368/20 e C‑369/20 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione sollevata nella causa C368/20 e sulla prima questione sollevata nella causa C369/20

50      Secondo costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte (sentenza del 26 ottobre 2021, PL Holdings, C‑109/20, EU:C:2021:875, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

51      Secondo gli elementi di cui dispone la Corte, quali esposti ai punti 26 e 27 della presente sentenza, la Repubblica d’Austria ha ripristinato nel 2015 il controllo alle sue frontiere con l’Ungheria e la Repubblica di Slovenia. Tale controllo è stato più volte ripristinato. L’ultimo ripristino menzionato dal giudice del rinvio è quello intercorso fino al novembre 2021. Come emerge da tali elementi, per giustificare il ripristino di detto controllo, la Repubblica d’Austria si è fondata, a seconda della data considerata, su diverse disposizioni contenute negli articoli da 25 a 29 del codice frontiere Schengen. È pacifico che l’ultima delle quattro raccomandazioni del Consiglio adottate ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 2, di tale codice, sulle quali detto Stato membro si è basato per giustificare il ripristino del medesimo controllo, è scaduta il 10 novembre 2017. Dopo tale data, il ripristino del controllo è stato apparentemente operato sul fondamento degli articoli 25 e 27 di detto codice fino al novembre 2021.

52      Pertanto, le due misure di controllo di cui NW è stato oggetto e la cui legittimità è contestata nell’ambito dei procedimenti principali, effettuate il 29 agosto e il 16 novembre 2019, si fondavano non sulle raccomandazioni del Consiglio adottate ai sensi dell’articolo 29 del codice frontiere Schengen, bensì sugli articoli 25 e 27 di tale codice. Orbene, alle date in cui tali misure di controllo sono intervenute, il ripristino, da parte della Repubblica d’Austria, del controllo di frontiera con la Repubblica di Slovenia ai sensi di tali articoli 25 e 27 aveva già superato la durata massima totale di sei mesi prevista all’articolo 25, paragrafo 4, di tale codice per il ripristino del controllo basato su detti articoli 25 e 27.

53      In tali circostanze, occorre considerare che, con la prima questione sollevata nella causa C‑368/20 e con la prima questione sollevata nella causa C‑369/20, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen debba essere interpretato nel senso che osta a un ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne fondato sugli articoli 25 e 27 di tale codice, qualora detto ripristino, risultante dall’applicazione in successione dei periodi previsti all’articolo 25 di detto codice, superi la durata massima totale di sei mesi fissata a tale articolo 25, paragrafo 4.

54      In via preliminare, occorre rilevare che l’articolo 25 del codice frontiere Schengen, che figura, con gli articoli da 26 a 35 di quest’ultimo, nel capo II del titolo III di tale codice, relativo al ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne dell’Unione, prevede il quadro generale che disciplina un siffatto ripristino in caso di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna di uno Stato membro e fissa, in particolare, periodi massimi nell’ambito dei quali un siffatto controllo può essere ripristinato. In particolare, conformemente all’articolo 25, paragrafo 1, di tale codice, uno Stato membro può, in via eccezionale, ripristinare detto controllo per un periodo limitato della durata massima di trenta giorni o per la durata prevedibile di tale minaccia se questa supera i trenta giorni. In ogni caso, la durata del ripristino temporaneo di detto controllo non deve eccedere quanto strettamente necessario per rispondere a tale minaccia. Ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 3, di detto codice, qualora perduri la stessa minaccia, lo Stato membro può prorogare lo stesso controllo per periodi rinnovabili non superiori a trenta giorni. Infine, sebbene, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 4, del medesimo codice, la durata totale del ripristino di un siffatto controllo – incluse eventuali proroghe previste ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 3 – non possa superare i sei mesi, quest’ultima disposizione precisa che tale durata totale può essere estesa a due anni nelle circostanze eccezionali di cui all’articolo 29 del codice frontiere Schengen.

