Language of document : ECLI:EU:T:2018:910

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

12 dicembre 2018 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato del Perindopril, medicinale destinato al trattamento delle malattie cardiovascolari, nelle sue versioni di farmaco originale e generico – Decisione che accerta un’infrazione agli articoli 101 e 102 TFUE – Accordi intesi a ritardare, o impedire, l’ingresso sul mercato della versione generica del Perindopril – Partecipazione di una controllata all’infrazione commessa dalla società controllante – Imputazione dell’infrazione – Responsabilità solidale – Massimale dell’ammenda»

Nella causa T‑677/14,

Biogaran, con sede in Colombes (Francia), rappresentata da T. Reymond, O. de Juvigny e J. Jourdan, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da F. Castilla Contreras, T. Vecchi e B. Mongin, successivamente da F. Castilla Contreras, M. Mongin e C. Vollrath, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta, in via principale all’annullamento della decisione C(2014) 4955 final della Commissione, del 9 luglio 2014, relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo 101 e dell’articolo 102 TFUE [AT.39.612 – Perindopril (Servier)], nella parte riguardante la ricorrente e, in via subordinata, alla riduzione dell’ammenda ad essa inflitta con la decisione medesima,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da S. Gervasoni (relatore), presidente, L. Madise e R. da Silva Passos, giudici,

cancelliere: G. Predonzani, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 ottobre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

A.      Il Perindopril

1        Il gruppo Servier, composto dalla Servier SAS e da una serie di controllate (in prosieguo, singolarmente o congiuntamente: la «Servier»), ha messo a punto il Perindopril, un medicinale indicato nella medicina cardiovascolare, destinato principalmente a combattere l’ipertensione e l’insufficienza cardiaca, mediante un meccanismo di inibizione dell’enzima di conversione dell’angiotensina (in prosieguo: l’«ECA»).

2        L’ingrediente farmaceutico attivo (in prosieguo: l’«IFA») del Perindopril, ossia la sostanza biologicamente attiva che produce gli effetti terapeutici, si presenta sotto forma di un sale. Il sale utilizzato inizialmente era l’erbumina (o tert-butilamina), che presenta una forma cristallina per effetto del processo usato dalla Servier ai fini della sua sintesi.

1.      Brevetto relativo alla molecola

3        Il brevetto della molecola del Perindopril (brevetto EP0049658; in prosieguo: il «brevetto 658») veniva depositato presso l’Ufficio europeo dei brevetti (UEB) il 29 settembre 1981. Il brevetto 658 doveva scadere il 29 settembre 2001, ma la sua protezione veniva estesa in vari Stati membri dell’Unione europea, tra cui il Regno Unito, fino al 22 giugno 2003, come consentito dal regolamento (CEE) n. 1768/92 del Consiglio, del 18 giugno 1992, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali (GU 1992, L 182, pag. 1). In Francia, la protezione del brevetto 658 veniva prorogata fino al 22 marzo 2005 e in Italia fino al 13 febbraio 2009.

2.      Brevetti secondari

4        Nel 1988, la Servier registrava, inoltre, dinanzi all’UEB diversi brevetti relativi ai processi di fabbricazione della molecola di Perindopril, con scadenza al 16 settembre 2008: i brevetti EP0308339, EP0308340, EP0308341 ed EP0309324 (in prosieguo, rispettivamente: il «brevetto 339», il «brevetto 340», il «brevetto 341» e il «brevetto 324»).

5        Nuovi brevetti relativi all’erbumina e ai suoi processi di fabbricazione venivano presentati dinanzi all’UEB dalla Servier nel 2001, fra i quali il brevetto EP1294689 (detto «brevetto beta»; in prosieguo: il «brevetto 689»), il brevetto EP1296948 (detto «brevetto gamma»; in prosieguo: il «brevetto 948») e il brevetto EP1296947 (detto «brevetto alfa»; in prosieguo: il «brevetto 947»). Il brevetto 947, relativo alla forma cristallina alfa dell’erbumina e al suo processo di preparazione, veniva registrato il 6 luglio 2001 e rilasciato dall’UEB il 4 febbraio 2004.

3.      Perindopril di seconda generazione

6        Dal 2002 in poi, la Servier iniziava a sviluppare un Perindopril di seconda generazione, fabbricato a partire da un sale diverso dall’erbumina, l’arginina. Tale Perindopril a base di arginina doveva presentare miglioramenti in termini di durata di conservazione, passando da due a tre anni, di stabilità, consentendo un solo tipo di imballaggio per tutte le zone climatiche e di stoccaggio, non subordinato ad alcuna condizione particolare.

7        Il 17 febbraio 2003 la Servier presentava quindi una domanda di brevetto europeo per il Perindopril a base di arginina (brevetto EP1354873B; in prosieguo: il «brevetto 873»). Il brevetto 873 veniva rilasciato il 17 luglio 2004, con data di scadenza fissata al 17 febbraio 2023. L’introduzione del Perindopril a base di arginina sui mercati dell’Unione europea iniziava nel 2006.

B.      Sulla ricorrente

8        La Biogaran (in prosieguo: la «ricorrente» o la «Biogaran»), controllata al 100% della Laboratoires Servier SAS, a sua volta controllata della Servier SAS, e fondata nel 1996, è una società di medicinali generici la cui attività di distribuzione è quasi esclusivamente limitata alla Francia.

C.      Sulle attività della Niche relative al Perindopril

9        La società di medicinali generici Niche Generics Limited (in prosieguo: la «Niche») rilevava tutti gli obblighi e le responsabilità incombenti alla Bioglan Generics Ltd in virtù dell’accordo di sviluppo e di licenza da quest’ultima stipulato il 26 marzo 2001 con la Medicorp Technologies India Ltd (in prosieguo: la «Medicorp»), cui è succeduta la Matrix Laboratories Ltd (in prosieguo: la «Matrix»), al fine di commercializzare una forma generica del Perindopril (in prosieguo: l’«accordo Niche-Matrix»). L’accordo Niche-Matrix prevedeva che le due società avrebbero commercializzato il Perindopril generico nell’Unione, fermo restando che la Matrix era principalmente responsabile dello sviluppo e della fornitura dell’IFA del Perindopril, mentre la Niche era principalmente responsabile delle pratiche necessarie per l’ottenimento delle autorizzazioni all’immissione in commercio (in prosieguo: le «AIC») e della strategia commerciale.

10      Nell’aprile 2003 la Matrix forniva un lotto pilota di IFA del Perindopril nonché il progetto permanente relativo alla sostanza attiva in vista della preparazione delle domande di AIC da parte della Niche.

11      La Unichem Laboratories Limited (in prosieguo: la «Unichem»), società controllante della Niche, era a sua volta responsabile della produzione del Perindopril nella sua forma farmaceutica finale, in base a un accordo per lo sviluppo e la fabbricazione delle compresse di Perindopril concluso il 27 marzo 2003 con la Medicorp, divenuta la Matrix, che si impegnava a sviluppare l’IFA del Perindopril e a fornirglielo.

D.      Sulle controversie relative al Perindopril

1.      Controversie dinanzi all’UEB

12      Dieci società di medicinali generici, tra le quali la Niche, proponevano opposizione contro il brevetto 947 dinanzi all’UEB nel 2004, al fine di ottenerne la revoca in toto, deducendo motivi riguardanti l’assenza di novità e di attività inventiva nonché l’insufficiente esposizione dell’invenzione. La Niche desisteva, tuttavia, dal procedimento di opposizione il 9 febbraio 2005.

13      Il 27 luglio 2006, la divisione di opposizione dell’UEB confermava la validità del brevetto 947 a seguito di lievi modifiche delle domande iniziali della Servier (in prosieguo: la «decisione dell’UEB del 27 luglio 2006»). Tale decisione veniva impugnata da sette società . Con decisione del 6 maggio 2009 la commissione di ricorso tecnica dell’UEB annullava la decisione dell0UEB del 27 luglio 2006 revocando il brevetto 947. L’istanza di revisione presentata dalla Servier contro tale decisione veniva respinta il 19 marzo 2010.

14      La Niche aveva inoltre presentato, in data 11 agosto 2004, opposizione contro il brevetto 948 dinanzi all’UEB, desistendo peraltro dal procedimento il 14 febbraio 2005.

2.      Procedimenti dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali

15      La validità del brevetto 947 veniva inoltre contestata da società di medicinali generici dinanzi ai giudici di alcuni Stati membri, in particolare nei Paesi Bassi e nel Regno Unito.

16      Nel Regno Unito, la Servier avviava, il 25 giugno 2004, un’azione per contraffazione dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), Sezione della Chancery (camera dei brevetti)], fondata sui propri brevetti 339, 340 e 341, nei confronti della Niche, a fronte della presentazione, da parte di quest’ultima, di domande di AIC nel Regno Unito per una versione generica del Perindopril, sviluppata in partenariato con la Matrix in forza dell’accordo Niche-Matrix. Il 9 luglio 2004, la Niche notificava alla Servier domanda riconvenzionale di annullamento del brevetto 947.

17      L’udienza dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), Sezione della Chancery (camera dei brevetti)] relativa alla fondatezza della pretesa contraffazione, infine fissata al 7 e 8 febbraio 2005, occupava peraltro solamente mezza giornata, in conseguenza della transazione stragiudiziale conclusa tra la Servier e la Niche l’8 febbraio 2005, ponendo così fine al contenzioso tra le due parti.

18      La Matrix era stata tenuta al corrente dalla Niche in ordine allo svolgimento di tale procedimento contenzioso al quale aveva altresì partecipato rilasciando prove testimoniali dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), Sezione della Chancery (camera dei brevetti)] a nome della Niche. In data 7 febbraio 2005, la Servier inviava peraltro formale di diffida alla Matrix, contestandole la violazione dei brevetti 339, 340 e 341 con minaccia di azione per contraffazione nei suoi confronti.

19      Nell’autunno del 2004, la Servier iniziava inoltre a prendere in considerazione l’acquisizione della Niche. La Servier faceva eseguire, a tal fine, un audit preliminare, la cui prima fase si concludeva il 10 gennaio 2005, data in cui essa presentava un’offerta preliminare non vincolante ai fini dell’acquisizione del capitale della Niche per un importo compreso tra 15 e 45 milioni di lire sterline (GBP). A seguito della seconda fase dell’audit preliminare, svoltasi il 21 gennaio 2005, la Servier comunicava oralmente alla Niche il 31 gennaio 2005, che non intendeva più procedere alla sua acquisizione.

E.      Sulle composizioni amichevoli

1.      Sugli accordi conclusi tra la Niche, la Unichem, la Matrix e la Servier

20      La Servier concludeva una serie di transazioni stragiudiziali in materia di brevetti con diverse società produttrici di medicinali generici con le quali aveva pendenti controversie relative ai brevetti stessi.

21      L’8 febbraio 2005, la Servier ha concluso con la Niche e la Unichem un accordo di transazione stragiudiziale (in prosieguo: l’ «accordo di transazione stragiudiziale» o l’«accordo di transazione stragiudiziale tra il gruppo Servier e la Niche»). L’ambito di applicazione territoriale dell’accordo riguardava tutti i paesi nei quali vigevano i brevetti 339, 340, 341 e 947 (articolo 3 dell’accordo).

22      Con l’accordo di transazione stragiudiziale la Niche e la Unichem si impegnavano a non fabbricare, far fabbricare, detenere, importare, fornire, proporre di fornire o disporre di Perindopril generico fabbricato secondo il processo messo a punto dalla Niche e che la Servier riteneva violare i brevetti 339, 340 e 341 approvati nel Regno Unito, mediante un procedimento sostanzialmente simile, o qualsiasi altro procedimento idoneo a violare i brevetti 339, 340 e 341 (in prosieguo: il «procedimento controverso») fino alla scadenza dei brevetti medesimi (articolo 3 dell’accordo) (in prosieguo: la «clausola di non commercializzazione»). Per contro, l’accordo prevedeva che esse sarebbero state libere di commercializzare il Perindopril fabbricato utilizzando il procedimento controverso senza violare tali brevetti successivamente alla scadenza degli stessi (articoli 4 e 6 dell’accordo). La Niche era, inoltre, tenuta ad annullare, rescindere o sospendere, fino alla data di scadenza dei brevetti, tutti i suoi contratti già conclusi relativi al Perindopril fabbricato utilizzando il procedimento controverso nonché le domande di AIC relative a tale Perindopril (articolo 11 dell’accordo). Inoltre, la Niche e la Unichem si impegnavano a non presentare alcuna domanda di AIC del Perindopril fabbricato utilizzando il procedimento controverso e a non assistere terzi ai fini dell’ottenimento della relativa AIC (articolo 10 dell’accordo). Infine, esse dovevano astenersi da qualsiasi azione in invalidità o di dichiarazione di non contraffazione nei confronti dei brevetti 339, 340, 341, 947, 689 e 948 fino alla loro scadenza, salvo a titolo di difesa nell’ambito di un’azione per contraffazione di brevetto (articolo 8 dell’accordo) (in prosieguo: la «clausola di non contestazione»). La Niche accettava inoltre di ritirare le proprie opposizioni contro i brevetti 947 e 948 dinanzi all’UEB (articolo 7 dell’accordo).

23      In contropartita, la Servier si impegnava, da un lato, a non proporre azioni per contraffazione nei confronti della Niche o dei suoi clienti e della Unichem basate sui brevetti del 339, 340, 341 e 947 rispetto a qualsiasi atto di pretesa contraffazione che si fosse verificato prima della conclusione dell’accordo (articolo 5 dell’accordo) (in prosieguo: la «clausola di non rivendicazione»), e, dall’altro, a corrispondere alla Niche e alla Unichem una somma pari a GBP 11,8 milioni, suddivisa in due rate (articolo 13 dell’accordo). Tale somma rappresentava il corrispettivo degli impegni della Niche e della Unichem e dei « rilevanti costi e delle responsabilità potenziali eventualmente gravanti sulla Niche e sulla Unichem a causa della cessazione del loro programma di sviluppo del Perindopril fabbricato secondo il procedimento [controverso]».

24      Inoltre, sempre in data 8 febbraio 2005, la Servier stipulava un accordo di transazione stragiudiziale con la Matrix (in prosieguo: l’«accordo Matrix»), riguardante tutti i paesi in cui vigevano i brevetti 339, 340, 341 e 947, ad eccezione di uno Stato non membro dello Spazio economico europeo (SEE) [sezione 1, paragrafo. 1, lettera xiii), dell’accordo].

25      Con l’accordo Matrix, quest’ultima si impegnava a non fabbricare, far fabbricare, detenere, importare, fornire, proporre di fornire o di disporre di Perindopril generico fabbricato secondo il procedimento controverso fino alla scadenza locale dei brevetti medesimi (articoli 1 e 2 dell’accordo). Per contro, l’accordo prevedeva che la Matrix sarebbe stata libera di commercializzare il Perindopril prodotto con il procedimento controverso senza violare tali brevetti successivamente alla scadenza dei brevetti stessi (articolo 4 dell’accordo). La Matrix era, inoltre, tenuta ad annullare, rescindere o sospendere, fino alla data di scadenza dei brevetti, tutti i propri contratti già conclusi relativi al Perindopril fabbricato utilizzando il procedimento controverso nonché le domande di AIC del Perindopril, entro e non oltre il 30 giugno 2005 (articoli 7 e 8 dell’accordo). Inoltre, essa s’impegnava a non presentare alcuna domanda di AIC del Perindopril fabbricato utilizzando il procedimento controverso e a non assistere terzi ai fini dell’ottenimento della relativa AIC (articolo 6 dell’accordo). Infine, la Matrix doveva astenersi da qualsiasi azione in invalidità o di dichiarazione di non contraffazione nei confronti dei brevetti 339, 340, 341, 947, 689 e 948 fino alla loro scadenza, salvo a titolo di difesa nell’ambito di un’azione per contraffazione di brevetto (articolo 5 dell’accordo).

26      Come contropartita, la Servier s’impegnava, da un lato, a non proporre azioni per contraffazione nei confronti della Matrix basate sui brevetti 339, 340, 341 e 947 rispetto a qualsiasi asserito atto di contraffazione che si fosse verificato prima della conclusione dell’accordo Matrix (articolo 3 dell’accordo), e, dall’altro, a corrispondere alla Matrix una somma pari a GBP 11,8 milioni, suddivisa in due rate (articolo 9 dell’accordo). Tale somma rappresentava il corrispettivo degli impegni della Matrix e dei « rilevanti costi e delle responsabilità potenziali eventualmente gravanti sulla Matrix a causa della cessazione del loro programma di sviluppo del Perindopril fabbricato secondo il procedimento [controverso]».

2.      Sull’accordo concluso tra la Niche e la Biogaran

27       L’8 febbraio 2005 (data della conclusione dell’accordo di transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche), veniva concluso un accordo tra la Niche e la Biogaran relativo al trasferimento dalla Niche alla Biogaran del progetto relativo a tre prodotti (ovvero «tutte le informazioni e/o dati posseduti dalla Niche relative ai prodotti e necessarie all’ottenimento delle AIC») e di un’autorizzazione esistente d’immissione sul mercato a fronte del versamento alla Niche, da parte della Biogaran, della somma di GBP 2,5 milioni (in prosieguo: l’«accordo Biogaran»).

28      In virtù dell’accordo Biogaran, la Niche s’impegnava a trasferire alla Biogaran il progetto attinente al prodotto relativo al prodotto A ai fini di un uso esclusivo da parte della Biogaran volto all’ottenimento delle AIC in Francia, nel Regno Unito e in un paese non appartenente al SEE e di un uso non esclusivo per il resto del mondo. Quanto al progetto attinente agli altri due prodotti, relativi al prodotto B e al prodotto C, il trasferimento del progetto veniva effettuata su base non esclusiva in tutto il mondo. Per quanto riguarda il prodotto B in particolare, la Niche accettava di trasferire l’AIC per la Francia alla Biogaran. L’accordo Biogaran prevedeva che solo dopo aver ottenuto le AIC, la Biogaran avrebbe dovuto ordinare alla Niche i prodotti di cui trattasi (articolo 2.2 dell’accordo). Ai sensi dell’articolo 2.5 dell’accordo, la Niche s’impegnava a fornire alla Biogaran tutti gli elementi e tutti i dati in suo possesso o sotto il suo controllo, che costituivano il progetto del prodotto necessario per ottenere le AIC corrispondenti. Inoltre, la Biogaran era tenuta a compiere tutti gli sforzi ragionevoli per assicurare che gli ordini del prodotto o dei prodotti fossero effettuati al momento opportuno per consentire alla Niche di mantenere un regime di produzione costante per tutto il periodo di vigenza dell’accordo stesso (articolo 4.1 dell’accordo). Per contro, l’accordo Biogaran prevedeva che la sua rescissione automatica nel caso in cui le AIC non fossero state ottenute entro un termine di 18 mesi (articolo 14.4 dell’accordo). Inoltre, l’accordo prevedeva che nessuna parte avrebbe avuto diritto al risarcimento in caso di rescissione ai sensi degli articoli 14.2 e 14.4 dell’accordo.

29      A titolo di corrispettivo per il progetto relativo ai prodotti, l’articolo 2.3 dell’accordo Biogaran prevedeva il versamento, da parte della Biogaran, della somma di GBP 2,5 milioni e fissava modalità di pagamento che vincolavano la Biogaran a versare alla Niche GBP 1,5 milioni entro e non oltre il 14 febbraio 2005 e GBP 1 milione entro e non oltre il 5 ottobre 2005, alle stesse date di quelle stabilite dall’accordo di transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche per il pagamento di GBP 11,8 milioni.

F.      Sull’indagine settoriale

30      Il 15 gennaio 2008 la Commissione delle Comunità europee decideva di avviare un’indagine sul settore farmaceutico sulla base delle disposizioni dell’articolo 17 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), allo scopo di individuare, da un lato, le cause del declino dell’innovazione in detto settore, misurata dal numero di nuovi medicinali immessi sul mercato e, dall’altro lato, i motivi dell’ingresso tardivo sul mercato di taluni medicinali generici.

31      La Commissione pubblicava una relazione preliminare sui risultati della propria indagine il 28 novembre 2008, seguita da una consultazione pubblica. L’8 luglio 2009 rilasciava una comunicazione avente ad oggetto la sintesi del proprio rapporto d’indagine sul settore farmaceutico. La Commissione faceva presente, in particolare, in tale comunicazione, l’opportunità di continuare a monitorare gli accordi di transazione stragiudiziale delle controversie in materia di brevetti conclusi tra le società produttrici di farmaci originali e le società produttrici di medicinali generici, al fine di comprendere meglio l’uso che di tali accordi veniva fatto e di individuare gli accordi diretti a ritardare l’ingresso dei medicinali generici nel mercato a scapito dei consumatori dell’Unione ed eventualmente costitutivi di violazione delle regole in materia di concorrenza. La Commissione pubblicava, poi, sei relazioni annuali relative al controllo degli accordi di transazione stragiudiziale legati ai brevetti.

