Language of document : ECLI:EU:C:2018:570

Causa C‑89/17

Secretary of State for the Home Department,

contro

Rozanne Banger

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Upper Tribunal (Immigration and Asylum Chamber)]

«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione europea – Articolo 21 TFUE – Diritto dei cittadini dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio dell’Unione – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 3, paragrafo 2, primo comma, lettera b) – Partner con cui il cittadino dell’Unione ha una relazione stabile debitamente attestata – Rientro nello Stato membro di cui il cittadino dell’Unione possiede la cittadinanza – Domanda di autorizzazione al soggiorno – Esame approfondito della situazione personale del richiedente – Articoli 15 e 31 – Tutela giurisdizionale effettiva – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47»

Massime – Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 12 luglio 2018

1.        Cittadinanza dell’Unione – Disposizioni del Trattato – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Cittadino dell’Unione che fa ritorno nello Stato membro di cui ha la nazionalità dopo aver soggiornato in un altro Stato membro nella sua sola qualità di cittadino dell’Unione – Diritto di soggiorno derivato dei suoi familiari, cittadini di uno Stato terzo – Presupposti – Applicazione per analogia dei presupposti per la concessione previsti dalla direttiva 2004/38

(Art. 21, § 1, TFUE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/38)

2.        Cittadinanza dell’Unione – Disposizioni del Trattato – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Cittadino dell’Unione che fa ritorno nello Stato membro di cui ha la nazionalità dopo aver soggiornato in un altro Stato membro nella sua sola qualità di cittadino dell’Unione – Domanda di rilascio di autorizzazione al soggiorno al partner non registrato che ha una relazione stabile, debitamente attestata, con detto cittadino – Obbligo dello Stato membro di agevolare il rilascio di tale autorizzazione

(Art. 21, § 1, TFUE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/38)

3.        Cittadinanza dell’Unione – Disposizioni del Trattato – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Cittadino dell’Unione che fa ritorno nello Stato membro di cui ha la nazionalità dopo aver soggiornato in un altro Stato membro nella sua sola qualità di cittadino dell’Unione – Domanda di rilascio di autorizzazione al soggiorno al partner non registrato che ha una relazione stabile, debitamente attestata, con detto cittadino – Rigetto – Obbligo di fondare la decisione di rigetto su un esame approfondito della situazione personale del richiedente

(Art. 21, § 1, TFUE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/38, art. 3, § 2)

4.        Cittadinanza dell’Unione – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Direttiva 2004/38 – Aventi diritto – Altri familiari di un cittadino dell’Unione, cittadini di paesi terzi, non definiti all’articolo 2, punto 2, della direttiva – Partner che ha una relazione stabile, debitamente attestata, con detto cittadino – / Domanda di autorizzazione al soggiorno – Rigetto – Diritto di ricorso – Sindacato giurisdizionale – Portata

(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 47; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/38, artt. 3, § 2, 15, §1, 30 e 31)

1.      V. il testo della decisione.

(v. punti 27-29)

2.      L’articolo 21, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che esso obbliga lo Stato membro di cui il cittadino dell’Unione possiede la cittadinanza ad agevolare il rilascio di un’autorizzazione al soggiorno peri il partner non registrato, che sia cittadino di uno Stato terzo e con il quale il cittadino dell’Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata, laddove detto cittadino dell’Unione, dopo aver esercitato il suo diritto alla libera circolazione in un altro Stato membro per svolgervi un’attività lavorativa, conformemente alle condizioni previste dalla direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 e abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, faccia ritorno con il suo partner nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza per soggiornarvi.

A tal riguardo, occorre precisare che l’articolo 3, paragrafo 2, primo comma, lettera b), della direttiva in parola riguarda specificamente il partner con il quale il cittadino dell’Unione ha una relazione stabile debitamente attestata. Quest’ultima disposizione prevede che lo Stato membro ospitante, conformemente alla sua legislazione nazionale, agevola l’ingresso e il soggiorno di tale partner.

Secondo la giurisprudenza della Corte, l’articolo 3, paragrafo 2, della suddetta direttiva non obbliga gli Stati membri a riconoscere un diritto di ingresso e di soggiorno in favore dei cittadini di Stati terzi indicati da tale disposizione, nondimeno impone a tali Stati un obbligo di concedere un determinato vantaggio alle domande presentate dai cittadini di Stati terzi di cui a detto articolo rispetto alle domande di ingresso e di soggiorno di altri cittadini di Stati terzi (v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2012, Rahman e a., C‑83/11, EU:C:2012:519, punto 21).

(v. punti 30, 31, 35, disp. 1)

3.      L’articolo 21, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che un provvedimento di diniego di rilascio di un’autorizzazione al soggiorno per il partner non registrato, cittadino di uno Stato terzo, di un cittadino dell’Unione il quale, dopo aver esercitato il suo diritto alla libera circolazione in un altro Stato membro per svolgervi un’attività lavorativa, conformemente alle condizioni previste dalla direttiva 2004/38, faccia ritorno con il suo partner nello Stato membro di cui ha la cittadinanza per soggiornarvi, deve essere fondato su un esame approfondito della situazione personale del richiedente e deve essere motivato.

