Language of document : ECLI:EU:C:2013:336

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 29 maggio 2013 (1)

Causa C‑133/12 P

Stichting Woonlinie,

Stichting Allee Wonen,

Woningstichting Volksbelang,

Stichting WoonInvest,

Stichting Woonstede

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Sistema di aiuti concessi dal Regno dei Paesi Bassi a favore delle società di edilizia residenziale sociale – Decisione che rende obbligatori gli impegni assunti dalle autorità olandesi per conformarsi al diritto dell’Unione – Decisione che dichiara il sistema compatibile con il mercato interno – Articolo 263, quarto comma, TFUE – Nozione di “atto regolamentare che riguarda direttamente una persona fisica o una persona giuridica e che non comporta alcuna misura d’esecuzione”»






I –    Introduzione

1.        La controversia considerata ha ad oggetto l’impugnazione proposta dalle società di edilizia residenziale («woningcorporaties», in prosieguo: le «wocos») Stichting Woonlinie, Stichting Allee Wonen, Woningstichting Volksbelang, Stichting WoonInvest e Stichting Woonstede contro l’ordinanza del Tribunale dell’Unione europea del 16 dicembre 2011, Stichting Woonlinie e a./Commissione (T‑202/10, in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»).

2.        Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale ha dichiarato irricevibile il loro ricorso diretto a ottenere l’annullamento della decisione C (2009) 9963 def. della Commissione, del 15 dicembre 2009, relativa ai regimi di aiuti E 2/2005 e N 642/2009 (Paesi Bassi) – Aiuto esistente e aiuto specifico per progetti ad imprese operanti nel settore dell’edilizia residenziale sociale (in prosieguo: la «decisione controversa»). Il Tribunale ha considerato che la decisione controversa, nella parte concernente l’aiuto esistente E 2/2005 (la sola parte della decisione impugnata dalle ricorrenti), riguardasse queste ultime allo stesso modo di ogni altro operatore economico che si trovava effettivamente o potenzialmente in una situazione identica e che la loro qualifica di wocos, definita in funzione di criteri obiettivi, non fosse sufficiente per stabilire che erano individualmente interessate.

3.        Nell’ordinanza impugnata il Tribunale si è quindi limitato a esaminare la sola condizione dell’incidenza individuale come prevista nell’ex articolo 230, quarto comma, CE. Orbene, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (precedente alla decisione controversa), è stata accordata una terza possibilità alle persone fisiche o alle persone giuridiche che intendono agire per l’annullamento. L’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE le autorizza ora ad agire per l’annullamento contro gli atti regolamentari che le riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione.

4.        Dato che la ricevibilità di un ricorso proposto in base all’articolo 263 TFUE ricade nella sfera dell’ordine pubblico, nelle presenti conclusioni proporrò alla Corte di esaminare l’applicabilità al caso di specie dell’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE. Evidenzierò anche come il Tribunale abbia commesso un errore di diritto omettendo detta verifica. Inviterò quindi la Corte a statuire in modo definitivo sulla suddetta questione, a dichiarare il ricorso ricevibile e a rinviare, quanto al resto, la causa dinanzi al Tribunale affinché statuisca nel merito (2).

II – Fatti

5.        Le ricorrenti sono delle wocos con sede nei Paesi Bassi. Si tratta di enti senza scopo di lucro che hanno il compito di procedere all’acquisto, alla costruzione e alla concessione in locazione di abitazioni destinate prevalentemente a persone svantaggiate o a gruppi socialmente svantaggiati. Le wocos svolgono anche altre attività quali, ad esempio, la costruzione e la concessione in locazione di appartamenti a canoni più elevati, la costruzione di appartamenti destinati alla vendita e la costruzione, nonché la concessione in locazione di immobili di interesse generale.

6.        Nel 2002 le autorità olandesi hanno notificato alla Commissione europea il sistema generale di aiuti di Stato destinati alle wocos. Dal momento che la Commissione aveva ritenuto che le misure di finanziamento delle wocos potevano essere qualificate come aiuti esistenti, le autorità olandesi hanno ritirato la loro notifica.

7.        Tuttavia, il 14 luglio 2005, la Commissione ha inviato alle autorità olandesi una lettera a norma dell’articolo 17 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [88 CE] (GU L 83, pag. 1), con cui sollevava dubbi circa la compatibilità dell’aiuto E 2/2005 con il mercato interno. In via preliminare la Commissione vi indicava che le autorità olandesi dovevano ridefinire la missione di servizio pubblico affidata alle wocos al fine di riservare l’edilizia residenziale sociale a un gruppo di destinatari chiaramente definito composto da persone svantaggiate o da gruppi socialmente svantaggiati. Essa aggiungeva che tutte le attività commerciali delle wocos dovevano essere esercitate a condizioni di mercato e che esse non potevano beneficiare di aiuti di Stato. Infine, secondo la Commissione, l’offerta di alloggi sociali doveva essere adattata alla domanda da parte di persone svantaggiate e di gruppi socialmente svantaggiati.

8.        A seguito dell’invio di detta lettera, la Commissione e le autorità olandesi hanno avviato trattative volte a rendere il regime di aiuti controverso conforme all’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.

9.        Il 16 aprile 2007, l’Associazione degli investitori immobiliari istituzionali del Regno dei Paesi Bassi (Vereniging van Institutionele Beleggers in Vastgoed, Nederland) ha depositato davanti alla Commissione una denuncia relativa al regime di aiuti accordato alle wocos. Nel giugno 2009 la Vesteda Groep BV si è associata a tale denuncia.

10.      Con lettera del 3 dicembre 2009, le autorità olandesi si sono impegnate a modificare il sistema generale di aiuti di Stato a favore delle wocos e hanno inviato alla Commissione numerose proposte conformi a detti impegni.

11.      Su tale base, esse hanno adottato nuove norme che sono state oggetto di un nuovo decreto ministeriale e di una nuova legge sull’edilizia residenziale la cui entrata in vigore era stata fissata, rispettivamente, per il 1° gennaio 2010 e il 1° gennaio 2011.

12.      Riguardo alla compatibilità del nuovo sistema di finanziamento delle wocos come proposto dalle autorità olandesi, la Commissione ha concluso, al punto 72 della motivazione della decisione controversa, che «gli aiuti concessi per le attività di edilizia residenziale sociale, ossia legati alla costruzione e alla concessione in locazione di abitazioni destinate a privati, ivi compresa la costruzione e la manutenzione di infrastrutture ausiliarie, (…) sono compatibili con l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE». La Commissione ha quindi accettato gli impegni assunti dalle autorità olandesi e ha adottato la decisione controversa.

III – Il procedimento dinanzi al Tribunale e l’ordinanza impugnata

13.      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 aprile 2010, le ricorrenti hanno presentato, a norma dell’articolo 263 TFUE, un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa nella parte concernente l’aiuto E 2/2005.

14.      A sostegno dell’impugnazione le ricorrenti hanno dedotto diversi motivi. La Commissione ha tuttavia contestato la ricevibilità del loro ricorso affermando che le ricorrenti non erano individualmente interessate dalla decisione controversa ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Il Tribunale ha quindi deciso di pronunciarsi in via preliminare su detto aspetto.