G.      Sul procedimento amministrativo e sulla decisione controversa

32      Il 24 novembre 2008, la Commissione effettuava ispezioni senza preavviso presso le sedi delle società interessate. La Commissione inviava richieste di informazioni a varie società nel gennaio 2009.

33      Il 2 luglio 2009 la Commissione adottava una decisione di avvio del procedimento nei confronti della Servier e della ricorrente, nonché di altre società di medicinali generici.

34      Nell’agosto 2009 e, successivamente, nel periodo compreso tra il dicembre 2009 e il maggio 2012 la Commissione inviava varie richieste di informazioni alla Servier e alla Niche. A seguito di due rifiuti della Servier di comunicare informazioni relative all’accordo Biogaran, la Commissione adottava una decisione ex articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, chiedendo che le fossero comunicate una serie d’informazioni. La risposta a tale domanda veniva fornita il 7 novembre 2011.

35      Il 27 luglio 2012, la Commissione procedeva ad una comunicazione degli addebiti, inviata a varie società, tra cui la ricorrente, che rispondeva il 14 gennaio 2013.

36      L’audizione delle società interessate, tra cui la ricorrente, si svolgeva dal 15 al 18 aprile 2013.

37      Il 18 dicembre 2013 la Commissione dava accesso agli elementi di prova raccolti o più ampiamente divulgati successivamente alla comunicazione degli addebiti inviando una lettera di esposizione dei fatti cui la ricorrente rispondeva il 21 gennaio 2014.

38      Il consigliere-auditore presentava la propria relazione finale il 7 luglio 2014.

39      In data 9 luglio 2014 la Commissione adottava la decisione C(2014) 4955 final, relativa a un procedimento di applicazione dell’articolo 101 e dell’articolo 102 TFUE [caso AT.39612 – Perindopril (Servier)] (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

40      L’articolo 1 della decisione impugnata rileva che la Unichem e la sua controllata Niche, la Servier, e la sua controllata Biogaran, hanno violato l’articolo 101 TFUE per aver partecipato ad un accordo di transazione stragiudiziale di controversie in materia di brevetti a fronte di un «reverse payment», relativo a tutti gli Stati membri, ad eccezione della Croazia e dell’Italia, per il periodo decorrente dall’8 febbraio 2005, tranne per quanto concerne la Lettonia (periodo a decorrere dal 1° luglio 2005), la Bulgaria e la Romania (periodo a decorrere dal 1° gennaio 2007) e Malta (periodo a decorrere dal 1° marzo 2007) con scadenza al 15 settembre 2008, salvo per quanto riguarda i Paesi Bassi (periodo scaduto il 1° marzo 2007) e il Regno Unito (periodo scaduto il 6 luglio 2007).

41      La Commissione ha ritenuto che l’accordo Biogaran costituisse un incentivo supplementare destinato a convincere la Niche a non fare ingresso sul mercato ed evidenziava la partecipazione diretta della Biogaran all’infrazione commessa dalla Servier, sua società controllante.

42      La Commissione ha infatti ritenuto, ai punti da 1349 a 1354 della decisione impugnata, che, oltre al trasferimento di valore netto, la Servier avesse fornito, con l’accordo Biogaran, un ulteriore incentivo alla Niche. La Commissione ha precisato che l’8 febbraio 2005, ossia alla stessa data della conclusione dell’accordo di transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche, quest’ultima aveva concluso l’accordo Biogaran, e che, nell’ambito di tale accordo, la Biogaran aveva versato alla Niche GBP 2,5 milioni a titolo di corrispettivo per il trasferimento del progetto inerente ai prodotti e di un’AIM di prodotti farmaceutici non connesse con il Perindopril.

43      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della decisione impugnata, veniva inflitta alla Servier e alla Biogaran, congiuntamente e in solido, un’ammenda di importo pari a EUR 131 532 600. Alla Biogaran veniva peraltro imposto, in forza dell’articolo 8 della decisione medesima, ad astenersi dal rinnovare l’infrazione così accertata e sanzionata e da qualsiasi atto o comportamento avente oggetto o effetto identico o simile.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

44      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 settembre 2014, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

45      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare gli articoli 1, 7 e 8 della decisione impugnata nella parte in cui la riguardano;

–        in subordine, esercitare la propria competenza estesa al merito per ridurre sensibilmente l’importo dell’ammenda inflittale;

–        concederle di beneficiare di qualsiasi annullamento, totale o parziale, della decisione impugnata nell’ambito del ricorso proposto dalla Servier e trarne le relative conseguenze nell’ambito della propria competenza estesa al merito;

–        condannare la Commissione alle spese.

46      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. Sulla ricevibilità

A.      Sul terzo capo delle conclusioni, con il quale la ricorrente chiede che le sia concesso di beneficiare di qualsiasi annullamento della decisione impugnata nell’ambito del ricorso proposto dalla Servier

47      Va rammentato, in limine, che, ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea nonché dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale, del 2 maggio 1991, ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti.

48      Secondo giurisprudenza ben consolidata, tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte avversaria di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso. Lo stesso vale per tutte le conclusioni che devono essere integrate con i motivi e gli argomenti che consentano, sia alla parte avversaria sia al giudice, di valutarne la fondatezza (v. sentenza del 7 luglio 1994, Dunlop Slazenger/Commissione, T‑43/92, EU:T:1994:79, punto 183 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, affinché un ricorso sia ricevibile, occorre che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, per lo meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto di ricorso stesso. A tal proposito, sebbene tale testo possa essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che, ai sensi delle norme supra ricordate, devono figurare nel ricorso. Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere fondato, atteso che gli allegati assolvono a una funzione meramente probatoria e strumentale (v. sentenza del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, EU:T:2007:289, punto 94, e giurisprudenza ivi citata). A fortiori, il rinvio generico, in un ricorso, ai motivi e agli argomenti dedotti a sostegno di un altro ricorso presentato nell’ambito di una causa connessa, non soddisfa il requisito di cui sopra (sentenza del 24 marzo 2011, Legris Industries/Commissione, T‑376/06, non pubblicata, EU:T:2011:107, punto 32).

49      Nella specie, si deve ritenere che il rinvio generale, nel ricorso, senza alcuna altra precisazione o spiegazione, ai motivi e agli argomenti dedotti a sostegno del ricorso proposto nella causa che ha dato luogo alla sentenza in data odierna Servier e a./Commissione (T‑691/14), non risponde al requisito menzionato supra.

50      Inoltre, anche ammettendo che, con il terzo capo delle conclusioni del proprio ricorso, la ricorrente abbia inteso far valere la giurisprudenza secondo la quale il giudice dell’Unione deve concedere a un’impresa il beneficio di un annullamento pronunciato a favore di un’altra impresa nel contesto in cui esse costituiscono una medesima entità economica (v. sentenza del 22 gennaio 2013, Commissione/Tomkins, C‑286/11 P, EU:C:2013:29, punti 43 e 44), circostanza che essa ha sostenuto nella replica, tale richiesta non può essere accolta. Infatti, con la sentenza pronunciata in data odierna nella causa Servier e a./Commissione (T‑691/14), il Tribunale ha respinto il ricorso nella parte riguardante l’accordo di transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche. La ricorrente non può pertanto invocare a proprio favore il beneficio derivante dall’annullamento della decisione impugnata nell’ambito del ricorso proposto dalla Servier.

51      Alla luce dei suesposti rilievi, il terzo capo delle conclusioni della ricorrente, diretto a far proprie le conclusioni e gli scritti della Servier, dev’essere respinto.

B.      Sulla ricevibilità di taluni allegati al controricorso e di elementi di prova prodotti ivi prodotti

1.      Argomenti delle parti

52      Nella replica la ricorrente sostiene, in limine, che la Commissione ha prodotto nel controricorso nuovi documenti e argomenti a sostegno della tesi esposta nella decisione impugnata. Infatti, il controricorso (contenente 40 pagine) si baserebbe in parte su elementi di fatto nuovi, principalmente al fine di avvalorare la decisione impugnata che dedica solo 6 pagine, su un totale di 919, alla chiamata in causa della Biogaran. Richiamandosi alla giurisprudenza, la ricorrente deduce che l’uso in sede giurisdizionale di elementi nuovi viola il diritto di difesa.

53      La ricorrente ha chiesto che taluni allegati al controricorso siano dichiarati irricevibili, essendo 23 di essi in lingua inglese e non tradotti nella lingua processuale, ossia il francese.

54      La Commissione contesta di aver dedotto nuovi elementi di prova a sostegno della legittimità della decisione impugnata e di esser venuta meno al proprio obbligo di motivazione. Infatti, l’esistenza di un collegamento tra l’accordo Biogaran e la transazione stragiudiziale sarebbe illustrata in dettaglio nella decisione impugnata ai punti da 561 a 569 e da 1351 a 1354 della stessa.

55      Secondo la Commissione, le tre circostanze che confermano l’esistenza di un collegamento tra l’accordo Biogaran e la transazione stragiudiziale de qua non possono essere qualificate come «nuove», in quanto esse si trovano nella decisione impugnata o si deducono dai rilievi ivi contenuti. In primo luogo, il ruolo preminente del sig. M. nei negoziati della Niche con la Servier sarebbe menzionato nella decisione impugnata ai punti 532 e 538. Inoltre, le discussioni sull’intento della Niche di ottenere un importo più elevato rispetto a quello assegnato alla Matrix sarebbero menzionate al punto 577 della decisione impugnata. Infine, il ruolo svolto dalla Biogaran nelle relazioni tra la Servier e la società di medicinali generici Lupin Ltd sarebbe altresì menzionato al punto 979 della decisione impugnata.

2.      Giudizio del Tribunale

56      Secondo la ricorrente, la Commissione, in violazione del principio del rispetto del diritto di difesa, avrebbe dedotto nel controricorso nuovi documenti e argomenti a sostegno delle tesi sviluppate nella decisione impugnata al fine di colmare un’insufficienza di motivazione.

57      Va rilevato, a tal proposito, che, nell’ambito di un ricorso di annullamento, la Commissione non può far valere, a sostegno della decisione impugnata, nuovi elementi di prova a carico non contenuti nella stessa. Tuttavia, la Corte e il Tribunale hanno dichiarato che l’autore di una decisione impugnata può fornire precisazioni nel corso del procedimento contenzioso al fine di integrare una motivazione già di per sé sufficiente, potendo queste ultime essere utili per il controllo interno della motivazione della decisione, esercitato dal giudice dell’Unione, in quanto consentono all’Istituzione di esporre le ragioni addotte a fondamento della propria decisione (v., in tal senso, sentenza del 16 novembre 2000, Finnboard/Commissione, C‑298/98 P, EU:C:2000:634, punto 46, del13 luglio 2011, ThyssenKrupp Liften Ascenseurs/Commissione, T‑144/07, da T‑147/07 a T‑150/07 e T‑154/07, EU:T:2011:364, punti da 146 a 149, e del 27 settembre 2012, Ballast Nedam/Commissione, T‑361/06, EU:T:2012:491, punto 49).

58      Nella specie, la Commissione, fornendo precisazioni nel controricorso, non ha violato né l’obbligo di motivazione, né il diritto di difesa della ricorrente. Infatti, gli elementi di fatto dedotti nel controricorso e qualificati dalla ricorrente come «nuovi» si limitano ad avvalorare la tesi della Commissione circa l’esistenza di un collegamento tra l’accordo Biogaran e la transazione stragiudiziale, ed emergono chiaramente dalla decisione impugnata.

59      Anzitutto, per quanto riguarda la questione se la Commissione potesse fornire indizi complementari relativi alla partecipazione di taluni dipendenti della Biogaran e della Servier ai negoziati dell’accordo Biogaran e della transazione stragiudiziale, va rilevato che il messaggio di posta elettronica del 4 febbraio 2005 e richiamato in svariate occasioni nella decisione impugnata (punti 566 e 1351) e riprodotto nell’allegato B.10 del controricorso) evidenzia, da un lato, che il sig. M.. aveva svolto per la Niche un ruolo nei negoziati dei due accordi (v., altresì il punto 538 della decisione impugnata) e, dall’altro, che la sig.ra L., direttrice giuridica del gruppo Servier, destinataria in copia di tale messaggio, aveva partecipato alle discussioni. Emerge da tale messaggio di posta elettronica che colui che ha negoziato l’accordo Biogaran per conto della ricorrente era altresì il firmatario della lettera di costituzione in mora inviata dalla Servier alla Matrix il 7 febbraio 2005, un giorno prima della conclusione della transazione stragiudiziale tra le due imprese.

60      In secondo luogo, per quanto riguarda i negoziati tra la Matrix e la Niche e il desiderio della Niche di ottenere un importo più elevato della Matrix, la Commissione fa giustamente valere che tali elementi risultano dal punto 577 della decisione impugnata.

61      Infine, per quanto riguarda il preteso ruolo svolto da un dirigente della Biogaran nella conclusione della transazione stragiudiziale tra la Servier e la società di medicinali generici Lupin, la Commissione ha il diritto di replicare nel controricorso agli argomenti della ricorrente, ove essa intenda dimostrare che la tesi della Commissione sia viziata da un errore in diritto, ovvero che la decisione impugnata intendesse imputare alla Biogaran la responsabilità degli atti della Servier (v., in tal senso, sentenze del 13 luglio 2011, ThyssenKrupp Liften Ascenseurs/Commissione, T‑144/07, da T‑147/07 a T‑150/07 e T‑154/07, EU:T:2011:364, punti da 146 a 149, e del 27 settembre 2012, Ballast Nedam/Commissione, T‑361/06, EU:T:2012:491, punti 49 e 50). Infatti, la Commissione fa riferimento al ruolo del sig. B., presidente fondatore della Biogaran, nell’accordo tra la Servier e la Lupin per evidenziare che la Biogaran poteva essere ritenuta responsabile per la propria partecipazione diretta all’infrazione e non per gli atti contestati alla propria società madre.

62      Per quanto riguarda la ricevibilità di taluni allegati al controricorso, la ricorrente fa valere che i documenti di cui trattasi sono redatti in inglese e non sono corredati di una traduzione nella lingua processuale, vale a dire il francese.

63      A norma dell’articolo 35, paragrafo 3, primo e secondo comma, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, vigente al momento del deposito del controricorso, la lingua processuale è utilizzata, segnatamente, nelle memorie e nelle difese orali delle parti, ivi compresi gli atti e i documenti allegati, e ogni atto o documento prodotto o allegato che sia redatto in una lingua diversa da quella processuale dev’essere corredato di una traduzione nella lingua processuale. L’articolo 7, paragrafo 5, secondo comma, delle istruzioni al cancelliere del Tribunale del 5 luglio 2007 prevede che quando vi siano documenti allegati a un atto processuale non corredati di una traduzione nella lingua processuale, il cancelliere ne chiede la regolarizzazione alla parte interessata, qualora tale traduzione appaia necessaria ai fini del corretto svolgimento del procedimento. Dai paragrafi 64 e 68 delle istruzioni pratiche alle parti dinanzi al Tribunale del 24 gennaio 2012 (JO 2012, L 68, p. 23), risulta che, laddove il controricorso non sia conforme alle regole di forma relative alla traduzione nella lingua processuale di documenti redatti in una lingua diversa dalla lingua processuale, viene fissato un termine ragionevole ai fini della regolarizzazione.

64      Alla luce di tali disposizioni, si deve ritenere che, in assenza di richiesta di una parte in tal senso, solamente qualora la traduzione nella lingua processuale risulti necessaria al corretto svolgimento del procedimento spetta al cancelliere procedervi (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2010, Mediaset/Commissione, T‑177/07, EU:T:2010:233, punto 37).

65      Nella specie, occorre rilevare che la ricorrente non ha espressamente chiesto che il Tribunale sollecitasse alla Commissione la traduzione in francese, lingua processuale nella specie, degli allegati del controricorso redatti in inglese. Essa ha soltanto contestato la ricevibilità di tali allegati, facendo valere la circostanza che non sono redatti nella lingua processuale: Tuttavia, la Commissione, con lettera del 28 settembre 2015, entro un termine ragionevole successivamente alla presentazione del controricorso, ha notificato presso la cancelleria del Tribunale la traduzione in francese dei suddetti allegati. Inoltre, all’udienza la ricorrente ha potuto pronunciarsi in merito a tali documenti . Pertanto, in ogni caso, senza che sia necessario accertare se tale traduzione fosse necessaria al corretto svolgimento della procedura, l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla ricorrente con riguardo agli allegati in questione dev’essere respinta.

66      Pertanto, le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla ricorrente devono essere rigettate.

IV.    Nel merito

67      A sostegno della propria domanda, la ricorrente deduce tre motivi. Essa sostiene, in primo luogo, che la decisione impugnata non dimostra la partecipazione della Biogaran ad una qualsivoglia infrazione alle regole della concorrenza. In secondo luogo, essa contesta la valutazione dei fatti della Commissione circa l’esistenza di un incentivo supplementare derivante dall’accordo Biogaran. In terzo luogo, essa sostiene che la Commissione è incorsa in un errore di diritto infliggendo un’ammenda alla Biogaran. Occorre esaminare, in primo luogo, il secondo motivo, poi il primo e, da ultimo, il terzo.

A.       Sul motivo relativo allo snaturamento dei fatti nella parte in cui la decisione impugnata dichiarerebbe erroneamente che l’accordo Biogaran sarebbe servito come ulteriore incentivo per incoraggiare la Niche a concludere l’accordo di transazione stragiudiziale con la Servier

68      Con tale motivo, la ricorrente contesta la valutazione operata dalla Commissione in merito ai fatti in questione, che l’ha condotta ad accertare l’esistenza di una restrizione della concorrenza.

1.      Argomenti delle parti

a)      Sull’errore di valutazione nell’analisi del collegamento tra l’accordo Biogaran e l’accordo di transazione stragiudiziale

1)      Sulla cronologia dei negoziati degli accordi

69      La ricorrente sostiene che la cronologia dei negoziati dei due accordi differisce, anche se la firma dell’accordo Biogaran e quella dell’accordo di transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche hanno avuto luogo in pari data. Infatti, diversi documenti contemporanei dimostrerebbero che la Biogaran aveva iniziato a negoziare l’accordo Biogaran nel 2002, circa due anni prima dell’inizio delle discussioni sull’accordo transattivo. La ricorrente contesta, quindi, l’affermazione secondo cui i due accordi sarebbero stati negoziati durante lo stesso periodo, come emerge dal punto 1351 della decisione impugnata.

70      Il fatto che la ricorrente abbia iniziato a negoziare l’accordo Biogaran ancor prima che iniziasse la controversia tra la Servier e la Niche dimostrerebbe l’esistenza in capo alla Biogaran di un interesse autonomo e distinto a concludere tale accordo, indipendentemente dalla transazione stragiudiziale.

71      La ricorrente fa valere che la conclusione dei due accordi lo stesso giorno non rivela l’esistenza di un collegamento, bensì semplicemente il fatto che la controversia tra la Servier e la Niche ha avuto l’effetto collaterale di bloccare i negoziati preesistenti tra la Niche e la Biogaran, che sarebbero ripresi nel febbraio 2005, pochi giorni prima della firma dell’accordo transattivo.

72      La Commissione sostiene di aver dimostrato, nella decisione impugnata, che la cronologia dei negoziati conferma l’esistenza di un collegamento tra l’accordo transattivo e l’accordo Biogaran.

73      In primo luogo, la Niche avrebbe confermato, in una dichiarazione del 15 giugno 2011, che l’accordo transattivo e l’accordo Biogaran erano stati negoziati contemporaneamente. In secondo luogo, i negoziati anteriori tra la Niche e la Biogaran avrebbero riguardato solamente il prodotto A e sarebbero stati estesi ad altre molecole solo nel febbraio 2005. La portata dell’accordo sarebbe stata quindi estesa all’ultimo momento, il che sarebbe confermato da un messaggio di posta elettronica del 4 febbraio 2005 inviato dal difensore della Biogaran alla Niche. In terzo luogo, i contatti tra la Biogaran e la Niche sarebbero stati ancora in corso nell’agosto 2004, ossia più di un mese dopo l’inizio del contenzioso nel Regno Unito. Sebbene tali contatti non abbiano avuto esito positivo, i negoziati tra la Biogaran e la Niche avrebbero ripreso soltanto durante i negoziati della transazione stragiudiziale, mentre il contenzioso tra la Servier e la Niche era ancora in corso. Non risulta che i negoziati sul prodotto A siano stati paralizzati a causa del contenzioso iniziato nel giugno 2004.