55      NW e la Commissione sostengono che il ripristino dei controlli alle frontiere interne ai sensi degli articoli 25 e 27 di tale codice per un periodo superiore alla durata massima di sei mesi prevista all’articolo 25, paragrafo 4, di detto codice, comporta necessariamente l’incompatibilità di tali controlli con il diritto dell’Unione. Secondo tali parti, soltanto una minaccia grave, nuova per natura, potrebbe giustificare una nuova applicazione di tale articolo 25 con, di conseguenza, una nuova applicazione dei periodi previsti da tale disposizione per i controlli alle frontiere interne. Se i governi francese e svedese sostengono che una nuova minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna può comportare una nuova applicazione di tali periodi, il governo francese ritiene altresì, al pari dei governi austriaco e danese, che una nuova valutazione della minaccia precedente dovrebbe anche consentire una nuova applicazione delle disposizioni pertinenti. Infine, il governo tedesco fa valere che gli Stati membri dovrebbero poter derogare a detti periodi ricorrendo direttamente all’articolo 72 TFUE.

56      A tale riguardo, occorre ricordare che, secondo giurisprudenza costante, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto del tenore letterale della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte [sentenza del 12 maggio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Avviso rosso dell’Interpol), C‑505/19, EU:C:2021:376, punto 77 e giurisprudenza ivi citata].

57      Per quanto riguarda, anzitutto, il tenore letterale dell’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen, occorre osservare che i termini «non è superiore a sei mesi», tendono ad escludere qualsiasi possibilità di oltrepassare tale durata.

58      Per quanto riguarda, poi, il contesto in cui si inserisce l’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen e con riferimento, in primo luogo, alle altre disposizioni di tale articolo, occorre osservare, da un lato, che l’articolo 25 di detto codice fissa con chiarezza e precisione le durate massime sia per il ripristino iniziale del controllo di frontiera alle frontiere interne sia per qualsiasi proroga di tale controllo, compresa la durata massima totale applicabile a un siffatto controllo.

59      Infatti, dal considerando 1 del regolamento n. 1051/2013, che ha introdotto, nel regolamento n. 562/2006, la norma relativa alla durata massima di sei mesi ripresa, successivamente, all’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen, deriva che il legislatore dell’Unione ha voluto fissare le condizioni e le procedure per il temporaneo ripristino di controlli di frontiera alle frontiere interne, al fine di garantire il carattere eccezionale di tali misure e il rispetto del principio di proporzionalità. Tale considerando 1 è ripreso al considerando 22 del codice frontiere Schengen.

60      Dall’altro lato, occorre osservare che, conformemente all’articolo 25, paragrafo 3, del codice frontiere Schengen, qualora la minaccia grave iniziale perduri oltre la durata di trenta giorni prevista al paragrafo 1 di tale articolo, lo Stato membro interessato può prorogare detto controllo per gli stessi motivi che hanno giustificato il ripristino iniziale, tenendo conto di eventuali nuovi elementi, per periodi rinnovabili non superiori a trenta giorni.

61      Ne consegue che, a motivo del riferimento espresso al paragrafo 3 dell’articolo 25 del codice frontiere Schengen operato dal paragrafo 4 di tale articolo, le proroghe successive dei controlli decise sul fondamento di tale paragrafo 3 non possono eccedere una durata totale di sei mesi. Allo stesso modo, la durata massima iniziale dei controlli alle frontiere interne, quando è determinata in relazione alla durata prevedibile della minaccia grave in forza del paragrafo 1 di detto articolo, può certamente eccedere trenta giorni senza poter tuttavia nemmeno la medesima superare i sei mesi, in caso contrario l’uso dell’aggettivo «totale» al paragrafo 4 dello stesso articolo nonché il riferimento ivi operato al paragrafo 3 sarebbero privi di senso.

