Language of document : ECLI:EU:C:2010:344

PRESA DI POSIZIONE DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentata il 16 giugno 2010 1(1)

Causa C‑211/10 PPU

Doris Povse

contro

Mauro Alpago

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Gerichtshof (Austria)]

«Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Responsabilità genitoriale comune dei genitori – Trasferimento di un minore in un altro Stato membro in violazione di un divieto di uscita dal territorio – Provvedimento del giudice del primo Stato membro che revoca il divieto e dispone che le decisioni relative al minore spettino provvisoriamente al genitore che si è trasferito con quest’ultimo – Permanenza del minore nel secondo Stato membro per oltre un anno – Provvedimento del giudice del primo Stato membro che dispone il ritorno del minore in tale Stato – Motivi che possono giustificare il rifiuto di eseguire detto provvedimento nel secondo Stato membro»





1.        Una minore nata in Italia nel 2006 da padre italiano e madre austriaca, non coniugati, si trova attualmente in Austria con la madre, contro la volontà del padre. Nell’ambito di un procedimento diretto a determinare l’esercizio della responsabilità genitoriale nei confronti della minore, un giudice italiano ne ha disposto il ritorno in Italia. L’Oberster Gerichtshof (Corte suprema austriaca) sottopone alla Corte cinque questioni concernenti i motivi per i quali l’esecuzione di tale provvedimento potrebbe eventualmente essere rifiutata.

 Ambito normativo

2.        A livello dell’Unione europea la fattispecie è disciplinata dal regolamento (CE) del Consiglio n. 2201/2003 (2), in combinato disposto con la Convenzione dell’Aia del 1980 (3).

 La Convenzione

3.        Nel preambolo di detta Convenzione, gli Stati firmatari si dichiarano «[p]rofondamente convinti che l’interesse del minore sia di rilevanza fondamentale in tutte le questioni pertinenti alla sua custodia» e affermano di voler «proteggere il minore, a livello internazionale, contro gli effetti nocivi derivanti da un suo trasferimento o mancato rientro illecit[i], e stabilire procedure tese ad assicurare l’immediato rientro del minore nel proprio Stato di residenza abituale, nonché a garantire la tutela del diritto di visita».

4.        Secondo l’art. 3 della Convenzione:

«Il trasferimento o il mancato rientro di un minore è ritenuto illecito:

a)      quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e:

b)      se tali diritti [erano] effettivamente esercitati, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o avrebbero potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze.

Il diritto di custodia citato al capoverso a) di cui sopra può in particolare derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo in vigore in base alla legislazione del predetto Stato».

5.        L’art 12 della Convenzione così recita:

«Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell’articolo 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore fino alla presentazione dell’istanza presso l’Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente dove si trova il minore, l’autorità adita ordina il suo ritorno immediato.

L’Autorità giudiziaria o amministrativa, benché adita dopo la scadenza del periodo di un anno di cui al capoverso precedente, deve ordinare il ritorno del minore, a meno che non sia dimostrato che il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente.

(...)».

6.        Ai sensi dell’art. 13 della Convenzione:

«Nonostante le disposizioni del precedente articolo, l’Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al ritorno dimostri:

a)      che la persona, l’istituzione o l’ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno; o

b)      che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile.

L’Autorità giudiziaria o amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un’età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere.

Nel valutare le circostanze di cui al presente articolo, le Autorità giudiziarie e amministrative devono tener conto delle informazioni fornite dall’Autorità centrale o da ogni altra Autorità competente dello Stato di residenza del minore, riguardo alla sua situazione sociale».

7.        L’art. 17 della Convenzione dispone quanto segue:

«Il solo fatto che una decisione relativa all’affidamento sia stata presa o sia passibile di riconoscimento dello Stato richiesto non può giustificare il rifiuto di fare ritornare il minore, in forza della presente Convenzione; tuttavia, le Autorità giudiziarie o amministrative dello Stato richiesto possono prendere in considerazione le motivazioni della decisione nell’applicare la Convenzione».

8.        Ai sensi dell’art. 19 della Convenzione:

«Una decisione relativa al ritorno del minore, pronunciata conformemente alla presente Convenzione, non pregiudica il merito del diritto di custodia».

 Il regolamento

9.        Vari ‘considerando’ del regolamento appaiono pertinenti ai fini dell’analisi delle questioni sollevate con il presente rinvio pregiudiziale, in particolare:

«(12) È opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza. Ciò significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale.

(…)

(17)      In caso di trasferimento o mancato rientro illeciti del minore, si dovrebbe ottenerne immediatamente il ritorno e a tal fine dovrebbe continuare ad essere applicata la convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980, quale integrata dalle disposizioni del presente regolamento, in particolare l’articolo 11. I giudici dello Stato membro in cui il minore è stato trasferito o trattenuto illecitamente dovrebbero avere la possibilità di opporsi al suo rientro in casi precisi, debitamente motivati. Tuttavia, una simile decisione dovrebbe poter essere sostituita da una decisione successiva emessa dai giudici dello Stato membro di residenza abituale del minore prima del suo trasferimento illecito o mancato rientro. Se la decisione implica il rientro del minore, esso dovrebbe avvenire senza che sia necessario ricorrere a procedimenti per il riconoscimento e l’esecuzione della decisione nello Stato membro in cui il minore è trattenuto.

(...)

(21)      Il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro dovrebbero fondarsi sul principio della fiducia reciproca e i motivi di non riconoscimento dovrebbero essere limitati al minimo indispensabile.

(...)

(23)      Il Consiglio europeo di Tampere ha affermato nelle sue conclusioni (punto 34) che le decisioni pronunciate nelle controversie familiari dovrebbero essere “automaticamente riconosciute in tutta l’Unione senza che siano necessarie procedure intermedie o che sussistano motivi per rifiutarne l’esecuzione”. Pertanto le decisioni in materia di diritto di visita o di ritorno, che siano state certificate nello Stato membro d’origine conformemente alle disposizioni del presente regolamento, dovrebbero essere riconosciute e avere efficacia esecutiva in tutti gli altri Stati membri senza che sia richiesto qualsiasi altro procedimento. Le modalità relative all’esecuzione di tali decisioni sono tuttora disciplinate dalla legge nazionale.

(24)      Il certificato rilasciato allo scopo di facilitare l’esecuzione della decisione non dovrebbe essere impugnabile. Non dovrebbe poter dare luogo a una domanda di rettifica se non in caso di errore materiale, ossia se il certificato non rispecchia correttamente il contenuto della decisione».

10.      L’art. 2 del regolamento definisce alcuni dei termini ivi utilizzati. In particolare, si intende per:

«4)      “decisione”: una decisione di divorzio, separazione personale dei coniugi o annullamento del matrimonio emessa dal giudice di uno Stato membro, nonché una decisione relativa alla responsabilità genitoriale, a prescindere dalla denominazione usata per la decisione, quale ad esempio decreto, sentenza o ordinanza;

(...)

11)      “trasferimento illecito o mancato ritorno del minore” il trasferimento o il mancato rientro di un minore:

a)      quando avviene in violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro

e

b)      se il diritto di affidamento era effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o lo sarebbe stato se non fossero sopravvenuti tali eventi. L’affidamento si considera esercitato congiuntamente da entrambi i genitori quanto uno dei titolari della responsabilità genitoriale non può, conformemente ad una decisione o al diritto nazionale, decidere il luogo di residenza del minore senza il consenso dell’altro titolare della responsabilità genitoriale.

(...)».

11.      Ai sensi dell’art. 8 del regolamento, e fatte salve le disposizioni degli artt. 9, 10 e 12, le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore se il minore risiede abitualmente in detto Stato membro alla data in cui sono aditi i giudici.

12.      A tale riguardo, l’art. 10 del regolamento (4) dispone quanto segue:

«In caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la competenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un altro Stato membro e:

a)      se ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha accettato il trasferimento o mancato rientro;

o

b)      se il minore ha soggiornato in quell’altro Stato membro almeno per un anno da quando la persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava e il minore si è integrato nel nuovo ambiente e se ricorre una qualsiasi delle seguenti condizioni:

i)      entro un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava non è stata presentata alcuna domanda di ritorno del minore dinanzi alle autorità competenti dello Stato membro nel quale il minore è stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro;

ii)      una domanda di ritorno presentata dal titolare del diritto di affidamento è stata ritirata e non è stata presentata una nuova domanda entro il termine di cui al punto i);

iii)      un procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro è stato definito a norma dell’articolo 11, paragrafo 7;

iv)      l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o del mancato ritorno ha emanato una decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore».

13.      Ai sensi dell’art. 11 del regolamento:

«1.      Quando una persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un provvedimento in base alla [Convenzione] per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i paragrafi da 2 a 8.

2.      Nell’applicare gli articoli 12 e 13 della [Convenzione], si assicurerà che il minore possa essere ascoltato durante il procedimento se ciò non appaia inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità.

3.      Un’autorità giurisdizionale alla quale è stata presentata la domanda per il ritorno del minore di cui al paragrafo 1 procede al rapido trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione nazionale.

Fatto salvo il primo comma l’autorità giurisdizionale, salvo nel caso in cui circostanze eccezionali non lo consentano, emana il provvedimento al più tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda.

4.      Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in base all’articolo 13, lettera b), della [Convenzione] qualora sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno.

5.      Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di disporre il ritorno del minore se la persona che lo ha chiesto non ha avuto la possibilità di essere ascoltata.

6.      Se un’autorità giurisdizionale ha emanato un provvedimento contro il ritorno di un minore in base all’articolo 13 della [Convenzione], l’autorità giurisdizionale deve immediatamente trasmettere direttamente ovvero tramite la sua autorità centrale una copia del provvedimento giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti, in particolare una trascrizione delle audizioni dinanzi al giudice, all’autorità giurisdizionale competente o all’autorità centrale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, come stabilito dalla legislazione nazionale. L’autorità giurisdizionale riceve tutti i documenti indicati entro un mese dall’emanazione del provvedimento contro il ritorno.

7.      A meno che l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno non sia già stat[a] adita da una delle parti, l’autorità giurisdizionale o l’autorità centrale che riceve le informazioni di cui al paragrafo 6 deve informarne le parti e invitarle a presentare all’autorità giurisdizionale le proprie conclusioni, conformemente alla legislazione nazionale, entro tre mesi dalla data della notifica, affinché quest’ultima esamini la questione dell’affidamento del minore.

Fatte salve le norme sulla competenza di cui al presente regolamento, in caso di mancato ricevimento delle conclusioni entro il termine stabilito, l’autorità giurisdizionale archivia il procedimento.

8.      Nonostante l’emanazione di un provvedimento contro il ritorno in base all’articolo 13 della [Convenzione], una successiva decisione che prescrive il ritorno del minore emanata da un giudice competente ai sensi del presente regolamento è esecutiva conformemente alla sezione 4 del capo III, allo scopo di assicurare il ritorno del minore».

14.      L’art. 15 del regolamento riguarda il possibile trasferimento delle competenze a un’autorità giurisdizionale più adatta a trattare il caso, e così recita:

«1.      In via eccezionale le autorità giurisdizionali di uno Stato membro competenti a conoscere del merito, qualora ritengano che l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con il quale il minore abbia un legame particolare sia più adatt[a] a trattare il caso o una sua parte specifica e ove ciò corrisponda all’interesse superiore del minore, possono:

a)      interrompere l’esame del caso o della parte in questione e invitare le parti a presentare domanda all’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro conformemente al paragrafo 4 oppure

b)      chiedere all’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro di assumere la competenza ai sensi del paragrafo 5.

2.      Il paragrafo 1 è applicabile:

a)      su richiesta di una parte o

b)      su iniziativa dell’autorità giurisdizionale o

c)      su iniziativa di un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con cui il minore abbia un legame particolare, conformemente al paragrafo 3.

Il trasferimento della causa può tuttavia essere effettuato su iniziativa dell’autorità giurisdizionale o su richiesta di un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro soltanto se esso è accettato da almeno una delle parti.

3.      Si ritiene che il minore abbia un legame particolare con uno Stato membro, ai sensi del paragrafo 1, se tale Stato membro

a)      è divenuto la residenza abituale del minore dopo che l’autorità giurisdizionale di cui al paragrafo 1 è stata adita; o

b)      è la precedente residenza abituale del minore; o

c)      è il paese di cui il minore è cittadino; o

d)      è la residenza abituale di uno dei titolari della responsabilità genitoriale; o

e)      la causa riguarda le misure di protezione del minore legate all’amministrazione, alla conservazione o all’alienazione dei beni del minore situati sul territorio di questo Stato membro.

4.      L’autorità giurisdizionale dello Stato membro competente a conoscere del merito fissa un termine entro il quale le autorità giurisdizionali dell’altro Stato membro devono essere adite conformemente al paragrafo 1.

Decorso inutilmente tale termine, la competenza continua ad essere esercitata dall’autorità giurisdizionale preventivamente adita ai sensi degli articoli da 8 a 14.

5.      Le autorità giurisdizionali di quest’altro Stato membro possono accettare la competenza, ove ciò corrisponda, a motivo delle particolari circostanze del caso, all’interesse superiore del minore, entro 6 settimane dal momento in cui sono adite in base al paragrafo 1, lettere a) o b). In questo caso, l’autorità giurisdizionale preventivamente adita declina la propria competenza. In caso contrario, la competenza continua ad essere esercitata dall’autorità giurisdizionale preventivamente adita ai sensi degli articoli da 8 a 14.

6.      Le autorità giurisdizionali collaborano, ai fini del presente articolo, direttamente ovvero attraverso le autorità centrali nominate a norma dell’articolo 53 (5)».