2)      Sul rapporto giuridico tra l’accordo di transazione stragiudiziale e l’accordo Biogaran

74      A parere della ricorrente, contrariamente a quanto rilevato dalla Commissione al punto 1190 della decisione impugnata, l’accordo firmato dalla Biogaran non sarebbe stato «subordinato» all’accettazione da parte della Niche delle condizioni dell’accordo di transazione stragiudiziale. Infatti, nessuno di questi due accordi avrebbe collegato o subordinato la propria firma e/o la sua esecuzione a quella dell’altro.

75      Inoltre, la ricorrente sottolinea che i due accordi sono disciplinati da normative diverse e non rientrano nelle medesime giurisdizioni. Parimenti, i due accordi non vincolerebbero le stesse persone giuridiche all’interno del gruppo Servier e non sarebbero stati firmati nello stesso luogo, in quanto l’accordo Biogaran è stato firmato a Parigi (Francia), mentre la transazione stragiudiziale è stata sottoscritta tra la Niche e la Servier a Londra (Regno Unito).

76      Inoltre, la ricorrente precisa che le scadenze di pagamento previste dai due accordi erano solo parzialmente identiche, in quanto i pagamenti della Biogaran relativi all’approvvigionamento concesso dalla licenza sarebbero stati successivi.

77      La ricorrente aggiunge che la tesi della Commissione relativa all’esistenza di un collegamento tra i due accordi si basa ampiamente sulle dichiarazioni della Niche, per quanto l’ambiguità di tali dichiarazioni avrebbe dovuto indurre la Commissione ad utilizzarle con prudenza. La Commissione avrebbe semplicemente escluso le dichiarazioni in contrasto con le proprie tesi, per il solo motivo che esse sarebbero successive alla comunicazione degli addebiti e, di conseguenza, asseritamente meno probanti delle dichiarazioni fatte in precedenza nell’ambito del procedimento amministrativo.

78      La Commissione sostiene che i due accordi, negoziati contemporaneamente, sono stati conclusi in pari data e prevedevano versamenti scaglionati esattamente alle stesse scadenze per il trasferimento del progetto inerente ai prodotti, trasferimento che costituiva la ragion d’essere del pagamento di GBP 2,5 milioni. L’Istituzione deduce che la Niche ha espressamente confermato a più riprese nel corso del procedimento amministrativo, in particolare in risposta alla comunicazione degli addebiti, che l’accordo Biogaran le era stato proposto dalla Servier al fine di dare alla Niche la totalità della compensazione concordata per la conclusione di un accordo di transazione stragiudiziale omnicomprensivo. La Commissione fa riferimento ad un progetto di transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche nel quale la menzione manoscritta «Ramipril» sarebbe stata scritta accanto alla voce «2,5 milioni». Secondo la Commissione, tali elementi dimostrerebbero che l’importo del prezzo pagato dalla Servier in cambio degli impegni assunti dalla Niche include il pagamento di GBP 2,5 milioni previsto nel quadro dell’operazione relativa al Ramipril, vale a dire l’accordo Biogaran.

79      La Commissione riconosce che la Niche ha aggiunto, nella sua replica alla comunicazione degli addebiti, che l’accordo Biogaran era un vero accordo commerciale con un vero corrispettivo. Tuttavia, nello stesso documento, la Niche avrebbe sostenuto che poteva accadere occasionalmente, sebbene non fosse una prassi commerciale usuale, che gli accordi venissero firmati per più prodotti alla volta. Inoltre, la Commissione sottolinea che le dichiarazioni della Niche rese in un momento in cui la Niche era a conoscenza degli addebiti formulati nei suoi confronti non hanno lo stesso valore probatorio delle dichiarazioni fatte in precedenza, in tempore non suspecto.

80      La Commissione fa altresì valere che il messaggio di posta elettronica del 4 febbraio 2005 inviato dall’avvocato della Biogaran alla Niche, relativo all’importo in gioco, conferma l’esistenza di un collegamento tra i due accordi. Le parti avrebbero concordato un importo da versare da parte della Biogaran alla Niche e avrebbero poi discusso il contenuto dell’accordo Biogaran. L’obiettivo principale dell’accordo sarebbe stato quindi di fornire un ulteriore incentivo alla Niche e non di concludere un accordo commerciale, come suggerisce la Biogaran al punto 75 del proprio ricorso. Infatti, tale accordo non rivelerebbe l’interesse della Biogaran per tali prodotti né un qualsiasi incentivo a commercializzare prodotti che sono stati inclusi solo al termine dei negoziati nell’ambito dell’accordo.

81      Peraltro, la Commissione ritiene che, sebbene gli accordi Biogaran e di transazione stragiudiziale non siano stati sottoscritti dalle stesse persone, gli stessi negoziatori abbiano in parte partecipato ai negoziati. Parimenti, il progetto di accordo Biogaran sarebbe circolato all’interno del gruppo Servier e la direttrice giuridica del gruppo, la sig.ra L., sarebbe stata in copia del messaggio di posta elettronica del 4 febbraio 2005 inviato dalla Biogaran alla Niche, sebbene tale messaggio riguardasse un contratto che doveva essere concluso dalla Biogaran, e sarebbe stata parimenti in copia per quanto attiene all’accordo concluso tra la Niche e la Biogaran del 20 luglio 2004 relativo alle capsule del prodotto A.

3)       Sull’intento di fornire un incentivo alla Niche

82      La ricorrente deduce che la Commissione non ha dimostrato, nella decisione impugnata, che la Biogaran avrebbe avuto l’intenzione di fornire un incentivo alla Niche a concludere l’accordo di transazione stragiudiziale. Analogamente, la Commissione non spiegherebbe neppure i presunti motivi che avrebbero indotto la Servier a ricorrere all’intermediazione della Biogaran per effettuare il versamento supplementare di GBP 2,5 milioni, mentre la Servier si era impegnata a versare direttamente alla Niche la somma di GBP 11,8 milioni.

83      La Commissione sostiene che, al momento della conclusione delle rispettive transazioni con la Servier, la Niche e la Matrix hanno discusso la ripartizione degli importi tra loro. Un documento interno della Matrix del settembre 2005 dimostrerebbe che gli importi oggetto delle composizioni amichevoli sono stati negoziati e divisi in modo paritario tra la Niche e la Matrix, mentre la Matrix voleva ricevere di più della Niche (punto 577 della decisione impugnata). La conclusione di un accordo separato tra la Biogaran e la Niche avrebbe chiaramente consentito di aumentare il contributo versato dal gruppo Servier alla Niche escludendo, al contempo, la Matrix. Inoltre, la Niche avrebbe confermato che il versamento faceva parte della «total overall compensation» (sistema di remunerazione globale) di GBP 15,7 milioni negoziata tra la Servier e la Niche.

84      La Commissione aggiunge che essa non aveva bisogno di dimostrare che la Biogaran intendesse incoraggiare la Niche a concludere la transazione stragiudiziale. Infatti, l’intenzione delle parti non costituisce un elemento necessario per determinare la natura restrittiva di un accordo. Inoltre, la Commissione ritiene di aver dimostrato l’inscindibilità dei due accordi conclusi, rispettivamente, dalla Biogaran e dalla sua società controllante Servier con la Niche. Considerato che la Biogaran e la Servier costituiscono un’unica entità economica, non sarebbe stato necessario dimostrare che, all’interno di tale entità, ciascuna delle sue componenti intendesse incoraggiare la Niche a concludere l’accordo di transazione stragiudiziale.

85      La Commissione sostiene che il dispositivo dell’accordo Biogaran, secondo il quale le parti non potevano richiedere il rimborso delle somme versate in caso di mancato ottenimento delle AIC, non intendeva incoraggiare la Biogaran a richiedere le AIC.

86      Infatti, anzitutto, gli obblighi contrattuali della Biogaran non avrebbero incluso l’obbligo di chiedere le AIC sulla base del progetto trasferito (articoli 2.2 e 3 dell’accordo Biogaran).

87      Inoltre, se la Biogaran non avesse ottenuto le AIC entro 18 mesi e, a norma degli articoli 14.2 e 14.4 dell’accordo Biogaran, l’accordo fosse stato automaticamente rescisso, il pagamento già effettuato alla Niche non sarebbe stato restituibile.

88      Inoltre, la Biogaran non sarebbe stata tenuta ad alcuna esclusiva per quanto riguarda il progetto inerente ai prodotti e avrebbe potuto pertanto facilmente evitare di essere vincolata alla Niche non richiedendo AIC sulla base del progetto stesso, dal momento che la Biogaran non vi era tenuta. Questo è peraltro quanto si sarebbe verificato, poiché la Biogaran ha concluso un altro accordo con la società A per l’acquisizione di diversi progetti, riguardanti altresì il prodotto A in diversi dosaggi. La Commissione osserva che l’accordo concluso con la società A, contrariamente all’accordo Biogaran, prevedeva che la società A avrebbe rimborsato i pagamenti trasferiti dalla Biogaran in caso di mancato ottenimento dell’AIC. Una differenza del genere tra i dispositivi dei due accordi suggerirebbe che la Niche non avesse alcuna garanzia che la Biogaran avrebbe richiesto le AIC e si sarebbe rifornita dalla Niche in seguito all’accordo Biogaran. Infatti, poiché il pagamento avrebbe dovuto, in ogni caso, essere versato alla Niche prima che fosse possibile sapere se la Biogaran avrebbe ottenuto le AIC, la Niche non avrebbe avuto alcuna garanzia che la Biogaran avrebbe chiesto le AIC e si sarebbe rifornita presso di essa.

89      Infine, la Commissione fa valere che le spiegazioni della Biogaran relative al pagamento della somma di GBP 2,5 milioni appaiono poco credibili. Infatti, la Biogaran non sarebbe stata in grado di giustificare in qual modo avesse potuto pagare una tale somma, né come proprio incentivo per richiedere le AIC, né come strumento per garantire una seconda fonte di approvvigionamento del prodotto A, né come mezzo per ottenere «progetti di garanzia» scelti a caso (tranne il prodotto A) e come avesse potuto correre il rischio che tale pagamento andasse perduto. Allo stesso modo, la Commissione s’interroga sulla struttura inusuale dell’accordo Biogaran, in particolare sulla non rimborsabilità del pagamento. Infatti, l’accordo Biogaran si differenzierebbe dall’accordo concluso con la società A a termini del quale, in caso di mancato ottenimento delle AIC, la società A avrebbe rimborsato la somme percepite.

b)      Sulla presa in considerazione dell’interesse commerciale della ricorrente a concludere l’accordo Biogaran

90      La ricorrente deduce che l’accordo Biogaran era giustificato dalla volontà commercialmente legittima e favorevole alla concorrenza della Biogaran di assicurare svariate fonti di approvvigionamento per avviare e sviluppare prodotti nel mercato dei medicinali generici e, più in particolare, il prodotto A, rivolgendosi alla Niche, partner di lunga data che disponeva dei progetti e delle capacità di approvvigionamento richiesti. Il fatto che il pagamento di GBP 2,5 milioni costituisse il corrispettivo legittimo dei diritti acquisiti nel quadro dell’accordo Biogaran risulterebbe confermato dalla circostanza che tale somma non è stata presa in considerazione dalla Commissione nella decisione impugnata ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta alla Niche.

91      La Commissione respinge la tesi, invocata dalla ricorrente, secondo cui si sarebbe inteso garantire la sicurezza delle fonti di approvvigionamento, tesi che l’Istituzione qualifica come «poco credibile», in quanto la Biogaran non avrebbe preso alcuna iniziativa per ottenere le AIC.

1)      Sul prodotto A

92      La ricorrente sottolinea che, alla luce del successo commerciale del prodotto A, l’ottenimento dei diritti necessari al lancio della versione generica di detto medicinale rappresentava una sfida preminente per la Biogaran. Pertanto, al fine di garantire il proprio approvvigionamento, la Biogaran avrebbe voluto ottenere due progetti presso diversi operatori del mercato, mediante la conclusione di due accordi, il primo con la società A nel dicembre 2004, il secondo con la Niche nel febbraio 2005. La ricorrente sottolinea che il fatto di disporre di diverse fonti di approvvigionamento è una prassi abituale delle società di medicinali generici che si spiega con le difficoltà tecniche e regolamentari incontrate nel corso dello sviluppo di un medicinale generico.

93      La ricorrente ritiene che, nel caso di specie, garantire la sicurezza di due fonti di approvvigionamento si è rivelata pertinente per due motivi. Da un lato, il progetto del prodotto A 10 mg della Niche si sarebbe rivelata molto debole nella parte analitica, il che avrebbe potuto ritardare la valutazione da parte delle autorità competenti (allegato A.17 del ricorso). Dall’altro, la misura istruttoria avviata dall’Agenzia francese per la sicurezza sanitaria dei prodotti di salute (Afssaps) nel luglio 2005 nei confronti di diversi progetti della società A avrebbe sollevato dubbi sulla loro validità (allegato A.18 del ricorso).

94      Peraltro, garantire la sicurezza di una seconda fonte di approvvigionamento del prodotto A presso la Niche avrebbe presentato numerosi vantaggi rispetto all’accordo concluso con la società A. Da un lato, l’accordo Biogaran avrebbe consentito alla Biogaran di ottenere i progetti relativi al prodotto A in compresse e per il prodotto A 10 mg, non comprese nell’accordo concluso con la società A; dall’altro lato, l’accordo con la Niche avrebbe aperto prospettive di sbocchi in un paese non membro del SEE e nel Regno Unito in un periodo in cui la Biogaran intendeva svilupparsi all’estero.

95      La ricorrente avrebbe tuttavia privilegiato i progetti della società A, in quanto consentivano un ingresso più rapido sul mercato, poiché la società A aveva presentato i propri progetti relativi alle AIC prima della Niche.

96      La ricorrente deduce che gli interessi economici in gioco giustificano la sua strategia di approvvigionamento. Infatti, sin dal suo lancio in Francia, tale prodotto generico avrebbe generato un fatturato superiore a EUR 79 milioni (EUR 83 milioni, secondo l’aggiornamento menzionato nella replica). Alla luce di tali elementi, la ricorrente sostiene di aver dovuto garantire l’approvvigionamento di prodotto A per giustificare il pagamento alla Niche di GBP 2,5 milioni e per non limitarsi al solo fatturato derivante dalla vendita del prodotto B.

97      In ultimo, la ricorrente aggiunge che il versamento di tale somma alla Niche era tanto più giustificato in quanto la Niche le aveva concesso l’esclusività dei progetti dei prodotti in Francia, nel Regno Unito e in un paese non appartenente al SEE, il che non si verificava con altri accordi non esclusivi conclusi dalla Biogaran. In tale contesto, il confronto operato dalla decisione impugnata con questi altri accordi sarebbe pertanto inoperante.

98      La Commissione ritiene che l’audit prodotto dalla Biogaran dopo la conclusione dell’accordo Biogaran, che rivela le presunte carenze del progetto della Niche, risulta controproducente per la ricorrente. Infatti, tale argomento dimostrerebbe che la Biogaran non disponeva, prima di concludere tale accordo, di elementi sulle prestazioni del prodotto A della Niche e avrebbe corso il rischio di pagare GBP 2,5 milioni, mentre il progetto del prodotto A era potenzialmente senza valore. Sebbene tale audit dei progetti della Niche possa giustificare la messa in sicurezza di una seconda fonte di approvvigionamento presso la società A, non consentirebbe di spiegare perché la ricorrente ha voluto pagare un prezzo più elevato per il progetto della società A. Infatti, la Biogaran avrebbe pagato alla società A EUR 330 000 in totale nel quadro dei due accordi sul prodotto A, una somma molto inferiore rispetto a quella pagata alla Niche.

99      La Commissione sottolinea che la possibilità per la Niche di fornire compresse e il dosaggio di 10 mg non poteva giustificare l’accordo in questione. Infatti, due mesi dopo l’accordo, quando la Biogaran aveva la possibilità di depositare il progetto della Niche presso le autorità competenti, essa avrebbe concluso un secondo accordo con la società A per il prodotto A in compresse.

100    Inoltre, la Commissione contesta l’argomento della ricorrente vertente sul fatto che la Biogaran sarebbe stata incoraggiata a concludere l’accordo Biogaran a causa di un’indagine avviata nel luglio 2005 dall’Afssaps nei confronti della società A. Infatti, tale evento non avrebbe potuto influenzare la Biogaran in quanto sarebbe avvenuto successivamente all’accordo Biogaran.

101    Inoltre, la Biogaran non avrebbe fornito prove dell’utilità dell’accordo Biogaran nel quadro del proprio progetto di espansione all’estero.

102    La Commissione sottolinea che se la Biogaran ha generato un fatturato di più di EUR 79 milioni dal 2007, i guadagni realizzati con il prodotto A della Niche sono equivalenti a 0 (punto 567 della decisione impugnata). In tale ambito, la Commissione contesta l’affermazione secondo la quale la Biogaran avrebbe dovuto dotarsi di una seconda fonte di approvvigionamento presso la Niche.

103    In ultimo. la Commissione contesta l’argomento secondo il quale l’esclusività conferita dall’accordo Biogaran renderebbe irrilevante il raffronto con altri accordi. Infatti, il raffronto consentirebbe di dimostrare che nessuno degli altri accordi prevedeva un pagamento non rimborsabile. Secondo la Commissione, il pagamento era perso in anticipo e la Biogaran non avrebbe fatto alcuno sforzo per renderlo redditizio. Parimenti, l’esclusiva non avrebbe avuto alcun valore se la produzione del prodotto non era sufficientemente sviluppata o se sussistevano altri ostacoli regolamentari.

2)      Sul prodotto B

104    La ricorrente sostiene che l’accordo Biogaran le ha consentito di commercializzare il prodotto B 10 mg e di realizzare un fatturato di EUR 150 000 (EUR 211 000 secondo l’aggiornamento contenuto nella replica). La commercializzazione di tale prodotto sarebbe stata affidata alla Almus, uno dei principali grossisti distributori in Francia.

105    La Commissione fa valere che l’accordo precedentemente concluso tra la Biogaran e la Bioglan (divenuta la Niche) relativo al prodotto B prevedeva che il pagamento da parte della Biogaran era rimborsabile in caso di mancato ottenimento delle AIC, il che non è avvenuto con l’accordo Biogaran. Inoltre, la Niche non avrebbe fornito alcuna garanzia, con tale accordo, di trasferire l’AIC che aveva ottenuto nel 2001 in Francia, poiché tale trasferimento richiedeva il rinnovo dell’AIC che la Niche non aveva richiesto alle autorità competenti.

106    Per quanto riguarda il contratto di commercializzazione affidato alla Almus e la sua fidelizzazione, la Commissione sostiene che il prodotto B non ha consentito di concludere tale contratto in quanto il prodotto B costituiva solo una delle circa 23 molecole oggetto di tale contratto.

3)      Sul prodotto C

107    La ricorrente fa valere che essa poteva commercializzare il prodotto C dal 2000 grazie a vari accordi stipulati con la Disphar. Tuttavia, essa avrebbe deciso di assicurare altre fonti di approvvigionamento a causa dell’incertezza relativa al rinnovo dell’accordo di fornitura con la Disphar e della sua volontà di espandersi all’estero. Alla fine, la Biogaran non si sarebbe avvalsa dei progetti dei prodotti concessi dalla Niche in ragione del rinnovo dell’accordo concluso con la Disphar.

108    Pertanto, il fatto che, per due dei tre prodotti, la Biogaran non abbia ottenuto AIC sulla base dei progetti trasferiti dalla Niche non consentirebbe di suggerire l’esistenza di un collegamento tra l’accordo Biogaran e la transazione stragiudiziale. Ciò rivelerebbe semplicemente la volontà della Biogaran di assicurare diverse fonti di approvvigionamento conformemente alla prassi nel settore.

109    La Commissione ritiene che non sia credibile che la Biogaran abbia versato una somma così ingente solo per l’opportunità di disporre di un progetto del prodotto che non ha mai utilizzato. Infatti, la Biogaran non avrebbe neppure insistito presso la Niche affinché il trasferimento del progetto avvenisse prima che l’accordo in questione fosse rescisso automaticamente a causa del mancato ottenimento delle AIC.

2.      Giudizio del Tribunale

a)      Osservazioni preliminari

110    In limine, occorre sottolineare che l’accordo Biogaran è stato considerato dalla Commissione nella decisione impugnata come un incentivo offerto alla Niche dalla Servier, oltre a quello derivante dalla transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche, al fine di convincere la stessa Niche a rinunciare ai suoi tentativi di fare ingresso nel mercato del Perindopril. L’accordo Biogaran è, secondo la Commissione, una componente dell’infrazione rappresentata dall’accordo di transazione stragiudiziale, costitutiva di una restrizione della concorrenza per oggetto. Esso può, quindi, rivestire natura illecita solo se l’accordo di transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche presenta la stessa natura. Ciò detto, occorre illustrare, ai fini dell’esame del presente ricorso, il contesto giuridico dell’accordo transattivo cui sarebbe collegato l’accordo Biogaran.