15.      Il Tribunale ha constatato che le ricorrenti non erano destinatarie della decisione controversa nella parte in cui riguarda l’aiuto E 2/2005. A questo proposito esso ha, in primo luogo, ricordato la giurisprudenza costante secondo cui un’impresa non può essere ammessa a impugnare una decisione della Commissione che vieta un regime di aiuti di settore se essa è interessata da tale decisione solo nella sua qualità di appartenente a tale settore e di potenziale beneficiaria di detto regime. Il Tribunale ha, in secondo luogo, ritenuto che lo stesso valeva con riguardo a un ricorso volto a ottenere l’annullamento di una decisione con cui la Commissione, prendendo atto degli impegni assunti dalle autorità nazionali, dichiara il regime di aiuti così modificato compatibile con il mercato interno.

16.      Nella fattispecie, il Tribunale ha constatato, da un lato, ai punti 29 e 30 dell’ordinanza impugnata, che la qualifica di wocos era riconosciuta in funzione di criteri obiettivi che possono essere soddisfatti da un numero imprecisato di operatori. Dall’altro, esso ha ricordato, al punto 31 di detta ordinanza, che le wocos potevano essere soltanto beneficiarie potenziali delle misure di aiuti poiché l’esame della Commissione «costituiva un esame preliminare» del regime di aiuti modificato in seguito agli impegni assunti dalle autorità nazionali.

17.      Il Tribunale ne ha dedotto che la sola qualifica di wocos non permetteva di considerare i suddetti operatori come individualmente interessati dalla decisione controversa nella parte concernente l’aiuto E 2/2005 e ha dichiarato il ricorso irricevibile.

IV – L’impugnazione

18.      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 9 marzo 2012, le ricorrenti hanno proposto la presente impugnazione. Esse chiedono alla Corte di annullare, integralmente o parzialmente, l’ordinanza impugnata e di rinviare la causa dinanzi al Tribunale. Esse chiedono altresì che la Commissione sia condannata al pagamento delle spese.

19.      A sostegno del ricorso, le ricorrenti fanno valere due motivi:

–        con il loro primo motivo le ricorrenti affermano che l’ordinanza impugnata è viziata da un errore di diritto, da una valutazione inesatta dei fatti rilevanti e da un difetto di motivazione poiché subordina la ricevibilità del ricorso soltanto alla circostanza che esse siano beneficiarie effettive o potenziali delle misure esistenti, e

–        con il loro secondo motivo esse contestano al Tribunale d’aver commesso un errore di diritto ritenendo che esse non appartenessero a una cerchia chiusa di società di edilizia residenziale sociale esistenti beneficiarie dell’aiuto E 2/2005.

20.      Nelle loro risposte ai quesiti della Corte le ricorrenti precisano che, quand’anche non potessero essere considerate come individualmente interessate dalla decisione controversa, esse possono tuttavia chiederne l’annullamento in quanto essa costituisce un atto regolamentare che le riguarda direttamente e non comporta misure d’esecuzione.

A –    Applicabilità dell’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE

21.      Nell’esaminare la ricevibilità del ricorso il Tribunale si è limitato a constatare che le ricorrenti non erano le destinatarie della decisione controversa e che non ne erano individualmente interessate.

22.      Osservo che il Tribunale non ha verificato se la decisione controversa fosse un atto regolamentare che riguardava direttamente le ricorrenti e che non comportava alcuna misura d’esecuzione. In altri termini, il Tribunale non ha analizzato l’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE nella parte in cui introduce una nuova modalità di ricorso.

23.      Sebbene sia vero che le ricorrenti in prima persona non avevano sollevato detta questione dinanzi al Tribunale (nemmeno nel loro ricorso di impugnazione), tale aspetto riguarda la ricevibilità di un ricorso proposto sulla base dell’articolo 263 TFUE e rientra nella sfera dell’ordine pubblico. La Corte deve quindi esaminarlo d’ufficio (3), e le parti sono state invitate a esprimersi al riguardo all’udienza che si è tenuta il 17 aprile 2013.

1.      La terza possibilità prevista dall’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE

24.      L’articolo 263, quarto comma, TFUE stabilisce ormai quanto segue: «Qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione» (4).

25.      Il singolo può quindi ormai agire per l’annullamento senza dover dar prova di essere individualmente interessato ma a condizione che l’atto di cui trattasi sia un atto regolamentare che lo riguarda direttamente e che non comporta misure d’esecuzione.

a)      Un atto regolamentare

26.      Secondo l’ordinanza del Tribunale del 6 settembre 2011, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (T‑18/10, Racc. pag. II‑5599), non tutti gli atti di portata generale possono essere qualificati come «atti regolamentari» ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Sarebbe questo il caso degli atti legislativi.

27.      Partendo da tale presupposto e considerato che il Trattato di Lisbona ha utilizzato, all’articolo 289, paragrafo 3, TFUE, un criterio puramente procedurale per definire gli atti legislativi (5), il Tribunale ha limitato gli atti regolamentari ai soli atti di portata generale che non sono adottati mediante procedura legislativa.

28.      Tale ordinanza del Tribunale è stata oggetto di impugnazione (6). Benché la Corte non si sia ancora pronunciata, l’avvocato generale Kokott conferma nelle sue conclusioni l’interpretazione del Tribunale (7).

29.      Pur potendo condividere molte delle argomentazioni di carattere storico o testuale esposte dall’avvocato generale Kokott, non ritengo che dall’utilizzo dei termini «atti legislativi», al primo comma dell’articolo 263 TFUE, si possa desumere un significato contrario, tra gli atti di portata generale, all’espressione «atto regolamentare» di cui al quarto comma, di tale articolo. L’opposto di un atto legislativo non è, infatti, necessariamente l’atto regolamentare, ma sarebbe piuttosto l’atto di esecuzione, denominazione espressamente impiegata nell’articolo 291 TFUE (8).

30.      Peraltro, per qualificare gli atti che non sono legislativi, il Trattato FUE non ricorre al termine «regolamentare», ma parla, all’articolo 297, paragrafo 2, TFUE di «atti non legislativi».

31.      In ogni caso, la suddetta interpretazione, lungi dall’essere sostenuta in modo unanime dalla dottrina, non mi sembra rispondere alle preoccupazioni che hanno portato alla modifica dell’articolo 230 CE. Il paradosso più emblematico a questo proposito risiede senza dubbio nel fatto che, aderendo all’interpretazione restrittiva proposta dal Tribunale, la causa Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio (9) si concluderebbe di nuovo nel senso dell’irricevibilità dell’impugnazione benché sia stata essa stessa a provocare la riforma.

32.      Non si può credere d’altronde, come ritengono taluni autori favorevoli all’interpretazione restrittiva, che la questione pregiudiziale costituisca sempre un meccanismo sufficiente per garantire una tutela giurisdizionale effettiva. Se così fosse, non ci sarebbe stato motivo di modificare l’articolo 230 CE, i cui inconvenienti continueranno a sussistere per definizione ove si ritenga che gli atti legislativi siano esclusi dal quarto comma dell’articolo 263 TFUE.

33.      Taluni affermano, tuttavia, che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE avrebbe colmato le lacune esistenti. Ciò non corrisponde affatto al vero. L’articolo in parola è infatti soltanto la consacrazione formale di un principio enunciato, nei medesimi termini, dalla Corte stessa nella sua sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit. (10). L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE non ha quindi aggiunto alcunché al diritto esistente. Ancora una volta, se fosse stato così, la modifica dell’ex articolo 230 CE sarebbe stata inutile.