15.      Il capo III del regolamento è intitolato «Riconoscimento ed esecuzione». La sezione 1 riguarda il riconoscimento. In tale sezione, l’art. 23 elenca, in particolare, i motivi di non riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale e così recita:

«Le decisioni relative alla responsabilità genitoriale non sono riconosciute nei casi seguenti:

a)      se, tenuto conto dell’interesse superiore del minore, il riconoscimento è manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto;

b)      se, salvo i casi d’urgenza, la decisione è stata resa senza che il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato, in violazione dei principi fondamentali di procedura dello Stato membro richiesto;

c)      quando è resa in contumacia, ovvero la domanda giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese, salvo che sia stato accertato che il convenuto ha accettato inequivocabilmente la decisione;

d)      su richiesta di colui che ritiene che la decisione sia lesiva della propria responsabilità genitoriale, se è stata emessa senza dargli la possibilità di essere ascoltato;

e)      se la decisione è incompatibile con una decisione successiva sulla responsabilità genitoriale emessa nello Stato membro richiesto;

f)      se la decisione è incompatibile con una decisione successiva sulla responsabilità genitoriale emessa in un altro Stato membro o nel paese terzo in cui il minore risieda, la quale soddisfi le condizioni prescritte per il riconoscimento nello Stato membro richiesto;

o

g)      se la procedura prevista dall’articolo 56 non è stata rispettata (6)».

16.      L’art. 24 della medesima sezione 1 così dispone:

«Non si può procedere al riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine. Il criterio dell’ordine pubblico di cui [all’art.] 23, lettera a), non può essere applicato alle norme sulla competenza di cui agli articoli da [8] a 14 (7)».

17.      La sezione 4 del capo III, intitolata «Esecuzione di talune decisioni in materia di diritto di visita e di talune decisioni che prescrivono il ritorno del minore», comprende gli artt. 40‑45. L’art. 40, intitolato «Campo d’applicazione», prevede:

«1.      La presente sezione si applica:

(…)

b)      al ritorno del minore ordinato in seguito a una decisione che prescrive il ritorno del minore di cui all’articolo 11, paragrafo 8.

2.      Le disposizioni della presente sezione non ostano a che il titolare della responsabilità genitoriale chieda il riconoscimento e l’esecuzione in forza delle disposizioni contenute nelle sezioni 1 e 2 del presente capo».

18.      Ai sensi dell’art. 42, intitolato «Ritorno del minore»:

«1.      Il ritorno del minore di cui all’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), ordinato con una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro, è riconosciuto ed è eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento, se la decisione è stata certificata nello Stato membro d’origine conformemente al paragrafo 2.

Anche se la legislazione nazionale non prevede l’esecutività di diritto, nonostante eventuali impugnazioni, di una decisione che prescrive il ritorno del minore di cui all’articolo 11, paragrafo 8, l’autorità giurisdizionale può dichiarare che la decisione in questione è esecutiva.

2.      Il giudice di origine che ha emanato la decisione di cui all’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), rilascia il certificato di cui al paragrafo 1 solo se:

a)      il minore ha avuto la possibilità di essere ascoltato, salvo che l’audizione sia stata ritenuta inopportuna in ragione della sua età o del suo grado di maturità,

b)      le parti hanno avuto la possibilità di essere ascoltate; e

c)      l’autorità giurisdizionale ha tenuto conto, nel rendere la sua decisione, dei motivi e degli elementi di prova alla base del provvedimento emesso conformemente all’articolo 13 della [Convenzione].

Nel caso in cui l’autorità giurisdizionale o qualsiasi altra autorità adotti misure per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno nello Stato della residenza abituale, il certificato contiene i dettagli di tali misure.

Il giudice d’origine rilascia detto certificato di sua iniziativa e utilizzando il modello standard di cui all’allegato IV (certificato sul ritorno del minore).

Il certificato è compilato nella lingua della decisione».

19.      Tra gli elementi che devono essere certificati a tale proposito figura, al punto 13 di tale allegato IV, la seguente attestazione:

«[L]a decisione stabilisce il ritorno del minore e il giudice nella sua sentenza ha tenuto conto dei motivi e degli elementi di prova sui quali si basa la decisione adottata conformemente all’articolo 13, lettera b), della [Convenzione]».

20.      Ai sensi dell’art. 43 del regolamento:

«1.      Il diritto dello Stato membro di origine è applicabile a qualsiasi rettifica del certificato.

2.      Il rilascio di un certificato a norma dell’articolo 41, paragrafo 1, o dell’articolo 42, paragrafo 1, non è inoltre soggetto ad alcun mezzo di impugnazione».

21.      L’art. 47 del regolamento, intitolato «Procedimento di esecuzione», così dispone:

«1.      Il procedimento di esecuzione è disciplinato dalla legge dello Stato membro dell’esecuzione.

2.      Ogni decisione pronunciata dall’autorità giurisdizionale di [un altro] Stato membro e dichiarata esecutiva ai sensi della sezione 2 o certificata conformemente all’articolo 41, paragrafo 1, o all’articolo 42, paragrafo 1, è eseguita nello Stato membro dell’esecuzione alle stesse condizioni che si applicherebbero se la decisione fosse stata pronunciata in tale Stato membro.

In particolare una decisione certificata conformemente all’articolo 41, paragrafo 1, o all’articolo 42, paragrafo 1, non può essere eseguita se è incompatibile con una decisione esecutiva emessa posteriormente».

22.      L’art. 53 del regolamento prevede che ciascuno Stato membro designi una o più autorità centrali incaricate di assisterlo nell’applicazione del regolamento. Secondo l’art. 55, lett. c), del regolamento, una delle funzioni di tali autorità, nell’ambito di cause specifiche alla responsabilità genitoriale, consiste nel «facilitare la comunicazione fra le autorità giurisdizionali, in relazione soprattutto all’attuazione dell’articolo 11, paragrafi 6 e 7, e dell’articolo 15».

 Fatti e procedimento

23.      Procederò in questa sede, come ho fatto nella mia presa di posizione relativa alla causa Rinau (8), riassumendo i principali elementi del contesto fattuale e procedurale della controversia, quale risulta dall’ordinanza di rinvio e dai documenti ad essa allegati, in forma di tabella sinottica.


Data

Italia

Austria

6/12/2006

Nascita della bambina; secondo il diritto italiano, i genitori hanno la potestà congiunta.

 

31/1/2008

La madre lascia con la minore la comune abitazione.

 

4/2/2008

Il padre chiede al Tribunale per i Minorenni di Venezia l’affidamento esclusivo della minore e il divieto per la madre di lasciare il territorio italiano con la bambina.

 

8/2/2008

Il Tribunale per i Minorenni di Venezia vieta temporaneamente alla madre di lasciare l’Italia con la bambina.

 
 

La madre chiede l’affidamento esclusivo della minore.

Malgrado il divieto, la madre si trasferisce in Austria con la minore.

16/4/2008

 

Il padre chiede il ritorno della minore in forza della Convenzione.

23/5/2008

Prima di adottare una decisione definitiva sull’affidamento, il Tribunale per i Minorenni di Venezia dispone una perizia psicologica e contatti regolari tra la minore e il padre, in parte in Italia e in parte in Austria, presso i rispettivi servizi sociali; affinché la madre possa spostarsi fra i due paesi con la minore per consentire i contatti con il padre, detto giudice revoca il divieto di espatrio; accorda provvisoriamente l’affidamento condiviso ai due genitori e consente alla madre di tenere la minore presso di sé in Austria, con potere di decisione esclusiva sull’ordinaria amministrazione.

Inizialmente, i giudici austriaci ignorano l’esistenza e il contenuto di tale decisione.

6/6/2008

 

Su domanda della madre, il Bezirksgericht Judenburg (Tribunale cantonale di Judenburg, cantone di residenza della madre e della minore) vieta al padre di prendere contatto con la madre e la bambina, per avere molestato la madre.

3/7/2008

 

Sul fondamento dell’art. 13, lett. b), della Convenzione (rischio grave di danno psichico in caso di separazione dalla madre), il Bezirksgericht Leoben (Tribunale cantonale di Leoben, cantone contiguo a quello di Judenburg (9)) respinge la domanda del padre (del 16 aprile 2008) diretta a far ordinare il ritorno della minore in Italia.

1/9/2008

 

Su appello del padre, il Landesgericht Leoben (Tribunale regionale di Leoben) annulla il decreto 3 luglio 2008 sulla base dell’art. 11, n. 5, del regolamento, poiché il padre non è stato sentito dal Bezirksgericht.

6/9/2008

 

Il decreto del Bezirksgericht Judenburg del 6 giugno 2008 decade per decorrenza del termine di validità.

21/11/2008

 

Il Bezirksgericht Leoben sente il padre e ne respinge nuovamente la domanda, richiamando questa volta il decreto del Tribunale per i Minorenni di Venezia del 23 maggio 2008 (di cui aveva nel frattempo avuto conoscenza), e dispone che la minore rimanga presso la madre in Austria.

7/1/2009

 

Il Landesgericht Leoben conferma il rigetto della domanda del padre in base all’art. 13, lett. b), della Convenzione.

9/4/2009

Il padre chiede al Tribunale per i Minorenni di Venezia di ordinare il ritorno della minore in forza dell’art. 11, n. 8, del regolamento.

 

15/5/2009

La madre eccepisce l’incompetenza del Tribunale per i Minorenni di Venezia in base all’art. 10 del regolamento; in subordine, essa chiede il rinvio al Bezirksgericht Judenburg, sul fondamento dell’art. «15(b)(5)» (10) del regolamento.

 

30/4/2009 e 19/5/2009

Il Tribunale per i Minorenni di Venezia sente i rappresentanti delle parti, poiché la madre non è comparsa personalmente; i rappresentanti si dichiarano disposti a discutere un programma di contatti tra padre e figlia, da redigere a cura dell’esperto nominato dal Tribunale.

 

26/5/2009

 

Su domanda della madre (non notificata al Tribunale per i Minorenni di Venezia), il Bezirksgericht Judenburg si dichiara competente (senza aver sentito il padre) a conoscere della domanda di affidamento presentata dalla madre, «ai sensi dell’art. 15, n. 5» del regolamento; esso chiede al Tribunale per i Minorenni di Venezia di declinare la sua competenza e di trasferirigli il procedimento.

26/6/2009

Il padre si dichiara disposto a conformarsi al programma di visite che verrà stabilito.

 

27/6/2009

La madre dichiara di non voler accettare il programma di visite che verrà stabilito, adducendo difficoltà personali e timori per il benessere della minore.

 

8/7/2009

L’esperto deposita la sua proposta relativa a un programma di contatti presso il Tribunale per i Minorenni di Venezia, che alla stessa data riceve la domanda di trasferimento del procedimento del Bezirksgericht Judenburg.

 

10/7/2009

Il Tribunale per i Minorenni di Venezia respinge l’eccezione di incompetenza sollevata dalla madre e rifiuta di trasferire la competenza al Bezirksgericht Judenburg, in quanto non sussistono le condizioni di cui all’art. 15 del regolamento (la situazione non è eccezionale ai sensi del n. 1 e non è stato dimostrato un legame particolare con l’Austria ai sensi del n. 3); esso rileva che non è stato possibile effettuare la perizia psicologica a causa della mancata collaborazione della madre; dispone il ritorno immediato della minore in Italia, o accompagnata dalla madre (nel qual caso sarebbe stata messa a disposizione un’abitazione e sarebbe stato predisposto un calendario di visite), o presso il padre, per ripristinare la relazione tra il padre e la minore; certifica la propria decisione conformemente all’art. 42, n. 2, del regolamento.

 

25/8/2009

 

Il Bezirksgericht Judenburg attribuisce temporaneamente la custodia alla madre, con la motivazione che l’interesse superiore della minore verrebbe gravemente compromesso in caso di ritorno in Italia. La sua decisione viene notificata al padre, senza traduzione e senza informarlo del diritto di rifiutare la ricezione.

22/9/2009

 

Il padre chiede al Bezirksgericht Leoben l’esecuzione della decisione di ritorno adottata dal Tribunale per i Minorenni di Venezia il 10 luglio 2009, invocando l’art. 47 del regolamento.

23/9/2009

 

Il Bezirksgericht Judenburg certifica che il suo decreto 25 agosto 2009 è passato in giudicato ed è esecutivo.

12/11/2009

 

Il Bezirksgericht Leoben respinge la domanda di esecuzione della decisione di ritorno adottata dal Tribunale per i Minorenni di Venezia, con la motivazione che il ritorno della minore presso il padre la esporrebbe a un pericolo di danno psicologico.

30/11/2009

 

Il padre interpone appello contro la decisione del Bezirksgericht Leoben del 12 novembre 2009.

20/1/2010

 

Il Landesgericht Leoben accoglie l’appello del padre, invocando un’applicazione restrittiva delle disposizioni del regolamento.

16/2/2010

 

La madre propone ricorso per cassazione («Revision») dinanzi all’Oberster Gerichtshof contro la decisione del Landesgericht Leoben del 20 gennaio 2010.

20/4/2010

 

L’Oberster Gerichtshof sottopone cinque questioni pregiudiziali alla Corte, chiedendo che vengano trattate con procedimento d’urgenza.

3/5/2010

 

La domanda di pronuncia pregiudiziale perviene alla cancelleria della Corte.

 Le questioni sottoposte alla Corte

24.      Il giudice del rinvio ammette che, secondo la sentenza Rinau (11), in presenza di un certificato rilasciato ai sensi dell’art. 42 del regolamento, al giudice dell’esecuzione spetta solo constatare l’esecutività di una decisione adottata ai sensi dell’art. 11, n. 8, e disporre il ritorno immediato del minore. Pertanto, in linea di principio, si deve escludere l’esame nel merito della decisione adottata dal giudice italiano. Analogamente, ai sensi delle regole di procedura nazionali, non è possibile far valere nell’ambito del ricorso per cassazione l’incompetenza territoriale di tale giudice. Tuttavia, alcuni punti necessitano a suo avviso di un esame più approfondito.

