Language of document : ECLI:EU:C:2016:491

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 30 giugno 2016 (1)

Causa C‑243/15

Lesoochranárske zoskupenie VLK

contro

Obvodný úrad Trenčín

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca)]

«Ambiente – Convenzione di Aarhus – Procedimento amministrativo di autorizzazione di un progetto – Domanda di un’associazione per la tutela dell’ambiente diretta a ottenere il riconoscimento come parte del procedimento – Conclusione del procedimento di autorizzazione prima della decisione sulla domanda – Tutela giurisdizionale contro la decisione – Tutela giurisdizionale effettiva»





I –    Introduzione

1.        La controversia all’origine della presente domanda di pronuncia pregiudiziale ricorda, secondo i punti di vista, le opere di ispirazione giuridica di Franz Kafka, in particolare il racconto «Davanti alla legge», oppure il Don Chisciotte.

2.        Nell’opera di Kafka, al cittadino viene impedito, senza evidente motivo, di aver accesso alla giustizia fino a quando, sfinito, muore. Don Chisciotte insiste, invece, nel lottare contro i mulini a vento anziché dedicarsi ad attività più ragionevoli.

3.        Anche l’organizzazione non governativa Lesoochranárske zoskupenie VLK (associazione per la protezione delle foreste VLK; in prosieguo: la «LZ») cerca – ad oggi senza successo – di ottenere tutela giurisdizionale dai giudici slovacchi. Essa viene invece invitata ad avvalersi di un diverso rimedio giuridico per il quale, tuttavia, i termini sono ormai prescritti. È però possibile che il problema non sia insito nel sistema giurisdizionale slovacco, bensì nel fatto che la LZ – nonostante le indicazioni in tal senso – si ostini a seguire la strada intrapresa inizialmente anziché cambiare tempestivamente direzione.

4.        La Corte è chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità della configurazione procedurale dell’azione collettiva nel diritto processuale amministrativo slovacco con il principio della tutela giurisdizionale effettiva sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali. È vero che, in linea di principio, non vi è motivo di contestare le disposizioni slovacche controverse. Tuttavia, la loro applicazione al caso di specie richiede una particolare attenzione al fine di evitare, da un lato, il paradosso di Kafka, senza però incoraggiare, dall’altro, la follia narrata da Cervantes. Nella presente situazione, la Corte può soltanto fornire ai giudici nazionali indicazioni sui principi fondamentali applicabili; saranno però questi ultimi, in definitiva, a dover trovare, da soli, la soluzione.

5.        Peraltro, l’articolo 47 della Carta vale solo per l’attuazione dei diritti o delle libertà garantiti dal diritto dell’Unione. Occorre quindi esaminare in via preliminare se un’associazione per la tutela dell’ambiente come la LZ nel procedimento principale possa far valere diritti o libertà di questo tipo.

6.        Con riferimento a determinate procedure di partecipazione del pubblico, l’attuazione – da parte dell’Unione europea – della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (2) (in prosieguo: la «convenzione di Aarhus») ha, in effetti, già portato all’introduzione di un’azione collettiva limitatamente a determinate procedure di autorizzazione (3). Tali disposizioni non si applicano, però, al procedimento principale.

7.        Alla luce della convenzione di Aarhus e dei principi generali del rinvio al diritto dell’Unione, le associazioni per la tutela dell’ambiente possono nondimeno far valere il diritto ambientale dell’Unione anche al di là dell’azione collettiva espressamente disciplinata. Un diritto in tal senso può ricavarsi, anzi, proprio nella situazione oggetto del procedimento principale, dalla stessa convenzione di Aarhus.

II – Contesto normativo

A –    Diritto internazionale

8.        Punto di partenza per la definizione dello status giuridico delle associazioni per la tutela dell’ambiente nel diritto dell’Unione è la convenzione di Aarhus. L’articolo 1 di detta convenzione indica, come segue, le sue finalità:

«Per contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere, ciascuna Parte garantisce il diritto di accesso alle informazioni, di partecipazione del pubblico ai processi decisionali e di accesso alla giustizia in materia ambientale in conformità delle disposizioni della presente convenzione».

9.        Alle associazioni per la tutela dell’ambiente fa riferimento la definizione di pubblico e di pubblico interessato di cui all’articolo 2, punti 4 e 5, della convenzione. Sulla sua base si intende, infatti, per

«4.      “pubblico”, una o più persone fisiche o giuridiche e, ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone;

5.      “pubblico interessato”, il pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo; ai fini della presente definizione si considerano titolari di tali interessi le organizzazioni non governative che promuovono la tutela dell’ambiente e che soddisfano i requisiti prescritti dal diritto nazionale».

10.      L’articolo 6 della convenzione di Aarhus richiede la partecipazione del pubblico alle decisioni su determinate attività. Vi rientrano elementi di una valutazione ambientale. L’articolo 6, paragrafo 1, disciplina come segue l’ambito di applicazione di tale procedura:

«Ciascuna parte

a)      applica le disposizioni del presente articolo alle decisioni relative all’autorizzazione delle attività elencate nell’allegato I;

b)      in conformità del proprio diritto nazionale, applica inoltre le disposizioni del presente articolo alle decisioni relative ad attività non elencate nell’allegato I che possano avere effetti significativi sull’ambiente. A tal fine le Parti stabiliscono se l’attività proposta è soggetta a tali disposizioni; (…)».

11.      L’articolo 9 della convenzione di Aarhus disciplina i rimedi esperibili in materia ambientale. L’articolo 9, paragrafo 2, tratta dei procedimenti che sono stati oggetto di una partecipazione del pubblico, il paragrafo 3 si applica a tutte le altre decisioni in materia ambientale e il paragrafo 4 stabilisce determinati principi procedurali:

«2.      Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato

a)      che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa,

b)      che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto,

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione.

Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto” sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia nell’ambito della presente convenzione. A tal fine si ritiene sufficiente, ai sensi della lettera a), l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, paragrafo 5. Tali organizzazioni sono altresì considerate titolari di diritti suscettibili di violazione ai sensi della lettera b).

Le disposizioni del presente paragrafo non escludono la possibilità di esperire un ricorso preliminare dinanzi ad un’autorità amministrativa, né dispensano dall’obbligo di esaurire le vie di ricorso amministrativo prima di avviare un procedimento giudiziario, qualora tale obbligo sia previsto dal diritto nazionale.

3.      In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale.

4.      Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose.

(…)».

B –    Diritto dell’Unione

1.      Valutazione dell’impatto ambientale

12.      La convenzione di Aarhus è stata recepita nel diritto dell’Unione, in parte, mediante la direttiva VIA (4).

13.      L’articolo 1, paragrafo 2, lettere d) ed e), della direttiva VIA definisce la nozione di pubblico interessato come segue:

«d)      “pubblico”: una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione o prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;

e)      “pubblico interessato”: pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, o che ha un interesse in tali procedure. Ai fini della presente definizione, le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse; (…)».

14.      L’articolo 11 della direttiva VIA contiene una disposizione sull’accesso alla giustizia che corrisponde in ampia misura all’articolo 9, paragrafo 2, della convenzione di Aarhus ed è contenuta parimenti nella direttiva 2003/35:

«1.      Gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:

a)      che vantino un interesse sufficiente; o in alternativa,

b)      che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.

2.      (…)

3.      Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e violazione di un diritto, compatibilmente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. A tal fine, l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, è considerato sufficiente ai fini del paragrafo 1, lettera a), del presente articolo. Si considera inoltre che tali organizzazioni siano titolari di diritti suscettibili di essere lesi ai fini del paragrafo 1, lettera b), del presente articolo.

4.      (…)».

2.      Tutela dell’ambiente

15.      La direttiva habitat (5) prevede la creazione di zone di conservazione, i cosiddetti siti di importanza comunitaria. L’articolo 6, paragrafo 3, impone un esame preventivo dei progetti che possono avere incidenze significative su tali siti:

«Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica».

