Language of document : ECLI:EU:T:2013:442

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

16 settembre 2013 (*)(1)

«Concorrenza – Intese – Mercati belga, tedesco, francese, italiano, olandese e austriaco delle ceramiche sanitarie e rubinetteria – Decisione che constata un’infrazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE – Coordinamento di aumenti di prezzo e scambio di informazioni commerciali riservate – Diritti della difesa – Comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole – Eccezione di illegittimità – Nozione di intesa – Calcolo dell’importo dell’ammenda – Orientamenti per il calcolo delle ammende del 2006 – Gravità – Moltiplicatore dell’importo supplementare»

Nella causa T‑376/10,

Mamoli Robinetteria SpA, con sede in Milano (Italia), rappresentata da F. Capelli e M. Valcada, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da F. Castillo de la Torre, A. Antoniadis e L. Malferrari, in qualità di agenti, assistiti inizialmente da F. Ruggeri Laderchi e A. De Matteis, successivamente da F. Ruggeri Laderchi, avvocati,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda diretta, in via principale, all’annullamento della decisione C (2010) 4185 def. della Commissione, del 23 giugno 2010, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/39092 – Ceramiche sanitarie e rubinetteria), per la parte concernente la ricorrente e, in subordine, all’estinzione o alla riduzione dell’ammenda inflitta alla medesima,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da I. Pelikánová, presidente, K. Jürimäe (relatore) e M. van der Woude, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 settembre 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Con la decisione C (2010) 4185 def., del 23 giugno 2010, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/39092 – Ceramiche sanitarie e rubinetteria; in prosieguo: la «decisione controversa»), la Commissione europea ha constatato l’esistenza di un’infrazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria. Quest’infrazione, alla quale avrebbero partecipato 17 imprese, sarebbe stata realizzata nel corso di diversi periodi compresi tra il 16 ottobre 1992 e il 9 novembre 2004 e avrebbe assunto la forma di un insieme di accordi anticoncorrenziali o di pratiche concordate in Belgio, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi e Austria (punti 2 e 3 e articolo 1 della decisione controversa).

2        In particolare, nella decisione controversa la Commissione ha esposto che l’infrazione accertata consisteva, in primo luogo, nel coordinamento, da parte dei suddetti produttori di ceramiche sanitarie e rubinetteria, degli aumenti annuali dei prezzi e di altri elementi di determinazione dei medesimi, nell’ambito di regolari riunioni in seno ad associazioni nazionali di settore, in secondo luogo, nella fissazione o nel coordinamento dei prezzi in occasione di eventi specifici, quali l’aumento del costo delle materie prime, l’istituzione dell’euro nonché l’introduzione di pedaggi autostradali e, in terzo luogo, nella divulgazione e nello scambio di informazioni commerciali riservate. Inoltre, la Commissione ha constatato che la fissazione dei prezzi nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria seguiva un ciclo annuale. In quest’ambito, i produttori stabilivano i loro listini prezzi, che solitamente rimanevano validi per un anno e costituivano la base per i rapporti commerciali con i grossisti (punti da 152 a 163 della decisione controversa).

3        I prodotti oggetto della decisione controversa sono ceramiche sanitarie e rubinetteria facenti parte di uno dei tre seguenti sottogruppi di prodotti: articoli di rubinetteria, box doccia e accessori, articoli sanitari in ceramica (in prosieguo: i «tre sottogruppi di prodotti») (punti 5 e 6 della decisione controversa).

4        La Mamoli Rubinetteria SpA, ricorrente, è un’impresa italiana che produce esclusivamente articoli di rubinetteria (punti 71 e 72 della decisione controversa).

5        Il 15 luglio 2004 la Masco Corp. e le sue controllate, tra le quali la Hansgrohe AG, che produce articoli di rubinetteria, e la Hüppe GmbH, che produce box doccia, hanno informato la Commissione dell’esistenza di un’intesa nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria e hanno chiesto di beneficiare dell’immunità dalle ammende in forza della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole»), o, in alternativa, di una riduzione del loro importo. Il 2 marzo 2005 la Commissione ha deciso di concedere un’immunità condizionale alla Masco, conformemente al punto 8, lettera a), e al punto 15 della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole (punti da 126 a 128 della decisione controversa).

6        Il 9 e 10 novembre 2004, in applicazione dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), la Commissione ha effettuato accertamenti senza preavviso presso gli uffici di alcune società e associazioni nazionali di categoria attive nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria (punto 129 della decisione controversa).

7        Il 15 e 19 novembre 2004 la Grohe Beteiligungs GmbH e le sue controllate, nonché la American Standard Inc. (in prosieguo: la «Ideal Standard») hanno chiesto entrambe l’immunità dalle ammende in forza della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole oppure, in mancanza, la riduzione del loro importo (punti 131 e 132 della decisione controversa).

8        Tra il 15 novembre 2005 e il 16 maggio 2006 la Commissione ha inviato varie richieste di informazioni, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003, a diverse società e associazioni attive nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria, compresa la ricorrente (punto 133 della decisione controversa).

9        Il 17 e 19 gennaio 2006 la Roca SARL e le sue controllate, nonché la Hansa Metallwerke AG (in prosieguo: la «Hansa») e le sue controllate hanno chiesto entrambe di beneficiare dell’immunità dalle ammende in forza della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole oppure, in mancanza, della riduzione del loro importo. Il 20 gennaio 2006 la ricorrente ha parimenti chiesto di beneficiare di una siffatta immunità oppure, in mancanza, della riduzione del loro importo.

10      Il 26 marzo 2007 la Commissione ha adottato una comunicazione degli addebiti, che è stata notificata alla ricorrente (punto 139 della decisione controversa).

11      Dal 12 al 14 novembre 2007 si è tenuta un’audizione orale, cui ha partecipato la ricorrente (punto 143 della decisione controversa).

12      Il 9 luglio 2009 la Commissione ha inviato a talune società, ma non alla ricorrente, una lettera di esposizione dei fatti, richiamando la loro attenzione su talune prove specifiche sulle quali la Commissione pensava di fare affidamento in sede di adozione di una decisione definitiva (punti 147 e 148 della decisione controversa).

13      Tra il 19 giugno 2009 e l’8 marzo 2010 la Commissione ha inviato alcune richieste di informazioni supplementari, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003, a varie società, compresa la ricorrente (punti da 149 a 151 della decisione controversa).

14      Il 23 giugno 2010 la Commissione ha adottato la decisione controversa.

15      Nella decisione controversa la Commissione ha ritenuto che le pratiche descritte nel precedente punto 2 facessero parte di un piano generale finalizzato a limitare la concorrenza tra i destinatari di detta decisione e presentassero le caratteristiche di una violazione unica e continuata, la cui portata interessava i tre sottogruppi di prodotti e si estendeva ai territori di Belgio, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi e Austria (punti 778 e 793 della decisione controversa; in prosieguo: l’«infrazione accertata»). A questo riguardo, essa ha evidenziato segnatamente che dette pratiche avevano seguito un modello ricorrente, che risultava uniforme in tutti i sei Stati membri interessati dalle indagini della Commissione. Essa ha parimenti rilevato l’esistenza di associazioni nazionali di settore riguardanti l’insieme dei tre sottogruppi di prodotti, che ha denominato «associazioni generiche», di associazioni nazionali di categoria comprendenti membri la cui attività riguardava almeno due di questi tre sottogruppi di prodotti, che ha denominato «associazioni interprodotto», nonché associazioni specializzate comprendenti membri la cui attività riguardava uno di questi tre sottogruppi di prodotti (punti 796 e 798 della decisione controversa). Infine, essa ha constatato la presenza in vari Stati membri di un gruppo centrale di imprese coinvolte nel cartello nell’ambito tanto di associazioni generiche, quanto di associazioni interprodotto (punti 796 e 797 della decisione controversa).

16      Per quanto concerne le indicazioni ricavabili dalle pratiche anticoncorrenziali che si sarebbero svolte, in particolare, in Italia, queste ultime sarebbero state attuate nell’ambito di due gruppi informali. In primo luogo, alcune imprese si sarebbero riunite in seno a Euroitalia due o tre volte l’anno tra il luglio 1992 e l’ottobre 2004. Nell’ambito di questo gruppo, che si era formato quando i produttori tedeschi erano penetrati nel mercato italiano, gli scambi di informazioni avrebbero avuto ad oggetto non solo gli articoli di rubinetteria, ma anche le ceramiche sanitarie. In secondo luogo, alcune riunioni si sarebbero svolte in seno al gruppo Michelangelo (dal nome dell’albergo dove si tenevano le riunioni), di cui la ricorrente non sarebbe stata membro, tra la fine del 1995 o l’inizio del 1996 e il 25 luglio 2003. Durante tali riunioni, le discussioni avrebbero avuto ad oggetto un’ampia gamma di prodotti sanitari, in particolare la rubinetteria e gli articoli in ceramica (punti da 97 a 100 della decisione controversa).

17      Per quanto concerne la partecipazione della ricorrente a pratiche anticoncorrenziali, la Commissione ha accertato che quest’ultima aveva partecipato a discussioni illecite tenutesi in seno a Euroitalia nel periodo compreso tra il 18 ottobre 2000 e il 9 novembre 2004 (tabella D della decisione controversa).

18      Quanto alla determinazione dell’eventuale partecipazione delle imprese in questione all’infrazione unica descritta nel precedente punto 5, la Commissione rileva che non vi sono prove sufficienti che consentano di concludere che la ricorrente nonché altre imprese italiane che avevano partecipato alle riunioni di Euroitalia e di Michelangelo erano al corrente di un piano generale (punti da 851 a 879 della decisione controversa).

19      Inoltre, per il calcolo delle ammende da essa imposte alle imprese destinatarie della decisione controversa, la Commissione si è basata sugli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006») (punti da 1174 a 1399 della decisione controversa). Per quanto concerne il calcolo dell’ammenda imposta alla ricorrente, la Commissione, dopo avere ridotto l’importo dell’ammenda al 10% del suo fatturato, ha successivamente diminuito quest’importo sino a EUR 1 041 531, in applicazione del paragrafo 35 degli orientamenti del 2006, relativo alla capacità contributiva delle imprese sanzionate (punti 1226, 1264 e 1362 della decisione controversa).

20      Nell’articolo 1, paragrafo 5, punto 15, della decisione controversa, la Commissione constata che la ricorrente ha violato l’articolo 101 TFUE partecipando a un accordo o a una pratica concordata in forma continuata nel territorio italiano, nel periodo compreso tra il 18 ottobre 2000 e il 9 novembre 2004.

21      Nell’articolo 2, paragrafo 14, della decisione controversa la Commissione impone alla ricorrente un’ammenda pari a EUR 1 041 531.

 Procedimento e conclusioni delle parti

22      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 7 settembre 2010, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

23      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha posto alcuni quesiti per iscritto alle parti. Queste ultime hanno risposto a tali quesiti entro il termine impartito.

24      Le parti hanno esposto le loro difese e hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale durante l’udienza dell’11 settembre 2012.

25      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare la decisione controversa nella parte ad essa relativa;

–        in subordine, sopprimere l’ammenda o ridurre l’importo dell’ammenda impostole ad un importo equivalente allo 0, 3% del suo fatturato o, in ogni caso, all’importo che il Tribunale riterrà opportuno;

–        condannare la Commissione alle spese.

26      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto parzialmente irricevibile e, comunque, in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

27      In via preliminare occorre ricordare che il sindacato giurisdizionale esercitato dal giudice dell’Unione europea, per quanto concerne le decisioni che infliggono sanzioni adottate dalla Commissione per sanzionare le violazioni del diritto della concorrenza, si basa sul controllo di legittimità, previsto dall’articolo 263 TFUE, che è integrato, quando detto giudice è investito di una domanda in tal senso, da una competenza estesa anche al merito, riconosciuta a quest’ultimo in forza dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE (v., in tal senso, sentenza della Corte dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 53, 63 e 64). Detta competenza autorizza il giudice, oltre al mero controllo sulla legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, eventualmente, a sopprimere, ridurre o aumentare l’importo dell’ammenda o della penalità inflitta (v. sentenza della Corte dell’8 dicembre 2011, KME e a./Commissione, C‑272/09 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 103 e giurisprudenza ivi citata; v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 5 ottobre 2011, Romana Tabacchi/Commissione, T‑11/06, Racc. pag. II‑6681, punto 265).

28      Alla luce della giurisprudenza ricordata nel punto precedente, occorre esaminare, in un primo tempo, la domanda formulata in via principale dalla ricorrente, diretta a ottenere l’annullamento della decisione controversa per la parte che la concerne, e, in un secondo tempo, quella formulata in subordine, diretta sostanzialmente a che il Tribunale eserciti la sua competenza estesa anche al merito per riformare, sopprimendola o riducendola, l’ammenda che la Commissione le ha inflitto. In ultimo, occorrerà esaminare la domanda che la ricorrente formula in aggiunta, diretta all’adozione di misure istruttorie e alla designazione di un avvocato generale.

 Sulla domanda, formulata in via principale, diretta all’annullamento parziale della decisione controversa

29      La ricorrente deduce cinque motivi a sostegno del proprio ricorso. Il primo motivo riguarda violazioni risultanti dal mancato invio alla ricorrente della lettera di esposizione dei fatti e l’impossibilità per essa di consultare determinati documenti menzionati nella decisione controversa, concernenti la sua partecipazione alle pratiche anticoncorrenziali di cui trattasi. Il secondo motivo concerne l’illegittimità della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole. Il terzo motivo è relativo ad errori nella constatazione della partecipazione della ricorrente ad un’intesa concernente il mercato italiano della rubinetteria. Il quarto motivo riguarda errori nella sanzione inflitta alla ricorrente e nell’importo dell’ammenda. Il quinto motivo concerne un errore di valutazione nell’importo della riduzione concessale a causa della sua situazione finanziaria.

