Language of document : ECLI:EU:C:2010:26

Causa C‑311/08

Société de Gestion Industrielle (SGI)

contro

État belge

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal de première instance de Mons (Belgio)]

«Libertà di stabilimento — Libera circolazione dei capitali — Fiscalità diretta — Normativa in materia di imposta sul reddito — Determinazione del reddito imponibile delle società — Società che si trovano in una situazione d’interdipendenza — Beneficio straordinario o senza contropartita che una società residente concede ad una società stabilita in un altro Stato membro — Aggiunta dell’importo del beneficio di cui trattasi agli utili propri della società residente che lo ha concesso — Ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri — Lotta contro l’elusione fiscale — Prevenzione delle pratiche abusive — Proporzionalità»

Massime della sentenza

1.        Libera circolazione delle persone — Libertà di stabilimento — Disposizioni del Trattato — Ambito di applicazione

(Artt. 43 CE, 48 CE e 56 CE)

2.        Diritto comunitario — Principi — Parità di trattamento — Discriminazione in base alla nazionalità — Rapporto tra l’art. 12 CE e gli artt. 43 CE e 56 CE

(Artt. 12 CE, 43 CE e 56 CE)

3.        Libera circolazione delle persone — Libertà di stabilimento — Normativa tributaria — Imposta sul reddito

(Artt. 43 CE e 48 CE)

1.        Una normativa di uno Stato membro in forza della quale un beneficio straordinario o senza contropartita viene assoggettato ad imposizione in capo alla società residente qualora quest’ultimo sia stato concesso ad una società stabilita in un altro Stato membro, nei confronti della quale tale prima società sia collegata, direttamente o indirettamente, da vincoli d’interdipendenza, e non sia invece assoggettato qualora sia stato concesso ad un’altra società residente, rispetto alla quale questa prima società sia collegata da tali vincoli, deve essere esaminata alla luce degli artt. 43 CE e 48 CE, quando la causa riguarda esclusivamente l’impatto di detta normativa sul trattamento fiscale di una società collegata alle altre società interessate da un vincolo d’interdipendenza, caratterizzato dall’esercizio di una sicura influenza. Infatti, se è vero che una normativa di questo tipo può pregiudicare anche l’esercizio di altre libertà di circolazione e, in particolare, quello della libera circolazione dei capitali ai sensi dell’art. 56 CE, tuttavia, in una situazione del genere, sono applicabili gli artt. 43 CE e 48 CE.

(v. punti 30, 36-37)

2.        L’art. 12 CE è concepito per essere applicato autonomamente solo nelle situazioni disciplinate dal diritto comunitario per le quali il Trattato CE non stabilisca regole specifiche contro la discriminazione. Orbene, gli artt. 43 CE e 56 CE prevedono tali regole specifiche contro la discriminazione negli ambiti della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali.

(v. punti 31-32)

3.        L’art. 43 CE, in combinato disposto con l’art. 48 CE, deve essere interpretato nel senso che non osta, in linea di principio, ad una normativa di uno Stato membro in forza della quale un beneficio straordinario o senza contropartita viene assoggettato ad imposizione in capo alla società residente qualora quest’ultimo sia stato concesso ad una società stabilita in un altro Stato membro, nei confronti della quale tale prima società sia collegata, direttamente o indirettamente, da vincoli d’interdipendenza, quando invece una società residente non può essere assoggettata a imposizione su un beneficio siffatto qualora quest’ultimo sia stato concesso ad un’altra società residente, rispetto alla quale questa prima società sia collegata da tali vincoli.

