Language of document : ECLI:EU:C:2009:637

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

17 marzo 2011 (*)

«Art. 43 CE – Libertà di stabilimento – Art. 49 CE – Libera prestazione dei servizi – Restrizioni – Periti giudiziari con qualifica di traduttore – Esercizio dei pubblici poteri – Normativa nazionale che riserva il titolo di perito giudiziario alle persone iscritte in elenchi istituiti dalle autorità giudiziarie nazionali – Giustificazione – Proporzionalità – Direttiva 2005/36/CE – Nozione di “professione regolamentata”»

Nei procedimenti riuniti C‑372/09 e C‑373/09,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Cour de cassation (Francia) con decisioni 10 settembre 2009, pervenute in cancelleria il 17 settembre 2009, nelle cause promosse da:

Josep Peñarroja Fa,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. J.-C. Bonichot, presidente di sezione, dai sigg. K. Schiemann, L. Bay Larsen (relatore), dalle sig.re C. Toader e A. Prechal, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. M.-A. Gaudissart, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 settembre 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Peñarroja Fa, da lui stesso;

–        per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues, B. Messmer e dalla sig.ra A. Czubinski, in qualità di agenti;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C. Wissels e dal sig. J. Langer, in qualità di agenti;

–        per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, dai sigg. H. Støvlbæk, I. Rogalski e dalla sig.ra C. Vrignon, in qualità di agenti;

–        per l’Autorità di vigilanza EFTA, dal sig. X. Lewis e dalle sig.re F. Simonetti e I. Hauger, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli artt. 43 CE, 45 CE, 49 CE e 50 CE, cui corrispondono attualmente, nell’ordine, gli artt. 49 TFUE, 51 TFUE, 56 TFUE e 57 TFUE, nonché dell’art. 3, n. 1, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 settembre 2005, 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 255, pag. 22).

2        Tali domande sono state presentate nel contesto di due ricorsi proposti dal sig. Peñarroja Fa, cittadino spagnolo, relativi alla sua iscrizione in qualità di traduttore di lingua spagnola, da un lato, all’elenco dei periti giudiziari della Cour d’appel de Paris e, dall’altro, all’elenco nazionale dei periti giudiziari.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3        Ai sensi dell’art. 1 della direttiva 2005/36:

«La presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (in seguito denominato “Stato membro ospitante”), che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri (in seguito denominati “Stati membri d’origine”) e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione».

4        L’art. 3 di tale direttiva, rubricato «Definizioni», dispone quanto segue:

«1.      Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

a)      “professione regolamentata”: attività, o insieme di attività professionali, l’accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalità di esercizio, sono subordinati direttamente o indirettamente, in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali; in particolare costituisce una modalità di esercizio l’impiego di un titolo professionale riservato da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative a chi possiede una specifica qualifica professionale. Quando non si applica la prima frase, è assimilata ad una professione regolamentata una professione di cui al paragrafo 2;

b)      “qualifiche professionali”: le qualifiche attestate da un titolo di formazione, un attestato di competenza – di cui all’articolo 11, lettera a), punto i) – e/o un’esperienza professionale;

(…)».

5        L’art. 4 di detta direttiva, relativo agli effetti del riconoscimento, così recita:

«1.      Il riconoscimento delle qualifiche professionali da parte dello Stato membro ospitante permette al beneficiario di accedere in tale Stato membro alla stessa professione per la quale è qualificato nello Stato membro d’origine e di esercitarla alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato membro ospitante.

2.      Ai fini della presente direttiva, la professione che l’interessato intende esercitare nello Stato membro ospitante sarà quella per la quale è qualificato nel proprio Stato membro d’origine, se le attività coperte sono comparabili».

6        Il titolo II della medesima direttiva, relativo alla libera prestazione di servizi, all’art. 5 stabilisce quanto segue:

«1.      Fatte salve le disposizioni specifiche del diritto comunitario e gli articoli 6 e 7 della presente direttiva, gli Stati membri non possono limitare, per ragioni attinenti alle qualifiche professionali, la libera prestazione di servizi in un altro Stato membro:

a)      se il prestatore è legalmente stabilito in uno Stato membro per esercitarvi la stessa professione (in seguito denominato “Stato membro di stabilimento”), e

b)      in caso di spostamento del prestatore, se questi ha esercitato tale professione nello Stato membro di stabilimento per almeno due anni nel corso dei dieci anni che precedono la prestazione di servizi, se in tale Stato membro la professione non è regolamentata. La condizione che esige due anni di pratica non si applica se la professione o la formazione che porta alla professione è regolamentata.

(…)».

 Il diritto nazionale

7        L’iscrizione all’elenco nazionale dei periti giudiziari istituito dall’Ufficio di presidenza della Cour de cassation e all’elenco dei periti giudiziari redatto da ciascuna Cour d’appel, nonché la designazione di tali periti, sono disciplinati, in particolare, dai seguenti testi:

–        la legge 29 giugno 1971, n. 71-498, relativa ai periti giudiziari, come modificata dalla legge 11 febbraio 2004, n. 2004‑130 (in prosieguo: la «legge n. 71‑498»);

–        il decreto 23 dicembre 2004, n. 2004-1463, relativo ai periti giudiziari, come modificato dal decreto 19 luglio 2007, n. 2007‑119 (in prosieguo: il «decreto n. 2004-1463»).