30      Prima di procedere all’esame dei cinque motivi dedotti dalla ricorrente e ricordati nel punto precedente, il Tribunale constata che, sia nell’ambito delle sue osservazioni in risposta alle misure di organizzazione del procedimento che le erano state comunicate, sia in quello delle sue osservazioni orali svolte in udienza, la ricorrente ha sostenuto che la Commissione aveva avuto torto nel concludere, nell’articolo 1, paragrafo 5, punto 15, della decisione controversa, che essa aveva partecipato a un’infrazione nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria, mentre invece essa non produceva articoli in ceramica. Ebbene, è giocoforza constatare che questo argomento costituisce un motivo nuovo, diverso dai cinque motivi da essa formulati in sede di atto di ricorso, e che questo motivo non è fondato su elementi di diritto e di fatto emersi nel corso del procedimento. Alla luce di ciò, in osservanza dell’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura, occorre respingerlo in quanto irricevibile.

 Sul primo motivo, relativo a violazioni derivanti dal mancato invio alla ricorrente della lettera di esposizione dei fatti e all’impossibilità per essa di consultare determinati documenti menzionati nella decisione controversa, concernenti la sua partecipazione alle pratiche anticoncorrenziali di cui trattasi

31      Nell’ambito del suo primo motivo, la ricorrente deduce due censure principali.

32      Con la sua prima censura la ricorrente afferma sostanzialmente che la Commissione ha violato i principi di parità di trattamento, del rispetto del contraddittorio e dei diritti della difesa, in quanto detta istituzione avrebbe notificato la lettera di esposizione dei fatti a tutte le imprese membri di Euroitalia, ad eccezione della ricorrente.

33      A questo riguardo, in primo luogo, occorre constatare, come riconosciuto dalla Commissione sia nelle sue memorie sia nelle sue osservazioni in risposta alle misure di organizzazione del procedimento comunicatele dal Tribunale, che essa non ha notificato alla ricorrente la lettera di esposizione dei fatti. Del resto, ciò è confermato dal contenuto del punto 147 della decisione controversa, dal quale risulta che la ricorrente non compariva tra le società alle quali la Commissione dichiarava di aver notificato detta lettera.

34      In secondo luogo, da un lato, occorre rilevare che, nel punto 148 della decisione controversa, la Commissione ha dichiarato quanto segue:

«Con tale lettera la Commissione ha richiamato l’attenzione dei destinatari su talune prove specifiche su cui la Commissione potrebbe anche fare affidamento in caso di riscontro di un’infrazione, in aggiunta ad altre prove che i destinatari avevano già potuto commentare nelle loro risposte alla comunicazione degli addebiti. Benché i documenti pertinenti fossero già in possesso dei destinatari (in quanto parte della consultazione del fascicolo), la Commissione ha tuttavia offerto ai destinatari la possibilità di presentare osservazioni, tenendo conto del fatto che quest[e] prov[e] specific[he] non era[no] stat[e] individuat[e] come corroborativ[e] di talune affermazioni contenute nella comunicazione degli addebiti».

35      Dall’altro, come la Commissione sostiene giustamente nelle sue memorie scritte, la lettera di esposizione dei fatti da essa fornita al Tribunale in risposta alle misure di organizzazione del procedimento parla solo, per quanto concerne l’infrazione accertata da detta istituzione sul territorio italiano, di una riunione di Euroitalia in data 16 ottobre 1992, alla quale è pacifico che la ricorrente non ha partecipato. Ebbene, a questo proposito è importante ricordare che la ricorrente è stata sanzionata solo in funzione di un’infrazione sul territorio italiano realizzatasi tra il 18 ottobre 2000 e il 9 novembre 2004 (v. articolo 1, paragrafo 5, punto 15, della decisione controversa).

36      Alla luce degli accertamenti effettuati nei precedenti punti da 33 a 35, anzitutto, per quanto concerne la violazione del principio della parità di trattamento denunciata dalla ricorrente, occorre ricordare che, in base a una giurisprudenza consolidata, tale principio è violato quando situazioni analoghe sono trattate in modo diverso o quando situazioni diverse sono trattate in modo identico, a meno che un siffatto trattamento non sia oggettivamente giustificato (sentenze della Corte del 13 dicembre 1984, Sermide, 106/83, Racc. pag. 4209, punto 28, e del Tribunale del 30 settembre 2009, Hoechst/Commissione, T‑161/05, Racc. pag. II‑3555, punto 79). Nel caso di specie, posto che la lettera di esposizione dei fatti riguardava circostanze sulle quali la Commissione non si è basata per accertare l’infrazione da essa addebitata alla ricorrente, è giocoforza constatare che quest’ultima non si trovava in una situazione analoga a quella delle altre imprese partecipanti a detta riunione, che la Commissione intendeva prendere in considerazione per accertare l’infrazione cui esse avevano partecipato.

37      Per quanto riguarda poi la violazione del principio del contraddittorio parimenti denunciata dalla ricorrente, occorre ricordare che questo principio, che costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione rientrante, per l’esattezza, fra i diritti della difesa, impone che l’impresa interessata sia stata posta in condizioni, durante il procedimento amministrativo, di esporre in modo utile la sua posizione in merito alla realtà e alla rilevanza dei fatti e delle circostanze denunciati nonché sui documenti utilizzati dalla Commissione a sostegno della sua accusa riguardante l’esistenza di una violazione del TFUE (v. sentenza della Corte del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, Racc. pag. I‑4951, punto 61 e giurisprudenza ivi citata). Nel caso di specie, la mancata notificazione alla ricorrente della lettera di esposizione dei fatti non costituisce una violazione del principio del contraddittorio e, più in generale, dei suoi diritti della difesa e nemmeno del suo diritto a un equo processo, dal momento che i fatti illustrati in detta lettera erano ininfluenti in merito all’accertamento, contenuto nella decisione controversa, della partecipazione della ricorrente a una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

38      A questo proposito, l’argomento della ricorrente secondo il quale sarebbe stato doveroso notificarle la lettera di esposizione dei fatti, in quanto la riunione di Euroitalia del 16 ottobre 1992 dimostrerebbe che il mercato della rubinetteria era trasparente, dev’essere respinto in quanto ininfluente. Infatti, anche ipotizzando che questa riunione dimostrasse che il mercato della rubinetteria era trasparente nel 1992, dette condizioni di mercato in quel periodo sarebbero ininfluenti in relazione all’accertamento che la ricorrente ha partecipato a una violazione otto anni dopo, dal 18 ottobre 2000 al 9 novembre 2004.

39      Alla luce di ciò, la prima censura della ricorrente dev’essere respinta in quanto parzialmente infondata e parzialmente ininfluente.

40      Con la sua seconda censura la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato i suoi diritti della difesa in quanto diversi documenti, cui si fa riferimento nelle note in calce nei punti da 442 a 462 della decisione controversa, sarebbero stati segretati ed essa non avrebbe potuto consultarli.

41      Anzitutto, occorre constatare che, nelle sue memorie scritte, la ricorrente si limita a sostenere che diversi documenti riservati utilizzati dalla Commissione, di cui si parla nei punti da 442 a 462 della decisione controversa, non sono consultabili, senza però individuare i documenti precisi ai quali essa non avrebbe avuto accesso e i motivi per cui la mancata consultazione di tali documenti avrebbe comportato una violazione dei suoi diritti della difesa. Ebbene, dalla lettura dei punti da 442 a 462 della decisione controversa si evince che la Commissione ha segretato solo tre documenti, di cui essa parla, per l’esattezza, nei punti 453, 457 e 459 della decisione controversa.

42      Come poi affermato nel punto 141 della decisione controversa e come si ricava dai documenti prodotti dalla Commissione in risposta alle misure di organizzazione del procedimento, nel corso del procedimento amministrativo essa ha indirizzato ai destinatari della comunicazione degli addebiti, tra cui la ricorrente, un DVD contenente tutti gli elementi del suo fascicolo, fatta eccezione per i documenti riservati, di cui essa ha consentito la consultazione esclusivamente presso i suoi uffici. Da una parte, da detti documenti si ricava che, a dispetto dell’invito da essa rivolto alla ricorrente, quest’ultima non si è recata presso gli uffici della Commissione per consultare i documenti riservati che non le erano stati trasmessi. A questo proposito, è importante rilevare che la ricorrente non deduce nessun argomento per spiegare le ragioni per le quali essa non si è recata in detti uffici per poter consultare tali documenti. Dall’altra, e ad ogni modo, è giocoforza constatare che essa non ha dimostrato di aver chiesto alla Commissione di fornirle specifiche informazioni riservate, in osservanza del punto 47 della comunicazione della Commissione riguardante le regole per l’accesso al fascicolo istruttorio della Commissione nei casi relativi all’applicazione degli articoli 81 [CE] e 82 [CE], degli articoli 53, 54 e 57 dell’accordo SEE e del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio (GU 2005, C 325, pag. 7), e che la Commissione abbia respinto una domanda siffatta.

43      Alla luce di ciò, la seconda censura della ricorrente secondo la quale la Commissione avrebbe violato i suoi diritti della difesa dev’essere respinta in quanto infondata.

44      Di conseguenza, il primo motivo dev’essere integralmente respinto in quanto parzialmente infondato e parzialmente ininfluente.

 Sul secondo motivo, relativo all’illegittimità della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole

45      La ricorrente osserva che la decisione controversa è fondata integralmente sulle informazioni ottenute sulla base della domanda di clemenza della Masco ai sensi della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole. Orbene, tale comunicazione sarebbe illegittima, poiché nessun fondamento normativo nel Trattato CE o nel regolamento n. 1/2003 permetterebbe alla Commissione di concedere l’immunità totale o parziale da ammende, in forza di un atto atipico, ad un’impresa che ha partecipato ad un’infrazione per la quale altre imprese sono state sanzionate a seguito della sua denuncia. Inoltre, la concessione di un’immunità siffatta sulla base della denuncia del comportamento di altre imprese costituirebbe una violazione del principio della parità di trattamento. Peraltro, secondo la ricorrente, posto che solo il legislatore dell’Unione, come sarebbe il caso all’interno degli Stati membri dell’Unione, ha il potere di decidere in merito all’adozione di un programma destinato a ricompensare la collaborazione delle imprese, la Commissione avrebbe violato il principio della separazione dei poteri adottando la comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole, così come i principi di trasparenza e di buon andamento dell’amministrazione, previsti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU 2010, C 83, pag. 389).

46      La Commissione si oppone a detto motivo.

47      In via preliminare occorre constatare che, benché la ricorrente non sollevi formalmente, ai sensi dell’articolo 277 TFUE, un’eccezione d’illegittimità della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole, ciò nondimeno la sostanza stessa del suo motivo mira a ottenere l’annullamento della decisione controversa in quanto quest’ultima sarebbe fondata su detta comunicazione, che sarebbe illegittima. Alla luce di ciò, occorre, in un primo tempo, esaminare la ricevibilità dell’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente e, qualora risulti ricevibile, in un secondo tempo, verificare se detta eccezione sia fondata.

–       Sulla ricevibilità dell’eccezione di illegittimità

48      Anzitutto, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’articolo 277 TFUE è espressione di un principio generale che garantisce a qualsiasi parte il diritto di contestare, al fine di ottenere l’annullamento della decisione di cui è destinataria o che la riguarda direttamente e individualmente, la validità degli atti istituzionali precedenti, i quali, pur non avendo forma di regolamento, costituiscono il fondamento giuridico della decisione controversa, qualora detta parte non disponesse del diritto di proporre, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, un ricorso diretto avverso tali atti, di cui essa subisce così le conseguenze senza essere stata in condizioni di chiederne l’annullamento (v., in tal senso, sentenza della Corte del 6 marzo 1979, Simmenthal/Commissione, 92/78, Racc. pag. 777, punti 39 e 40, e del Tribunale del 20 marzo 2002, LR AF 1998/Commissione, T‑23/99, Racc. pag. II‑1705, punto 272).

49      Dato che l’articolo 277 TFUE non ha come fine quello di consentire a una parte di contestare l’applicabilità di un qualsiasi atto di carattere generale a sostegno di un qualsiasi ricorso, l’atto generale di cui si lamenta l’illegittimità dev’essere applicabile, direttamente o indirettamente, al caso di specie che costituisce oggetto del ricorso e deve esistere un nesso giuridico diretto tra la decisione individuale contestata e l’atto generale di cui trattasi (sentenza della Corte del 13 luglio 1966, Italia/Consiglio e Commissione, 32/65, Racc. pag. 296, in particolare pag. 323; sentenze del Tribunale del 26 ottobre 1993, Reinarz/Commissione, T‑6/92 e T‑52/92, Racc. pag. II‑1047, punto 57, e del 29 novembre 2005, Heubach/Commissione, T‑64/02, Racc. pag. II‑5137, punto 35).

50      Per quanto concerne poi la comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole, in primo luogo, occorre rilevare che in essa la Commissione prevede, da un lato, in modo generale e astratto, i requisiti che le imprese devono soddisfare per godere di una riduzione totale o parziale di ammende in materia di violazioni dell’articolo 101 TFUE (punti da 8 a 27 di detta comunicazione) e, dall’altro, che la medesima comunicazione suscita legittime aspettative presso le imprese (v. punto 29 di detta comunicazione).

51      In secondo luogo, benché sia certamente vero che la Commissione non ha adottato la decisione controversa in base alla comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole, dal momento che detta decisione si fonda sull’articolo 7 del regolamento n. 1/2003, è nondimeno pacifico che è sulla base, da un lato, della domanda formulata dalla Masco in riferimento alla comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole (punto 128 della decisione controversa) che la Commissione ha ricevuto informazioni che le hanno consentito di effettuare alcune ispezioni e, dall’altro, delle domande di riduzione dell’importo della loro ammenda formulate da altre imprese, quali la Grohe e la Ideal Standard, che la Commissione ha potuto raccogliere, quanto meno in parte, informazioni e prove che l’hanno condotta ad adottare la decisione controversa.

52      Di conseguenza, nel caso di specie esiste un nesso giuridico diretto tra la decisione controversa e l’atto generale consistente nella comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole. Dato che la ricorrente non era in condizioni di chiedere l’annullamento della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole, in quanto atto generale, quest’ultima può costituire oggetto di un’eccezione d’illegittimità.

53      Da ciò discende che l’eccezione d’illegittimità della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole, sollevata dalla ricorrente, è ricevibile.

–       Nel merito

54      Occorre ricordare che, conformemente all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204), divenuto articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, «la Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese (…) quando intenzionalmente o per negligenza (…) commettono un’infrazione alle disposizioni de[gli] articol[i 101 TFUE] o [102 TFUE]».