25.      L’Oberster Gerichtshof ha deciso quindi di sottoporre alla Corte le cinque questioni seguenti:

«1)      Se rientri nella nozione di “decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore” ai sensi dell’art. 10, lett. b), sub iv), del regolamento (…) anche un provvedimento provvisorio con cui si dispone che, fino all’adozione della decisione definitiva sull’affidamento, “le decisioni relative al minore”, in particolare il diritto di stabilire il luogo di residenza, spettano al genitore che ha sottratto il minore.

2)      Se un decreto che dispone il ritorno del minore rientri nel campo di applicazione dell’art. 11, n. 8, del regolamento solo qualora il giudice disponga il ritorno sulla base di una decisione di affidamento da esso stesso adottata.

3)      In caso di soluzione affermativa alla prima e alla seconda questione:

a)      se nello Stato di esecuzione possa essere eccepita l’incompetenza del giudice dello Stato di origine (prima questione) o l’inapplicabilità dell’art. 11, n. 8, del regolamento (seconda questione) per opporsi all’esecuzione di una decisione certificata dal giudice di origine ai sensi dell’art. 42, n. 2, del regolamento;

b)      oppure se, in tale fattispecie, il convenuto debba richiedere la revoca del certificato nello Stato di origine, con la possibilità di sospendere l’esecuzione nel secondo Stato fino all’adozione della decisione nello Stato di origine.

4)      In caso di soluzione negativa alle questioni prima e seconda o terza, sub a):

se una decisione emanata da un giudice del secondo Stato, da considerarsi esecutiva ai sensi del diritto di quest’ultimo, con la quale la custodia viene provvisoriamente attribuita al genitore che ha sottratto il minore, osti, ai sensi dell’art. 47, n. 2, del regolamento, all’esecuzione di un decreto che dispone il ritorno emesso precedentemente nello Stato di origine ai sensi dell’art. 11, n. 8, del regolamento, anche quando non impedirebbe l’esecuzione di un provvedimento di ritorno emanato dal secondo Stato ai sensi della Convenzione dell’Aia.

5)      Qualora anche la quarta questione vada risolta in senso negativo:

a)      se, nel caso di una decisione certificata dal giudice dello Stato di origine ai sensi dell’art. 42, n. 2, del regolamento, il secondo Stato possa rifiutarsi di darvi esecuzione qualora, successivamente alla sua adozione, le circostanze siano mutate in modo tale che ora l’esecuzione sarebbe gravemente lesiva per l’interesse del minore;

b)      oppure se, in tal caso, il convenuto debba far valere tali mutate circostanze nello Stato di origine, con la possibilità di sospendere l’esecuzione nel secondo Stato fino a che sia stata adottata la decisione nello Stato di origine».

 Procedimento dinanzi alla Corte

26.      Poiché la causa è stata sottoposta ad un procedimento d’urgenza ai sensi dell’art. 104 ter del regolamento di procedura della Corte, hanno presentato osservazioni scritte il governo austriaco e la Commissione, gli unici, ad eccezione delle parti della causa principale, autorizzati ad intervenire in questa fase. Le stesse parti, nonché i governi ceco, tedesco, francese, italiano, lettone, sloveno e del Regno Unito erano rappresentati all’udienza del 14 giugno 2010. I genitori, ancorché autorizzati a presentare osservazioni scritte e ad essere rappresentati in udienza, nella specie non si sono avvalsi del loro diritto.

 Analisi

 Osservazioni preliminari

27.      Le questioni dell’Oberster Gerichtshof traggono origine, in misura non trascurabile, dalla percezione di un conflitto fra l’interpretazione letterale e quella teleologica di alcune disposizioni del regolamento. Sembra quindi importante ricordare i tre principi fondamentali sottesi alle pertinenti disposizioni del regolamento e che devono guidare qualsiasi interpretazione teleologica (12).

28.      In primo luogo, il regolamento si basa sulla prevalenza dell’interesse del minore e sul rispetto dei suoi diritti. Oltre alla preoccupazione di tenere conto, in ciascun caso, dell’interesse superiore del minore stesso, tale idea trova espressione in particolare nella regola generale secondo cui sono i giudici del luogo della sua residenza abituale i più adeguati a risolvere ogni questione concernente l’affidamento o la responsabilità genitoriale e che hanno quindi, in linea di principio, competenza in materia. Tuttavia, mi sembra che, se pure il giudice chiamato a prendere una decisione in una fattispecie concreta deve tenere conto dell’interesse specifico di ogni minore interessato, l’interpretazione del regolamento deve comunque basarsi su una nozione più ampia dell’interesse superiore del minore, applicabile in generale.

29.      In secondo luogo, il regolamento è volto a garantire che qualsiasi trasferimento illecito del minore resti privo di effetti giuridici, a meno che non venga successivamente accettato dagli altri interessati. In quest’ottica esso, da un lato, prevede un meccanismo quasi automatico per ottenere il ritorno immediato del minore e, dall’altro, limita in modo molto rigoroso le possibilità di trasferimento della competenza ai giudici dello Stato membro del trasferimento illecito del minore, consentendo a quelli dello Stato membro della residenza abituale anteriore di soprassedere a un’eventuale decisione contro il ritorno adottata sul fondamento dell’art. 13 della Convenzione.

30.      Quindi, anche nell’ambito circoscritto della responsabilità genitoriale e del trasferimento illecito di minori, il regolamento persegue almeno due scopi – la competenza dei giudici dello Stato della residenza abituale del minore e il ritorno di quest’ultimo, in seguito a un trasferimento illecito, nello Stato della sua residenza abituale anteriore – che possono risultare parzialmente incompatibili, quanto meno se il trasferimento si è protratto nel tempo e il minore ha conseguentemente acquisito una nuova residenza abituale nello Stato membro del trasferimento.

31.      In terzo luogo, il regolamento richiede ai giudici nazionali un livello elevato di fiducia reciproca, che limiti al minimo necessario i motivi di mancato riconoscimento delle decisioni di un giudice di un altro Stato membro e renda il riconoscimento e l’esecuzione di tali decisioni pressoché automatici. Peraltro, e con lo stesso spirito, il regolamento prevede un sistema di cooperazione e incita i giudici nazionali ad utilizzarlo.

32.      A mio parere, occorre sottolineare anche altri due aspetti del regolamento.

33.      Da un lato, il regolamento contiene solo norme concernenti la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione. Esso non riguarda in alcun modo le questioni di merito. Contrariamente a quanto sembrava sostenere il governo austriaco in udienza, l’applicazione del regolamento non è riconducibile a un’«integrazione europea a spese del minore», bensì mira a determinare chiaramente il giudice competente nelle situazioni transfrontaliere e a garantire che gli altri giudici facciano affidamento sulle sue decisioni, dato che tutti i giudici degli Stati membri devono adottare le loro decisioni facendo prevalere l’interesse superiore del minore di cui trattasi.

34.      Dall’altro, il regolamento presuppone – e in alcuni casi addirittura esige – che i giudici e le parti agiscano rapidamente in materia di trasferimento o mancato rientro illeciti (13) di un minore. Se tale rapidità d’azione non è effettivamente garantita, ne risente l’applicazione del regolamento, come dimostra il presente procedimento. In particolare, il regolamento è volto ad evitare che la situazione si complichi in ragione di nuovi legami che il minore potrebbe acquisire con lo Stato membro del trasferimento illecito.

35.      Infine, si devono tenere presenti le fasi successive del procedimento previsto dalla Convenzione e dal regolamento in caso di trasferimento illecito (e contestato). Anzitutto, il genitore cui è stato sottratto il minore deve rivolgersi, ai sensi dell’art. 12 della Convenzione, ai giudici dello Stato membro del trasferimento, per ottenere un provvedimento di ritorno. Tale domanda deve essere accolta, a meno che non sussista uno dei motivi di diniego eccezionali di cui all’art. 13 della Convenzione e, in caso di rifiuto basato sulla lett. b) di tale articolo, non sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno (v. art. 11, n. 4, del regolamento). In ogni caso, la decisione deve essere adottata, salvo circostanze eccezionali, entro sei settimane (art. 11, n. 3, del regolamento). Qualora venga adottata una decisione contro il ritorno, essa deve essere trasmessa alle autorità dello Stato membro della residenza abituale anteriore, e le parti (in linea di principio i genitori) devono avere la possibilità di essere sentite dal giudice competente di detto Stato. Se del caso, quest’ultimo giudice può disporre comunque il ritorno del minore (art. 11, n. 8, del regolamento) e la sua decisione sarà direttamente esecutiva nello Stato membro del trasferimento se è stata certificata conformemente all’art. 42 del regolamento. Tale certificazione è possibile, tuttavia, solo se il giudice ha tenuto conto dei motivi e degli elementi di prova sui quali si fonda il provvedimento contro il ritorno. Un giudice che disponga il ritorno in tali circostanze deve inoltre informare le autorità dello Stato membro del trasferimento in merito alle modalità adottate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno.

 Sulla prima questione

36.      L’Oberster Gerichtshof chiede alla Corte se rientri nella nozione di «decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore» ai sensi dell’art. 10, lett. b), sub iv), del regolamento una misura provvisoria con cui si dispone che, fino all’adozione della decisione definitiva di affidamento, «le “decisioni relative al minore”, in particolare il diritto di stabilire il luogo di residenza», spettano al genitore che ha sottratto il minore (14).

37.      Nel contesto di tale procedimento occorre stabilire se, per effetto del suo provvedimento 23 maggio 2008, il Tribunale per i Minorenni di Venezia avesse perduto la competenza che avrebbe altrimenti conservato in virtù della regola generale di cui all’art. 10 del regolamento, in quanto giudice dello Stato membro in cui la minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento illecito. Infatti, l’Oberster Gerichtshof ritiene che la minore abbia acquisito nel frattempo una nuova residenza abituale in Austria e che, sebbene non sussista la condizione di cui alla lett. a) di tale articolo (nella specie, l’accettazione del padre), sono tuttavia soddisfatte le prime due condizioni previste dall’alternativa sub b) (ossia che la minore abbia soggiornato in Austria per almeno un anno dopo che il padre ha avuto conoscenza del luogo in cui si trovava e che essa si sia integrata nel suo nuovo ambiente). Se è anche soddisfatta almeno una delle condizioni supplementari, elencate da i) a iv), la competenza generale passa ai giudici dell’Austria, Stato membro della nuova residenza abituale della minore. L’Oberster Gerichtshof ha escluso le condizioni i)‑iii), ma considera che se – come fa valere la madre – il provvedimento del Tribunale per i Minorenni di Venezia 23 maggio 2008 costituisce una «decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore», la condizione sub iv) è soddisfatta.

38.      L’Oberster Gerichtshof è tuttavia del parere che, secondo un’interpretazione teleologica, tale condizione non possa essere considerata soddisfatta, anche se, secondo l’interpretazione letterale, il provvedimento controverso costituirebbe effettivamente una «decisione di affidamento», in quanto deciderebbe dell’affidamento della minore, ancorché provvisoriamente, e non ne prevederebbe il ritorno, quanto meno nell’immediato.

39.      Il suo ragionamento è, sostanzialmente, il seguente. Se una decisione di affidamento definitiva non prevede il ritorno del minore, non vi è alcun motivo per cui i giudici dello Stato di residenza abituale anteriore debbano conservare la competenza. Quelli del nuovo Stato di residenza abituale saranno comunque più adeguati ad adottare le successive decisioni relative al minore, e le condizioni di cui all’art. 10, lett. b), sub iv), del regolamento sono comprensibili e ragionevoli. Per contro, se un’autorizzazione provvisoria a lasciare il minore presso il «genitore autore della sottrazione» mira solo ad evitare trasferimenti del minore in attesa della decisione definitiva, l’interpretazione letterale, facendo perdere la competenza al giudice della residenza abituale anteriore, impedirebbe a quest’ultimo di adottare la decisione definitiva. Tuttavia, tenuto conto dello scopo del regolamento, detto giudice dovrebbe perdere la sua competenza solo nel caso in cui il procedimento relativo all’affidamento si sia concluso senza un provvedimento di ritorno. Il governo austriaco condivide in toto tale ragionamento.

40.      Nella stessa ottica, la Commissione sottolinea il rischio che il giudice dello Stato membro della residenza abituale anteriore venga dissuaso dall’adottare una decisione di affidamento provvisoria, che lasci il minore nello Stato membro della sua nuova residenza abituale e che sia nel suo interesse, per timore di essere privato della competenza ad adottare in seguito una decisione definitiva. La Commissione ritiene inoltre che le condizioni per il trasferimento di competenza elencate all’art. 10 del regolamento, in quanto eccezioni alla regola generale del mantenimento della competenza in capo ai giudici dello Stato membro della residenza abituale anteriore, debbano essere interpretate restrittivamente, e non estensivamente.

41.      Tutti gli Stati membri rappresentati in udienza, ad eccezione della Repubblica di Slovenia, hanno sostanzialmente sostenuto la stessa tesi.

42.      Posso aderire, globalmente, a questa posizione, anche se ritengo che occorra precisarne alcuni dettagli ed esaminare alcune altre considerazioni di segno opposto, che non possono essere respinte a priori.

43.      Anzitutto, rilevo che le riflessioni dell’Oberster Gerichtshof si basano in una cerrta misura sui motivi che hanno indotto il Tribunale per i Minorenni di Venezia a concedere l’affidamento provvisorio alla madre. Orbene, avrei qualche titubanza a seguire questo approccio. In linea di principio, non mi sembra auspicabile che il regolamento venga interpretato in funzione della motivazione specifica di una singola decisione di affidamento. Occorre piuttosto stabilire se si possa desumere una distinzione oggettiva a seconda che la decisione sia provvisoria o meno. Peraltro, vi è sempre il rischio che il giudice di uno Stato membro interpreti erroneamente la motivazione del giudice di un altro Stato membro (15). Cercherò quindi di analizzare la questione seguendo un approccio più generale.