62      Occorre precisare al riguardo che, sebbene gli «eventuali nuovi elementi» di cui all’articolo 25, paragrafo 3, del codice frontiere Schengen possano essere fatti valere da uno Stato membro per giustificare la proroga, per periodi rinnovabili non superiori a trenta giorni, dei controlli di frontiera alle frontiere interne, tali elementi devono tuttavia essere direttamente connessi alla minaccia che ha inizialmente giustificato il ripristino dei controlli, dovendo infatti la proroga dei controlli essere effettuata, in forza della formulazione stessa di tale disposizione, «per gli stessi motivi indicati al paragrafo 1» dell’articolo 25 del codice frontiere.

63      In secondo luogo, occorre constatare che l’articolo 25 del codice frontiere Schengen, nella parte in cui prevede la possibilità di ripristinare un controllo di frontiera alle frontiere interne dell’Unione, costituisce, alla luce dell’impianto sistematico di tale codice, un’eccezione al principio previsto all’articolo 22 di detto codice, in forza del quale le frontiere interne possono essere attraversate in qualunque punto senza che siano effettuate verifiche sulle persone, indipendentemente dalla loro nazionalità. Infatti, secondo l’articolo 1 del medesimo codice, l’oggetto stesso di quest’ultimo è quello di prevedere l’assenza di controllo sulle persone che attraversano le frontiere interne tra gli Stati membri dell’Unione.

64      Orbene, come la Corte ha dichiarato e come ricordato al considerando 27 del codice frontiere Schengen, le eccezioni e le deroghe alla libera circolazione delle persone devono essere interpretate restrittivamente (v., in tal senso, sentenze del 3 giugno 1986, Kempf, 139/85, EU:C:1986:223, punto 13, e del 10 luglio 2008, Jipa, C‑33/07, EU:C:2008:396, punto 23 nonché giurisprudenza ivi citata).

65      È in quest’ottica che i considerando da 21 a 23 del codice frontiere Schengen enunciano che, in uno spazio di libera circolazione delle persone, senza frontiere interne, che costituisce una delle principali conquiste dell’Unione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TUE, il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne dovrebbe costituire un’eccezione e dovrebbe costituire una misura di ultima istanza.

66      Il fatto che le disposizioni dell’articolo 25 del codice frontiere Schengen debbano quindi essere oggetto di un’interpretazione restrittiva depone a sfavore di un’interpretazione dell’articolo 25, paragrafo 4, di tale codice secondo cui la persistenza della minaccia inizialmente identificata, anche valutata alla luce di elementi nuovi, o di una riconsiderazione della necessità e della proporzionalità del controllo attuato per rispondere a quest’ultima, alla luce dell’articolo 25, paragrafo 1, in fine, del codice frontiere Schengen, sarebbe sufficiente a giustificare il ripristino di tale controllo oltre il periodo di durata massima di sei mesi previsto da detta disposizione. Infatti, una siffatta interpretazione equivarrebbe a consentire, in pratica, il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne a motivo di una stessa minaccia per una durata illimitata, arrecando così pregiudizio al principio stesso dell’assenza di controllo alle frontiere interne, quale sancito all’articolo 3, paragrafo 2, TUE e ricordato all’articolo 67, paragrafo 2, TFUE.

67      In terzo luogo, per quanto riguarda le altre disposizioni contenute nel capo II del titolo III del codice frontiere Schengen, da un lato, occorre osservare che il tipo di valutazione che deve essere effettuata e la procedura che deve essere seguita, ai fini del ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne ai sensi dell’articolo 25 di tale codice, sono disciplinati in modo dettagliato agli articoli da 26 a 28 dello stesso.

68      Dagli articoli 26 e 27 del codice frontiere Schengen risulta, in particolare, che tanto il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne ai sensi dell’articolo 25 di tale codice quanto eventuali proroghe di tale controllo devono, da un lato, essere necessari e proporzionati rispetto alla minaccia accertata e, dall’altro, rispettare i criteri e le norme procedurali dettagliati, espressamente previsti da detto codice, il che tende a suggerire che, se una semplice rivalutazione alla luce di tali criteri di necessità e di proporzionalità fosse sufficiente per giustificare il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne, ai sensi di detto articolo 25, oltre un periodo di sei mesi, il legislatore dell’Unione lo avrebbe previsto espressamente.