55      Secondo la giurisprudenza, l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 non elenca in modo tassativo i criteri di cui la Commissione può tener conto per fissare l’importo dell’ammenda. Per questa ragione, il comportamento dell’impresa durante il procedimento amministrativo può far parte degli elementi di cui occorre tener conto in sede di fissazione dell’ammenda (v., in tal senso, sentenza della Corte del 16 novembre 2000, Finnboard/Commissione, C‑298/98 P, Racc. pag. I‑10157, punto 56 e giurisprudenza ivi citata). A questo riguardo è importante sottolineare che la riduzione totale o parziale di ammende proposta alle imprese ai sensi della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole mira ad agevolare la scoperta e la sanzione, da parte della Commissione, delle imprese che partecipano a intese segrete. Alla luce di ciò, è conformemente all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 che la Commissione, mossa da esigenze di trasparenza e di parità di trattamento, poteva definire i requisiti in presenza dei quali tutte le imprese che avessero collaborato con essa potevano godere della riduzione totale o parziale delle ammende.

56      Alla luce della precedente constatazione, occorre anzitutto respingere come infondato l’argomento della ricorrente secondo il quale, in sostanza, la Commissione non disponeva di nessun fondamento normativo per adottare la comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole.

57      Proseguendo, quanto al fatto che la ricorrente sostiene parimenti che la comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole viola il principio della separazione dei poteri, un argomento siffatto dev’essere respinto in quanto infondato. Infatti, come accertato nel precedente punto 55, la Commissione, in base all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17, disponeva del potere di adottare una comunicazione che prevedesse i requisiti da tenere in considerazione per determinare l’importo dell’ammenda che essa ha il diritto di imporre. A questo proposito, l’argomento della ricorrente secondo il quale, all’interno di numerosi Stati membri dell’Unione, i programmi in vigore della medesima natura sarebbero stati adottati dal legislatore dev’essere respinto in quanto ininfluente. Infatti, anche qualora ciò fosse esatto, tale argomento sarebbe ininfluente riguardo alla constatazione che l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 costituisce un valido fondamento normativo che autorizzava la Commissione ad adottare la comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole.

58      Inoltre, gli argomenti della ricorrente secondo i quali la comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole violerebbe i principi di trasparenza e di buon andamento dell’amministrazione devono essere respinti in quanto infondati. Infatti, da un lato, posto che la comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole è un atto pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e che fissa i requisiti in presenza dei quali la Commissione si impegna a concedere una riduzione totale o parziale delle ammende alle imprese, essa non viola, bensì, proprio al contrario, contribuisce alla trasparenza della prassi della Commissione in materia di decisioni in questo settore. Dall’altro, dato che essa istituisce un sistema che consente di ricompensare, per la loro collaborazione alle indagini della Commissione, le imprese che partecipano o hanno partecipato a intese segrete a danno dell’Unione, questa comunicazione è dunque non solo conforme al principio di buon andamento dell’amministrazione, ma ne costituisce un esempio.

59      Infine, per quanto concerne l’argomento della ricorrente, quale risulta in base alle precisazioni sul suo contenuto da essa fornite in sede di osservazioni scritte in risposta alle misure di organizzazione del procedimento e di risposte orali ai quesiti posti dal Tribunale in udienza, secondo il quale la comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole violerebbe il principio della parità di trattamento in quanto avvantaggerebbe le grandi imprese, occorre respingerlo in quanto infondato. Infatti, basti constatare che la possibilità di godere dei benefici previsti da detta comunicazione in cambio degli obblighi che essa impone è offerta a qualsiasi impresa che desideri cooperare con la Commissione, senza discriminazioni basate sulle dimensioni delle imprese che desiderino parteciparvi. A questo riguardo, la ricorrente non dimostra assolutamente che le imprese poste in una stessa situazione siano trattate in modo ineguale o che, al contrario, imprese in situazioni ineguali siano trattate, a torto, in modo identico.

60      Occorre pertanto respingere il secondo motivo in quanto parzialmente infondato e parzialmente ininfluente.

 Sul terzo motivo, relativo ad errori collegati alla constatazione della partecipazione della ricorrente a un’intesa concernente il mercato italiano della rubinetteria

61      Il terzo motivo si articola in due parti, in ciascuna delle quali la ricorrente fa valere, in sostanza, una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003.

–       Sulla prima parte, relativa ad errori nella valutazione del funzionamento del mercato e nella prova dell’esistenza di un’infrazione

62      La ricorrente sostiene che la Commissione ha ritenuto ingiustamente che le pratiche anticoncorrenziali constatate nella decisione controversa costituissero un’intesa in grado di pregiudicare gravemente la concorrenza e il commercio tra gli Stati membri. In questa cornice, essa solleva due censure principali.

63      Con la sua prima censura la ricorrente sostiene che, tenuto conto della struttura del mercato italiano, che sarebbe assai diversa da quella del mercato tedesco, la Commissione, se avesse svolto un’indagine approfondita piuttosto che basarsi sulle informazioni fornite dalle imprese che hanno chiesto di beneficiare della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole, avrebbe constatato che le pratiche in questione non avevano influito sui prezzi e sulla concorrenza, come dimostrerebbero le analisi del mercato in questione da essa prodotte dinanzi al Tribunale. Anzitutto, i produttori di rubinetteria che non hanno partecipato alle pratiche anticoncorrenziali controverse avrebbero aumentato le loro quote di mercato, a differenza di quelli che vi hanno preso parte, come la ricorrente. Inoltre, la Commissione avrebbe avuto torto nell’assimilare l’incidenza dell’azione delle imprese italiane su detto mercato a quella delle imprese tedesche sul mercato tedesco.

64      Per quanto concerne l’esistenza stessa di un’intesa, va ricordato che, in forza dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza all’interno del mercato interno.

65      Perché sussista un accordo ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, è sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo (sentenze del Tribunale del 17 dicembre 1991, Hercules Chemicals/Commissione, T‑7/89, Racc. pag. II‑1711, punto 256, e del 20 marzo 2002, HFB e a./Commissione, T‑9/99, Racc. pag. II‑1487, punto 199).

66      Un accordo ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE può ritenersi concluso quando sussiste una comune volontà sul principio stesso della restrizione della concorrenza, anche se gli elementi specifici della restrizione progettata costituiscono ancora oggetto di negoziati (v., in tal senso, sentenza HFB e a./Commissione, punto 65 supra, punti da 151 a 157 e 206).

67      La nozione di pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento tra imprese che, senza spingersi fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce scientemente una cooperazione pratica tra di loro ai rischi della concorrenza (sentenze della Corte dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, Racc. pag. I‑4125, punto 115, e Hüls/Commissione, C‑199/92 P, Racc. pag. I‑4287, punto 158).

68      Al riguardo, l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE osta a che fra gli operatori economici abbiano luogo contatti diretti o indiretti di qualsiasi genere che possano influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente, attuale o potenziale, o rivelare a tale concorrente la condotta che essi hanno deciso o intendono seguire sul mercato quando tali contatti abbiano per oggetto o per effetto la restrizione della concorrenza (v., in tal senso, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, punto 67 supra, punti 116 e 117).

69      Uno scambio di informazioni è contrario alle norme dell’Unione in materia di concorrenza qualora riduca o annulli il grado di incertezza in ordine al funzionamento del mercato di cui trattasi, con conseguente restrizione della concorrenza tra le imprese (v., in tal senso, sentenza della Corte del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, C‑194/99 P, Racc. pag. I‑10821, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

70      Infatti, la divulgazione di informazioni riservate elimina l’incertezza relativa al futuro comportamento di un concorrente e, in tal modo, influenza, direttamente o indirettamente, la strategia del destinatario delle informazioni (v., in questo senso, sentenza della Corte del 23 novembre 2006, Asnef-Equifax e Administración del Estado, C‑238/05, Racc. pag. I‑11125, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). Ogni operatore economico deve pertanto determinare autonomamente la politica che intende seguire in seno al mercato interno e le condizioni che intende applicare alla propria clientela (v. sentenza Thyssen Stahl/Commissione, punto 69 supra, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

71      Detto obbligo di autonomia, pur non escludendo di certo il diritto degli operatori economici di adattarsi intelligentemente al comportamento che i loro concorrenti tengono o presumibilmente terranno, vieta però rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi per oggetto o per effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato di cui trattasi, tenuto conto della natura della merce o delle prestazioni fornite, dell’importanza e del numero delle imprese, nonché del volume di detto mercato (v. sentenza Thyssen Stahl/Commissione, punto 69 supra, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

72      Nel caso di specie, basti rilevare che, segnatamente nel punto 478 della decisione controversa, di cui la ricorrente non rimette in discussione il contenuto nell’ambito della sua prima censura, la Commissione ha concluso nel senso dell’esistenza di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in quanto le imprese partecipanti alle riunioni di Euroitalia, come la ricorrente, si erano reciprocamente comunicate le loro previsioni sugli aumenti di prezzo. Ebbene, dato che la ricorrente non produce né argomenti né prove tali da inficiare detto accertamento, occorre considerare che la Commissione non abbia commesso nessun errore nel ritenere sostanzialmente che tali discussioni fossero illecite. Infatti, discussioni del genere avevano ad oggetto, e necessariamente come effetto, l’eliminazione dell’incertezza relativa al reciproco comportamento futuro dei concorrenti e pertanto influenzavano, direttamente o indirettamente, la strategia dei destinatari di tali informazioni.

73      Alla luce di ciò, la Commissione non ha commesso nessun errore constatando che le discussioni relative ai futuri aumenti di prezzo costituivano una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. L’argomento della ricorrente al riguardo va pertanto respinto in quanto infondato.

74      Peraltro, gli argomenti della ricorrente secondo i quali, da un lato, l’infrazione relativa agli articoli di rubinetteria in Italia sarebbe diversa e meno grave di quella commessa in Germania, in quanto in Italia non ci sarebbe stata una fissazione dei prezzi propriamente detta, e, dall’altro, risulterebbe che i produttori che non hanno partecipato a detta infrazione avrebbero aumentato le loro quote di mercato devono essere respinti in quanto ininfluenti. Infatti, tali argomenti non incidono comunque sull’accertamento illustrato nel precedente punto 72, secondo il quale lo scambio di informazioni sui futuri aumenti di prezzo aveva un oggetto e un effetto anticoncorrenziale.

75      La prima censura della ricorrente dev’essere quindi respinta in quanto parzialmente infondata e parzialmente ininfluente.

76      Con la sua seconda censura la ricorrente afferma che la Commissione non avrebbe effettuato un’analisi economica del mercato in questione, né verificato se i dati oggetto di scambio non fossero semplicemente di carattere generale e inesatto. Anzitutto, la ricorrente formula dubbi, da un lato, sull’autenticità e sulla credibilità delle prove utilizzate dalla Commissione. A questo proposito, essa osserva che non è dimostrato che le prove su cui la Commissione si è fondata nella decisione controversa per sanzionare la ricorrente non siano state totalmente o parzialmente alterate dai beneficiari della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole. Essa lamenta anche il fatto di non aver avuto accesso a determinati documenti poiché riservati o che i medesimi non le sono stati comunicati. Dall’altro, essa rimette in discussione la credibilità delle prove documentali in possesso della Commissione in quanto esse sarebbero generalmente prive di data, prive di firma, illeggibili e incomprensibili. Dette prove conterrebbero poi informazioni irrilevanti, talvolta contradditorie, o non dimostrerebbero la partecipazione della ricorrente a pratiche anticoncorrenziali. Al riguardo, essa sottolinea che, contrariamente a quanto rilevato dalla Commissione nella decisione controversa, le dieci riunioni svoltesi il 18 ottobre 2000, 1° febbraio e 28 settembre 2001, 18 giugno e 28 ottobre 2002, 14 febbraio, 30 e 31 ottobre 2003, 6 febbraio, 3 e 4 giugno, e 15 ottobre 2004 non provano uno scambio illecito di informazioni.

77      Occorre rilevare che, nell’ambito di questa censura, la ricorrente critica anzitutto e sostanzialmente l’autenticità e la credibilità delle prove su cui la Commissione ha fondato la decisione controversa. Essa sostiene poi che le informazioni oggetto di scambio non consentivano di concludere che essa avesse partecipato all’infrazione di cui è accusata.

78      In primo luogo, per quanto concerne gli argomenti della ricorrente che negano l’autenticità e la credibilità delle prove su cui la Commissione si è fondata nella decisione controversa, occorre anzitutto rilevare che la ricorrente non deduce nessun argomento, indizio o prova in grado di mostrare che una o più prove fornite dai beneficiari della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole o ottenute in altro modo siano state oggetto di alterazione, per cui potrebbero sussistere dubbi legittimi in merito alla loro autenticità.

79      Inoltre, quanto al fatto che la ricorrente sostiene, specialmente nelle sue osservazioni in risposta alle misure di organizzazione del procedimento, che le prove su cui la Commissione si è fondata non sono credibili, in quanto sono spesso prive di data, prive di firma, illeggibili o incomprensibili, un siffatto argomento dev’essere respinto in quanto infondato. A tale proposito, da un lato, occorre rilevare che, oltre al fatto che la ricorrente non critica la credibilità di nessuna prova specifica, dall’esame svolto nei successivi punti da 84 a 125 si evince che la Commissione si è basata su prove credibili concernenti discussioni illecite svoltesi in seno a Euroitalia e alle quali la ricorrente ha partecipato. Dall’altro, e più in generale, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, benché generalmente sia normale una certa diffidenza nei riguardi di deposizioni volontarie dei principali partecipanti a un’intesa illecita, data la possibilità che detti partecipanti tendano a minimizzare l’importanza del loro contributo all’infrazione e ad ingigantire quella del contributo degli altri, ciò nondimeno il fatto, per un’impresa, di chiedere di beneficiare dell’applicazione della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole, al fine di ottenere l’immunità o una riduzione dell’ammenda che potrebbe esserle inflitta non crea necessariamente un incentivo a produrre elementi di prova deformati relativamente alla partecipazione degli altri membri dell’intesa in questione. Infatti, ogni tentativo di indurre la Commissione in errore potrebbe rimettere in discussione la sincerità nonché la completezza della cooperazione del richiedente e, pertanto, mettere in pericolo la possibilità che il medesimo benefici pienamente della suddetta comunicazione (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 16 novembre 2006, Peróxidos Orgánicos/Commissione, T‑120/04, Racc. pag. II‑4441, punto 70, e del 25 ottobre 2011, Aragonesas Industrias y Energía/Commissione, T‑348/08, Racc. pag. II‑7583, punto 105). Pertanto, gli argomenti della ricorrente devono essere respinti in quanto infondati.