16.      La disposizione in parola si applica, in base all’articolo 7 della direttiva habitat, anche alle zone di protezione degli uccelli individuate ai sensi della direttiva uccelli (6).

C –    Diritto della Repubblica slovacca

17.      L’articolo 14 della legge n. 71/1967 sul procedimento amministrativo (Správny poriadok) stabilisce, nella sua versione applicabile al procedimento principale, quanto segue:

«(1)      È parte del procedimento il soggetto per i cui diritti, interessi legittimi od obblighi debba procedersi o i cui diritti, interessi legittimi od obblighi possano essere direttamente riguardati dalla decisione; è parte del procedimento anche chi sostenga, fino a prova contraria, che la decisione può riguardare direttamente i suoi diritti, interessi legittimi od obblighi.

(2)      È parte del procedimento anche il soggetto al quale una legge speciale riconosca tale status».

18.      L’articolo 250b, paragrafi 2 e 3, del codice di procedura civile (Občiansky súdny poriadok), nella versione applicabile al procedimento principale, contiene, segnatamente, le seguenti disposizioni, pertinenti al contenuto della questione pregiudiziale sollevata:

«(2)      Se è proposto ricorso da una persona che sostenga che la decisione dell’autorità amministrativa non le è stata notificata benché dovesse essere considerata parte nel procedimento, il giudice accerta la veridicità di questa affermazione e ordina all’autorità amministrativa di notificare a detta parte la decisione amministrativa posticipandone, all’occorrenza, l’esecutività. La pronuncia del giudice vincola l’autorità amministrativa. Eseguita la notifica, l’autorità amministrativa trasmette al giudice il fascicolo per la decisione del ricorso. Se, nell’ambito del procedimento amministrativo, dopo l’esecuzione dell’ordine giudiziale di notifica della decisione amministrativa è proposta impugnazione, l’autorità amministrativa ne informa immediatamente il giudice.

(3)      Il giudice procede in conformità al paragrafo 2 solo se dalla data della decisione che non era stata notificata al ricorrente non sono passati più di tre anni».

III – Fatti e questione pregiudiziale

19.      Con comunicazione del 18 novembre 2008 la LZ veniva informata dell’apertura di un procedimento amministrativo per il rilascio alla società per azioni Biely potok a.s. (in prosieguo: la «BPAS») di un’autorizzazione a costruire una recinzione su un terreno esterno ai confini di un’area comunale edificata. Il progetto era collegato a un previsto ampliamento della riserva in cui la BPAS allevava cervidi, ossia su terreni che ricadevano in una zona naturale protetta (ZPN), inclusa dalla Repubblica slovacca nell’elenco NATURA 2000 quale zona di protezione ai sensi della direttiva uccelli e quale sito di importanza comunitaria ai sensi della direttiva habitat.

20.      La LZ chiedeva che fosse sospeso il procedimento di autorizzazione e risolta una questione preliminare concernente la decisione del competente Ministero dell’Ambiente circa la concessione di deroghe al regime di tutela delle specie protette, sottolineandone l’impatto negativo paventato in un rapporto dell’autorità nazionale per la tutela dell’ambiente responsabile della gestione della ZPN, un impatto talmente grave da giustificare – a suo parere – il diniego dell’autorizzazione.

21.      In una prima fase del procedimento di autorizzazione, gli organismi competenti decidevano, in un primo momento, nell’aprile e, in un secondo momento, nel giugno 2009, che alla LZ non potesse essere riconosciuto lo status di parte; tale valutazione è ora al vaglio giurisdizionale nell’ambito del procedimento principale. La LZ presentava quindi ricorso dinanzi al Krajský súd v Trenčíne (Tribunale regionale di Trenčín) fondandosi, ai fini del riconoscimento del suo status di parte in detto procedimento di autorizzazione, in particolare, sulla convenzione di Aarhus.

22.      Il procedimento di autorizzazione nei confronti della BPAS si concludeva, in seguito, senza indugio, con un’autorizzazione emanata il 10 giugno 2009; nel contempo, secondo quanto riferisce la Corte suprema, l’impugnata decisione di non riconoscere lo status di parte diventava «definitiva».

23.      Il Tribunale regionale, dopo aver rilevato che, dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, pendeva il procedimento pregiudiziale nella causa C‑240/09 che avrebbe potuto incidere altresì sulla sua decisione, sospendeva il procedimento al suo esame sino alla pronuncia in detto altro procedimento e, tenuto conto della sentenza poi pronunciata (7) e della corrispondente sentenza della Corte suprema della Repubblica slovacca in un caso analogo, annullava – con sentenza del 23 agosto 2011 – entrambe le decisioni impugnate per erronea valutazione nel merito e rinviava gli atti per un nuovo procedimento alle autorità amministrative.

24.      Nella suddetta sentenza, il Tribunale regionale condivideva la posizione della LZ, ossia che essa avesse diritto a una tutela giurisdizionale rispetto al diritto alla tutela dell’ambiente ovvero al diritto a un ambiente salubre. Il Tribunale regionale faceva riferimento direttamente all’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus in combinato disposto con l’articolo 44, paragrafo 1, della Costituzione della Repubblica slovacca.

25.      A seguito di impugnazione, la Corte suprema annullava, in data 26 gennaio 2012, la prima sentenza del Tribunale regionale, rinviava ad esso la causa per una nuova trattazione e gli indicava tassativamente di considerare cessato l’oggetto del procedimento vertente sulla partecipazione. A suo avviso, un separato esame della decisione di non riconoscere lo status di parte nell’ambito del procedimento amministrativo sarebbe stato ammissibile soltanto fintantoché quest’ultimo era pendente.

26.      Con una seconda sentenza, del 12 settembre 2012, il Tribunale regionale annullava nuovamente le decisioni delle due autorità amministrative di non riconoscere lo status di parte e rinviava gli atti per una nuova trattazione. Il 28 febbraio 2013 la Corte suprema annullava, tuttavia, anche detta sentenza.

27.      Con una terza sentenza, dell’aprile 2013, il Tribunale regionale sospendeva, su tale base, l’esame giudiziale senza, però, invitare la LZ a presentare richiesta per una notifica a posteriori della decisione di autorizzazione definitiva, poiché nelle more del giudizio, dal rilascio dell’autorizzazione, si era già esaurito il periodo di tre anni previsto per proporre ricorso.

28.      Nell’ambito del procedimento d’impugnazione ora proposto dalla LZ, la Corte suprema ha quindi sottoposto alla Corte di giustizia dell’Unione europea la seguente questione:

Se il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nel caso di una supposta violazione del diritto a un livello elevato di tutela dell’ambiente, quale messo in atto alle condizioni stabilite dall’Unione europea principalmente tramite la direttiva [habitat], e segnatamente [del diritto] di concorrere ad acquisire il parere del pubblico riguardo a un progetto che possa avere effetti significativi su zone speciali di conservazione comprese nella rete ecologica europea denominata NATURA 2000, nonché i diritti che la parte ricorrente, quale associazione senza scopo di lucro attiva nella tutela dell’ambiente a livello nazionale, faccia valere ai sensi dell’articolo 9 della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, e nei limiti indicati dalla sentenza della Corte dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125), possano essere adeguatamente garantiti anche in un procedimento in cui il giudice nazionale interrompa la sua verifica di legittimità di una decisione che neghi [a tale associazione] lo status di parte in un procedimento amministrativo concernente il rilascio di un’autorizzazione, com’è accaduto nel caso di specie, ed inviti [tale associazione], pretermessa in detto procedimento amministrativo, a proporre un ricorso.

29.      La Lesoochranárske zoskupenie VLK, la Repubblica slovacca e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte e hanno presenziato all’udienza del 18 aprile 2016. Prima dell’udienza le suddette tre parti e la Biely potok a.s. hanno inoltre risposto per iscritto a vari quesiti della Corte.