–        L’art. 157 del codice di procedura penale.

 La legge n. 71-498

8        L’art. 1 della legge n. 71-498 è redatto nei seguenti termini:

«Fatti salvi i limiti previsti dalla legge o dai regolamenti, i giudici, per procedere ad accertamenti, ottenere una consulenza, o realizzare una perizia, possono designare una persona iscritta in uno degli elenchi redatti in applicazione dell’art. 2. All’occorrenza, essi possono designare qualsiasi altra persona».

9        Secondo l’art. 2 di tale legge:

«I.      È istituito, per informazione dei giudici:

1.      Un elenco nazionale dei periti giudiziari, redatto dall’Ufficio di presidenza della Cour de cassation;

2.      Un elenco dei periti giudiziari redatto da ciascuna Cour d’appel.

II.       La prima iscrizione in qualità di perito all’elenco redatto dalla Cour d’appel viene effettuata all’interno di una specifica rubrica, con riserva, per la durata di due anni.

Al termine di tale periodo di prova, e dietro presentazione di una nuova candidatura, il perito, previo parere motivato di una commissione che riunisce rappresentanti dei giudici e dei periti, può essere nuovamente iscritto per la durata di cinque anni. A questo fine, vengono valutate l’esperienza dell’interessato e le conoscenze acquisite sui principi fondamentali del processo e sulle regole processuali applicabili ai provvedimenti istruttori affidati ad un tecnico.

Le successive reiscrizioni, per la durata di cinque anni, sono soggette ad esame di una nuova candidatura alle condizioni previste dal comma precedente.

III.      L’iscrizione all’elenco nazionale dei periti è permessa unicamente a coloro che dimostrano di essere stati iscritti ad un elenco istituito da una Cour d’appel per tre anni consecutivi. L’iscrizione all’elenco nazionale è effettuata per la durata di sette anni e la nuova iscrizione, per la medesima durata, è soggetta all’esame di una nuova candidatura.

(…)».

 Il decreto n. 2004-1463

10      Per quanto attiene alle condizioni generali per l’iscrizione agli elenchi dei periti giudiziari, l’art. 2 del decreto n. 2004-1463 prevede quanto segue:

«Una persona fisica può essere iscritta o nuovamente iscritta ad un elenco di periti unicamente qualora soddisfi i seguenti requisiti:

1°       Non aver compiuto atti contrari all’onore, all’onestà e al buon costume;

2°       Non aver compiuto atti che abbiano comportato una sanzione disciplinare o amministrativa di destituzione, radiazione, revoca, ritiro di una licenza o di un’autorizzazione;

3°       Non aver subìto un provvedimento di fallimento o altra sanzione in applicazione del titolo II del libro VI del Codice del commercio;

4°       Esercitare o avere esercitato per un periodo sufficiente una professione o un’attività in relazione alla sua disciplina;

5°       Esercitare o avere esercitato tale professione o tale attività in condizioni che conferiscono una qualifica sufficiente;

(…)».

11      Per quanto riguarda il procedimento per l’iscrizione ad un elenco di periti giudiziari istituito da una Cour d’appel, l’art. 6 del decreto n. 2004‑1463 stabilisce quanto segue:

«(…)

L’istanza è corredata di tutte le precisazioni utili, e in particolare delle seguenti informazioni:

(…)

2°       Indicazione dei titoli o dei diplomi del richiedente, dei suoi lavori scientifici, tecnici e professionali, delle varie funzioni che egli ha svolto e della natura di tutte le attività professionali che esercita, integrata, all’occorrenza, con l’indicazione del nome e dell’indirizzo dei suoi datori di lavoro;

3°       Produzione di atti che dimostrino che il richiedente è qualificato nella sua disciplina;

(…)».

12      Quanto al procedimento di reiscrizione ad un elenco di periti giudiziari istituito da una Cour d’appel, l’art. 10 del decreto n. 2004‑1463 così dispone:

«(…)

La domanda è corredata di tutti i documenti che consentono di valutare:

1°       L’esperienza acquisita dal candidato sia nella sua disciplina sia nello svolgimento della funzione di perito a partire dalla sua ultima iscrizione;

2°       La conoscenza acquisita sui principi che informano il processo e sulle regole processuali applicabili ai provvedimenti istruttori affidati ad un tecnico, nonché le attività formative che ha seguito in tali settori».

13      Riguardo alla procedura per l’iscrizione e la reiscrizione all’elenco nazionale dei periti giudiziari redatto dall’Ufficio di presidenza della Cour de cassation, l’art. 17 del decreto n. 2004-1463 dispone quanto segue:

«(...)

Il procuratore generale istruisce la domanda. Egli verifica che, al 1° gennaio dell’anno successivo a quello di presentazione della domanda, sia soddisfatta la condizione attinente alla durata dell’iscrizione ad un elenco di Cour d’appel, stabilita all’art. 2, sub III, della legge [n. 71‑498]. Sentito il parere del primo presidente e del procuratore generale presso la Cour d’appel alla quale l’interessato è iscritto, egli trasmette le candidature, corredate del suo parere, all’Ufficio di presidenza della Cour de cassation».