80      Infine, per quanto concerne l’argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione avrebbe violato i principi del diritto a un equo processo e della parità delle armi sanciti agli articoli 6 e 7 della Carta dei diritti fondamentali, in quanto essa non avrebbe avuto l’opportunità di opporsi alla denuncia depositata a suo carico, basti constatare che la ricorrente non nega che, come si evince dai punti 140, 142 e 143 della decisione controversa, essa ha presentato le sue osservazioni in risposta alla comunicazione degli addebiti che le era stata notificata ed ha partecipato all’audizione svoltasi dal 12 al 14 novembre 2007. Di conseguenza, anche ipotizzando che l’argomento della ricorrente possa essere inteso nel senso che essa non ha avuto l’opportunità di contestare né le dichiarazioni orali formulate dalla Masco, né le prove che la Commissione aveva raccolto durante il procedimento amministrativo, detto argomento dev’essere respinto in quanto infondato.

81      Inoltre, quanto al fatto che la ricorrente ribadisce, nell’ambito della presente censura, l’argomento da essa peraltro sollevato nell’ambito della seconda censura del primo motivo, secondo il quale essa non avrebbe avuto accesso a diversi documenti e pertanto non avrebbe potuto difendersi in modo efficace (v. il precedente punto 40), basti constatare che la ricorrente non deduce né argomenti né prove a proposito del fatto che essa non sia stata in grado di dare un riscontro positivo alla proposta della Commissione di consultare questi documenti presso i suoi uffici o che quest’ultima le abbia negato la consultazione dei medesimi. Alla luce di ciò, quest’argomento della ricorrente dev’essere respinto in quanto infondato per i motivi illustrati nel precedente punto 42.

82      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che le informazioni scambiate in seno a Euroitalia non consentivano di concludere nel senso dell’esistenza di una violazione dell’articolo 101 TFUE.

83      In base alla giurisprudenza ricordata nel precedente punto 69, uno scambio di informazioni è contrario alle norme in materia di concorrenza qualora riduca o annulli il grado di incertezza in ordine al funzionamento del mercato di cui trattasi, con conseguente restrizione della concorrenza tra le imprese. Inoltre, la Corte ha dichiarato che la compatibilità di un sistema di scambio di informazioni con le norme dell’Unione in materia di concorrenza non può essere valutata in astratto. Essa dipende dalle condizioni economiche esistenti sui mercati interessati e dalle caratteristiche specifiche del sistema in questione, quali, segnatamente, la sua finalità, le condizioni di accesso e di partecipazione allo scambio, nonché la natura delle informazioni scambiate ‒ che possono essere, ad esempio, pubbliche o riservate, aggregate o dettagliate, relative al passato o al presente ‒, la loro periodicità e la loro importanza ai fini della determinazione dei prezzi, dei volumi o delle condizioni della prestazione (sentenza Asnef-Equifax e Administración del Estado, punto 70 supra, punto 54)

84      Nel caso di specie, occorre pertanto esaminare se gli scambi di informazioni avvenuti durante le dieci riunioni di Euroitalia svoltesi tra il 18 ottobre 2000 e il 15 ottobre 2004 costituissero una pratica anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 101 TFUE.

85      In primo luogo, per quanto concerne la riunione di Euroitalia del 18 ottobre 2000, che costituisce la prima partecipazione della ricorrente all’infrazione che le viene addebitata, nel punto 442 della decisione controversa, con rinvio alla nota in calce di detta decisione n. 547 a documenti del suo fascicolo amministrativo, la Commissione rileva, da un lato, che nove imprese che essa indica nominativamente, tra cui la ricorrente, si sono scambiate le loro previsioni in materia di aumenti di prezzo per il 2001 nonché le percentuali di detti aumenti, compresi in una forchetta tra il 4 e il 5%, e la data effettiva della loro applicazione. Dall’altro, nel medesimo punto della decisione controversa, la Commissione rileva che queste imprese hanno discusso dei loro aumenti di prezzo dibattuti in occasione delle precedenti riunioni.

86      A questo proposito, la ricorrente sostiene che l’aumento di prezzo da essa comunicato alle altre imprese era dell’ordine del 5% e che detto aumento era stato deciso e applicato prima che si svolgesse la riunione di Euroitalia del 18 ottobre 2000.

87      A questo proposito è giocoforza comunque constatare che, benché dal verbale della riunione di Euroitalia del 18 ottobre 2000 si ricavi che la ricorrente aveva annunciato un aumento dei prezzi del 5% a partire dal 18 settembre 2000, ossia un mese prima dello svolgimento di tale riunione, ciò nondimeno da detto verbale si evince anche che altre imprese hanno annunciato in tale occasione i loro futuri aumenti di prezzo. Infatti, detto verbale riporta che la Hansgrohe avrebbe aumentato i suoi prezzi, in media, del 4% con il nuovo listino a partire dal 1° febbraio 2001 e che anche la Hansa avrebbe effettuato un aumento medio dei suoi prezzi del 5% nel gennaio 2001.

88      Pertanto, la ricorrente non può validamente sostenere che le discussioni cui essa ha partecipato in occasione della riunione di Euroitalia del 18 ottobre 2000 non riguardassero futuri aumenti di prezzo. A questo proposito, è importante ricordare che è ininfluente il fatto che la ricorrente non abbia essa stessa divulgato i propri aumenti di prezzo, dato che il semplice fatto di ricevere informazioni commerciali riservate è sanzionabile (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 12 luglio 2001, Tate & Lyle e a./Commissione, T‑202/98, T‑204/98 e T‑207/98, Racc. pag. II‑2035, punto 66, e giurisprudenza ivi citata).

89      In secondo luogo, per quanto concerne la riunione di Euroitalia del 1° febbraio 2001, dal punto 444 della decisione controversa si evince che la Commissione ha rilevato, da un lato, che i partecipanti a questa riunione avevano controllato l’esecuzione degli aumenti di prezzo annunciati e, segnatamente, per quanto concerne direttamente la ricorrente, che quest’ultima aveva confermato i suoi aumenti del 4 e del 5% decisi, rispettivamente, nel gennaio e nell’ottobre dell’anno precedente. Dall’altro, altre imprese, come la Hansgrohe e la Rubinetterie Teorema SpA, avrebbero dichiarato di aver applicato aumenti di prezzo, rispettivamente, del 4 e del 5% a partire dal 1° gennaio 2001 e altre ancora, come la Ideal Standard, avrebbero annunciato un futuro aumento del 2% dei loro prezzi a decorrere dal 1° aprile 2011, con in più sconti dell’8% concessi ai loro clienti.

90      A questo proposito occorre rilevare, da un lato, che, sebbene la ricorrente affermi di non poter essere accusata di nulla di illecito riguardo alla riunione di cui al punto precedente, dal momento che le informazioni relative a detti aumenti di prezzo erano «da tempo disponibili sui mercati» e che detti aumenti erano stati decisi autonomamente, essa non deduce tuttavia né argomenti né prove diretti a inficiare l’accertamento della Commissione, contenuto nel punto 444 della decisione controversa, secondo il quale le informazioni oggetto di scambio, come quelle relative alla Ideal Standard, riguardavano futuri aumenti di prezzo.

91      Dall’altro, occorre rilevare che, in risposta alle misure di organizzazione del procedimento indirizzatele dal Tribunale, la Commissione ha fornito alcune note dattilografate intitolate «Riunione Euroitalia Milano, 1° febbraio 2001», dalle quali si evince senza ambiguità che la Ideal Standard avrebbe aumentato i propri prezzi del 2% a partire dall’aprile 2001 con la pubblicazione del nuovo listino. Questo aumento è confermato da altre note manoscritte intitolate «Euroitalia 01.02.01».

92      Di conseguenza, la ricorrente non può validamente sostenere che le discussioni alle quali ha partecipato non riguardassero futuri aumenti di prezzo. Infatti, oltre al fatto che la ricorrente non produce nessuna prova che dimostri che le informazioni in questione fossero disponibili sul mercato prima dello svolgimento di questa riunione, la comunicazione di informazioni siffatte tra concorrenti è in ogni caso tale da provocare una distorsione della concorrenza ed esclude che i concorrenti abbiano deciso la loro politica tariffaria in modo autonomo.

93      Alla luce di ciò, la Commissione non è incorsa in errore concludendo, nel punto 444 della decisione controversa, nel senso della partecipazione della ricorrente a discussioni illecite in occasione della riunione di Euroitalia del 1° febbraio 2001.

94      In terzo luogo, per quanto concerne la riunione di Euroitalia del 28 settembre 2001, dal punto 446 della decisione controversa si evince che la Commissione ha ritenuto che i partecipanti avessero discusso in tale occasione dei prezzi che essi prospettavano per il 2002. Secondo la Commissione, la Ideal Standard avrebbe previsto un aumento di prezzo del 3% il 15 ottobre 2001, da applicare a partire dal 1° novembre 2001, seguito da un nuovo aumento del 3% nel 2002. La Commissione descrive i futuri aumenti di prezzo e le loro date di applicazione per quattro imprese nonché per la ricorrente. Per quanto concerne quest’ultima, la Commissione rileva che essa ha dichiarato di voler applicare un aumento di prezzo dal 3 al 5% a partire dall’aprile 2002.

95      A tale proposito la ricorrente sostiene che le informazioni oggetto di scambio erano solo di carattere generale e inesatte. Tuttavia, basti constatare che, in risposta alle misure di organizzazione del procedimento indirizzatele, la Commissione ha fornito le note dattilografate intitolate «Riunione Euroitalia 28 settembre 2001 informazioni», contenenti tutti i futuri aumenti di prezzo per la fine del 2001 e per il 2002. Questi aumenti sono confermati dalle note dattilografate intitolate «Informazioni relative agli incontri con i responsabili delle imprese concorrenti del 28 settembre 2001».

96      Di conseguenza, la Commissione non è incorsa in errore ritenendo che lo scambio di previsioni in materia di aumenti di prezzo in questione, in occasione della riunione di Euroitalia del 28 settembre 2001, fosse illecito. A questo riguardo è importante rilevare che gli argomenti della ricorrente secondo i quali le sue tariffe non sarebbero aumentate nel 2001, oppure che essa non avrebbe stabilito listini prezzi in euro o «corridoi dei prezzi» in Austria, a differenza, ad esempio, della Hansa, come parimenti riportato nel punto 446 della decisione controversa, sono ininfluenti riguardo alla constatazione che i partecipanti, fra cui la ricorrente, si sono scambiati le loro previsioni relative agli aumenti di prezzo in occasione di questa riunione di Euroitalia.

97      In quarto luogo, per quanto concerne la riunione di Euroitalia del 18 giugno 2002, nel punto 449 della decisione controversa la Commissione riferisce che i partecipanti a questa riunione hanno discusso in tale occasione della loro politica riguardante i prezzi futuri. Anzitutto, la Ideal Standard avrebbe parlato di un aumento dei prezzi dal 2,5 al 3% da applicare a partire dal 1° luglio 2002. Di seguito, la Rubinetterie Cisal SpA avrebbe annunciato l’aliquota dei suoi sconti. Peraltro, altri partecipanti alla riunione, tra cui la ricorrente, si sarebbero scambiati le loro previsioni sul fatturato per l’anno in corso.

98      A questo proposito, la ricorrente sostiene che i dati scambiati in tale riunione sono dati storici e che i fatturati che i partecipanti si sono comunicati erano errati.

99      Orbene, è giocoforza constatare che la Commissione, in risposta alle misure di organizzazione del procedimento, ha prodotto alcune note manoscritte con l’intestazione della Zucchetti Rubinetteria SpA, intitolate «Euroitalia 18.06.02», dove si trova scritto, in particolare, per quanto concerne la Ideal Standard, che un aumento del 2,5% arrotondato all’euro era previsto per il 1° luglio successivo. Dal momento che, come si ricava dalla giurisprudenza citata nel precedente punto 70, il semplice fatto di ricevere informazioni commerciali riservate costituisce una violazione dell’articolo 101 TFUE, la Commissione ha dimostrato in modo giuridicamente valido la partecipazione della ricorrente a un’infrazione in occasione della riunione di Euroitalia del 18 giugno 2002.

100    Pertanto, la Commissione non è incorsa in errore giudicando illecito lo scambio di previsioni sugli aumenti di prezzo in questione in occasione della riunione di Euroitalia del 18 giugno 2002.

101    In quinto luogo, per quanto concerne la riunione di Euroitalia del 28 ottobre 2002, nel punto 451 della decisione controversa la Commissione rileva che i partecipanti hanno coordinato i loro aumenti di prezzo per il 2003 in occasione di tale riunione. Le imprese Hansgrohe, Rubinetterie Teorema e Rubinetterie Cisal avrebbero affermato in tale occasione che esse avrebbero aumentato i loro prezzi nella misura, rispettivamente, del 4%, del 3% e dal 2 al 3% a partire dal 1° gennaio 2003, mentre la Ideal Standard avrebbe annunciato di non aumentare i propri prezzi, tenuto conto dei precedenti incrementi. In tale contesto, la ricorrente avrebbe annunciato che, per quanto la riguardava, essa prevedeva un aumento dal 3 al 4%, applicabile a partire dal marzo o dall’aprile 2003.

102    A questo riguardo la ricorrente sostiene di non aver fornito, in occasione di questa riunione di Euroitalia del 28 ottobre 2002, nessun dato riguardante il suo fatturato e che gli aumenti di prezzo da essa annunciati per l’aprile 2003 non sono stati in realtà applicati.