111    Occorre rilevare, a tale riguardo, che un accordo di transazione stragiudiziale di una controversia in materia di brevetti può non avere nessuna incidenza negativa sulla concorrenza. Ciò avviene, ad esempio, se le parti concordano nel ritenere che il brevetto contestato non sia valido, e dispongono, di conseguenza, l’entrata immediata della società di medicinali generici sul mercato.

112    Nel caso di specie, l’accordo concluso tra la Servier e la Niche non rientra in tale categoria, poiché contiene clausole di non contestazione dei brevetti e di non commercializzazione di prodotti, le quali hanno, di per sé, un carattere restrittivo della concorrenza. Infatti, la clausola di non contestazione, pregiudica l’interesse pubblico di eliminare ogni ostacolo all’attività economica che potrebbe derivare da un brevetto concesso indebitamente (v., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 1986, Windsurfing International/Commissione, 193/83, EU:C:1986:75, punto 92) e, per quanto riguarda la clausola di non commercializzazione, essa comporta l’esclusione dal mercato di uno dei concorrenti, quanto meno potenziali, del titolare del brevetto.

113    Tuttavia, l’inserimento di clausole di tal genere può essere legittimo, ma solo nella misura in cui si basi sul riconoscimento da parte delle parti della validità del brevetto di cui trattasi (e, in via accessoria, della natura contraffatta dei prodotti generici).

114    La presenza di clausole di non commercializzazione e di non contestazione la cui portata si limita a quella del brevetto de quo è, invece problematica laddove risulti che l’assoggettamento della società di medicinali generici a tali clausole non sia fondato sul riconoscimento dalle parti dell’accordo della validità del brevetto stesso. Come correttamente rilevato dalla Commissione, «anche se le restrizioni contenute nell’accordo [al]l’autonomia commerciale della società di medicinali generici non vanno al di là dell’ambito di applicazione del brevetto, costituiscono una violazione dell’articolo 101 [TFUE] allorché tali restrizioni non possano essere giustificate e non derivano dalla valutazione, ad opera delle parti, della fondatezza del diritto esclusivo stesso» (punto 1137 della decisione impugnata).

115    A tal proposito, occorre rilevare che l’esistenza di un ««reverse payment»», ossia un corrispettivo versato della società produttrice del farmaco originale alla società produttrice di medicinali generici, è doppiamente sospetto nel quadro di un accordo di transazione stragiudiziale. Infatti, in primo luogo, occorre ricordare che il brevetto intende ricompensare lo sforzo creativo dell’inventore, consentendogli di ottenere un equo profitto del suo investimento e che un brevetto valido deve quindi, in linea di principio, consentire un trasferimento di valore al suo titolare – ad esempio, mediante un accordo di licenza – e non il contrario. In secondo luogo, l’esistenza di un «reverse payment» fa sorgere il sospetto quanto al fatto che la transazione stragiudiziale sia basata sul riconoscimento dalle parti dell’accordo della validità del brevetto di cui trattasi.

116    Tuttavia, la semplice presenza di un «reverse payment» non può consentire di concludere nel senso della sussistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto. Infatti, non è escluso che taluni «reverse payments», qualora siano inerenti alla transazione stragiudiziale della controversia di cui trattasi, siano giustificati. Per contro, nell’ipotesi in cui un «reverse payment» non giustificato avvenga nella conclusione di un accordo di transazione stragiudiziale, si deve ritenere che la società di medicinali generici sia stata incentivata ad assoggettarsi alle clausole di non commercializzazione e di non contestazione e si deve concludere nel senso dell’esistenza di una restrizione per oggetto. In tale ipotesi, le restrizioni della concorrenza che introducono le clausole di non contestazione di non commercializzazione non sono più legate al brevetto e alla transazione stragiudiziale, ma si spiegano con il versamento di un incentivo alla società di medicinali generici a rinunciare ai propri sforzi concorrenziali.

117    Si deve osservare che, se né la Commissione, né il giudice dell’Unione, sono competenti a statuire sulla validità del brevetto, ciò non toglie che le istituzioni medesime possano, nell’ambito delle rispettive competenze e senza statuire sulla validità intrinseca del brevetto, accertare l’esistenza di un uso improprio dello stesso, estraneo al suo oggetto specifico (v., in tal senso, sentenze del 29 febbraio 1968, Parke, Davis and Co., 24/67, EU:C:1968:11, pagg. 109 e 110, e del 31 ottobre 1974, Centrafarm e de Peijper, 15/74, EU:C:1974:114, punti 7 e 8; v. altresì, per analogia, sentenze del 6 aprile 1995,RTE e ITP/Commissione, C‑241/91 P e C‑242/91 P, EU:C:1995:98, punto 50, e del 4 ottobre 2011, Football Association Premier League e a., C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punti da 104 a 106).

118    Orbene, il fatto di incoraggiare un concorrente ad accettare clausole di non contestazione o di non commercializzazione, nel senso descritto al punto 116 supra, o il suo corollario, il fatto di sottoporsi a tali clausole in ragione di un incentivo, costituiscono un uso improprio del brevetto.

119    Come giustamente rilevato dalla Commissione al punto 1137 della decisione impugnata, «il diritto dei brevetti non prevede un diritto di pagare concorrenti reali o potenziali affinché restino al di fuori del mercato o si astengano dal contestare un brevetto prima di entrare sul mercato». Parimenti, sempre secondo la Commissione, «i titolari di brevetti non sono autorizzati a pagare società di medicinali generici per mantenerle al di fuori del mercato e ridurre i rischi dovuti alla concorrenza, tanto mediante un accordo di transazione stragiudiziale in materia di brevetti, quanto mediante un altro sistema» (punto 1141 della decisione impugnata). In ultimo, la Commissione ha giustamente aggiunto che «pagare o incentivare in altro modo concorrenti potenziali a rimanere al di fuori del mercato non fa (...) parte di nessun diritto connesso ai brevetti e non corrisponde(...) a nessuno dei mezzi previsti da diritto dei brevetti per far rispettare i brevetti» (punto 1194 della decisione impugnata).

120    Nei casi in cui sia accertata l’esistenza di un incentivo, le parti non possono più far valere il loro riconoscimento, nel quadro della transazione stragiudiziale, della validità del brevetto. Il fatto che la validità del brevetto sia confermata da un organo giudiziario o amministrativo è, a tale riguardo, indifferente.

121    É allora l’incentivo, e non il riconoscimento della validità del brevetto compiuto dalle parti nell’accordo transattivo, che dev’essere considerato come la causa effettiva delle restrizioni alla concorrenza introdotte dalle clausole di non commercializzazione e di non contestazione (v. punto 112 supra), le quali, essendo in tal caso illegittime, presentano quindi un grado di dannosità per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza sufficiente perché sia accolta la loro qualificazione come restrizione per oggetto.

122    In presenza di un incentivo, gli accordi in questione devono essere quindi considerati come accordi di esclusione dal mercato, nei quali le imprese che restano sul mercato indennizzano quelle che ne escono. Orbene, tali accordi consistono, in realtà, in un acquisto della concorrenza e devono, di conseguenza, essere qualificati come restrizioni della concorrenza per oggetto, come risulta dalla sentenza del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, C‑209/07, EU:C:2008:643, punti 8 e da 31 a 34) e dalla conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa Beef Industry Development Society e Barry Brothers (C‑209/07, EU:C:2008:467, punto 75), citati, in particolare, ai punti 1139 e 1140 della decisione impugnata. Inoltre, l’esclusione di concorrenti dal mercato rappresenta una forma estrema della ripartizione del mercato e della limitazione della produzione (sentenza dell’8 settembre 2016, Lundbeck/Commissione, T‑472/13, in corso d’impugnazione, EU:T:2016:449, punto 435) che presenta, in un contesto come quello degli accordi controversi, un grado di nocività ancor più elevato, poiché le società escluse sono società di medicinali generici il cui ingresso sul mercato è, in linea di principio, favorevole alla concorrenza e contribuisce, del resto, all’interesse generale di garantire cure a basso costo. Da ultimo, tale esclusione è confermata, negli accordi controversi, dall’impossibilità per la società di medicinali generici di contestare i brevetti controversi.

123    Alla luce delle suesposte considerazioni si deve ritenere che, nel contesto degli accordi di transazione stragiudiziale delle controversie relative a brevetti, la qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto presuppone la presenza, nell’accordo transattivo stesso, tanto di un incentivo per la società di medicinali generici quanto di una conseguente limitazione dei suoi sforzi tesi a fare concorrenza alla società produttrici dei farmaci originali. Ove ricorrano tali due condizioni, deve necessariamente ritenersi sussistente una restrizione della concorrenza per oggetto, alla luce del grado di nocività per il funzionamento del normale gioco della concorrenza dell’accordo in tal modo concluso.

124    Con le sentenze pronunciate in data odierna, Servier e a./Commissione (T‑691/14) e Niche Generics/Commissione (T‑701/14), il Tribunale ha ritenuto che tali due condizioni ricorressero, in particolare che la Commissione avesse giustamente considerato che la somma di GBP 11,8 milioni versata alla Niche dalla Servier in forza dell’accordo di transazione stragiudiziale concluso tra le due società costituisse un incentivo destinato ad escludere la Niche dal mercato e che tale accordo rappresentasse una restrizione della concorrenza per oggetto.

125    Pertanto, il motivo dedotto all’udienza dalla Biogaran, in risposta al quesito scritto del Tribunale relativo all’accordo di transazione stragiudiziale, vertente sul fatto che tale accordo non sarebbe costitutivo di una violazione dell’articolo 101 TFUE, non può che essere respinto, senza che occorra pronunciarsi in merito alla sua ricevibilità.

b)      Sull’esistenza di un incentivo costituito dall’accordo Biogaran

126    La Biogaran sostiene che l’accordo Biogaran non rappresenterebbe un ulteriore incentivo per incoraggiare la Niche a concludere l’accordo di transazione stragiudiziale con la Servier ma un accordo commerciale autonomo, concluso a condizioni di mercato.

127    A tal proposito, risulta dall’articolo 2 del regolamento n. 1/2003 e da costante giurisprudenza che, nel settore del diritto della concorrenza, in caso di controversia sull’esistenza di un’infrazione, spetta alla Commissione produrre la prova delle infrazioni da essa accertate e raccogliere elementi di prova sufficienti a dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi di un’infrazione (sentenze del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, EU:C:1998:608, punto 58, e dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 86; v., altresì, sentenza del 12 aprile 2013, CISAC/Commissione, T‑442/08, EU:T:2013:188, punto 91 e giurisprudenza ivi citata).

128    Ciò premesso, l’esistenza di un dubbio nel giudice deve operare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione con cui viene accertata l’infrazione. Pertanto, il giudice non può concludere che la Commissione ha dimostrato, in termini giuridicamente validi, l’esistenza dell’infrazione de qua laddove nutra ancora dubbi al riguardo, soprattutto nell’ambito di un ricorso volto all’annullamento di una decisione recante l’irrogazione di un’ammenda (v. sentenza del 12 aprile 2013, CISAC/Commissione, T‑442/08, EU:T:2013:188. punto 92 e giurisprudenza ivi citata).

129    Infatti, si deve tener conto della presunzione d’innocenza, quale risulta, in particolare, dall’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Alla luce della natura delle infrazioni in questione, nonché della natura e del grado di severità delle sanzioni che possono discenderne, la presunzione di innocenza si applica, in particolare, alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nell’irrogazione di ammende o penalità di mora (v. sentenza del 12 aprile 2013 CISAC/Commissione, T‑442/08, EU:T:2013:188, punto 93 e giurisprudenza ivi citata).

130    Inoltre, si deve tener conto del pregiudizio non trascurabile alla reputazione derivante, per una persona fisica o giuridica, dal fatto che sia accertata la sua implicazione in un’infrazione alle norme in materia di concorrenza (v. sentenza del 12 aprile 2013 CISAC/Commissione, T‑442/08, EU:T:2013:188, punto 95 e giurisprudenza ivi citata).

131    Pertanto, la Commissione è tenuta a raccogliere elementi di prova sufficientemente precisi e concordanti per dimostrare l’esistenza dell’infrazione e per corroborare la ferma convinzione che le infrazioni dedotte costituiscano restrizioni della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v. sentenza del 12 aprile 2013 CISAC/Commissione, T‑442/08, EU:T:2013:188, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

132    Occorre sottolineare che non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni singolo elemento dell’infrazione. È sufficiente, infatti, che la serie d’indizi invocati dall’Istituzione, complessivamente considerati, risponda a tale requisito (v. sentenza del 12 aprile 2013 CISAC/Commissione, T‑442/08, EU:T:2013:188, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).

133    L’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale deve talvolta essere dedotta da un certo numero di coincidenze e d’indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono costituire, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza (sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 57).

134    Ad esempio, se un parallelismo di comportamenti non può essere di per sé identificato ad una pratica concordata, può tuttavia costituire un serio indizio, qualora porti a condizioni di concorrenza che non corrispondono alle normali condizioni del mercato (sentenza del 14 luglio 1972, Farbenfabriken Bayer/Commissione, 51/69, EU:C:1972:72, punto 25).

135    Parimenti, la presenza di un accordo accessorio, secondo l’espressione utilizzata dalla Commissione al punto 1190 della decisione impugnata, può costituire, trattandosi di una transazione stragiudiziale relativa ad una controversia in materia di brevetti, un serio indizio dell’esistenza di un incentivo e, quindi, di una restrizione della concorrenza per oggetto.

136    A tal proposito, occorre rilevare che l’accordo Biogaran è stato considerato dalla Commissione quale «accordo accessorio», secondo l’espressione utilizzata dalla Commissione al punto 1190 della decisione impugnata. Ai successivi punti 1349 e 1351, la Commissione ha, infatti, ritenuto che, mediante l’accordo Biogaran che era a suo avviso, connesso all’accordo di transazione stragiudiziale, la Servier abbia fornito alla Niche un ulteriore incentivo per incoraggiarla a concludere l’accordo transattivo de quo e che l’esistenza di un siffatto incentivo risultasse da taluni elementi che rivelerebbero come l’accordo Biogaran non sia stato concluso a condizioni commerciali di libera concorrenza.

137    Occorre precisare che un accordo accessorio è un accordo commerciale usuale «connesso» ad un accordo di transazione stragiudiziale di una controversia contenente clausole aventi di per sé carattere restrittivo. Tale connessione sussiste, in particolare, quando i due accordi sono conclusi in pari data, quando sono giuridicamente collegati, se il carattere vincolante di uno degli accordi è condizionato alla conclusione dell’altro, o anche se, tenuto conto del contesto nel quale sono conclusi, la Commissione è in grado di accertarne l’inscindibilità. Si può aggiungere che, più la vicinanza temporale tra la conclusione degli accordi è rilevante, più sarà facile per la Commissione dimostrarne l’inscindibilità. Il fatto che l’accordo di transazione stragiudiziale e l’accordo accessorio siano conclusi lo stesso giorno o l’esistenza di un vincolo contrattuale tra i medesimi costituisce un indizio particolarmente significativo del fatto che tali accordi si integrino in un medesimo contesto contrattuale. Infatti, se tali accordi non fossero stati conclusi lo stesso giorno (e in assenza di vincolo contrattuale tra i medesimi), una delle parti del negoziato concederebbe all’altra tutto ciò che questa desidera senza alcuna certezza quanto al fatto di ricevere effettivamente il corrispettivo previsto. Tale collegamento cronologico e giuridico tra i due accordi costituisce anche un indizio del fatto che siano oggetto di un negoziato comune.

138    Orbene, l’accordo accessorio è un accordo commerciale usuale che potrebbe esistere in modo autonomo senza che sia in discussione la transazione stragiudiziale di una controversia. Parimenti, la conclusione di un accordo transattivo non impone la conclusione concomitante di un accordo commerciale. Infatti, non sussiste alcun motivo per associare un accordo commerciale ad un accordo transattivo relativo ad una controversia, non essendo necessaria la connessione tra i due accordi. Inoltre, essa non può essere giustificata dalla transazione stragiudiziale della controversia, in quanto l’accordo accessorio non ha l’obiettivo di raggiungere la composizione di una lite, bensì di realizzare un’operazione commerciale.

139    Peraltro, un accordo accessorio implica un trasferimento di valore, di carattere economico o non economico, tra le parti. Esso può comportare, in particolare, il trasferimento di valore dal titolare del brevetto o dalla controllata con la quale detta società costituisce un’unica entità economica, verso la società di medicinali generici. Esiste, pertanto, un rischio evidente che la connessione tra un accordo commerciale ed un accordo di transazione stragiudiziale che preveda clausole di non commercializzazione e di non contestazione, le quali presentino, di per sé, un carattere restrittivo della concorrenza, intenda, in realtà, col pretesto di una transazione commerciale sotto forma, se del caso, di una costruzione contrattuale complessa, incitare l’impresa di medicinali generici ad assoggettarsi, mediante un trasferimento di valore previsto dall’accordo accessorio, alle clausole stesse.

140    Di conseguenza, la circostanza che un accordo commerciale che, di regola, non ha per oggetto la transazione stragiudiziale di una controversia e attraverso il quale transita un trasferimento di valore dalla società produttrice di farmaci originali, o dalla controllata con la quale detta società costituisce un’unica entità economica, alla società di medicinali generici, alle condizioni esposte al punto 137 supra, sia connesso ad un accordo di transazione stragiudiziale di una controversia che prevede clausole restrittive della concorrenza costituisce un serio indizio dell’esistenza di un «reverse payment».

141    Tuttavia, il serio indizio menzionato al punto precedente non è sufficiente e la Commissione deve quindi avvalorarlo fornendo altri elementi concordanti che consentano di concludere nel senso dell’esistenza di un «reverse payment». Un corrispettivo di tal genere, nel contesto specifico degli accordi accessori, corrisponde alla parte del pagamento effettuato dalla società produttrice di farmaci originali che eccede il valore «normale» del bene scambiato (o, se del caso, la parte del valore «normale» del bene scambiato che eccede il pagamento effettuato dalla società di medicinali generici).

142    Nella specie, per poter affermare che l’accordo Biogaran aveva fornito ulteriori incentivi a favore della Niche, la Commissione ha rilevato, al punto 1351 della decisione impugnata, basandosi su una serie di indizi, che l’accordo stesso «non era stato concluso a condizioni commerciali di libera concorrenza» e che «non era una prassi commerciale usuale».

143    A tal proposito, occorre rilevare che la nozione di «normali condizioni di concorrenza», che è simile a quella di «condizioni commerciali di libera concorrenza», anche se non è stata è utilizzata in materia di intese, non è sconosciuta nel settore del diritto della concorrenza, in quanto è utilizzata, certamente nel settore degli aiuti di Stato, al fine di determinare se uno Stato si è comportato come un investitore privato (sentenza del 2 settembre 2010, Commissione/Scott, C‑290/07 P, EU:C:2010:480, punto 68), cioè se il vantaggio concesso alle imprese costituisce, in realtà, la normale remunerazione di una contropartita corrisposta dallo Stato.Tale nozione può quindi costituire, per analogia, un parametro di riferimento pertinente laddove si tratti di stabilire se due imprese che abbiano concluso una transazione commerciale lo abbiano fatto, ciascuna, sulla base di considerazioni limitate al valore economico del bene scambiato, ad esempio, alle sue prospettive di redditività e, quindi, alle normali condizioni di mercato.

144    In presenza di indizi o di elementi di prova addotti dalla Commissione che le consentono di ritenere che l’accordo accessorio non sia stato concluso a normali condizioni di mercato, le parti degli accordi possono presentare la propria versione dei fatti avvalorando le proprie affermazioni con elementi che esse siano in grado di fornire e che consentano di ritenere che l’accordo commerciale, sebbene associato all’accordo di transazione stragiudiziale, sia giustificato da motivi diversi dall’esclusione di un concorrente grazie a un «reverse payment». Le parti degli accordi possono quindi sostenere che l’accordo accessorio è stato concluso a condizioni di mercato, deducendo elementi appropriati relativi, ad esempio, ad usi industriali e commerciali del settore o a circostanze particolari del caso di specie.

145    Alla luce di tutti gli elementi di cui dispone, e, se del caso, dell’assenza di spiegazione plausibile fornita dalle parti dell’accordo, la Commissione può giustamente constatare, al termine di una valutazione globale, che l’accordo accessorio non è stato concluso in normali condizioni di mercato, vale a dire che il pagamento effettuato dalla società produttrice di farmaci originali eccede il valore del bene scambiato (o che la parte del valore del bene ceduto alla società di medicinali generici eccede il pagamento versato dalla stessa). La Commissione può quindi concludere nel senso dell’esistenza di un «reverse payment».