34.      Infine, a mio avviso, l’obbligo di cooperazione leale non può spingersi al punto di imporre agli Stati membri di garantire un accesso al giudice nazionale benché non si discuta di un atto dello Stato. È d’altronde sorprendente vedere come, tra coloro che invocano l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE per imporre agli Stati l’obbligo di garantire ai singoli una protezione giurisdizionale effettiva, taluni non esitino a segnalare, d’altra parte, la mancanza, nella maggioranza degli Stati membri, di ricorsi nazionali contro gli atti legislativi statali per legittimare l’eguale mancanza al livello dell’Unione. Non è un paradosso considerare normale che il Trattato non autorizzi i singoli ad agire contro gli atti legislativi dell’Unione sulla base del fatto che la maggior parte degli Stati non ammette tale azione nei confronti delle proprie leggi, salvo imporre a detti Stati membri di prevedere una siffatta azione, seppur in maniera indiretta, per gli atti dell’Unione?

35.      Non mi sembra peraltro ragionevole ritenere che la tutela giurisdizionale diverrebbe effettiva se fosse teoricamente possibile, per un singolo, interrogare l’amministrazione nazionale in merito all’applicabilità di un atto normativo dell’Unione alla sua situazione personale e questo nella speranza di ricevere una risposta che egli potrebbe impugnare dinanzi a un giudice legittimato, a sua volta, ad agire in via pregiudiziale. Come non dubitare della reale effettività di simili costruzioni teoriche fondate su un atto la cui unica ragion d’essere è la sua impugnabilità e che appare così del tutto artificioso? Inoltre, cosa accadrebbe se l’autorità nazionale si astenesse dal rispondere?

36.      Ricordo che la Corte ha negato che fosse garantita la tutela giurisdizionale effettiva in un caso in cui il singolo non aveva altra scelta che infrangere il diritto per spingere l’autorità nazionale competente ad adottare un atto di esecuzione che lo avrebbe indotto a doversi difendere dinanzi a un giudice legittimato a sollevare una questione pregiudiziale (11). Quali ragioni giustificherebbero un diverso trattamento nei casi in cui l’autorità nazionale non è tenuta, in linea di principio, ad adottare nessun atto?

37.      L’interpretazione dell’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE escludendo gli atti legislativi mi sembra pertanto troppo restrittiva e non risponde alle ragioni che hanno giustificato la modifica dell’articolo 230, quarto comma, CE.

38.      Questa constatazione mi induce quindi a privilegiare un’altra interpretazione della nozione di atto regolamentare ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE. A mio avviso, l’atto regolamentare dovrebbe essere interpretato come un atto di portata generale, legislativo o meno.

b)      Che riguarda direttamente il ricorrente

39.      Mentre il requisito dell’interesse individuale scompare dalla terza ipotesi di ricorso di annullamento, quello legato all’incidenza diretta è stato mantenuto. La sua portata non sembra destare difficoltà: la nozione di interesse diretto è la stessa nella seconda e nella terza ipotesi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE (12).

40.      Questo significa quindi, secondo la giurisprudenza costante relativa all’articolo 263, quarto comma, TFUE, che una persona fisica o giuridica è direttamente interessata da un atto dell’Unione qualora esso produca «direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari del provvedimento incaricati della sua applicazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa [dell’Unione] senza intervento di altre norme intermedie» (13).

41.      La Corte ha altresì avuto occasione di precisare, a questo proposito, che l’assenza di potere discrezionale in capo agli Stati annulla l’apparente mancanza di collegamento diretto tra l’atto dell’Unione e il cittadino. In altre parole, per negare l’incidenza diretta, il margine di discrezionalità del soggetto che compie l’atto intermedio volto a dare attuazione all’atto dell’Unione non può essere meramente formale. Esso deve costituire la fonte dell’interesse giuridico del ricorrente (14).

c)      Che non comporta alcuna misura d’esecuzione

42.      Resta quindi da stabilire la portata dell’ultimo membro della frase di cui al quarto comma, in fine, dell’articolo 263, TFUE, relativa all’assenza di misure d’esecuzione. Si tratta di una terza condizione o di una semplice spiegazione dell’incidenza diretta?

43.      Ad oggi, la Corte non ha ancora avuto occasione di pronunciarsi. Da parte sua, il Tribunale ha ritenuto che una decisione della Commissione che dichiara un aiuto illegale e ne ordina il recupero «non può essere qualificata come atto che non contempla misure di esecuzione [poiché] l’articolo 6, paragrafo 2, della decisione impugnata menziona l’esistenza di “misure nazionali adottate per l’attuazione [di essa] fino al recupero integrale dell’aiuto concesso nell’ambito del regime [contestato]”. L’esistenza stessa di dette misure di recupero, che costituiscono misure di esecuzione, giustifica il fatto che la decisione impugnata sia considerata come atto che contempla misure di esecuzione. Tali misure, infatti, potranno essere contestate dinanzi al giudice nazionale dai loro destinatari» (15).

44.      Nell’ambito della suddetta causa, il Tribunale ha quindi negato alla società ricorrente il diritto di agire per annullamento sulla base dell’ampliamento previsto dal Trattato di Lisbona, in considerazione del fatto che sussisterebbero, a suo avviso, necessariamente misure di attuazione nazionali.

45.      Ritengo che una simile interpretazione riduca eccessivamente gli effetti dell’integrazione apportata dall’articolo 263, quarto comma, TFUE all’ex articolo 230 CE poiché è sempre possibile immaginare una qualche misura d’esecuzione nazionale di un atto regolamentare dell’Unione quale una pubblicazione, una notifica, una conferma o un richiamo. Orbene, se si segue l’interpretazione del Tribunale, queste semplici formalità, che possono essere imprevedibili o facoltative, dovrebbero portare a escludere l’applicazione del suddetto articolo.

46.      Una simile interpretazione mi sembra, peraltro, contraria all’obiettivo perseguito dagli estensori del Trattato. Come ha ricordato l’avvocato generale Kokott nella causa Telefónica/Commissione, «[c]on l’aggiunta riguardante le “misure di esecuzione” l’estensione del diritto di ricorso dovrebbe essere limitata ai casi in cui un singolo “deve prima infrangere la legge per poter poi adire un organo giurisdizionale”» (16).

47.      Concordo ancora con l’opinione dell’avvocato generale Kokott a detta del quale «il requisito di un atto regolamentare relativo a misure d’esecuzione deve essere interpretato nel senso che l’atto (...) produca i suoi effetti direttamente per il singolo senza che siano necessarie misure d’esecuzione» (17). Orbene, si tratta di una definizione identica a quella dell’incidenza diretta (18).

48.      Ritengo quindi che occorra escludere i termini «misure d’esecuzione» impiegati all’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE dalla sfera nazionale per circoscriverli al diritto dell’Unione o, in ogni caso, escludere da detta nozione le misure adottate dalle autorità nazionali in assenza di poteri discrezionali. Infatti, come si è spiegato in precedenza, la mancanza di margine di discrezionalità degli Stati membri annulla l’apparente mancanza di collegamento diretto tra l’atto dell’Unione e il cittadino.

49.      In conclusione, ritengo che la condizione connessa alla mancanza di misure d’esecuzione sia soltanto una ripetizione dell’incidenza diretta (19).