103    È giocoforza constatare che, in risposta alle misure di organizzazione del procedimento, la Commissione ha fornito note manoscritte intitolate «Euroitalia 28.10.02», dalle quali si ricava che, per quanto concerne i listini prezzi, per la Hansgrohe era previsto un aumento del 4% a decorrere dal 1° gennaio 2003 e, per la Rubinetterie Teorema, era in progetto un aumento del 3% al netto degli sconti.

104    Alla luce di ciò, occorre constatare che la Commissione non è incorsa in errore ritenendo che la ricorrente avesse partecipato a discussioni illecite in materia di futuri aumenti di prezzo in occasione della riunione di Euroitalia del 28 ottobre 2002. La circostanza che la ricorrente stessa non abbia fornito nessuna informazione sul proprio fatturato o che non abbia applicato l’aumento di prezzo annunciato è ininfluente rispetto alla constatazione che essa ha partecipato alle discussioni anticoncorrenziali descritte nel punto precedente.

105    In sesto luogo, per quanto concerne la riunione di Euroitalia del 14 febbraio 2003, nel punto 452 della decisione controversa la Commissione ha dichiarato che le discussioni in questione avevano avuto essenzialmente ad oggetto un esame dettagliato delle vendite annue delle imprese coinvolte, ma anche aumenti di prezzo passati e futuri. La Ideal Standard avrebbe annunciato in tale occasione che avrebbe applicato i prezzi già stabiliti nel luglio 2002, ma di avere intenzione di predisporre un nuovo listino prezzi nell’aprile o nel maggio 2003 con un aumento del 3%. Altre imprese, quali la Rubinetterie Teorema e la RAF Rubinetteria SpA, avrebbero parimenti dichiarato, in occasione di questa riunione, che esse avrebbero aumentato i loro prezzi, rispettivamente, del 3% a partire dal 1° marzo 2003 e del 3% a partire dall’aprile 2003.

106    Da un lato, la ricorrente sostiene che le prove su cui la Commissione si è basata, nel punto 452 della decisione controversa, per concludere nel senso dell’esistenza di discussioni illecite durante la riunione di Euroitalia del 14 febbraio 2003 evidenzierebbero differenze. A questo proposito, è giocoforza però constatare, in particolare, che dalle note dattilografate della Grohe, intitolate «Euroitalia 14.02.2003», su carta intestata di tale società, che la Commissione ha fornito in risposta alle misure di organizzazione del procedimento, si ricava senza alcuna ambiguità che la RAF Rubinetteria aveva previsto un aumento dei prezzi del 3% a partire dal 1° aprile successivo. Questa semplice constatazione è sufficiente per concludere che la Commissione poteva giustamente ritenere che la ricorrente avesse partecipato a discussioni illecite in occasione di questa riunione di Euroitalia.

107    Dall’altro, e ad ogni modo, sebbene la ricorrente a questo proposito formuli parimenti critiche sull’affidabilità dei dsati menzionati nei documenti sequestrati dalla Commissione in occasione delle sue ispezioni senza preavviso e sostenga di non aver partecipato alla discussione riguardante i prezzi in occasione della riunione di Euroitalia del 14 febbraio 2003, è però giocoforza constatare che essa non produce né argomenti né prove specifici che dimostrino che la Commissione abbia commesso un errore constatando che varie imprese, quali la Ideal Standard, la Rubinetterie Teorema e la RAF Rubinetterie, avevano parlato dei loro futuri aumenti di prezzo, o che essa non fosse stata informata di detti aumenti.

108    Alla luce di ciò, occorre constatare che la Commissione non è incorsa in errore giudicando illecito lo scambio di previsioni relative agli aumenti di prezzo in questione in occasione della riunione di Euroitalia del 14 febbraio 2003.

109    In settimo luogo, per quanto concerne la riunione di Euroitalia del 30 e 31 ottobre 2003, nel punto 455 della decisione controversa la Commissione ha rilevato, da un lato, che i partecipanti si erano scambiati dati dettagliati concernenti, in particolare, i loro fatturati e i loro risultati sul mercato in determinate regioni o per determinati prodotti. Dall’altro, nel medesimo punto, la Commissione ha rilevato che i partecipanti a detta riunione avevano coordinato i loro aumenti di prezzo per il 2004 diverse settimane o mesi prima di annunciarli ai clienti o di applicarli. Ad esempio, la Hansa e la ricorrente avrebbero annunciato aumenti, rispettivamente, dal 3 al 3,5% e del 4% a decorrere dal 1° gennaio 2004. Inoltre, nel punto 456 della decisione controversa, la Commissione rileva che, in occasione di questa riunione di Euroitalia, i partecipanti hanno controllato l’esecuzione dei loro aumenti di prezzo passati e avrebbero ricevuto, direttamente dai loro concorrenti, copie degli annunci relativi ai prezzi che questi ultimi comunicavano ai loro clienti.

110    A questo proposito, la ricorrente si limita a negare la sua partecipazione alla riunione di Euroitalia menzionata nel punto precedente, senza però dedurre nessun argomento specifico a sostegno di questa affermazione. Ebbene, è giocoforza constatare che la Commissione ha fornito note manoscritte, intitolate «Euroitalia (…) 31.10.03», in cui si legge, in particolare, che la Hansa avrebbe effettuato un aumento dei prezzi compreso tra il 3 e il 3,5% a partire dal 1° gennaio 2004. Questo aumento è confermato, peraltro, nelle note dattiloscritte intitolate «Previsioni 2004: + 4% Aumento dei prezzi a partire dal 1/1/04», le quali riportano che la ricorrente faceva parte delle imprese partecipanti a questa riunione.

111    Alla luce di ciò, la Commissione non è incorsa in errore ritenendo che la ricorrente avesse partecipato a uno scambio illecito di previsioni sugli aumenti di prezzo in occasione della riunione di Euroitalia del 30 e 31 ottobre 2003.

112    In ottavo luogo, per quanto concerne la riunione di Euroitalia del 6 febbraio 2004, nel punto 457 della decisione controversa la Commissione ha rilevato che i partecipanti si erano scambiati dati dettagliati relativi ai loro fatturati e alle vendite nel corso dell’anno precedente. Essi avrebbero anche discusso delle previsioni di bilancio e di prezzi per il 2004, argomento del resto iscritto all’ordine del giorno di questa riunione. Ad esempio, la Grohe avrebbe confermato un aumento dei propri prezzi del 4%, con sconti dal 48 al 50%, che sarebbe stato annunciato il 1° dicembre 2003 e la cui applicazione era prevista a partire dal 1° marzo 2004. La Hansgrohe avrebbe parlato di un aumento del nuovo listino prezzi, con un incremento del 3% a partire dal 1° aprile 2004, da applicare a decorrere dal 1° maggio successivo.

113    A questo riguardo, la ricorrente afferma di non aver annunciato nessun aumento dei prezzi durante questa riunione.

114    Ebbene, è giocoforza constatare che la Commissione ha fornito alcune note dattiloscritte, intitolate «Riunione euroitalia del 6 febbraio 2004», dove si legge, in particolare, che la Hansgrohe aveva un nuovo listino prezzi in vigore per gli ordini trasmessi a partire dal 1° aprile 2004 e che l’aumento dei prezzi previsto era del 3% sul 35% del volume della produzione a partire dal 1° aprile 2004.

115    Alla luce di ciò, occorre constatare che i partecipanti alla riunione di Euroitalia del 6 febbraio 2004 si sono scambiati informazioni sulle loro previsioni riguardanti gli aumenti di prezzo. Ebbene, una siffatta pratica è vietata dall’articolo 101 TFUE, dal momento che elimina o riduce l’autonomia di comportamento delle imprese sul mercato.

116    Pertanto, la Commissione non è incorsa in errore giudicando illecito lo scambio di previsioni relative agli aumenti di prezzo in questione durante la riunione di Euroitalia del 6 febbraio 2004.

117    In nono luogo, per quanto concerne la riunione di Euroitalia del 3 e 4 giugno 2004, nel punto 459 della decisione controversa la Commissione ha rilevato che i partecipanti a questa riunione avevano discusso nei dettagli dei loro risultati di vendita e avevano sorvegliato gli sviluppi in materia di politica dei prezzi. Varie imprese avrebbero confermato l’applicazione dei loro prezzi per il 2004, che essi avevano già comunicato, ed altre avrebbero parlato dei loro progetti in materia di politica dei prezzi. Ad esempio, la Commissione osserva che la ricorrente doveva comunicare il suo aumento del 4% prima della fine del giugno 2004, per procedere alla sua applicazione nel luglio 2004. Dopo questa riunione, la Rubinetteria Cisal avrebbe comunicato i suoi prezzi alla Ideal Standard con lettera datata 10 giugno 2004.

118    A questo riguardo la ricorrente afferma che la constatazione della Commissione, secondo la quale essa avrebbe effettuato un primo aumento dei prezzi del 4% all’inizio del 2004, e poi un secondo aumento del 3% più avanti durante l’anno, sarebbe fantasiosa.

119    Ebbene, è giocoforza constatare che, in risposta alle misure di organizzazione del procedimento, la Commissione ha fornito alcune note manoscritte intitolate «Euroitalia 06.2004», dalle quali si ricava senza ambiguità, da un lato, che la Hansgrohe ha annunciato che avrebbe aumentato i suoi prezzi a partire dal 15 luglio successivo del 3% e, dall’altro, che la ricorrente avrebbe effettuato un aumento del 4% durante il mese di luglio.

120    Pertanto, dal documento ricordato nel punto precedente si evince che, anche ipotizzando che gli aumenti di prezzo previsti fossero solo «fantasiosi», circostanza che ad ogni modo la ricorrente non dimostra, ciò nondimeno essa non nega che altre imprese abbiano divulgato informazioni relative ai loro futuri aumenti di prezzo nel corso della riunione di Euroitalia del 3 e 4 giugno 2004.

121    Alla luce di ciò, occorre constatare che la Commissione non è incorsa in errore giudicando illecite le informazioni scambiate in occasione della riunione di Euroitalia del 3 e 4 giugno 2004, in quanto contribuivano all’esecuzione dell’intesa sanzionata.

122    In decimo luogo, per quanto concerne la riunione di Euroitalia del 15 ottobre 2004, che è l’ultima riunione presa in considerazione dalla Commissione per sanzionare la ricorrente, nel punto 460 della decisione controversa detta istituzione ha rilevato che i partecipanti avevano avuto discussioni dettagliate riguardanti, da un lato, i loro risultati di vendita a fine anno rispetto all’anno precedente e, dall’altro, le loro previsioni relative agli aumenti di prezzo per il 2005. Per esempio, la Grohe aveva informato i suoi concorrenti che dopo il suo aumento del 3%, applicato nel luglio 2004, essa avrebbe aumentato i propri prezzi del 4% nel gennaio 2005. La Zucchetti Rubinetteria e la Rubinetterie Teorema avrebbero dichiarato di aver previsto un aumento del 4% per il 2005. La ricorrente avrebbe dichiarato di non aver previsto nuovi aumenti di prezzo, in considerazione segnatamente degli incrementi di prezzo che essa aveva applicato nel luglio 2004.

123    A questo proposito, la ricorrente sostiene che persino la Commissione ha riconosciuto che essa non aveva comunicato nessun aumento dei prezzi e, di conseguenza, che aveva effettuato «scelte commerciali autonome».

124    Ebbene, è giocoforza constatare che, in risposta alle misure di organizzazione del procedimento, la Commissione ha fornito alcune note manoscritte dove si legge, segnatamente, che la Zucchetti Rubinetteria e la Hansa il 1° gennaio o il 1° febbraio 2005 avrebbero aumentato i loro prezzi del 3% in totale.

125    Alla luce di ciò, occorre constatare che la Commissione non è incorsa in errore giudicando illecito lo scambio di previsioni in materia di aumenti di prezzo svoltosi in occasione della riunione di Euroitalia del 15 ottobre 2004.

126    Visto il complesso delle considerazioni illustrate nei precedenti punti da 85 a 125, occorre respingere come infondati gli argomenti della ricorrente diretti a sostenere che gli scambi di informazioni in questione riguardavano solo dati storici o generici e che le imprese in questione, tra cui la ricorrente, determinavano autonomamente i loro prezzi.

127    Pertanto, la seconda censura sollevata dalla ricorrente nella cornice della prima parte del terzo motivo e, di conseguenza, detta parte nella sua integralità devono essere respinte in quanto infondate.

–       Sulla seconda parte, relativa all’esistenza di errori concernenti il ruolo dei grossisti e di Ideal Standard

128    Nell’ambito della seconda parte del terzo motivo, la ricorrente fa valere sostanzialmente tre censure principali. In primo luogo, essa sostiene che la Commissione è incorsa in errore ritenendo, come si evince dalla nota in calce n. 88 della decisione controversa, che non fosse necessario esaminare il ruolo svolto dai grossisti sul mercato della rubinetteria in Italia. Infatti, i grossisti controllerebbero il 70% delle vendite al consumatore e non sarebbero vincolati da nessun accordo di esclusiva con i fabbricanti, di modo che, in definitiva, sarebbero loro a determinare le condizioni del mercato. Per questo motivo, i fabbricanti di rubinetteria si sarebbero trovati nell’incapacità di influenzare i prezzi degli articoli di rubinetteria nell’ambito dell’intesa di cui sono accusati. In secondo luogo, l’analisi economica fornita dalla ricorrente alla Commissione e che essa ha prodotto dinanzi al Tribunale confermerebbe che la ricorrente non ha affatto migliorato i suoi risultati economici nel periodo di cui trattasi. In terzo luogo, la ricorrente afferma che la Ideal Standard, che produceva il 50% degli articoli di rubinetteria venduti sul mercato italiano, non aveva necessità di stipulare accordi con i suoi concorrenti né poteva condizionare i prezzi di detti articoli, stante la struttura del mercato. Poiché la Ideal Standard concedeva ai grossisti sconti che erano calcolati su base progressiva e in funzione dell’aumento dei loro acquisti presso di essa, la sua partecipazione alle riunioni di Euroitalia sarebbe stata finalizzata unicamente a «verificare quale fosse la situazione del mercato» degli articoli di rubinetteria.