IV – Analisi

30.      Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale la Corte suprema desidera sapere se le modalità di attuazione dei diritti di un’associazione per la tutela dell’ambiente previste nel diritto slovacco siano conformi al diritto dell’Unione e, in particolare, agli imperativi del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva di cui all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali.

31.      La Corte suprema ritiene correttamente che i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si applichino soltanto nelle situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione (8). L’articolo 47 della Carta riguarda, inoltre, soltanto i diritti o le libertà garantiti dal diritto dell’Unione. Esaminerò, pertanto, in primis l’esistenza di diritti dell’associazione disciplinati dal diritto dell’Unione (v., sul punto, sub A) e solo dopo analizzerò i requisiti della tutela giurisdizionale effettiva da esso richiesta (v., sul punto, sub B).

A –    Sui diritti delle associazioni per la tutela dell’ambiente disciplinati dal diritto dell’Unione

32.      La Corte suprema ritiene che trovi applicazione il diritto dell’Unione in quanto, nel procedimento principale, si discute degli obblighi che allo Stato membro risultano dalla direttiva habitat. Essa cita inoltre la convenzione di Aarhus.

33.      A prima vista, il ricorso nel procedimento principale verte sulla partecipazione al procedimento di autorizzazione di una recinzione in una zona protetta. Tale partecipazione non è, però, disciplinata espressamente e direttamente dal diritto dell’Unione. Si tratta piuttosto di una costruzione del diritto slovacco. Essa comprende, tuttavia, elementi che potrebbero essere garantiti a livello di diritto dell’Unione. Rispetto ad essi può assumere rilievo la tutela giurisdizionale effettiva riconosciuta dal diritto dell’Unione.

34.      La logica domanda se sussista un diritto sancito a livello di Unione alla partecipazione del pubblico ai procedimenti di autorizzazione non richiede però ulteriore analisi. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta, infatti, che la LZ è stata informata del procedimento di autorizzazione e ha potuto prendere posizione. Le è stato quindi garantito un livello minimo di diritti di partecipazione.

35.      Di fatto, quello che interessa primariamente alla LZ non è di prendere posizione sul progetto, quanto di vedersi riconoscere il diritto a impugnare in giudizio la corrispondente autorizzazione. Dagli argomenti esposti dalle parti risulta che il riconoscimento quale parte del procedimento costituisce, in base al diritto slovacco, una condizione per impugnare la decisione conclusiva del procedimento (articolo 53 della legge slovacca sul procedimento amministrativo e articolo 250b, paragrafo 2, del codice di procedura civile slovacco).

36.      Orbene, il diritto dell’Unione riconosce una legittimazione attiva alle associazioni per la tutela dell’ambiente. Da un lato, diritti in tal senso possono ricavarsi direttamente dal diritto dell’Unione, nel caso di specie dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat (v., sul punto, infra sub 1). Dall’altro, determinati diritti di ricorso connessi a procedure di partecipazione del pubblico sono espressamente previsti negli articoli 9, paragrafo 2, e 6 della convenzione di Aarhus (v., sul punto, infra sub 2).

1.      Sull’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat

37.      Un diritto di ricorso si ricava direttamente dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.

38.      A tal riguardo, la Slovacchia e la BPAS eccepiscono che l’applicazione della disposizione in parola non sarebbe più oggetto del procedimento principale, in quanto sul punto sarebbe stata già adottata una decisione definitiva. Non sarebbe pertanto necessario alcun accertamento della Corte in merito all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.

39.      Malgrado varie richieste di chiarimenti, all’udienza non è tuttavia emerso se si trattasse veramente di una decisione che poteva essere impugnata separatamente o soltanto di una posizione assunta nell’ambito del procedimento di autorizzazione. Inoltre, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, la Corte suprema parte evidentemente dal presupposto che l’applicazione della direttiva habitat sia ancora oggetto del procedimento principale. Nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale occorre pertanto muovere da tale premessa.

40.      In base all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, qualsiasi piano o progetto idoneo, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, ad avere incidenze significative su una zona di protezione ai sensi della stessa o della direttiva uccelli deve costituire oggetto di opportuna valutazione delle sue incidenze su tale sito alla luce degli obiettivi di conservazione del medesimo. Tenuto conto delle conclusioni della valutazione dell’incidenza, le autorità nazionali competenti esprimono il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver accertato che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

41.      La direttiva habitat non contiene nessuna indicazione se l’articolo 6, paragrafo 3, fondi il diritto di un’associazione per la tutela dell’ambiente a proporre ricorso a fronte di una violazione di detta disposizione. Ho sostenuto a tal proposito che i singoli possono invocare la disposizione in parola solo quando, in base al diritto nazionale, sono loro accessibili rimedi giuridici contro le misure che violano le menzionate disposizioni (9).

42.      Tuttavia, sarebbe incompatibile con il carattere vincolante che l’articolo 288 TFUE riconosce alle direttive escludere, in linea di principio, che l’obbligo da esse imposto possa essere fatto valere dagli interessati (10). Quantomeno le persone fisiche o giuridiche direttamente interessate da un rischio di violazione delle disposizioni delle direttive devono, quindi, poter ottenere dalle autorità competenti, eventualmente adendo i giudici preposti, il rispetto dei relativi obblighi (11).

43.      La Corte ha peraltro già stabilito che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat è direttamente applicabile nella misura in cui le autorità nazionali non possono autorizzare attività, ai suoi sensi, in presenza di un’incertezza quanto all’assenza di effetti pregiudizievoli per il sito interessato (12). Ciò vale ovviamente tanto più quando tali effetti siano stati accertati. In entrambi i casi un’autorizzazione può essere rilasciata tutt’al più eccezionalmente ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva habitat (13).

44.      È tuttavia dubbio se la LZ sia interessata direttamente da un’eventuale violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.

45.      Direttamente interessate sono senz’altro le persone che fanno valere una violazione di diritti propri, ma – nel caso di specie – non sussiste alcun elemento in tal senso.

46.      La Corte ha tuttavia già riconosciuto – proprio con riferimento alla LZ e alla direttiva habitat – che a un’associazione per la tutela dell’ambiente deve essere permesso di contestare in giudizio una decisione amministrativa eventualmente contraria al diritto ambientale dell’Unione (14).

47.      Nello stesso senso depone il fatto che la Corte abbia sottolineato la facoltà delle persone fisiche o giuridiche di agire contro il rischio di un superamento di valori massimi diretti alla tutela della salute (15). Mentre l’incidenza diretta nei confronti delle persone fisiche può scaturire dal fatto che si tratta della loro salute, così non è per le persone giuridiche.

48.      Le persone giuridiche, come appunto le associazioni per la tutela dell’ambiente, possono però essere interessate dalla violazione di disposizioni volte alla tutela della salute nella misura in cui il loro interesse alla tutela della salute è giuridicamente riconosciuto. È vero che, nel caso di specie, non si discute di tutela della salute, ma per la tutela dell’ambiente il riconoscimento giuridico dell’interesse collettivo risulta ancor più evidente. Infatti, a livello del diritto dell’Unione, il riconoscimento dell’interesse di determinate associazioni alla tutela dell’ambiente è previsto nell’articolo 1, paragrafo 2, lettera e), seconda frase, della direttiva VIA e, più ampiamente, nell’articolo 2, punto 5, della convenzione di Aahrus. Gli Stati membri devono riconoscere le associazioni che promuovono la tutela dell’ambiente e che soddisfano tutti gli altri requisiti di diritto nazionale. Devono indi essere garantiti «un ampio accesso alla giustizia» e l’effetto utile dell’azione collettiva ai sensi della direttiva VIA (16).

49.      Dato che hanno, dunque, un interesse giuridicamente riconosciuto alla tutela dell’ambiente, le associazioni in parola sono interessate a sufficienza dalla violazione di disposizioni immediatamente applicabili del diritto dell’Unione in materia ambientale per poter evocare tali disposizioni dinanzi ai giudici nazionali. Ciò vale in particolare quando esse lamentano la violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.

