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Ricorso proposto il 7 ottobre 2022 – Austria/Commissione

(Causa T625/22)

Lingua processuale: il tedesco

Parti

Ricorrente: Repubblica d’Austria (rappresentanti: A. Posch, M. Klamert e F. Koppensteiner, nonché S. Lünenbürger, K. Reiter e M. Kottmannn, avvocati)

Resistente: Commissione europea

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare il regolamento delegato (UE) 2022/1214 della Commissione, del 9 marzo 2022, che modifica il regolamento delegato (UE) 2021/2139 per quanto riguarda le attività economiche in taluni settori energetici e il regolamento delegato (UE) 2021/2178 per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni specifiche relative a tali attività economiche, pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 15 luglio 2022, L 188, pagg. 1–45;

condannare la Commissione europea alle spese del procedimento.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce sedici motivi. I primi otto motivi riguardano l’energia nucleare e gli altri otto il gas fossile.

Motivi concernenti l’energia nucleare

Primo motivo: adottando il regolamento impugnato, la Commissione avrebbe violato i principi e le norme procedurali derivanti dal regolamento (UE) 2020/852  e dall’accordo interistituzionale «Legiferare meglio». La valutazione d’impatto e la consultazione pubblica sarebbero state erroneamente omesse. Il gruppo di esperti degli Stati membri e la piattaforma non sarebbero stati sufficientemente coinvolti. Inoltre mancherebbe la valutazione della compatibilità del regolamento impugnato con gli obiettivi della normativa europea sul clima, come richiesta dall’articolo 6, paragrafo 4, di detta legge.1

Secondo motivo: il regolamento impugnato violerebbe l’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2020/852. La disposizione sarebbe applicabile fin dall’inizio solamente alle attività di transizione ad elevata intensità di carbonio e, pertanto, non riguarderebbe l’energia nucleare a bassa emissione di carbonio. In ogni caso, l’energia nucleare non soddisferebbe i requisiti specifici dell’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2020/852. A tale riguardo, il regolamento impugnato sarebbe quanto meno viziato da una carenza di esame e di motivazione. In proposito violerebbe anche l’articolo 19, paragrafo 1, lettere f) e g) del regolamento (UE) 2020/852 e il principio di precauzione sancito dal diritto primario.

Terzo motivo: la classificazione dell’energia nucleare come ecosostenibile violerebbe il principio «non arrecare un danno significativo» di cui all’articolo 17 e all’articolo 19, paragrafo 1, lettere f) e g), del regolamento (UE) 2020/852, nonché il principio di precauzione previsto dal diritto primario. La Commissione non raggiungerebbe il livello di protezione richiesto dal regolamento suddetto e i requisiti di prova. Essa misconoscerebbe i rischi di un significativo pregiudizio arrecato a diversi obiettivi ambientali protetti attraverso gravi incidenti ai reattori e rifiuti radioattivi ad alta attività. Inoltre non sarebbe esclusa con sufficiente certezza una significativa compromissione dell’obiettivo ambientale concernente l’adattamento ai cambiamenti climatici. Verrebbe altresì violato il requisito della valutazione del ciclo di vita. Il regolamento impugnato soffre quantomeno di carenze di esame e di motivazione per quanto riguarda i punti succitati.

Quarto motivo: i criteri di vaglio tecnico stabiliti nel regolamento impugnato non sarebbero in grado di escludere significativi pregiudizi agli obiettivi ambientali. Essi violerebbero il principio «non arrecare un danno significativo» di cui all’articolo 17 e all’articolo 19, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (UE) 2020/852 e il principio di precauzione previsto dal diritto primario. Anche a questo proposito, il livello di protezione e i requisiti di prova sarebbero misconosciuti, non solo per quanto concerne i gravi incidenti ai reattori e i rifiuti radioattivi ad alta attività, ma anche con riguardo al normale funzionamento. Una significativa compromissione dell’obiettivo ambientale riguardante l’adattamento ai cambiamenti climatici non sarebbe esclusa con sufficiente certezza. Inoltre, i criteri di vaglio tecnico di cui all’allegato II del regolamento impugnato non equivarrebbero a quelli previsti nell’allegato I, senza che ciò sia giustificato. Per quanto attiene ai criteri di vaglio tecnico, il regolamento impugnato presenterebbe quanto meno delle carenze di esame e di motivazione.

Quinto motivo: classificando l’energia nucleare come contributo sostanziale all’adattamento ai cambiamenti climatici, il regolamento impugnato violerebbe gli articoli 11 e 19, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (UE) 2020/852 e il principio di precauzione.