44.      Esiterei, in tale contesto, anche ad applicare tout court il principio secondo cui le eccezioni o le deroghe ad una regola devono essere interpretate restrittivamente. Infatti, nel caso dell’art. 10, se è vero che la regola del mantenimento della competenza in capo al giudice della residenza abituale anteriore risponde ad uno dei principi fondamentali del regolamento – ossia privare di ogni effetto giuridico l’atto illecito del genitore autore della sottrazione –, è anche vero che l’eccezione risponde ad un altro principio fondamentale, giacché si tratta di una regola di competenza che «si inform[a] all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza» (16).

45.      Infine, si deve riconoscere che – per quanto seducente possa apparire l’esito prospettato dal giudice del rinvio, dalla Commissione e da quasi tutti gli Stati membri rappresentati in udienza – alcuni argomenti, così sintetizzabili, depongono in senso opposto.

46.      L’art. 10, lett. b), sub iv), del regolamento riguarda una situazione in cui il minore ha soggiornato per almeno un anno nello Stato membro del trasferimento illecito, dove ha acquisito una nuova residenza abituale e si è integrato nel suo nuovo ambiente, e in cui non solo i giudici dello Stato membro della sua residenza abituale anteriore non sono pervenuti in tale periodo ad una decisione definitiva in merito al suo affidamento, ma hanno anche ritenuto – certo temporaneamente, ma in ogni caso per il periodo di almeno un anno in questione – che il suo interesse superiore fosse quello di restare nello Stato membro del trasferimento. È molto probabile che, con il trascorrere del tempo, detti giudici incontreranno sempre maggiori difficoltà ad ottenere informazioni sulla situazione e sull’ambiente attuali del minore (attraverso, ad esempio, perizie psicologiche, relazioni dei servizi sociali e/o, a seconda dell’età del minore, domande dirette). Inoltre essi si trovano in uno Stato membro con cui è verosimile che il minore perda progressivamente contatto. In tale contesto, il principio della competenza del giudice più vicino al minore non dovrebbe prevalere sul mantenimento della competenza in capo al giudice della residenza abituale anteriore?

47.      Orbene, non ritengo che si debba rispondere affermativamente a tale domanda.

48.      Quando un minore viene portato illegalmente in un altro Stato membro, l’obiettivo immediato del regolamento e della Convenzione è garantirne rapidamente il ritorno, per privare il «genitore autore della sottrazione» di qualsiasi vantaggio pratico o giuridico che avrebbe potuto sperare di ottenere dalle circostanze (17). Se tale obiettivo viene conseguito efficacemente, ciò produce anche un effetto dissuasivo non trascurabile. Tuttavia, come spiegato nell’esposizione dei motivi della proposta della Commissione che ha preceduto l’adozione del regolamento (18), «in taluni casi può risultare legittimo che la situazione creatasi di fatto a seguito dell’illecita sottrazione del minore produca, come conseguenza giuridica, il trasferimento della competenza. A tal fine, occorre trovare un equilibrio tra l’opportunità di permettere al giudice che è ora più vicino al minore di dichiararsi competente e la necessità di evitare che l’autore della sottrazione goda di vantaggi che derivano dal suo illecito».

49.      L’art. 10 del regolamento mira a stabilire proprio questo equilibrio – tra due dei principi individuati supra (19) – per quanto riguarda, in primo luogo, la competenza generale in materia di responsabilità genitoriale e, in subordine, per mezzo dell’art. 11, n. 8, dello stesso regolamento, la competenza speciale a disporre il ritorno del minore.

50.      Quanto ai trasferimenti illeciti, il principio di base, volto a privare il «genitore autore della sottrazione» di qualsiasi vantaggio derivante dal suo atto illecito, esige che la competenza venga mantenuta dai giudici dello Stato membro della residenza abituale anteriore. Tale principio vale non solo per la competenza generale, ma anche, e a fortiori, per la competenza a disporre il ritorno.

51.      Tuttavia, sembra del tutto ragionevole – e conforme alla ricerca dell’equilibrio sopra descritto – prevedere, come fa l’art. 10, lett. a), del regolamento, che l’acquisizione di una nuova residenza abituale, unitamente all’accettazione di ogni soggetto titolare del diritto di affidamento, possa determinare il trasferimento di tale competenza ai giudici dello Stato membro della nuova residenza abituale. In tal caso, la competenza a disporre il ritorno del minore non ha più ragion d’essere.

52.      Potrebbe sembrare altrettanto ragionevole prevedere lo stesso trasferimento di competenza ogni volta che il minore non solo abbia acquisito una nuova residenza abituale, ma abbia anche soggiornato nel nuovo Stato membro per oltre un anno e si sia integrato nel suo nuovo ambiente, anche in assenza di accettazione espressa di tutte le parti titolari del diritto di affidamento. Tale è infatti la soluzione accolta all’art. 7 della Convenzione dell’Aia del 1996 (20), che sembra conforme al principio della competenza dei giudici della residenza abituale, nell’interesse superiore del minore. Tuttavia, benché dai lavori preparatori precedenti l’adozione del regolamento risulti che varie delegazioni erano favorevoli a tale soluzione (21), alla fine è stato scelto consapevolmente un approccio più esigente, che limitasse rigorosamente il trasferimento di competenza alle quattro ipotesi elencate tassativamente nel testo definitivo dell’art. 10, lett. b), del regolamento.

53.      Le prime tre ipotesi implicano, di fatto, l’accettazione tacita da parte dei titolari di un diritto di affidamento (vale a dire, normalmente, il genitore cui è stato sottratto il minore), qualora nello Stato membro del trasferimento illecito non sia stata formulata alcuna richiesta di ritorno del minore, o tale richiesta sia stata ritirata, ovvero respinta senza che il richiedente avviasse il procedimento ai sensi dell’art. 11, nn. 7 e 8, del regolamento, nello Stato membro della residenza abituale anteriore.

54.      La quarta ipotesi, che rileva nel caso di specie, è quella di una decisione sull’affidamento che non prevede il ritorno del minore, adottata da un giudice dello Stato membro della residenza abituale anteriore. Non si tratta in tal caso di un consenso tacito, da parte di detto giudice, al trasferimento di competenza, ma semmai di una decisione con cui si prende atto dell’acquisizione da parte del minore di una nuova residenza abituale in un altro Stato membro, che comporterà il trasferimento di competenza. Pertanto, mentre, quando il minore cambia la sua residenza abituale trasferendosi legalmente da uno Stato membro ad un altro, il trasferimento di competenza avviene automaticamente ai sensi degli artt. 8 e 9 del regolamento, per conseguire lo stesso risultato in caso di trasferimento illecito, il giudice dello Stato membro della residenza abituale anteriore deve legalizzare, avallandolo, detto trasferimento.

55.      È pacifico che tale avallo viene espresso attraverso una decisione volta a risolvere durevolmente la questione dell’affidamento, sempreché siano soddisfatte le altre condizioni di cui all’art. 10, lett. b), del regolamento (nuova residenza abituale da più di un anno, integrazione nel nuovo ambiente). Secondo un’interpretazione letterale [il governo sloveno ha sottolineato la definizione molto ampia del termine «decisione» di cui all’art. 2, punto 4), del regolamento], lo stesso varrebbe per una decisione provvisoria, destinata ad essere sostituita da una successiva decisione duratura.

56.      Tuttavia, non sono di questo parere. Il periodo di un anno che costituisce la condizione per il trasferimento di competenza in tutte le ipotesi previste all’art. 10, lett. b), del regolamento implica chiaramente, nei primi tre casi, una data limite per la presentazione o la conferma di una domanda diretta ad ottenere il ritorno del minore. Sarebbe quindi sorprendente – e incoerente – che nel quarto caso esso implicasse una data limite per la chiusura del procedimento. Orbene, si perverrebbe a tale risultato se si includessero le decisioni provvisorie nella nozione di «decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore». In tal caso, un giudice che non avesse adottato alcuna «decisione di affidamento che non prevede [immediatamente] il ritorno del minore» conserverebbe la propria competenza fino al termine del procedimento, mentre un giudice che avesse adottato siffatta decisione (che potrebbe spesso risultare auspicabile nell’interesse del minore) si imporrebbe, di fatto, una data limite per l’adozione della propria decisione più duratura.

57.      Nelle cause vertenti sull’affidamento di minori i giudici devono spesso affrontare difficoltà particolari, soprattutto se la controversia si colloca nel contesto di un trasferimento illecito. L’accanimento che anima i genitori può indurre l’uno o l’altro ad utilizzare tutti i procedimenti disponibili per recuperare il minore. In certi casi il genitore interessato può scegliere la strada sbagliata, in altri può sfruttare tali procedimenti consapevolmente. Peraltro, poiché sono necessariamente coinvolti i giudici di due Stati membri, i procedimenti in uno Stato possono ritardare quelli nell’altro, ed un eventuale difetto di comunicazione può aggravare ulteriormente il ritardo. Tuttavia, in tutti i casi, sussiste realmente il rischio che la durata del procedimento sfugga di fatto al controllo del giudice adito nello Stato membro della residenza abituale anteriore.

58.      Il caso di specie ne fornisce un esempio. Anzitutto, sembra che il Bezirksgericht Leoben abbia respinto la domanda di ritorno presentata dal padre sulla base della Convenzione solo il 3 luglio 2008, circa undici settimane dopo la presentazione di tale domanda in data 16 aprile 2008, mentre l’art. 11, n. 3, del regolamento prevede un termine massimo di sei settimane, «salvo nel caso in cui circostanze eccezionali non lo consentano». In seguito, dopo tale rifiuto, anziché rivolgersi direttamente al Tribunale per i Minorenni di Venezia per ottenere un provvedimento ai sensi dell’art. 11, n. 8, del regolamento, il padre ha impugnato il diniego in Austria – due volte – in quanto il primo provvedimento di diniego è stato annullato e ne è stato emanato un secondo. Inoltre, anche dopo il rigetto della sua seconda impugnazione, il 7 gennaio 2009, il padre ha atteso tre mesi prima di presentare domanda ai sensi dell’art. 11, n. 8, del regolamento (22). In tutto questo periodo, le misure prospettate dal Tribunale per i Minorenni di Venezia per essere sufficientemente informato al fine di adottare una decisione duratura sull’affidamento del minore (contatti con il padre, perizia psicologica) – misure che avevano per l’appunto determinato la decisione di lasciare provvisoriamente la minore presso la madre in Austria – non hanno potuto essere portate a buon fine a causa della totale assenza di cooperazione da parte della madre. Il periodo di un anno è quindi decorso senza che ciò sia attribuibile all’accettazione del padre o all’inerzia del Tribunale per i Minorenni di Venezia (23).

59.      Tuttavia, il giudice investito per primo di una controversia del genere deve spesso adottare provvedimenti provvisori immediati per far fronte all’urgenza, in attesa di disporre di tutti gli elementi necessari per adottare una decisione duratura in ordine all’affidamento del minore. Nella specie è accaduto esattamente questo. Mi sembra impensabile che il legislatore volesse che in tale situazione la competenza fosse trasferita automaticamente dopo un anno, mentre sarebbe stata conservata dal primo giudice se questi non avesse dovuto adottare immediatamente un provvedimento provvisorio rinviando ad una data successiva la decisione duratura in merito all’affidamento. Ciò equivarrebbe ad interrompere un procedimento avviato dinanzi al giudice competente solo perché quest’ultimo ha adottato un provvedimento provvisorio che riteneva necessario.

60.      Al contrario, ritengo che il trasferimento della competenza ai giudici dello Stato membro del trasferimento illecito del minore sia giustificabile solo se il decorso del tempo è accompagnato dall’accettazione del genitore richiedente – che metta fine a qualsiasi procedimento già avviato, o escluda qualsiasi procedimento successivo, che possa sfociare in una decisione di ritorno esecutiva ai sensi degli artt. 11, n. 8, e 42 del regolamento – o da una decisione del giudice competente adito che ponga fine al procedimento avviato dinanzi ad esso e non preveda il ritorno del minore. In tal modo, le quattro ipotesi previste all’art. 10, lett. b), del regolamento trovano tutte una base coerente in una decisione, espressa o implicita, che esclude il successivo ricorso al meccanismo degli artt. 11, n. 8, e 42 del regolamento.

61.      In udienza è stato sollevato il problema di come possa il giudice dello Stato membro del trasferimento illecito stabilire con certezza se la decisione del giudice dello Stato membro della residenza abituale anteriore abbia carattere provvisorio o definitivo. Infatti, le decisioni in materia di affidamento del minore sono sempre, per loro natura, soggette ad eventuale revisione in caso di mutamento delle circostanze e pertanto non presentano mai lo stesso grado di definitività della maggior parte delle altre decisioni giudiziarie (24). Peraltro, le differenze procedurali e terminologiche tra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri possono rendere meno agevole il compito di distinguere una decisione provvisoria da una decisione «definitiva».

62.      Mi sembra che la risposta vada cercata nel criterio esposto dal governo francese, ossia che una decisione di affidamento deve essere considerata provvisoria fino a quando il giudice non abbia «esaurito il novero dei provvedimenti che può adottare nell’ambito del procedimento». È quindi sufficiente esaminare – con l’aiuto, se necessario, delle autorità centrali competenti – se nel procedimento di cui trattasi rimangano ancora provvedimenti da prendere senza che occorra adire il giudice nuovamente.

63.      Conseguentemente, concludo che le finalità del regolamento ostano ad un’interpretazione letterale del suo art. 10, lett. b), sub iv), e che un provvedimento provvisorio che attribuisce l’affidamento di un minore al genitore che lo ha sottratto fino all’adozione della decisione definitiva (o duratura) di affidamento non costituisce una «decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore» ai sensi di tale disposizione.

 Sulla seconda questione

64.      L’Oberster Gerichtshof chiede se un decreto che dispone il ritorno del minore rientri nel campo di applicazione dell’art. 11, n. 8, del regolamento solo qualora il giudice ordini il ritorno sulla base di una decisione di affidamento da esso stesso adottata.