146    Orbene, un «reverse payment», se non ha lo scopo di compensare oneri inerenti alla transazione stragiudiziale, costituisce quindi un incentivo (v. punto 116 supra). Ciò si verifica nel caso di un pagamento risultante da un accordo accessorio il cui oggetto non sia la transazione stragiudiziale di una controversia ma la realizzazione di un’operazione commerciale (v. punto 138 supra).

147    Tuttavia, le parti degli accordi possono sempre dedurre il carattere insignificante del vantaggio in questione, il cui importo sia insufficiente per poter essere considerato come corrispondente ad un incentivo significativo ad accettare le clausole restrittive della concorrenza previste dall’accordo transattivo.

148    Occorre ora applicare alle circostanze particolari della fattispecie in esame i principi esposti nei punti precedenti.

149    Nella specie, è pacifico che la Biogaran abbia versato l’importo di GBP 2,5 milioni alla Niche. Tale versamento derivava dall’accordo Biogaran, in forza del quale la Niche si impegnava a trasferire alla Biogaran progetto di prodotti e un’AIC relativa a prodotti non connessi con il Perindopril.

150    Se, sotto il profilo formale, l’accordo Biogaran e l’accordo di transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche costituiscono atti giuridici distinti, disciplinati da normative diverse e che non ricadono nelle stesse sfere di competenza giurisdizionale, diversi elementi dimostrano l’esistenza di un collegamento tra i due accordi.

151    La Commissione ha giustamente rilevato, al punto 1351 della decisione impugnata, che la cronologia degli accordi era uno degli elementi che consentivano di rilevare l’esistenza di un simile legame tra loro. Infatti, tali accordi sono stati stipulati lo stesso giorno. Inoltre, le scadenze dei versamenti fissate dai due accordi erano le stesse, ovvero, al più tardi, il 14 febbraio 2005 e il 5 ottobre 2005, solo i pagamenti relativi all’approvvigionamento di medicinali previsto dall’accordo Biogaran erano successivi.

152    La Commissione ha altresì correttamente rilevato, fondandosi, in particolare, sulla dichiarazione della Niche del 15 giugno 2011, che l’accordo Biogaran era stato negoziato unitamente all’accordo di transazione stragiudiziale. Se la Niche ha successivamente relativizzato tale dichiarazione, alla fine della procedura amministrativa, producendo vari documenti che attestavano discussioni relative alla licenza quasi due anni prima dell’inizio delle discussioni relative alla transazione stragiudiziale, tale posizione della Niche, in un momento in cui tale società era a conoscenza degli addebiti formulati nei suoi confronti, non ha la stessa efficacia probatoria delle sue precedenti dichiarazioni.

153    In secondo luogo, sebbene la Commissione non neghi il fatto che la Biogaran e la Niche fossero in contatto relativamente al prodotto A ancor prima che la controversia tra la Servier e la Niche avesse inizio, nessun elemento risultante dagli atti consente di avvalorare l’affermazione della ricorrente secondo la quale tale controversia avrebbe avuto l’effetto di bloccare i negoziati tra la Niche e la Biogaran. A tale proposito, un messaggio di posta elettronica del 4 febbraio 2005 evidenzia che i negoziati in vista della conclusione dell’accordo Biogaran erano molto avanzati a tale data, mentre il contenzioso tra la Niche e la Servier era ancora in corso ed è stato risolto solo l’8 febbraio 2005. La simultaneità dei negoziati costituisce un forte indizio dell’esistenza di un legame tra i due accordi.

154    Inoltre, se i due accordi non hanno gli stessi firmatari e sono stati firmati rispettivamente a Parigi, per quanto riguarda l’accordo Biogaran, e a Londra, quanto all’accordo di transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche, essi hanno avuto, in parte, gli stessi negoziatori. Da un lato, il sig. M., uno dei direttori della Niche, ha partecipato ai negoziati dei due accordi. Dall’altro lato, risulta dal messaggio di posta elettronica del 4 febbraio 2005, inviato dal difensore della Biogaran al direttore della Niche, che la persona che ha negoziato l’accordo con la Niche per conto della Biogaran era anche il firmatario della lettera di costituzione in mora inviata dalla Servier alla Matrix il 7 febbraio 2005, la vigilia della conclusione della transazione stragiudiziale tra la Servier e la Matrix. Come rilevato dalla Commissione, è probabile che tale persona fosse a conoscenza della transazione stragiudiziale con la Niche, alla luce dei legami esistenti tra l’accordo di transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche e l’accordo Matrix. Il medesimo messaggio di posta elettronica è stato inviato in copia alla direttrice giuridica del gruppo Servier, sebbene vertesse su un contratto riguardante Biogaran.

155    Infine, la Commissione sostiene, giustamente, che il fatto che i pagamenti della Biogaran relativi all’approvvigionamento di medicinali, e non al trasferimento dei progetto dei prodotti, trasferimento che costituiva la ragion d’essere dell’accordo Biogaran, siano successivi conferma l’esistenza di un legame tra gli accordi stessi. Infatti, è il trasferimento dei progetto che costituisce l’essenza stessa dell’accordo Biogaran, e non la fornitura dei prodotti da parte della Niche. La simultaneità dei pagamenti dell’importo di GBP 2,5 milioni, a fronte dei progetto dei prodotti, e della somma di GBP 11,8 milioni prevista dalla transazione stragiudiziale, conferma, in tal modo, l’esistenza di un legame tra i due accordi.

156    Alla luce delle suesposte considerazioni (punti da 150 a 155 supra) risulta che l’accordo Biogaran costituisce un accordo accessorio, collegato all’accordo di transazione stragiudiziale. La circostanza che tale accordo, attraverso il quale transita un trasferimento di valore a favore della Niche, sia connesso all’accordo di transazione stragiudiziale della controversia tra la Servier e la Niche, sebbene tale accordo accessorio si presenti come un accordo commerciale usuale non avente ad oggetto la transazione stragiudiziale di una controversia, costituisce un serio indizio che il trasferimento di valore de quo non è solo il corrispettivo del bene scambiato nell’ambito dell’accordo accessorio, bensì implica parimenti un «reverse payment»(ai sensi di tale termine in materia di accordi accessori).

157    Inoltre, la Commissione ha considerato una serie d’indizi concordanti che avvalorano la constatazione dell’esistenza di un «reverse payment».

158    In primo luogo, la Commissione, per sostenere che i corrispettivi ottenuti dalla Biogaran non potevano essere valutati in GBP 2,5 milioni, ha correttamente rilevato che tale importo era molto maggiore rispetto alla somma versata dalla Biogaran ad un’altra società di medicinali generici, la società A, per l’acquisizione di diversi progetto relativi al prodotto A sotto forma di compresse in diversi dosaggi.Infatti, la Biogaran ha versato alla società A complessivamente EUR 330 000 in forza dei due accordi relativi al prodotto A, vale a dire una somma di gran lunga inferiore alla somma di GBP 2,5 milioni, sebbene essa includesse anche il prodotto B e il prodotto C.

159    Inoltre, la Commissione ha rilevato, anche qui correttamente, che l’assenza di una clausola nell’accordo Biogaran, diversamente dall’accordo con la società A, che consentisse alla Biogaran di chiedere il rimborso delle somme versate alla Niche in caso di mancato ottenimento delle AIC, costituiva un indizio del fatto che l’accordo non fosse destinato a incitare la Biogaran a richiedere tali AIC e non avesse natura di accordo commerciale usuale.

160    Infine, la Commissione ha potuto correttamente rilevare che la Niche aveva fatto presente a più riprese, nel corso della procedura amministrativa, che l’accordo Biogaran le era stato proposto dalla Servier al fine di darle la totalità della compensazione concordata in cambio della conclusione di un accordo di transazione stragiudiziale omnicomprensiva con la Servier. Risulta altresì da un progetto di accordo di transazione stragiudiziale tra il gruppo Servier e la Niche, allegato al controricorso , contenente l’elenco dei pagamenti da effettuare, che un pagamento di GBP 2,5 milioni era previsto a favore della Niche in relazione al Ramipril, uno dei prodotti oggetto dell’accordo Biogaran. Come giustamente osservato dalla Commissione, risulta inoltre dal messaggio di posta elettronica del 4 febbraio 2005, già menzionato (v., in particolare, il punto 154 supra), che le parti dell’accordo Biogaran si erano accordate sul pagamento di GBP 2,5 milioni ancora prima che fosse stato negoziato e adottato dagli altri contraenti il corrispettivo di una tale somma per la Biogaran. La Niche stessa ha, peraltro, sottolineato nel corso del procedimento amministrativo, prima di ritrattare tale dichiarazione, che l’accordo Biogaran non rientrava in una prassi commerciale usuale e che l’importanza del pagamento era un elemento della transazione stragiudiziale (punto 562 della decisione impugnata).

161    Orbene, la ricorrente non produce alcun elemento preciso che consenta di dimostrare che l’acquisizione, per un importo pari a GBP 2,5 milioni, dei progetti dei prodotti della Niche potesse essere ragionevolmente considerata come un investimento redditizio (v., per continuare l’analogia con la nozione di «investitore privato nell’economia di mercato» citata al punto 143 supra, il punto 84 della sentenza del 12 dicembre 2000, Alitalia/Commissione, T‑296/97, EU:T:2000:289, nel quale è indicato che «il comportamento di un investitore privato in economia di mercato è guidato da prospettive di redditività») o, per lo meno, è tale da procurare al loro acquirente di tali progetto di prodotti redditi che possono compensare l’elevato costo di acquisizione.

162    Inoltre, nessun elemento risultante dagli atti consente di spiegare in qual modo i progetto della Niche potessero procurare al loro acquirente profitti atti a compensare un tale costo di acquisizione. A tal proposito, occorre sottolineare che il volume d’affari complessivo realizzato dalla Biogaran a seguito dell’accordo era pari solamente a una somma compresa tra EUR 100 000 e 200 000.

163    Si può rilevare, inoltre, che non risulta da alcun elemento degli atti di causa che la ricorrente non abbia dimostrato che, prima di concludere l’accordo Biogaran, la ricorrente avesse richiesto alla Niche di trasmetterle tutti i dati necessari al fine di garantire che il prezzo chiesto per i progetti dei prodotti in questione non fosse sopravvalutato rispetto al loro prevedibile reddito.

164    Risulta dai suesposti rilievi che, tenuto conto dell’insieme degli elementi discussi dinanzi al Tribunale, la Commissione ha dimostrato in termini sufficientemente validi l’esistenza di un «reverse payment» non inerente alla transazione stragiudiziale in questione (v. punto 146 supra). Essa ha, quindi, validamente concluso che il pagamento a favore della Niche, nel quadro dell’accordo Biogaran, di un importo di GBP 2,5 milioni, rappresentava un incentivo supplementare e non un’operazione realizzata a condizioni normali di mercato.

165    Va rilevato, infine, alla luce delle considerazioni esposte nei punti precedenti, che il carattere insignificante del vantaggio economico di cui trattasi, il cui importo sarebbe insufficiente a considerarlo un incentivo significativo ad accettare le clausole restrittive della concorrenza previste dall’accordo di transazione stragiudiziale (v. punto 147 supra), non è dimostrato.

166    Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dagli altri argomenti della ricorrente.

167    In primo luogo, nella risposta all’esposizione dei fatti, la Biogaran ha sostenuto che «l’assenza di rimborso delle somme [che aveva] versato (...) in caso di mancato ottenimento delle AIC era stata deliberata da parte della Niche e aveva lo scopo [che la Biogaran facesse] il necessario per ottenere tali AIC al fine di generare un fatturato redditizio per la Niche».

168    Tuttavia, tale argomento, ripreso dalla Biogaran nel proprio ricorso non può essere accolto. Infatti, la struttura di tale accordo non crea nessuna garanzia quanto al fatto che la Biogaran avrebbe chiesto le AIC e si sarebbe rifornita presso la Niche, dato che il pagamento doveva essere versato alla Niche prima di sapere se Biogaran avrebbe ottenuto le AIC. La Commissione sottolinea giustamente che gli obblighi contrattuali della Biogaran non includevano l’obbligo di chiedere le AIC sulla base dei progetti trasferiti (articoli 2.2 e 3 dell’accordo Biogaran). Inoltre, anche se la Biogaran non otteneva le AIC entro un termine di 18 mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’accordo, esso doveva essere automaticamente rescisso e nessuna delle parti aveva il diritto di ottenere un risarcimento economico. Per di più, la Biogaran non era tenuta ad alcuna esclusiva, dal momento che essa poteva chiedere le AIC sulla base di altri progetti rispetto a quelli trasferiti provenienti dalla Niche.

169    Se la Biogaran ha fatto presente, nella propria risposta all’esposizione dei fatti, di aver sottoscritto altri accordi, non contenenti clausole di rimborso, tali accordi prevedevano pagamenti in più rate e i pagamenti erano notevolmente inferiori al pagamento unico di GBP 2,5 milioni in discussione nella specie.

170    In secondo luogo, la ricorrente deduce che l’accordo Biogaran era volto a garantirle una seconda fonte di approvvigionamento di prodotto A.

171    Tale argomento non può essere accolto.

172    Infatti, la ricorrente aveva già concluso un accordo di fornitura di Ramipril con la società A nel dicembre 2004, prima dell’accordo in questione. Parimenti, a seguito di un audit del marzo 2005 sul progetto relativo al prodotto della Niche sul prodotto A sotto forma di compresse da 10 mg, la cui forma e dosaggio non erano coperti dall’accordo con la società A, la Biogaran rilevava che la progetto era insufficiente per la parte analitica. Pertanto, la Commissione fa giustamente valere che, alla luce di tali elementi, è sorprendente che la Biogaran abbia accettato di pagare un importo considerevolmente più elevato per questo progetto che per il progetto della società A. Se la Biogaran precisa che il prodotto A ha generato un fatturato di oltre EUR 79 milioni dal 2007, dal punto 569 della decisione impugnata, che la Biogaran non contesta, emerge che il fatturato globale realizzato dalla Biogaran con l’accordo Biogaran è rimasto inferiore a EUR 200 000.

173    In terzo luogo, per quanto riguarda il progetto relativo al prodotto B, la Biogaran non contesta che essa stessa e la Bioglan (divenuta la Niche) avessero concluso nel 2001 un accordo commerciale concernente la molecola di prodotto B 5 e 10 mg che, contrariamente all’accordo Biogaran, prevedeva un pagamento rimborsabile in caso di mancato ottenimento delle AIC. Va osservato che il fatto che l’accordo Biogaran non prevedeva una garanzia di rimborso, come previsto nel precedente accordo concluso tra la Bioglan e la Biogaran, conferma che il trasferimento del progetto attinente al prodotto B non corrisponde ad un’operazione effettuata alle normali condizioni di mercato.

174    In quarto luogo, per quanto riguarda il progetto attinente al prodotto C, la Biogaran riconosce che il progetto relativo al prodotto della Niche non è stato utilizzato e che la Biogaran ha proseguito il suo rapporto d’affari con la società Disphar. Parimenti, il progetto veniva trasferito solo nel gennaio 2007, mentre l’accordo Biogaran era già rescisso, in mancanza di ottenimento delle AIC, e dopo che la Niche aveva già ricevuto la totalità del pagamento, non rimborsabile. La Commissione sostiene, a giusto titolo, che non è credibile che la Biogaran abbia versato una somma così importante, quando aveva già un contratto di approvvigionamento con la Disphar da diversi anni e che la sola circostanza che il rinnovo dell’accordo con la Disphar fosse stato incerto non poteva giustificare una simile operazione.

175    Inoltre, anche supponendo che la Biogaran abbia perseguito anche obiettivi legittimi acquistando i progetti dei prodotti della Niche, è opportuno ricordare che la mera circostanza per cui un accordo persegue anche scopi legittimi non è sufficiente a impedire una qualificazione come restrizione della concorrenza per oggetto (v., in tal senso, sentenze dell’8 novembre 1983, IAZ International Belgium e a./Commissione, da 96/82 a 102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, EU:C:1983:310, punto 25; del 6 aprile 2006, General Motors/Commissione, C‑551/03 P, EU:C:2006:229, punto 64, e del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, C‑209/07, EU:C:2008:643, punto 21).

176    Infine, la ricorrente sostiene che la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di intenzioni anticoncorrenziali da parte della Biogaran.

177    A tale proposito, dal punto 577 della decisione impugnata, che la Biogaran non contesta seriamente, risulta che i versamenti previsti dagli accordi transattivi conclusi dalla Servier con la Niche e la Matrix sono stati negoziati e suddivisi equamente tra la Niche e la Matrix, mentre la Matrix voleva ricevere più della Niche. La Commissione sottolinea, giustamente, che l’accordo Biogaran consentiva, sotto la copertura di un’operazione in apparenza usuale, di aumentare il contributo versato dal gruppo Servier alla Niche, escludendo al contempo la Matrix. La Niche ha peraltro confermato che la somma di GBP 2,5 milioni faceva parte della «total overall compensation» di GBP 15,7 milioni negoziata tra la Niche e la Servier (punto 560 della decisione impugnata). Se la Commissione non presenta elementi di prova supplementari sui motivi che hanno indotto la Servier a ricorrere alla Biogaran per incentivare la Niche, gli elementi da essa riuniti costituiscono un insieme di indizi probanti sull’esistenza di un nesso intrinseco tra il pagamento di GBP 2,5 milioni e il pagamento principale effettuato dalla Servier alla Niche nell’ambito della transazione stragiudiziale.

178    In ogni caso, si deve rilevare che l’intento delle parti non costituisce un elemento necessario per determinare la natura restrittiva di un tipo di coordinamento tra imprese (sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 118).

179    Dai suesposti rilievi emerge che la Commissione correttamente ha potuto concludere che il versamento a favore della Niche, nel quadro dell’accordo Biogaran, di un importo di GBP 2,5 milioni costituiva un incentivo supplementare.

180    Si deve aggiungere che l’incentivo supplementare è sufficientemente decisivo avendo determinato la decisione della Niche di non entrare nel mercato del Perindopril. Infatti, la Commissione ha rilevato, al punto 577 della decisione impugnata, senza che ciò sia stato seriamente contestato, che le somme oggetto degli accordi transattivi conclusi dalla Servier con la Niche e la Matrix sono stati inizialmente divisi equamente ma che il versamento della Biogaran alla Niche ha, in ultima analisi, consentito di aumentare il contributo versato dal gruppo Servier a tale società senza che la Matrix se ne rendesse conto. Inoltre, la Niche stessa ha confermato che il versamento integrativo faceva parte della «total overall compensation» negoziata tra la Servier e la Niche che lei stessa aveva negoziato con la Servier. Alla luce di tali elementi, si deve concludere che, senza l’accordo Biogaran, la Niche non avrebbe probabilmente concluso l’accordo di transazione stragiudiziale. Pertanto, è l’azione combinata della Servier e della sua controllata che ha permesso la realizzazione di una restrizione della concorrenza.

181    Tale rilievo consente, di per sé, di concludere nel senso dell’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto alla quale la Biogaran ha partecipato direttamente. La circostanza che la Biogaran non fosse un concorrente della Niche al momento dei fatti, anche a supporre che sia dimostrata, non incide su tale conclusione. Come la Corte ha avuto modo di affermare, una società può partecipare ad un’intesa senza necessariamente essere attiva sul mercato interessato dalla restrizione della concorrenza (v., in tal senso sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 34).

182    L’argomento della ricorrente, secondo cui l’accordo Biogaran non comporterebbe clausole anticoncorrenziali, non può essere invocato alla luce delle suesposte considerazioni. Infatti, tale constatazione non priva l’accordo della sua vera natura restrittiva in quanto la ragion d’essere dell’accordo stesso è fungere da complemento alla transazione stragiudiziale contenente tali clausole.

183    Infine, la circostanza che la Commissione non ha preso in considerazione il pagamento di GBP 2,5 milioni nel calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta alla Niche, non è idonea a dimostrare che l’accordo Biogaran non costituiva un trasferimento di valore aggiuntivo destinato a incentivare la Niche a concludere l’accordo transattivo. Infatti, la Commissione, in risposta ad un quesito del Tribunale, ha precisato che considerare tale importo non era necessario per garantire l’effetto dissuasivo dell’ammenda inflitta alla Niche, tenuto conto, in particolare, della modesta dimensione e della situazione della Niche. Anche a voler ammettere che la mancata considerazione di tale importo nel calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta alla Niche risulti da una mera dimenticanza della Commissione, tale omissione, resta, in ogni caso, irrilevante in ordine alla constatazione, nella detta decisione, che l’accordo Biogaran confermava la restrizione della concorrenza derivante dall’accordo di transazione stragiudiziale.