14      Ai sensi dell’art. 20 del decreto n. 2004-1463:

«Le decisioni di iscrizione o di reiscrizione e di diniego di iscrizione o reiscrizione adottate dall’autorità incaricata di compilare gli elenchi possono essere impugnata dinanzi alla Cour de cassation».

 Il Codice di procedura penale

15      Con riferimento alla designazione dei periti giudiziari in materia penale, l’art. 157 del Codice di procedura penale prevede ciò che segue:

«I periti sono scelti tra le persone fisiche o giuridiche iscritte nell’elenco nazionale compilato dalla Cour de cassation o in uno degli elenchi redatti dalle Cour d’appel alle condizioni previste dalla legge n. 71-498 (...).

In via eccezionale, i giudici, con decisione motivata, possono scegliere periti che non rientrano in alcuno di questi elenchi».

 Cause principali e questioni pregiudiziali

16      Il sig. Peñarroja Fa, residente in Barcellona, esercita in Catalogna, da più di vent’anni, la professione di traduttore giurato. Tale incarico gli è stato assegnato, previo superamento di un concorso, dal Ministero degli Affari esteri spagnolo e dal governo catalano. Egli traduce dal francese verso lo spagnolo e dallo spagnolo verso il francese.

17      Il sig. Peñarroja Fa ha presentato istanza di prima iscrizione all’elenco dei periti giudiziari della Cour d’appel de Paris, per la durata di due anni, in qualità di traduttore di lingua spagnola. La sua istanza è stata respinta con decisione dell’assemblea generale dei magistrati della sede di tale Cour d’appel il 12 novembre 2008.

18      Parallelamente, il sig. Peñarroja ha presentato istanza di iscrizione come perito, con la stessa qualifica, all’elenco nazionale dei periti giudiziari istituito dall’Ufficio di presidenza della Cour de cassation. La sua istanza è stata respinta con decisione di quest’ultimo di data 8 dicembre 2008.

19      Ai sensi del decreto n. 2004‑1463, il sig. Peñarroja Fa ha impugnato entrambe le decisioni dinanzi al giudice del rinvio.

20      In tali circostanze, la Cour de cassation ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte, nella causa C‑372/09, le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 50 CE debba essere interpretato nel senso che può riguardare l’incarico conferito ad un professionista, in qualità di perito, nell’ambito di una controversia pendente dinanzi a giudici nazionali, nominato dal giudice cui è sottoposta tale controversia (...).

2)       Se la nozione di partecipazione all’esercizio dei pubblici poteri, di cui all’art. 45, primo comma, CE, debba essere interpretata nel senso che è applicabile ad un incarico conferito ad un perito designato da un giudice francese conformemente alle disposizioni dei codici di procedura civile e di procedura penale francesi, della legge n. 71-498 (...) e del decreto n. 2004-1463 (...).

3)       Se gli artt. 43 CE e 49 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa, quale quella dettata dalla legge n. 71-498 (...) e dal decreto n. 2004-1463 (…), che subordina l’iscrizione all’elenco istituito presso una Cour d’appel a requisiti di età, di competenza, di moralità e di imparzialità, senza tener conto del fatto che al richiedente l’iscrizione sia già stata riconosciuta la qualifica di perito dai giudici del suo Stato [membro] d’origine e senza prevedere altre modalità di accertamento delle sue competenze».

21      Nella causa C‑373/09, la Cour de cassation ha sollevato, oltre alle prime due questioni, formulate in termini identici a quelli delle prime due questioni sottoposte nella causa C‑372/09, le seguenti questioni:

3)      Se gli artt. 43 CE e 49 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa, quale quella dettata dalla legge n. 71-498 (...) e dal decreto n. 2004-1463 (…), che riserva l’iscrizione nell’elenco nazionale e il titolo di perito autorizzato dalla Cour de cassation a professionisti iscritti da almeno tre anni nell’elenco istituito presso una Cour d’appel francese.

4)      Se l’art. 3, n. 1, lett. a), della direttiva 2005/36/CE (…) debba essere interpretato nel senso che comprende l’espletamento di incarichi di perizie giudiziarie svolti con la qualifica di perito giudiziario autorizzato dalla Cour de cassation secondo le modalità previste dalla legge n. 71-498 (...) e dal decreto n. 2004-1463 (…)».

22      Le due cause sono state riunite con ordinanza del presidente della Corte 16 ottobre 2009 ai fini delle fasi orale e scritta nonché della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

23      Le questioni pregiudiziali, come formulate dal giudice del rinvio, riguardano tutti i tipi di periti giudiziari, e non sono pertanto formalmente limitate ai periti giudiziari con qualifica di traduttore.

24      Ciò nondimeno, dalla decisione di rinvio si evince che le controversie nelle cause principali attengono all’iscrizione del sig. Peñarroja Fa a due elenchi di periti giudiziari come traduttore. Inoltre, sebbene dai fascicoli emergano il contenuto degli incarichi conferiti ai periti designati come traduttori dai giudici nel contesto di procedimenti dinanzi ad essi pendenti nonché le condizioni alle quali tali incarichi devono essere svolti, le informazioni fornite relativamente agli altri tipi di periti giudiziari non consentono tuttavia alla Corte di procedere ad un esame con cognizione di causa dei quesiti sottoposti per quanto riguarda questi altri tipi di periti.

25      Pertanto, occorre trattare i quesiti sollevati come se si riferissero esclusivamente alla funzione di perito giudiziario con qualità di traduttore (in prosieguo: i «periti giudiziari traduttori»).