50.      Il riconoscimento dell’incidenza diretta sulle associazioni per la tutela dell’ambiente di una violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat è richiesto anche dall’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus. È vero che tale disposizione non è direttamente applicabile (17), ma il giudice nazionale è tenuto – quando vi è motivo di temere una violazione della direttiva habitat e al fine di assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori coperti dal diritto ambientale dell’Unione – ad offrire un’interpretazione del proprio diritto nazionale quanto più possibile conforme agli obiettivi fissati dall’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aahrus (18). Detta disposizione ha lo scopo di permettere di assicurare una tutela effettiva dell’ambiente (19). Posto che la convenzione di Aarhus è parte integrante del diritto dell’Unione, lo stesso obbligo grava sulla Corte.

51.      Attribuire alle associazioni per la tutela dell’ambiente riconosciute il diritto di far valere le disposizioni direttamente applicabili della normativa dell’Unione in materia di ambiente, fra le quali appunto l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, contribuisce all’obiettivo dell’efficace attuazione del diritto in materia di ambiente.

52.      Tale conclusione non è peraltro estranea al diritto dell’Unione, posto che le associazioni per la tutela dell’ambiente riconosciute possono evocare l’articolo 6 della direttiva habitat anche nell’ambito di un ricorso ai sensi dell’articolo 11 della direttiva VIA o dell’articolo 9, paragrafo 2, della convenzione di Aarhus (20).

53.      Si deve quindi ritenere che le associazioni per la tutela dell’ambiente riconosciute ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera e), seconda frase, della direttiva VIA devono poter agire in giudizio contro una violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.

2.      Sulla convenzione di Aarhus

54.      La legittimazione ad agire nell’ambito della presente fattispecie può inoltre fondarsi anche direttamente sulla convenzione di Aarhus.

55.      In base all’articolo 9, paragrafo 2, della convenzione di Aarhus, gli Stati contraenti devono garantire ai membri del pubblico interessato accesso a una procedura di ricorso per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6. L’autorizzazione di recinzione che ha dato origine al procedimento principale potrebbe essere oggetto dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b).

a)      Sugli effetti giuridici della convenzione di Aarhus

56.      La convenzione di Aahrus è stata sottoscritta dall’allora Comunità europea e poi approvata con la decisione 2005/370. Ne consegue, secondo una giurisprudenza costante, che le sue disposizioni formano ormai parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE (21).

57.      È vero che la convenzione di Aahrus è stata conclusa dalla Comunità e da tutti i suoi Stati membri in virtù di una competenza ripartita, tuttavia la Corte, quando è adita ai sensi dell’articolo 267 TFUE, è competente a tracciare la linea di demarcazione tra gli obblighi assunti dall’Unione e quelli che restano a carico esclusivo degli Stati membri e ad interpretare (a tal fine) le disposizioni della convenzione di Aarhus (22). Ove essa pervenga alla conclusione che la disposizione considerata rientra fra le obbligazioni assunte dall’Unione, anche la sua interpretazione ricade nella sua competenza.

58.      L’articolo 6 della convenzione di Aarhus prevede per l’autorizzazione di determinate attività una partecipazione del pubblico con un esame dell’impatto ambientale. L’articolo 9, paragrafo 2, disciplina il corrispondente diritto di ricorso. Entrambe le disposizioni sono state in larga misura recepite mediante la direttiva VIA, cosicché esse riguardano un ambito rientrante ampiamente nel diritto dell’Unione. Per tale ragione, la Corte ha competenza piena per l’interpretazione degli articoli 6 e 9, paragrafo 2, della convenzione (23).

59.      Le disposizioni in parola possono fondare diritti e libertà garantiti dal diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 47 della Carta vuoi direttamente vuoi specificando il contenuto di disposizioni del diritto derivato dell’Unione o degli Stati membri. Non vi sono elementi nel senso che la presente fattispecie ricada in quest’ultima ipotesi. Gli articoli 6 e 9, paragrafo 2, della convenzione possono quindi comportare l’applicazione dell’articolo 47 della Carta solo se si riconosce loro un’efficacia diretta a vantaggio di un’associazione come la LZ nel procedimento principale.

60.      Le disposizioni di una convenzione conclusa dall’Unione e dai suoi Stati membri con Stati terzi sono dotate di effetto diretto quando, avuto riguardo alla loro lettera, nonché all’obiettivo e alla natura di tale accordo, ossia alla sua «tipologia e struttura», stabiliscano obblighi chiari e precisi che non sono subordinati, nel loro adempimento o nei loro effetti, all’intervento di alcun atto ulteriore (24).

61.      A tal riguardo occorre anzitutto osservare che la convenzione di Aarhus, come risulta dal suo articolo 1, e diversamente da quanto accade, ad esempio, con le norme dell’OMC (25), è – in base al suo obiettivo e alla sua natura – diretta a fondare diritti ambientali dei singoli e delle associazioni. Proprio tale obiettivo, ovvero la sua assenza, è stato evidenziato dalla Corte quando, nella sentenza Intertanko, ha analizzato tipologia e struttura della convenzione sul diritto del mare (26).

62.      Inoltre, trattando dell’articolo 11 della direttiva VIA, la Corte ha già stabilito che esso trova applicazione diretta quanto ai diritti delle associazioni per la tutela dell’ambiente (27). Ciò deve valere anche per l’articolo 9, paragrafo 2, della convenzione, posto che tale disposizione coincide, per quanto qui di rilievo, con l’articolo 11 della direttiva VIA.

63.      Resta quindi da esaminare se anche l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della convenzione contenga un obbligo chiaro e preciso che non sia subordinato, nel suo adempimento o nei suoi effetti, all’intervento di alcun atto ulteriore (28).

b)      Sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della convenzione di Aarhus

64.      A norma dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della convenzione di Aarhus, le parti contraenti applicano, in conformità del proprio diritto nazionale, le disposizioni del suddetto articolo in materia di partecipazione del pubblico alle decisioni relative ad attività non elencate nell’allegato I che possano avere effetti significativi sull’ambiente. A tal fine le parti stabiliscono se l’attività proposta sia soggetta all’articolo 6.

65.      L’allegato I della convenzione fa riferimento all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), che prevede per l’autorizzazione delle attività elencate in detto allegato la partecipazione obbligatoria del pubblico. Tuttavia, la recinzione di determinate superfici al fine di ampliare una riserva per animali selvatici non è fra queste.

66.      Il rinvio di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della convenzione al diritto interno e la determinazione dell’applicabilità dell’articolo 6 da parte dei contraenti la convenzione potrebbero indicare che la partecipazione del pubblico prevista all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), è possibile soltanto in conformità del diritto delle parti contraenti. In tal senso potrebbe essere interpretato anche il comitato di controllo sull’osservanza della convenzione di Aarhus (29). Se così fosse, sarebbe esclusa un’applicazione diretta della disposizione in parola.

67.      A un esame più attento, il tenore letterale dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della convenzione non giustifica, però, la conclusione che l’applicazione di detta disposizione presuppone un’attuazione da parte dell’Unione o degli Stati membri.

68.      Nella versione autentica di lingua francese dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), seconda frase, della convenzione è infatti esplicitamente previsto che le parti contraenti decidano in ogni singolo caso sul ricorso alla partecipazione del pubblico (30). Anche le versioni inglese (31) e russa (32), facenti ugualmente fede, vanno almeno tendenzialmente nella stessa direzione. Benché non prevedano esplicitamente un esame del singolo caso, esse richiedono entrambe che si stabilisca se un’attività proposta sia soggetta all’articolo 6.

69.      Di conseguenza, l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), seconda frase, della convenzione è incondizionato quantomeno nella misura in cui le parti contraenti devono in ogni caso stabilire, in linea di principio, se una determinata attività sia oggetto di partecipazione del pubblico ai sensi dell’articolo 6. Effettuare o meno detto esame non ricade nella loro discrezionalità.