184    Alla luce dei suesposti rilievi, il motivo dev’essere respinto.

B.      Sul motivo vertente su errori di diritto commessi nella parte in cui la decisione impugnata non dimostrerebbe la partecipazione della Biogaran a una qualsivoglia infrazione alle regole della concorrenza

1.      Argomenti delle parti

a)      Sull’illiceità dell’accordo Biogaran

185    La ricorrente deduce che l’accordo Biogaran di per sé non presenta, per stessa ammissione della Commissione, alcun carattere illecito. Infatti, le clausole di tale accordo non sarebbero state oggetto di alcuna censura nella decisione impugnata, che, del resto, dedicherebbe alle stesse solo sei pagine. Pertanto, la Biogaran sarebbe stata sanzionata per un accordo che non conterrebbe alcuna restrizione di concorrenza con la conseguenza che la nera sottoscrizione dello stesso da parte della Biogaran non potrebbe essere sanzionata sulla base dell’articolo 101 TFUE. La responsabilità della Biogaran sarebbe strettamente connessa alla pretesa illeceità della transazione stragiudiziale, di cui essa non sarebbe firmataria, mentre la decisione impugnata riconoscerebbe, al punto 1351, che «l’accordo di transazione stragiudiziale e l’accordo Biogaran sono atti giuridici distinti».

186    Richiamandosi alle conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa AC-Treuhand/Commissione (C‑194/14 P, EU:C:2015:350), la ricorrente fa valere che, per essere parte di un’intesa avente un oggetto o effetti restrittivi della concorrenza, occorre, inoltre, che l’impresa in questione possa rappresentare una pressione concorrenziale per le altre partecipanti all’intesa, il che non si sarebbe verificato nella specie, non essendo la Biogaran un concorrente della Niche al momento dei fatti.

187    La Commissione ritiene che l’accordo di Biogaran non possa essere esaminato indipendentemente dall’accordo di transazione stragiudiziale dal quale sarebbe inscindibile. Essa avrebbe già dimostrato, nella decisione impugnata, ai punti 1351 e 3011, che tale accordo era servito di supporto per trasferire alla Niche un’ulteriore somma di GBP 2,5 milioni in cambio degli impegni da essa assunti nella transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche.

188    Tale pagamento inserito nell’accordo Biogaran costituirebbe una partecipazione diretta della Biogaran all’intesa, sebbene le clausole di tale accordo non siano in discussione. La Commissione aggiunge che tale somma costituisce un incentivo supplementare alla Niche al fine di convincerla ad aderire alla transazione stragiudiziale. La circostanza che tale somma sia stata versata nell’ambito di un accordo Biogaran non la priverebbe del suo carattere integrativo rispetto al pagamento di GBP 11,8 milioni versati nell’ambito della transazione stragiudiziale. Parimenti, la circostanza che l’accordo Biogaran riguardi molecole diverse da quelle oggetto della transazione stragiudiziale e che esso abbia potuto avere una certa utilità operativa, il che non sarebbe mai stato dimostrato, non toglierebbe al versamento la sua natura di incentivo diretto.

b)      Sull’imputazione alla controllata della responsabilità per gli atti della società madre

189    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata le imputa la responsabilità per una pretesa infrazione connessa alla conclusione, da parte della sua società madre, di un accordo di cui essa non è parte e di cui non conosceva il tenore. Tale approccio sarebbe contrario al principio della responsabilità personale che, conformemente alla giurisprudenza, dovrebbe essere interpretato restrittivamente. Infatti, tenuto conto della sua personalità giuridica propria, la ricorrente fa valere di non poter essere ritenuta responsabile della pretesa infrazione commessa dalla Servier, salvo dimostrare che essa fosse complice o beneficiaria dell’asserita intesa.

190    La ricorrente sottolinea di aver indicato, nella propria replica alla comunicazione degli addebiti, di aver agito in maniera autonoma sul mercato, grazie a dirigenti, locali, marchi, attivi e attività diversi da quelli della Servier, la quale agirebbe in quanto laboratorio dei farmaci originali mentre la Biogaran sarebbe, al contrario, una società di medicinali generici. Essa sottolinea che, non essendo né la società madre né l’azionista della Niche o della Servier, essa non aveva pertanto alcun diritto o strumento di controllo sulla politica o la strategia commerciale delle parti dell’accordo di transazione stragiudiziale asseritamente contrario all’articolo 101 TFUE.

191    La ricorrente contesta, a tal riguardo, alla Commissione di aver previsto, in violazione del principio di legalità, una presunzione di responsabilità della controllata per gli atti della società controllante, violando così il principio di personalità delle pene sancito dall’articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e dall’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali.

192    La Commissione replica di non aver, nella decisione impugnata, inteso imputare alla controllata la responsabilità per gli atti della società madre. Essa sostiene che la Biogaran è ritenuta responsabile della sua partecipazione diretta all’infrazione commessa dalla Servier. É l’azione combinata della Servier (sottoscrizione della transazione stragiudiziale) e della sua controllata (sottoscrizione dell’accordo Biogaran) che avrebbe consentito di bloccare l’ingresso sul mercato dei prodotti generici della Niche, a vantaggio del gruppo Servier nella sua totalità.

193    La Commissione sottolinea di non aver sostenuto che la Biogaran fosse responsabile per difetto di controllo o di vigilanza. Essa ha affermato la responsabilità di Biogaran per la sua partecipazione diretta nell’infrazione e ha tenuto conto della sua appartenenza al gruppo Servier per determinare la responsabilità in solido con la sua società madre.

194    La Commissione sostiene che la condotta di una controllata può essere imputato alla società controllante segnatamente quando, pur avendo una personalità giuridica distinta, tale controllata non determina in modo autonomo il proprio comportamento sul mercato, ma applica sostanzialmente le istruzioni impartitele dalla società controllante. Essa aggiunge che, nel caso in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata che abbia infranto le norme in materia di concorrenza, sussiste una presunzione relativa secondo cui la società controllante medesima esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata. Secondo la Commissione, in tale contesto, la società controllante e la controllata devono essere ritenute solidalmente responsabili per il pagamento di un’ammenda per l’infrazione commessa.

195    La Commissione aggiunge che, se è pur vero che l’accordo di transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche e l’accordo Biogaran costituiscono atti distinti, essi sono tuttavia indissolubilmente legati, in quanto hanno per oggetto di fornire, in pari data, un sostanzioso pagamento alla Niche a fronte di impegni a non entrare nel mercato del Perindopril (punti 1351 e 3011 della decisione impugnata). Le due entità hanno perseguito lo stesso obiettivo, la loro condotta è stata unitaria e ed esse hanno agito come un’unica entità economica, non soltanto sul mercato, ma anche per le necessità dell’infrazione.

196    La Commissione ritiene che il contesto dell’accordo Biogaran abbia consentito di accertare che la Biogaran non poteva ignorare che il pagamento si inserisse nel quadro della transazione stragiudiziale il cui obiettivo era l’eliminazione della Niche dal mercato del Perindopril. L’accordo Biogaran rappresenterebbe una componente del piano comune dell’entità economica unica e il fatto che l’accordo Biogaran non riprenda le clausole di non commercializzazione e di non contestazione della transazione stragiudiziale non priverebbe l’accordo Biogaran della sua vera natura, ossia quella di un incentivo supplementare destinato a escludere la Niche dal mercato del Perindopril.

c)      Sulla conoscenza da parte della Biogaran dei comportamenti illeciti della Servier

197    La ricorrente sottolinea che, all’epoca dei fatti, non era a conoscenza del tenore della transazione stragiudiziale e non poteva quindi prevedere il carattere anticoncorrenziale di tale transazione.

198    Richiamandosi alla giurisprudenza, la ricorrente ritiene che «per considerare un’impresa responsabile di un’infrazione unica e continuata, la conoscenza (provata o presunta) dei comportamenti illeciti degli altri partecipanti all’infrazione è richiesta». La Commissione si sarebbe erroneamente discostata dallo standard probatorio affermato dalla giurisprudenza laddove ha affermato, nella decisione impugnata, che non era «necessario dimostrare la conoscenza da parte della Biogaran della natura anticoncorrenziale dell’accordo di transazione stragiudiziale».

199    Inoltre, la ricorrente ritiene che, conformemente alla giurisprudenza, l’esistenza di un legame obiettivo tra l’infrazione e l’accordo non è sufficiente per consentire alla Commissione di imputare l’infrazione alla Biogaran. La Commissione dovrebbe accertare che l’impresa fosse al corrente dell’infrazione o che potesse ragionevolmente prevederla. La Commissione avrebbe snaturato i fatti e violato la giurisprudenza summenzionata, considerando che la «Biogaran era in grado di comprendere che l’accordo Biogaran era legato all’accordo di [transazione stragiudiziale]».

200    La ricorrente aggiunge che, anche volendo ammettere che la Commissione possa dimostrare che gli accordi fossero collegati e che la Biogaran non potesse ignorare tale collegamento, ciò non significa che la ricorrente fosse a conoscenza o che potesse ragionevolmente prevedere il tenore della transazione stragiudiziale. A tal riguardo, la decisione impugnata non avrebbe dimostrato che la Biogaran fosse a conoscenza della presunta finalità anticoncorrenziale dell’accordo di transazione stragiudiziale e delle caratteristiche essenziali di tale composizione, conoscenza che non potrebbe essere presunta.

201    La ricorrente sottolinea che essa non poteva conoscere la pretesa illiceità della transazione stragiudiziale, non esistendo all’epoca dei fatti (2005) alcun precedente secondo cui un siffatto accordo di transazione stragiudiziale sarebbe stato illecito. Richiamandosi ad un parere di Sir Francis Jacobs, la ricorrente sostiene di aver potuto immaginare, all’epoca dei fatti, i criteri di valutazione dedotti dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti.

202    La ricorrente fa infine valere l’irricevibilità di taluni argomenti che sarebbero stati dedotti dalla Commissione, nella fase del controricorso, al fine di sostenere l’affermazione secondo cui la Biogaran non avrebbe potuto ignorare i «comportamenti materiali» della Servier.

203    La Commissione sostiene che la Biogaran poteva ragionevolmente prevedere i comportamenti materiali previsti dagli altri partecipanti alla pratica collusiva e che era pronta ad accettarne il rischio. La Commissione ritiene, infatti, che la coscienza o la conoscenza di una parte di partecipare ad un’infrazione all’articolo 101 TFUE non possa essere interpretata allo stesso modo nei casi in cui la sua controparte nell’operazione di esclusione sia la sua società madre. Infatti, in tal caso, la società controllata non potrebbe agire in un contesto diverso da quello definito dalla sua società controllante, vale a dire, nella fattispecie, l’attuazione di una strategia contro i medicinali generici su larga scala. In tale contesto, la Biogaran avrebbe quindi potuto ragionevolmente prevedere che un pagamento a un produttore di prodotti generici in procinto di fare ingresso sul mercato non poteva avere altro scopo se non l’esclusione di tale produttore del mercato. Il pagamento non avrebbe avuto alcuna altra spiegazione plausibile se non la volontà di offrire un incentivo supplementare alla Niche a concludere l’accordo transattivo.

204    La Commissione sostiene, inoltre, che la consapevolezza dell’illeceità dell’operazione è tanto più certa in quanto i difensori della Servier hanno partecipato alla preparazione dell’accordo Biogaran o ne sono stati destinatari. Inoltre, le accuse di diffamazione formulate dalla Sandoz AG nei confronti della Biogaran nel 2008 dimostrerebbero il coinvolgimento di quest’ultima nella strategia anticoncorrenziale della Servier. Analogamente, il fatto che la Biogaran abbia svolto un ruolo di intermediario nel 2006 nella realizzazione di una transazione stragiudiziale asseritamente anticoncorrenziale tra la Servier e la Lupin conforterebbe l’affermazione della Commissione secondo cui la Biogaran sarebbe stata conoscenza dei comportamenti materiali della Servier.

205    Infine, la Commissione si richiama ai negoziati tra la Niche e la Matrix relativi alle somme loro versate dalla Servier in contropartita della transazione stragiudiziale per sostenere che la Biogaran non poteva ignorare lo scopo perseguito contemporaneamente dell’accordo di transazione stragiudiziale e dall’accordo Biogaran. Infatti, la Niche avrebbe confermato che il versamento faceva parte della «total overall compensation» di GBP 15,7 milioni, negoziata tra la Niche e la Servier.

2.      Giudizio del Tribunale

206    Occorre ricordare i motivi determinanti che la Commissione ha accolto nella decisione impugnata per giungere alla conclusione secondo la quale, da un lato, l’accordo Biogaran avrebbe rappresentato un incentivo supplementare per la Niche a concludere l’accordo transattivo con la Servier, il quale poteva essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto (punti 1369 e 3011 della decisione impugnata), e, dall’altro, la Biogaran potrebbe essere responsabile in solido con la Servier per l’intero periodo dell’infrazione (punti 3006, 3012 e 3145 della decisione impugnata).

207    La Commissione ha ritenuto che la somma versata dalla Biogaran alla Niche a titolo di corrispettivo per l’acquisto dei progetti dei prodotti costituisse un ulteriore incentivo per la Niche, che avrebbe contribuito all’esclusione della Niche dal mercato del Perindopril. Secondo la Commissione, l’impegno della Niche a non entrare nel mercato del Perindopril è stato reso possibile da un incentivo che ha preso la forma, da un lato, di un pagamento da parte della Servier nel quadro della transazione stragiudiziale con la Niche e, dall’altro, di un pagamento complementare operato direttamente dalla Biogaran, controllata della Servier, nel quadro dell’accordo Biogaran.

208    La ricorrente contesta tali asserzioni. Essa deduce che la Commissione ha violato il principio della responsabilità personale imputandole la responsabilità di un accordo stipulato dalla sua società madre. Essa sostiene che l’accordo Biogaran non costituisce una violazione dell’articolo 101 TFUE e che essa non era a conoscenza né del comportamento della sua società controllante, né dell’illiceità dell’accordo transattivo stipulato fra la sua società madre e la Niche.

209    In limine, si deve sottolineare che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la Commissione, nella decisione impugnata, non ha attribuito alla Biogaran gli atti contestati alla sua società madre. Al punto 1349 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che, con l’accordo Biogaran, la Servier abbia fornito un ulteriore incentivo alla Niche. Al punto 3011 della decisione medesima, la Commissione ha precisato che, sebbene non fosse necessario dimostrare la conoscenza da parte della Biogaran della natura anticoncorrenziale dell’accordo transattivo de quo, vari elementi indicavano che la Biogaran era in grado di comprendere che l’accordo Biogaran era legato alla transazione stragiudiziale e che, con tale accordo, la Biogaran aveva partecipato direttamente all’infrazione. Come rilevato dalla Commissione nel proprio controricorso, essa non ha inteso, né direttamente né indirettamente, imputare alla Biogaran gli atti contestati alla sua società madre.

210    La Commissione ha infatti indicato, al punto 3007 della decisione impugnata, che la Servier deteneva il 100% della sua controllata al momento della sottoscrizione dell’accordo e costituiva, pertanto, un’unica impresa con la propria controllata. Parimenti, la Commissione ha ritenuto la responsabilità in solido della Biogaran in quanto l’accordo Biogaran e l’accordo di transazione stragiudiziale erano stati «conclusi tra le medesime imprese», vale a dire il gruppo Servier da un lato, e la Niche/Unichem dall’altro (punto 1351 e nota a piè di pagina n. 1898 della decisione impugnata).

211    A tal proposito, il Tribunale rileva che il giudice dell’Unione non si è, ad oggi, pronunciato sulla questione delle condizioni in presenza delle quali la Commissione può dichiarare la responsabilità solidale di una società controllata qualora, come nel caso di specie, tale controllata abbia partecipato direttamente alla condotta illecita della propria società controllante.

212    Secondo costante giurisprudenza, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento. A tal riguardo, la Corte ha precisato, da un lato, che la nozione di impresa, collocata in tale contesto, dev’essere intesa nel senso che essa designa un’unità economica ancorché, dal punto di vista giuridico, tale unità economica sia costituita da più persone fisiche o giuridiche e, dall’altro, che tale entità economica, laddove violi le regole dettate in materia di concorrenza, è tenuta, secondo il principio di responsabilità personale, a rispondere dell’infrazione (sentenza del 20 gennaio 2011, causa C‑90/09 P, General Química e a./Commissione, C‑90/09 P, EU:C:2011:21, punti da 34 a 36 e giurisprudenza ivi citata).

213    Nel caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata che abbia infranto le norme in materia di concorrenza, esiste una presunzione relativa secondo cui la detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata (sentenza del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, EU:C:2009:536, punto 60). È sufficiente che la Commissione dimostri che l’intero capitale di una controllata sia detenuto dalla società controllante per poter presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale di tale controllata (sentenza del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, EU:C:2011:190, punto 98).

214    Ciò è quanto si verifica nel caso di specie. La Biogaran era una controllata al 100% della Servier al momento della conclusione dell’accordo Biogaran e la presunzione derivante da tale constatazione non è stata confutata (v., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, EU:C:2009:536, punti da 60 a 65). Infatti, si deve sottolineare che la Biogaran non ha dimostrato di aver definito la propria politica commerciale in modo autonomo rispetto alla Servier. Gli elementi di prova discussi supra quanto all’esistenza di un nesso indissolubile tra i due accordi confermano l’influenza determinante della Servier sul comportamento della Biogaran e l’uso effettivo di tale potere. Al fine di evidenziare l’autonomia della Biogaran rispetto alla Servier, la ricorrente deduce che i dirigenti della Biogaran non hanno mai esercitato funzioni presso la Servier. Tuttavia, tale elemento non consente di confutare la presunzione di un’influenza determinante esercitata dalla Servier sulla Biogaran (v., in tal senso, sentenza del 16 settembre 2013, Roca/Commissione, T‑412/10, EU:T:2013:444, punto 76). Quanto alle altre circostanze fatte valere dalla ricorrente, vertenti sul fatto che essa agirebbe in modo autonomo sul mercato, grazie a locali, marchi e attività diversi da quelli della Servier, e in più in qualità di società di medicinali generici, essi dimostrano unicamente che la Biogaran è una persona giuridica distinta dalla Servier, ma non sono idonei a confutare la presunzione che la Servier eserciti un’influenza determinante sulla Biogaran.

215    Al momento della conclusione dell’accordo Biogaran e dell’accordo transattivo tra la Servier e la Niche, la Biogaran era quindi la controllata della Servier e costituiva con la propria società madre un’impresa unica ai sensi del diritto della concorrenza.

216    Di conseguenza, la Commissione correttamente ha potuto ritenere, in applicazione della nozione di «impresa», che la Servier e la Biogaran fossero responsabili in solido del comportamento loro contestato, dovendosi ritenere che gli atti commessi dall’una e dall’altra erano stati peraltro commessi da una sola e unica impresa (v., in tal senso, sentenze del 20 marzo 2002, HFB e a./Commissione, T‑9/99, EU:T:2002:70, punto 524 e 525; e del 12 dicembre 2007, Akzo Nobel e a./Commissione, T‑112/05, EU:T:2007:381, punto 62; v., altresì, in tal senso e per analogia, sentenza della Corte del 6 marzo 1974, Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione, 6/73 e 7/73, EU:C:1974:18, punto 41, e del 16 novembre 2000, Metsä-Serla e a./Commissione, C‑294/98 P, EU:C:2000:632, punti da 26 a 28).

217    La circostanza che, nella specie, la violazione dell’articolo 101 TFUE accertata dalla Commissione derivi, in parte, del comportamento della società madre e, in parte, del comportamento della controllata, mentre, nelle situazioni di responsabilità solidale tra una società controllante e la sua controllata solitamente portate dinanzi al giudice dell’Unione, l’infrazione risulta dal solo comportamento della controllata, non è tale da rimettere in discussione tale conclusione.

218    Infatti, se è possibile imputare ad una società madre la responsabilità di un’infrazione commessa dalla sua controllata e, di conseguenza, rendere le due società responsabili in solido dell’infrazione commessa dall’impresa che esse costituiscono, senza violare il principio di responsabilità personale, ciò vale a maggior ragione quando l’infrazione commessa dall’unità economica costituita da una società controllante e dalla sua controllata derivi dal concorso dei comportamenti delle due società.

219    Come correttamente rilevato dalla Commissione, la decisione impugnata avrebbe potuto essere indirizzata alla Servier per l’infrazione commessa dalla Biogaran come corresponsabile, per quanto non fosse stato accertato alcun elemento atto a dimostrare che la Servier fosse stata coinvolta nell’infrazione. A maggior ragione, la decisione impugnata ha potuto essere indirizzata alla Servier, in quanto società madre, e alla sua controllata, responsabili in solido, in quanto le due società avevano svolto ciascuna un ruolo diretto nell’infrazione.