65.      Esso spiega che la madre sostiene che solo un decreto di ritorno adottato sulla base di una decisione di affidamento ricadrebbe nell’art. 11, n. 8, del regolamento. La decisione del Tribunale per i Minorenni di Venezia del 10 luglio 2009, che il padre cerca di far eseguire, non sarebbe fondata su una decisione di affidamento e pertanto non rientrerebbe in tale disposizione.

66.      L’Oberster Gerichtshof ammette giustamente che tale interpretazione non è suffragata né dal testo della disposizione – che parla solo di «una successiva decisione che prescrive il ritorno del minore» – né dalla sentenza Rinau (25) – che sottolinea l’autonomia procedurale della decisione successiva a una decisione contro il ritorno –, ma ritiene che essa non possa essere esclusa nell’ambito di un’interpretazione sistematica e teleologica. Per un verso, dall’art. 11, n. 7, del regolamento risulterebbe che il regime di cui ai nn. 6‑8, che lascia l’ultima parola ai giudici dello Stato membro della residenza abituale anteriore, si giustifica solo se il decreto di ritorno si fonda su una decisione di affidamento che prevede il ritorno del minore. Per l’altro, tale interpretazione renderebbe più coerente il sistema degli artt. 10‑11 nel loro insieme.

67.      Preciso anzitutto di non essere affatto convinta che gli argomenti esposti dal giudice del rinvio debbano condurre al risultato da esso prospettato. Come già spiegato nell’ambito della prima questione, lo scopo principale della Convenzione è garantire, salvo che ricorrano talune circostanze eccezionali, il ritorno immediato del minore, prima che venga esaminata la questione dell’affidamento o della responsabilità genitoriale. L’art. 11 del regolamento è volto a rafforzare tale dispositivo, sempre nell’ottica di un ritorno immediato, e non dopo avere adottato una decisione sulla questione dell’affidamento, al termine di un procedimento che potrebbe risultare lungo.

68.      L’Oberster Gerichtshof considera tuttavia – e tale parere è stato sostenuto anche da vari Stati membri in udienza – che un decreto di ritorno fondato su una decisione di affidamento che prevede il ritorno del minore, adottata dopo avere accertato i fatti e raccolto prove, offrirebbe migliori garanzie di fondatezza rispetto ad una decisione presa nell’ambito di un semplice procedimento sommario.

69.      Peraltro, secondo il giudice del rinvio, se una decisione di quest’ultimo tipo ricadesse nell’art. 11, n. 8, del regolamento, sarebbe difficile comprendere l’articolo nel suo complesso. Infatti, anziché esigere che il giudice dello Stato del trasferimento illecito avvii anzitutto un procedimento di ritorno ai sensi della Convenzione, il giudice dello Stato della residenza abituale anteriore potrebbe adottare un semplice provvedimento di ritorno subito dopo la sottrazione del minore, che potrebbe essere direttamente esecutivo nell’altro Stato membro, esattamente come la decisione adottata in forza dell’art. 11, n. 8. Il procedimento ai sensi della Convenzione, richiesto da tale art. 11, farebbe quindi perdere tempo e non avrebbe di per sé alcuna utilità.

70.      Quanto alla prima parte di tale ragionamento, riconosco che un procedimento che implichi un esame più approfondito dei fatti offre maggiori garanzie di fondatezza. Tuttavia, il procedimento di cui all’art. 11, n. 8, del regolamento, se svolto correttamente, offre a mio avviso una garanzia del tutto sufficiente. Si tratta di una situazione in cui il giudice dello Stato del trasferimento illecito ha già rifiutato di disporre il ritorno del minore, per uno o più dei motivi elencati all’art. 13 della Convenzione, e ha comunicato al giudice dello Stato membro della residenza abituale anteriore – con l’eventuale assistenza delle rispettive autorità centrali ai sensi dell’art. 55, lett. c), del regolamento – una copia della sua decisione e tutta la documentazione pertinente. Quest’ultimo giudice – che è più adeguato a valutare le circostanze in cui ha vissuto il minore prima del trasferimento e quelle in cui vivrà, eventualmente, dopo il suo ritorno – può certificare conformemente all’art. 42 del regolamento la propria decisione adottata ai sensi dell’art. 11, n. 8, dello stesso solo se ha tenuto conto dei motivi e degli elementi di prova sui quali si fonda la decisione contro il ritorno (26). Si può quindi presumere – anche conformemente al principio della fiducia reciproca sotteso al regolamento – che esso abbia escluso tali motivi e tali elementi di prova in base ad altri elementi di cui il primo giudice non era a conoscenza.

71.      L’approccio sostenuto da alcuni Stati membri in udienza sembra invece basato sulla mancanza di fiducia dei giudici dello Stato membro del trasferimento nei confronti delle decisioni adottate da quelli dello Stato membro della residenza abituale anteriore. Tale approccio non solo costituisce la negazione del principio della fiducia reciproca, ma non tiene neanche minimamente conto dell’evidente vantaggio derivante dal duplice esame della domanda di ritorno da parte di due giudici, uno dei quali è più adeguato a tenere conto delle attuali circostanze in cui vive il minore, mentre l’altro è più adeguato a valutare le circostanze in cui il minore ha precedentemente vissuto e nelle quali vivrà in caso di ritorno.

72.      Quanto alla seconda parte del ragionamento, mi sembra che essa si basi su una concezione errata del rapporto tra la Convenzione e il regolamento. La Convenzione prevede inequivocabilmente che, in caso di sottrazione del minore, occorre anzitutto rivolgersi ai giudici dello Stato in cui si trova il minore per ottenerne il ritorno immediato. Infatti, essi sono i più adeguati a disporre il ritorno nel modo più efficace. Le loro decisioni verranno eseguite direttamente secondo la procedura nazionale. Solo se detti giudici ritengono che sussista uno dei motivi contro il ritorno elencati all’art. 13 della Convenzione – pertanto, solo in casi che si presumono eccezionali – occorre rivolgersi, ai sensi dell’art. 11 del regolamento, al giudice competente dello Stato della residenza abituale anteriore. Quest’ultimo deve allora, per poter soprassedere alla decisione contro il ritorno adottata in forza della Convenzione, essere persuaso che il motivo dedotto non impedisca il ritorno.

73.      Se, invece, spettasse ai giudici dello Stato della residenza abituale anteriore disporre subito il ritorno del minore, da un lato, il procedimento di esecuzione verrebbe reso più complesso – sempre, e non solo nel caso di un ricorso all’art. 11, n. 8, del regolamento – dalla necessità di una collaborazione tra le autorità dei due Stati membri diversi, che implicherebbe, nella maggior parte dei casi, la necessità di ottenere una traduzione della documentazione pertinente e, dall’altro, mancherebbe una tutela essenziale dell’interesse superiore del minore, vale a dire il duplice esame obbligatorio in caso di dubbio sull’opportunità di disporne il ritorno.

74.      Mi sembra quindi che il sistema dell’art. 11 del regolamento, considerato nel suo complesso, sia del tutto coerente senza che occorra esigere una previa decisione sull’affidamento come fondamento della decisione adottata ai sensi del n. 8 di tale articolo.

75.      L’Oberster Gerichtshof rileva inoltre che una decisione adottata in forza dell’art. 11, n. 8, del regolamento, se precede una decisione duratura sull’affidamento, che potrebbe condurre ad un risultato diverso, può obbligare il minore a cambiare due volte il luogo di residenza. Anche questa è una considerazione che è stata sottolineata da vari Stati membri in udienza.

76.      L’eventualità di un doppio trasferimento non può essere esclusa. Tuttavia, si tratta di un elemento accettato, a mio parere, sia dagli autori della Convenzione che da quelli del regolamento quale inevitabile corollario dell’obiettivo di garantire il ritorno immediato del minore in caso di trasferimento o di mancato ritorno illeciti. Tale intenzione mi sembra molto chiara nel sistema delle pertinenti disposizioni del regolamento. Anzitutto si fa tornare il minore nello Stato membro della sua residenza abituale anteriore, poi si risolvono le questioni dell’affidamento e della responsabilità genitoriale. In un certo numero di casi ciò implicherà necessariamente un doppio trasferimento (o meglio un triplo trasferimento, se si conta il primo trasferimento illecito). Benché sia indubbio che una molteplicità di trasferimenti non risponde all’interesse del minore, mi sembra che l’interesse più ampio, consistente nello scoraggiare qualsiasi tentativo di sottrazione, privando quest’ultima di ogni effetto giuridico o pratico, debba prevalere secondo lo spirito del regolamento (e della Convenzione).

77.      Peraltro, si deve considerare il procedimento alla luce dello scopo perseguito, vale a dire il ritorno del minore presso il giudice competente. Tale ritorno consiste semplicemente nel «correggere» il primo trasferimento illecito. Il giudice competente deve allora esaminare la questione dell’affidamento tenendo conto di tutte le circostanze, e almeno taluni aspetti di tale esame, come le osservazioni psicologiche, i rapporti dei servizi sociali o, se del caso, le domande dirette, richiederanno normalmente la presenza del minore. Non può essere nel suo interesse complicare e prolungare tale procedimento mantenendolo nello Stato membro del trasferimento illecito. Infine, il giudice adotta la sua decisione, che avrà o meno come risultato un ultimo trasferimento, ma sarà stata presa con piena cognizione di causa.

78.      Infine, l’Oberster Gerichtshof suggerisce che la possibilità per i giudici dello Stato membro della residenza abituale anteriore di ordinare il ritorno del minore ai sensi dell’art. 11, n. 8, del regolamento, senza avere prima adottato una decisione di affidamento, contrasterebbe con il principio della fiducia reciproca, in quanto presupporrebbe che i giudici dell’altro Stato membro possano rifiutare il ritorno per ragioni soggettive.

79.      Tale argomento non mi convince affatto. Come già rilevato, il procedimento fornisce semmai la garanzia di un duplice esame in caso di dubbio sull’opportunità di disporre il ritorno del minore, ed esige una motivazione meditata per ogni decisione di ritorno adottata ai sensi dell’art. 11, n. 8 del regolamento. Ciò non mi sembra affatto incompatibile con il principio della fiducia reciproca sotteso al regolamento, che – al contrario – esige che il giudice di uno Stato membro non imputi secondi fini soggettivi ai giudici di un altro Stato membro, bensì presuma che le loro decisioni siano tanto oggettivamente motivate quanto quelle dei giudici del suo proprio Stato membro.

80.      Sono quindi del parere che nulla nel testo o nel sistema del regolamento limiti la possibilità di disporre il ritorno del minore ai sensi dell’art. 11, n. 8, del regolamento, al caso in cui lo stesso giudice abbia già adottato una decisione sull’affidamento.

 Sulla terza questione

81.      In caso di risposta affermativa alla prima o alla seconda questione, l’Oberster Gerichtshof chiede se nello Stato di esecuzione possa essere eccepita l’incompetenza del giudice dello Stato di origine (prima questione) o l’inapplicabilità dell’art. 11, n. 8, del regolamento (seconda questione) per opporsi all’esecuzione di una decisione che sia stata certificata dal giudice di origine ai sensi dell’art. 42, n. 2, del regolamento, oppure se, in tale fattispecie, il convenuto debba richiedere la revoca del certificato nello Stato di origine, il che consentirebbe di sospendere l’esecuzione nel secondo Stato fino all’adozione della decisione nello Stato di origine.

82.      Poiché propongo di rispondere alle prime due questioni in senso negativo, la terza questione non si pone più. Tuttavia la esaminerò, tenuto conto della possibilità che la Corte risponda in senso affermativo alla prima o alla seconda questione, e alla luce soprattutto dell’interesse più generale che può esservi a chiarire i limiti della possibilità di opporsi all’esecuzione di una decisione certificata conformemente all’art. 42, n. 2, del regolamento.

83.      L’Oberster Gerichtshof rileva che, poiché il Tribunale per i Minorenni di Venezia ha rilasciato un certificato conformemente all’art. 42 del regolamento, i giudici austriaci non sono competenti ad esaminarne la decisione nel merito. Tuttavia, non si potrebbe escludere che tali giudici possano verificare se detta decisione sia stata effettivamente adottata sul fondamento dell’art. 11, n. 8, del regolamento. Poiché, secondo l’art. 40 di quest’ultimo, la sezione 4 del regolamento si applica «al ritorno del minore ordinato in seguito a una decisione che prescrive il ritorno del minore di cui all’articolo 11, paragrafo 8», l’art. 42, n. 1, del regolamento sarebbe applicabile, e pertanto il certificato avrebbe efficacia vincolante, solo se esistesse una decisione del genere, ipotesi che non ricorrerebbe in caso di risposta affermativa ad una delle prime due questioni.

84.      Sempre secondo il giudice del rinvio, poiché detto certificato mira a consentire l’esecuzione immediata senza ulteriore esame nel merito, solo il giudice di origine potrebbe constatare che esso è stato rilasciato per errore. Orbene, l’art. 43 prevede solo una «rettifica» del certificato. Per contro, l’art. 10 del regolamento n. 805/2004 (27), disposizione più recente relativa ad un problema analogo, prevede che il certificato di titolo esecutivo europeo, su istanza presentata al giudice d’origine, venga revocato se risulta manifestamente concesso per errore. Poiché il legislatore europeo non ha certamente voluto prevedere una tutela giurisdizionale contro il ritorno del minore inferiore a quella contro il recupero di un credito non contestato, lo stesso dovrebbe valere, secondo l’Oberster Gerichtshof, per il certificato previsto nella fattispecie. In tal caso, si dovrebbe anche applicare per analogia l’art. 23 del regolamento n. 805/2004 (28), in modo da consentire la sospensione dell’esecuzione fino a quando il giudice di origine non abbia statuito sulla domanda di rettifica o di revoca del certificato.