69      Tale lettura del codice frontiere Schengen è altresì corroborata dal considerando 23 di detto codice, il quale enuncia, in ragione del fatto che la libera circolazione delle persone è pregiudicata dal ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne, che qualsiasi decisione volta a ripristinare un siffatto controllo dovrebbe essere adottata conformemente a criteri obiettivi specifici stabiliti di comune accordo. Infatti, la proroga del controllo di frontiera alle frontiere interne ripristinato ai sensi dell’articolo 25 di detto codice oltre la durata massima espressamente prevista all’articolo 25, paragrafo 4, di quest’ultimo è difficilmente conciliabile con la fissazione di comune accordo di criteri chiari e obiettivi che disciplinano un siffatto ripristino.

70      Dall’altro lato, interpretare l’articolo 25 del codice frontiere Schengen nel senso che, nel caso di una minaccia ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo, uno Stato membro potrebbe superare la durata totale di sei mesi prevista al paragrafo 4 di detto articolo per il controllo di frontiera alle frontiere interne priverebbe di senso la distinzione operata dal legislatore dell’Unione tra i controlli di frontiera alle frontiere interne ripristinati ai sensi del medesimo articolo e quelli ripristinati nelle circostanze eccezionali che mettono a rischio il funzionamento globale dello spazio senza frontiere interne, di cui all’articolo 29 di tale codice, essendo espressamente prevista per questi ultimi una durata massima più lunga, di due anni. Infatti, secondo una siffatta interpretazione, un controllo di frontiera alle frontiere interne ripristinato ai sensi dell’articolo 25 di detto codice potrebbe essere prorogato per un periodo illimitato che può, pertanto, superare due anni, anche qualora le circostanze e i criteri specifici previsti agli articoli 29 e 30 del medesimo codice non siano, rispettivamente, caratterizzate o soddisfatti. Inoltre, l’articolo 25, paragrafo 4, ultima frase, del codice frontiere Schengen osta a una siffatta interpretazione nei limiti in cui prevede che è a norma dell’articolo 29 di tale codice che la durata massima del ripristino di un controllo di frontiera alle frontiere interne può essere estesa a due anni, e non già a norma dell’articolo 25 di detto codice.

71      Detto ciò, il ripristino di controlli di frontiera alle frontiere interne ai sensi dell’articolo 29 del codice frontiere Schengen per una durata massima di due anni non impedisce allo Stato membro interessato di ripristinare, in caso di sopravvenienza di una nuova minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna, direttamente dopo la fine di questi due anni, controlli ai sensi dell’articolo 25 di tale codice per una durata massima di sei mesi, purché siano soddisfatte le condizioni previste in quest’ultima disposizione. Infatti, come risulta dall’articolo 29, paragrafo 5, del codice frontiere Schengen, l’articolo 29 di tale codice lascia impregiudicate le misure che gli Stati membri possono adottare in caso di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna a norma degli articoli 25, 27 e 28.

72      Infine, per quanto concerne gli scopi perseguiti dall’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen nonché da tale codice stesso, occorre ricordare che il medesimo si inserisce nel quadro più generale di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in seno al quale è assicurata, conformemente all’articolo 3, paragrafo 2, TUE e all’articolo 67, paragrafo 2, TFUE, la libera circolazione delle persone, insieme a misure adeguate in materia, segnatamente, di controllo alle frontiere esterne (v., per analogia, sentenza del 5 febbraio 2020, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Imbarco di marittimi nel porto di Rotterdam), C‑341/18, EU:C:2020:76, punto 55 e giurisprudenza ivi citata]. Un tale quadro mira a rispettare un giusto equilibrio tra, da un lato, la libera circolazione delle persone e, dall’altro, la necessità di garantire l’ordine pubblico e la sicurezza interna del territorio nel quale le stesse circolano.