220    Correttamente la Commissione ha quindi ritenuto che l’accordo Biogaran e l’accordo di transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche siano stati conclusi tra le stesse imprese, vale a dire il gruppo Servier, da un lato, e la Niche, dall’altro, e che l’infrazione all’articolo 101 TFUE dovesse essere imputata al gruppo Servier, il che giustificava la responsabilità in solido della Servier in quanto società controllante e della sua controllata Biogaran, i cui rispettivi comportamenti avevano concorso alla realizzazione dell’infrazione. Tale conclusione s’impone tanto più che i comportamenti delle due società presentano una stretta connessione, a causa dei legami inscindibili, dimostrati dalla Commissione, tra l’accordo Biogaran e l’accordo transattivo tra la Servier e la Niche.

221    La Biogaran deduce inutilmente che essa non dovrebbe essere considerata responsabile in solido dell’infrazione in considerazione del fatto che essa non era a conoscenza dei comportamenti della sua società madre.

222    In primo luogo, tale censura si basa sulla premessa erronea secondo la quale sarebbe stata imputata alla Biogaran la responsabilità di un’infrazione commessa dalla propria società madre. Orbene, come è stato appena esposto, tale presupposto è infondato in fatto e in diritto.

223    Inoltre, si deve ricordare che l’influenza determinante che una società madre esercita sulla propria controllata al 100% consente di presumere che gli atti della controllata siano compiuti in nome e per conto della società madre e, pertanto, dell’impresa che esse costituiscono. Avendo il Tribunale ritenuto, come risulta dalla disamina del motivo precedente, che la Biogaran non avesse perseguito un reale interesse commerciale concludendo l’accordo Biogaran né che essa avesse attuato una strategia autonoma, al di fuori del controllo della propria società controllante, legittimamente la Commissione poteva ritenere che l’accordo Biogaran, intesa quale ulteriore incentivo per la Niche ad accettare la transazione stragiudiziale con la Servier, costituisse una delle componenti dell’infrazione alla quale la Biogaran aveva partecipato direttamente, senza necessità di dimostrare che la Biogaran fosse a conoscenza delle attività o di un piano d’insieme della Servier o delle caratteristiche dell’infrazione.

224    Inoltre, erroneamente la ricorrente si richiama alla sentenza del 2 ottobre 2003, Aristrain/Commissione (C‑196/99 P, EU:C:2003:529, punto 99). Infatti, tale causa non riguardava la relazione tra una società madre e la propria controllata al 100% bensì la detenzione del capitale di due società da parte di una singola persona o una famiglia, circostanza che è stata ritenuta di per sé insufficiente, da parte del giudice dell’Unione, a dimostrare l’esistenza, tra tali due società, di un’unità economica, con la conseguenza, per effetto del diritto della concorrenza dell’Unione, che i comportamenti dell’una e dell’altra possano essere imputati all’unità economica medesima. Parimenti, i riferimenti alle sentenze dell’8 luglio 2008, AC-Treuhand/Commissione (T‑99/04, EU:T:2008:256), del 30 novembre 2011, Quinn Barlo e a./Commissione (T‑208/06, EU:T:2011:701), e del 10 ottobre 2014, Soliver/Commissione (T‑68/09, EU:T:2014:867), non sono pertinenti, in quanto estranei al contesto della relazione società controllante-società controllata e di un’unità economica.

225    In terzo luogo, qualora, come sostenuto dalla ricorrente, incombesse alla Commissione di dimostrare la conoscenza, da parte della controllata, dei comportamenti della società madre per poter imputare l’infrazione al gruppo, la nozione di unità economica risulterebbe compromessa. Occorrerebbe dimostrare, per ogni componente dell’infrazione risultante da comportamenti dell’una o dell’altra delle due società, che la controllata fosse a conoscenza degli obiettivi perseguiti dalla società madre, quando la nozione stessa di impresa ai sensi del diritto delle concorrenza dell’Unione postula, per effetto della presunzione di esercizio di un’influenza determinante della controllante sulla controllata che detiene al 100%, che la filiale agisca nel quadro degli obiettivi perseguiti dalla società controllante, sotto la direzione e il controllo della stessa. Come dichiarato dalla Corte, la condizione per imputare all’insieme dei membri dell’impresa i diversi comportamenti illeciti che costituiscono la totalità dell’intesa ricorre laddove ogni membro dell’impresa abbia contribuito alla sua attuazione, anche se in via subordinata, accessoria o passiva (v., in tal senso, sentenze del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione, C‑609/13 P, EU:C:2017:46, punti da 117 a 126, e dell’8 luglio 2008, AC-Treuhand/Commissione, T‑99/04, EU:T:2008:256, punto 133).

226    Se la tesi della ricorrente fosse accolta, l’accertamento delle infrazioni al diritto della concorrenza all’interno dei gruppi di società sarebbe resa più difficile, laddove la presunzione di controllo, da parte della società madre, della controllata detenuta al 100% è volta ad evitare che comportamenti illeciti siano imputati solo alle controllate che ne sono direttamente responsabili ed evitino, per tale motivo, una repressione a livello del gruppo. Sarebbe, infatti, sufficiente per una società madre condividere i comportamenti illeciti tra essa stessa e la propria controllata e sostenere che quest’ultima non era a conoscenza delle attività della società madre affinché la componente dell’infrazione derivante dalla partecipazione diretta della controllata all’infrazione sia imputata solo alla controllata. Ne deriverebbe una minore efficacia della lotta contro le pratiche anticoncorrenziali, che non può essere giustificata dal rispetto del principio di responsabilità personale delle infrazioni.

227    Alla luce dei suesposti rilievi, l’argomento della ricorrente, secondo cui la Commissione le avrebbe erroneamente imputato, in violazione del principio della responsabilità personale, la responsabilità per i comportamenti illeciti della propria società madre, è quindi infondato sia in fatto che in diritto. Non solo la Commissione non ha imputato alla Biogaran l’infrazione contestata alla sua società madre, essendo l’infrazione imputata solo al gruppo Servier, ma la Commissione ha anche giustamente ritenuto che non fosse necessario accertare che la Biogaran fosse a conoscenza dei comportamenti della propria società madre.

228    Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente all’udienza a sostegno del motivo da essa ivi dedotto, relativo alla carenza di motivazione ed alla contraddittorietà della motivazione che vizierebbe la decisione impugnata, tale decisione appare esente da tali vizi. Risulta, infatti, chiaramente da tale decisione, in particolare, dai punti 1349, 3007 e 3011 della stessa, che la Commissione ha considerato che il soggetto responsabile dell’infrazione era l’impresa, ai sensi dell’articolo 101 TFUE, formata dalla Servier e dalla sua controllata Biogaran detenuta al 100% e che non era necessario comprovare la conoscenza, da parte della Biogaran, della natura anticoncorrenziale della transazione stragiudiziale per imputare la responsabilità dell’infrazione all’«impresa». Se è vero, come ha rilevato la Biogaran all’udienza, che la Commissione, nelle proprie memorie, ha indicato che era possibile presumere che la Biogaran fosse a conoscenza delle attività della Servier e che tale analisi è censurabile non potendosi presumere, in linea di principio, che una società controllata sia a conoscenza dei comportamenti della propria società controllante, tale motivazione non figura nella decisione impugnata, che si limita ad affermare la presunzione secondo cui la Biogaran, controllata al 100% dalla Servier, agisce sotto l’influenza e il controllo della Servier e ad accertare la sussistenza di elementi da cui emerge la partecipazione diretta della Biogaran ad un’infrazione commessa dall’unità economica unica de qua.

229    Ad abundantiam, anche ammettendo che la Commissione fosse stata tenuta a dimostrare che la Biogaran fosse a conoscenza delle attività della Servier e della illiceità dell’accordo transattivo tra la Servier e la Niche, risulta dagli atti di causa che ciò è stato sufficientemente dimostrato dalla Commissione.

230    Va anzitutto ricordato che un’impresa può avere partecipato direttamente solo ad alcuni dei comportamenti anticoncorrenziali che compongono un’infrazione unica e continuata, ma essere stata al corrente di tutti gli altri comportamenti illeciti previsti o attuati dagli altri partecipanti all’intesa nel perseguire i medesimi obiettivi, o aver potuto ragionevolmente prevederli ed essere stata pronta ad accettarne il rischio. Anche in un caso del genere la Commissione può imputare a tale impresa la responsabilità di tutti i comportamenti anticoncorrenziali che compongono tale infrazione e, di conseguenza, dell’infrazione nel suo insieme (v. sentenza del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce, C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416, punto 158 e giurisprudenza citata; sentenza del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione, C‑609/13 P, EU:C:2017:46, punto 119).

231    Per contro, qualora un’impresa abbia preso parte direttamente a uno o a più comportamenti anticoncorrenziali componenti un’infrazione unica e continuata, ma non risulti provato che tramite il proprio comportamento essa intendesse contribuire al complesso degli obiettivi comuni perseguiti dagli altri partecipanti all’intesa e che fosse al corrente di tutti gli altri comportamenti illeciti previsti o attuati da tali partecipanti nel perseguire i medesimi obiettivi, o che potesse ragionevolmente prevederli e fosse pronta ad accettarne il rischio, la Commissione deve limitarsi a imputarle la responsabilità dei soli comportamenti ai quali essa ha partecipato direttamente e dei comportamenti previsti o attuati dagli altri partecipanti nel perseguire obiettivi analoghi a quelli che essa perseguiva e dei quali sia dimostrato che essa era al corrente o che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne il rischio (v. sentenza del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce, C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416, punto 159 e giurisprudenza citata; sentenza del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione, C‑609/13 P, EU:C:2017:46, punto 120).

232    Nella specie, la Commissione ha accertato che la Biogaran era a conoscenza del fatto che l’accordo Biogaran intendesse contribuire alla realizzazione dell’obiettivo di esclusione dal mercato della Niche. Grazie agli elementi da essa raccolti, menzionati al punto 1351 della decisione impugnata, relativi al carattere di incentivo dell’accordo Biogaran, e che la Biogaran non ha potuto validamente rimettere in discussione nell’ambito del motivo relativo allo snaturamento dei fatti, la Commissione, sottolineando altresì che Biogaran, controllata al 100% della Servier, non aveva potuto agire in modo autonomo, ha dimostrato che l’accordo Biogaran poteva essere analizzato solo come un ulteriore incentivo per la Niche, incentivo di cui la Biogaran non poteva ignorare la natura.

233    Come risulta dall’esame del motivo relativo allo snaturamento dei fatti, la Biogaran non ha fornito alcuna spiegazione plausibile che giustifichi la conclusione di tale accordo in relazione all’accordo transattivo tra la Servier e la Niche. Essa non può neppure validamente sostenere che non era a conoscenza dell’illiceità di tali accordi. Infatti, l’obiettivo consistente nel tenere la Niche fuori dal mercato, raggiunto in cambio di pagamenti considerevoli, aveva un carattere restrittivo chiaro per i negoziatori di tali accordi.

234    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il presente motivo dev’essere respinto, senza che sia necessario esaminare gli argomenti difensivi dedotti dalla Commissione, relativi a fatti successivi alla sottoscrizione dell’accordo Biogaran.

C.      Sul motivo inerente all’errore di diritto commesso della Commissione con l’irrogazione dell’ammenda alla Biogaran

1.      Argomenti delle parti

a)      Sul carattere inedito, imprevedibile e complesso della causa

235    Fondandosi sul principio della legalità dei reati e delle pene enunciato all’articolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e all’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali, la ricorrente deduce che la Commissione può infliggere sanzioni solo in base a pratiche definite come infrazione all’epoca dei fatti. Parimenti, essa aggiunge che, secondo la prassi decisionale della Commissione, un’ammenda può essere inflitta solo ove la natura delle infrazioni rilevate sia relativamente nuova e non sussistessero, all’epoca dei fatti, precedenti che stabilissero chiaramente l’illiceità del tipo di comportamento in questione, o ancora quando si tratti di una nuova strategia in termini di principi stabiliti.

236    Inoltre, la ricorrente ritiene che la Commissione non potesse infliggere ammende per pratiche la cui qualificazione non era evidente all’epoca dei fatti. Infatti, la decisione impugnata si fonderebbe su una censura inedita ed imprevedibile dell’accordo transattivo tra la Servier e la Niche. La ricorrente fa valere che, all’epoca dei fatti, non esistevano precedenti e che, di conseguenza, la Biogaran non poteva nutrire dubbi che l’accordo transattivo de quo potesse essere considerato illecito.

237    La Commissione sottolinea che l’elenco delle infrazioni previste all’articolo 101 TFUE suggerisce in termini letterali che le pratiche in questione, vale a dire l’esclusione dal mercato di un concorrente in cambio di un trasferimento di valore, sono anticoncorrenziali. La Commissione rinvia alle sezioni pertinenti della decisione impugnata per affermare che era pacifico, al momento degli accordi, che le pratiche volte a escludere i concorrenti dal mercato sarebbero state probabilmente considerate anticoncorrenziali (punto 3092 della decisione impugnata).

238    La Commissione sostiene che le discussioni avvenute in seno all’impresa Servier all’epoca dei fatti sulla compatibilità della transazione stragiudiziale con il diritto della concorrenza dimostrano chiaramente una conoscenza del carattere potenzialmente anticoncorrenziale degli accordi.

239    Infine, il fatto che i consulenti legali delle parti degli accordi non abbiano individuato un rischio di infrazione non può avere l’effetto di esentare l’impresa da un’ammenda qualora essa non potesse ignorare il carattere anticoncorrenziale di tale comportamento.

b)      Sul carattere sproporzionato dell’ammenda

240    La ricorrente sostiene, in ogni caso, che l’importo dell’ammenda è manifestamente sproporzionato rispetto al ruolo minore svolto dalla Biogaran nella realizzazione della pretesa infrazione. Richiamandosi alla giurisprudenza, essa sottolinea che il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa o che abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti cui ha partecipato dev’essere preso in considerazione in sede di valutazione della gravità dell’infrazione e, eventualmente, della determinazione dell’importo dell’ammenda.

241    Imponendo una sanzione senza tener conto del contributo limitato della Biogaran alla presunta infrazione, la Commissione avrebbe manifestamente violato i principi di proporzionalità e di parità di trattamento. Infatti, la gravità dell’ammenda violerebbe il principio della parità di trattamento, il quale impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato.

242    Pertanto, infliggendo alla Biogaran congiuntamente e in solido la totalità dell’ammenda inflitta alla sua società madre, sebbene le circostanze oggettive che caratterizzano la partecipazione delle due società non fossero comparabili, la Commissione avrebbe violato il principio di parità di trattamento. Infatti, mentre la Servier è sanzionata per un comportamento anticoncorrenziale, la Commissione sanzionerebbe la Biogaran per un atto che non è di per sé restrittivo della concorrenza. Inoltre, anche ammettendo che l’accordo Biogaran ricada nell’ambito dell’accordo transattivo asseritamente anticoncorrenziale, il trasferimento di valore a favore della Niche contestato dalla Commissione ammonterebbe complessivamente a GBP 13,8 milioni, mentre la Biogaran vi avrebbe contribuito solo per un importo di GBP 2,5 milioni.

243    La ricorrente sottolinea peraltro che l’importo dell’ammenda inflittale per avere indirettamente partecipato ad un preteso accordo anticoncorrenziale è talmente sproporzionato che eccede di gran lunga l’importo totale cumulativo delle sanzioni pecuniarie inflitte alle altre cinque società di medicinali generici (vale a dire EUR 96,6 milioni), le quali hanno partecipato direttamente agli accordi transattivi controversi.

244    Infine, la decisione sarebbe viziata da un errore di diritto nella parte in cui essa considera per la Biogaran il valore delle vendite della sua società madre (EUR 476 milioni), mentre essa stessa non ha effettuato alcuna vendita. La ricorrente sostiene, infatti, che, conformemente al principio della parità di trattamento, la Commissione avrebbe dovuto applicare alla Biogaran lo stesso ragionamento che per le altre società di medicinali generici. Infatti, se la Commissione aveva preso in considerazione il valore trasferito ai sensi dell’accordo sottoscritto dalla Biogaran, vale a dire GBP 2,5 milioni, l’importo dell’ammenda inflitta alla Biogaran sarebbe stata divisa per oltre 150.

245    La Commissione replica che la Biogaran non ha agito in quanto soggetto indipendente e distinto del gruppo Servier. La Biogaran avrebbe agito come parte integrante del gruppo Servier, ed è quindi l’impresa Servier nel suo insieme che sarebbe ritenuta responsabile dell’infrazione. La Commissione aggiunge che la Biogaran ha svolto un ruolo causale tanto importante quanto la sua società madre.

246    Infine, la Commissione ritiene che il raffronto tra le ammende delle società di medicinali generici e la Biogaran non è pertinente, dal momento che la Biogaran ha agito come facente parte della medesima impresa della Servier in tale causa. Essa avrebbe agito in quanto produttore del farmaco originale che intende mantenere il suo monopolio, in una posizione diversa da quella delle società di medicinali generici che hanno accettato di non entrare nel mercato in cambio di un pagamento significativo.

c)      Sul massimale del 10% dell’ammenda

247     La ricorrente deduce che la Commissione ha violato l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 avendo condannato congiuntamente e in solido la Biogaran a pagare un’ammenda di EUR 131,5 milioni, pari a circa il 18% del suo fatturato totale, per aver asseritamente «incitato» la Niche a concludere l’accordo transattivo.

248    Richiamandosi alla giurisprudenza, la Commissione sostiene che il massimale dell’importo dell’ammenda dev’essere calcolato sulla base del fatturato di tutte le società che costituiscono l’entità economica unica che agisce in qualità di impresa ai sensi dell’articolo 101 TFUE. La Commissione non sarebbe quindi incorsa in errore nel prendere in considerazione il fatturato del gruppo Servier.

249    Infine, la Commissione sostiene che all’ammenda della Biogaran non è possibile applicare il metodo di calcolo delle ammende delle imprese di medicinali generici. Infatti, la Biogaran avrebbe agito a sostegno del titolare del brevetto e avrebbe contribuito a pagare un produttore di medicinali generici per incoraggiarlo a non entrare nel mercato della sua società controllante, il che non sarebbe paragonabile al ruolo svolto dai produttori di medicinali generici.

2.      Giudizio del Tribunale

a)      Sul carattere inedito, imprevedibile e complesso della causa

250    Risulta dalla giurisprudenza che il principio di legalità dei reati e delle pene implica che la legge definisce chiaramente i reati e le pene che le reprimono. Tale condizione risulta soddisfatta qualora il soggetto sia in grado di sapere, sulla base del dettato della disposizione pertinente e con l’aiuto dell’interpretazione che ne è data dai giudici, quali atti e omissioni implichino la sua responsabilità penale (v., sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

251    Il principio di legalità dei reati e delle pene non può pertanto essere interpretato come un divieto di graduale chiarimento, da una causa all’altra, delle norme sulla responsabilità penale da parte di un’interpretazione giurisprudenziale, a condizione che il risultato sia ragionevolmente prevedibile al momento della commissione dell’infrazione, alla luce in particolare dell’interpretazione vigente a quell’epoca nella giurisprudenza relativa alla disposizione legale in questione (v. sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

252    La portata della nozione di prevedibilità dipende in larga parte dal contenuto della disposizione in questione, dal settore interessato, nonché dal numero e dalla qualità dei suoi destinatari. La prevedibilità della legge non impedisce che l’interessato sia portato a ricorrere a un illuminato parere legale al fine di valutare, in una misura ragionevole in base alle circostanze della causa, le conseguenze che possono risultare da un atto determinato. Ciò vale, in particolare, per i professionisti, abituati a dover dare prova di grande prudenza nello svolgimento del loro lavoro. Da questi ultimi ci si può inoltre attendere una cura particolare nel valutare i rischi che esso comporta (v. sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

253    Occorre aggiungere che il ricorso all’assistenza di professionisti risulta ancora più evidente laddove si tratti, come nella specie, di formulare e redigere un accordo di licenza, concluso nell’ambito della transazione stragiudiziale di una controversia.

254    In tale contesto, anche se, all’epoca dell’infrazione constatata nella decisione controversa, i giudici dell’Unione europea non avevano ancora avuto modo di pronunciarsi specificamente sugli accordi di transazione stragiudiziale e di licenza del genere di quelli conclusi dalla Servier, dalla Niche e dalla Biogaran, quest’ultima avrebbe dovuto attendersi, eventualmente previo ricorso a consulenti esperti in materia, che il comportamento dell’impresa al quale essa aveva contribuito con l’accordo Biogaran potesse essere dichiarato incompatibile con le norme in materia di concorrenza del diritto dell’Unione, tenuto conto, in particolare, della portata ampia delle nozioni di «accordo» e di «pratica concordata» risultanti dalla giurisprudenza della Corte (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 43).