 Sulla quarta questione nella causa C‑373/09

26      Con la quarta questione nella causa C‑373/09, che è opportuno esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se lo svolgimento di perizie giudiziarie come traduttore da parte di periti iscritti in un elenco come l’elenco nazionale dei periti giudiziari istituito dalla Cour de cassation rientri nella nozione di «professione regolamentata» ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. a), della direttiva 2005/36.

27      Occorre innanzitutto rilevare che la definizione di questa nozione è una questione di diritto dell’Unione (v. sentenza 17 dicembre 2009, causa C‑586/08, Rubino, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 23 e giurisprudenza citata).

28      A norma dell’art. 3, n. 1, lett. a), della direttiva 2005/36, detta nozione abbraccia un’«attività, o insieme di attività professionali, l’accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalità di esercizio, sono subordinati direttamente o indirettamente, in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali».

29      A questo proposito si deve rilevare che la legge n.  71‑498 ed il decreto n. 2004‑1463 perseguono la finalità di consentire, per tutelare i cittadini e garantire la buona amministrazione della giustizia, la creazione, in vari settori, di elenchi di professionisti cui i giudici possano rivolgersi per realizzare perizie o svolgere altri compiti nel contesto delle cause dinanzi ad essi pendenti.

30      Pertanto, unico obiettivo di tali disposizioni è di agevolare il ricorso a professionisti, che siano o meno membri di professioni regolamentate, e non di disciplinare il riconoscimento di una determinata qualifica, competenza che non spetta né alle Cour d’appel né all’Ufficio di presidenza della Cour de cassation (v., per analogia, sentenza 9 settembre 2003, causa C-285/01, Burbaud, Racc. pag. I‑8219, punto 91). Tali giudici possono inoltre legittimamente rivolgersi a periti non figuranti in detti elenchi. Di conseguenza, queste disposizioni non istituiscono, di per sé, una siffatta professione regolamentata.

31      Peraltro, la circostanza che taluni soggetti siano chiamati a fornire prestazioni di traduzione ai giudici nazionali francesi con il titolo di «perito presso la Cour d’appel di» o di «perito presso la Cour de cassation» non è idonea, alla luce dell’art. 3, n. 1, lett. a), seconda parte, della prima frase della direttiva 2005/36, ad inficiare tale affermazione.

32      Occorre quindi risolvere la quarta questione sollevata nella causa C‑373/09 nel senso che le prestazioni dei periti giudiziari traduttori effettuate da periti iscritti in un elenco come l’elenco nazionale dei periti giudiziari istituito dalla Cour de cassation non rientrano nella nozione di «professione regolamentata» ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. a), della direttiva 2005/36.

 Sulla prima questione in entrambe le cause

33      Con la prima questione in entrambe le cause, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’incarico conferito ad un professionista designato come perito giudiziario traduttore da un giudice nazionale nell’ambito di una controversia di cui è investito, in un contesto giuridico come quello risultante dai codici di procedura civile e di procedura penale francesi nonché dalla legge n. 71‑498 e dal decreto n. 2004‑1463, rientri nella nozione di «servizi» ai sensi dell’art. 50 CE.

34      Occorre innanzitutto far notare che dai fascicoli risulta che il compito dei periti giudiziari traduttori di cui alle cause principali consiste, su designazione di un giudice caso per caso, nel fornire una traduzione imparziale e di qualità da una lingua verso un’altra.

35      A questo proposito occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 50, primo comma, CE, sono considerate come servizi le prestazioni fornite di norma dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. Il secondo comma di tale articolo elenca, a titolo esemplificativo, talune attività che rientrano nella nozione di servizi, tra cui le attività delle libere professioni.

36      Il giudice del rinvio rileva che le prestazioni dei periti giudiziari sono disciplinate da regole particolari, secondo le quali, tra l’altro, essi intervengono unicamente su designazione di un giudice, per un incarico i cui termini sono definiti dal giudice stesso senza che i periti possano discostarsene, e il cui compenso è fissato dall’autorità giudiziaria.

37      Al riguardo occorre ricordare che, per giurisprudenza costante, la caratteristica essenziale della retribuzione va ravvisata nella circostanza che essa costituisce il corrispettivo economico della prestazione considerata, corrispettivo che è generalmente pattuito fra il prestatore ed il destinatario del servizio (v., in particolare, sentenze 22 maggio 2003, causa C‑355/00, Freskot, Racc. pag. I‑5263, punti 54 e 55, e 17 novembre 2009, causa C-169/08, Presidente del Consiglio dei Ministri, Racc. pag. I-10821, punto 23 e giurisprudenza citata).

38      Di conseguenza, la mera circostanza che, come accade in Francia, la retribuzione per i periti giudiziari sia fissata in base alla tariffa stabilita dai pubblici poteri non incide sulla qualificazione di servizio attribuita alle attività che essi sono chiamati a svolgere (v., per analogia, sentenza 12 luglio 2001, causa C-157/99, Smits e Peerbooms, Racc. pag. I-5473, punto 56).