73      Infatti, anzitutto, l’articolo 26 del codice frontiere Schengen obbliga lo Stato membro che intende ripristinare un controllo di frontiera alle frontiere interne ai sensi dell’articolo 25 di tale codice a tener conto, nell’ambito della sua valutazione della proporzionalità di tale controllo rispetto alla minaccia accertata, in particolare, da un lato, del probabile impatto della minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna e, dall’altro, dell’impatto probabile di una tale misura sulla libera circolazione delle persone all’interno dello spazio senza controllo alle frontiere interne.

74      Inoltre, il considerando 22 del codice frontiere Schengen sottolinea che la creazione di uno spazio in cui è assicurata la libera circolazione delle persone senza controlli di frontiera alle frontiere interne è una delle principali conquiste dell’Unione e che, in tale spazio, occorre una risposta comune alle situazioni che incidono gravemente sull’ordine pubblico o sulla sicurezza interna, che autorizzi il ripristino temporaneo del controllo alle frontiere interne in circostanze eccezionali senza compromettere il principio della libera circolazione delle persone. Tale considerando 22 precisa altresì che la previsione delle condizioni e delle procedure per il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne mira ad assicurare il carattere eccezionale di tale controllo e il rispetto del principio di proporzionalità, garantendo così che la durata del ripristino temporaneo di un siffatto controllo sia limitata allo stretto necessario per rispondere a una grave minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna.

75      Infine, dal considerando 2 del regolamento n. 1051/2013 risulta che il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne dovrebbe, in particolare, avere luogo per una durata strettamente limitata in base a criteri obiettivi specifici. Queste stesse considerazioni sono ora contenute nel considerando 23 del codice frontiere Schengen.

76      L’obiettivo perseguito dalla norma relativa alla durata massima di sei mesi prevista all’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen si inserisce quindi nella scia di tale obiettivo generale, che consiste nel conciliare il principio della libera circolazione con l’interesse degli Stati membri a garantire la sicurezza dei loro territori.

77      Se è vero, di conseguenza, che una grave minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna di uno Stato membro nello spazio senza controllo alle frontiere interne non è necessariamente limitata nel tempo, risulta che il legislatore dell’Unione ha ritenuto che un periodo di sei mesi fosse sufficiente affinché lo Stato membro interessato adotti, eventualmente in cooperazione con altri Stati membri, misure che consentano di far fronte a una siffatta minaccia preservando al contempo, dopo tale periodo di sei mesi, il principio della libera circolazione.

78      Alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 57 a 77 della presente sentenza, si deve ritenere che il periodo di durata massima totale di sei mesi previsto all’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen per il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne sia imperativo, cosicché il suo superamento comporta necessariamente l’incompatibilità con tale codice di qualsiasi controllo di frontiera alle frontiere interne ripristinato ai sensi degli articoli 25 e 27 del medesimo dopo la scadenza di tale periodo.

79      Da tali considerazioni risulta altresì che un periodo siffatto può essere nuovamente applicato esclusivamente nel caso in cui lo Stato membro interessato sia in grado di dimostrare l’esistenza di una nuova minaccia grave per il suo ordine pubblico o la sua sicurezza interna. In tal caso si può ritenere che comincino a decorrere nuovi periodi di una durata specifica previsti all’articolo 25 del codice frontiere Schengen, fatto salvo il rispetto, da parte di tale Stato membro, di tutti i criteri e le norme procedurali previsti agli articoli da 26 a 28 di tale codice.