50.      Questa interpretazione mi sembra tanto più pertinente in materia di aiuti di Stato quanto, in linea con una giurisprudenza costante, la soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero è la logica conseguenza dell’accertamento della sua illegittimità (20). Il solo mezzo di difesa che uno Stato membro può opporre al ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione sulla base dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, è quello dell’impossibilità assoluta di dare correttamente esecuzione alla decisione di cui trattasi (21). Le misure di recupero adottate dagli Stati membri sarebbero quindi in qualche modo soltanto conseguenze necessarie della decisione controversa.

51.      L’interpretazione proposta presenta il vantaggio di concentrare tutto il contenzioso in materia di aiuti di Stato dinanzi ai giudici dell’Unione europea. Una tale concentrazione offre a mio avviso due ordini di vantaggi. Da un lato, eliminando la questione dell’incidenza individuale e autorizzando in questo modo i potenziali beneficiari di un aiuto o i concorrenti dell’impresa beneficiaria dell’aiuto a contestare la decisione della Commissione direttamente davanti alla Corte, essa incrementa la certezza del diritto. Essa elimina infatti l’incertezza legata alla giurisprudenza TWD Textilwerke Deggendorf che imponeva di risolvere preliminarmente la questione dell’incidenza individuale a pena di vedersi opporre l’irricevibilità di una questione pregiudiziale (22). Dall’altro, essa elimina la necessità di introdurre un procedimento nazionale per arrivare dinanzi alla Corte mediante una questione pregiudiziale. In altre parole, essa autorizza una procedura più diretta e quindi più efficace, più rapida e più economica.

52.      Mi chiedo infine, in termini più generali, quale utilità avrebbe distinguere la condizione dell’incidenza diretta dalla precisazione concernente la mancanza di misure d’esecuzione. Come si può, infatti, immaginare che un singolo possa essere leso da un atto dell’Unione che necessita di una reale misura d’esecuzione, europea o nazionale, quando, secondo una giurisprudenza costante della Corte, per interessare direttamente un singolo, l’atto dell’Unione deve produrre «direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo (...) [dal momento che] (...) [la] sua applicazione (...) deriva dalla sola normativa comunitaria senza intervento di altre norme intermedie» (23)?

2.      Applicazione al caso di specie

53.      La decisione controversa è una decisione della Commissione che dichiara due regimi d’aiuto (un regime di aiuti esistente e un regime di aiuti nuovo) compatibili con l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE e con il mercato interno.

54.      Nella parte della decisione controversa oggetto del ricorso, la Commissione ha esaminato la compatibilità dell’aiuto E 2/2005 relativo al sistema di finanziamento delle wocos come modificato a seguito degli impegni assunti dalle autorità olandesi.

55.      Occorre quindi stabilire se detto atto, diretto dalla Commissione al Regno dei Paesi Bassi sia, da un lato, un atto regolamentare, e se, dall’altro, esso riguardi direttamente, senza misure d’esecuzione, le ricorrenti.

a)      La decisione della Commissione è un atto regolamentare?

56.      Benché sia pacifico che la decisione controversa è stata adottata al termine di una procedura non legislativa, la Commissione contesta la portata generale dell’atto. Essendo stato indirizzato soltanto al Regno dei Paesi Bassi, detto atto potrebbe avere una portata solo individuale.

57.      La questione della portata di una decisione diretta a uno Stato membro è stata recentemente esaminata in modo approfondito e pertinente dall’avvocato generale Kokott nella citata causa Telefónica/Commissione (24).

58.      Condivido la sua opinione secondo cui detta tipologia di decisione costituisce una particolarità poiché gli Stati membri incorporano anche un ordinamento giuridico nazionale e le decisioni a loro dirette sono obbligatorie per tutti i loro organi. Riprendendo le parole dell’avvocato generale Kokott: «Le decisioni rivolte a uno Stato membro, sebbene abbiano soltanto un unico destinatario, possono dunque incidere sull’ordinamento nazionale e, in tal modo, avere portata generale» (25).

59.      La Corte stessa ha d’altro canto già riconosciuto, in taluni casi, portata generale a questo tipo di decisioni (26), in particolare in materia di aiuti di Stato. Secondo una giurisprudenza costante, ricordata anche dal Tribunale nell’ordinanza impugnata, una decisione della Commissione che vieta un regime di aiuti è considerata in effetti dai potenziali beneficiari del regime d’aiuto come un provvedimento di portata generale che si applica a situazioni determinate obiettivamente e comporta effetti giuridici nei confronti di una categoria di persone considerate in modo generale e astratto. La decisione della Commissione ha così, per i potenziali beneficiari del regime d’aiuto, il carattere di una misura di «portata generale» (27). Si tratta proprio della ragione per cui questi beneficiari non sono considerati, in linea di principio, come interessati individualmente. Nella fattispecie ritengo che lo stesso ragionamento possa essere applicato a una decisione adottata dalla Commissione sulla base dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 con cui quest’ultima prende atto degli impegni assunti dalle autorità nazionali e dichiara compatibili con il mercato interno le modifiche apportate a un regime d’aiuti esistente.

60.      Dal momento che il regime d’aiuti modificato intende applicarsi a situazioni determinate obiettivamente e comporta effetti giuridici nei confronti di una categoria di persone considerate in modo generale e astratto, lo stesso ragionamento vale anche per la decisione della Commissione che lo autorizza. Contrariamente all’opinione espressa dalla Commissione, non vedo, a questo proposito, la ragione per la quale si dovrebbe distinguere tra le decisioni che autorizzano un regime di aiuti e quelle che lo vietano.

61.      Di conseguenza, che si aderisca all’interpretazione estensiva o a quella restrittiva della nozione di atto regolamentare, la decisione controversa, in quanto atto di portata generale adottato secondo una procedura non legislativa, soddisfa la prima condizione prevista dall’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE.

b)      Le ricorrenti sono interessate direttamente, senza misure d’esecuzione?

62.      Nella sua risposta al quesito scritto la Commissione indica che, per dare effetto alla decisione controversa, sono necessarie misure di esecuzione. Essa si riferisce non soltanto al decreto ministeriale e alla legge indicati al punto 41 della decisione controversa, ma richiama anche un regolamento temporaneo del 3 novembre 2010 sui servizi di interesse economico generale forniti dalle società di edilizia residenziale autorizzate (pubblicato nel Nederlandse Staatscourant n. 17515 dell’8 novembre 2010).

63.      L’esistenza di misure d’esecuzione non può essere negata. Esse sono intrinseche alla procedura relativa ai regimi d’aiuto esistenti come prevista dal regolamento n. 659/1999. Il paragrafo 1 dell’articolo 19 precisa infatti espressamente che quando lo Stato membro accetta le misure proposte dalla Commissione ne informa quest’ultima. La Commissione ne prende atto e lo Stato membro «[a] seguito della sua accettazione (...) è tenuto a dare applicazione alle opportune misure».

64.      Tuttavia, come ho già osservato in precedenza, ritengo che il requisito della mancanza di misure d’esecuzione sia soltanto una ripetizione dell’incidenza diretta e che, per negare l’esistenza di quest’ultima, il margine di discrezionalità riconosciuto all’autorità chiamata ad adottare la misura d’esecuzione non può essere meramente formale.

65.      Orbene, dato che la decisione controversa è fondata sull’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, essa non lascia alcun potere discrezionale al Regno dei Paesi Bassi.

66.      Da tale disposizione risulta infatti che le modifiche volte a rendere il sistema compatibile con il diritto dell’Unione sono state provocate e rese vincolanti dalla Commissione.