255    La Biogaran poteva, in particolare, ritenere che il fatto che la sua società controllante assoggettasse la Niche a clausole di non commercializzazione e di non contestazione, di per sé restrittive della concorrenza, sulla base di un incentivo e non del riconoscimento della validità del brevetto, facesse perdere ogni legittimità all’inserimento di tali clausole in un accordo di transazione stragiudiziale in materia di brevetti. Infatti, un tale inserimento non si basava più sul riconoscimento delle parti degli accordi della validità del brevetto e costitutiva quindi un uso improprio del brevetto, senza relazione con il suo oggetto specifico (v, sentenza in data odierna, Servier e a./Commissione, T‑691/14). Inoltre, la ricorrente poteva anche presumere che il fatto di fornire un incentivo supplementare alla Niche con l’accordo Biogaran fosse tale da rafforzare gli effetti restrittivi dell’accordo concluso dalla sua controllante. La ricorrente poteva quindi ragionevolmente prevedere che essa assumeva un comportamento che rientrava nel divieto dettato dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 46, e dell’8 settembre 2016, Lundbeck/Commissione, T‑472/13, in fase d’impugnazione, EU:T:2016:449, punto 764).

256    Inoltre, occorre rilevare che, molto prima della data di conclusione dei due accordi, la giurisprudenza si era pronunciata sulla possibilità di far applicare il diritto della concorrenza in settori caratterizzati dalla presenza di diritti di proprietà intellettuale (v. sentenza dell’8 settembre 2016, Xellia Pharmaceuticals e Alpharma/Commissione, T‑471/13, non pubblicata, in fase d’impugnazione, EU:T:2016:460, punti 314 e 315).

257    Infatti, già nel 1974 la Corte ha affermato che, se i diritti riconosciuti dalla legislazione di uno Stato membro in materia di proprietà industriale non sono compromessi nella loro esistenza dall’articolo 101 TFUE, le condizioni di esercizio dei diritti medesimi possono tuttavia ricadere nei divieti sanciti dall’ articolo medesimo e che ciò può avvenire ogni qualvolta l’esercizio di un diritto del genere risulti essere l’oggetto, il mezzo o la conseguenza di un’intesa (sentenza del 31 ottobre 1974, Centrafarm e de Peijper, 15/74, EU:C:1974:114, punti 39 e 40).

258    Inoltre, dalla sentenza del 27 settembre 1988, Bayer e Maschinenfabrik Hennecke (65/86, EU:C:1988:448) in poi, è chiaro che le composizioni stragiudiziali delle controversie riguardanti i brevetti possono essere qualificati come accordi ai sensi dell’articolo 101 TFUE.

259    Inoltre, occorre sottolineare che, con gli accordi controversi, la Niche, la Servier e la Biogaran hanno, in realtà, deciso di concludere accordi di esclusione dal mercato (v. Servier T‑691/14). Orbene, se è vero che in una sentenza pronunciata successivamente alla conclusione dell’accordo controverso la Corte ha affermato che gli accordi di esclusione dal mercato, in cui le imprese che restano sul mercato indennizzano quelle che ne escono, costituiscono una restrizione per oggetto della concorrenza, essa ha tuttavia precisato che questo tipo di accordi collideva «palesemente» con la concezione intrinseca alle norme del Trattato in materia di concorrenza, secondo la quale ogni operatore economico deve determinare autonomamente la politica che intende seguire sul mercato (sentenza del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, C‑209/07, EU:C:2008:643, punti 8 e da 32 a 34). Concludendo un accordo come l’accordo Biogaran, pertanto, la ricorrente non poteva ignorare il carattere anticoncorrenziale del suo comportamento.

260    Vero è che se, considerato che l’accordo fra la Niche e la Servier era stato concluso sotto forma di una transazione stragiudiziale relativa a un brevetto e che l’accordo Biogaran si presentava come un accordo di licenza e di approvvigionamento, l’illiceità di tali accordi poteva non apparire in maniera chiara ad un osservatore esterno quale la Commissione, lo stesso non può essere affermato per le parti degli accordi stessi.

261    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve ritenere, in conclusione, che la Biogaran, sebbene essa non fosse attiva sul mercato del Perindopril interessato dalla restrizione della concorrenza, potesse ragionevolmente prevedere che il divieto sancito dall’articolo 101 TFUE le fosse applicabile.

262    Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dagli altri argomenti dedotti dalla ricorrente.

263    In primo luogo, se la ricorrente si richiama all’esistenza di un parere giuridico chiesto a Sir Francis Jacobs, essa non fornisce elementi sufficienti affinché possa ritenersi, in conclusione, che esistesse reale incertezza circa il carattere illecito dell’accordo Biogaran e dell’accordo transattivo della controversia tra la Servier e la Niche rispetto alle norme dell’Unione in materia di diritto della concorrenza. Infatti, se Sir Francis Jacobs riconosce la novità dell’analisi della Commissione e che tali «criteri di valutazione» non erano mai stata applicata dai giudici dell’Unione, egli ritiene, però, la teoria della Commissione fondata in linea di principio.

264    Inoltre, tale parere giuridico non contesta il fatto che l’articolo 101 TFUE suggerisce in modo letterale che le pratiche in oggetto, vale a dire l’esclusione di un concorrente, sono incompatibili con il diritto della concorrenza. La Commissione ha del resto correttamente sottolineato, al punto 597 della decisione impugnata, che la questione della compatibilità degli accordi controversi con il diritto della concorrenza aveva suscitato interrogativi da parte della Servier.

265    In secondo luogo, l’argomento relativo all’esistenza di una prassi della Commissione secondo la quale quest’ultima si astiene dall’imporre sanzioni amministrative pecuniarie o si limita ad imporre ammende simboliche quando esamina questioni di diritto complesse che non sono mai state risolte dai giudici dell’Unione non può essere accettato. Infatti, nonostante la novità di alcune delle questioni sollevate nell’ambito della presente causa, la Biogaran non poteva ignorare, nella specie, la natura anticoncorrenziale del piano strategico della Servier (punti da 229 a 234 supra) né il fatto che essendo detenuta al 100% dalla Servier, avrebbe potuto vedere i propri comportamenti in qualità di controllata imputati all’impresa costituita dalla Servier e dalla sua controllata. Parimenti, la Commissione osserva giustamente, al punto 80 della controreplica, che la lunghezza della decisione e la durata della procedura amministrativa rispecchiano sì la complessità dei fatti, ma non costituiscono la prova del carattere imprevedibile dell’infrazione.

266    In ogni caso, secondo la giurisprudenza la Commissione dispone di un margine di discrezionalità nel fissare l’importo delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle norme in materia di concorrenza. Il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazioni non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 1/2003, se ciò è necessario per garantire l’attuazione della politica di concorrenza dell’Unione. L’efficace applicazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza implica che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica (sentenza dell’8 settembre 2016, Lundbeck/Commissione, T‑472/13, in fase di impugnazione, EU:T:2016:449, punto 773).

267    In terzo luogo, la ricorrente non può far valere la circostanza che il suo consulente giuridico abbia qualificato in modo giuridicamente erroneo il proprio comportamento sul quale si fonda la constatazione dell’infrazione. Infatti, l’errore commesso dal consulente giuridico dell’impresa incriminata non può avere come conseguenza di esonerarla dall’inflizione di un’ammenda sempreché essa non potesse ignorare il carattere anticoncorrenziale di tale comportamento (v. in tal senso, sentenza del 18 giugno 2013, Schenker & Co. e a., C‑681/11, EU:C:2013:404, punto 37).

268    In quarto luogo, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, le clausole dell’accordo Biogaran non potevano che essere percepite dai firmatari dell’accordo come una restrizione della concorrenza supplementare. Infatti, anche se la ricorrente sostiene che le clausole dell’accordo «non sono in discussione», essa era in grado di comprendere che l’accordo, tenuto conto del fatto che esso conteneva clausole atipiche rispetto ad altri accordi di licenza, e non prevedeva un corrispettivo effettivo al pagamento, non aveva altro scopo che quello di indurre un potenziale concorrente della Servier a non far ingresso nel mercato del Perindopril, e, pertanto, costituiva un’infrazione al diritto della concorrenza.

269    Alla luce dei suesposti rilievi, il motivo dev’essere respinto.

b)      Sul carattere sproporzionato dell’ammenda

270    Si deve rilevare che le censure formulate dalla Biogaran in merito all’importo dell’ammenda inflittale in solido con la sua società controllante e che essa ritiene sproporzionato si basano sull’assunto che la Biogaran si sarebbe vista imputare l’infrazione commessa dalla sua controllante e che essa sarebbe stata sanzionata a tal titolo in quanto persona giuridica distinta dalla Servier, mentre i suoi atti sarebbero stati meno gravi di quelli della società controllante e la sua partecipazione all’infrazione molto più limitata di quella di quest’ultima.

271    Orbene, tali presupposti sono errati, come già rilevato nell’ambito della disamina del primo motivo del ricorso,.

272    Infatti, come correttamente sostenuto dalla Commissione, la Biogaran non ha agito in quanto soggetto indipendente e distinto del gruppo Servier, bensì come parte integrante di questo gruppo, sotto il controllo della società controllante. Se la Commissione ha accertato la partecipazione diretta della Biogaran all’infrazione e ha rilevato il carattere decisivo dell’accordo Biogaran nella concretizzazione degli effetti restrittivi dell’accordo di transazione stragiudiziale tra la Servier e la Niche, essa non ha però ritenuto la Biogaran responsabile dell’infrazione in quanto persona giuridica distinta del gruppo Servier. L’ammenda controversa è stata, infatti, inflitta all’impresa, ai sensi dell’articolo 101 TFUE, costituita dalla controllata e dalla società madre, responsabili in solido dell’infrazione nonché del pagamento dell’ammenda corrispondente, ed essa non mira a sanzionare i comportamenti anticoncorrenziali che sarebbero attribuibili a ciascuna di queste due società in quanto persone giuridiche distinte.

273    La solidarietà nel pagamento dell’ammenda da parte della controllata e la società controllante, sulla quale si basa il dispositivo della decisione impugnata, che, all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), si riferisce alla Servier e alla Biogaran, congiuntamente e solidalmente responsabili del pagamento di EUR 131 532 600, non può essere interpretata nel senso che alla Biogaran sia stata imputata la responsabilità di un’infrazione commessa dalla propria società madre.

274    Infatti, si deve ricordare che la solidarietà nel pagamento dell’ammenda non è che una manifestazione di un effetto di pieno diritto della nozione di impresa, che designa l’entità che può essere sanzionata dalla Commissione per un’infrazione alle regole del diritto della concorrenza dell’Unione (sentenze del 10 aprile 2014, Commissione e a./Siemens Österreich e a., da C‑231/11 P a C‑233/11 P, EU:C:2014:256, punto 57, e del 10 aprile 2014, Areva e a./Commissione, C‑247/11 P e C‑253/11 P, EU:C:2014:257, punti da 122 a 124). Le società possono quindi essere condannate in solido al pagamento dell’ammenda in quanto possono essere considerate personalmente responsabili della partecipazione all’infrazione commessa dall’impresa unica che essi compongono (sentenza del 10 aprile 2014, Commissione e a./Siemens Österreich e a., C‑231/11 P à C‑233/11 P, EU:C:2014:256., punto 49).

275    Inoltre, è indifferente il fatto che le responsabilità personali sopportate da società per la loro partecipazione alla commissione dell’infrazione siano o meno identiche, dato che nel periodo dell’infrazione, esse costituivano un’unica impresa (sentenza del 3 marzo 2011, Areva e a./Commissione, T‑117/07 e T‑121/07, EU:T:2011:69, punto 206). Il potere sanzionatorio della Commissione non può, inoltre, riguardare la determinazione delle quote spettanti a ciascuno dei condebitori in solido nei loro rapporti interni (sentenza del 10 aprile 2014, Commissione e a./Siemens Österreich e a., da C‑231/11 P a C‑233/11 P, EU:C:2014:256, punto 58, e del 10 aprile 2014, Areva e a./Commissione, C‑247/11 P e C‑253/11 P, EU:C:2014:257, punto 151). La Biogaran ha dichiarato, all’udienza, in risposta ad un quesito del Tribunale, che la società controllante aveva pagato la totalità dell’importo dell’ammenda di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della decisione impugnata.

276    Infliggendo l’ammenda all’entità economica unica costituita dalla società madre e dalla sua controllata detenuta al 100%, e prendendo in considerazione il valore delle vendite realizzate dal gruppo Servier, la Commissione si è dunque conformata a una giurisprudenza costante del giudice dell’Unione e non è incorsa in alcun errore di diritto (v., in tal senso, sentenze del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punti da 145 a 148 e giurisprudenza ivi citata, e del 23 gennaio 2014, Evonik Degussa e AlzChem/Commissione, T‑391/09, non pubblicata, EU:T:2014:22, punti da 129 a 135).

277    Per gli stessi motivi, la ricorrente non può neppure sostenere che l’ammenda è stata inflitta in violazione del principio di parità di trattamento.

278    Infatti, né la Biogaran né la Servier sono sanzionate per il loro comportamento in quanto persone giuridiche distinte, una comparazione tra la situazione della Servier e quella della Biogaran è priva di pertinenza.

279    Analogamente, poiché la Biogaran è condannata in solido al pagamento dell’ammenda solo in quanto parte integrante dell’entità economica unica che essa forma con la Servier, la sua situazione non può essere paragonata a quella delle società di medicinali generici destinatarie della decisione impugnata. Mentre l’ammenda inflitta al gruppo Servier si basa sul valore delle vendite di questo gruppo, le ammende inflitte a tali società non potevano essere calcolate sulla base dello stesso parametro, in quanto tali società non erano sul mercato al momento delle pratiche che sono loro contestate (v. sentenza Servier e a./Commissione, T‑691/14).

280    La censura, sollevata dalla Biogaran all’udienza, vertente sul fatto che la Niche non sarebbe stata sanzionata ai sensi dell’accordo Biogaran, non avendo la Commissione tenuto conto del pagamento di GBP 2,5 milioni nel calcolo dell’ammenda inflitta alla Niche, non può essere accolta. Infatti, essa è stata sollevata, in relazione al principio della parità di trattamento, solo in udienza ed è pertanto irricevibile, in assenza di giustificazione della sua presentazione in questa fase del procedimento. Inoltre, come appena rilevato, la Biogaran, controllata della Servier, non si trovava in una situazione paragonabile a quella delle società di medicinali generici aventi, come la Niche, concluso un accordo con la Servier. Infine, la circostanza, anche a supporre che sia dimostrata, che la Niche non è stata sanzionata dalla Commissione non può esentare la Biogaran di sua la responsabilità dell’infrazione commessa dall’impresa cui essa appartiene.

281    Alla luce delle suesposte considerazioni, il motivo dev’essere respinto.

c)      Sul massimale del 10% dell’ammenda

282    La ricorrente fa valere che la Commissione ha violato l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, nell’infliggerle un’ammenda di importo superiore al 10% del suo fatturato annuale, e che il valore delle vendite della sua società controllante, la Servier (EUR 476 milioni), mentre essa stessa non ha effettuato alcuna vendita.

283    A tale proposito, si deve rilevare che il massimale previsto dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 dev’essere calcolato sulla base del fatturato complessivo di tutte le società che costituiscono l’entità economica che agisce in quanto impresa ai sensi dell’articolo 101 TFUE (v. sentenze dell’8 maggio 2013, Eni/Commissione, C‑508/11 P, EU:C:2013:289, punto 109 e giurisprudenza citata, e dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punti 172 e 173 e giurisprudenza ivi citata; v., altresì, in tal senso, sentenza del 26 novembre 2013, Groupe Gascogne/Commissione, C‑58/12 P, EU:C:2013:770, punto 56).

284    Infatti, la proporzionalità di una sanzione dev’essere valutata, in particolare, alla luce dell’obiettivo di dissuasione perseguito dalla sua imposizione e la considerazione di tale fatturato complessivo è necessario ai fini di tale valutazione, al fine di prendere in considerazione la potenza economica dell’impresa interessata (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2016, Toshiba Corporation/Commissione, C‑373/14 P, EU:C:2016:26, punti 83 e 84).

285    Nella specie, risulta dalle suesposte considerazioni che l’impresa interessata era costituita dalla ricorrente e dalla società controllante, la Servier, e che queste due società costituivano un’unica entità economica (v. punti da 206 a 234 supra). Di conseguenza, conformemente ai principi richiamati supra al punto 283, la Commissione si è basata sul fatturato totale della Servier S.A.S., società controllante del gruppo per il periodo che va dal 1° ottobre 2012 al 30 settembre 2013, per l’applicazione del limite di cui sopra del 10% del fatturato (punto 3144 della decisione impugnata).

286    Poiché tale fatturato è pari a poco più di EUR 4 miliardi, il Tribunale ritiene che l’ammenda di EUR 131 532 600 inflitta alla ricorrente, in solido con la sua società controllante, non ecceda manifestamente tale limite.

287    Pertanto, la presente censura dev’essere respinta, nonché il presente motivo in toto.

288    In considerazione di tutti i suesposti rilievi, il ricorso dev’essere respinto in toto, inclusa, alla luce delle circostanze del caso di specie, la domanda volta a che il Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, annulli l’ammenda o ne riduca l’importo.

 Sulle spese

289    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, va condannata a sopportare le proprie spese, conformemente alla domanda formulata dalla Commissione in tal senso.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Biogaran è condannata alle spese.

Gervasoni

Madise

da Silva Passos

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 dicembre 2018.

Firme


Indice


I. Fatti

A. Il Perindopril

1. Brevetto relativo alla molecola

2. Brevetti secondari

3. Perindopril di seconda generazione

B. Sulla ricorrente

C. Sulle attività della Niche relative al Perindopril

D. Sulle controversie relative al Perindopril

1. Controversie dinanzi all’UEB

2. Procedimenti dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali

E. Sulle composizioni amichevoli

1. Sugli accordi conclusi tra la Niche, la Unichem, la Matrix e la Servier

2. Sull’accordo concluso tra la Niche e la Biogaran

F. Sull’indagine settoriale

G. Sul procedimento amministrativo e sulla decisione controversa

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. Sulla ricevibilità

A. Sul terzo capo delle conclusioni, con il quale la ricorrente chiede che le sia concesso di beneficiare di qualsiasi annullamento della decisione impugnata nell’ambito del ricorso proposto dalla Servier

B. Sulla ricevibilità di taluni allegati al controricorso e di elementi di prova prodotti ivi prodotti

1. Argomenti delle parti

2. Giudizio del Tribunale

IV. Nel merito

A. Sul motivo relativo allo snaturamento dei fatti nella parte in cui la decisione impugnata dichiarerebbe erroneamente che l’accordo Biogaran sarebbe servito come ulteriore incentivo per incoraggiare la Niche a concludere l’accordo di transazione stragiudiziale con la Servier

1. Argomenti delle parti

a) Sull’errore di valutazione nell’analisi del collegamento tra l’accordo Biogaran e l’accordo di transazione stragiudiziale

1) Sulla cronologia dei negoziati degli accordi

2) Sul rapporto giuridico tra l’accordo di transazione stragiudiziale e l’accordo Biogaran

3) Sull’intento di fornire un incentivo alla Niche

b) Sulla presa in considerazione dell’interesse commerciale della ricorrente a concludere l’accordo Biogaran

1) Sul prodotto A

2) Sul prodotto B

3) Sul prodotto C

2. Giudizio del Tribunale

a) Osservazioni preliminari

b) Sull’esistenza di un incentivo costituito dall’accordo Biogaran

B. Sul motivo vertente su errori di diritto commessi nella parte in cui la decisione impugnata non dimostrerebbe la partecipazione della Biogaran a una qualsivoglia infrazione alle regole della concorrenza

1. Argomenti delle parti

a) Sull’illiceità dell’accordo Biogaran

b) Sull’imputazione alla controllata della responsabilità per gli atti della società madre

c) Sulla conoscenza da parte della Biogaran dei comportamenti illeciti della Servier

2. Giudizio del Tribunale

C. Sul motivo inerente all’errore di diritto commesso della Commissione con l’irrogazione dell’ammenda alla Biogaran

1. Argomenti delle parti

a) Sul carattere inedito, imprevedibile e complesso della causa

b) Sul carattere sproporzionato dell’ammenda

c) Sul massimale del 10% dell’ammenda

2. Giudizio del Tribunale

a) Sul carattere inedito, imprevedibile e complesso della causa

b) Sul carattere sproporzionato dell’ammenda

c) Sul massimale del 10% dell’ammenda

Sulle spese


*      Lingua processuale: il francese.