70.      All’applicazione diretta dell’obbligo in parola non osta neppure il fatto che l’articolo 6 della convenzione, in base al proprio paragrafo 1, lettera b), prima frase, debba essere applicato «in conformità del proprio diritto nazionale». Tale rinvio non può, in particolare, essere interpretato nel senso che l’esame del singolo caso deve essere previsto dal diritto nazionale. Se così fosse, l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), seconda frase, sarebbe superfluo.

71.      Al contrario, in quanto parte del diritto dell’Unione, l’articolo 6 della convenzione è già necessariamente parte del diritto degli Stati membri e costituisce pertanto, in linea di principio, una base giuridica sufficiente per valutare la necessità di una partecipazione del pubblico.

72.      Il rinvio al diritto nazionale indica quindi, essenzialmente, che occorre ricavare dal medesimo gli elementi che l’articolo 6 della convenzione non stabilisce in modo sufficientemente preciso. La valutazione della necessità di una partecipazione del pubblico presuppone in particolare che, per l’attività di cui trattasi, esista una procedura di autorizzazione nell’ambito della quale la questione possa essere esaminata. La fissazione di procedure di autorizzazione limita le attività che possono essere prese in considerazione ai fini dell’applicazione dell’articolo 6 e permette di individuare l’autorità che deve valutare la necessità di una partecipazione del pubblico.

73.      Nel caso di specie tale condizione è soddisfatta, in quanto la recinzione controversa necessita di un’autorizzazione. A quanto pare, è previsto anche un livello minimo di partecipazione del pubblico, posto che la LZ è stata informata del procedimento di autorizzazione e ha potuto prendere posizione.

74.      All’obbligo di valutare la necessità di una partecipazione del pubblico corrisponde un diritto a tale valutazione, atteso che la convenzione mira, ai sensi del suo articolo 1, a fondare diritti siffatti. Se un tale diritto esiste, i soggetti legittimati devono però anche potervi dare attuazione in sede giudiziale.

75.      Peraltro anche la cerchia dei soggetti legittimati è determinata con sufficiente chiarezza dalla convenzione di Aahrus in combinato con le disposizioni che la recepiscono nella direttiva VIA e nella corrispondente normativa nazionale. L’articolo 6 della convenzione si riferisce infatti alla partecipazione del «pubblico interessato» come definito nell’articolo 2, paragrafo 5, della convenzione, comprendendo, di conseguenza, le organizzazioni non governative che promuovono la tutela dell’ambiente e soddisfano tutti i requisiti prescritti dal diritto nazionale. Gli Stati membri devono riconoscere siffatte organizzazioni, nell’ambito dell’attuazione della direttiva VIA, garantendo loro un «ampio accesso alla giustizia» e senza privare di effetto utile le disposizioni sull’azione collettiva (33). Se la LZ ricade in detta cerchia, tale organizzazione deve poter anche far valere il suo diritto all’esame dell’applicazione dell’articolo 6 della convenzione (34).

76.      Per quanto attiene ai criteri per una decisione sull’applicazione dell’articolo 6 della convenzione, occorre fare riferimento all’obiettivo di una tale decisione. Almeno secondo le versioni inglese e russa dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), seconda frase, essa è senz’altro esplicitamente diretta a dare attuazione alla prima frase, ossia ad applicare l’articolo 6 anche in caso di decisioni su attività proposte non elencate nell’allegato I che possano avere un impatto significativo sull’ambiente. Quanto alla versione francese, essa non indica espressamente il suddetto obiettivo, ma neppure fa riferimento ad altre finalità della decisione sull’applicazione dell’articolo 6.

77.      Come la Corte ha già dichiarato in relazione alla direttiva VIA (35) e alla direttiva VAS (36), che contengono una disciplina del tutto simile, il suddetto obiettivo vincola l’esercizio della discrezionalità riconosciuta alle parti contraenti nell’ambito dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della convenzione. Se le attività proposte possono avere un impatto ambientale significativo, la decisione delle parti contraenti deve quindi comportare l’applicazione dell’articolo 6. In ragione di tale vincolo di obiettivo, in caso di un potenziale elevato impatto ambientale, anche l’obbligo di assicurare la partecipazione del pubblico è direttamente applicabile (37).

78.      La convenzione non definisce quali siano gli impatti ambientali significativi. Per questo gli Stati membri dispongono, in linea di principio, di un certo margine di discrezionalità. La direttiva habitat specifica tuttavia le condizioni per valutare l’entità dell’impatto ambientale nell’ambito della tutela europea della natura. Per esempio, il rischio di danneggiare specie rigorosamente protette può imporre di esaminare l’impatto ambientale di determinati progetti (38). Anche l’impatto dei progetti sugli obiettivi di conservazione dei siti protetti deve essere esaminato ai sensi della direttiva VIA (39). Si deve quindi ritenere che l’impatto negativo sugli obiettivi di conservazione delle zone protette europee debba essere considerato, in linea di principio, come significativo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della convenzione. La possibilità che le attività proposte abbiano un siffatto impatto impone così, di norma, l’applicazione dell’articolo 6 della convenzione di Aarhus.

79.      È vero che questa interpretazione non è sostenuta con tanta nettezza nelle linee guida per l’applicazione della convenzione; tuttavia anche detto documento stabilisce che un possibile impatto ambientale significativo comporta l’obbligo di decidere sull’applicazione dell’articolo 6. Una tale decisione può fondarsi, in base alle suddette linee guida, su un esame del singolo caso, ma anche su valori soglia o criteri. È contemplata anche la possibilità di un’attuazione in sede giudiziale dell’obbligo di assicurare la partecipazione del pubblico ai sensi dell’articolo 6 (40).

80.      Di conseguenza, si evince dall’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della convenzione di Aarhus che le associazioni per la tutela dell’ambiente riconosciute hanno diritto a chiedere agli organismi competenti in base al diritto nazionale di esaminare, caso per caso, se le attività proposte possano avere un impatto significativo sull’ambiente e se a tali attività debba quindi applicarsi l’articolo 6.

c)      Sui limiti dell’obbligo alla partecipazione del pubblico

81.      Contro la soluzione testé elaborata potrebbe tuttavia deporre la potenziale illimitatezza dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della convenzione di Aarhus. Si potrebbe infatti sostenere che detta disposizione comprende ogni potenziale attività e richiede pertanto un controllo totale.

82.      La giurisprudenza della Corte sulle corrispondenti disposizioni della direttiva VIA e della direttiva VAS (41) si riferisce invece solo a determinati casi, ossia alle tipologie di progetti indicate nell’allegato II della direttiva VIA (42) e all’emanazione di piani e programmi la cui adozione sia disciplinata da disposizioni legislative o regolamentari nazionali, le quali determinino le autorità competenti per adottarli nonché la loro procedura di elaborazione (43). In entrambi i casi, il rispettivo legislatore ha deciso previamente le attività da prendere in considerazione ai fini di una valutazione ambientale.

83.      Anche l’ambito di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della convenzione è però limitato, quantomeno nel senso che la partecipazione del pubblico deve avvenire in conformità del diritto nazionale. Come già osservato, ciò significa che, ai fini dell’attività in questione, deve esistere una procedura di autorizzazione nell’ambito della quale sia possibile valutare la necessità di una partecipazione del pubblico e realizzare, eventualmente, detta partecipazione (44). La fissazione di una tale procedura di autorizzazione da parte del rispettivo legislatore si fonda a sua volta, di norma, sull’atteso impatto delle attività in questione.