67.      A norma dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, «[s]e lo Stato membro interessato accetta le misure proposte dalla Commissione e ne informa quest’ultima, la Commissione ne prende atto e ne informa lo Stato membro. A seguito della sua accettazione, lo Stato membro è tenuto a dare applicazione alle opportune misure».

68.      Il carattere vincolante di una decisione fondata sull’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 è stato peraltro confermato dalla Corte nella sentenza del 18 giugno 2002, Germania/Commissione (C‑242/00, Racc. pag. I‑5603).

69.      Nell’ambito di detta causa, la Corte ha ricordato che la Commissione poteva, nell’esercizio delle competenze che le spettavano in virtù degli articoli 87 CE e 88 CE [divenuti articoli 107 TFUE e 108 TFUE], adottare orientamenti che avevano per scopo di indicare il modo in cui essa intendeva esercitare, ai sensi degli stessi articoli, il suo potere discrezionale rispetto agli aiuti nuovi o rispetto ai regimi di aiuti esistenti. Tali orientamenti, quando si basavano sull’articolo 88, paragrafo 1, CE [divenuto articolo 108, paragrafo 1, TFUE], costituivano un elemento della cooperazione regolare e periodica nell’ambito della quale la Commissione procedeva con gli Stati membri all’esame permanente dei regimi di aiuti esistenti e proponeva loro le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato comune. La Corte aggiungeva ancora che «[q]ualora tali proposte di opportune misure siano accettate da uno Stato membro, esse hanno nei confronti di quest’ultimo un effetto vincolante (…)» (28) e constatava che «il legislatore comunitario [aveva] recepito i principi giurisprudenziali menzionati (...) prevedendo, nel regolamento [n. 659/1999] (...) [l’]articolo 19, paragrafo 1» (29).

70.      In forza di tale disposizione, le modifiche che rendono il sistema compatibile con il diritto dell’Unione divengono vincolanti solo con la loro accettazione da parte della Commissione. Quest’ultima ha peraltro espressamente indicato, al punto 74 della motivazione della decisione controversa, che essa «accetta[va] gli impegni assunti dalle autorità olandesi» e che «[i]n conformità dell’articolo 19 del regolamento [n. 659/1999], [essa] registra[va] gli impegni mediante la presente decisione e dispone[va] così l’applicazione delle opportune misure vincolanti». Detta affermazione è ripresa nel dispositivo della decisione (al punto 108).

71.      La Commissione ha anche espresso l’idea secondo cui il Regno dei Paesi Bassi manterrebbe un certo margine di discrezionalità dopo l’adozione della decisione controversa essendo comunque libero di rinunciare definitivamente al regime d’aiuto considerato. Io non lo credo poiché, considerato che il Regno dei Paesi Bassi ha proposto alla Commissione le modifiche che sono poi state rese obbligatorie dalla decisione controversa, la possibilità che esso decidesse di non mantenere il regime di aiuti era puramente teorica. Al contrario, non ci sono dubbi quanto alla volontà delle autorità olandesi di applicare la decisione (30).

72.      Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, le ricorrenti indicano altresì nella loro risposta ai quesiti scritti che non esiste alcuna misura che esse potrebbero contestare davanti a un giudice nazionale. Tale affermazione è stata ribadita in modo risoluto in udienza, allorché si è dichiarato che, in presenza di un atto di portata generale di natura vincolante, quale l’articolo 4 del regolamento temporaneo del 3 novembre 2010 sui servizi di interesse economico generale forniti dalle società di edilizia residenziale autorizzate, l’ordinamento giuridico interno non prevede per il singolo nessuna possibilità di proporre un ricorso.

73.      Inoltre, l’obbligo di destinare il 90% degli alloggi a persone il cui reddito non superi un certo importo, ripreso dall’articolo 4 del summenzionato regolamento nazionale, non richiede nessun’altra decisione. Al contrario, già la sola violazione di detta norma è idonea a provocare una reazione dell’autorità, come ad esempio il rifiuto di concedere l’aiuto di cui trattasi. Mi permetto a questo proposito di non condividere la posizione della Commissione a detta della quale per rientrare nell’ambito della succitata giurisprudenza Unibet dovrebbe sussistere il rischio di un procedimento penale. A prescindere dalla sanzione prevista, un simile schema non risponde comunque all’esigenza di una tutela giurisdizionale effettiva.

74.      In un tale contesto, negare il diritto di agire per l’annullamento della decisione controversa priva, a mio avviso, le ricorrenti della tutela giurisdizionale.

75.      Ritengo di conseguenza che la decisione controversa riguardi direttamente le ricorrenti e non comporti alcuna misura d’esecuzione ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE, nella misura in cui essa produce effetti direttamente sulla situazione giuridica delle ricorrenti e non accorda alcun potere discrezionale al destinatario tenuto alla sua attuazione, nel caso di specie il Regno dei Paesi Bassi.

76.      Le condizioni stabilite da detto quarto comma, in fine, sono state a mio avviso soddisfatte e il Tribunale avrebbe dovuto pertanto accogliere il ricorso delle ricorrenti in applicazione della suddetta disposizione. Ritengo che, dichiarandolo irricevibile, esso abbia commesso un errore di diritto.

B –    Sui motivi primo e secondo, vertenti sulla necessità di essere individualmente interessati dall’atto impugnato

77.      Qualora la Corte ritenesse che le condizioni dell’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE non fossero soddisfatte, si dovrebbero allora esaminare i motivi invocati dalle ricorrenti avverso la decisione controversa nella parte in cui riguarda l’aiuto E 2/2005.

78.      I due motivi riguardano l’applicazione nel caso di specie, da parte del Tribunale, del requisito dell’«essere individualmente interessato» dalla decisione controversa. Li esaminerò insieme.

1.      Nozione

79.      La condizione dell’incidenza individuale nell’ambito di un ricorso di annullamento è forse una delle nozioni più difficili da definire. A partire dalla sentenza Plaumann/Commissione, una giurisprudenza costante ribadisce che «i soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono sostenere che essa li riguarda individualmente solo se detta decisione li concerne a causa di determinate qualità loro personali o di una situazione di fatto che li caratterizza rispetto a chiunque altro e, quindi, li distingue in modo analogo ai destinatari» (31).

80.      La portata del principio è tuttavia attenuata. In tal senso, il fatto che una disposizione controversa abbia, per sua natura e portata, un carattere generale, in quanto applicabile alla totalità degli operatori economici interessati, non esclude che essa possa tuttavia riguardare individualmente taluni di essi. Così sarà «qualora la decisione riguardi un gruppo di soggetti individuati o individuabili, nel momento in cui l’atto è stato adottato, in base a criteri tipici dei membri di tale gruppo (...) [Infatti] tali soggetti possono essere individualmente interessati da tale atto, in quanto facenti parte di un gruppo ristretto di operatori economici» (32). Per la Corte, «ciò può accadere in particolare quando la decisione modifica i diritti acquistati dal singolo prima della sua adozione» (33).

81.      Per contro, non sarà così «qualora sia assodato (...) che [l’applicazione di un provvedimento a soggetti di diritto il cui numero o identità possono essere determinati con maggiore o minore precisione] viene effettuata in virtù di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto in esame» (34).

2.      Valutazione

82.      Dalla giurisprudenza succitata risulta così che l’individualizzazione, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, dipende dal carattere personalizzabile o al contrario obiettivo del criterio che permette di determinare i membri del gruppo.