39      Inoltre, il fatto che un perito giudiziario intervenga unicamente su designazione di un giudice per un incarico i cui termini sono definiti da quest’ultimo non differenzia sostanzialmente tale funzione da quella soggiacente ai classici rapporti contrattuali in materia di prestazioni di servizi. Non è eccezionale, infatti, che il fornitore e il destinatario di una determinata prestazione decidano, nel contesto del contratto che li lega, di affidare ad una delle parti di tale contratto un determinato potere decisionale, pur inquadrandolo con precisazioni in merito alle prestazioni da fornire. In tale contesto si deve ritenere che il perito che richiede di essere iscritto nell’elenco dei periti giudiziari abbia accettato le particolari regole che reggono le prestazioni di tali periti, in particolare le regole processuali concernenti i poteri del giudice, il quale definisce caso per caso ciò che deve essere tradotto e le precise condizioni in cui deve essere compiuta la traduzione che il perito giudiziario traduttore deve fornire.

40      Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la prima questione sottoposta in ciascuna delle due cause nel senso che un incarico affidato caso per caso da un giudice, nel contesto di una controversia di cui è investito, ad un professionista in qualità di perito giudiziario traduttore costituisce una prestazione di servizi ai sensi dell’art. 50 CE, al quale attualmente corrisponde l’art. 57 TFUE.

 Sulla seconda questione in ciascuna delle due cause

41      Con la seconda questione in ciascuna delle due cause, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’incarico conferito ad un professionista designato in qualità di perito giudiziario traduttore da un giudice nazionale nell’ambito di una controversia di cui questi è investito, in un contesto giuridico come quello risultante dai codici di procedura civile e di procedura penale francesi nonché dalla legge n. 71‑498 e dal decreto n. 2004-1463, rientri nella nozione di «attività che partecipino (…) all’esercizio dei pubblici poteri» ai sensi dell’art. 45, primo comma, CE. Il giudice del rinvio spiega in particolare che è un giudice che attribuisce al perito giudiziario i suoi poteri, che l’intervento del perito è finalizzato a coadiuvare il giudice ai fini della pronuncia della sua decisione e che il suo parere può incidere su tale decisione, sebbene il giudice non sia tenuto a aderire alle conclusioni del perito. Esso aggiunge che il perito giudiziario deve rispettare i principi processuali stabiliti dalla legge.

42      A questo proposito occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, un’attività entra nella sfera di applicazione dell’art. 45, primo comma, CE solo quando, di per sé, costituisce una partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri (v., in questo senso, in particolare, sentenza 21 giugno 1974, causa 2/74, Reyners, Racc. pag. 631, punti 45 e 54).

43      In questa fattispecie, dai fascicoli trasmessi alla Corte risulta che l’incarico di perito giudiziario traduttore in oggetto nella causa principale consiste nel fornire una traduzione imparziale e di qualità da una lingua verso un’altra, e non nell’esprimere un parere sul merito della causa.

44      Le traduzioni realizzate da tale perito, pertanto, rivestono mero carattere ausiliario e non intaccano la valutazione dell’autorità giudiziaria né il libero esercizio della potestà giurisdizionale. Di conseguenza, come affermano il ricorrente nella causa principale, il governo francese nonché la Commissione europea e l’Autorità di vigilanza EFTA, tali prestazioni di traduzione non possono essere considerate attività che partecipano all’esercizio dei pubblici poteri (v., per analogia, sentenze Reyners, cit., punti 52 e 53, nonché 10 dicembre 1991, causa C-306/89, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-5863, punto 7).

45      La seconda questione posta in entrambe le cause deve quindi essere risolta nel senso che le attività dei periti giudiziari nel settore della traduzione come quelle oggetto della causa principale non costituiscono attività che partecipano all’esercizio dei pubblici poteri ai sensi dell’art. 45, primo comma, CE, al quale corrisponde attualmente l’art. 51, primo comma, TFUE.

 Sulla terza questione nella causa C‑372/09

46      Con la terza questione nella causa C‑372/09, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se gli artt. 43 CE e 49 CE ostino ad una normativa nazionale in forza della quale l’iscrizione ad un elenco di periti giudiziari traduttori istituito da una Cour d’appel è assoggettato a requisiti di età, di competenza, di moralità e di indipendenza, senza che le autorità nazionali siano tenute, nel contesto della valutazione della competenza professionale del richiedente, a tenere in considerazione la qualifica da questi acquisita in un altro Stato membro e senza che siano previste modalità di controllo sulla valutazione di dette autorità a tale riguardo.

47      In via preliminare occorre rilevare che, sulla scorta delle informazioni fornite, risulta che il sig. Peñarroja Fa risiede a Barcellona, esercita in Catalogna la professione di traduttore perito giurato e desidera essere iscritto come traduttore, in Francia, ai due elenchi di periti giudiziari oggetto della causa principale.

48      Atteso che dal fascicolo non risulta che il sig. Peñarroja Fa intenda stabilirsi nel territorio francese, la questione sottoposta alla Corte deve essere esaminata unicamente alla luce delle disposizioni del Trattato CE applicabili in materia di libera prestazione di servizi.

49      Il governo francese ritiene che una normativa nazionale come quella oggetto della causa principale, per quanto riguarda sia l’elenco di periti giudiziari istituito da ogni Cour d’appel sia l’elenco nazionale di periti giudiziari, non costituisca una restrizione alla libera prestazione di servizi di perizie giudiziarie, in particolare perché i giudici, in generale, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 71-498, possono designare, a loro scelta, anche persone non figuranti nell’elenco di periti giudiziari.