85.      Il ragionamento del giudice del rinvio è quindi ampiamente basato su un confronto con il regolamento n. 805/2004, adottato meno di cinque mesi dopo il regolamento, mentre gran parte dei lavori preparatori dei due regolamenti si è svolta in seno al Consiglio dell’Unione europea negli stessi periodi. Sarebbe quindi sorprendente, a mio parere, che la notevole differenza fra i due testi (rettifica solo in caso di errore materiale nel regolamento e rettifica in caso di errore materiale oltre a revoca se il certificato è stato rilasciato per errore nel regolamento n. 805/2004) non fosse espressione della volontà del legislatore di differenziare le due fattispecie. Infatti, dai suddetti lavori preparatori emerge che sono state previste opzioni diverse nei due casi, prima di pervenire agli attuali testi divergenti (29).

86.      Mi sembra quindi da escludere che si debba cercare di interpretare il primo di tali regolamenti alla luce del secondo, tanto più che, sebbene rientrino entrambi nel settore generale della cooperazione giudiziaria in materia civile, le materie precise da essi disciplinate sono molto diverse e non richiedono necessariamente approcci analoghi. Infatti, non vi è denominatore comune tra l’interesse a garantire il ritorno del minore in caso di trasferimento illecito e l’interesse a recuperare un credito non contestato. Rilevo, inoltre, che le fattispecie disciplinate dalle disposizioni pertinenti sono diverse anche perché nell’ambito del regolamento si tratta di un conflitto, e quindi di una contestazione, già noto e già preso in considerazione almeno da due giudici, mentre nell’ambito del regolamento n. 805/2004 la domanda di revoca del certificato trasforma un credito che si presume non contestato in un credito almeno parzialmente contestato, il che può giustificare la sospensione da parte di un giudice dell’esecuzione che non era stato ancora adito per far valere il credito in questione.

87.      Ciò detto, è chiaro che si tratta di sapere quali possibilità vengano offerte qualora risulti che un certificato come quello previsto all’art. 42 del regolamento è stato rilasciato per errore. Benché l’interesse ad ottenere il ritorno immediato di un minore trasferito illecitamente e a garantire l’esecuzione semplice e rapida delle decisioni che dispongono tale ritorno al termine del procedimento di cui all’art. 11 del regolamento militi contro la possibilità di contestare il certificato previsto al detto art. 42, tuttavia può accadere che un giudice rilasci tale certificato ritenendosi, erroneamente, autorizzato a farlo, mentre in realtà non sussistono le condizioni necessarie per adottare una decisione in forza dell’art. 11, n. 8.

88.      Un esempio fornito in udienza è quello di un giudice dello Stato membro della residenza abituale anteriore che dispone il ritorno del minore senza che in precedenza sia stata adottata una decisione contro il ritorno ai sensi dell’art. 13 della Convenzione nello Stato membro del trasferimento illecito, e che certifica il proprio provvedimento conformemente all’art. 42 del regolamento. Il giudice in questione sarebbe senz’altro competente ad adottare una decisione che dispone il ritorno del minore in queste circostanze, ma, in tal caso, non si tratterebbe di una decisione ai sensi dell’art. 11, n. 8, del regolamento. Pertanto, non è prevista la certificazione di tale decisione conformemente al detto art. 42 (30) e il certificato verrebbe quindi rilasciato per errore.

89.      Non è pensabile che il legislatore volesse escludere ogni possibilità di porre rimedio ad un errore del genere, che non corrisponde necessariamente all’unica possibilità di rettifica enunciata al ventiquattresimo ‘considerando’ del regolamento, vale a dire «se il certificato non rispecchia correttamente il contenuto della decisione».

90.      Si tratta di un problema che ho già esaminato nella mia presa di posizione relativa alla causa Rinau (31), nonché, più recentemente e in un contesto leggermente diverso, nelle mie conclusioni relative alla causa Purrucker (32). Mi limiterò qui a riassumere la conclusione che ho raggiunto in proposito, facendo riferimento anche agli argomenti esposti nelle due cause citate.

91.      Il regolamento vieta chiaramente qualsiasi ricorso contro il rilascio del certificato. Esso non vieta invece il ricorso contro la decisione certificata. Se una parte ritiene che non sussistano le condizioni necessarie per consentire al giudice in questione di adottare tale decisione, essa deve poter contestare la competenza di detto giudice dinanzi ad esso – come sembra aver fatto la madre nel caso di specie – nonché, eventualmente, proponendo un’impugnazione dinanzi ad un giudice superiore. Se il diritto nazionale non consente di esperire alcun ricorso in tali circostanze, il giudice è tenuto, in forza dell’art. 267, terzo comma, TFUE, ad adire la Corte. In tale contesto, ogni ricorso o rinvio alla Corte deve essere esaminato nel più breve tempo possibile.

92.      Tale conclusione risponde alla prima parte della terza questione del giudice del rinvio, che tuttavia chiede anche, nella seconda parte della sua questione, se in presenza di una decisione certificata, ma in caso di contestazione della fondatezza del certificato il giudice adito possa sospendere l’esecuzione della decisione per consentire l’eventuale revoca del certificato.

93.      Nella fattispecie rilevo che nulla nell’ordinanza di rinvio né negli altri documenti sottoposti alla Corte indica che la madre abbia proseguito la sua contestazione della competenza del Tribunale per i Minorenni di Venezia impugnando in Italia il provvedimento 10 luglio 2009, la cui esecuzione viene richiesta in Austria dal padre.

94.      In tale contesto mi sembra totalmente escluso che i giudici austriaci possano sospendere l’esecuzione di tale decisione per consentire alla madre di proporre un ricorso. Tali giudici non sono competenti a conoscere essi stessi di un ricorso e, non essendo stato proposto alcun ricorso dinanzi ad un giudice competente, nulla nel testo o negli obiettivi del regolamento giustifica un ritardo nell’esecuzione di una decisione il cui scopo, lo ricordo, è ottenere il ritorno immediato del minore.

95.      La situazione sarebbe diversa se la madre avesse già proposto tale ricorso prima che il padre tentasse di fare eseguire la decisione in Austria? La sospensione dell’esecuzione potrebbe sembrare più giustificabile in tale contesto, dato che il giudice dello Stato membro dell’esecuzione si trova di fronte a un’incertezza reale, e non più ipotetica, riguardo all’esecutività della decisione contestata. Esso potrebbe quindi evitare un trasferimento ingiustificato del minore, che sarebbe seguito o da un nuovo trasferimento, o dal mantenimento ingiustificato del minore nello Stato membro di origine.

96.      Tuttavia, non sono convinta che il regolamento consenta tale sospensione. Non solo non la prevede espressamente, ma, inoltre, dalla presenza, in altre parti del regolamento, di una disposizione che consente la sospensione del giudizio su una domanda diretta a far dichiarare l’esecutività di una decisione avente ad oggetto l’esercizio della responsabilità genitoriale (33) si può dedurre che tale omissione è intenzionale – intenzione peraltro confermata dal fatto che le disposizioni degli attuali artt. 43 e 44 sono state fortemente contestate in fase di elaborazione del regolamento (34) e che non è stata adottata alcuna disposizione che consenta la sospensione dell’esecuzione.

97.      Tuttavia, conformemente alla conclusione raggiunta in merito alla possibilità di contestazione della decisione (35), mi sembra chiaro che il genitore che contesta tale decisione nello Stato membro di origine deve poter anche chiedere, in questo stesso Stato, la sospensione dell’esecuzione della decisione, sospensione di cui i giudici dello Stato membro dell’esecuzione dovrebbero tenere conto.

98.      Alla luce delle suesposte considerazioni, concludo quindi che la Corte dovrebbe risolvere la terza questione dell’Oberster Gerichtshof nel senso che, qualora una decisione certificata da un giudice di uno Stato membro conformemente all’art. 42, n. 2, del regolamento venga contestata per incompetenza del giudice di origine o per inapplicabilità dell’art. 11, n. 8, del regolamento, l’unico mezzo di ricorso possibile consiste nell’impugnare la decisione stessa (e non il certificato) dinanzi ai giudici di detto Stato. I giudici dello Stato membro dell’esecuzione non sono competenti a rifiutare o sospendere l’esecuzione.

 Sulla quarta questione

99.      In caso di soluzione negativa della prima o della seconda questione pregiudiziale o della prima parte della terza questione, l’Oberster Gerichtshof chiede se una decisione emanata da un giudice dello Stato dell’esecuzione, da considerarsi esecutiva ai sensi del diritto di quest’ultimo, con la quale l’affidamento viene provvisoriamente attribuito al genitore che ha sottratto il minore, osti, ai sensi dell’art. 47, n. 2, del regolamento, all’esecuzione di un decreto che dispone il ritorno emesso precedentemente nello Stato di origine ai sensi dell’art. 11, n. 8, del regolamento, anche quando non impedirebbe l’esecuzione di un provvedimento di ritorno emanato dallo Stato dell’esecuzione ai sensi della Convenzione.

100. Prima di esaminare tale questione, che nell’ambito del procedimento principale riguarda gli effetti del decreto del Bezirksgericht Judenburg 25 agosto 2009, mi sembra utile esaminare le condizioni in cui detto giudice si è considerato competente ad adottare tale decreto.

101. Dal decreto del Tribunale per i Minorenni di Venezia 10 luglio 2009 risulta che la madre ha chiesto anzitutto al giudice italiano di rinviare la causa ai giudici austriaci, ai sensi dell’art. 15 del regolamento (36). Tale domanda è stata respinta con la motivazione, in primo luogo, che la situazione non era eccezionale, bensì riguardava una controversia ordinaria tra genitori relativa all’affidamento della figlia (mentre l’art. 15 si applica «[i]n via eccezionale»), e, in secondo luogo, che la minore non aveva un «legame particolare» con l’Austria, secondo la definizione di cui all’art. 15, n. 3.

102. Detta decisione rientra nella competenza del Tribunale per i Minorenni di Venezia e non è in discussione nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale. Nondimeno, essa suscita a mio parere alcune riserve.

103. In primo luogo, non mi sembra corretto escludere l’applicazione dell’art. 15 del regolamento in ragione del fatto che il procedimento riguarda una controversia ordinaria tra genitori relativa all’affidamento della figlia. Le parole introduttive «[i]n via eccezionale» a mio avviso non implicano che la disposizione sia applicabile solo in presenza di una situazione eccezionale. Esse consentono piuttosto ad un giudice competente di derogare alle regole generali di competenza e di rinviare la causa, o una parte della causa, ad un giudice di un altro Stato membro con cui il minore ha un legame particolare se ritiene che quest’ultimo giudice sia più adeguato a conoscere della controversia e che il rinvio sia conforme all’interesse superiore del minore, caso che, in linea di principio, sarà eccezionale.

104. In secondo luogo, mi sembra che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale per i Minorenni di Venezia nella sua motivazione, nella fattispecie sussistessero più di uno dei criteri alternativi di cui all’art. 15, n. 3, del regolamento (la presenza di uno solo dei quali sarebbe stata pertanto sufficiente a stabilire un «legame particolare»). Infatti, è pacifico che la minore possedeva la cittadinanza austriaca oltre a quella italiana, il che soddisfaceva la condizione di cui alla lett. c) della disposizione, che non riguarda solo il caso di un’unica cittadinanza. Inoltre, è chiaro che nel momento in cui è stata respinta la domanda di rinvio la madre aveva stabilito la propria residenza abituale in Austria, il che corrisponde al criterio di cui alla lett. d) (37).

105. Ciò detto, e anche se la motivazione del Tribunale per i Minorenni di Venezia può essere considerata carente sotto taluni aspetti, è evidente che nulla nell’art. 15 del regolamento poteva obbligare tale giudice a ritenere che il Bezirksgericht Judenburg fosse più adeguato a conoscere della causa e che il rinvio sarebbe stato nell’interesse superiore della minore, e quindi a declinare la propria competenza in favore del giudice austriaco. Rilevo inoltre che la Corte non è stata informata di un’eventuale impugnazione da parte della madre contro tale rifiuto di rinvio, via che essa avrebbe dovuto normalmente seguire se intendeva contestare la motivazione del Tribunale per i Minorenni di Venezia.

106. Inoltre, dall’ordinanza di rinvio risulta che, senza attendere l’esame della sua domanda da parte del Tribunale per i Minorenni di Venezia, la madre ha adito direttamente il Bezirksgericht Judenburg con una domanda di affidamento. Quest’ultimo, il 26 maggio 2009, si è dichiarato competente «ai sensi dell’art. 15, n. 5, del regolamento» e ha chiesto al giudice italiano di trasmettergli il procedimento. Sembra che il Bezirksgericht Judenburg abbia emanato sulla base di tale dichiarazione di competenza la propria decisione 25 agosto 2009, che attribuisce provvisoriamente l’affidamento alla madre, decisione in merito alla quale l’Oberster Gerichtshof si chiede se essa possa essere ostativa all’esecuzione del decreto che dispone il ritorno adottato dal Tribunale per i Minorenni di Venezia il 10 luglio 2009.

107. Non disponiamo del testo di tale decisione del 26 maggio 2009, ma il breve riassunto fornitone dall’Oberster Gerichtshof sembra indicare che il Bezirksgericht Judenburg si è dichiarato competente in violazione dell’art. 15 del regolamento. Infatti, tale articolo non consente affatto ad un giudice di dichiararsi competente di propria iniziativa. Dall’art. 15, n. 5, del regolamento risulta chiaramente che detta dichiarazione (38) di competenza deve essere preceduta da una domanda «in base al paragrafo 1, lettere a) o b)», quindi, su iniziativa diretta o indiretta del giudice competente, che sospende il giudizio invitando le parti ad adire il giudice di un altro Stato membro, o chiede esso stesso a tale giudice di assumere la competenza. Una domanda di rinvio, formulata da un giudice di un altro Stato membro con cui il minore ha un legame particolare, è certamente possibile in virtù del n. 2, lett. c) (39); tuttavia, la decisione sul seguito da dare a tale domanda spetta al giudice competente a conoscere del merito, e quindi a quello dello Stato membro della residenza abituale (anteriore).