83.      Nell’ordinanza impugnata il Tribunale ha ritenuto che le ricorrenti non fossero individualmente interessate in quanto la qualifica di wocos era accordata in funzione di criteri oggettivi che potevano essere soddisfatti da un numero imprecisato di operatori quali beneficiari potenziali dell’aiuto E 2/2005 oggetto della decisione controversa.

84.      Il Tribunale ha correttamente osservato, al punto 29 dell’ordinanza impugnata, che «l’attribuzione della qualifica di wocos risponde a criteri oggettivi. Infatti, (...) la qualifica di wocos è riconosciuta da un sistema di autorizzazioni previsto dall’articolo 70, paragrafo 1, della legge sull’edilizia residenziale del 1901 (Woningwet). Detta autorizzazione è concessa con regio decreto alle istituzioni che soddisfano determinate condizioni oggettive: avere la forma giuridica di un’associazione o di una fondazione, non avere scopo di lucro, avere come solo oggetto sociale un’attività nel settore dell’edilizia residenziale sociale e utilizzare il proprio patrimonio nell’interesse dell’edilizia residenziale sociale. Le wocos rappresentano quindi una categoria di soggetti considerati in modo generale e astratto».

85.      Date le circostanze, il Tribunale ha correttamente ritenuto che le ricorrenti fossero toccate dalla parte della decisione controversa concernente l’aiuto E 2/2005 allo stesso modo di ogni altro operatore economico che si trova effettivamente o potenzialmente in una situazione identica.

86.      Ritengo, di conseguenza, che il primo motivo dedotto dalle ricorrenti non sia fondato.

87.      Sono invece più cauto riguardo alla valutazione compiuta dal Tribunale sull’(in)esistenza di una cerchia chiusa di soggetti il cui numero sia identificato o identificabile. Queste considerazioni sono oggetto del secondo motivo.

88.      A detta del Tribunale, la giurisprudenza invocata dalle ricorrenti non poteva trovare applicazione nel caso di specie poiché nelle sentenze citate Belgio e Forum 187/Commissione, nonché Piraiki‑Patraiki e a./Commissione, le ricorrenti appartenevano a un gruppo che non poteva più essere ampliato dopo l’adozione delle decisioni considerate.

89.      Come ricordato in precedenza (35), la Corte ha statuito che un gruppo di soggetti poteva ritenersi individualmente interessato da un atto quando questi ultimi erano «soggetti individuati o individuabili, nel momento in cui l’atto è stato adottato, in base a criteri tipici dei membri di tale gruppo (...)» (36).

90.      Detta giurisprudenza ha trovato applicazione nelle succitate sentenze Piraiki‑Patraiki e a./Commissione, nonché Belgio e Forum 187/Commissione (37). In quest’ultima causa la Corte ha considerato che Forum 187 era legittimata ad agire in quanto rappresentante dei centri di coordinamento interessati dall’atto controverso. L’atto controverso era una decisione della Commissione che qualificava un regime fiscale belga come un aiuto di Stato incompatibile con il diritto dell’Unione. Secondo la Corte, il suddetto atto aveva per effetto di ridurre la durata dell’autorizzazione dei centri di coordinamento rinnovata negli anni 2001 e 2002. Detti trenta centri erano perfettamente identificabili all’atto dell’adozione della decisione impugnata. Inoltre, la decisione impugnata non aveva previsto misure transitorie a favore dei centri di coordinamento la cui autorizzazione scadeva in concomitanza con la notifica della decisione stessa e la cui domanda di autorizzazione era pendente alla data di detta notifica. Per la Corte, questi altri otto centri costituivano un gruppo delimitato specialmente interessato dalla decisione in quanto non potevano più ottenere un rinnovo dell’autorizzazione (38).

91.      Come nel caso di specie, si trattava di una decisione della Commissione relativa a un aiuto di Stato esistente. È vero che essa imponeva una modifica del regime per l’avvenire senza ordinare la restituzione, mentre la decisione controversa considera il regime, come modificato, conforme al diritto dell’Unione. Tuttavia, tale differenza di fatto non mi sembra determinante ai fini della valutazione della ricevibilità del ricorso.

92.      Nel giudicare ricevibile il ricorso proposto dal Forum 187, la Corte ha infatti preso in considerazione, da una parte, i centri di coordinamento la cui autorizzazione era stata rinnovata nel 2001 o nel 2002 e, dall’altra, quelli la cui domanda era pendente al momento in cui la decisione della Commissione era stata notificata.

93.      La Corte ha dichiarato che tali criteri, per quanto sembrassero oggettivi, fossero personalizzabili, cioè, secondo l’espressione impiegata dalla Corte, «tipici dei membri del gruppo considerato». Essi non sono, in ogni caso, sostanzialmente diversi da quelli che riguardano le ricorrenti nella presente causa. Infatti, all’atto dell’adozione della decisione controversa, erano 410 le wocos designate con regio decreto. La decisione controversa, con la quale la Commissione approva le proposte di modifica formulate dal Regno dei Paesi Bassi, comporta necessariamente che le wocos di cui trattasi, ed esse solo, non beneficeranno necessariamente più degli stessi vantaggi ottenuti nella vigenza del vecchio regime e giunti a esaurimento (come il venir meno della garanzia sui prestiti). Il fatto che altre wocos possano essere autorizzate dopo l’adozione della decisione controversa non mi sembra quindi avere un rilievo significativo. Come ricordato in precedenza, la Corte ha accettato di qualificare come appartenente a una cerchia ristretta un operatore economico toccato da una «decisione [che] modifica i diritti acquistati (...) prima della sua adozione» (39).

94.      Ritengo quindi che il secondo motivo sia fondato avendo il Tribunale commesso un errore di diritto nel ritenere che le ricorrenti non appartenevano a una cerchia chiusa di soggetti identificabili in sede di adozione della decisione controversa. Al contrario, esse mi sembrano essere direttamente (40) e individualmente interessate dalla decisione controversa.

95.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di dichiarare ricevibile il ricorso delle ricorrenti e di annullare quindi l’ordinanza impugnata. Invito inoltre la Corte a rinviare la causa al Tribunale affinché statuisca sulla fondatezza del ricorso e a riservare le spese.

C –    Sull’interesse ad agire delle ricorrenti

96.      L’interesse ad agire corrisponde all’interesse a ottenere l’annullamento dell’atto impugnato. Tale annullamento deve poter produrre di per sé effetti giuridici per la ricorrente (41), vale a dire, più precisamente, deve poterle procurare un beneficio (42).

97.      Nell’ordinanza impugnata, il Tribunale non ha esaminato detta condizione. Tuttavia, l’interesse ad agire è un presupposto essenziale e preliminare di qualsiasi ricorso giurisdizionale (43). La sua mancanza è causa di improcedibilità per motivi di ordine pubblico che può essere sollevata d’ufficio dalla Corte (44). Ritengo di conseguenza che sia necessario esaminare la questione, qualora la Corte condivida le mie conclusioni con riferimento alle altre possibili cause di irricevibilità. Le parti erano state del resto invitate a esprimere il loro punto di vista al riguardo all’udienza che si è tenuta il 17 aprile 2013.

98.      Nella decisione controversa, la Commissione ha ritenuto che il sistema olandese di finanziamento dell’edilizia residenziale sociale, benché modificato, costituisse un aiuto di Stato esistente. Dopo aver esaminato la portata delle modifiche previste dal governo olandese, essa ha concluso che «gli aiuti concessi per le attività di edilizia residenziale sociale, ovvero legati alla costruzione e alla concessione in locazione di abitazioni destinate a privati, ivi compresa la costruzione e la manutenzione di infrastrutture ausiliarie, (…) [erano] compatibili con l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE» (45).