84.      Il «rischio» sotteso a una partecipazione del pubblico corrisponde all’obiettivo della convenzione di assoggettare le attività che possono avere un impatto ambientale significativo all’articolo 6. Tale procedimento partecipativo può infatti contribuire a evitare che tali attività abbiano ripercussioni negative sull’ambiente o, se non altro, a ridurre il loro impatto.

d)      Conclusione intermedia

85.      L’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della convenzione di Aarhus fonda dunque un diritto delle associazioni per la tutela dell’ambiente riconosciute a chiedere che le autorità competenti in base al diritto nazionale esaminino, caso per caso, se le attività proposte possano avere un impatto significativo sull’ambiente e, quindi, se ad esse sia applicabile l’articolo 6. In caso affermativo – e in tal senso depone, nel procedimento principale, il fatto che ad essere riguardata sia una zona di conservazione europea – la decisione relativa all’attività in parola può essere impugnata a norma dell’articolo 9, paragrafo 2. Se la partecipazione del pubblico viene invece negata, è quantomeno possibile contestare in giudizio la decisione di diniego.

3.      Sulla posizione della Commissione

86.      Solo per completezza si osserva, infine, che non convince la posizione della Commissione secondo la quale l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat darebbe attuazione all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della convenzione di Aarhus e fonderebbe così l’obbligo di assicurare la partecipazione del pubblico.

87.      È vero che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat prevede la possibilità di una partecipazione del pubblico in collegamento con la valutazione da compiere ai propri sensi. In base a detta disposizione, tuttavia, il pubblico è chiamato a partecipare solo ove necessario. L’obbligo di assicurare la partecipazione del pubblico deve quindi risultare da altre disposizioni, ad esempio dalla direttiva VIA o dalla direttiva VAS o, appunto, dall’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della convenzione.

B –    Sulla tutela giurisdizionale effettiva

88.      La Corte suprema desidera sapere se sia compatibile con gli imperativi della tutela giurisdizionale effettiva porre fine a un procedimento giudiziale vertente sul riconoscimento di un’associazione per la tutela dell’ambiente quale parte di un procedimento amministrativo alla conclusione di quest’ultimo invitando l’associazione in parola a presentare, sul punto, un ulteriore ricorso.

1.      Sui rimedi giurisdizionali del diritto slovacco

89.      In base alle indicazioni della Corte suprema, il diritto slovacco prevede a questo proposito due rimedi giurisdizionali, che si integrano tra loro.

90.      Il primo mezzo di ricorso può essere proposto contro una decisione procedurale con cui venga negato al ricorrente lo status di parte del procedimento. Se il ricorso è accolto, il ricorrente deve essere ammesso a partecipare al seguito del procedimento e può, al termine del medesimo, impugnare un’eventuale decisione nel merito. Tuttavia, non si procede all’esame di un tale ricorso se, nel frattempo, il procedimento amministrativo di cui trattasi si è concluso con una decisione. In tal caso, infatti, viene meno l’oggetto del procedimento giudiziale in questione, in quanto i diritti riconosciuti quale parte del procedimento non possono più essere esercitati. Tali sono, ad oggi, gli sviluppi giudiziali nell’ambito del procedimento principale.

91.      In una tale situazione può essere proposto il secondo mezzo di ricorso, di cui all’articolo 250b, paragrafo 2, del codice di procedura civile slovacco. In base ad esso, una persona che non è stata parte in un procedimento amministrativo ormai terminato può presentare ricorso perché le venga notificata la decisione amministrativa finale. L’accoglimento di un tale ricorso presuppone che il ricorrente avrebbe dovuto essere ammesso a partecipare al procedimento. In caso di esito positivo, la decisione amministrativa deve essere notificata al ricorrente che potrà, in seguito, impugnarla. È questa la strada che, in linea di principio, la LZ avrebbe dovuto percorrere nel procedimento principale.

92.      Il secondo mezzo di ricorso è tuttavia soggetto, ai sensi dell’articolo 250b, paragrafo 3, del codice di procedura civile slovacco, a un termine di decadenza di tre anni dall’adozione della decisione amministrativa. Detto termine è già decorso nel procedimento principale.

2.      Sui criteri applicabili fondati sul diritto dell’Unione

93.      Posto che il diritto dell’Unione fonda, sia attraverso l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat che attraverso gli articoli 6, paragrafo 1, lettera b), e 9, paragrafo 2, della convenzione di Aarhus, il diritto delle associazioni per la tutela dell’ambiente riconosciute a chiedere il controllo giurisdizionale delle decisioni che possono danneggiare in modo significativo le zone di conservazione ai sensi della direttiva habitat o della direttiva uccelli, trovano applicazione, nell’ambito dell’attuazione di detto diritto, i diritti fondamentali dell’ordinamento dell’Unione.

94.      Di particolare interesse è, al riguardo, l’articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali, citato dalla Corte suprema. Ai suoi sensi, ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice. Tale disposizione rafforza il principio della tutela giurisdizionale effettiva, un principio generale di diritto dell’Unione che discende dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che è stato sancito agli articoli 6 e 13 della CEDU (45).

95.      Occorre inoltre tener conto dell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus (46). Ai suoi termini, sono in particolare le procedure di cui all’articolo 9, paragrafi 2 e 3, a offrire rimedi adeguati ed effettivi. Tali procedure devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose.

96.      L’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione è evidentemente applicabile nella misura in cui il diritto di ricorso è fondato sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 2. Anche il diritto di ricorso sulla base dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat ricade però nell’ambito di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione, in quanto detto secondo diritto di ricorso è riconducibile all’attuazione del più generale, ma non direttamente applicabile, diritto di ricorso ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione.

97.      Orbene, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, sono gli ordinamenti giuridici nazionali dei singoli Stati membri a dover stabilire le modalità procedurali per i ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti derivanti dal diritto dell’Unione – nel caso di specie, dalla convenzione di Aarhus e dalla direttiva habitat –, fermo restando che gli Stati membri rispondono della tutela effettiva dei diritti in parola in ogni singolo caso (47).

98.      Le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono essere meno favorevoli di quelle previste per ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (48).

99.      Nel caso di specie, non si rinvengono elementi che denotino una violazione del principio di equivalenza. Nel prosieguo assume quindi rilievo, quale espressione dell’articolo 47 della Carta, soprattutto il principio di effettività, ed eventualmente la sua concretizzazione attraverso l’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus.

3.      Sul riconoscimento delle garanzie giurisdizionali nel procedimento principale

100. Al fine di analizzare il riconoscimento delle garanzie giurisdizionali nel procedimento principale, mi occuperò anzitutto a livello astratto dell’impostazione della tutela giurisdizionale nel diritto slovacco; a seguire, del termine di decadenza di tre anni e, infine, dell’applicazione pratica delle disposizioni in parola.

a)      Sull’impostazione della tutela giurisdizionale

101. Occorre in primis analizzare se l’impostazione della tutela giurisdizionale nel diritto slovacco renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione.

102. L’accesso alla tutela giurisdizionale è strutturato, nel diritto slovacco, su due livelli e presuppone non di rado addirittura tre procedimenti in giudizio. Gli interessati devono ottenere anzitutto il riconoscimento dello status di parte ed esperire, a tal fine, uno o addirittura due ricorsi. Solo in seguito essi possono passare al merito della decisione amministrativa controversa.

103. Detto sistema risulta, in effetti, di primo acchito complicato; non si può però sostenere automaticamente che esso sia inefficace o che renda eccessivamente difficile la tutela giurisdizionale. Le questioni giuridiche collegate con i diversi livelli del sistema verrebbero sollevate, di norma, anche se il procedimento di ricorso fosse unitario.

104. Come risulta anche dall’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus, detta impostazione della tutela giurisdizionale non può tuttavia né rallentare eccessivamente il procedimento né causare costi eccessivi. In senso analogo si è pronunciata la Corte, sulla base del principio di effettività, in presenza di una ripartizione della tutela giurisdizionale in due mezzi di ricorso da proporre parallelamente (49). Spetta ai giudici nazionali stabilire se nella prassi rischi siffatti sussistano.