50      In tale contesto, occorre ricordare che l’art. 49 CE impone non solo l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro a causa della sua nazionalità, ma parimenti la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando essa è tale da proibire, ostacolare o rendere meno interessanti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, dove offre legalmente servizi analoghi (in tal senso, v., in particolare, sentenze 3 ottobre 2000, causa C-58/98, Corsten, Racc. pag. I-7919, punto 33, nonché 8 settembre 2009, causa C-42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, Racc. pag. I-7633, punto 51 e giurisprudenza citata).

51      A questo riguardo occorre rilevare che, come ha spiegato il giudice del rinvio, l’istituzione di elenchi di periti giudiziari, seppur redatti secondo il diritto nazionale «per informazione dei giudici», è finalizzata a consentire ai giudici di essere certi che i professionisti che li assistono dispongano delle competenze e delle altre capacità necessarie per garantire la qualità e l’efficienza nell’amministrazione della giustizia.

52      Alla luce di queste finalità, occorre considerare che l’istituzione di elenchi di periti giudiziari come quelli oggetto della causa principale è idonea ad incidere sulla scelta dei giudici, in quanto questi saranno inclini a designare periti iscritti in siffatti elenchi, rispetto ai quali possono presumere che si tratti di soggetti dotati delle competenze richieste per assisterli.

53      Occorre quindi dichiarare che, sebbene non esista un obbligo formale in capo ai giudici di designare unicamente i periti iscritti in tali elenchi, l’istituzione di questi ultimi costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi di perito giudiziario traduttore (v., par analogia, sentenza 24 novembre 1982, causa 249/81, Commissione/Irlanda, Racc. pag. 4005, punto 28).

54      Tuttavia, dalla costante giurisprudenza risulta parimenti che, anche in assenza di un’armonizzazione in materia, siffatta restrizione della libertà di prestazione dei servizi può essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, qualora si applichi a tutte le persone o imprese che esercitano un’attività nel territorio dello Stato membro ospitante, purché sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguirlo, e nei limiti in cui tale interesse non sia tutelato dalle norme cui il prestatore è soggetto nello Stato membro in cui è stabilito (v., in questo senso, in particolare, sentenze 23 novembre 1999, cause riunite C-369/96 e C-376/96, Racc. pag. I-8453, punti 34 e 35 nonché giurisprudenza citata, e 15 gennaio 2002, causa C-439/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I-305, punto 23 e giurisprudenza citata).

55      Tra tali motivi imperativi di interesse generale si annoverano la tutela dei cittadini e la buona amministrazione della giustizia.

56      Occorre riconoscere che le condizioni prescritte da una disposizione come l’art. 2 del decreto n. 2004‑1463 sono idonee a garantire la realizzazione di tali obiettivi e possono pertanto costituire una restrizione ammissibile della libera prestazione dei servizi, tuttavia tale restrizione non può spingersi oltre quanto necessario per conseguire detti obiettivi.

57      A questo riguardo, sebbene la tutela dei cittadini e la buona amministrazione della giustizia possano giustificare l’istituzione di un elenco di periti che, come già dichiarato al punto 52, viene utilizzato nella maggior parte dei casi, rimane però necessario che l’istituzione di tale elenco sia fondata su criteri oggettivi e non discriminatori.

58      Per costante giurisprudenza, le autorità nazionali devono adoperarsi affinché la qualifica acquisita in altri Stati membri sia riconosciuta per il suo giusto valore e sia debitamente presa in considerazione (v., in particolare, sentenze 7 maggio 1991, causa C‑340/89, Vlassopoulou, Racc. pag. I‑2357, punto 16, e 22 gennaio 2002, causa C‑31/00, Dreessen, Racc. pag. I‑663, punti 23 e 24, nonché sentenza 17 dicembre 2009, Rubino, cit., punto 34).

59      In questa fattispecie il governo francese menziona l’esistenza di una prassi in base alla quale, nel contesto della valutazione delle richieste di iscrizione all’elenco dei periti giudiziari in oggetto, si terrebbe conto dell’esperienza dei candidati che realizzano o hanno realizzato perizie giudiziarie per un tribunale straniero.

60      Tuttavia, dalle decisioni di rinvio risulta che, secondo la costante giurisprudenza della Cour de cassation, nessuna disposizione di legge o regolamentare rende obbligatoria la motivazione delle decisioni di diniego di iscrizione iniziale a detti elenchi, che il procedimento di iscrizione non costituisce un atto rientrante nel procedimento francese di accesso ai documenti amministrativi e che la Cour de cassation, se adita con un ricorso avverso una decisione di diniego di iscrizione, si limita a verificare la regolarità procedurale dell’esame della domanda di iscrizione, ad esclusione, pertanto, delle qualifiche professionali del candidato.

61      Pertanto, è d’obbligo constatare che le decisioni recanti diniego di iscrizione di periti giudiziari traduttori ad elenchi di periti, alle condizioni presenti nella causa principale, sfuggono ad un effettivo controllo giurisdizionale per quanto riguarda la considerazione dell’esperienza e delle qualifiche acquisite e riconosciute in altri Stati membri.