99.      Secondo la lettera inviata il 3 dicembre 2009 dal Regno dei Paesi Bassi alla Commissione, le nuove norme dovevano essere introdotte mediante un decreto ministeriale e una nuova legge sull’edilizia residenziale che sarebbero entrate in vigore rispettivamente il 1° gennaio 2010 e il 1° gennaio 2011. Le nuove norme si sarebbero applicate peraltro soltanto alle attività future.

100. Un primo esame della procedura può quindi lasciar pensare che l’annullamento della decisione controversa non procurerebbe alcun beneficio alle ricorrenti dal momento che esso non potrebbe aver l’effetto di abrogare i nuovi testi della legge e del decreto adottati dalle autorità olandesi.

101. Tuttavia, come osservato in precedenza, dall’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 risulta che le modifiche che rendono il sistema compatibile con il diritto dell’Unione sono state provocate e rese vincolanti dalla Commissione. A questo proposito, mi permetto di rinviare alle considerazioni dedicate a detta questione in sede di esame della mancanza di misure d’esecuzione ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE (46) e ricordo soltanto che la Commissione ha espressamente dichiarato al punto 74 della motivazione della decisione controversa che «[l]a Commissione accetta quindi gli impegni assunti dalle autorità olandesi» e che «[i]n conformità dell’articolo 19 del regolamento n. [659/1999], la Commissione registra gli impegni mediante la presente decisione e dispone così l’applicazione delle opportune misure obbligatorie».

102. Ritengo quindi che, nell’ambito di un esame limitato all’interesse ad agire, le ricorrenti possano sostenere di trarre un vantaggio dall’annullamento della decisione controversa. Penso infatti che «[non debbano] essere stabiliti requisiti troppo rigorosi quanto all’accertamento [del] beneficio [conseguente all’annullamento dell’atto impugnato] (...) quando siano già soddisfatte le rigide condizioni fissate dalla seconda o dalla terza ipotesi di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE (...)» (47). Nel caso di specie, se la decisione controversa dovesse essere annullata, il Regno dei Paesi Bassi avrebbe di nuovo una certa autonomia nell’adottare le misure necessarie per rendere il sistema compatibile con il diritto dell’Unione. L’annullamento della decisione controversa comporterebbe pertanto un beneficio per le ricorrenti. Date le circostanze, le ricorrenti hanno un interesse ad agire e a chiedere l’annullamento della decisione controversa nella parte concernente l’aiuto E 2/2005.

V –    Sintesi

103. Le ricorrenti hanno anzitutto, a mio avviso, un interesse ad agire per l’annullamento.

104. Ritengo poi che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto omettendo di esaminare l’applicabilità dell’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE al caso di specie. Propongo pertanto alla Corte di accogliere l’impugnazione.

105. A questo proposito, dall’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che, quando l’impugnazione è fondata, la Corte può statuire definitivamente sulla controversia, se lo stato degli atti lo consente, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

106. Nella fattispecie, ritengo che la Corte disponga degli elementi necessari per statuire definitivamente sulla questione della ricevibilità.

107. Osservo a questo proposito che le condizioni previste per agire per l’annullamento su detta base – ossia essere in presenza di un atto regolamentare che riguarda direttamente le ricorrenti e che non comporta alcuna misura d’esecuzione – sono soddisfatte.

108. Qualora la Corte non condivida la mia opinione, ritengo allora che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nel valutare la condizione relativa all’incidenza individuale. Ritengo che le ricorrenti soddisfino detta condizione. Di conseguenza, il ricorso proposto dalle ricorrenti avrebbe dovuto essere dichiarato ricevibile dal Tribunale e la relativa impugnazione dovrebbe essere accolta data la fondatezza del secondo motivo.

109. Per contro, ritengo che la Corte non possa statuire nel merito del ricorso proposto dalle ricorrenti poiché le valutazioni compiute dal Tribunale riguardano esclusivamente la ricevibilità del ricorso, senza impegnare la discussione nel merito.

110. Occorre pertanto rinviare la causa al Tribunale affinché esso si pronunci sulle conclusioni delle ricorrenti volte all’annullamento della decisione controversa nella parte in cui concerne l’aiuto E 2/2005.

VI – Sulle spese

111. Poiché la causa viene rimessa dinanzi al Tribunale, occorre riservare le spese inerenti al presente procedimento d’impugnazione.

VII – Conclusione

112. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire come segue:

1)      L’ordinanza del Tribunale dell’Unione europea del 16 dicembre 2011, Stichting Woonlinie e a./Commissione (T‑202/10), è annullata.

2)      Il ricorso è ricevibile.

3)      La causa è rinviata al Tribunale dell’Unione europea affinché statuisca sulla fondatezza del ricorso.

4)      Le spese sono riservate.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Per una causa nella quale la Corte ha proceduto in tal modo, v. sentenza del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione (C‑463/10 P e C‑475/10 P, Racc. pag. I‑9639, punti da 77 a 82).


3 –      V. in particolare sentenza del 23 aprile 2009, Sahlstedt e a./Commissione (C‑362/06 P, Racc. pag. I‑2903, punto 22).


4 –      Il corsivo è mio.


5 – A norma dell’articolo 289, paragrafo 3, TFUE: «Gli atti giuridici adottati mediante procedura legislativa sono atti legislativi».


6 – Causa Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P), pendente dinanzi alla Corte.


7 – Conclusioni presentate dall’avvocato generale Kokott il 17 gennaio 2013 nell’ambito dell’impugnazione proposta avverso l’ordinanza Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, cit.


8 –      Ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 1, TFUE: «Gli Stati membri adottano tutte le misure di diritto interno necessarie per l’attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione». Il paragrafo 2 prevede, a sua volta, quanto segue: «Allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, questi conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici (...) al Consiglio». Il paragrafo 4 impone in ogni caso che «[i] termini “di esecuzioneˮ [siano] inseriti nel titolo degli atti di esecuzione».


9 –      Sentenza del 25 luglio 2002 (C‑50/00 P, Racc. pag. I‑6677).


10 –      La Corte precisa, al punto 41 di detta sentenza, quanto segue:


      «[p]ertanto, spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva».


11 –      Sentenza del 13 marzo 2007, Unibet (C‑432/05, Racc. pag. I‑2271, punto 64).


12 – Questa è l’interpretazione sostenuta dal Tribunale. V., in questo senso, sentenza del Tribunale del 25 ottobre 2011, Microban International e Microban (Europe)/Commissione (T‑262/10, Racc. pag. II‑7697, punto 32). Si tratta del punto di vista sostenuto anche dall’avvocato generale Kokott nelle cause Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, cit. (punto 69), nonché Telefónica/Commissione (C‑274/12 P, punto 59), pendente dinanzi alla Corte. In dottrina, v., tra gli altri, Albors‑Llorens, A., «Sealing the fate of private parties in annulment proceedings? The General Court and the new standing test in article 263(4) TFEU», The Cambridge Law Journal, 2012, vol. 71, pagg. da 52 a 55, nonché Werkmeister, C., Pötters, S., e Traut, J., «Regulatory Acts within Article 263(4) TFEU – A dissonant Extension of Locus Standi for Private Applicants», Cambridge yearbook of European legal studies, vol. 13, 2010–2011, pagg. da 311 a 332, in particolare pag. 329.