80      Per quanto riguarda le condizioni in cui è possibile ritenere che una determinata minaccia sia nuova rispetto ad una minaccia che ha precedentemente giustificato il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne, sul fondamento dell’articolo 25 del codice frontiere Schengen, occorre osservare che, quando lo Stato membro interessato notifica agli altri Stati membri e alla Commissione la sua intenzione di ripristinare il controllo di frontiera alle frontiere interne dell’Unione, l’articolo 27, paragrafo 1, di tale codice fa riferimento, in particolare, alle «circostanze che rendono necessario il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne» e agli «eventi che costituiscono una minaccia grave» per l’ordine pubblico o la sicurezza interna dello Stato membro interessato. Parimenti, l’articolo 27, paragrafo 5, di detto codice fa riferimento agli «avvenimenti all’origine del ripristino del controllo di frontiera».

81      Pertanto, è sempre in relazione a tali circostanze ed eventi che deve essere valutata la questione se, al termine del periodo massimo di sei mesi di cui all’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen, la minaccia a cui deve far fronte lo Stato membro resti la stessa oppure se si tratti di una nuova minaccia che consenta a tale Stato membro di proseguire, direttamente dopo la fine di tale periodo di sei mesi, i controlli di frontiera alle frontiere interne cosicché da far fronte a tale nuova minaccia. In tali circostanze, si deve constatare che, come sostenuto in sostanza dalla Commissione, la comparsa di una nuova minaccia, distinta da quella inizialmente individuata, può giustificare, fatto salvo il rispetto delle altre condizioni applicabili, una nuova applicazione dei periodi previsti all’articolo 25 di tale codice per il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne.

82      Nel caso di specie e come sostiene la Commissione, sembra, circostanza che spetterà comunque al giudice nazionale verificare, che dal 10 novembre 2017, data di scadenza dell’ultima delle quattro raccomandazioni del Consiglio adottate sulla base dell’articolo 29 del codice frontiere Schengen, la Repubblica d’Austria non abbia dimostrato l’esistenza di una nuova minaccia, ai sensi dell’articolo 25 di tale codice, che avrebbe giustificato il nuovo decorso dei periodi previsti a tale articolo 25 e che avrebbe quindi permesso di considerare che le due misure di controllo a cui NW è stato sottoposto, rispettivamente il 29 agosto 2019 e il successivo 16 novembre, sono state eseguite nel limite della durata massima totale di sei mesi prevista all’articolo 25, paragrafo 4, di detto codice.

83      Tali considerazioni non sono rimesse in discussione dall’argomentazione dedotta dal governo tedesco, secondo la quale, qualora circostanze eccezionali lo giustifichino, gli Stati membri possono avvalersi dell’articolo 72 TFUE al fine di derogare alle disposizioni del codice frontiere Schengen che fissano durate massime totali per il ripristino temporaneo del controllo alle frontiere interne.

84      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, sebbene spetti ai soli Stati membri definire i loro interessi essenziali in materia di sicurezza e decidere le misure idonee a garantire la loro sicurezza interna ed esterna, la mera circostanza che una misura nazionale, quale una decisione relativa al controllo di frontiera alle frontiere interne, sia stata adottata ai fini della tutela della sicurezza nazionale non può comportare l’inapplicabilità del diritto dell’Unione e dispensare gli Stati membri dal necessario rispetto di tale diritto (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Ministrstvo za obrambo, C‑742/19, EU:C:2021:597, punto 40 e giurisprudenza ivi citata). Lo stesso deve valere per le misure nazionali adottate ai fini del mantenimento dell’ordine pubblico di uno Stato membro.

85      Per quanto riguarda più specificamente l’articolo 72 TFUE, è vero che tale disposizione prevede che il titolo V del Trattato FUE non osti all’esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna.

86      Tuttavia, come la Corte ha dichiarato, il Trattato FUE prevede deroghe espresse da applicare in situazioni che possono compromettere l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza soltanto nei suoi articoli 36, 45, 52, 65, 72, 346 e 347, che riguardano ipotesi eccezionali chiaramente delimitate. La deroga prevista all’articolo 72 TFUE, per costante giurisprudenza, deve essere interpretata restrittivamente. Ne consegue che tale articolo 72 non può essere interpretato nel senso che conferisce agli Stati membri il potere di derogare alle disposizioni del diritto dell’Unione mediante un mero richiamo a responsabilità che incombono sui medesimi per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna [v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale), C‑808/18, EU:C:2020:1029, punti 214 e 215 nonché giurisprudenza ivi citata].