105. Se tali rischi dovessero risultare, il giudice remittente dovrebbe dare alla norma di diritto interno un’interpretazione e un’applicazione conformi alle prescrizioni del diritto dell’Unione, avvalendosi del margine di discrezionalità consentitogli dal suo ordinamento nazionale, e, se una siffatta interpretazione non fosse possibile, disapplicare ogni disposizione di diritto interno che sia contraria a tali prescrizioni (50). In tale misura si pone la questione se il termine di decadenza di tre anni serva realmente ad evitare l’esperimento del secondo ricorso quando, durante detto arco di tempo, la medesima questione sia già stata trattata a fondo nell’ambito del primo ricorso, così da non aver potuto ingenerare alcun legittimo affidamento. In un’ottica di ottimizzazione della procedura, i giudici slovacchi potrebbero anche pensare a convertire d’ufficio il primo ricorso nel secondo, una volta cessato, nel frattempo, il procedimento amministrativo. Se una di queste soluzioni sia praticabile a norma del diritto slovacco, lo possono stabilire, tuttavia, solo i giudici slovacchi.

106. L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali e l’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus non ostano quindi a un sistema giurisdizionale strutturato secondo le modalità illustrate ai paragrafi da 89 a 91, la cui applicazione non rallenti eccessivamente il procedimento né comporti costi eccessivi.

b)      Sul termine di decadenza di tre anni

107. La fissazione di termini di ricorso ragionevoli, pena la decadenza, nell’interesse della certezza del diritto, a tutela sia del contribuente sia dell’amministrazione, è compatibile con il diritto dell’Unione. Tali termini non sono, infatti, passibili di rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (51).

108. Se – come nel caso di specie – gli interessati avevano o avrebbero dovuto avere conoscenza della decisione amministrativa controversa, un termine di tre anni risulta estremamente generoso.

109. A una conclusione diversa si potrebbe pervenire qualora gli interessati non avessero avuto conoscenza della decisione amministrativa prima del decorso del termine. La Corte non è tuttavia chiamata a pronunciarsi su tale questione nel presente caso.

110. Di conseguenza, l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali e l’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus non ostano a un termine di decadenza di tre anni per esperire un mezzo di ricorso contro una decisione amministrativa nota agli interessati.

c)      Sullo svolgimento del procedimento principale

111. Dubbio è tuttavia se l’applicazione del termine di decadenza nel procedimento principale sia giustificata.

112. La Repubblica slovacca e la LZ discutono se sia possibile esperire il secondo rimedio, ossia il ricorso per la notifica della decisione amministrativa all’interessato pretermesso nel relativo procedimento amministrativo (52), dopo che un’autorità amministrativa ha già espressamente escluso la partecipazione del medesimo al procedimento.

113. In casi analoghi, la Corte europea dei diritti dell’uomo sostiene, con riferimento all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, che, in caso di dubbio circa l’efficacia di un mezzo di ricorso, occorre di regola decidersi per presentarlo comunque (53).

114. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta inoltre che, già in una decisione del 26 gennaio 2012, ossia molti mesi prima del decorso del termine per proporre il secondo mezzo di ricorso, la Corte suprema nel procedimento principale aveva evidenziato che il primo ricorso sarebbe stato archiviato e che si sarebbe potuto prendere in considerazione ancora solo il secondo (54).

115. La LZ era quindi tempestivamente a conoscenza della situazione giuridica prima del decorso del termine di decadenza e avrebbe potuto, in base alle informazioni a disposizione, esperire il secondo rimedio.

116. Dall’altro lato, la Corte suprema segnala, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, che la decisione amministrativa con cui è stato negato alla LZ di partecipare al procedimento amministrativo è diventata definitiva con l’autorizzazione del progetto di recinzione (55). Se tale carattere si estendesse al contenuto della decisione, ossia all’accertamento che la LZ non doveva essere ammessa al procedimento, sarebbe corretta l’affermazione della LZ secondo la quale, in tal modo, sarebbe escluso anche un esito positivo del secondo mezzo di ricorso e l’attuazione dei suoi diritti sarebbe pressoché impossibile. Detto secondo mezzo di ricorso presupporrebbe, infatti, che la LZ dovesse partecipare effettivamente al procedimento.

117. L’esercizio dei diritti da parte della LZ sarebbe inoltre praticamente impossibile se il primo procedimento di ricorso ancora pendente avesse impedito l’efficace presentazione del secondo mezzo di ricorso o se il termine di decadenza di tre anni non fosse stato interrotto da detto secondo procedimento, per cui non ci sarebbe stato da attendersi una decisione sullo status giuridico della LZ.

118. A prescindere da tali aspetti su cui possono pronunciarsi definitivamente soltanto i giudici nazionali, sussistono elementi nel senso che l’esercizio dei diritti da parte della LZ è stato reso eccessivamente difficile. Infatti, anche dopo le dichiarazioni della Corte suprema di non pronunciarsi sul primo mezzo di ricorso della LZ, erano rimaste evidentemente aperte così tante questioni che, in un primo momento, né la Corte suprema medesima né il Tribunale regionale dichiaravano chiuso il procedimento. Al contrario, il Tribunale regionale si è pronunciato in tal senso solo nell’aprile 2013, dopo che la Corte suprema aveva deciso una seconda volta sulla questione e, così, un anno dopo la scadenza del termine di decadenza per il secondo mezzo di ricorso. Nel frattempo, il Tribunale regionale aveva invece accolto il ricorso della LZ una seconda volta.

119. Ciò rappresenta un indizio importante del fatto che la LZ, anche dopo la prima decisione della Corte suprema, poteva continuare ad attendersi un esito positivo del primo mezzo di ricorso. Esigere, in tale situazione, che la LZ presentasse già, a titolo precauzionale, un secondo ricorso sarebbe giustificato solo se la seconda decisione del Tribunale regionale di accoglimento del suo ricorso avesse presentato gravi ed evidenti errori di diritto.

120. Su tale aspetto possono pronunciarsi, però, in definitiva soltanto i giudici nazionali, i quali dovranno tener conto, al riguardo, oltre che del diritto slovacco, anche di tutte le circostanze pratiche del caso, e quindi in particolare dei costi, dei ritardi e degli altri oneri procedurali aggiuntivi che la LZ ha patito in ragione di detto iter processuale.

121. Si deve quindi ritenere che, in circostanze come quelle del procedimento principale, l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali e l’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus non ostino al fatto che un’associazione per la tutela dell’ambiente sia invitata ad esperire un secondo mezzo di ricorso se ciò non rende praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio da parte sua dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione.

V –    Conclusione

122. Propongo pertanto alla Corte di rispondere come segue:

L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e l’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, sottoscritta il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, non ostano

–        né a un sistema giurisdizionale strutturato secondo le modalità illustrate ai paragrafi da 89 a 91, la cui applicazione non rallenti eccessivamente il procedimento né comporti costi eccessivi,

–        né a un termine di decadenza di tre anni per esperire un mezzo di ricorso contro una decisione amministrativa nota agli interessati,

–        e neppure, in circostanze come quelle del procedimento principale, al fatto che un’associazione per la tutela dell’ambiente sia invitata ad esperire un secondo mezzo di ricorso che non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti che le sono conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – GU 2005, L 124, pag. 4, approvata mediante la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1).


3 – Direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia (GU 2003, L 156, pag. 17). V. anche sentenza del 12 maggio 2011, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein-Westfalen (C‑115/09, EU:C:2011:289).


4 – Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), modificata da ultimo dalla direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014 (GU 2014, L 124, pag. 1).


5 – Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7), modificata da ultimo con la direttiva 2013/17/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013, che adegua talune direttive in materia di ambiente a motivo dell’adesione della Repubblica di Croazia (GU 2013, L 158, pag. 193).


6 – Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 2010, L 20, pag. 7), modificata da ultimo con la direttiva 2013/17/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013, che adegua talune direttive in materia di ambiente a motivo dell’adesione della Repubblica di Croazia (GU 2013, L 158, pag. 193).