62      A questo proposito occorre sottolineare che le autorità nazionali devono effettuare l’esame della qualifica acquisita in altri Stati membri e trarne le eventuali conseguenze avvalendosi di una procedura che deve essere conforme ai requisiti del diritto dell’Unione in materia di effettiva tutela dei diritti fondamentali conferiti ai cittadini dell’Unione, in particolare dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

63      Di conseguenza, ogni decisione deve poter essere impugnata in giudizio di modo che se ne possa verificare la legittimità alla luce del diritto dell’Unione. Affinché tale controllo giuridico sia efficace, è necessario che l’interessato possa venire a conoscenza della motivazione della decisione adottata nei suoi confronti, circostanza che gli consentirà di difendersi alle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli possa risultare utile adire il giudice. Se ne evince che l’autorità nazionale competente è tenuta a comunicargli la motivazione alla base del diniego, nella stessa decisione oppure in una successiva comunicazione effettuata su sua richiesta (v. sentenze 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens e a., Racc. pag. 4097, punti 15 e 17, nonché Vlassopoulou, cit., punto 22).

64      Pertanto, nei limiti in cui una normativa nazionale integrante una restrizione della libera prestazione dei servizi non istituisce modalità di effettivo sindacato di tipo giurisdizionale sulla presa in considerazione, nel suo giusto valore, della qualifica di un perito giudiziario traduttore riconosciuto dalle giurisdizioni degli altri Stati membri, tale normativa non soddisfa le condizioni del diritto dell’Unione.

65      Occorre pertanto risolvere la terza questione sottoposta nella causa C‑372/09 nel senso che l’art. 49 CE, al quale attualmente corrisponde l’art. 56 TFUE, osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, in forza della quale l’iscrizione ad un elenco di periti giudiziari traduttori è assoggettata a condizioni inerenti alla qualifica senza che gli interessati possano venire a conoscenza della motivazione della decisione adottata nei loro confronti e senza che questa possa essere oggetto di un effettivo ricorso di natura giurisdizionale che consenta di verificare la sua legittimità, soprattutto con riguardo all’osservanza del requisito, risultante dal diritto dell’Unione, che la loro qualifica acquisita e riconosciuta in altri Stati membri sia stata debitamente presa in considerazione.

 Sulla terza questione nella causa C‑373/09

66      Con la terza questione nella causa C‑373/09, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, considerato isolatamente, un requisito come quello contenuto nell’art. 2 della legge n. 71-498, secondo cui non è possibile figurare nell’elenco nazionale dei periti giudiziari se non si dimostra di essere stati iscritti in un elenco istituito da una Cour d’appel per tre anni consecutivi, sia contrario alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi.

67      In via preliminare va osservato che, per le ragioni rilevate al punto 48 di questa sentenza, tale questione deve essere esaminata unicamente con riferimento alle disposizioni del Trattato applicabili in materia di libera prestazione di servizi.

68      Dalle considerazioni esposte ai punti 49‑53 della presente sentenza risulta che il requisito dell’iscrizione ad elenchi di periti giudiziari sancito dalla legge n. 71‑498 e dal decreto n. 2004-1463 costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi di perito giudiziario traduttore.

69      Occorre inoltre riconoscere che una condizione preliminare come quella di essere iscritti ad un elenco istituito da una Cour d’appel per tre anni consecutivi è idonea a garantire la realizzazione degli obiettivi di tutela dei cittadini intrinseci in un procedimento dinanzi alla Cour de cassation e di buona amministrazione della giustizia e, pertanto, può costituire una restrizione ammissibile della libera prestazione dei servizi.

70      È tuttavia necessario esaminare se questa condizione, che si applica indistintamente ai prestatori di servizi nazionali e a quelli degli altri Stati membri, ecceda quanto necessario per garantire la realizzazione di detti obiettivi.

71      A questo riguardo, il governo francese ha innanzitutto affermato che siffatta condizione consente di assicurarsi che un perito abbia acquisito una buona conoscenza delle procedure giurisdizionali dello Stato membro in questione, che possono differire in maniera sostanziale dalle procedure giurisdizionali degli altri Stati membri. Tale conoscenza potrebbe essere acquisita solo tramite la pratica. Inoltre, dato che ai periti giudiziari sono conferiti incarichi singoli e che, tra un incarico e l’altro, possono passare diversi mesi o anni, il requisito di essere rimasti iscritti per tre anni consecutivi ad un elenco di periti giudiziari non sarebbe eccessivo.

72      Per garantire la tutela dei soggetti di diritto e la buona amministrazione della giustizia sono giustificati elevati standard qualitativi per quanto riguarda i professionisti che partecipano ad un procedimento giurisdizionale. Ciò vale a maggior ragione quando si tratti di professionisti che partecipano ad un procedimento dinanzi ad un giudice supremo di uno Stato membro, quale la Cour de cassation francese.

73      Qualora si tratti di prestazioni di traduzione nel contesto di questo genere di procedimento, per realizzare gli obiettivi di tutela dei soggetti di diritto e di buona amministrazione della giustizia non è sproporzionato richiedere che il perito giudiziario traduttore possieda già una certa esperienza pratica nello svolgimento di incarichi di traduzione giuridica e una certa conoscenza del sistema giudiziario dello Stato membro della giurisdizione interessata.