87      Per quanto riguarda il codice frontiere Schengen, dalle considerazioni esposte ai punti da 72 a 77 della presente sentenza risulta che la scelta di adottare la durata massima totale di sei mesi di cui all’articolo 25, paragrafo 4, di tale codice, che può essere estesa a una durata massima di due anni nelle circostanze eccezionali di cui all’articolo 29 di detto codice, si inserisce nel quadro normativo completo, attuato dal legislatore dell’Unione, nell’esercizio delle competenze conferitegli dal combinato disposto dell’articolo 3, paragrafi 2 e 6, TUE e dell’articolo 5, paragrafi 1 e 2, TUE nonché dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera j), e dell’articolo 77, paragrafo 2, lettere b) ed e), TFUE, delle modalità di esercizio da parte degli Stati membri delle responsabilità ad essi incombenti ai fini del mantenimento dell’ordine pubblico e della salvaguardia della sicurezza interna.

88      Orbene, tale quadro normativo mira proprio a garantire un giusto equilibrio, previsto all’articolo 3, paragrafo 2, TUE, tra, da un lato, l’obiettivo dell’Unione consistente nello stabilire uno spazio senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone, e, dall’altro, misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima.

89      Di conseguenza, alla luce dell’importanza fondamentale rivestita dalla libera circolazione delle persone nell’ambito degli obiettivi dell’Unione di cui all’articolo 3 TUE e alle considerazioni esposte ai punti da 58 a 77 della presente sentenza, relative al modo dettagliato in cui il legislatore dell’Unione ha disciplinato la possibilità per gli Stati membri di interferire con tale libertà mediante il ripristino temporaneo di controlli di frontiera alle frontiere interne, il quale testimonia la volontà di ponderare i diversi interessi in gioco, si deve ritenere che, prevedendo la norma relativa alla durata massima totale di sei mesi di cui all’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen, il legislatore dell’Unione ha debitamente tenuto conto dell’esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri in materia di ordine pubblico e di sicurezza interna.

90      Ne consegue che l’articolo 72 TFUE non consente a uno Stato membro di ripristinare, al fine di far fronte a una minaccia grave per il suo ordine pubblico o la sua sicurezza interna, controlli temporanei di frontiera alle frontiere interne fondati sugli articoli 25 e 27 del codice frontiere Schengen per un periodo che supera la durata massima totale di sei mesi, espressamente prevista all’articolo 25, paragrafo 4, del medesimo.

91      Inoltre, occorre osservare che, conformemente all’articolo 27, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen, se, sulla base delle informazioni contenute nella notifica ricevuta da uno Stato membro che intende ripristinare un controllo di frontiera alle frontiere interne, la Commissione nutre preoccupazione sulla necessità o sulla proporzionalità del previsto ripristino, è tenuta ad emettere un parere a tal fine. Orbene, nelle presenti cause, come la stessa Commissione ha espressamente ammesso in udienza, tale istituzione non ha emesso un siffatto parere, a seguito delle notifiche da essa ricevute da parte della Repubblica d’Austria in merito ai controlli di frontiera alle frontiere interne ripristinati da tale Stato membro a partire dal 10 novembre 2017, sebbene detta istituzione ritenga che, a partire da tale data, i controlli in parola fossero incompatibili con le disposizioni del codice frontiere Schengen e, di conseguenza, con il diritto dell’Unione.