129    È giocoforza constatare che, come sostanzialmente osservato giustamente dalla Commissione, nessuna delle tre censure sollevate dalla ricorrente è in grado di inficiare la sua conclusione, nella decisione controversa, secondo cui lo scambio di previsioni sugli aumenti di prezzo ai quali la ricorrente ha partecipato in seno a Euroitalia costituiva un’intesa ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Infatti, queste pratiche avevano ad oggetto, e necessariamente per effetto, di ridurre o eliminare il grado di incertezza sul funzionamento del mercato in questione, con conseguente riduzione della concorrenza tra imprese.

130    Anzitutto, anche ipotizzando che, come sostiene la ricorrente, il 70% degli articoli di rubinetteria fabbricati siano venduti ai grossisti, questo fattore è comunque ininfluente in relazione all’accertamento che lo scambio di informazioni commerciali riservate tra detti fabbricanti era in grado di falsare la concorrenza tra di loro, senza che occorra esaminare l’impatto preciso sul mercato di questo comportamento oppure la rilevanza del potere di mercato detenuto dai grossisti.

131    Inoltre, da un lato, anche qualora, come affermato sostanzialmente dalla ricorrente, le pratiche in questione non le abbiano consentito di migliorare i propri risultati sul mercato, ciò non è in grado di inficiare la constatazione che le pratiche in questione avevano ad oggetto e per effetto la restrizione della concorrenza sul mercato. Dall’altro, e ad ogni modo, nessun elemento presentato dalla ricorrente consente di escludere che, in mancanza di dette pratiche, i suoi risultati sul mercato non sarebbero stati più scarsi di quelli da essa conseguiti.

132    Infine, per quanto concerne l’argomento della ricorrente secondo il quale, tenuto conto delle quote della Ideal Standard del 13% sul mercato della rubinetteria e del 50% nel settore delle ceramiche sanitarie, la sua partecipazione allo scambio di informazioni in questione le avrebbe consentito soltanto di «verificare quale fosse la situazione del mercato» dei prodotti di rubinetteria dev’essere considerato ininfluente. Infatti, quest’argomento non rimette in discussione la circostanza che l’autonomia di comportamento sul mercato di ciascun fabbricante risultava modificata da questo scambio di informazioni, indipendentemente dalla rilevanza delle quote di mercato detenute dalla Ideal Standard.

133    Alla luce di ciò, occorre respingere la seconda parte del terzo motivo e il terzo motivo nella sua integralità, in quanto parzialmente infondati e parzialmente ininfluenti.

 Sul quarto motivo, relativo ad errori collegati alla sanzione imposta alla ricorrente e all’importo dell’ammenda

134    La ricorrente afferma sostanzialmente che la Commissione ha violato i principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di personalità delle pene in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggerle. A questo proposito essa formula sei censure principali.

135    Con la sua prima censura la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato i principi di proporzionalità e di parità di trattamento, imponendo un’ammenda equivalente al 10% del fatturato sia delle imprese tedesche, sia di quelle italiane quale essa stessa è, quando invece queste ultime avrebbero partecipato a meno di un terzo delle riunioni di Euroitalia, il loro ruolo si sarebbe limitato a fornire alle imprese tedesche informazioni utili sugli sviluppi di detto mercato e sui prezzi applicati e, infine, sarebbero state le imprese tedesche le vere responsabili delle pratiche in questione. La Commissione avrebbe quindi dimostrato una severità sproporzionata nei confronti delle piccole imprese.

136    La Commissione respinge tale argomento.

137    A questo riguardo occorre rilevare, da un lato, che la ricorrente non deduce nessun argomento che consenta di constatare che, in sede di applicazione degli orientamenti del 2006 alle imprese colpite dalla decisione controversa, la Commissione abbia trattato in modo più sfavorevole la ricorrente rispetto alle altre imprese da essa sanzionate, oppure che l’ammenda impostale sia sproporzionata in considerazione della gravità e della durata del suo specifico comportamento illecito. Dall’altro, e ad ogni modo, è giocoforza constatare a tal proposito che, come si evince dai punti da 1261 a 1264 e 1362 della decisione controversa, la ricorrente non può validamente sostenere che l’ammenda che le è stata imposta sia discriminatoria rispetto a quella delle altre imprese o sproporzionata, dal momento che le è stata inflitta una percentuale nettamente inferiore al limite massimo del 10% del suo fatturato cui era soggetta in applicazione degli orientamenti del 2006, mentre ad altre imprese italiane, quali la Rubinetteria Cisal o la Zucchetti Rubinetteria, poste in una situazione analoga a quella della ricorrente in quanto esse hanno partecipato all’infrazione solo sul territorio italiano, è stata inflitta un’ammenda pari al 10% del loro rispettivo fatturato.

138    Pertanto, la prima censura della ricorrente dev’essere respinta in quanto infondata.

139    Con la sua seconda censura la ricorrente sostiene che l’applicazione della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole costituisce una violazione dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento, in quanto detta comunicazione avvantaggerebbe le grandi imprese rispetto alle piccole. Anzitutto, essa osserva che le grandi imprese disporrebbero di un servizio giuridico in grado di individuare un’intesa e di depositare una domanda diretta a godere della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole presso la Commissione, mentre le piccole imprese non disporrebbero di servizi giuridici siffatti e ignorerebbero le circostanze integranti una violazione delle norme in materia di concorrenza. Inoltre, nell’ambito delle sue osservazioni in risposta alle misure di organizzazione del procedimento, essa precisa che detta comunicazione produce effetti disuguali sulle grandi e sulle piccole imprese, indebolendo queste ultime, che non avrebbero la stessa capacità delle grandi imprese di assorbire le ammende.

140    La Commissione respinge tale argomento.

141    A questo proposito si deve anzitutto constatare che la comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole stabilisce le linee generali per ricompensare la cooperazione all’indagine della Commissione fornita da imprese che fanno o hanno fatto parte di cartelli segreti. Infatti, in forza dei punti da 8 a 23 di detta comunicazione, qualsiasi impresa, a prescindere dalle sue dimensioni, può godere di una riduzione totale o parziale dell’ammenda qualora essa soddisfi i requisiti in essa previsti. Pertanto, occorre constatare che la comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole non introduce nessuna discriminazione tra le imprese in funzione delle loro dimensioni.

142    Inoltre, quanto al fatto che la ricorrente sostiene che le grandi imprese sono «avvantaggiate» in pratica rispetto alle piccole, occorre constatare che la ricorrente non deduce nessuna circostanza specifica ad essa relativa che giustifichi che essa possa ignorare le norme in materia di concorrenza che le imprese devono rispettare o che essa non fosse in grado di presentare una domanda ai sensi della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole. A questo riguardo, la sua affermazione, contenuta nelle sue osservazioni in risposta alle misure di organizzazione del procedimento, secondo la quale essa non avrebbe avuto «gli strumenti per convincere la Commissione ad aprire un’indagine» non può essere accolta. Infatti, al pari di tutti gli altri produttori di ceramiche sanitarie e rubinetterie, essa avrebbe potuto ottenere un’immunità dalle ammende, conformemente al paragrafo 8, lettera a), della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole, fornendo prove dell’infrazione in questione che consentissero alla Commissione di condurre accertamenti e collaborando con quest’ultima.

143    Infine, senza che occorra esaminare se, come sostenuto dalla ricorrente, le grandi imprese abbiano una capacità di assorbire le ammende in materia di concorrenza di cui le piccole imprese sarebbero prive, è giocoforza constatare che una siffatta circostanza è comunque ininfluente riguardo alla constatazione che la ricorrente disponeva degli stessi diritti di tutte le altre imprese per godere di una riduzione dell’importo dell’ammenda, che poteva esserle inflitta, in osservanza della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole.

144    Alla luce di ciò, occorre constatare che la Commissione non ha violato i principi di proporzionalità e di parità di trattamento applicando al caso di specie la comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole.

145    Di conseguenza, la seconda censura della ricorrente va respinta in quanto infondata.

146    Con la sua terza censura la ricorrente sostiene che l’applicazione della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole per sanzionare le imprese viola, da un lato, l’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, in quanto porterebbe a un’inversione dell’onere della prova. Dall’altro, tale comunicazione violerebbe il principio del diritto a un equo processo, sancito dall’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»). Infatti, la ricorrente non avrebbe potuto opporre le proprie ragioni a quelle dei suoi accusatori, che hanno beneficiato di riduzioni di ammende ai sensi di detta comunicazione.

147    La Commissione respinge tale argomento.

148    In primo luogo, l’argomento della ricorrente secondo il quale l’applicazione della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole porterebbe a un’inversione dell’onere della prova, che dovrebbe gravare sulla Commissione in forza dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, dev’essere respinto in quanto infondato. Infatti, l’applicazione della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole non provoca un’inversione dell’onere della prova, dal momento che spetta comunque alla Commissione dimostrare, in modo giuridicamente valido, l’esistenza di un’infrazione, a prescindere dal fatto che le prove su cui essa si basa siano state raccolte o meno in forza di detta comunicazione.

149    In secondo luogo, per quanto concerne l’argomento della ricorrente secondo il quale l’applicazione della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole al caso di specie avrebbe condotto la Commissione a violare il suo diritto a un equo processo, in quanto essa non avrebbe potuto opporre i propri argomenti a quelli dei suoi accusatori, che hanno beneficiato di riduzioni delle ammende ai sensi di detta comunicazione, basti constatare che esso non corrisponde alla realtà. Infatti, la ricorrente ha avuto la facoltà, ed ha esercitato il suo diritto, di replicare durante il procedimento amministrativo al complesso degli elementi e delle prove raccolti a suo carico dalla Commissione, presentando le sue osservazioni scritte in risposta alla comunicazione degli addebiti (punto 140 della decisione controversa) e le sue osservazioni orali in sede di audizione (punto 143 di detta decisione). Pertanto, la ricorrente disponeva di un diritto effettivo di contestare le prove, orali e scritte, fornite alla Commissione dalle imprese che hanno beneficiato della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole.

150    Alla luce di ciò, occorre respingere in quanto infondati il secondo argomento della ricorrente e, di conseguenza, la terza censura nella sua integralità.

151    Con la sua quarta censura, la ricorrente sostiene che, in forza della CEDU e della Carta dei diritti fondamentali, le sanzioni in materia penale, come quelle imposte nell’ambito del diritto della concorrenza, non devono solo prevedere la pena massima, ma devono parimenti prevedere le pene medie e minime da applicare in caso di infrazione. In risposta alle misure di organizzazione del procedimento che il Tribunale le ha inviato, la ricorrente, da un lato, ha rilevato che il sistema di determinazione delle ammende, quale disciplinato dal regolamento n. 1/2003, viola il principio di legalità delle pene quale sancito dall’articolo 7 della CEDU. Dall’altro, essa fa rinvio, a questo riguardo, alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa Scoppolac c. Italia, del 22 maggio 2012 (non ancora pubblicata, §§ da 92 a 96).

152    Secondo la giurisprudenza, il principio di legalità dei delitti e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege) fa parte dei principi generali del diritto alla base delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri (sentenza della Corte del 3 maggio 2007, Advocaten voor de Wereld, C‑303/05, Racc. pag. I‑3633, punto 49). Si tratta di un’espressione particolare del principio generale della certezza del diritto (v. sentenza della Corte del 3 giugno 2008, Intertanko e a., C‑308/06, Racc. pag. I‑4057, punto 70 e giurisprudenza ivi citata), sancito dall’articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali. Tale principio implica che le norme dell’Unione definiscano chiaramente i reati e le pene per essi previste. Questa condizione è soddisfatta quando il soggetto di diritto può conoscere, in base al testo della disposizione rilevante e, se del caso, con l’aiuto dell’interpretazione che ne sia stata fatta dai giudici, gli atti e le omissioni che chiamano in causa la sua responsabilità penale (v., in particolare, sentenza Advocaten voor de Wereld, cit., punto 50, nonché Corte eur. D.U., sentenza Coëme e a. c. Belgio, del 22 giugno 2000, Recueil des arrêts et décisions, 2000‑VII, § 145).

153    Nel caso di specie, occorre ricordare che l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 prevede, da un lato, che la Commissione può imporre un’ammenda che può arrivare sino al 10% del fatturato totale realizzato dall’impresa che ha partecipato a una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e, dall’altro, che la Commissione deve prendere in considerazione la gravità e la durata dell’infrazione per determinare l’importo dell’ammenda, fattori di cui essa ha illustrato l’applicazione negli orientamenti del 2006, ai quali è vincolata.

154    Alla luce di ciò, la sanzione quale prevista per una violazione dell’articolo 101 TFUE soddisfa il principio di legalità dei delitti e delle pene.

155    Peraltro, il richiamo della ricorrente alla sentenza Scoppolac c. Italia, di cui al precedente punto 151, non può validamente soccorrere il suo argomento secondo cui la sanzione sarebbe legale solo qualora la legge abbia previsto, per un’infrazione, pene minime, medie e massime. Infatti, dal punto 56 di detta sentenza si evince unicamente che «il soggetto di diritto [deve poter] conoscere, in base al testo della disposizione rilevante e, se del caso, con l’aiuto dell’interpretazione che ne sia stata fatta dai giudici, gli atti e le omissioni che chiamano in causa la sua responsabilità ».

156    Ciò premesso, la quarta censura della ricorrente dev’essere respinta in quanto infondata.

157    Con la sua quinta censura la ricorrente sostiene che gli orientamenti del 2006 sono illegittimi, in quanto le è stata imposta la medesima sanzione massima del 10% del fatturato che è stata inflitta alle imprese tedesche la cui partecipazione all’intesa era stata più significativa e duratura. Detti orientamenti violerebbero le disposizioni dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, poiché non prenderebbero in considerazione la gravità e la durata reale della partecipazione all’infrazione di cui trattasi, nonché i principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di personalità delle pene.

158    A questo proposito, basti constatare che questa censura è analoga alla prima e che occorre respingerla per i medesimi motivi illustrati nel precedente punto 137. Infatti, da un lato, alla ricorrente non è stata imposta un’ammenda di importo pari al 10% del suo fatturato, bensì di importo nettamente inferiore. Dall’altro, e ad ogni modo, il fatto che il comportamento di altre imprese sia stato ancor più censurabile di quello della ricorrente non esclude, di per sé, che un’ammenda di importo pari al 10% del suo fatturato potesse esserle imposta in considerazione della durata e della gravità della sua partecipazione all’infrazione. Per gli stessi motivi, l’argomento della ricorrente secondo il quale gli orientamenti del 2006 sarebbero illegittimi, poiché porterebbero ad applicare un importo massimo di ammenda equivalente al 10% del fatturato di tutte le imprese, a prescindere dalla gravità dell’infrazione da esse commessa, dev’essere respinto in quanto infondato.