13 –      Sentenza del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM (C‑125/06 P, Racc. pag. I‑1451, punto 47).


14 – Per un’applicazione del principio, v., ad esempio, sentenza del 17 settembre 2009, Commissione/Koninklijke FrieslandCampina (C‑519/07 P, Racc. pag. I‑8495, punti 48 e 49).


15 –      Sentenza del Tribunale dell’8 marzo 2012, Iberdrola/Commissione (T‑221/10, punto 46). V. altresì ordinanza del Tribunale del 21 marzo 2012, Telefónica/Commissione (T‑228/10, punto 42). Avverso quest’ultima pende attualmente il giudizio di impugnazione (causa C‑274/12 P, cit.).


16 –      Cit. (punto 40).


17 –      Ibidem (punto 41).


18 – V. la definizione data dell’incidenza diretta dall’avvocato generale Kokott al paragrafo 59 delle sue conclusioni nella causa Telefónica/Commissione, cit.


19 – V. la definizione di interesse diretto data al paragrafo 40 delle presenti conclusioni. V., in questo senso, Creus, A., «Commentaire des décisions du Tribunal dans les affaires T‑18/10-Inuit et T‑262/10-Microban», Cahiers de droit européen, 2011, pag. 659, in particolare pag. 677, nonché Peers, S., e Costa, M., «Judicial review of EU Acts after the Treaty of Lisbon; Order of 6 September 2011, Case T‑18/10 Inuit Tapiriit Kanatami and Others v. Commission & Judgment of 25 October 2011, Case T‑262/10 Microban v. Commission», European Constitutional Law Review, 2012, vol. 8, pagg. da 82 a 104, in particolare pag. 96.


20 –      V., in particolare, sentenza del 14 aprile 2011, Commissione/Polonia (C‑331/09, Racc. pag. I‑2933, punto 54).


21 –      V., in particolare, sentenza del 22 dicembre 2010, Commissione/Italia (C‑304/09, Racc. pag. I‑13903, punto 35).


22 –      Sentenza del 9 marzo 1994 (C‑188/92, Racc. pag. I‑833). Al punto 17 di detta sentenza la Corte di giustizia ha statuito che «le (...) esigenze di certezza del diritto inducono ad escludere che il beneficiario di un aiuto oggetto di una decisione della Commissione adottata in forza dell’articolo 93 del Trattato, che avrebbe potuto impugnare tale decisione e che ha lasciato decorrere il termine imperativo all’uopo prescritto dall’articolo 173, terzo comma, del Trattato, possa contestare la legittimità della medesima dinanzi ai giudici nazionali nell’ambito di un ricorso proposto avverso i provvedimenti presi dalle autorità nazionali in esecuzione di questa decisione».


23 –      Sentenza Commissione/Infront WM, cit. (punto 47 e giurisprudenza citata).


24 –      Ibidem (paragrafi da 21 a 29).


25 –      Ibidem (paragrafo 25).


26 – V. sentenza del 7 giugno 2007, Carp (C‑80/06, Racc. pag. I‑4473, punto 21), e ordinanza dell’8 aprile 2008, Saint‑Gobain Glass Deutschland/Commissione (C‑503/07 P, Racc. pag. I‑2217, punto 71).


27 –      V., in particolare, sentenza del 29 aprile 2004, Italia/Commissione (C‑298/00 P, Racc. pag. I‑4087, punto 37).


28 –      Sentenza Germania/Commissione, cit. (punto 28).


29 –      Ibidem (punto 29). Il Tribunale ha di recente applicato detta giurisprudenza:


      «(…) va respinto l’approccio sostenuto in sostanza dalla Commissione e che consiste, sulla base di una lettura isolata e letterale dell’articolo 19, paragrafo 1 di cui sopra, nel ritenere che essa non adotti alcuna decisione nel caso di una procedura di esame di un aiuto esistente che si conclude con l’accettazione da parte dello Stato membro delle misure opportune proposte (...). Per quanto riguarda gli effetti giuridici obbligatori della decisione impugnata [adottata dalla Commissione a norma dell’articolo 19, paragrafo 1, in fine, del regolamento n. 659/1999] è sufficiente rilevare che conformemente [a detto articolo] lo Stato membro interessato che, all’atto della pubblicazione prevista dall’articolo 26, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, ha necessariamente accettato le misure opportune “è tenuto a dare applicazioneˮ a tali misure» (sentenza dell’11 marzo 2009, TF1/Commissione, T‑354/05, Racc. pag. II‑471, punti 68 e 73, nonché giurisprudenza citata).


30 – Per una valutazione analoga compiuta dalla Corte in relazione alla domanda di misure di salvaguardia introdotte dalla Francia (quota all’importazione), v. sentenza del 17 gennaio 1985, Piraiki‑Patraiki e a./Commissione (11/82, Racc. pag. 207, punto 9).


31 –      Sentenza del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione (25/62, Racc. pag. 197, in particolare pag. 220). V., più di recente, citate sentenze Commissione/Infront WM, (punto 70), nonché Sahlstedt e a./Commissione (punto 26).


32 –      Sentenza Sahlstedt e a./Commissione, cit. (punto 30). Il corsivo è mio. V. altresì sentenza del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione (C‑182/03 e C‑217/03, Racc. pag. I‑5479, punto 60). Nella sentenza del 18 novembre 1975, CAM/CEE (104/74, Racc. pag. 1393, punto 18), la Corte aveva statuito che l’atto impugnato colpiva «un numero definito di operatori identificati in ragione del comportamento individuale» che essi avevano tenuto, o si riteneva avessero tenuto (il corsivo è mio).


33 –      Sentenza Commissione/Infront WM, cit. (punto 72 e giurisprudenza citata).


34 –      Ibidem (punto 31 e giurisprudenza citata). Il corsivo è mio.


35 –      V. paragrafo 80 delle presenti conclusioni.


36 –      Sentenza Sahlstedt e a./Commissione, cit. (punto 30).


37 – V. punto 31 della sentenza Piraiki‑Patraiki e a./Commissione, nonché il punto 60 della sentenza Belgio e Forum 187/Commissione.


38 –      V. sentenza Belgio e Forum 187/Commissione, cit. (punti da 61 a 63).


39 –      Sentenza Commissione/Infront WM, cit. (punto 72 e giurisprudenza citata).


40 – V. le considerazioni suesposte in merito all’incidenza diretta nell’ambito dell’esame dell’articolo 263, quarto comma, in fine, TFUE.


41 –      Sentenza del 24 giugno 1986, Akzo Chemie e Akzo Chemie UK/Commissione (53/85, Racc. pag. 1965, punto 21).


42 –      V. in particolare sentenze del 28 febbraio 2008, Neirinck/Commissione (C‑17/07 P, punto 45), nonché Deutsche Post e Germania/Commissione, cit. (punto 37).


43 –      Ordinanza del 31 luglio 1989, S./Commissione (206/89 R, Racc. pag. 2841, punto 8).


44 –      Ordinanza del 7 ottobre 1987, d.M./Consiglio e CES (108/86, Racc. pag. 3933, punto 10).


45 –      Punto 72 della motivazione della decisione controversa.


46 –      V. paragrafi da 65 a 70 delle presenti conclusioni.


47 – V., a questo proposito, il paragrafo 86 delle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Telefónica/Commissione, cit.