74      Considerato che gli incarichi dei periti giudiziari traduttori iscritti in un elenco istituito da una Cour d’appel sono singoli e che possono trascorrere diversi mesi o addirittura anni tra un incarico e l’altro, occorre riconoscere allo Stato membro interessato un certo margine discrezionale per quanto concerne la durata ritenuta necessaria per conseguire tali obiettivi. Pertanto, il requisito di essere stati iscritti per tre anni consecutivi ad un elenco di periti giudiziari, in linea di principio, non si spinge oltre quanto necessario per garantire il conseguimento di detti obiettivi.

75      Tuttavia, l’applicazione di questa regola ad un perito giudiziario traduttore di un altro Stato membro che abbia già svolto incarichi dinanzi ai giudici di quest’ultimo o a quelli di altri Stati membri, in particolare presso i tribunali di più alto grado, sarebbe sproporzionata con riferimento al principio ricordato al punto 58 della presente sentenza.

76      In una situazione come quella oggetto della causa principale, infatti, il diritto dell’Unione richiede che l’autorità cui è stata rivolta una domanda di iscrizione ad un elenco come l’elenco nazionale dei periti giudiziari prenda in considerazione le qualifiche che il richiedente ha acquisito in altri Stati membri per accertare se e in che limiti queste possano equivalere alle competenze che di norma ci si attende da una persona che sia stata iscritta per tre anni consecutivi ad un elenco istituito da una Cour d’appel (v., per analogia, sentenza Vlassopoulou, cit., punto 16).

77      A questo proposito occorre ricordare, come già indicato al punto 63 della presente sentenza, che ogni decisione deve poter essere impugnata in giudizio di modo che se ne possa verificare la legittimità alla luce del diritto dell’Unione e che all’interessato deve essere data la possibilità di conoscere la motivazione della decisione adottata nei suoi confronti.

78      Considerate le osservazioni che precedono, occorre risolvere la terza questione sottoposta nella causa C‑373/09 nel senso che l’art. 49 CE, al quale attualmente corrisponde l’art. 56 TFUE, osta ad un requisito come quello previsto dall’art. 2 della legge n. 71-498, da cui risulta che non è possibile figurare nell’elenco nazionale dei periti giudiziari in qualità di traduttore se non si dimostra di essere stati iscritti per tre anni consecutivi in un elenco di periti giudiziari istituito da una Cour d’appel, qualora siffatto requisito, nel contesto dell’esame di una domanda di una persona stabilita in un altro Stato membro e che non dimostra detta iscrizione, impedisca che la qualifica acquisita da tale persona e riconosciuta in tale altro Stato membro sia debitamente presa in considerazione per accertare se e in che limiti questa possa equivalere alle competenze che di norma ci si attende da una persona che sia stata iscritta per tre anni consecutivi ad un elenco di periti giudiziari istituito da una Cour d’appel.

 Sulle spese

79      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      Un incarico affidato caso per caso da un giudice, nel contesto di una controversia di cui è investito, ad un professionista in qualità di perito giudiziario traduttore costituisce una prestazione di servizi ai sensi dell’art. 50 CE, al quale attualmente corrisponde l’art. 57 TFUE.

2)      Le attività dei periti giudiziari nel settore della traduzione come quelle oggetto della causa principale non costituiscono attività che partecipano all’esercizio dei pubblici poteri ai sensi dell’art. 45, primo comma, CE, al quale corrisponde attualmente l’art. 51, primo comma, TFUE.

3)      L’art. 49 CE, al quale attualmente corrisponde l’art. 56 TFUE, osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, in forza della quale l’iscrizione ad un elenco di periti giudiziari traduttori è assoggettata a condizioni inerenti alla qualifica senza che gli interessati possano venire a conoscenza della motivazione della decisione adottata nei loro confronti e senza che questa possa essere oggetto di un effettivo ricorso di natura giurisdizionale che consenta di verificare la sua legittimità, soprattutto con riguardo all’osservanza del requisito, risultante dal diritto dell’Unione, che la loro qualifica acquisita e riconosciuta in altri Stati membri sia stata debitamente presa in considerazione.

4)      L’art. 49 CE, al quale attualmente corrisponde l’art. 56 TFUE, osta ad un requisito come quello previsto dall’art. 2 della legge 29 giugno 1971, n. 71-498, relativa ai periti giudiziari, come modificata dalla legge 11 febbraio 2004, n. 2004-130, da cui risulta che non è possibile figurare nell’elenco nazionale dei periti giudiziari in qualità di traduttore se non si dimostra di essere stati iscritti per tre anni consecutivi in un elenco di periti giudiziari istituito da una Cour d’appel, qualora siffatto requisito, nel contesto dell’esame di una domanda di una persona stabilita in un altro Stato membro e che non dimostra detta iscrizione, impedisca che la qualifica acquisita da tale persona e riconosciuta in tale altro Stato membro sia debitamente presa in considerazione per accertare se e in che limiti questa possa equivalere alle competenze che di norma ci si attende da una persona che sia stata iscritta per tre anni consecutivi ad un elenco di periti giudiziari istituito da una Cour d’appel.

5)      Le prestazioni dei periti giudiziari traduttori effettuate da periti iscritti in un elenco come l’elenco nazionale dei periti giudiziari istituito dalla Cour de cassation non rientrano nella nozione di «professione regolamentata» ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 settembre 2005, 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali.

Firme


* Lingua processuale: il francese.