159    Con la sua sesta censura la ricorrente afferma sostanzialmente che la Commissione ha aggravato a torto del 15% l’importo dell’ammenda, in applicazione del paragrafo 25 degli orientamenti del 2006. A questo proposito essa rileva che la Commissione avrebbe preso in considerazione, nei confronti delle imprese italiane e di quelle tedesche, la medesima percentuale del 15% delle vendite dei prodotti interessati, mentre le imprese tedesche sarebbero state responsabili della realizzazione dell’intesa in Germania e delle altre pratiche illecite negli altri paesi dell’Unione. Inoltre, essa opererebbe solo sul territorio italiano e disporrebbe solo di esigue quote di mercato.

160    È giocoforza constatare che, con la sua sesta censura, la ricorrente denuncia sostanzialmente un errore di valutazione derivante dall’applicazione dell’importo supplementare del 15% inflittole in forza del paragrafo 25 degli orientamenti del 2006.

161    Alla luce di ciò occorre, in primo luogo, ricordare le regole da applicare al calcolo dell’importo di base dell’ammenda previste dagli orientamenti del 2006, in secondo luogo, esaminare la motivazione illustrata dalla Commissione a sostegno della sua scelta di imporre un moltiplicatore del 15% e, in terzo luogo, valutare se, così facendo, essa abbia commesso le violazioni e gli errori lamentati dalla ricorrente.

162    In primo luogo, per quanto concerne le regole applicabili al calcolo dell’importo dell’ammenda, occorre ricordare che, in forza dei punti da 9 a 11 degli orientamenti del 2006, il metodo utilizzato dalla Commissione per stabilire le ammende si suddivide in due fasi. In primo un momento, la Commissione determina un importo di base per ciascuna impresa o associazione di imprese. In un secondo momento, essa può rivedere quest’importo di base al rialzo o al ribasso, e ciò alla luce delle circostanze aggravanti o attenuanti che caratterizzano la partecipazione di ciascuna delle imprese interessate.

163    Riguardo, in particolare, alla prima fase del metodo per la fissazione delle ammende, è importante anzitutto precisare che, in base ai punti da 21 a 23 degli orientamenti del 2006, la percentuale del valore delle vendite preso in considerazione (in prosieguo: il «moltiplicatore “gravità dell’infrazione”») è stabilita a un livello compreso in una forcella che va dallo 0 al 30%, tenendo conto di un certo numero di fattori, quali la natura dell’infrazione, la quota di mercato complessiva di tutte le parti coinvolte, l’ampiezza geografica dell’infrazione e l’esecuzione o meno della medesima, fermo restando che gli accordi in materia di fissazione dei prezzi, di ripartizione del mercato e di limitazione della produzione rientrano, per loro stessa natura, tra le restrizioni più gravi della concorrenza. Occorre poi precisare che in forza del punto 25 degli orientamenti del 2006 occorre poi precisare che, a scopo dissuasivo, la Commissione inserirà nell’importo di base una percentuale, che consente di calcolare un importo supplementare (in prosieguo: il «moltiplicatore “importo supplementare”»), compresa in una forcella che va dal 15 al 25% del valore delle vendite, tenendo conto dei fattori menzionati.

164    In secondo luogo, per quanto concerne la determinazione del moltiplicatore del valore delle vendite di ciascuna impresa interessata adottato dalla Commissione nella decisione controversa, occorre rilevare che, nei punti da 1211 a 1214 di detta decisione, si legge quanto segue:

«(1211)       Il coordinamento orizzontale dei prezzi costituisce, per sua stessa natura, una delle più gravi restrizioni della concorrenza. Le imprese destinatarie [della decisione controversa] hanno partecipato a una violazione unica, complessa e continuata dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE, con l’obiettivo comune di falsare il gioco della concorrenza sul mercato della rubinetteria e delle ceramiche sanitarie (cfr. la sezione 5). Gli accordi di cartello hanno interessato almeno sei Stati membri, hanno riguardato tutti i gruppi di prodotti oggetto dell’indagine, e hanno operato interamente a beneficio dei produttori partecipanti e ai danni dei loro clienti nonché, in ultima istanza, dei consumatori.

(1212)       La quota di mercato cumulativa delle imprese per le quali è stato possibile accertare la violazione varia da Stato membro a Stato membro, ma è stimata attorno al 54,3% circa per tutti i gruppi di prodotti e in tutti gli Stati membri interessati dall’indagine della Commissione. Questo dato non tiene conto delle quote di mercato di altri partecipanti minori che non sono destinatari della decisione controversa.

(1213)       Gli accordi di cartello hanno interessato almeno sei Stati membri, vale a dire Germania, Austria, Italia, Belgio, Francia e Paesi Bassi.

(1214)       È stato accertato che le pratiche illecite in cui si esplica una violazione sono state generalmente attuate (…), seppur non vi siano prove sufficienti per ritenere che fossero attuate in maniera rigorosa».

165    Per quanto riguarda il moltiplicatore «gravità dell’infrazione», nel punto 1220 della decisione controversa la Commissione, in base alle considerazioni esposte nel punto precedente, rileva quanto segue:

«(1220)       In conclusione, e in considerazione dei fattori richiamati nella presente sezione, e in particolare la natura dell’infrazione, la proporzione del valore delle vendite di ciascuna impresa coinvolta che sarà utilizzata per determinare l’importo di base delle ammende dovrebbe corrispondere al 15%».

166    Relativamente al moltiplicatore «importo supplementare», nel punto 1225 della decisione controversa la Commissione ha scritto quanto segue:

«(1225)       Date le circostanze specifiche del caso, tenendo conto dei criteri illustrati [nei punti da 1210 a 1220 della decisione controversa], la percentuale da applicare per tale [moltiplicatore] importo supplementare è fissata al 15%».

167    Pertanto, dai motivi illustrati nei punti da 1211 a 1214, 1220 e 1225 della decisione controversa si evince che la Commissione ha giustificato l’applicazione dei moltiplicatori «gravità dell’infrazione» e «importo supplementare» del 15%, basandosi sulla valutazione secondo la quale le imprese sanzionate nella decisione controversa avevano partecipato a un’infrazione unica nel settore delle ceramiche sanitarie estesa a tre sottogruppi di prodotti in sei Stati membri e che il «coordinamento orizzontale dei prezzi», attuato nel caso di specie, rientra tra le limitazioni più gravi della concorrenza a causa della sua stessa natura.

168    Tuttavia, occorre rilevare che la Commissione, da un lato, ha ritenuto, nel punto 879 della decisione controversa, e, dall’altro, ha confermato, nelle sue memorie scritte dinanzi al Tribunale, che occorreva ritenere che la ricorrente, al pari degli altri produttori italiani indipendenti sanzionati in detta decisione, avesse partecipato solo alla parte italiana dell’infrazione unica concernente la rubinetteria e gli articoli in ceramica, ma non i box doccia, in presenza di prove insufficienti per concludere che essa fosse al corrente della portata generale del cartello. Ciò ha pertanto indotto la Commissione a dichiarare, nell’articolo 1, paragrafo 5, punto 15), della decisione controversa, in particolare, che la ricorrente aveva commesso un’infrazione nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria nel territorio italiano.

169    Nel caso di specie, è importante sottolineare, in via preliminare, che la ricorrente lamenta un errore di valutazione dei fatti solo per quanto concerne l’imposizione del moltiplicatore «importo supplementare» del 15%, e non per l’imposizione, con la medesima aliquota, del moltiplicatore «gravità dell’infrazione».

170    Ebbene, da un lato, posto che la ricorrente critica addirittura a livello di principio l’imposizione di un «importo supplementare», è giocoforza constatare che essa non dimostra che la Commissione abbia violato il punto 25 degli orientamenti del 2006 imponendo un siffatto importo. A questo riguardo, l’argomento della ricorrente secondo cui essa avrebbe svolto un ruolo minore nell’intesa non consente comunque di rimettere in discussione la constatazione che, in forza di detto punto 25, la Commissione, in considerazione della gravità stessa dell’infrazione consistente in un’intesa, poteva imporre un «importo supplementare» alla ricorrente a causa della sua partecipazione a una siffatta infrazione, a prescindere dal carattere minore o meno di tale partecipazione.

171    Dall’altro, in merito al fatto che la ricorrente critica il moltiplicatore del 15% imposto a titolo di «importo supplementare», occorre constatare che la Commissione ha avuto torto nel ritenere che detto moltiplicatore si giustificasse in conseguenza del fatto che le imprese destinatarie della decisione controversa avessero partecipato a un’infrazione unica concernente tre sottogruppi di prodotti ed estesa a sei Stati membri. Infatti, benché un moltiplicatore «importo supplementare» del 15% costituisca il moltiplicatore minimo su una scala compresa fra il 15 e il 25% per sanzionare un’intesa segreta come quella alla quale ha partecipato la ricorrente su tutto il territorio italiano, ciò nondimeno, come ritenuto dalla stessa Commissione, nel punto 879 della decisione controversa, la ricorrente era implicata in un’infrazione relativa a un coordinamento dell’aumento dei prezzi in Italia, e non negli altri cinque Stati membri menzionati nel precedente punto 1, a causa del fatto che le discussioni illecite che si sono svolte riguardavano le ceramiche sanitarie e la rubinetteria, ma non i box doccia. A questo proposito, è importante ricordare che, come constatato nel precedente punto 30, l’argomento della ricorrente secondo cui essa avrebbe partecipato solo a un’intesa relativa agli articoli di rubinetteria è irricevibile, essendo stato sollevato fuori termine.

172    Alla luce di ciò, è giocoforza constatare che la Commissione è incorsa in un errore di valutazione prendendo in considerazione nel calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente un moltiplicatore «importo supplementare» del 15% per il fatto che tutte le imprese destinatarie della decisione controversa, e quindi anche la ricorrente, avevano partecipato a un’infrazione unica estesa a sei territori dell’Unione e concernente i tre sottogruppi di prodotti.

173    Gli argomenti dedotti dalla Commissione a questo riguardo, in risposta ai quesiti posti dal Tribunale in udienza, non possono inficiare l’accertamento che essa ha commesso un errore di valutazione dei fatti.

174    Anzitutto, per quanto concerne l’argomento secondo il quale la diversa portata geografica derivante dalla partecipazione di alcune imprese, da un lato, all’infrazione unica nella sua globalità e, dall’altro, sul solo territorio italiano non giustificherebbe l’applicazione di moltiplicatori «importo supplementare» distinti esso dev’essere respinto in quanto infondato. Infatti, un’infrazione che si estende a sei territori dell’Unione e che riguarda tre sottogruppi di prodotti non può essere validamente considerata di gravità paragonabile a quella di un’infrazione commessa sul territorio di un unico Stato membro e riguardante due dei tre sottogruppi di prodotti. Tenuto conto della portata dei suoi effetti sulla concorrenza all’interno dell’Unione, la prima infrazione dev’essere considerata più grave della seconda.

175    Occorre poi constatare che l’argomento secondo il quale, come si evince dal punto 1219 della decisione controversa, la gravità dell’infrazione cui la ricorrente ha partecipato si rifletterebbe nell’importo del valore delle vendite preso in considerazione nel calcolo dell’ammenda è ininfluente. Infatti, questo argomento non incide sulla constatazione che la Commissione non poteva applicare alla ricorrente un moltiplicatore «importo supplementare» del 15% perché essa aveva partecipato a un’infrazione unica estesa a sei territori nazionali e a tre sottogruppi di prodotti, quando invece essa stessa ha espressamente riconosciuto che ciò non era avvenuto.

176    Inoltre, sono ininfluenti gli argomenti secondo i quali i meccanismi fondamentali dell’intesa posta in esecuzione, consistente nel coordinamento delle politiche dei prezzi annuali, sarebbero gli stessi per tutte le imprese. Infatti, la circostanza che tutte le imprese abbiano partecipato a un coordinamento in materia di aumenti di prezzo è priva di incidenza sulla constatazione che la Commissione non poteva applicare un moltiplicatore «importo supplementare» del 15% a tutte le imprese destinatarie della decisione controversa in ragione del fatto che avevano partecipato a un’infrazione unica, quando invece alcune di loro non avevano partecipato a detta infrazione unica estesa a sei territori nazionali e a tre sottogruppi di prodotti.

177    Infine, quanto al fatto che la Commissione sostiene che un moltiplicatore «importo supplementare» del 15% è appropriato, tenuto conto della gravità dell’infrazione in questione, un argomento siffatto non può inficiare la constatazione che la Commissione ha commesso un errore di valutazione basando l’adozione di tale moltiplicatore sulla valutazione secondo la quale le imprese in questione avrebbero partecipato a un’infrazione unica estesa a sei territori nazionali e a tre sottogruppi di prodotti, quando invece ciò non era avvenuto.

178    Alla luce del complesso delle precedenti considerazioni occorre, da un lato, accogliere parzialmente il quarto motivo e, dall’altro, per il resto, respingere il medesimo.

 Sul quinto motivo, relativo a un errore di valutazione nell’importo della riduzione concessa alla ricorrente a causa della sua situazione finanziaria

179    La ricorrente sostiene che la riduzione dell’ammenda concessale in base al punto 35 degli orientamenti del 2006 sarebbe insufficiente per raggiungere l’obiettivo perseguito da detto punto, in considerazione del fatto che, nel settore in cui essa opera, esisterebbe un grave stato di crisi e che l’infrazione di cui trattasi non avrebbe avuto nessun impatto sul mercato. Essa ritiene che avrebbe dovuto ottenere una riduzione del 90% dell’importo dell’ammenda inflittale in base al punto 35 di detti orientamenti.