7 – Sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125).


8 – V., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 19 e giurisprudenza citata), e del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 66).


9 – Conclusioni nella causa Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:60, paragrafi da 138 a 144).


10 – Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 66), e del 25 luglio 2008, Janecek (C‑237/07, EU:C:2008:447, punto 37 e giurisprudenza citata).


11 – V., in tal senso, sentenze del 25 luglio 2008, Janecek (C‑237/07, EU:C:2008:447, punto 39), nonché del 26 maggio 2011, Stichting Natuur en Milieu e a. (da C‑165/09 a C‑167/09, EU:C:2011:348, punto 100).


12 – Sentenza del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punti 68 e 69).


13 – Sentenza del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 60).


14 – Sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 51).


15 – Sentenza del 25 luglio 2008, Janecek (C‑237/07, EU:C:2008:447, punti 38 e 39).


16 – Sentenza del 15 ottobre 2009, D‑Lilla Värtans Miljöskyddsförening (C‑263/08, EU:C:2009:631, punto 45).


17 – Sentenze dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 45), e del 13 gennaio 2015, Consiglio e a./Vereniging Milieudefensie e Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht (da C‑401/12 P a C‑403/12 P, EU:C:2015:4, punto 55), nonché Consiglio e Commissione /Stichting Natuur en Milieu e Pesticide Action Network Europe (C‑404/12 P e C‑405/12 P, EU:C:2015:5, punto 47).


18 – Sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 50).


19 – Sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 46).


20 – Sentenza del 12 maggio 2011, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein‑Westfalen (C‑115/09, EU:C:2011:289, punto 49).


21 – Sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 30 e giurisprudenza citata).


22 – Sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 31 e giurisprudenza citata).


23 – Sentenze del 19 marzo 2002, Commissione/Irlanda (C‑13/00, EU:C:2002:184, punto 20); del 7 ottobre 2004, Commissione/Francia, C‑239/03, EU:C:2004:598, punti da 29 a 31); dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 36), e del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 102).


24 – Sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 44 e giurisprudenza citata).


25 – Sentenze del 12 dicembre 1972, International Fruit Company e a. (da 21/72 a 24/72, EU:C:1972:115); del 1o marzo 2005, Van Parys (C‑377/02, EU:C:2005:121, punti 39 e 42 e segg.), e del 16 luglio 2015, Commissione/Rusal Armenal (C‑21/14 P, EU:C:2015:494, punti 38 e 39).


26 – Sentenza del 3 giugno 2008, The International Association of Independent Tanker Owners e a. (C‑308/06, EU:C:2008:312, punti 64 e 65). V., sul punto, J. Kokott, «International Law – A Neglected ‘Integral’ Part of the EU Legal Order?», in De Rome à Lisbonne: les juridictions de l’Union européenne à la croisée des chemins - Mélanges en l’honneur de Paolo Mengozzi, Bruylant, Bruxelles 2013, pagg. 61, 76 e segg.


27 – Sentenza del 12 maggio 2011, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein-Westfalen (C‑115/09, EU:C:2011:289, punto 57).


28 – Sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 44 e giurisprudenza citata).


29 – Conclusioni e raccomandazioni del 24 settembre 2010, Cultra Residents’ Association/Regno Unito (ACCC/C/2008/27, punti 44 e 45). Su tale comitato, v. le mie conclusioni nella causa Edwards (C‑260/11, EU:C:2012:645, paragrafo 8).


30 – «Les parties déterminent dans chaque cas si l’activité proposée tombe sous le coup de ces dispositions».


31 – «To this end, Parties shall determine whether such a proposed activity is subject to these provisions».


32 – «С зтой целью Стороны определяют, охватывается ли такой планируемый вид деятельности зтими положениями».


33 – V. sentenza del 15 ottobre 2009, Djurgården‑Lilla Värtans Miljöskyddsförening (C‑263/08, EU:C:2009:631, punto 45).


34 – V., sulla direttiva VIA, sentenza del 30 aprile 2009, Mellor (C‑75/08, EU:C:2009:279, punto 58).


35 – V. sentenze del 24 ottobre 1996, Kraaijeveld e a. (C‑72/95, EU:C:1996:404, punti 50 e 61), nonché del 21 marzo 2013, Salzburger Flughafen (C‑244/12, EU:C:2013:203, punti 29 e da 41 a 43).


36 – Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU 2001, L 197, pag. 30; per VAS si intende la valutazione ambientale strategica). V. anche sentenze del 22 settembre 2011, Valčiukienė e a. (C‑295/10, EU:C:2011:608, punto 46), nonché del 10 settembre 2015, Dimos Kropias Attikis (C‑473/14, EU:C:2015:582, punti 46 e 47).


37 – V., sulla direttiva VIA, ad esempio, sentenza del 21 marzo 2013, Salzburger Flughafen (C‑244/12, EU:C:2013:203, punti 41 e 42).


38 – V., sulla tutela delle specie, sentenza dell’11 gennaio 2007, Commissione/Irlanda (C‑183/05, EU:C:2007:14, punti da 34 a 37), e le mie conclusioni nella causa Mellor (C‑75/08, EU:C:2009:32, paragrafo 54).


39 – Sentenza del 24 novembre 2011, Commissione/Spagna (C‑404/09, EU:C:2011:768, punti da 84 a 92).


40 – Ebbesson/Gaugitsch/Miklau/Jendrośka/Stec/Marshall, The Aarhus Convention: An Implementation Guide, 2a ed., 2014, pag. 132.


41 – V. supra, paragrafo 77.


42 – V., in tal senso, ordinanza del 10 luglio 2008, Aiello e a. (C‑156/07, EU:C:2008:398, punto 34).


43 – Sentenza del 22 marzo 2012, Inter‑Environnement Bruxelles e a. (C‑567/10, EU:C:2012:159, punti da 28 a 31). In senso ancor più restrittivo, le mie conclusioni nella causa (EU:C:2011:755, paragrafi da 14 a 30). V. anche la critica della Supreme Court del Regno Unito, HS2 Action Alliance Ltd, R (on the application of) v The Secretary of State for Transport & Anor [2014] UKSC 3, paragrafi 175‑189.


44 – V. supra, paragrafo 72.


45 – Sentenze del 13 marzo 2007, Unibet (C‑432/05, EU:C:2007:163, punto 37); del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 335), nonché del 17 marzo 2011, AJD Tuna (C‑221/09, EU:C:2011:153, punto 45).


46 – Sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 33).


47 – Sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 47).


48 – Sentenze dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 48); del 16 aprile 2015, Gruber (C‑570/13, EU:C:2015:231, punto 37), e del 6 ottobre 2015, East Sussex County Council (C‑71/14, EU:C:2015:656).


49 – V. sentenza del 15 aprile 2008, Impact (C‑268/06, EU:C:2008:223, punto 51).


50 – V. sentenze dell’11 gennaio 2007, ITC (C‑208/05, EU:C:2007:16, punto 70), e dell’8 maggio 2013, Marinov (C‑142/12, EU:C:2013:292, punto 39).


51 – Sentenze del 16 dicembre 1976, Rewe-Zentralfinanz e Rewe-Zentral (33/76, EU:C:1976:188, punto 5); del 17 novembre 1998, Aprile (C‑228/96, EU:C:1998:544, punto 19); del 30 giugno 2011, Meilicke e a. (C‑262/09, EU:C:2011:438, punto 56), nonché del 29 ottobre 2015, BBVA (C‑8/14, EU:C:2015:731, punto 28).


52 – V. supra, paragrafo 91.


53 –      Sentenza della Corte eur. D.U. del 23 maggio 2016, Avotiņš c. Lettonia (ricorso n. 17502/07, § 122, e giurisprudenza citata).


54 – Punto 25 della domanda di pronuncia pregiudiziale.


55 – Punto 23 della domanda di pronuncia pregiudiziale.