92      A tale riguardo, occorre rilevare che, al fine di garantire il buon funzionamento delle norme istituite dal codice frontiere Schengen, è essenziale che, qualora uno Stato membro intenda ripristinare il controllo di frontiera alle frontiere interne, sia la Commissione che gli Stati membri esercitino le competenze loro attribuite da tale codice, in particolare per quanto riguarda gli scambi di informazioni e di pareri, le consultazioni e, se del caso, la cooperazione reciproca specificamente previste all’articolo 27 di detto codice.

93      Ciò premesso, la circostanza che, in un caso specifico, a seguito di una notifica effettuata da uno Stato membro ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del codice frontiere Schengen, la Commissione non emetta alcun parere in cui indichi che essa considera il controllo notificato incompatibile con tale codice non incide, di per sé, sull’interpretazione da parte della Corte delle disposizioni di detto codice.

94      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione sollevata nella causa C‑368/20 e alla prima questione sollevata nella causa C‑369/20 dichiarando che l’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen deve essere interpretato nel senso che esso osta al ripristino temporaneo da parte di uno Stato membro del controllo di frontiera alle frontiere interne fondato sugli articoli 25 e 27 di tale codice qualora la durata di tale ripristino superi la durata massima totale di sei mesi, fissata a detto articolo 25, paragrafo 4, e non sussista una nuova minaccia che giustifichi una nuova applicazione dei periodi previsti a detto articolo 25.

 Sulla seconda questione sollevata nella causa C368/20 e sulla seconda questione sollevata nella causa C369/20

95      Alla luce della risposta fornita alle prime questioni sollevate nelle presenti cause, non occorre rispondere né alla seconda questione sollevata nella causa C‑368/20 né alla seconda questione sollevata nella causa C‑369/20.

 Sulla terza questione sollevata nella causa C369/20

96      Con la terza questione sollevata nella causa C‑369/20, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen osti a una normativa nazionale con la quale uno Stato membro obbliga, a pena di sanzione, una persona a esibire un passaporto o una carta d’identità al momento del suo ingresso nel territorio di tale Stato membro attraverso una frontiera interna, qualora il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne nell’ambito del quale tale obbligo è imposto sia contrario a tale disposizione.

97      A tale riguardo, è sufficiente ricordare che, come già dichiarato dalla Corte, un sistema sanzionatorio non è compatibile con le disposizioni del codice frontiere Schengen quando viene imposto per assicurare il rispetto di un obbligo di sottoporsi al controllo che, a sua volta, non è conforme a tali disposizioni (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2018, Touring Tours und Travel e Sociedad de Transportes, C‑412/17 e C‑474/17, EU:C:2018:1005, punto 72).

98      Di conseguenza, occorre rispondere alla terza questione sollevata nella causa C‑369/20 dichiarando che l’articolo 25, paragrafo 4, del codice frontiere Schengen deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale con la quale uno Stato membro obbliga, a pena di sanzione, una persona a esibire un passaporto o una carta d’identità al momento del suo ingresso nel territorio di tale Stato membro attraverso una frontiera interna, qualora il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne nell’ambito del quale tale obbligo è imposto sia contrario a detta disposizione.

 Sulle spese

99      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 25, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), come modificato dal regolamento (UE) 2016/1624 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016, deve essere interpretato nel senso che esso osta al ripristino temporaneo da parte di uno Stato membro del controllo di frontiera alle frontiere interne fondato sugli articoli 25 e 27 di tale codice qualora la durata di tale ripristino superi la durata massima totale di sei mesi, fissata a detto articolo 25, paragrafo 4, e non sussista una nuova minaccia che giustifichi una nuova applicazione dei periodi previsti a detto articolo 25.

2)      L’articolo 25, paragrafo 4, del regolamento 2016/399, come modificato dal regolamento 2016/1624, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale con la quale uno Stato membro obbliga, a pena di sanzione, una persona a esibire un passaporto o una carta d’identità al momento del suo ingresso nel territorio di tale Stato membro attraverso una frontiera interna, qualora il ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne nell’ambito del quale tale obbligo è imposto sia contrario a detta disposizione.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.