Una siffatta disparità di trattamento fiscale tra le società residenti in funzione del luogo della sede delle società che beneficiano dei vantaggi straordinari o senza contropartita costituisce certo una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell’art. 43 CE, in combinato disposto con l’art. 48 CE. Una società residente, infatti, potrebbe essere indotta a rinunciare all’acquisizione, alla creazione o al mantenimento di una controllata in un altro Stato membro ovvero all’acquisizione o al mantenimento di una partecipazione sostanziale in una società stabilita in quest’ultimo Stato a causa dell’onere fiscale che, in una situazione transfrontaliera, grava sulla concessione dei benefici previsti da tale normativa. Inoltre, una normativa di questo tipo può produrre un effetto restrittivo nei riguardi delle società stabilite in altri Stati membri, poiché una siffatta società potrebbe essere indotta a rinunciare all’acquisizione, alla creazione o al mantenimento di una controllata nello Stato membro interessato o all’acquisizione o al mantenimento di una partecipazione sostanziale in una società stabilita in quest’ultimo Stato a causa dell’onere fiscale che, in tale Stato, grava sulla concessione dei benefici considerati da tale normativa. In ogni caso, in una situazione transfrontaliera, sussiste il rischio di una doppia imposizione, perché i benefici straordinari o senza contropartita concessi da una società residente e reintegrati negli utili propri di quest’ultima possono essere assoggettati ad imposta nello Stato membro in cui è stabilita la società beneficiaria e a carico di quest’ultima.

Tuttavia, in considerazione della necessità di tutelare la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri e di prevenire l’elusione fiscale, considerate congiuntamente, siffatta normativa persegue obiettivi legittimi compatibili con il Trattato e riconducibili a ragioni imperative di interesse generale ed è idonea a garantire la realizzazione di tali obiettivi. Infatti, consentire alle società residenti di trasferire i loro utili sotto forma di benefici straordinari o senza contropartita a società collegate a queste ultime da un vincolo d’interdipendenza e stabilite in altri Stati membri rischierebbe di compromettere una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri. Ciò potrebbe pregiudicare il sistema stesso della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, poiché, a seconda della scelta operata dalle società collegate da vincoli d’interdipendenza, lo Stato membro della società che concede benefici straordinari o senza contropartita sarebbe costretto a rinunciare al suo diritto di assoggettare ad imposta, in quanto Stato di residenza di tale società, i redditi di quest’ultima, a vantaggio, eventualmente, dello Stato membro in cui ha sede la società beneficiaria. Prevedendo l’imposizione fiscale di un beneficio straordinario o senza contropartita in capo alla società residente che lo ha concesso ad una società stabilita in un altro Stato membro, la normativa consente allo Stato interessato di esercitare la propria competenza fiscale in relazione alle attività svolte sul suo territorio.

Peraltro, consentire alle società residenti di concedere benefici straordinari o senza contropartita a società collegate a queste ultime da un vincolo d’interdipendenza e stabilite in altri Stati membri, senza prevedere alcuna misura fiscale correttrice, implica il rischio che, tramite costruzioni di puro artificio, vengano organizzati trasferimenti di redditi in seno a società collegate in direzione di quelle stabilite negli Stati membri che applicano le aliquote di tassazione più basse o negli Stati membri in cui tali redditi non sarebbero affatto tassati.

Spetta, tuttavia, al giudice del rinvio verificare che tale normativa non ecceda quanto necessario per conseguire i suoi obiettivi, congiuntamente considerati. A tale proposito, una normativa nazionale che si fondi su un esame di elementi oggettivi e verificabili per stabilire se una transazione consista in una costruzione di puro artificio a soli fini fiscali va considerata come non eccedente quanto necessario per raggiungere gli obiettivi relativi alla necessità di salvaguardare la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri e di prevenire l’elusione fiscale, considerati congiuntamente, quando, in primo luogo, in tutti i casi in cui esiste il sospetto che una transazione ecceda ciò che le società interessate avrebbero convenuto in un regime di piena concorrenza, il contribuente sia messo in grado, senza eccessivi oneri amministrativi, di produrre elementi relativi alle eventuali ragioni commerciali per le quali tale transazione sia stata conclusa. In secondo luogo, qualora la verifica di siffatti elementi porti alla conclusione che la transazione di cui trattasi eccede quanto le società interessate avrebbero convenuto in un regime di piena concorrenza, la misura fiscale correttrice deve limitarsi alla frazione che supera ciò che sarebbe stato convenuto in mancanza di una situazione d’interdipendenza tra queste ultime. Ciò considerato, fatti salvi gli accertamenti da effettuarsi da parte del giudice nazionale su questi due ultimi punti, riguardanti l’interpretazione e l’applicazione del diritto nazionale, una tale normativa nazionale è proporzionata rispetto all’insieme degli obiettivi che persegue.

(v. punti 44-45, 53, 55, 63-64, 67, 69-72, 75-76 e dispositivo)