Sesto motivo: il regolamento impugnato violerebbe l’articolo 19, paragrafo 1, lettera k), del regolamento (UE) 2020/852 e i criteri di vaglio tecnico non soddisferebbero il requisito delle semplici applicabilità e verificabilità.

Settimo motivo: a causa della frammentazione del mercato insita nella classificazione dell’energia nucleare come ecosostenibile, il regolamento impugnato violerebbe la finalità del regolamento (UE) 2020/852 e l’esigenza di preservarne l’efficacia pratica.

Ottavo motivo: l’interpretazione del regolamento (UE) 2020/852 posta alla base del regolamento impugnato, secondo cui il legislatore dell’Unione avrebbe lasciato aperta la questione con rimando alla Commissione, violerebbe la riserva degli elementi essenziali ai sensi dell’articolo 290 TFUE. Quest’ultima richiederebbe l’adozione di una decisione da parte dello stesso legislatore dell’Unione sull’inclusione dell’energia nucleare nella tassonomia. Il legislatore avrebbe soddisfatto tale requisito, oltre ad escludere la classificazione dell’energia nucleare come ecosostenibile.

Motivi concernenti il gas fossile

Primo motivo: per quanto riguarda le attività economiche relative al gas fossile, la Commissione, nell’adottare il regolamento impugnato, avrebbe violato i principi e le norme procedurali derivanti dal regolamento (UE) 2020/852 e dall’accordo interistituzionale «Legiferare meglio». Le osservazioni sull’energia nucleare si applicherebbero mutatis mutandis.

Secondo motivo: il regolamento impugnato violerebbe l’articolo 10, paragrafo 2, e l’articolo 19, paragrafo 1, lettere f) e g), del regolamento (UE) 2020/852, nonché il principio di precauzione sancito dal diritto primario, almeno nella misura in cui prevedrebbe valori limite di 270 g CO2 e/kWh e una media annua di 550 kg CO2 e/kW nell’arco di 20 anni per le attività relative al gas fossile. Il regolamento impugnato si baserebbe su un’illegittima attenuazione della condizione secondo cui non dovrebbero sussistere alternative tecnologicamente ed economicamente praticabili alle attività di transizione ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2020/852. Per di più, i valori limite non sarebbero in linea con l’obiettivo di 1,5°C previsto dall’accordo di Parigi sul clima, nonché con gli obiettivi climatici dell’Unione. Poiché detti valori si ricollegherebbero unicamente alle emissioni di gas serra, anche il requisito della valutazione del ciclo di vita risulterebbe violato. I valori limite non corrisponderebbero altresì alla migliore prestazione del settore o dell’industria, ostacolerebbero lo sviluppo di alternative a basse emissioni di carbonio e comporterebbero una dipendenza [da attivi] inammissibile. A tale riguardo, il regolamento impugnato sarebbe quanto meno viziato da carenze di esame e di motivazione.

Terzo motivo: l’inclusione del valore limite di 270 g e 550 kg nel regolamento impugnato violerebbe il principio di neutralità tecnologica di cui all’articolo 19, paragrafo 1, lettere a) e j), del regolamento (UE) 2020/852 e il divieto di discriminazione.

Quarto motivo: il regolamento impugnato violerebbe il principio «non arrecare un danno significativo» di cui all’articolo 17 e all’articolo 19, paragrafo 1, lettere f) e g), del regolamento (UE) 2020/852, nonché il principio di precauzione previsto dal diritto primario. A causa dei valori limite di 270 g e 550 kg, oltre a mancare un contributo significativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici, questa verrebbe anche notevolmente compromessa.

Quinto motivo: nella misura in cui classifica il gas fossile come contributo sostanziale all’adattamento ai cambiamenti climatici, il regolamento impugnato violerebbe l’articolo 11 e l’articolo 19, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (UE) 2020/852, nonché il principio di precauzione.

Sesto motivo: il regolamento impugnato violerebbe l’articolo 19, paragrafo 1, lettera i), del regolamento (UE) 2020/852. Alla luce della crescente pressione economica sul gas fossile quale fonte energetica, la sua inclusione nella tassonomia comporterebbe quanto meno un rischio significativo di creare attivi privi di valore.

Settimo motivo: il regolamento impugnato violerebbe l’articolo 19, paragrafo 1, lettera k), del regolamento (UE) 2020/852. Relativamente al gas fossile, i criteri di vaglio tecnico non soddisferebbero il requisito delle semplici applicabilità e verificabilità.

Ottavo motivo: a causa della frammentazione del mercato insita nella classificazione del gas fossile come ecosostenibile, il regolamento impugnato violerebbe la finalità del regolamento (UE) 2020/852 e l’esigenza di preservarne l’efficacia pratica.

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1 Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2020, relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088 (GU 2020, L 198, pag. 13).