108. Di conseguenza, la competenza del Bezirksgericht Judenburg ad adottare la decisione 25 agosto 2009 sembra contestabile. Se, in virtù dell’art. 10, lett. b), sub iv), del regolamento, a quella data il Tribunale per i Minorenni di Venezia aveva perduto la sua competenza (questione che propongo di risolvere in senso negativo), è plausibile che il Bezirksgericht Judenburg sarebbe divenuto competente secondo la normale regola dell’art. 8 di tale regolamento. Per contro, esso non poteva acquisire la competenza attraverso l’art. 15 del regolamento, in quanto il Tribunale per i Minorenni di Venezia non ha adottato alcuna iniziativa in tal senso (40).

109. Nella sua ordinanza di rinvio l’Oberster Gerichtshof adduce taluni motivi per i quali il certificato del Bezirksgericht Judenburg, che attesta che la sua decisione 25 agosto 2009 era passata in giudicato ed era esecutiva, potrebbe essere stato adottato indebitamente, in particolare a causa di eventuali vizi di notifica della decisione. Esso precisa, tuttavia, che il certificato è vincolante per tutti gli altri giudici austriaci e potrebbe essere revocato, se del caso, solo dallo stesso Bezirksgericht Judenburg, su istanza di parte o d’ufficio. L’Oberster Gerichtshof non fa riferimento alla possibilità che il Bezirksgericht Judenburg abbia dichiarato erroneamente la propria competenza e quindi non precisa se un’eventuale incompetenza sfugga anch’essa al suo controllo. In ogni caso, mi sembra che la dichiarazione di competenza ai sensi dell’art. 15 del regolamento debba poter essere oggetto di un controllo nell’ambito del sistema giurisdizionale austriaco.

110. Fatte salve queste ultime considerazioni, di cui l’Oberster Gerichtshof dovrà, se del caso, tener conto, esaminerò la quarta questione pregiudiziale dando per presupposto, come fa lo stesso Oberster Gerichtshof, che la decisione del Bezirksgericht Judenburg 25 agosto 2009, che attribuisce temporaneamente l’affidamento alla madre, sia esecutiva.

111. Il giudice del rinvio spiega che, sebbene, in materia di diritto di affidamento, una decisione esecutiva incompatibile con una decisione adottata in precedenza osti in linea di principio all’esecuzione di quest’ultima – come espressamente previsto dall’art. 47, n. 2, secondo comma, del regolamento –, ciò non vale necessariamente nel diritto nazionale. Infatti, lo stesso Oberster Gerichtshof avrebbe recentemente dichiarato che un decreto che dispone il ritorno emanato in Austria in forza della Convenzione deve essere eseguito anche se vi osta un provvedimento temporaneo di affidamento adottato da un altro giudice austriaco, in quanto l’art. 17 della Convenzione dispone che il solo fatto che sia stata presa una decisione relativa all’affidamento nello Stato richiesto non può giustificare il rifiuto di fare ritornare il minore. Se, in virtù dell’art. 47, n. 2, del regolamento, il decreto che dispone il ritorno adottato all’estero deve essere trattato esattamente come la decisione di un giudice nazionale, un provvedimento provvisorio che attribuisce l’affidamento non può impedirne l’esecuzione.

112. Nella sua questione l’Oberster Gerichtshof presuppone quindi che la disposizione dell’art. 47, n. 2, secondo comma, del regolamento [«una decisione certificata conformemente (…) all’articolo 42, paragrafo 1, non può essere eseguita se è incompatibile con una decisione esecutiva emessa posteriormente»] si riferisca ad ogni decisione esecutiva emessa posteriormente, anche nello Stato membro di esecuzione. La Commissione contesta tale interpretazione facendo valere che essa vanificherebbe il meccanismo voluto dal legislatore all’art. 11, n. 8, che attribuisce ai giudici dello Stato membro della residenza abituale anteriore l’ultima parola sul ritorno del minore. Lo scopo della disposizione dell’art. 47, n. 2, secondo comma, del regolamento sarebbe precisare che una decisione successiva di un giudice dello Stato membro di origine può caducare la decisione di ritorno adottata in virtù dell’art. 11, n. 8, che pertanto non deve essere eseguita.

113. Condivido il punto di vista della Commissione, sebbene il testo della disposizione non contenga la precisazione da essa proposta. Oltre agli argomenti dedotti dalla Commissione – è indubbio che l’art. 11, n. 8, del regolamento non avrebbe senso se la decisione ivi prevista potesse essere sostituita con una decisione successiva del giudice che ha già adottato la decisione contro il ritorno ai sensi dell’art. 13 della Convenzione – è chiaro che la «decisione esecutiva emessa posteriormente» può solo essere quella di un giudice competente. Orbene, per definizione, quando si tratta di una decisione in materia di responsabilità genitoriale, sono competenti i giudici dello Stato membro in cui è stata adottata la decisione ai sensi dell’art. 11, n. 8, e non quelli dello Stato membro in cui è stato illecitamente trasferito il minore.

114. In udienza è stata sollevata la questione del perché, se la disposizione di cui all’art. 47, n. 2, secondo comma, del regolamento riguardava solo il caso dell’annullamento di una decisione certificata nello Stato membro d’origine, il legislatore non lo abbia precisato espressamente, anziché scegliere il termine «incompatibile», che si potrebbe applicare anche nel caso di una decisione emessa posteriormente nello Stato membro dell’esecuzione. Tuttavia, mi sembra che sia stata fornita una risposta soddisfacente anche a tale questione. Anche se è escluso che un giudice dello Stato membro dell’esecuzione, semplicemente adottando una decisione contraria, possa rendere inoperante la decisione che, ai sensi dell’art. 11, n. 8, del regolamento, deve rappresentare l’ultima parola in merito al ritorno del minore, si possono ipotizzare altri tipi di decisioni incompatibili con il decreto che dispone il ritorno, ad esempio, se il ritorno viene disposto presso un genitore che nel frattempo è stato condannato ad una pena detentiva. Si deve inoltre rilevare che l’art. 47 del regolamento si applica anche alle decisioni certificate conformemente all’art. 41, che riguardano il diritto di visita e sulle quali possono quindi incidere successive decisioni di tipo diverso.

115. In ogni caso, il regolamento dovrebbe essere interpretato per quanto possibile in maniera conforme alla Convenzione e soprattutto non in modo da attribuire al potere di decisione rafforzato, conferito ai giudici dello Stato membro della residenza abituale anteriore dall’art. 11, n. 8, del regolamento e dal sistema di certificazione di cui all’art. 42 dello stesso, una portata che finirebbe con l’indebolirla rispetto alla disposizione di cui all’art. 17 della Convenzione, la quale prevede in particolare che il solo fatto che sia stata presa una decisione relativa all’affidamento nello Stato richiesto non può giustificare il rifiuto di far ritornare il minore ma che le autorità di tale Stato possono prendere in considerazione le motivazioni di tale decisione.

 Sulla quinta questione

116. Infine, in caso di risposta negativa alla quarta questione, l’Oberster Gerichtshof chiede se l’esecuzione di una decisione certificata dal giudice di origine ai sensi dell’art. 42, n. 2, del regolamento possa essere negata nello Stato dell’esecuzione nel caso in cui, a seguito di un mutamento delle circostanze successivo all’adozione della decisione, l’esecuzione metterebbe gravemente a rischio l’interesse superiore del minore, oppure se tali mutate circostanze debbano essere fatte valere nello Stato di origine, e sia possibile sospendere l’esecuzione nello Stato dell’esecuzione fino a che il giudice dello Stato di origine non abbia adottato la decisione.

117. Il giudice del rinvio spiega che, presumibilmente, la madre rifiuterà di recarsi in Italia con la minore e non può essere obbligata a farlo. L’esecuzione del decreto che dispone il ritorno separerebbe quindi la minore dalla madre per affidarla al padre. Secondo l’art. 47, n. 2, del regolamento, tale esecuzione dovrebbe avvenire nelle stesse condizioni che si applicherebbero se la decisione fosse stata adottata in Austria. Orbene, secondo la giurisprudenza austriaca, un provvedimento di ritorno emanato in Austria in virtù della Convenzione non può essere eseguito se un mutamento delle circostanze ha determinato un grave rischio che il minore venga esposto ad un danno fisico o psicologico, il che potrebbe accadere se il minore ha soggiornato a lungo nello Stato dell’esecuzione.

118. Nella specie la minore avrebbe vissuto poco più di un anno in Italia, mentre il Tribunale per i Minorenni di Venezia ha adottato il decreto di ritorno un anno e mezzo dopo il trasferimento illecito in Austria. Non vi sarebbe stato alcun contatto tra padre e figlia nei nove mesi successivi a tale decreto e, nei diciotto mesi precedenti, i contatti si sarebbero limitati ad alcune visite. Pertanto, la minore avrebbe trascorso oltre due terzi della propria vita separata dal padre. Il giudice del rinvio ritiene che non si possa escludere che sottrarre la minore alla madre per restituirla al padre ne metterebbe gravemente in pericolo lo sviluppo psichico e che, per quanto l’atteggiamento della madre sia criticabile, ciò non giustificherebbe il rischio di esporre la minore a tale pericolo.

119. Sarebbe pertanto possibile che un siffatto decreto di ritorno adottato in Austria non venisse eseguito. Poiché l’art. 47 del regolamento impone il medesimo trattamento previsto per le decisioni emanate nello Stato dell’esecuzione, lo stesso dovrebbe valere per la decisione del Tribunale per i Minorenni di Venezia.

120. Tuttavia, secondo la ratio delle pertinenti disposizioni, spetta al Tribunale per i Minorenni di Venezia accertare se la situazione sia cambiata. Non si tratterebbe dell’esecuzione propriamente detta, bensì della giustificazione nel merito del decreto che dispone il ritorno. Secondo questa tesi, la madre dovrebbe chiedere al Tribunale per i Minorenni di Venezia di annullare la propria decisione. Nel frattempo si dovrebbe poter sospendere l’esecuzione della decisione in Austria.

121. A tale riguardo, il governo austriaco rileva che, secondo l’art. 47, n. 1, del regolamento, la procedura di esecuzione è regolata dal diritto dello Stato membro dell’esecuzione. Si dovrebbe tener conto di tutti gli elementi ostativi all’esecuzione risultanti da tale diritto. Nella specie, siffatti elementi includerebbero tutte le circostanze apparse successivamente atte a mettere in pericolo l’interesse superiore del minore. Se il compito di esaminare detti elementi spettasse al giudice dello Stato di origine, ciò condurrebbe ad un esame separato dei vari elementi ostativi e ad una competenza parallela dei giudici dei due Stati, il che non favorirebbe né la fiducia reciproca né l’interesse superiore del minore, che deve restare il criterio supremo. Infine, la competenza dei giudici dello Stato dell’esecuzione corrisponderebbe al sistema del regolamento. In virtù del criterio di vicinanza, le autorità dello Stato in cui si trova il minore sarebbero più adeguate a valutare se la situazione sia cambiata dopo che è stata adottata la decisione.

122. La Commissione, per contro, ritiene che l’art. 47, n. 2, del regolamento debba essere interpretato tenendo conto del principio del ritorno rapido del minore e della ripartizione delle competenze che ne deriva. Poiché la decisione finale vincolante in merito al ritorno del minore spetta al giudice dello Stato membro della residenza abituale anteriore, quello dello Stato dell’esecuzione deve solo determinare le modalità di esecuzione. L’art. 47, n. 2, primo comma, del regolamento significherebbe dunque che i requisiti formali dello Stato dell’esecuzione – ad esempio per quanto riguarda i termini, i servizi competenti e i regimi sanzionatori – sono applicabili all’esecuzione vera e propria, mentre il giudice dello Stato membro di origine sarebbe il solo competente a statuire sulle censure di merito relative alla regolarità del titolo esecutivo, ad esempio per stabilire se occorra sospendere l’esecuzione della decisione in quanto, a causa di un mutamento delle circostanze successivo al rilascio del titolo esecutivo, la sua attuazione non risponderebbe più all’interesse superiore del minore.

123. Da parte mia, condivido il punto di vista della Commissione, che sembra convincere parzialmente anche il giudice del rinvio (41). Nel sistema del regolamento la decisione finale sull’opportunità di disporre il ritorno del minore spetta unicamente ai giudici dello Stato della sua residenza abituale anteriore. Se uno dei giudici dello Stato del trasferimento illecito ha adottato una decisione contro il ritorno ai sensi dell’art. 13 della Convenzione, la sua competenza in materia si è esaurita, tranne per quanto riguarda l’eventuale revoca o annullamento di detta decisione. Qualsiasi decisione nel merito successiva – che deve tenere conto dei motivi e degli elementi di prova sulla cui base è stata emanata la decisione contro il ritorno – spetta al giudice competente dello Stato membro della residenza abituale anteriore. Se del caso, tale decisione successiva dovrà essere eseguita obbligatoriamente nell’altro Stato membro – certo, secondo la procedura (vale a dire le forme) stabilita dal suo ordinamento, ma senza che si possa tener conto delle considerazioni di merito che potrebbero ostare all’esecuzione.

124. Orbene, mi pare evidente che l’eventuale rischio di danno fisico o psicologico rientri nelle considerazioni di merito, e non in quelle formali. In caso di contestazione della decisione finale che dispone il ritorno del minore, la parte interessata deve quindi rivolgersi al giudice che l’ha adottata, e non a quello incaricato della sua esecuzione.

125. Quanto alla possibilità di sospendere il procedimento in attesa del risultato di tale contestazione, valgono le stesse considerazioni esposte supra, ai paragrafi 93‑97 della presente presa di posizione, e si deve concludere che tale possibilità non sussiste dinanzi al giudice dell’esecuzione ma che, in caso di contestazione dinanzi ai giudici dello Stato membro di origine, questi dovrebbero poter disporre la sospensione dell’esecuzione in attesa della decisione sulla contestazione.