180    Il punto 35 degli orientamenti del 2006 prevede quanto segue:

«In circostanze eccezionali la Commissione può, a richiesta, tener conto della mancanza di capacità contributiva di un’impresa in un contesto sociale ed economico particolare. La Commissione non concederà alcuna riduzione di ammenda basata unicamente sulla constatazione di una situazione finanziaria sfavorevole o deficitaria. Una riduzione potrebbe essere concessa soltanto su presentazione di prove oggettive dalle quali risulti che l’imposizione di una ammenda, alle condizioni fissate dai presenti orientamenti, pregiudicherebbe irrimediabilmente la redditività economica dell’impresa e priverebbe i suoi attivi di qualsiasi valore».

181    A questo proposito, nei punti da 1356 a 1361 della decisione controversa la Commissione ha esposto le diverse ragioni che l’hanno indotta a ritenere che i dati finanziari forniti dalla ricorrente, nonché il contesto sociale nel quale essa agiva, giustificassero che l’importo dell’ammenda da imporle fosse ridotto a EUR 1 041 531, al fine di non pregiudicare seriamente la sua redditività economica.

182    Nel caso di specie, è giocoforza constatare che la ricorrente si limita a sostenere che la riduzione di cui essa ha goduto in applicazione del punto 35 degli orientamenti del 2006 è insufficiente, senza però avanzare né argomenti né prove del fatto che l’importo finale, pari a EUR 1 041 531, impostole dalla Commissione sarebbe eccessivo in considerazione della sua situazione finanziaria alla data di adozione della decisione controversa. Infatti, da un lato, l’argomento secondo cui il settore della rubinetteria sarebbe in crisi è un fattore che la Commissione ha già preso in considerazione nel suo calcolo, come si ricava dal punto 1359 della decisione controversa, senza che la ricorrente sviluppi nuovi argomenti che dimostrino che essa abbia commesso un errore di valutazione a tale riguardo. Dall’altro, l’argomento della ricorrente secondo il quale l’intesa sanzionatanon avrebbe avuto nessun effetto sul mercato in questione è comunque privo di collegamenti con l’esame, nell’ambito del punto 35 degli orientamenti del 2006, della questione dell’esistenza di un eventuale dovere della Commissione di ridurre l’ammenda in modo ancor più sostanzioso, tenuto conto della sua situazione finanziaria.

183    Alla luce di ciò, la ricorrente non ha dimostrato che la Commissione sia incorsa in un errore non diminuendo l’importo dell’ammenda a un livello inferiore a EUR 1 041 531 in forza del punto 35 degli orientamenti del 2006.

184    Pertanto, il quinto motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

185    Per quanto concerne le conseguenze da trarre con riferimento alla domanda diretta all’annullamento parziale della decisione controversa, in primo luogo, occorre respingerla per la parte concernente l’articolo 1, paragrafo 5, punto 15, della decisione controversa.

186    In secondo luogo, da un lato, posto che la Commissione ha correttamente concluso che la ricorrente ha commesso una violazione dell’articolo 101 TFUE, giustamente essa, in base all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 menzionato nel punto 1182 della decisione controversa, ha deciso di infliggere, con l’articolo 2, paragrafo 14, della stessa decisione, un’ammenda alla ricorrente. Pertanto, occorre respingere la domanda diretta all’annullamento parziale della decisione controversa in quanto diretta contro l’articolo 2, paragrafo 14, di detta decisione.

187    Dall’altro, posto che l’articolo 2, paragrafo 14, della decisione controversa stabilisce l’importo dell’ammenda da infliggere alla ricorrente e dato che, quale secondo capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale, in subordine, di sopprimere o ridurre l’importo dell’ammenda inflittale, quest’ultimo trarrà le conseguenze dall’errore, accertato nel precedente punto 172, per quanto concerne la determinazione di detto importo, in sede di esame di questo capo della domanda.

188    Dalle considerazioni svolte nei precedenti punti da 185 a 187 si evince che occorre respingere integralmente la domanda diretta all’annullamento parziale della decisione controversa.

 Sulla domanda, presentata in subordine, diretta alla soppressione o alla riduzione dell’importo dell’ammenda imposta alla ricorrente

189    In considerazione del secondo capo della domanda, mediante il quale la ricorrente chiede, in subordine, al Tribunale di sopprimere o ridurre l’importo dell’ammenda che le è stata imposta (v. il precedente punto 25) a un importo equivalente allo 0,3% del suo fatturato o a qualsiasi altro importo che detto giudice ritenga opportuno, è compito di quest’ultimo, nell’esercizio della sua competenza estesa anche al merito, esaminare, da un lato, le conseguenze dell’errore commesso dalla Commissione, esposto nel precedente punto 172, relativamente al calcolo dell’importo dell’ammenda imposta alla ricorrente e, dall’altro, gli altri argomenti che la ricorrente deduce a sostegno della sua domanda di soppressione o riduzione dell’ammenda.

190    A questo proposito è importante ricordare che, secondo la giurisprudenza, da un lato, nell’esercizio della sua competenza estesa anche al merito, il Tribunale deve effettuare la propria valutazione tenendo conto di tutte le circostanze del caso di specie e rispettando i principi generali del diritto dell’Unione, quali il principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza Romana Tabacchi/Commissione, punto 27 supra, punti 179 e 280) e il principio della parità di trattamento (sentenza della Corte del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P e C‑135/07 P, Racc. pag. I‑8681, punto 187).

191    Dall’altro, l’esercizio della competenza estesa anche al merito non equivale a un controllo d’ufficio. Di conseguenza, ad eccezione dei motivi di ordine pubblico che il giudice dell’Unione è tenuto a sollevare d’ufficio, quali l’assenza o l’insufficienza di motivazione della decisione controversa, spetta al ricorrente sollevare i motivi diretti avverso quest’ultima e produrre elementi di prova a sostegno di detti motivi (v., in tal senso, sentenza Chalkor/Commissione, punto 27 supra, punto 64).

192    Occorre peraltro ricordare che, benché gli orientamenti del 2006 non condizionino il giudizio sulla valutazione dell’ammenda da parte del giudice dell’Unione quando quest’ultimo statuisce in forza della sua competenza estesa anche al merito (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 27 luglio 2005, Brasserie nationale e a./Commissione, da T‑49/02 a T‑51/02, Racc. pag. II‑3033, punto 169), il Tribunale ritiene opportuno, nel caso di specie, ispirarsi ai medesimi per ricalcolare l’importo dell’ammenda, segnatamente per il fatto che essi consentono di prendere in considerazione tutti gli elementi rilevanti del caso di specie e di imporre ammende proporzionate all’insieme delle imprese che hanno partecipato all’infrazione accertata.

193    In primo luogo, occorre ricordare che, da un lato, nel precedente punto 172, il Tribunale ha constatato che, per determinare il moltiplicatore «importo supplementare» del 15% applicato alla ricorrente, la Commissione si è basata a torto sul motivo che, sostanzialmente, tutte le imprese destinatarie della decisione controversa avevano partecipato a un’infrazione unica, quando invece ciò non era avvenuto. Dall’altro, esso ha parimenti constatato che, come illustrato nel precedente punto 171, questo moltiplicatore non era sproporzionato rispetto a una scala compresa tra il 15 e il 25%.

194    Indubbiamente, è anche vero che il moltiplicatore «importo supplementare» del 15% è quello adottato dalla Commissione, come constatato nel precedente punto 167, per calcolare le ammende imposte alle imprese che hanno partecipato all’infrazione unica concernente tre sottogruppi di prodotti in sei Stati membri. Ebbene, quest’ultima costituisce un’infrazione più grave, a causa della sua estensione geografica e del numero di sottogruppi di prodotti interessati, rispetto a quella cui ha partecipato la ricorrente.

195    Tuttavia, il fatto che alle imprese che hanno partecipato all’infrazione unica concernente sei Stati membri e tre sottogruppi di prodotti si sarebbe dovuta infliggere un’ammenda calcolata in base a un moltiplicatore «importo supplementare» superiore a quello del 15%, adottato per sanzionare la ricorrente, non può però validamente giustificare il fatto che il Tribunale le imponga, in sede di esercizio della sua competenza estesa anche al merito, un’ammenda il cui importo non sia sufficientemente dissuasivo in considerazione della gravità dell’infrazione cui essa ha partecipato.

196    Alla luce di ciò, il Tribunale giudica adeguata la fissazione di un moltiplicatore «importo supplementare» del 15% per il fatto che la ricorrente ha partecipato all’esecuzione dell’intesa segreta sul solo territorio italiano.

197    In secondo luogo, per quanto concerne la domanda della ricorrente diretta a che il Tribunale riduca l’importo dell’ammenda a causa della sua situazione finanziaria, è giocoforza constatare che essa non è corredata di nessun argomento né di nessuna prova che consentano di ritenere che l’ammenda imposta dalla Commissione sia eccessiva in considerazione di detta situazione. Questa domanda, che non è comprovata, non può essere di conseguenza accolta.

198    Alla luce di ciò, da un lato, il Tribunale, in forza della sua competenza estesa anche al merito, giudica che nessun elemento invocato dalla ricorrente a qualsivoglia titolo nella presente causa né nessun motivo di ordine pubblico giustificano che esso faccia uso di detta competenza per sopprimere o ridurre l’importo dell’ammenda imposta dalla Commissione. Dall’altro, questo giudice riconosce che, tenuto conto del complesso degli elementi illustrati dinanzi ad esso, un’ammenda pari a EUR 1 041 531 costituisce, in considerazione della durata e della gravità dell’infrazione cui la ricorrente ha partecipato, una sanzione adeguata che consente di reprimere, in modo proporzionato e dissuasivo, il suo comportamento anticoncorrenziale.

199    Dal complesso delle considerazioni fin qui svolte, per quanto concerne la domanda, presentata in subordine, diretta alla soppressione o alla riduzione dell’importo dell’ammenda imposta alla ricorrente, nell’articolo 2, paragrafo 14, della decisione controversa, si ricava che, essendo tale importo identico a quello stabilito dal Tribunale, nel precedente punto 198, in forza della sua competenza estesa anche al merito, occorre respingere detta domanda.

 Sulle domande aggiuntive della ricorrente, dirette all’adozione di provvedimenti istruttori e alla designazione di un avvocato generale

200    In primo luogo, la ricorrente chiede, con la seconda parte del suo terzo motivo e nella memoria di replica, che il Tribunale adotti alcuni provvedimenti istruttori diretti a escutere come testimoni tre intermediari, operanti sul mercato italiano della rubinetteria, perché chiariscano le funzioni dei grossisti in Italia e le modalità di funzionamento di detto mercato e rispondano ai nove quesiti che essa formula.

201    Occorre constatare, senza che sia necessario pronunciarsi sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione a questo proposito, che le testimonianze richieste dalla ricorrente non sono tali, in ogni caso, da modificare la constatazione, contenuta nel precedente punto 129, che gli scambi di informazioni commerciali riservate, in particolare di previsioni in materia di aumenti di prezzo tra concorrenti, attuati in Italia in seno a Euroitalia, costituivano una violazione dell’articolo 101 TFUE.

202    Alla luce di ciò, il Tribunale ritiene che non occorra accogliere la domanda della ricorrente diretta all’adozione dei provvedimenti istruttori menzionati nel precedente punto 200 per i motivi illustrati nel punto precedente.

203    In secondo luogo, la ricorrente, tenuto conto della specificità e della particolarità dei problemi che devono essere trattati nel presente giudizio, chiede la designazione di un avvocato generale ai sensi degli articoli 18 e 19 del regolamento di procedura.

204    Secondo la giurisprudenza consolidata, la designazione di un avvocato generale costituisce una facoltà, e non un obbligo, il cui uso è subordinato ai criteri stabiliti dall’articolo 18 del regolamento di procedura, che sono, per la designazione di un avvocato generale, la difficoltà sotto il profilo giuridico o la complessità delle circostanze in fatto della causa (v., in tal senso, ordinanze del Tribunale del 14 dicembre 1992, Lenz/Commissione, T‑47/92, Racc. pag. II‑2523, punto 31, e del 10 luglio 2002, Comitato organizzatore del convegno internazionale/Commissione, T‑387/00, Racc. pag. II‑3031, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

205    In considerazione degli argomenti sollevati dalle parti, il Tribunale giudica che il presente ricorso non presenta né difficoltà specifiche sotto il profilo giuridico né una complessità particolare delle circostanze in fatto che giustifichino la designazione di un avvocato generale.

206    La domanda della ricorrente diretta alla designazione di un avvocato generale e, pertanto, le sue due domande aggiuntive devono essere respinte.

207    In considerazione del complesso delle conclusioni illustrate nei precedenti punti 188, 199 e 206, il ricorso dev’essere integralmente respinto.

 Sulle spese

208    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Mamoli Robinetteria SpA sopporterà le proprie spese nonché quelle della Commissione europea.

Pelikánová

Jürimäe

Van der Woude

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 settembre 2013.

Firme

Indice


Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sulla domanda, formulata in via principale, diretta all’annullamento parziale della decisione controversa

Sul primo motivo, relativo a violazioni derivanti dal mancato invio alla ricorrente della lettera di esposizione dei fatti e all’impossibilità per essa di consultare determinati documenti menzionati nella decisione controversa, concernenti la sua partecipazione alle pratiche anticoncorrenziali di cui trattasi

Sul secondo motivo, relativo all’illegittimità della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole

– Sulla ricevibilità dell’eccezione di illegittimità

– Nel merito

Sul terzo motivo, relativo ad errori collegati alla constatazione della partecipazione della ricorrente a un’intesa concernente il mercato italiano della rubinetteria

– Sulla prima parte, relativa ad errori nella valutazione del funzionamento del mercato e nella prova dell’esistenza di un’infrazione

– Sulla seconda parte, relativa all’esistenza di errori concernenti il ruolo dei grossisti e di Ideal Standard

Sul quarto motivo, relativo ad errori collegati alla sanzione imposta alla ricorrente e all’importo dell’ammenda

Sul quinto motivo, relativo a un errore di valutazione nell’importo della riduzione concessa alla ricorrente a causa della sua situazione finanziaria

Sulla domanda, presentata in subordine, diretta alla soppressione o alla riduzione dell’importo dell’ammenda imposta alla ricorrente

Sulle domande aggiuntive della ricorrente, dirette all’adozione di provvedimenti istruttori e alla designazione di un avvocato generale

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.


1 –      La presente sentenza costituirà oggetto di pubblicazione per estratto.