Nell’ambito di tale esame della situazione personale del richiedente, l’autorità competente deve tenere conto dei vari fattori che possono risultare pertinenti a seconda dei casi (v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2012, Rahman e a., C‑83/11, EU:C:2012:519, punto 23).

Alla luce tanto dell’assenza di norme più precise nella direttiva 2004/38 quanto dell’utilizzo, all’articolo 3, paragrafo 2, della medesima, dei termini «conformemente alla sua legislazione nazionale», è necessario constatare che ogni Stato membro dispone di un ampio potere discrezionale quanto alla scelta degli elementi da prendere in considerazione. In ogni caso, gli Stati membri devono assicurarsi che la propria legislazione preveda criteri che siano conformi al significato comune del termine «agevola» e che non privino tale disposizione del suo effetto utile (v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2012, Rahman e a., C‑83/11, EU:C:2012:519, punto 24).

(v. punti 39-41, disp. 2)

4.      L’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 deve essere interpretato nel senso che i cittadini di Stati terzi indicati in tale disposizione devono disporre di un mezzo di impugnazione per contestare un provvedimento di diniego di rilascio di un’autorizzazione al soggiorno adottato nei loro confronti, in seguito al cui esperimento il giudice nazionale deve poter verificare se il provvedimento di diniego si fondi su una base di fatto sufficientemente solida e se le garanzie procedurali siano state rispettate. Fra tali garanzie si annovera l’obbligo, per le autorità nazionali competenti, di effettuare un esame approfondito della situazione personale del richiedente e di motivare ogni rifiuto di ingresso o di soggiorno.

Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, le procedure previste agli articoli 30 e 31 di quest’ultima si applicano, mutatis mutandis, a tutti i provvedimenti che limitano la libera circolazione dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari per motivi non attinenti all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica. Ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 1, di tale direttiva l’interessato può accedere ai mezzi di impugnazione giurisdizionali e, all’occorrenza, amministrativi nello Stato membro ospitante, al fine di presentare ricorso o chiedere la revisione di ogni provvedimento adottato nei suoi confronti per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica.

Tuttavia, tali disposizioni non menzionano espressamente le persone indicate, segnatamente, all’articolo 3, paragrafo 2, primo comma, lettera b), della direttiva 2004/38.

A tal riguardo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 87 delle sue conclusioni, la nozione di «familiari», in altre disposizioni della direttiva 2004/38, include anche le persone indicate all’articolo 3, paragrafo 2, della stessa.

Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte citata al punto 38 della presente sentenza, gli Stati membri, conformemente all’articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2004/38, devono prevedere la possibilità, per le persone indicate all’articolo 3, paragrafo 2, primo comma, della medesima direttiva, di ottenere una decisione sulla loro domanda che sia fondata su un esame approfondito della loro situazione personale e che sia motivata in caso di rifiuto.

Orbene, poiché le disposizioni della direttiva 2004/38 devono essere oggetto di un’interpretazione conforme ai precetti che risultano dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 50), tali persone devono disporre, ai sensi della suddetta disposizione, di un rimedio giurisdizionale effettivo avverso una decisione, che consenta la verifica in fatto e in diritto della legittimità della decisione stessa con riguardo al diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 17 novembre 2011, Gaydarov, C‑430/10, EU:C:2011:749, punto 41).

Pertanto, occorre considerare che le garanzie procedurali previste dall’articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 sono applicabili alle persone indicate all’articolo 3, paragrafo 2, primo comma, lettera b) della stessa.

Quanto al contenuto di tali garanzie procedurali, secondo la giurisprudenza della Corte, una persona di cui all’articolo 3, paragrafo 2, di tale direttiva ha il diritto di far verificare da un giudice se la legislazione nazionale e la sua applicazione sono rimaste nei limiti della discrezionalità tracciata dalla direttiva (sentenza del 5 settembre 2012, Rahman e a., C‑83/11, EU:C:2012:519, punto 25).

Per quanto attiene al sindacato giurisdizionale sul margine di discrezionalità di cui dispongono le autorità nazionali competenti, il giudice nazionale deve segnatamente verificare se il provvedimento impugnato si fondi su una base di fatto sufficientemente solida. Inoltre, tale sindacato deve vertere sul rispetto delle garanzie procedurali, rispetto che riveste un’importanza fondamentale in quanto consente al giudice di accertare la presenza di tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari per l’esercizio del potere discrezionale (v., per analogia, sentenza del 4 aprile 2017, Fahimian, C‑544/15, EU:C:2017:255, punti 45 e 46). Fra queste garanzie si annovera, conformemente all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, l’obbligo per le suddette autorità di effettuare un esame approfondito della situazione personale del richiedente e di motivare l’eventuale rifiuto di ingresso o di soggiorno.

(v. punti 44-52, disp. 3)