126. Infine, e in ogni caso, rilevo che il giudice del rinvio fa riferimento ad un possibile pericolo di danno psichico derivante non solo dalla separazione della minore dal padre per i nove mesi successivi all’adozione della decisione del Tribunale per i Minorenni di Venezia 10 luglio 2009, ma anche dalla separazione per i diciotto mesi precedenti. Orbene, quand’anche l’esecuzione di tale decisione potesse essere messa in discussione, in qualche modo, da sviluppi successivi, ciò non potrebbe accadere sulla base di un qualunque aspetto della situazione anteriore, di cui il Tribunale per i Minorenni di Venezia ha già necessariamente tenuto conto. E, per quanto concerne tali sviluppi successivi, si deve sottolineare che il semplice decorso del tempo non può farne parte se la procedura prevista dal regolamento viene seguita correttamente, dato che un provvedimento adottato in forza dell’art. 11, n. 8, del regolamento ha efficacia esecutiva immediata e non è possibile opporsi al suo riconoscimento.

 Conclusione

127. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere nei termini seguenti le questioni pregiudiziali poste dall’Oberster Gerichtshof:

«1)      Un provvedimento provvisorio che attribuisce l’affidamento di un minore al genitore che lo ha sottratto fino all’adozione della decisione di affidamento definitiva (o duratura) non costituisce una “decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore” ai sensi dell’art. 10, lett. b), punto iv), del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000.

2)      Un provvedimento che dispone il ritorno del minore rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003 indipendentemente dal fatto che il giudice lo abbia o meno emanato sul fondamento di una decisione sull’affidamento da esso stesso adottata.

3)      Qualora una decisione certificata da un giudice di uno Stato membro conformemente all’art. 42, n. 2, del regolamento n. 2201/2003 venga contestata in ragione dell’incompetenza del giudice di origine o dell’inapplicabilità dell’art. 11, n. 8, di tale regolamento, l’unico mezzo di ricorso esperibile consiste nell’impugnare la decisione stessa (e non il certificato) dinanzi ai giudici di detto Stato membro. I giudici dello Stato membro dell’esecuzione non sono competenti a rifiutare o a sospendere l’esecuzione.

4)      Una decisione emanata da un giudice dello Stato dell’esecuzione che attribuisce provvisoriamente l’affidamento al genitore che ha sottratto il minore non osta all’esecuzione di un decreto che dispone il ritorno adottato anteriormente nello Stato di origine in forza dell’art. 11, n. 8, del regolamento n. 2201/2003.

5)      Qualora una decisione certificata da un giudice di uno Stato membro conformemente all’art. 42, n. 2, del regolamento n. 2201/2003 venga contestata in quanto la sua esecuzione metterebbe gravemente in pericolo l’interesse superiore del minore, in ragione del mutamento delle circostanze intervenuto dopo l’adozione della decisione, l’unico mezzo di ricorso esperibile consiste nell’impugnare la decisione stessa (e non il certificato) dinanzi ai giudici di detto Stato membro. I giudici dello Stato membro dell’esecuzione non sono competenti a rifiutare o a sospendere l’esecuzione».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Regolamento 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU L 338, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento»).


3 – Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, conclusa il 25 ottobre 1980 ed entrata in vigore il 1° dicembre 1983, di cui sono parti tutti gli Stati membri (in prosieguo: la «Convenzione»). A differenza del regolamento, tale Convenzione non contiene norme in materia di competenza. A tal riguardo, il regolamento si ispira alla Convenzione sulla competenza giurisdizionale, la legge applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, nonché la cooperazione, in materia di responsabilità genitoriale e di misure per la tutela dei minori, conclusa all’Aia il 19 ottobre 1996 (GU 2008, L 151, pag. 39). Si osservi che, ai sensi del suo art. 60, il regolamento prevale sulla Convenzione nella parte in cui essa riguarda materie disciplinate dal detto regolamento.


4 – Gli artt. 9 e 12, che riguardano, rispettivamente, il caso in cui un minore sia stato lecitamente trasferito in un altro Stato membro e il caso in cui la competenza dei giudici di un altro Stato membro con cui il minore ha un legame sostanziale venga accettata univocamente da tutte le parti, non sono pertinenti nel presente procedimento.


5 –      L’art. 53 del regolamento prevede la designazione da parte di ciascuno Stato membro di una o più autorità centrali «incaricata di assisterlo nell’applicazione del presente regolamento» (v. infra, paragrafo 22 della presente presa di posizione).


6 –      L’art. 56 del regolamento riguarda il collocamento del minore in un istituto o in una famiglia affidataria in un altro Stato membro.


7 –      La citazione riporta solo i riferimenti alle disposizioni concernenti la responsabilità genitoriale, ad esclusione di quelle concernenti il divorzio, la separazione personale e l’annullamento del matrimonio, che non sono pertinenti nel caso di specie.


8 – Sentenza 11 luglio 2008, causa C‑195/08 PPU (Racc. pag. I‑5271).


9 –      Dagli atti non emerge il motivo per cui in Austria sono stati avviati procedimenti dinanzi a due tribunali cantonali diversi.


10 –      V. nota 36 alla presente presa di posizione.


11 – Citata supra, alla nota 8.


12 – V. anche sentenza Rinau, citata supra alla nota 8 (punti 47 e segg.), nonché la mia presa di posizione nella medesima causa (paragrafi 15 e segg.).


13 – Il regolamento riguarda sia le ipotesi di trasferimento illecito che quelle di mancato ritorno illecito. Nei successivi paragrafi farò riferimento solo al «trasferimento illecito», poiché tale è l’ipotesi che ricorre nel presente procedimento. Tutte le considerazioni svolte valgono nondimeno per entrambe le fattispecie.


14 – Come ha precisato il governo italiano in udienza, sembra che l’espressione «decisioni relative al minore, in particolare il diritto di stabilire il luogo di residenza», utilizzata nella questione pregiudiziale non rispecchi del tutto correttamente il contenuto del provvedimento adottato dal Tribunale per i Minorenni di Venezia il 23 maggio 2008. Tuttavia, è pacifico che tale provvedimento riguarda effettivamente l’affidamento della minore e non ne prevede il ritorno.


15 – Mi chiedo anche se tale ipotesi non ricorra nel caso di specie, almeno in una certa misura. Infatti, l’Oberster Gerichtshof sembra presumere che il Tribunale per i Minorenni di Venezia abbia attribuito l’affidamento provvisorio alla madre soprattutto per evitare ripetuti trasferimenti della minore, mentre, secondo la mia interpretazione del decreto 23 maggio 2008, detto giudice cercava in particolare di facilitare i trasferimenti della minore, con la madre, fra l’Austria e l’Italia, affinché mantenesse i contatti con il padre.


16 – V. dodicesimo ‘considerando’ del regolamento. Si deve osservare, inoltre, che il criterio della vicinanza può produrre per sua natura risultati che cambiano con il trascorrere del tempo.


17 – Condivido tuttavia la precisazione apportata dal governo francese in udienza, ossia che non si tratta di una sanzione inflitta al «genitore autore della sottrazione», ma piuttosto di una misura volta a ripristinare la situazione giuridica che sarebbe esistita in assenza del trasferimento illecito.


18 – Proposta di regolamento del Consiglio 17 maggio 2002 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 e che modifica il regolamento (CE) n. 44/2001 relativamente alle obbligazioni alimentari [COM(2002) 222 def.] in riferimento all’art. 21 della proposta di regolamento, che è divenuto l’art. 10 del regolamento. Il testo letterale della disposizione è cambiato, ma il contenuto è rimasto sostanzialmente lo stesso.


19 – V. supra, paragrafi 28 e 29 della presente presa di posizione.


20 – Citata supra, alla nota 3. Tale Convenzione è stata firmata da tutti gli Stati membri dell’Unione ad eccezione della Repubblica di Malta, ma finora è stata ratificata solo da otto di essi, fra i quali non rientrano la Repubblica d’Austria e la Repubblica italiana. Tutti gli altri Stati membri, ad eccezione del Regno di Danimarca, sono stati autorizzati a ratificarla o ad aderirvi simultaneamente, nell’interesse dell’Unione (v. decisione del Consiglio 5 giugno 2008, 2008/431/CE, che autorizza alcuni Stati membri a ratificare la convenzione dell’Aia del 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, ovvero ad aderirvi, nell’interesse della Comunità europea e che autorizza alcuni Stati membri a presentare una dichiarazione sull’applicazione delle pertinenti norme interne del diritto comunitario – Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, GU L 151, pag. 36).


21 – V., in particolare, Sezione II, lett. a), del documento del Consiglio 8 novembre 2002, 13940/02 (punti 11 e segg.)


22 – Può darsi che tale ritardo fosse dovuto ad un’errata comprensione dell’art. 11, n. 7, del regolamento, che concede alle parti un termine di tre mesi per presentare osservazioni sulla decisione contro il ritorno, ma non sono disponibili informazioni in merito.


23 – Cito qui l’esempio del caso di specie, ma circostanze analoghe risultano anche dalle cause Rinau, citata, e C‑256/09, Purrucker (pendente dinanzi alla Corte). Nel presente procedimento rilevo che anche alcuni ritardi di comunicazione (della decisione del Tribunale per i Minorenni di Venezia 23 maggio 2008 ai giudici austriaci e della domanda di trasferimento della competenza del Bezirksgericht Judenburg del 26 maggio 2009 al Tribunale per i Minorenni di Venezia) potrebbero avere contribuito ad allungare la procedura.


24 – V. le mie conclusioni nella causa Purrucker, citata supra alla nota 23 (paragrafi 118 e segg.).


25 – Citata supra, alla nota 8 (v., in particolare, punti 63 e segg.).


26 – Art. 42, n. 2, primo comma, lett. c), e allegato IV, punto 13, del regolamento.


27 – Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, n. 805, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (GU L 143, pag. 15).


28 – «Se il debitore ha (...) chiesto (…) la revoca di un certificato di titolo esecutivo europeo a norma dell’articolo 10, il giudice o l’autorità competente dello Stato membro dell’esecuzione può, su istanza del debitore, (...) c) in circostanze eccezionali sospendere il procedimento di esecuzione».


29 – V., ad esempio, nell’ambito del regolamento, il documento 7730/03 della delegazione tedesca del 21 marzo 2003, nettamente orientato (pag. 10) a favore della possibilità di un ricorso contro il rilascio del certificato, posizione che tuttavia non è stata accolta dal regolamento adottato. Nell’ambito del regolamento n. 805/2004, invece, si deve rilevare che la proposta iniziale della Commissione [COM(2002) 159 def.] prevedeva semplicemente, ma con un ragionamento completo ed esplicito nell’esposizione dei motivi, che contro la decisione che statuisce su una domanda di certificato «non è disponibile un mezzo ordinario di impugnazione», posizione che la Commissione ha mantenuto nella sua proposta modificata [COM(2003) 341 def.] anche dopo una proposta di modifica del Parlamento europeo che prevedeva una possibilità di ricorso, ma non è stata accolta dal Parlamento e dal Consiglio nel testo infine adottato.


30 – V. sentenza Rinau, citata supra, alla nota 8 (punti 58 e segg.). Tale provvedimento, ancorché sprovvisto della forza esecutiva immediata prevista agli artt. 42 e 47 del regolamento, può comunque beneficiare dei procedimenti di riconoscimento e di esecuzione previsti per altre decisioni agli artt. 28 e segg.


31 – Citata supra, alla nota 8; v., in particolare, paragrafi 85‑96.


32 – Citata supra, alla nota 23; v., in particolare, paragrafi 127, 128 e 148‑154.


33 – Art. 35 del regolamento, incluso nella sezione 2 del capo III, che non si applica alle decisioni che dispongono il ritorno del minore, disciplinate dalla sezione 4.


34 – V. documento della delegazione tedesca 7730/03 del 21 marzo 2003, citato supra, alla nota 29; si trattava in quel caso dell’art. 48 del progetto di regolamento.


35 – V. supra, paragrafo 91 della presente presa di posizione.


36 – Non è certo che, richiamando l’art. «15(b)(5)» il Tribunale per i Minorenni di Venezia abbia voluto fare riferimento alla lett. b) dei nn. 1, 2 o 3 dell’art. 15 del regolamento, ciascuno dei quali potrebbe eventualmente essere applicabile. La spiegazione più plausibile sembra essere invece che la madre abbia chiesto a tale giudice, ai sensi del n. 1, lett. b), di chiedere al Bezirksgericht Judenburg «di assumere la competenza ai sensi del paragrafo 5».


37 – Rilevo, inoltre, che la minore aveva risieduto abitualmente in Austria per oltre metà della sua vita (a prescindere dalla circostanza che abbia o meno acquisito una nuova «residenza abituale» ai sensi del regolamento), il che potrebbe eventualmente soddisfare la condizione di cui alla lett. b), secondo il testo francese, ma non necessariamente secondo altre versioni linguistiche.


38 – Rilevo che la versione inglese del regolamento prevede, più esplicitamente, che il giudice in questione accetti la competenza, e non che esso si dichiari competente.


39 – Dal decreto del Tribunale per i Minorenni di Venezia del 10 luglio 2009 risulta che il Bezirksgericht Judenburg ha effettivamente presentato tale domanda, ma simultaneamente alla dichiarazione della propria competenza e quindi senza attendere la risposta a tale domanda.


40 – Rilevo, peraltro, che l’art. 15 si applica solo se il giudice che trasmette la causa è a sua volta competente. Basandosi su tale articolo, il Bezirksgericht Judenburg ha quindi riconosciuto, implicitamente ma necessariamente, la competenza del Tribunale per i Minorenni di Venezia alla data del 26 maggio 2009.


41 – V. supra, paragrafo 120 della presente presa di posizione.